n.370 del 15.12.2022 (Parte Prima)

Oggetto n. 6089 - Ordine del giorno n. 2 collegato all'oggetto 5973 Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Integrazione regionale per il finanziamento del Servizio Sanitario Regionale". A firma dei Consiglieri: Zappaterra, Costi, Pillati, Maletti, Soncini, Amico, Pigoni, Zamboni, Montalti, Daffadà, Mori, Bulbi, Gerace, Costa, Marchetti Francesca, Caliandro, Rontini, Mumolo, Bessi, Bondavalli, Sabattini, Rossi

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

Premesso che

la Regione Emilia-Romagna ha sempre considerato la tutela della salute quale diritto fondamentale della persona e interesse della collettività, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione.

Ha sempre investito per realizzare un sistema sanitario pubblico di qualità, equo e universalistico, radicato nel territorio, chiamato non solo a garantire il diritto alla salute a ogni persona, a prescindere dalle sue condizioni economiche e sociali, ma anche la tutela della salute pubblica. Un servizio e insieme un grande patrimonio collettivo e identitario su cui misurare la capacità di una democrazia di garantire coesione e giustizia sociale, nonché sviluppo economico sostenibile di un territorio.

Lo ha fatto forte di una lunga tradizione di programmazione e attuazione di politiche sanitarie e sociosanitarie supportate da un consolidato impianto normativo a partire dalla legge regionale 29 del 2004 e alla legge regionale 2 del 2003.

Lo ha fatto sempre con processi di partecipazione che hanno coinvolto cittadini e cittadine, con i diversi livelli istituzionali, in primo luogo i Comuni con l’istituzione per legge della Conferenza Sociale e Sanitaria Territoriale, con i professionisti e le loro rappresentanze, con le parti sociali e i soggetti del terzo settore.

Premesso inoltre che

il sistema sanitario e sociosanitario regionale è il frutto di una reale condivisione con la società regionale, una condivisione che ha permesso di fare evolvere il concetto di salute e delle determinanti che ne influenzano lo stato: non solo determinato da cause naturali, ma da scelte, compiute sia a livello personale sia pubblico.

Si è operato, infatti, con un approccio multidisciplinare considerando la promozione e la tutela della salute quali obiettivi di tutte le politiche regionali, perché molti sono i fattori che incidono sullo stato di salute della popolazione: biologici (propri di ciascun individuo), socioculturali (il grado di istruzione, la condizione economica, le condizioni di lavoro e abitative, le matrici ambientali) e non ultimi, in ordine di importanza, i comportamenti individuali, i cosiddetti “stili di vita”. In alcuni casi questi ultimi rappresentano il fattore più importante per determinare l’insorgenza di una malattia o permettere la prosecuzione di una vita in salute. L’aumento dei casi di malattia cronica (tumori, diabete, malattie cardiovascolari) rafforza il valore della prevenzione primaria cioè della riduzione di quei fattori di rischio che possono favorire l’insorgenza delle malattie, attraverso l’adozione di stili di vita adeguati. A tal fine, nel 2018 è stata approvata la legge regionale n. 19 del 2018, “Promozione della salute, del benessere della persona e della comunità e prevenzione primaria.

Particolare attenzione è stata posta in questi anni alla relazione tra salute e ambiente, con la consapevolezza che la crisi climatica rappresenta una delle più grandi minacce sanitarie per l’umanità, come si evince anche dal Rapporto Onu in occasione della Giornata mondiale della Salute del 7 aprile 2022. La Regione è impegnata a rafforzare tutti i piani di prevenzione ambientale e soprattutto a integrare tutte le politiche e le azioni programmatorie conseguenti (Patto per il lavoro e il per clima, Documento Strategico Regionale per la Programmazione Unitaria delle Politiche Europee di Sviluppo 2021-2027).

Nell’ambito delle politiche di genere è stata introdotta la Medicina di Genere (MdG) o, meglio, la medicina genere-specifica che, come definita dall’OMS, riguarda lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socioeconomiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. Una crescente mole di dati epidemiologici, clinici e sperimentali indica l’esistenza di differenze rilevanti nell’insorgenza, nella progressione e nelle manifestazioni cliniche delle malattie comuni a uomini e donne, nella risposta e negli eventi avversi associati ai trattamenti terapeutici, nonché negli stili di vita e nella risposta ai nutrienti e nell’ esposizione ad ambiente con possibili effetti epigenetici (cfr. “Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita”, Ministero della Salute). Anche l’accesso alle cure presenta rilevanti diseguaglianze legate al genere: è noto che le donne si ammalano di più, presentano stati di stress maggiori, consumano più farmaci e sono più soggette a reazioni avverse, oltre che essere socialmente “svantaggiate” rispetto agli uomini. Inoltre, nei Paesi occidentali, nonostante le donne vivano più a lungo degli uomini, l’aspettativa di “vita sana” non è equivalente tra i due sessi. In questa chiave la prevenzione diagnostica e l’intervento multidisciplinare possono avere effetti positivi sia sul benessere delle donne che sulla spesa sanitaria. A tal fine, la legge regionale n. 6 del 2014 (“Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”) ha anticipato la più recente legge Lorenzin (Legge 11 gennaio 2018, N. 3 “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute.”).

Si sono realizzate una programmazione e una gestione coerenti con gli obiettivi di salute quale bene primario, ciò che ha portato il nostro sistema sanitario regionale pubblico e universalistico a essere un riferimento consolidato da sempre nel panorama nazionale, per la quali-quantità dei servizi, con una forte capacità di attrarre i cittadini di altre regioni.

Tenuto conto che

questo importante investimento regionale è avvenuto in un panorama nazionale di forte e continua contrazione delle risorse a disposizione del Sistema Sanitario Nazionale, a causa di tagli operati dai governi da più di 10 anni a questa parte. Tutto ciò ha comportato un impegno importante e continuativo di risorse del bilancio regionale al fine di rispondere ai LEA sia obbligatori (non sempre coperti con risorse aggiuntive dello Stato) che facoltativi. Il 5° rapporto Gimbe (ottobre 2022) quantifica in 37 miliardi il definanziamento della sanità pubblica a livello nazionale nel decennio 2010-2019. Nel confronto internazionale la spesa sanitaria italiana restituisce dati impietosi: la spesa pubblica pro-capite è ben al di sotto della media dei Paesi Ocse e in Europa ci collochiamo al 16° posto. Va, inoltre, considerato l’aumento costante dei costi sanitari alimentato dallo sviluppo della ricerca scientifica (introduzione di nuovi farmaci e di nuove tecnologie), a cui non ha mai corrisposto un aumento corrispondente del finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale.

