SUPPLEMENTO SPECIALE n. 179 del 27.03.2013

Relazione

Relazione introduttiva

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento progressivo delle attività di gestione del gioco d'azzardo. Si fa, in particolare, riferimento alle sale da gioco munite di apparecchi elettronici che simulano giochi d'azzardo tradizionali quali, per esempio, videolottery, slot- machines, giochi di carte, etc. Prendendo in considerazione il fenomeno da un punto di vista sociologico, è possibile riscontrare un significativo impatto della offerta del gioco d'azzardo su ampie fasce deboli della società. Infatti, le categorie meno abbienti, tra le quali vanno inclusi una buona parte dei pensionati e degli immigrati di ultima generazione, è stato dimostrato [1] che subiscono maggiormente il fascino "illusorio" della c.d. vincita facile.In altre parole, le condizioni economico sociali di determinate categorie di cittadini aumentano significativamente il rischio che questi ricerchino la soluzione dei propri problemi nell'ambito della sempre più ampia offerta di giochi d'azzardo (tali si intendono, ai fini della presente relazione, tutti quelli che prevedono la promessa aleatoria di una vincita in denaro sulla base di prestazioni sulle quali non incide affatto o incide in minima parte l'abilità del giocatore).

Oltre ai meno abbienti, sono considerate categorie deboli, sensibili rispetto al fenomeno di cui si tratta, anche i giovani in età compresa tra i diciotto e i ventisei anni, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i disoccupati e i soggetti affetti da patologie psichiatriche. Al di là dell’attrazione che il semplice concetto della possibile vincita è in grado di suscitare, non va dimenticato che alcuni soggetti, tra i quali si collocano le categorie or ora menzionate, possono essere anche gravemente influenzati da insegne, immagini e video appositamente creati per indurre stati di pseudo- ipnosi. Va rilevato, inoltre, che il progressivo sviluppo tecnologico nell'ambito dei giochi d'azzardo ha ampliato notevolmente l'offerta sul mercato, differenziando le macchine anche in base alle disponibilità economiche dei giocatori e alla loro impressionabilità. 

Questo complesso fenomeno va, quindi, collocato nel contesto di una grave crisi economica che ha fortemente eroso, prima di tutto, i redditi - e le speranze- delle classi meno abbienti. Proprio in conseguenza del venire meno di prospettive future di benessere per ampie fasce della popolazione, si riscontra una crescente domanda verso il gioco d’azzardo [2] .

Negli ultimi anni le dimensioni del fenomeno sono aumentate in maniera considerevole. I rapporti Eurispes per gli anni 2009 e 2010 hanno fatto emergere una spesa per nucleo familiare destinata ad attività di gioco costantemente in crescita, contribuendo a determinare un indotto complessivo di enorme rilevanza (dell’ordine di svariate decine di miliardi di Euro). In conseguenza, l’offerta di gioco d’azzardo è cresciuta più che proporzionalmente, anche grazie ai benefici concessi alle nuove attività imprenditoriali per tramite del D.L. n. 158/2012 (convertito con modificazioni in Legge n. 189/2012).

Un settore così fiorente continua ad attrarre in larga misura capitali provenienti dalla malavita, anche in relazione alla facilità di gestione e alla riservatezza dei giocatori. Ne consegue che la diffusione di questo tipo di attività nel tessuto economico dei comuni favorisce notevolmente il radicamento territoriale delle associazioni di stampo mafioso. Nell’ambito del gioco lecito, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato - oggi Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - è preposta a svolgere un’imprescindibile funzione di controllo, in sede preventiva, tramite il regime delle concessioni, ed in sede successiva, attraverso i controlli svolti su tutto il territorio nazionale.

Tale controllo è, tuttavia, limitato alla regolarità delle macchine e delle concessioni, essendo precluso, nonostante la nuova normativa, qualsiasi controllo strategico sulla concentrazione dei punti di raccolta del gioco, oltreché qualsiasi potere normativo o sanzionatorio. AAMS, inoltre, gestisce tutte le procedure connesse alla riscossione delle accise, mediante controlli diretti a contrastare l’irregolarità e l’evasione delle imposte. Va rilevato, infatti, che circa il 50% dei profitti del gioco lecito [3] vengono riscossi da AAMS per conto dell’Erario, contribuendo in maniera incisiva sul bilancio dello Stato. In effetti pare che il più recente orientamento del Legislatore nazionale sia stato maggiormente influenzato dalle esigenze di cassa piuttosto che dalla necessità di contrastare i rischi di questo tipo di attività. Prima di scendere nel merito dell’ultima normativa entrata in vigore, occorre svolgere una panoramica con riferimento alla competenza legislativa/ regolamentare.

La materia delle sale da gioco non risulta espressamente riservata dalla Costituzione né al legislatore nazionale né alla legislazione concorrente, sebbene coinvolga interessi pubblici primari. Una lettura superficiale e frettolosa dell’art. 117 indurrebbe a ritenere, quindi, che spetti alle Regioni la potestà normativa con riferimento a tale materia (art. 117, c. 4, Cost.). Tuttavia, la questione è molto più complessa di quanto sembri. Occorre, innanzitutto, verificare se il gioco d’azzardo o, se si preferisce, le sale da gioco costituiscano una materia a se stante rispetto a quelle elencate in Costituzione.

È certo, infatti, che la regolamentazione di un certo tipo di attività imprenditoriali, la tutela delle categorie deboli e la prevenzione dei rischi per la salute, il contrasto alle attività della malavita sono tutti temi specifici che interessano singole materie espressamente assegnate in Costituzione come l’ordine pubblico e la sicurezza (art. 117, comma 2, lett. h), la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti (lett. m, art. cit.), la tutela della concorrenza (lett. e, art. cit.) e la tutela della salute (art. 117, comma 3°). In altre parole la legiferazione in materia di sale da gioco può finire per interessare materie differentemente assegnate in Costituzione. In questi termini, risulta prioritario svolgere una riflessione seria ed approfondita con riferimento alla definizione delle sale da gioco come materia autonoma al fine di consentire la produzione di una normativa efficace e per prevenire contraddittorie sovrapposizioni, prima che conflitti di competenze.

Secondo la più autorevole dottrina [4] , avvallata dall’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, si può notare come molto spesso la Corte Costituzionale, di fronte al problema della definizione delle materie, abbia ritenuto opportuno ancorare le proprie decisioni a parametri relativamente obiettivi e quindi, per ricostruirne il contenuto, abbia fatto richiamo alla legislazione ordinaria. In questi casi la giurisprudenza costituzionale non distingue fra le materie assegnate alla potestà statale esclusiva, alla potestà concorrente o alla potestà regionale residuale, ma dà peso, piuttosto, alla differenza fra materie vere e proprie (dall'oggetto almeno sommariamente identificabile, anche se articolato) e ‘competenze trasversali’.

Nell'applicare questa tecnica - che ricorda il vecchio ‘criterio oggettivo’ utilizzato dalla giurisprudenza costituzionale ai primordi dell'esperienza regionale, secondo il quale le materie vanno individuate in base al loro contenuto, così come emerge dalle formule costituzionali interpretate "secondo il significato che hanno nel comune linguaggio legislativo e nel vigente ordinamento giuridico" - la Corte tiene conto dei cambiamenti intervenuti, nel tempo, nelle discipline di settore, ma in molte occasioni utilizza ancora i risalenti decreti legislativi di trasferimento delle funzioni amministrative statali alle Regioni (in particolare il d.lgs. n. 112 del 1998 e talvolta, addirittura, il D.P.R. n. 616 del 1977).

I casi in cui questa tecnica risulta applicata sono molto numerosi. Quello che emerge è che, con questo criterio, che si può definire legislativo-evolutivo, la Corte si sforza di individuare l’oggetto della materia, ma non si preoccupa di ricostruirlo nella sua interezza, ‘a figura intera’. Essa si limita, quasi si trattasse della ricostruzione di un mosaico, a metterne insieme alcune tessere - ricavate dal materiale che il caso da decidere le mette a disposizione - e su questa base stabilisce se la competenza sulla materia è del legislatore statale o regionale.

In altri casi, meno frequenti, la Corte non si pone il problema di ricostruire - nemmeno parzialmente - il contenuto (o l’oggetto) delle materie, ma si limita a verificare se c’è o meno corrispondenza tra la finalità del provvedimento sub iudice (quasi sempre una legge statale o regionale) e la materia a cui si pretende di riferirlo, individuata semplicemente in base al suo nomen iuris. Non sempre, però, la Corte avverte la necessità di ricorrere ad apporti esterni per mettere a fuoco le varie nozioni di materia, ma le identifica essa stessa, tutt’al più richiamando propri precedenti.

Anche in tali occasioni - così come in quelle esaminate nei paragrafi precedenti - è una costante il fatto che la Corte si limita alle osservazioni strettamente indispensabili per la soluzione della controversia da decidere, al fine di ricondurre o meno in un determinato ambito materiale il provvedimento sottoposto a giudizio.

In altri termini, si può dire che, nel ricostruire il contenuto delle materie, la Corte non usa lo schema sillogistico (premessa maggiore: definizione generale della materia; premessa minore: analisi dell'oggetto o del fine del provvedimento la cui costituzionalità è contestata; conclusione: allocazione o meno del provvedimento nella materia) perché quasi mai mette a fuoco la premessa maggiore. Secondo altre pronunce (si vedano in particolare la notissima sent. n. 303/2003 e la sent. n. 6/2004), lo schema di cui all'art. 117 della Costituzione, imperniato sulla enumerazione delle materie di competenza statale (esclusive e concorrenti) e sull’attribuzione di tutte le altre alle Regioni, non va considerato una garanzia ferrea a favore di queste ultime, per non "svalutare oltremisura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione delle competenze".

La Corte ravvisa il fondamento costituzionale di questa flessibilità nel primo comma dell'art. 118 della Costituzione, "là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l'esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza".

Si tratta di un meccanismo dinamico, il quale - ancorché riferito esplicitamente alle funzioni amministrative - non è privo di conseguenze sulla distribuzione della funzione legislativa. Ciò in virtù del principio di legalità, secondo il quale le funzioni amministrative vanno regolate per legge, e quindi - quando si tratta di funzioni amministrative attratte per sussidiarietà a livello nazionale - è compito della legge statale disciplinarle.

La Corte Costituzionale ha sottolineato che questa deroga al normale riparto delle competenze contenuto nel nuovo Titolo V si giustifica solo a condizione che "la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato" risulti proporzionata, non sia affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo con la Regione interessata. La motivazione offerta dalla Corte, tuttavia, lascia l'impressione di una certa spregiudicatezza interpretativa [5].

Tuttavia, secondo una lettura più lineare, l'art. 117 dovrebbe essere considerato il punto di partenza, la disposizione che fissa i criteri per la distribuzione della funzione legislativa fra lo Stato e le Regioni, mentre l'art. 118 dovrebbe assumere rilievo solo in una fase logicamente successiva. Vale a dire quando, una volta individuate le rispettive aree di competenza, viene il momento, per la legge statale e per la legge regionale, di stabilire l'allocazione delle funzioni amministrative ai diversi livelli di governo.

Per garantire flessibilità al sistema e soddisfare esigenze unitarie, la Corte ha adottato, invece, un'impostazione diversa, grazie alla quale, in nome dei principi di sussidiarietà e adeguatezza di cui all'art. 118, comma 1, Cost., possono essere giustificate leggi statali che altrimenti andrebbero considerate invasive delle attribuzioni regionali. Stando alla sent. n. 303/2003 queste deroghe riguardano materie di potestà concorrente (all'interno delle quali, quindi, la legge statale può introdurre, oltre ai principi, anche norme di dettaglio), ma la successiva sent. n. 6/2004 lascia capire che tale ragionamento può essere esteso anche alle materie di potestà regionale residuale, visto che - sia pure en passant - richiama esplicitamente non solo le materie di cui al terzo comma, ma anche quelle elencate dal quarto comma dell'art. 117 [6].

È essenzialmente su tale estensione che si fonda l'osservazione fatta in precedenza, e cioè che secondo la giurisprudenza costituzionale recente i principi di sussidiarietà e di adeguatezza (di cui al nuovo art. 118 della Costituzione) impongono di non applicare in termini rigidi - ai fini dell'individuazione delle competenze legislative di Stato e Regioni - il criterio del riparto per materie. In sintesi, dati i diversi riflessi che la disciplina sulle sale da gioco può avere negli ambiti di altre materie, essa può essere assunta come materia autonoma ai fini del dettato costituzionale solo astrattamente, sia che si segua il criterio positivo, sia che si segua il criterio teleologico.

In altre parole, si può affermare che ai sensi del 4° comma dell’art. 117 Cost. la disciplina delle sale da gioco è ricompresa nell’ambito della potestà legislativa regionale. Tuttavia, il criterio del riparto per materie, nella sua applicazione flessibile fornita dalla Corte Costituzionale, consente allo Stato di legiferare, in deroga a tale assegnazione, con riferimento a quelle materie di competenza esclusiva o concorrente che costituiscono un riflesso diretto della materia delle sale da gioco.

A questo riguardo, la dottrina più autorevole parla di materie c.d. “trasversali” [7]. Per quello che interessa la presente proposta di legge regionale, le materie trasversali di competenza esclusiva dello stato possono essere rinvenute nell’ordine pubblico e sicurezza, nella tutela della concorrenza e nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; è, invece, materia trasversale di competenza concorrente la tutela della salute.

Data questa ampia panoramica si comprende con maggiore chiarezza la portata della legislazione nazionale in materia di sale da gioco, rispetto a quella che deve diventare la normativa regionale in tale materia. In altre parole, tutto ciò che fuoriesce dalle materie trasversali summenzionate deve essere disciplinato a livello regionale.

Pare opportuno, quindi, scendere nel merito della vigente legislazione nazionale in materia di sale da gioco, così come recentemente riformata, al fine di comprenderne la portata ed i limiti e di costruire un sistema normativo completo, coerente ed efficace. Prima di tutto, rileva l’ormai risalente R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza). L’art. 110 prescrive l’obbligo di esposizione di una tabella, vidimata dal Questore, indicante i giochi d’azzardo e quelli vietati dall’autorità nel pubblico interesse.

Inoltre, l’articolo definisce in maniera univoca gli “apparecchi idonei per il gioco lecito:

a) quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l’introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l’elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche.

Le vincite, computate dall’apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali; a-bis) con provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato può essere prevista la verifica dei singoli apparecchi di cui alla lettera a);

b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all’articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro dell’Interno, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3) l’importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi; 

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.”.

Ai sensi del successivo comma 7, “si considerano, altresì, apparecchi e congegni per il gioco lecito:

a) quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l'introduzione di monete metalliche, di valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, ad un euro, che distribuiscono, direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica, non convertibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie.