Riflesso di questa inadeguatezza di finanziamento è la privatizzazione strisciante che si rileva dall'incremento costante e consistente della spesa privata “out of pocket”, per la quale i cittadini e le cittadine si rivolgono sempre più alla sanità privata, di fatto depotenziando l'accesso universalistico di quella pubblica.

A questa storica e insostenibile mancanza di finanziamenti adeguati al Fondo Sanitario Nazionale si aggiunge l’annoso problema dei criteri di riparto tra Regioni, che, come ha dimostrato l’emergenza Covid, ha finito per penalizzare quelle che hanno dovuto affrontare una maggior diffusione del virus, generando ingiustificate sperequazioni.

Tra i nodi irrisolti con cui la nostra Regione ha dovuto confrontarsi ci sono da un lato il limite alle assunzioni del personale sanitario e dall’altro la ormai cronica carenza di personale sanitario. Questo è il frutto di una mancanza di capacità programmatoria dei governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio, pur in presenza di dati precisi relativamente ai flussi in uscita per pensionamenti. La carenza di personale sanitario rappresenta forse il fattore più rilevante dell’attuale fragilità del Sistema Sanitario Nazionale, accentuato durante la pandemia, ma ben presente anche precedentemente. Il problema riguarda tutte le figure professionali mediche e le professioni sanitarie. A questa carenza concorrono oltre al cosiddetto “imbuto formativo”, ovvero il gap tra numero di laureati in medicina e l’insufficiente numero di borse per la formazione specialistica post lauream e per la Medicina Generale (MMG), la scarsa attrattività del servizio sanitario pubblico, le basse remunerazioni e possibilità di carriera, con conseguente migrazione verso l’estero e verso il privato. Fenomeni che sono stati accelerati dall’emergenza Covid, che ha stressato oltre ogni limite il personale sanitario, così come dalla sopraggiunta “gobba pensionistica”, che, unitamente alle recenti riforme pensionistiche, ha prodotto una consistente fuoriuscita di personale medico e di operatori sanitari dal Sistema Sanitario Nazionale.

Non si sono, inoltre, valutate con sufficiente attenzione le conseguenze della femminilizzazione del lavoro in sanità che, se da un lato ha rappresentato certamente un valore per tutto il sistema sanitario, dall’altro avrebbe richiesto di prevedere sostituzioni per maternità e un sistema di welfare atto a supportare le professioniste sanitarie e le loro famiglie.

La consapevolezza che la sanità la fanno in primo luogo i professionisti ha portato la Regione a investire sul personale nel corso degli anni, nonostante i vincoli e i sottofinanziamenti nazionali. Dal 2015 al 2021 il personale sanitario operante in regione è passato da 61.568 unità a 70.656 unità, con uno sforzo straordinario compiuto nel periodo dell’emergenza Covid. A differenza di altre regioni rimane molto alta la percentuale del personale a tempo indeterminato pari a 93,9% nel 2021, con 2,4 (+ 0,21) medici in servizio ogni 1000 abitanti, 8,6 (+ 1,31) professioni sanitarie in servizio ogni 1000 abitanti, 1,9 (+ 0,54) Operatori Socio Sanitari ogni 1000 abitanti. A conferma di un sistema fortemente pubblico. Negli stessi anni si è, invece, assistito a una decrescita dei medici di medicina generale (MMG), passati dai 2.988 del 2015 ai 2.628 del 2021 (-12,3%) con un aumento del numero medio di assistiti per MMG (1.263 nel 2015; 1.376 nel 2021). Lo stesso dicasi per i pediatri di libera scelta passati dai 611 del 2015 ai 564 del 2021 (-7,7%) dove però il numero medio di assistiti per pediatra è diminuito, passando da 864 nel 2015 a 849 nel 2021.

La situazione risulta oggi in costante peggioramento a causa dell’impatto della pandemia che ha portato, non solo nella nostra regione, ma in tutto il paese, a un crescente abbandono della sanità pubblica da parte del personale medico, infermieristico e assistenziale con un preoccupante gap negativo di personale formato o in formazione in grado di reintegrare i posti resisi liberi. Pensionamenti anticipati, burnout e demotivazione, licenziamenti volontari e fuga verso il privato lasciano sempre più scoperti settori chiave del Servizio sanitario regionale, in particolare i Pronto Soccorso, i posti di Medico di Medicina Generale, senza dimenticare che molti concorsi vanno deserti.

Per contrastare l’allontanamento volontario del personale è necessario consolidare l'identità del sistema sanitario regionale perché assuma un carattere capace di trasmettere senso di appartenenza, riconoscimento della funzione sociale e promuova dinamiche partecipative attraverso cui lo stesso personale possa significare la propria appartenenza.

Considerato che

in questi stessi anni si è assistito a cambiamenti demografici e sociali epocali (invecchiamento della popolazione e conseguente aumento dei malati cronici, cambiamenti negli stili di vita, processi migratori) che pongono nuovi bisogni sanitari ed assistenziali e la necessità di nuove modalità di presa in carico.

A fronte di una popolazione sostanzialmente stabile di 4.458.006 milioni di persone nel 2022, di cui il 51,2% è di sesso femminile e il 12,8% ha cittadinanza non italiana, si è assistito a una trasformazione profonda che ha prodotto un aumento della speranza di vita per uomini e donne, che rimane sostanzialmente stabile tra il 2015 e il 2021, così come la speranza di vita in buona salute.

I dati però restituiscono una condizione diversa per genere: le donne hanno una maggiore speranza di vita rispetto gli uomini, ma con una percentuale inferiore di vita in buona salute.

Nello stesso tempo si assiste a un calo continuo della natalità (35.293 nati nel 2015 contro i 29.782 nati nel 2021, con una diminuzione del 15,61% in linea con il dato nazionale). Il tasso di natalità passa da 7,92 nati ogni mille abitanti del 2015 a 6,68 del 2021 (dato nazionale 6,77). Le ultime stime ISTAT dicono che oltre la metà degli italiani sarebbe felice di avere due figli, il 41 % di chi ha un figlio ambirebbe ad avere il secondo, ma questa aspirazione incontra ostacoli di natura economica e di organizzazione sociale. In Italia nella fascia tra i 20 e i 49 anni in presenza di un figlio lavora l’85% dei maschi e 52,2% delle donne. Si riduce la dimensione media delle famiglie: 2,28 componenti nel 2015, 2,24 nel 2021 (-1,8%) con una tendenza al 2050 a una dimensione media di 2 componenti per famiglia. Aumentano le famiglie unipersonali (sono il 33,06% nel 2015 mentre rappresentano il 33,99% nel 2021) e aumenta l’indice di dipendenza degli anziani, che passa dal 37,5 del 2015 al 38,6 del 2021 (+2,9%). Diminuisce la popolazione tra 0 e 14 anni, cresce lievemente quella tra 15 e 65 anni ed è inesorabile il processo di invecchiamento della popolazione regionale con un incremento del 10,3% dell’indice di vecchiaia, che passa dal 173,7 del 2015 al 189,61 del 2021 (superiore alla media nazionale pari a 182,56).

Il costante aumento della popolazione over 65, sostenuto anche dai progressi della scienza medica, sta portando a un progressivo aumento delle patologie cronico degenerative. I pazienti cronici con una o più patologie nel 2015 erano 1.704.722 pari al 45,57% della popolazione regionale con più di 18 anni di età. Nel 2021 rappresentano il 47,78% (1.801.281). In crescita i pazienti con 2 o più patologie croniche: si passa dal 993.555 del 2015 al 1.046.911 del 2021 (+5,4%). Le cronicità presentano una diversa incidenza nei territori: si va dal 45,7% della Ausl di Reggio Emilia al 53,9% della Ausl di Ferrara.

I dati sui fattori di rischio e gli stili di vita per classi di età ci consegnano per il 2021 una significativa incidenza dei fattori di rischio, per tutte le classi di età, per quanto riguarda il fumo, l’alcol, il basso consumo di frutta e verdura, il sovrappeso e l’obesità. L’uso di alcol e il fumo rimane alto soprattutto nei giovani tra i 18 e i 34 anni. Sulla sedentarietà i dati sono positivi soprattutto tra i 18 anni e i 69 anni. Questo grazie anche all’importante impegno della Regione che ha messo in campo azioni di promozione a sostegno della pratica sportiva accessibile a tutti, in coerenza anche con le raccomandazioni del Ministero della Sanità, riconoscendola come uno dei principali strumenti fondamentali di prevenzione e di mantenimento del benessere psicofisico e del miglioramento della qualità della vita.

Dal 2015 è in crescita l’utenza afferente sia ai Centri di salute mentale dedicati agli adulti sia alla Neuropsichiatria dell’Infanzia e della Adolescenza (NPIA) e delle Dipendenze patologiche, certamente aggravate dal periodo di emergenza Covid. Nel 2021 gli utenti dei servizi di salute mentale adulti sono stati 81.068 (+ 2,8% rispetto il 2015) e gli utenti delle dipendenze patologiche 29.330 (+7,5%).

In crescita gli utenti (bambini e adolescenti) dei servizi NPIA, che registra un dato di 62.372 (di cui: autismo + 122%; disturbi comportamenti alimentari +96,6% e altri disturbi psicopatologici + 79,4%). Nel 2015 gli utenti per NPIA erano 38.061 passati nel 2021 a 62.372. Si registra un aumento di utenti per tutte le fasce di età, ma con un’incidenza maggiore tra gli adolescenti (11 e i 17 anni) con punte più alte a Piacenza, Modena, Ferrara, Reggio Emilia.

Preso atto che

negli stessi anni si è assistito a processi di evoluzione dell’organizzazione del sistema sanitario e sociosanitario regionale. Infatti:

- la rete ospedaliera dell'Emilia-Romagna organizzata per intensità di cura (ospedali hub e spoke) è ben distribuita su tutto il territorio regionale, consta di 53 ospedali pubblici (inclusi IRCCS e AOU). Di questi, 18 (34%) hanno meno di 100 posti letto, concentrati tra la Romagna e Bologna; 9 ospedali superano i 500 posti letto, 11 tra 200 e 499 posti letto, 15 tra i 100 e i 199 posti letto. La percentuale di spesa del Sistema Sanitario Regionale per l’assistenza ospedaliera tra il 2015 e il 2021 è rimasta sostanzialmente stabile, passando dal 43,4% al 43,7%. Il sistema ospedaliero si attesta al limite superiore della dotazione di posti letto prevista dalla normativa vigente (DM 70/2015) con un numero complessivo di posti letto per acuti + lungo degenti pari a 3,92 per mille abitanti nel 2021, in linea con i nuovi standard nazionali previsti. Tutto questo a fronte di una forte attrattività dell'offerta ospedaliera regionale e del saldo positivo della mobilità interregionale, che pone stabilmente l'Emilia-Romagna tra le prime regioni italiane per numero di ricoverati residenti al di fuori della regione. Rimane una differente distribuzione dei posti letto tra le aziende sanitarie che vanno dai 4,5 posti letto per 1000 abitanti di Parma ai 3,3 posti letto per abitante di Reggio Emilia. Si è assistito a una maggior criticità di funzionamento degli ospedali spoke (accentuato nel periodo Covid) e con conseguenti aggravi sia sul sistema degli ospedali a maggior intensità di cura che sull’assistenza territoriale.

- Da qualche anno il sistema di emergenza urgenza sta vivendo una fase di forte criticità causata dal cronico sovraffollamento del pronto soccorso (con particolare riferimento ai codici a bassa criticità), a cui si sono sommati gli effetti della pandemia e la grave carenza di operatori disponibili. Tuttavia tra il 2015 e il 2021 si è assistito a un ulteriore processo di diminuzione del tasso di ospedalizzazione standardizzato, sia in età adulta che in età pediatrica, certamente a causa del Covid che ha scoraggiato tutto ciò che era rinviabile, come ad esempio gli interventi chirurgici non urgenti, ma anche a fronte di nuove modalità organizzative e tecnologiche atte a fornire risposte adeguate a problemi trattati nel passato con ospedalizzazioni. Molta attenzione è stata posta all’adeguamento del parco tecnologico (TAC, risonanze magnetiche, mammografie ecc.), ma con un tasso di saturazione ancora migliorabile.

- La rete dei servizi sociosanitari dei 38 ambiti distrettuali è stata rafforzata continuando ad agire sui servizi più tradizionali ma introducendo, prima regione italiana, le Case della Salute, diventate poi modello nazionale per le Case di Comunità della Missione 6 del PNRR. La percentuale di spesa del Sistema Sanitario Regionale per l’assistenza territoriale è diminuita tra il 2015 e il 2021, passando dal 52,6% al 50,9%.

- Nel 2021 sono presenti 127 Case della Salute, 25 Ospedali di Comunità per un totale di 419 posti letto, Hospice per 312 posti letto, 43 spazi giovani, 27 spazi giovani adulti, 158 consultori familiari, 9 spazi donne immigrate, 335 sportelli sociali e 41 centri per le famiglie, 22 centri antiviolenza. Le strutture residenziali sia pubbliche che accreditate offrono complessivamente 44.985 posti letto (+4.000 in più rispetto al 2015). In particolare si tratta di 33.894 posti letto per anziani non autosufficienti, 2.705 per persone disabili; 2.968 nelle comunità minori e madri bambino; 1.945 nelle strutture per la salute mentale; 1.373 nelle strutture per le dipendenze patologiche; 1.249 per adulti in difficoltà; 851 per accoglienza migranti. A questi si aggiungono i posti delle strutture semiresidenziali per un totale di 9.997 posti (+ 600 rispetto al 2015). L’assistenza domiciliare integrata per intensità di cura (ADI) è cresciuta del 14,2% tra il 2015 e il 2021, con differenze tra le Aziende sanitarie.