In tal caso il valore complessivo di ogni premio non è superiore a venti volte il costo della partita;

b) quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità che si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50 centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte. […]”. Viene, inoltre, stabilito che “gli apparecchi e congegni di cui al comma 7 non possono riprodurre il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali. Per gli apparecchi a congegno di cui alla lettera b) dello stesso comma e per i quali entro il 31 dicembre 2003 è stato rilasciato il nulla osta di cui all'articolo 14-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, tale disposizione si applica dal 1 maggio 2004.”.

Inoltre, l'utilizzo degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 6 è vietato ai minori di anni 18.

L’art. 86 T.U.L.P.S. sottopone a previa licenza del Questore l’esercizio di attività destinate alla vendita e al consumo di bevande alcoliche e non alcoliche, oltreché l’esercizio delle sale pubbliche per biliardi e per altri giochi leciti. Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, la licenza è altresì necessaria: a) per l’attività di produzione o di importazione; b) per l’attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta; c) per l’installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all’articolo 88 ovvero per l’installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati. Ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S. “la licenza per l'esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari[…]” dell’AAMS.

Una certa rilevanza può, infine, avere l’art. 100 T.U.L.P.S. in base al quale “oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinato la sospensione, la licenza può essere revocata.”. Va tenuto presente che, a seguito della depenalizzazione dell’art. 110 T.U.L.P.S. ad opera della legge 23 dicembre 2005 (legge finanziaria 2006), la detenzione dei video poker in luogo pubblico non è “sic et sempliciter” illecita, dovendosi, al contrario, accertare il rispetto dei canoni fissati dall’art. 110 circa le modalità di esplicazione del gioco, il rispetto del rapporto tra il numero degli apparecchi detenuti e la dimensione complessiva del locale e il fine di lucro che sia stato perseguito dal detentore [8].

Ad una prima impressione, pare che il T.U.L.P.S. abbia disciplinato le sale da gioco ben oltre le materie trasversali di cui si è detto. D’altra parte, non sorprende se si considera il contesto storico in cui la legge venne approvata. Al di là della mancanza delle Regioni e della Costituzione, in quel periodo si riteneva che i confini dell’ordine pubblico e della sicurezza fossero molto più estesi di quanto lo siano oggi. Nella misura in cui la disciplina contenuta nel T.U.L.P.S. viene ricondotta alla tutela delle ragioni dell’ordine pubblico e della sicurezza, la norma risulta ancora compatibile con la Costituzione.

Recentemente, la legislazione nazionale è stata arricchita dal D.L. 13 settembre 2012 n. 158 (c.d. “Decreto Balduzzi”, convertito con modificazioni dalla Legge 8 novembre 2012 n. 189). L’iter parlamentare di questa normativa, riguardante una molteplicità di materie diverse, è stato particolarmente travagliato. 

Nel corso della prima fase di discussione, il decreto includeva stringenti limitazioni in termini di distanze minime da luoghi ritenuti “sensibili” come scuole, luoghi di culto e centri di aggregazione giovanile. Inoltre, era previsto originariamente un significativo conferimento di maggiori poteri ai sindaci in ordine all’iniziativa volta alla chiusura temporanea dell’attività in presenza di fenomeni estesi di ludopatia. In seguito, una volta pervenuto il parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze con il quale venivano manifestate serie preoccupazioni in merito al calo del gettito erariale, il Governo decide di eliminare la previsione delle distanze minime dai luoghi sensibili e di ridurre significativamente il potere dei sindaci di far chiudere le sale da gioco.

Diversi esponenti delle principali forze politiche in parlamento presentano circa trecentocinquanta emendamenti volti al ripristino delle distanze minime e all’inasprimento delle sanzioni. Nonostante ciò, il Governo decide di porre la fiducia sul provvedimento, facendo cadere tutte le proposte di emendamento.

Il provvedimento che è uscito da questo iter parlamentare, sebbene molto deludente rispetto alle aspettative di molti, presenta dei significativi caratteri di innovatività. Il profilo più interessante è costituito dall'art. 5, comma 2, attraverso il quale è stato introdotto il c.d. "Gioco d'Azzardo Patologico" (o G.A.P. o ludopatia) come nuovo tipo di patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità, e per la quale devono essere offerti servizi di prevenzione e assistenza volti alla cura e al reinserimento sociale (c.d. Livelli Essenziali di Assistenza o L.E.A.).

Per il resto, l’impianto della legge (art. 7) appare abbastanza solido con riferimento ai divieti pubblicitari (commi 4, 4-bis, 6 e 7) e a ciò che deve essere affisso e reso noto al pubblico (comma 5).

Meno convincenti appaiono i commi disciplinanti l’insegnamento nelle scuole della pericolosità del gioco (comma 5- bis) e l’accessibilità alle sale da gioco dei minori (commi 8 e 9), laddove esclude dal divieto le sale in cui sono installati i video terminali di cui all’art. 110, comma 6, lett. a). Del tutto non convincente risulta la parte dedicata alle distanze minime (criteri da fissarsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero della Salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata) e alla partecipazione degli enti territoriali. Infatti, l'art. 7, comma 10, del D.L. citato, attribuisce ai comuni il semplice potere di formulare proposte motivate in merito ai piani di ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco che risultano territorialmente prossimi a istituti di istruzione primaria e secondaria, a strutture sanitarie e ospedaliere, a luoghi di culto, a centri socio- ricreativi e sportivi, anche sulla base dei criteri definiti dal Ministro dell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro della Salute.

In sintesi, lo Stato è intervenuto a regolamentare le sale da gioco per tramite della sua potestà legislativa in tema di ordine pubblico e sicurezza, oltreché di tutela della salute in termini di prevenzione e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (c.d. materie trasversali). Per quanto riguarda tutti gli altri profili, la Regione è tenuta a predisporre idonea normativa volta a tutelare gli interessi pubblici coinvolti.

A questo riguardo, va rilevato che l'art. 1, comma 2, Legge 15 marzo 1997 n. 59 stabilisce che "Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio di sussidiarietà [...], anche ai sensi dell'art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.".

Inoltre, l'art. 3, comma 2, D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, dispone che "La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane in base ai principi di cui all'art. 4, comma 3, della Legge n. 59/1997, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale.". Il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali), ha specificato all’art. 13, comma 1, che "Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.". Occorre notare, tuttavia, che la legislazione posta a tutela della concorrenza e del libero esercizio delle attività imprenditoriali tende a non essere compatibile con sistemi di limitazioni multilivello.

A questo riguardo l'art. 31, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, opera una significativa ricomposizione degli opposti interessi, laddove si afferma che "secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012."

In altre parole, ulteriori vincoli e limitazioni, rispetto al sistema di concessioni e licenze disciplinato a livello nazionale, possono essere giustificati da ragioni di tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente e dei beni culturali. Se si interseca tale principio con il dettato costituzionale dell’art. 117 e con le leggi nazionali in materia di enti territoriali si definiscono con maggiore chiarezza i limiti della potestà legislativa regionale in materia di sale da gioco. Con specifico riferimento alla Regione Emilia-Romagna, l’esigenza di predisporre una normativa specifica dedicata alla materia delle sale da gioco, specie a seguito della c.d. Riforma Balduzzi, è imposta, prima di tutto, dall’art. 6 dello Statuto Regionale laddove si afferma che “la Regione tutela il benessere della persona e la sua autonomia formativa e culturale e, a tal fine, opera per:

a) il rafforzamento di un sistema universalistico, accessibile ed equo di prevenzione, tutela della salute e sicurezza sociale che garantisca il pieno godimento dei diritti e dei servizi sociali e sanitari;

b) la tutela, in ogni sua forma, della persona con disabilità, orientando a tal fine le politiche ed i servizi regionali; c) il superamento di ogni forma di disagio sociale e personale, operando per rimuoverne le cause;[…] e) la promozione e la diffusione di una cultura dell'infanzia e dell'adolescenza finalizzata al riconoscimento dei bambini e delle bambine come soggetti titolari di diritti, a partire dal diritto alla salute, alle relazioni sociali, allo studio, al gioco, allo sport; […]” [9].