- In questi anni le farmacie pubbliche e private hanno acquisito un ruolo sempre più importante e integrato nel fornire quote di servizi ai cittadini e sono passate da 1.216 del 2015 alle 1.390 nel 2021.

- Le attività vaccinali per la popolazione infantile raggiungono ovunque elevati tassi di copertura con un costante aumento dal 2015, con l’unica eccezione di Ferrara.

- Nonostante un grande investimento sul sistema sanitario e sociale territoriale rimangono dei punti di sofferenza che necessitano di essere affrontati con soluzioni innovative, a iniziare dalla governance che deve vedere un rafforzamento del distretto sociale sanitario, un maggior ruolo dei comuni, delle comunità locali e dei professionisti sociali e sanitari.

Negli ultimi anni la sanità del territorio ha risentito della continua diminuzione dei Medici di Medicina Generale, in un primo tempo soprattutto nelle aree più periferiche della Regione, ma oggi un fenomeno che si presenta in tutti i territori.

Le scelte compiute relativamente alle dimissioni protette, soprattutto per pazienti fragili attraverso strumenti quali il PUASS, necessitano di un maggior raccordo tra servizi territoriali e ospedalieri per rispondere adeguatamente ai bisogni di pazienti e famiglie ed evitare soluzioni non appropriate, quali ad esempio la permanenza in ospedale.

La criticità legata alle liste d’attesa per i tre ambiti assistenziali (ricoveri chirurgici programmati, assistenza specialistica ambulatoriale, screening oncologici) è oggetto del piano operativo regionale per il recupero delle liste d’attesa. Si rende, inoltre necessaria una verifica sull’appropriatezza della attuale domanda e di un sistema di “filtri” che consente non solo l’appropriatezza delle prescrizioni, ma la presa in carico unitaria del paziente. Una riformulazione della presa in carico che parta dall'analisi approfondita e dettagliata area per area, prestazione per prestazione, struttura per struttura, comprese quelle del privato accreditato, che consegni tempestivamente il quadro complessivo.

Ad oggi non si è ancora realizzata la piena integrazione tra sociale e sanitario in presenza di situazioni dove gli aspetti sociali e sanitari sono difficilmente scindibili. Sociale e sanitario rispondono a norme e fonti di finanziamento diverse tra loro e non sempre coordinate. Oggi l'erogazione dei servizi sociali è nella responsabilità di una pluralità di enti e di istituzioni: Stato (INPS), Regioni, comuni, Unioni di comuni, Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, enti e istituzioni varie. Anche il finanziamento avviene con diversi fondi non sempre coordinati tra loro. Oggi il Fondo Nazionale Politiche Sociali si è stabilizzato divenendo un fondo strutturale, con programmazione triennale, come indicato nel Piano Sociale Nazionale e con la possibilità di un utilizzo meno rigido delle risorse che devono rispondere ai Livelli delle Prestazioni Sociali Individuati dallo stesso piano, finanziati in una logica multi-fondo. In questo quadro i comuni mantengono ruoli e funzioni fondamentali nel sociale e nell'assicurare la qualità di vita dei cittadini e del proprio territorio. Questa asimmetria nei ruoli e nella responsabilità dei diversi livelli istituzionali nella sanità e nel sociale, deve trovare una piena integrazione fra i due ambiti su base distrettuale, con maggiori poteri di indirizzo e controllo dei Comuni che, per esempio possono giocare un ruolo centrale nella programmazione delle Case di Comunità.

Il sistema di prevenzione e sanità pubblica è stato caratterizzato da una strutturazione capillare e da una offerta di servizi ampia ed efficiente. La spesa tra il 2015 e il 2021 è aumentata, passando dal 4 % al 5,1 %. Nonostante questo, nel corso degli anni si è assistito a una difficile integrazione nei contesti delle Aziende Sanitarie e soprattutto si è risentito di una costante diminuzione di personale in attività, nonostante sia stata mantenuta alta l'attività di vigilanza e di controllo per la sicurezza, la salute umana e animale. Proprio la pandemia ha dimostrato l'importanza dei Dipartimenti di Prevenzione e Sanità Pubblica per il ruolo che questi devono avere rispetto tematiche fondamentali quali la promozione di sani stili di vita, ambientali, climatiche, lavorative e di sanità animale.

Valutato che

l’impatto della pandemia COVID-19 ha colpito in modo particolare l’Emilia-Romagna, con una incidenza di casi superiori al 10% rispetto a quella nazionale. Sono state assistite 100.000 persone negli ospedali e oltre 300.000 persone sono state assistite a domicilio dai medici di medicina generale, dai medici di continuità assistenziale e dalle unità speciali di continuità assistenziale (USCA) per un totale di oltre 2.500.000 prestazioni erogate, nonché alla campagna di vaccinazione di massa che in quasi due anni ha superato i 10 milioni di dosi di vaccino somministrate alla popolazione. In questo quadro di forte impatto sulla organizzazione sanitaria il servizio sanitario regionale ha comunque performato meglio rispetto alla media italiana nella continuità assistenziale urgente ed ordinaria. Non solo ha risposto a una domanda di mobilità attiva da altre regioni che tra il 2020 e 2021 ha superato il milione di euro. Le scelte operate per far fronte la pandemia hanno modificato in modo sostanziale il sistema sanitario regionale, dal punto di vista organizzativo e strutturale con inevitabili ricadute sugli equilibri economici finanziarie delle aziende sanitarie, solo in minima parte compensati dalle risorse dei Decreti emergenziali del Governo. Nello stesso tempo la pandemia ha determinato un cambiamento strutturale nelle modalità di assistenza sanitaria e sociosanitaria dal lato dell’offerta dei servizi (quale ad esempio l’impiego della telemedicina o l’implementazione del fascicolo sanitario elettronico) così come è cambiata la fruizione degli stessi da parte dei cittadini (diminuzione accessi ospedalieri, utilizzo di modalità telematiche, maggiore domanda di domiciliarità). La pandemia ha confermato la necessità di adottare modelli omogenei, evidenziando che rete ospedaliera e territorio si devono integrare nel dare le risposte di salute, così come risulta evidente che il sistema sociosanitario è sempre più funzionale al corretto funzionamento del Sistema Sanitario Regionale. Occorre per questo favorire un forte coordinamento tra rete ospedaliera, servizi e professionisti territoriali, nonché una maggiore integrazione tra aziende sanitarie e aziende ospedaliero universitarie e più in generale tra Università e territorio.

Riconosciuto che

in questo contesto di cambiamenti demografici e sociali la pandemia da COVID-19 ha accelerato processi già in atto da tempo e ha evidenziato l’importanza e la centralità di una sanità pubblica e universalistica, facendo comprendere la necessità di accelerare un processo di riflessione e di riforma per la presa in carico dei cittadini, a iniziare dai fragili e dalle loro famiglie, in grado di rispondere in modo appropriato ai bisogni di salute, superando anche un eccesso di “consumismo sanitario”, in grado di ridisegnare l’intero sistema puntando sulla centralità della sanità territoriale, sull’integrazione tra sociale e sanitario, sulla prevenzione primaria, sul rafforzamento della medicina generale e dei centri di assistenza primaria, sulle cure intermedie, sulla medicina d’iniziativa e predittiva, sull’unitarietà del sistema ospedale-territorio, sull’innovazione tecnologica e su una nuova cultura della salute, che ricomprenda in modo strutturale e generalizzato le differenze di genere.

Un sistema che investe sull’assistenza territoriale, sull’integrazione sociale e sanitaria e in grado di recuperare le diseguaglianze territoriali (montagna ed aree interne, ma più in generale aree periferiche) necessita di un ripensamento della governance del sistema a iniziare dal ruolo e funzionamento delle Conferenze Sociali Sanitarie Territoriali e dei Comitati di Distretto, al fine di avere il più ampio coinvolgimento dei territori, nella nuova visione di sanità.

A tal fine è fondamentale avere un sistema informativo regionale in grado di fornire i dati di salute e di elaborare gli scenari evolutivi per programmazioni sociali e sanitarie sostenibili nel tempo.

Preso atto che

il Governo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), alla luce di quanto l’emergenza Covid ha evidenziato sulle fragilità dei sistemi sanitari regionali, ha previsto risorse senza precedenti per investimenti volti alla tutela della salute privilegiando la medicina del territorio (Missione 6) e con la Missione 5 finanziamenti importanti per l'inclusione e la coesione sociale, con forte promozione della domiciliarità al fine di contrastare l’istituzionalizzazione.

Pertanto gli investimenti per il potenziamento della medicina territoriale si pongono l’obiettivo di attivare, sul territorio nazionale, 1.350 case di comunità, 600 centrali operative territoriali e 400 ospedali di comunità lungo tutta la penisola entro il 2026, oltre che prevedere maggiori servizi di Assistenza Domiciliare diretta (al fine di aumentare la percentuale di anziani presi in carico ad almeno il 10 per cento) e finanziare progetti di telemedicina. Emerge anche la necessità di rafforzare l’integrazione, già prevista dallo stesso PNRR, nella gestione delle Missioni 5 e 6, con particolare riferimento alla componente 1 della Missione 6 che prevede il rafforzamento dell’assistenza domiciliare e all’investimento 1.1 della sottocomponente 2 della Missione 5, che prevede la prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti. Il potenziamento della medicina territoriale previsto dalla Missione 6 comporta un investimento parallelo per quanto riguarda la formazione del personale che dovrà andare a operare in tali strutture, o compensare coloro che lo faranno. A questi provvedimenti è seguita l‘emanazione del DM 77/2022.

A tal fine la Regione ha adottato il Piano operativo regionale allegato al contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto con il Ministero della Salute. Alla Regione Emilia-Romagna sono state assegnate risorse per 537.765.192 euro di cui: 208.016.651euro per la realizzazione di 84 case della comunità, 45 Centrali Operative Territoriali (COT), 27 Ospedali di Comunità (OSCO); 329.751.540 euro per l'ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero con la sostituzione di 239 grandi apparecchiature sanitarie, interventi di adeguamento sismico, digitalizzazione e fondi per lo sviluppo delle competenze tecnico professionali digitali e manageriali del personale del servizio sanitario nazionale oltre ad ulteriori fondi per lo sviluppo di competenze tecnico professionali sanitarie tra cui i Medici di Medicina Generale.

Considerato che

una parte delle sfide relativamente alla presa in carico dei cittadini potrà essere risolta con l’uso delle nuove tecnologie digitali, che dovranno essere alla base della nuova organizzazione dei servizi sanitari e sociali e non semplicemente aggiuntivi. Le nuove tecnologie associate a nuovi modelli assistenziali e di presa in carico potranno rispondere a problemi oggi non risolti quali la mancata uniformità di assistenza soprattutto nelle zone più periferiche e distanti dai grandi centri. Inoltre, devono rendere sempre più connesse e collaborative le strutture ospedaliere tra loro, ma soprattutto con i servizi distrettuali, in primo luogo le case di comunità. Infrastrutture telematiche diffuse su tutto il territorio regionale e formazione del personale sanitario e sociale in un modello organizzativo fortemente innovativo e in continua evoluzione rappresentano gli obiettivi principali.

Valutato che

anche alla luce delle novità introdotte dal PNRR e dal DM 77/2022, si può procedere a un graduale processo di riforma del sistema sanitario e socio sanitario regionale per realizzare una reale e piena integrazione tra ambito sanitario, socio sanitario e sociale e la rete delle risorse attive nelle comunità, per territorializzare l’assistenza e la presa in carico delle persone agendo sui poteri già in essere della Regione, promuovendo proposte volte a modificare provvedimenti nazionali, sostenendo il confronto all’interno della Conferenza delle Regioni per condividere posizioni che permettano maggiore equità tra le stesse e sostenendo il confronto della Conferenza con il Governo sulla tutela della salute. Un processo siffatto rappresenta la migliore risposta alle spinte volte a centralizzare la sanità, superando l’attuale titolo V della Costituzione, sulla base di presupposti fallaci e senza alcuna riflessione di cosa significhi nel concreto una siffatta richiesta.

Considerato che

ogni processo di riforma di un sistema complesso necessita di linee di indirizzo puntuali su cui incardinare un confronto partecipato e in grado di condividere e accettare proposte al fine di rispondere al meglio ai nuovi bisogni di salute individuali e collettivi.

Preso atto che

è stato già avviato un processo di confronto e ascolto da parte dell’Assessorato alla Sanità con gli Stati Generali della Sanità e un percorso attivato dall’Assessorato al Welfare sul Piano Sociale e Sanitario.