Inoltre, all’art. 3 della stessa legge si afferma che la Regione, al fine di assicurare le migliori condizioni di vita, la salute delle persone e la tutela dell'ecosistema, anche alle generazioni future, promuove regole e politiche positive per un mercato coerente con uno sviluppo sostenibile tramite adeguate politiche di incentivi e disincentivi.

Se si pongono in relazione le norme appena citate con la recentissima introduzione nell’ordinamento del c.d. “Gioco d’Azzardo Patologico” come nuovo tipo ti patologia, si comprende l'urgente esigenza di un intervento normativo a livello regionale similmente a quanto già approvato dal Consiglio della Regione Liguria con L.R. n. 17/2012 (Disciplina delle sale da gioco). Non si deve dimenticare, inoltre, che la stessa Regione Emilia-Romagna si è, in precedenza, interessata della materia votando nell’estate 2011 una mozione con la quale si è chiesto alla Giunta regionale di promuovere intese e accordi tra la polizia amministrativa locale e gli altri operatori pubblici impegnati nelle politiche per la sicurezza sul territorio regionale e a favorire la formazione specialistica degli operatori di polizia locale.

Sempre per la prevenzione e il contrasto di questi fenomeni, la risoluzione ha impegnato la Giunta a stipulare accordi e intese con gli altri enti pubblici per elaborare strategie comuni e promuovere interventi di assistenza socio- sanitaria a favore dei soggetti colpiti dalla sindrome di “gioco d’azzardo patologico”, anche valorizzando l’attività delle organizzazioni di volontariato e di promozione sociale che operano nel settore. L’azione di controllo e quella di prevenzione ed assistenza sociale, così come intese dal Consiglio della Regione Emilia-Romagna in un periodo antecedente la riforma c.d. Balduzzi, impongono oggi che sia offerto un nuovo e più organico strumento normativo agli operatori di settore.

Occorre, in conclusione, prendere in esame il più recente orientamento della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa con riferimento all’esercizio del potere normativo e regolamentare da parte delle Regioni e degli enti locali in materia di sale da gioco. In estrema sintesi, va rilevato che è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 10 novembre 2011, confermando un precedente orientamento consolidato.

Nelle motivazioni della sentenza citata è stato affermato che fissare a livello substatale (nel caso era stata vagliata una regolamentazione della Provincia di Bolzano) limiti di distanza tra le sale giochi e i cosiddetti luoghi "sensibili" significa "tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di tipo sanitario o socio- assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica"; nelle stesse motivazioni è stato, inoltre, affermato che i provvedimenti adottati dai comuni non sono riconducibili alla competenza legislativa statale in materia di "ordine pubblico e sicurezza" (art. 1, c. 3, lett. l, L. n. 59/1997), la quale, per consolidata giurisprudenza costituzionale, attiene alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico e non alla più ampia materia della tutela di un bene giuridico fondamentale.

La Corte, quindi, chiarisce in maniera definitiva che la disciplina delle sale da gioco non può più essere ricondotta in via generalizzata alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, così come appare dalla impostazione degli articoli succitati del T.U.L.P.S.. La tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza costituisce soltanto un profilo riflesso della materia delle sale da gioco. Più di recente, con la sentenza n. 14 del 26 gennaio 2012, la Corte Costituzionale ha affermato che "il Comune, nell'esercizio della propria potestà di pianificazione del territorio e delle attività economiche che possono interferire con la salute e gli interessi ad un equilibrato ambiente urbano, può individuare limitazioni e destinazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle predefinite dalla legislazione nazionale e regionale, risultando detta facoltà in linea con l' autonomia riconosciuta anche ai Comuni nel nuovo assetto delle competenze conseguente alla modifica del titolo V della Costituzione, e segnatamente con la potestà regolamentare loro riconosciuta dall'art. 117, comma 6, e dall'art. 118 della Costituzione." In altre parole, emerge un orientamento che favorisce la regolamentazione dettagliata della materia da parte dei Comuni in forza di un vigoroso principio di sussidiarietà, mantenendo, comunque, in capo alla Regione la normazione di raccordo rispetto alla legislazione nazionale, con specifico riferimento alle esigenze di tutela della salute.

A tal proposito, peraltro, va anche ricordato che con sentenza n. 19 del 8 febbraio 2008 il TAR dell’Emilia-Romagna - sezione I - ha respinto il ricorso presentato da un operatore del settore per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, della determinazione dirigenziale del Comune di Misano Adriatico che aveva fissato distanze minime. Nelle motivazioni del TAR si legge che, sebbene le regioni non abbiano titolo a dettare norme sul contingentamento degli apparecchi con vincita in denaro perché la normativa in questione oggi è attratta nella materia fiscale, sia le regioni che i comuni hanno la possibilità di intervenire concretamente sul tracciato delineato dalla Corte Costituzionale [10].

Si deve aggiungere che, ancora più di recente, con ordinanza n. Reg. Prov. Coll. 990/2012 emessa in data 7/9/2012, la Sezione II del T.A.R. Piemonte ha affermato che la disciplina contenuta nell’art. 50 comma 7 T.u.e.l e nell’art. 31, comma 1 decreto legge n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011 determinano una situazione di assenza di principi normativi in contrasto della patologia ormai riconosciuta e denominata “ludopatia” (art. 7 D.L. n. 158 del 2012).

Il Giudice amministrativo ha, inoltre, sostenuto che soltanto attraverso una declaratoria di incostituzionalità della disciplina sopra richiamata ed, in particolare, riconoscendo una specifica funzione di contrasto del fenomeno patologico agli Enti locali, in applicazione dei principi di prossimità con la collettività locale e di sussidiarietà tra Amministrazioni pubbliche, si dota l’ordinamento giuridico vigente di strumenti di esercizio di una azione amministrativa funzionale a porre un argine alla disponibilità illimitata dell’offerta di gioco, dal momento che non appare sufficiente a garantire la tutela di rango costituzionale delle categorie deboli la disciplina dell'art. 1, comma 70, della legge di stabilità per l'anno 2011 n. 220 del 2010, in vigore dal 1 gennaio 2011, che demanda non già ai Comuni bensì all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), di concerto con il Ministero della Salute, la predisposizione di linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo (la questione è ancora pendente davanti alla Corte Costituzionale, ma pare quanto meno improbabile che la Corte ribalti un proprio consolidato orientamento).

In conclusione alla presente relazione preme rilevare che numerosi comuni della Regione Emilia-Romagna hanno già provveduto ad adottare specifici regolamenti in materia di sale da gioco al fine di fornire una disciplina organica e completa tale da consentire una integrazione dei controlli per tramite della polizia locale.

Possono essere portati a esempio: Regolamento comunale sugli apparecchi di trattenimento e svago e sulle sale giochi approvato con delibera di C.C. n. 62 del 22/11/2007 per il Comune di Mordano; Regolamento per il funzionamento delle sale gioco nel territorio del Comune approvato con delibera C.C. n. 101 del 31/10/1997 per il Comune di Castenaso; Regolamento Sale Giochi approvato con delibera C.C. n. 135 del 27/11/1989 per il Comune di Porretta Terme; Regolamento per la disciplina degli esercizi di sala giochi approvato con delibera C.C. n. 58 del 13/05/2004 per il Comune di Rimini.