Tutto ciò premesso e considerato,

impegna la Giunta regionale

ad attivarsi nei confronti del Governo affinché venga confermato un incremento progressivo e adeguato ai bisogni di salute del Fondo Sanitario Nazionale e vengano garantite adeguate risorse umane ed economiche per sostenere un sistema sanitario pubblico, universalistico, sempre più efficiente e rispondente agli obiettivi di ridurre la disparità territoriale nell’erogazione dei servizi; garantire un’adeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali; garantire tempi di attesa adeguati per l’erogazione delle prestazioni; una nuova capacità di conseguire sinergie nella definizione delle strategie di risposta ai rischi ambientali, climatici e sanitari. Allo stesso tempo è urgente che il Governo riconosca appieno le spese per l’emergenza Covid stimate in 3,4 miliardi a livello nazionale, superando l’applicazione di un criterio di riparto procapite oltre ad assicurare le risorse per l’aumento delle spese energetiche.

A sollecitare il Governo e le Camere affinché affrontino in modo strutturale e con lungimiranza programmatoria la mancanza ormai cronica di professionisti sanitari e sociosanitari adeguati alle necessità di un sistema sociale e sanitario pubblico così come delineato dal PNRR. Una proposta in grado di adeguare l'accesso ai corsi universitari e l'ingresso al lavoro nel SSN con l'impegno ad adeguarsi agli standard europei, anche valutando l’opportunità di una regia di indirizzo regionale, in raccordo con l’Università, rispetto al fabbisogno e all’utilizzo degli specializzandi sul territorio e negli Ospedali, rispetto ai bisogni di salute della popolazione.

A sollecitare il Governo a introdurre elementi di attrattività del Servizio sanitario pubblico per le professioni sanitarie agendo sulle retribuzioni, tra le più basse in Europa, sulle modalità di reclutamento, di carriera e di valorizzazione nelle organizzazioni, idonee a un processo di femminilizzazione delle professioni sanitarie che portano anche a nuovi bisogni di welfare; a introdurre, inoltre, l’unificazione dei contratti tra personale che opera nel sociale e nel sanitario al fine di evitare diseguaglianze tra figure con gli stessi profili che operano negli stessi servizi ma con diversi contratti, come nel caso degli infermieri, delle assistenti sociali e OSS.

A procedere nell’immediato ad attivare le soluzioni più idonee ad affrontare in questa fase la mancanza di figure professionali attivando tutte le potestà regionali e sollecitando il Governo per quanto di competenza, evitando una indiscriminata privatizzazione dei servizi, introducendo provvedimenti che consentano, ad esempio, il reimpiego del personale in pensione, l’attivazione degli specializzandi, le premialità economiche. Agendo in accordo con i Comuni e le Unioni al fine di rispondere ai bisogni di alloggio, trasporti e servizi, di medici e operatori sanitari e locali idonei per i Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera scelta, soprattutto nelle aree più periferiche che presentano meno attrattività.

Ad attivare processi continui di coinvolgimento del personale sanitario e sociale a tutti i livelli (regionale, aziendale, distrettuale) per condividere proposte e progettualità e renderli così protagonisti del processo di cambiamento in atto e delle soluzioni innovative da adottare.

Ad individuare modelli organizzativi che rispondano alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro del personale sanitario a forte presenza femminile e a sostenere sistemi di welfare anche aziendali.

A continuare il confronto per l’adeguamento del sistema sociosanitario regionale, sulla base della storica tradizione di sanità pubblica e universalistica, di partecipazione e condivisione delle proposte e delle decisioni con i territori, con un supporto sempre più adeguato di indicatori per valutazioni comparate sulle scelte di politiche sanitarie e sociali e con indicatori di risultato misurabili e verificabili, al fine di coniugare equità, qualità e sostenibilità del sistema. A tal fine il superamento della Agenzia Sociale e Sanitaria e la ricollocazione delle funzioni di monitoraggio in capo alla Direzione Sanità e Welfare, oggi rafforzata, permetterà di coordinare, collaborare e supportare in modo dinamico le Aziende Sanitarie nella attuazione degli obiettivi individuati dalla nuova programmazione sociale e sanitaria, adottando soluzioni di innovazione assolutamente necessarie.

A definire, in accordo con i territori, i bisogni di salute della popolazione al fine di raggiungere i livelli di assistenza in modo equo ed omogeneo su tutto il territorio regionale, alla luce dei cambiamenti in atto, privilegiando la domiciliarità e la territorialità dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali.

A superare l’attuale articolazione delle Aziende Sanitarie Locali Territoriali e Aziende Universitarie Ospedaliere al fine di costruire una più integrata e omogenea rete di servizi sanitari e sociali. Questo anche al fine di aprire l’Università alla dimensione territoriale della sanità (Case della Salute, Ospedali di Comunità, ecc.), sviluppando nuovi contesti e nuove soluzioni per la didattica e per la ricerca. L’obiettivo risulta già pienamente conseguibile dalle regioni a Statuto Speciale (la Regione Friuli-Venezia Giulia ha già proceduto in tal senso) grazie all’art 1, comma 546, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016), che può essere proposto con un emendamento nella legge di Stabilità anche alle Regioni a Statuto Ordinario. Questo consentirebbe di accelerare processi in atto e di coinvolgere le Università al progetto complessivo di riforma qui ipotizzato, con evidente vantaggio non solo limitatamente ai percorsi formativi delle Scuole e Facoltà di Medicina, ma di tutti i corsi di laurea in materia sociosanitaria. La legge Lorenzin (Legge 11 gennaio 2018, n. 3) che all’art. 5 ha istituito l'area delle professioni sociosanitarie, apre ulteriori campi di intervento per le Università.

A rafforzare la governance delle Aziende Sanitarie, al fine di raggiungere gli obiettivi di sanità pubblica, universalistica, territoriale e integrata con il sociale, rafforzando le prerogative delle Conferenze Sociali Sanitarie Territoriali espressione dei Comuni, riconoscendo un reale potere di indirizzo strategico sui bilanci preventivi e consuntivi, sugli investimenti, di verifica e controllo sulla qualità e quantità dei servizi e sui livelli di assistenza garantiti ai cittadini. Il parere deve essere obbligatorio e motivato.

A sostenere gli uffici che le CTSS possono istituire per lo svolgimento delle proprie funzioni, in un rapporto di leale collaborazione tra Enti Locali e Aziende sanitarie, come previsto dal comma 5, dell’art. 5 della Legge Regionale n. 29 del 2004. Questo al fine di rafforzare la partecipazione attiva e responsabile dei territori ai processi di cambiamento in atto.

A prevedere percorsi di formazione ad hoc per il rafforzamento delle competenze dei dirigenti, dei direttori sanitari e amministrativi, attingendo anche dalle competenze universitarie

A ridefinire l'assetto dei servizi territoriali focalizzandosi sulla riorganizzazione della presa in carico coordinata, multiprofessionale e integrata dei cittadini per costruire una nuova assistenza sociosanitaria territoriale che abbia nella prossimità e nella proattività (medicina di iniziativa) le principali leve di evoluzione anche utilizzando tecnologie e modalità innovative e la partecipazione attiva delle associazioni locali, dei cittadini, dei caregiver.

A investire prioritariamente sui distretti sociali e sanitari che si confermano quale snodo strategico e punto nevralgico dell’integrazione tra i servizi sanitari, sociosanitari e sociali per le comunità locali, adeguando il loro funzionamento ai mutati bisogni assistenziali e di prevenzione, anche in attuazione del DM 77/2022.

A rafforzare il ruolo del Comitato di Distretto, quale strumento dei Comuni, nei compiti di indirizzo strategico del territorio di riferimento, rendendo il parere non solo vincolante ma obbligatorio e motivato e rafforzando i poteri di controllo, oltre ad esprimere il parere sulla nomina del Direttore di Distretto. A tal fine va assicurato al Comitato di Distretto una struttura in grado di supportare questo ruolo fondamentale, garantito dalle AUSL, anche ripensando il funzionamento degli Uffici di Piano, oggi impegnati in modo particolare sulla gestione amministrativa dei fondi, nazionali e regionali, a disposizione dei Comuni, ma che devono svolgere una funzione di analisi dei bisogni e di individuazione delle risposte sociali e sanitarie.

A prevedere una adeguata formazione al personale dei Distretti Sociali Sanitari, ad iniziare dal Direttore di Distretto, al fine di avere figure dirigenziali in grado di affrontare la complessità di una assistenza profondamente cambiata.

Ad attribuire ai Distretti autonomia economico-finanziaria, anche sulla base delle sperimentazioni già in atto su budget specifici all'interno dei bilanci delle AUSL, in coerenza con le previsioni di quote di compartecipazione a carico dei Comuni.

A sperimentare con modalità democratiche il coinvolgimento di rappresentanze dei professionisti nei comitati di distretto.

Ad armonizzare le norme regionali, ad iniziare dalla legge n. 2/2003, per assicurare una piena integrazione tra ambito sociale e sanitario su base distrettuale e più in generale territoriale, realizzando la presa in carico in modo unitario del cittadino. Una modalità di integrazione che riconosca le diversità dei territori, in grado di valorizzare le potenzialità delle comunità locali per affermare un compiuto welfare di comunità, in cui professionisti della salute, del sociale e la rete delle risorse attive della comunità partecipino alla progettazione e alle risposte ai bisogni sociali e sanitari. Fondamentale è attuare in modo omogeneo quanto contenuto nella legge regionale n. 2 /2014 sui caregiver come nodo della rete sociosanitaria, in quanto soggetti costitutivi e le associazioni operanti a vario titolo sui singoli distretti con le quali co-progettare la rete delle attività e dei servizi e la loro modalità di erogazione.

A predisporre il programma per l’attuazione del modello gestionale e funzionale (dando attuazione alla DGR 2128/2016) delle Case della Comunità quale luogo privilegiato, vero e proprio “cervello”, per l'integrazione sociale e sanitaria, con la presenza al proprio interno di punti di erogazione di servizi sociali, come nodo di coordinamento di tutte le attività sanitarie e socio sanitarie che insistono sul territorio di riferimento (ivi comprese ad esempio le medicine di gruppo, le farmacie, le CRA, i punti prelievo, gli ambulatori esterni, gli OSCO). Il programma deve individuare le migliori soluzioni organizzative in funzione dei bisogni dei cittadini, ricomponendo le modalità di accesso ed erogazione dei servizi sanitari e sociali, garantendo una effettiva presa in carico in modo unitario delle persone, interagendo con il Terzo Settore, non nella sua qualità di erogatore di servizi, bensì di lettore attento dei bisogni. Si rende necessario rivedere il rapporto tra Dipartimenti e organizzazioni territoriali al fine di assicurare stabilità a queste ultime. A tal fine si propone l’individuazione del Responsabile della Struttura; l’”iscrizione” dei cittadini alle Case di Comunità, per rafforzare il senso di appartenenza e di partecipazione; equipe professionali sociali sanitari integrati e stabili, in grado di costruire un rapporto di fiducia e fidelizzazione con i cittadini; un punto unico di accesso; una apertura 7 giorni su 7 per le Case della Comunità Hub.

A prevedere e sostenere soluzioni in grado di fornire servizi anche nei Comuni e nelle frazioni più periferiche (ambulatori decentrati di medici, infermieri e altre figure) utilizzando anche le tecnologie digitali.

A individuare, in accordo con i Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera scelta, le Case della Comunità e le Medicine di Gruppo quali luoghi prioritari e modalità di attività in grado di rafforzare l’assistenza territoriale. Visto il ruolo fondamentale nell’erogazione dell’assistenza sanitaria di primo livello sul territorio e per la gestione e presa in carico dei pazienti con patologie croniche, è oltremodo necessario assicurare ai MMG e ai PdL modalità di lavoro che favoriscano la interscambiabilità delle informazioni, utilizzando piattaforme informatiche adeguate, la collaborazione tra professionisti, l’utilizzo di strumentazioni diagnostiche previa formazione e una completa integrazione con i servizi distrettuali e la rete ospedaliera.

A provvedere in coerenza con il DM 77/2022 al potenziamento ed innovazione della rete dell’assistenza territoriale per anziani non autosufficienti e disabili con una rimodulazione, anche per intensità di assistenza, negli ambiti delle cure intermedie (Ospedali di Comunità e Hospice), delle cure domiciliari e di prossimità (Case della Comunità) nonché agli ambiti di lungodegenza, della residenzialità, della semiresidenzialità. Tali innovazioni devono investire sia la rete assistenziale pubblica, sia quella del privato sociale e del privato accreditato, chiamati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di salute della popolazione in un'ottica di integrazione e complementarietà con l'offerta pubblica. Per un’offerta di servizi di qualità è fondamentale il mantenimento almeno in parte di una gestione pubblica dei servizi (ruolo fondamentale delle ASP).

A condividere quanto prima, con le commissioni competenti, le modalità per il recepimento del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere previsto dalla Legge 3/2018, al fine di individuare le azioni di implementazione e in progress della Regione, articolate nelle 4 aree d’intervento: percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ricerca ed innovazione; formazione; comunicazione. Il recepimento dovrà essere preceduta da un’informazione sullo stato di attuazione di quanto previsto dalla legge n. 6 del 2014 in merito alla Medicina di Genere e di quanto contenuto nel Piano Sociale e Sanitario 2017/19 e sui servizi e programmi dedicati alla salute della donna, con particolare attenzione ai programmi di prevenzione, ai consultori e alla loro corrispondenza alla legge 194, alla maternità e ai percorsi nascita nella loro totalità (compreso i luoghi dove partorire rivedendo e aggiornando le norme regionali), alla procreazione assistita, alla salute delle donne anziane, anche alla luce dei cambiamenti sociali e demografici, alle novità delle conoscenze mediche e all’avanzamento delle tecnologie.