Merita una menzione anche il dettagliatissimo regolamento comunale per le sale giochi e l'installazione di apparecchi da gioco approvato con delibera C.C. n. 1 del 10/1/2011 per il Comune di Firenze. Va rilevato, inoltre, che alcuni comuni hanno introdotto isolate disposizioni in materia di sale da gioco nell'ambito di regolamenti di più ampio respiro come è il caso del Regolamento di Polizia Urbana - Capo V, artt. da 20 a 23 - (P.G. 18657/2011 e s.m.i.) adottato dal Comune di Bologna.

La legittima proliferazione dei regolamenti comunali, tuttavia, ha determinato significative differenze di disciplina da un comune all'altro anche a causa dell'assenza di una normativa di raccordo tra le esigenze unitarie di tutela dei cittadini, la normativa nazionale ed il diritto all'esercizio di attività di impresa. Sebbene vadano tenute presenti le peculiarità che caratterizzano i diversi contesti urbani, pare evidente il rischio che una eccessiva diversificazione della disciplina favorisca, all'interno dei confini regionali, da un lato, flussi di capitali (in una certa misura provenienti dalla malavita) verso i comuni con regolamentazioni meno rigide, e, dall'altro, fenomeni di "turismo patologico" verso aree con maggiore concentrazione di offerta di gioco.

La prevenzione di questi rischi impone che la Regione Emilia-Romagna predisponga una normativa organica che, da un lato, fissi determinati parametri tesi a garantire un livello minimo di disciplina omogenea, mentre, dall'altro, imponga a tutti i comuni di dotarsi di uno specifico e dettagliato regolamento che risponda alle peculiari esigenze delle diverse realtà territoriali.

Il progetto di legge regionale che si presenta non comporta nuovi oneri finanziari per la Regione dal momento che prescrive un sistema articolato di limitazioni rispetto alle attività private di gestione di sale da gioco. I controlli e le verifiche sul rispetto e sull'applicazione della presente legge sono svolti dalla polizia locale e dagli altri enti incaricati di verificare l'osservanza delle normative degli enti locali e della Regione.

Allo specifico fine di contenere al massimo la spesa pubblica si è inteso valorizzare i rapporti di sussidiarietà verticale ed orizzontale, incaricando la Regione e gli altri enti territoriali di determinare, nel rispetto della normativa nazionale, il punto di equilibrio tra i vari diritti ed interessi coinvolti. Lo stratificato sistema di limitazioni previsto nel presente progetto consente di tutelare diverse categorie deboli rispetto ai rischi del Gioco d'Azzardo Patologico, consentendo, al contempo, la libertà di accesso al gioco lecito e la libertà di esercizio di attività di gestione di sale da gioco. Dato questo generale impianto, si è inteso, altresì, valorizzare le specifiche esigenze dei diversi contesti urbani, le quali non possono essere meglio definite se non dai Comuni______________________

[1] Indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo del 24 aprile 2012 - XII Commissione affari sociali della Camera dei Deputati.

[2] Indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo del 24 aprile 2012 - XII Commissione affari sociali della Camera dei Deputati.

[3] Dati dell’Agenzia delle Entrate.

[4] P. Cavaleri, Università di Verona. AIC.

[5] P. Cavaleri, Università di Verona. AIC.

[6] Vedi il punto 7 del Considerato in diritto. Anche SCACCIA, Le competenze legislative, cit., p. 463 nota 4, sottolinea che la sent. n. 6/2004 riconosce esplicitamente che la sussidiarietà opera anche con riferimento alle materie di cui all'art. 117, comma 4, Cost.

[7] Secondo CERULLI IRELLI e PINELLI, Normazione e amministrazione nel nuovo assetto costituzionale dei pubblici poteri, inVerso il federalismo . Normazione e amministrazione nella riforma del Titolo V della Costituzione, Quaderni di Astrid, il Mulino, Bologna, 2004, pp. 27-28, le competenze ‘trasversali’ riflettono “esigenze unitarie riferibili alla Repubblica «costituita» ai sensi dell’articolo 114, comma 1, anziché esigenze coessenziali allo Stato-soggetto, alle quali si riferiscono invece altre materie oggetto di potestà legislativa statale esclusive”.

[8] Uff. Indagini Preliminari S. Maria Capua, 3 marzo 2010.

[9] Art. 6, Legge Regionale 31 marzo 2005, n. 13.

[10] Commento di M. Bombi alla sent. 300/2011.

RELAZIONE DI COMMENTO

Si svolge di seguito un esposizione più ampia sull'articolato del progetto di legge che si propone.

Art. 1:

Con riferimento all'art. 1 si è inteso delineare i confini della materia sulla quale la Regione si propone di legiferare. In considerazione di tutte le osservazioni svolte nella relazione introduttiva, la competenza regionale si colloca in un complesso sistema di normazione multilivello che deve tendere a rispettare la suddivisione di competenze di cui all'art. 117 Cost., il principio di sussidiarietà verticale e l'esigenza di omogeneità normativa sul territorio regionale al fine di evitare taluni fenomeni distorsivi. In questo contesto la Regione si propone di offrire una legge di inquadramento della materia meno generale ed astratta, che integri le norme poste a livello nazionale, consentendo, al contempo, ai comuni di articolare una disciplina più specifica in relazione alle particolari esigenze dei diversi assetti urbanistici. In questo senso si comprende il limite esplicito del rispetto della suddivisione di competenze fra Stato e Regioni. Si aggiunga, inoltre, che la pervasività dell'ordinamento europeo in ambito nazionale ha già interessato la materia delle sale da gioco con specifico riferimento alla tutela della concorrenza e della libertà all'esercizio di impresa. Nonostante non sia questa la sede per approfondire il valore giuridico delle fonti europee rispetto all'ordinamento nazionale, è parso opportuno inserire questo secondo limite, in ragione della prevedibile espansione del diritto europeo in ambito normativo e giurisprudenziale. L'articolo esplicita in maniera chiara l'obiettivo che si propone il progetto di legge: 1) il contrasto della diffusione del c.d. G.A.P.; 2) la tutela di determinate categorie di persone ritenute particolarmente sensibili rispetto all'offerta di gioco; 3) la preservazione degli equilibri degli assetti urbanistici specifici. Si tratta di tre obiettivi che si estrinsecano nella tutela della salute e nel governo del territorio, rispettando al contempo, in coerenza con i dettami europei, la libertà d'esercizio d'impresa e la concorrenza. La normazione a livello regionale ed, in via derivata, a livello comunale consente quindi di completare la regolamentazione della materia delle sale da gioco che era stata lasciata sguarnita dal legislatore nazionale anche per ragioni relative alle competenze.

Art. 2:

L'articolo 2 offre due principali definizioni intese a favorire una omogenea interpretazione e, quindi, una corretta applicazione della legge da parte delle autorità giudicanti e di quelle amministrative. Il comma 1 offre una definizione sufficientemente univoca di sale da gioco. Ai sensi della definizione proposta non possono essere considerate tecnicamente sale da gioco i locali destinati prevalentemente alla distribuzione e consumo di alimenti e bevande come bar, osterie, ristoranti, pub, etc. così come non possono essere considerati sale da gioco tutti quegli esercizi che risultano destinati prevalentemente ad attività diverse dal gioco o dalle scommesse, come negozi, discoteche, showroom, cinema, teatri, hotel, etc. L'esclusione di tali categorie di esercizi si giustifica sulla diversa attrattività che offrono al pubblico. Si ritiene, infatti, che tali esercizi non siano specificamente idonei a suscitare un'attrazione particolare verso il gioco. La presenza di eventuali apparecchi di cui all'art. 110, commi 6 e 7 TULPS, risulta in queste categorie di esercizi del tutto accessoria e marginale rispetto all'attività principale. Sono escluse dalla normativa anche le sale da gioco che dispongano soltanto di apparecchi meccanici ed elettronici destinati al gioco senza vincite in denaro. Risulta evidente come le tradizionali ludoteche che offrano al pubblico giochi come biliardi, videogiochi di fantasia, canestri simulatori di basket, etc. che, comunque, non prevedono vincite in denaro, non presentino i rischi che la presente legge si propone di prevenire. Queste ampie limitazioni di applicazione della legge sono specificamente volte a tutelare la libertà di accesso al gioco lecito e responsabile così come promosso dall'Autorità Amministrativa per i Monopoli di Stato. Fatta salva la normativa contenuta nel Testo Unico sulle Leggi di Pubblica Sicurezza (Regio Decreto n. 773 del 1931 e s.m.i.) e nella regolamentazione disposta da AAMS, con specifico riferimento alla produzione e all'installazione di apparecchi di cui all'art. 110, commi 6 e 7 TULPS, si intende predisporre uno strumento legale che consenta alle amministrazioni comunali di contenere l'impatto di un'indiscriminata offerta di gioco d'azzardo (tale si intende tutto il gioco che ha insita la scommessa o che consente vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura o vincite di valore superiore ai limiti fissati al comma 6 dell’art. 110, TULPS - art. 110, co. 5, TULPS) sul territorio di riferimento. In questi termini la normativa che si propone non presenta alcun profilo di contrasto rispetto alla normativa nazionale.

Il comma 2 dell'art. 2 del presente progetto di legge offre una definizione univoca e tassativa di luoghi sensibili. L'individuazione dei c.d. luoghi sensibili, ai sensi del presente progetto di legge, corrisponde alla individuazione della molteplicità di interessi che possono essere turbati, lesi o violati da una indiscriminata ed aggressiva offerta di gioco d'azzardo. Per quanto riguarda la lettera a) pare evidente che la sensibilità e la impressionabilità dei giovani in età infantile ed adolescente possa essere turbata o comunque suscitata dalla presenza di sale da gioco. Gli istituti scolastici costituiscono luoghi di aggregazione giovanile per eccellenza e, pertanto, il fascino che può esercitare una sala da gioco, anche in quanto luogo proibito ai minori di diciotto anni, deve essere assolutamente evitato. Per quanto riguarda gli studenti universitari, la fascia d'età compresa tra i diciotto e i ventuno anni rappresenta una categoria ancora fortemente influenzabile che deve essere tutelata rispetto ai rischi del gioco d'azzardo. È, infatti, in questa fascia d'età che il mito della vincita facile o del gioco per professione trova il terreno più fertile per attecchire e per demolire le prospettive lavorative future. Per quanto riguarda la lettera b) tutti i luoghi di culto indistintamente rappresentano centri di aggregazione per il raccoglimento e la preghiera. La gran parte dei culti religiosi più diffusi è contraria, implicitamente od esplicitamente, al gioco d'azzardo in quanto manifestazione deviante del materialismo consumistico. La presenza di una sala da gioco. così come definita dal presente progetto di legge, in prossimità di un luogo di culto è suscettibile di offendere la sensibilità e la dignità spirituale di coloro che vi si recano per professare la propria religione, in quanto astrattamente contraria ai precetti che costoro si propongono di rispettare. Per quanto riguarda la lettera c) si considerano tutte le strutture sanitarie ed ospedaliere, compresi i centri di accoglienza ed assistenza, al fine di tutelare coloro che sono sottoposti a trattamenti di cura o di recupero i quali possono risentire, anche nel proprio percorso terapeutico, del fascino che possono esercitare le sale da gioco. Si fa riferimento, per esempio, ai soggetti affetti di particolari patologie o menomazioni psichiatriche, gli alcolisti, i tossicodipendenti e i disabili in genere. Gli effetti negativi che il gioco d'azzardo può provocare su queste categorie di soggetti sono particolarmente gravi. Si tenga anche presente che queste categorie possono risultare particolarmente impressionabili rispetto a messaggi luminosi o acustici e rispetto a determinate immagini pubblicitarie. Per quanto riguarda la lettera d) si tratta di una fattispecie residuale rispetto alla lettera a) e, pertanto, le ragioni della sua previsione sono analoghe. Per quanto riguarda la lettera e) si è inteso tutelare una particolare categoria di soggetti che apparentemente non presenta alcun profilo di debolezza. Tuttavia, se si svolge un'attenta analisi, si comprende come gli appartenenti ai corpi militari siano tenuti al rispetto di una rigida disciplina caratterizzata anche da sacrificio e dedizione. Il rispetto dovuto all'esercizio di tale professione contrasta con una indiscriminata offerta di gioco d'azzardo, che può risultare idonea a turbare l'integrità dei componenti i corpi militari. Per quanto riguarda la lettera f) si possono svolgere considerazioni analoghe a quelle relative alla lettera a). Gli anziani costituiscono una categoria debole con particolare riferimento alla loro impressionabilità e alle risorse a disposizione. Spesso il diffuso fenomeno di abbandono degli anziani li conduce a cercare intrattenimenti e svaghi che però, in questo caso, possono loro nuocere. Per quanto riguarda la lettera g), invece, si possono svolgere osservazioni analoghe a quelle relative alla lettera b). I cimiteri e le camere mortuarie rappresentano luoghi di raccoglimento e preghiera che interessano il comune sentimento di pietà verso i defunti. L'offerta di gioco d'azzardo prossima a tali luoghi è idonea ad offendere detto sentimento.

Art. 3:

L'articolo 3 costituisce una delle parti più significative del presente progetto di legge. Il comma 1, innanzitutto, sottopone qualsiasi attività che renda accessibili apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici destinati al gioco lecito, così come definiti dal TULPS, all'autorizzazione amministrativa del Sindaco del Comune territorialmente competente. In realtà questa previsione non costituisce una vera e propria novità. In base alle leggi speciali nazionali in vigore, le attività che devono essere oggetto di rilascio di autorizzazione amministrativa, sono: a) l’esercizio di sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti (art.86, co.1, TULPS); b) attività di produzione o importazione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all’art. 110, commi 6 e 7, TULPS (art.86, co.3, lett. a, TULPS); c) attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta, di detti apparecchi (art. 86, co. 3, lett. b, TULPS); d) l’installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all’articolo 88 ovvero per l’installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati (art. 86, co. 3, lett.c, TULPS).

Le ragioni di questa quadripartizione, in ordine alle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento delle attività di cui si tratta, risiedono nella legge 23 dicembre 2000, n.388 che ha modificato gli artt.86 e 110 del TULPS introducendo per la gestione, anche indiretta, degli apparecchi conformi alle specifiche del comma 6 dell’art.110 TULPS l’obbligo di munirsi di licenza, previo nulla osta rilasciato dall’Amministrazione Finanziaria.

Prima dell’accennata novellazione, le sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti dovevano (e debbono tuttora) munirsi di una licenza rilasciata, ai sensi dell’art. 19, comma 1°, n. 8) D.P.R. 24 luglio 1977 n.616, dal Sindaco nell’esercizio delle sue funzioni amministrative; gli esercizi pubblici (bar, ristoranti, trattorie, alberghi, ecc. ) che intendono installare nel loro interno apparecchi da divertimento debbono comunque chiedere un’autorizzazione ai sensi dell’art.194 R.D. 6 maggio 1940, n.635, nonostante essi abbiano licenza per svolgere la loro attività principale.

La riforma della legge n. 388/00 comporta che gli operatori che svolgono attività di distribuzione e di gestione anche indiretta degli apparecchi previsti al comma quinto dell’art.110 TULPS, nonché le sale da gioco ove siano collocati tali apparecchi nonostante esse siano già autorizzate ai sensi dell’art.86, comma 1, TULPS e, comunque, tutti gli esercizi pubblici che ospitano gli stessi, debbono munirsi di questa ulteriore licenza.

Detta licenza è subordinata, ai sensi dell’art.38 della legge 388/00, alla concessione di un nulla osta dell’Amministrazione Finanziaria che lo rilascia una volta esaminata la documentazione prodotta dal richiedente attestante la conformità di tali apparecchi ai requisiti di legge e, in particolare, che sugli stessi sia installato un dispositivo per la lettura di schede a deconto o strumenti similari di cui all’art.14-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.640, nonché di un dispositivo che garantisca la immodificabilità delle caratteristiche e delle modalità di funzionamento e la distribuzione dei premi. Tale dispositivo deve essere conforme al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 388/00, di concerto con i Ministeri dell’Interno e dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, che ne stabilisce anche le modalità di utilizzo.

Per quanto concerne, invece, gli apparecchi indicati dall’art.110, comma 7, TULPS, essi identificano le cosiddette “Redemptions”, ossia apparecchi collocati prevalentemente nelle sale giochi che distribuiscono prodotti di piccola oggettistica attraverso una correlata prova di abilità ( ad esempio i famosi bracci meccanici attraverso i quali il giocatore può vincere peluche o altri oggetti di modesto valore economico o ancora gli apparecchi elettromeccanici che simulano il gioco del calcio o della pallacanestro).

Anche le Redemptions, comunque, sono soggette ad autorizzazione ai fini della loro installazione nei pubblici esercizi ai sensi degli artt.86, comma 1, TULPS, e 194 del relativo Regolamento ma non sono soggetti all’ulteriore licenza prevista dalla legge 388/00, né tanto meno al connesso nulla osta dell’Amministrazione Finanziaria.

In questo articolato sistema di licenze così descritte è intervenuto anche il D.P.R. 28 maggio 2001, n.311 che ha unificato, rendendole permanenti, le autorizzazioni riguardanti il titolo III del TULPS fra cui è doveroso ricordare proprio l’articolo 86 in tutti e tre i suoi commi.

Il D.P.R. in argomento è stato di fondamentale importanza per la modifica del secondo comma dell’art.152 del Regolamento TULPS concernente gli esercizi pubblici: come noto, infatti, per questi ultimi la legge 25 agosto 1991, n. 287 ha previsto apposita autorizzazione per poter somministrare al pubblico alimenti e bevande, generando in tal modo uno pseudo meccanismo di doppia autorizzazione con le norme del TULPS (nella fattispecie l’art.86), che spesso ha causato incertezze nella distinzione fra un’autorizzazione di natura commerciale (quale quella della legge 287/91) e una licenza di pubblica sicurezza (quella di cui all’art. 86 TULPS).

La modifica relativa all’art.152 interviene a fare chiarezza sul punto, prevedendo che le autorizzazioni previste da norme speciali (come ad es. la legge 287/91) relative ad attività ricomprese nel TULPS, valgono anche ai fini delle autorizzazioni previste dell’art.86, ma con il rispetto delle norme dello stesso Testo Unico appositamente indicate nel nuovo art.152.

Dato questo impianto normativo, si comprende la collocazione dell’autorizzazione amministrativa di cui all’art. 3, comma 1, del presente progetto di legge. Essa si distingue dalle licenze e dalle concessioni di competenza di AAMS con riferimento alla funzione cui è preposta. Infatti, dalla normativa esposta più sopra si comprende con chiarezza la funzione di vigilanza e controllo che AAMS svolge sulla conduzione delle licenze per la distribuzione e la gestione degli apparecchi e delle macchine di cui all’art. 110 TULPS. Un esempio pratico di tale funzione consiste nel contingentamento delle macchine per tipi di esercizio nell’ambito del gioco lecito. Non deve confondere il dettato del D.L. 8 luglio 2002 n. 138 recante disposizioni concernenti “interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate” laddove si stabilisce, all’art. 4, comma 1, che “al fine di assicurare la gestione unitaria prevista dall'articolo 12 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, nonché di eliminare sovrapposizioni di competenze, di razionalizzare i sistemi informatici esistenti e di ottimizzare il gettito erariale, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato svolge tutte le funzioni in materia di organizzazione ed esercizio dei giochi, scommesse e concorsi pronostici.” Quando si parla di funzioni in materia di organizzazione ed esercizio dei giochi si fa riferimento a quel complesso sistema di concessioni, collegamento in rete e controlli che consente a privati di offrire l’accesso al gioco d’azzardo in modo lecito. Di questo profilo si occupano anche la L. 18 ottobre 2001 n. 383 e il D.L. 30 dicembre 1993 n. 557. Ha tutt’altra natura l’autorizzazione amministrativa di cui agli artt. 86 e 88 del TULPS. Tale autorizzazione è chiaramente intesa a consentire la regolazione dell’offerta di gioco lecito sul territorio. La differenza dei profili è determinante. In sintesi il comma 1 dell’art. 3 del presente progetto di legge non innova se non nella misura in cui semplifica il concetto di autorizzazione amministrativa di cui agli artt. 86 e 88 TULPS.

Partendo dal dato consolidato in base al quale, come indicato nelle finanziarie 2005 e 2006 con le quali è stato modificato l’art. 110 TULPS, l’autorità competente relativamente alle violazioni ex art. 110 co. 9, TULPS è ora AAMS, occorre fare una disamina degli apparecchi in relazione al tipo di autorizzazione prevista per la loro installazione. In linea generale il possesso dell’autorizzazione di polizia di cui all’art. 86 del TULPS permette l’installazione degli apparecchi da trattenimento e gioco di cui all’art. 110, co. 6, lett. a) e c), e co. 7 lett. a) e c). In questo caso ‘autorità amministrativa che rilascia il titolo autorizzatorio coincide con il Comune ed è autorità competente a ricevere il rapporto ed introitare le sanzioni a norma della L. n. 689/1981. L’installazione degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, co. 6, lett. b) del TULPS (VLT), invece, è consentita previa acquisizione dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 88 TULPS. In questo caso l’autorità competente al rilascio è la Questura che, pertanto, riceve il rapporto, mentre i proventi vengono introitati dallo Stato. Per ragioni di coerenza, l’autorizzazione semplificata di cui all’art. 3 del presente progetto di legge potrà essere concessa, con particolare riferimento al caso appena indicato, previo ottenimento del nulla osta da parte della Questura.

La limitazione di cui al comma 2 dell’art. 3 del progetto di legge costituisce la principale prescrizione che richiede una tutela omogenea su tutto il territorio regionale. Le c.d. distanze minime erano previste nella normativa precedente il c.d. Decreto Balduzzi ma sono state eliminate in corso di approvazione per le ragioni già esposte. Anche in questo caso non si hanno significative innovazioni se non nella misura del ripristino di un minimo di tutela di determinate categorie deboli. Si sottolinea, tuttavia, come la competenza a imporre tale limitazione non possa essere che riconosciuta alle Regioni in forza della suddivisione di competenze di cui all’art. 117 Cost. La misura dei 500 metri è stata ritenuta ragionevole anche rispetto ai valori medi già in vigore nei Comuni dell’Emilia-Romagna e a quelli stabiliti in altre regioni.

La previsione del termine di cui al comma 3 dell’art. 3 favorisce la preservazione delle condizioni ottimali richieste per la concessione della prima autorizzazione. Si ritiene, infatti, che la preservazione di tali condizioni costituisca elemento imprescindibile per la tutela dell’ordine e della sicurezza urbani oltreché per la tutela delle categorie deboli più sopra illustrate. 

Art. 4:

Ai sensi degli artt. 8, comma 2, 24, 26 e 28, comma 4, Legge Regionale 31 marzo 2005, n.13, la Regione Emilia-Romagna demanda a tutti i Comuni presenti sul territorio di regolamentare la materia delle sale da gioco in base alle specifiche esigenze dei diversi contesti urbani. In applicazione dell’art. 23, commi 2 e 3, Legge Reg. citata, il Consiglio delle Autonomie Locali esprimerà un parere sul presente progetto di legge in quanto trattasi di conferimento di funzioni amministrative. Su questo punto merita fare ulteriore chiarezza. Il recente D.L. n. 98/2011, convertito dalla L. n. 111/2011, ha stabilito la competenza di AAMS nella vigilanza in materia di apparecchi da divertimento con e senza vincita in denaro (art. 24, co. 13, D.L. cit.) per ciò che è stabilito da norme di legge, convenzioni in concessione ed altri obblighi amministrativi previsti da norme legislative ed amministrative in materia di gioco pubblico con o senza vincita in denaro. Va sottolineato che la norma citata contempla la possibilità della previsione di ulteriori obblighi amministrativi per tramite di norme legislative (anche regionali) ed amministrative (anche comunali) in materia di gioco pubblico. Al di là dell’aspetto puramente politico della norma, deve essere rilevato come tale disposto abbia comunque sollevato dubbi di legittimità relativamente alla competenza dei Comuni in materia di autorizzazioni di polizia. L’art. 86 del TULPS, infatti, demanda all’autorità comunale la potestà autorizzatoria relativamente alle licenze di polizia e dispone che, a norma degli artt. 9 e 10 del TULPS, lo stesso ente possa legittimamente imporre e far rispettare le prescrizioni alla licenza (così come delimitate dal comma 13, art. 24, D.L. n. 98/2011) ovvero sospenderne l’efficacia (artt. 17 bis, ter, quater). In relazione a quanto detto, il Comune diventa, in caso di violazioni, autorità competente a ricevere rapporto e ad introitare le sanzioni a norma della L. n. 689/1981. Per assonanza i decreti direttoriali che disciplinano i giochi con o senza vincita in denaro, benché emessi da organi diversi dall’ente locale, di fatto regolamento ovvero pongono delle prescrizioni all’autorizzazione di polizia nella conduzione degli apparecchi per il gioco lecito rilasciate dal Comune. Tali prescrizioni, tuttavia, non devono considerarsi la fonte esclusiva di regolamentazione del gioco lecito proprio in virtù di quanto affermato al comma 13 dell’art. 24 D.L. n. 98/2011. Data questa impostazione, si comprende meglio l’opportunità della regolamentazione di livello comunale.

 Il comma 1 dell’art. 4 del progetto di legge indica specificamente gli ambiti che dovranno essere interessati dai regolamenti emanandi, nel rispetto delle prescrizioni generali imposte dalla Legge Regionale. L’esigenza di richiedere la regolamentazione da parte dei Comuni si giustifica sotto due profili: a) molti Comuni della Regione hanno già provveduto all’adozione di regolamenti specifici in materia di sale da gioco che, sebbene offrano una regolamentazione disomogenea, costituiscono un primo impianto su cui eventualmente apportare modifiche correttive a seguito dell’introduzione della Legge Regionale; b) la diversificazione dei contesti urbani sia con riferimento alla densità abitativa che con riferimento alle diverse esigenze di tutela del tessuto sociale cittadino. La sussistenza di questi due fattori tende ad escludere una dettagliata regolamentazione regionale. Il comma 2 si pone in assoluta coerenza rispetto a queste ultime osservazioni. L’esplicitazione delle varianti che i Comuni possono adottare rispetto alla normativa regionale consentono diversificazioni di disciplina rispetto a particolari esigenze, nel rispetto dell’inquadramento generale offerto dalla Regione. La fissazione di un termine per l’introduzione dei regolamenti mancanti costituisce un evidente elemento di garanzia rispetto alle esigenze di certezza del diritto.

Il comma 3 dell’art. 4 impone alla regolamentazione comunale di prevedere una disciplina riguardo i casi di revoca e sospensione per fornire alle amministrazioni comunali tutti gli strumenti possibili di sanzione rispetto a gestioni non corrette delle sale da gioco.

Art. 5:

Anche per quanto riguarda la determinazione delle sanzioni amministrative si è inteso confermare i valori medi adottati a livello comunale e dalle altre Regioni. Si ritiene che i termini sanzionatori siano sufficientemente contemperati rispetto ai beni che il presente progetto di legge intende tutelare e che possono essere lesi dalla violazione delle norme proposte. L’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni spettano al Comune competente per tramite delle proprie forze di polizia locale e, congiuntamente, ad AAMS in forza dell’art. 5 L.R. 28 aprile 1984, n.21 e dell’art. 24, co. 13, D.L. n. 98/2011. Si ritiene che un sistema di controlli congiunto ed integrato possa meglio garantire il rispetto della legalità e il controllo del territorio. Va, comunque, tenuto presente che i regolamenti comunali potranno prevedere ulteriori sanzioni tra le quali può essere incluso il diniego di nuova autorizzazione per violazione della legge regionale.

Art. 6:

Con le disposizioni transitorie e finali si è inteso dare un coordinamento tra la nuova normativa e le situazioni preesistenti, consentendo una ragionevole tutela del legittimo affidamento degli operatori del mercato del gioco lecito. Per questa ragione il termine massimo di durata per le autorizzazioni concesse in precedenza che risultino permanenti o sottoposte ad un termine eccessivo, decorrerà dalla scadenza del termine per approvare i regolamenti comunali. In questo modo si ritiene sia garantita al massimo la tutela delle posizioni di quegli operatori che si ritroveranno in situazioni di irregolarità sopravvenuta, per esempio con riferimento alle distanze legali.

Si detta poi una norma generale riferita ai piani di ricollocazione di cui all’art. 7, comma 10, D.L. n. 158/2012, a prescindere da quelle che saranno le prescrizioni di dettaglio dei decreti attuativi. Si tratta di una norma generale di raccordo con la normativa nazionale. Infatti, risulta quanto mai evidente come l’attuazione dei futuri piani di ricollocazione sia impossibile senza la collaborazione attiva dei Comuni.

Dello stesso tenore è anche il comma 3 attraverso il quale si intende favorire l’applicazione di una normativa nazionale che richiama l’attività degli enti locali. Pare, peraltro, imprescindibile la partecipazione delle regioni e degli enti locali all’osservatorio sul gioco istituito presso AAMS in quanto enti a più vicino contatto rispetto alle dinamiche dei fenomeni legati al gioco d’azzardo.

Valuta il sito

Non hai trovato quello che cerchi ?

Piè di pagina