A predisporre il nuovo Piano di Salute Mentale al fine di rispondere al crescente disagio in epoca pandemica e per rispondere in modo particolare ai crescenti disturbi psicopatologici dei giovani, quali i disturbi del comportamento alimentare, le dipendenze e i disturbi del neurosviluppo. Occorre prevedere al più presto investimenti specifici nei servizi di primo livello e di secondo livello con particolare riferimento all'area della Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza e della psicologia di comunità. Tale ridefinizione dei servizi non può prescindere da una maggiore integrazione con le aree di presa in carico sociosanitaria e con soluzioni innovative a livello territoriale, anche sperimentali.

A prevedere il tempogramma per la costruzione delle ulteriori strutture sanitarie territoriali previste dal Piano Operativo Regionale allegato al Contratto Istituzionale di Sviluppo sottoscritto con il Ministero della Salute, in attuazione del PNRR. A predisporre linee di indirizzo affinché le progettazioni delle nuove strutture sanitarie (a iniziare dalle nuove case di comunità, osco, hospice) obblighino ad introdurre le migliori soluzioni di efficienza energetica, di risparmio idrico e prevedano soluzioni domotiche che permettano risparmi gestionali oltre una maggior sicurezza e controllo delle strutture.

A predisporre un’organizzazione dell’attività ospedaliera al servizio del territorio. La rete ospedaliera deve avere un ruolo anche nelle attività di prevenzione e di promozione della salute. La rete ospedaliera deve essere coordinata e connessa con il distretto sociale sanitario e con le Case di Comunità per evitare accessi ai pronto soccorso e ospedalizzazioni improprie, permanenze non necessarie per mancanza di soluzioni post acuzie, dimissioni non protette o inadeguate. Il personale ospedaliero deve far parte del sistema di presa in carico del cittadino e quindi organizzativamente/strutturalmente raccordato con i servizi dei distretti sociali e sanitari (Case di Comunità, OSCO, Hospice, assistenza domiciliare). In tal senso vanno ridefinite le modalità di accesso e di dimissioni ospedaliere. Le prime valutazioni svolte dalla Regione sull’impatto delle Case della Salute già attivate, sui parametri ospedalieri mostrano una riduzione degli accessi ai PS e dei ricoveri impropri (dati 2018/2019).

A predisporre il piano per ridefinire la rete dell’emergenza urgenza, al fine di superare la forte criticità esistente a causa del cronico sovraffollamento dei pronto soccorso (con particolare riferimento ai codici a bassa criticità) a cui si sono sommati gli effetti della pandemia e la grave carenza di operatori disponibili (non risolvibile in tempi brevi). Le opportunità fornite dall'evoluzione tecnologica permettono oggi di procedere a una revisione della rete al fine di garantire una capacità di presa in carico, a partire dalla diagnosi e trattamento precoce già in ambito extra ospedaliero, consentendo di definire i processi operativi secondo schemi completamente innovativi con l’obiettivo di mantenere e innalzare gli standard di sicurezza ed efficacia.

A confermare la rete ospedaliera regionale organizzata per intensità di cura, ma a valorizzare la vocazione degli ospedali spoke, per il ruolo che possono svolgere in un quadro di forte trasformazione socio-demografica (popolazione anziana e con patologie cronico degenerative), integrati e a supporto degli ospedali Hub che devono essere ridefiniti nella mission, sempre più dedicati all’alta complessità medica e chirurgica. Su queste linee si rende necessario un piano di ridefinizione della rete ospedaliera, che recuperi squilibri territoriali su specialità e posti letto e che restituisca il quadro assistenziale regionale e per Azienda Sanitaria.

A predisporre “il piano per la trasformazione digitale dei servizi sanitari e sociali” per l'utilizzo dei fondi stanziati dal PNRR e di tutti gli altri finanziamenti disponibili per sviluppare piattaforme informatiche uniche per i cittadini e i professionisti, in grado di permettere la migliore interoperabilità tra operatori per la presa in carico, la gestione e il monitoraggio dei pazienti in ambito territoriale, ( es gestione PDTA e dei Piani Assistenziali Individuali per la gestione multiprofessionale dell’utente; per i servizi di telemedicina, teleconsulto, televisita e telemonitoraggio sia presso il domicilio dell’utente, sia presso strutture decentrate) e un efficiente servizio per i cittadini. L’accesso ai servizi deve poter avvenire attraverso qualunque canale (sportelli CUP, farmacie, web, privato accreditato, MMG, operatori delle CdC, 116-117, COT) e deve consentire, oltre alla prenotazione da parte dell’utente, la gestione di tutti i servizi di interfaccia con lo stesso, la funzionalità e l’ampliamento costante dei servizi erogati tramite fascicolo sanitario.

A promuovere e investire nella ricerca, al fine di assicurare le migliori opportunità terapeutiche ai cittadini e alle cittadine applicando quanto indicato dal Piano Nazionale per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere. In particolare, si deve focalizzare l’attenzione sui seguenti ambiti: Big data ed intelligenza artificiale, promozione dell’uso in totale rispetto della privacy e della sicurezza dei dati sanitari ed amministrativi a scopi di ricerca clinica, promozione di investimenti nella ricerca sull’organizzazione dei servizi sanitari; promozione dell’istituzione di reti cliniche di ricerca e centri di riferimento su specifici ambiti; coordinamento delle infrastrutture di supporto alla ricerca (IR) delle Aziende Sanitarie e definizione di un modello organizzativo; potenziamento dell’attività di trasferimento tecnologico in collaborazione con i settori industriali regionali e potenziamento del coordinamento e l’integrazione tra le istituzioni deputate a governare la ricerca per il trasferimento tecnologico in ambito sanitario (ART-ER) e quelle deputate al governo della ricerca sanitaria; promozione del coinvolgimento di cittadini e pazienti e delle tematiche etiche e di bioetica (comitati etici e per l’etica clinica).

A rafforzare il sistema di Prevenzione e Sanità pubblica, mantenendo una strutturazione capillare e un’offerta di servizi ampia ed efficiente, agendo per una maggiore integrazione nel contesto aziendale dei Dipartimenti di Sanità Pubblica. L’applicazione del DM 77/2022 in ambito territoriale può rappresentare un’opportunità per permettere una forte presenza dei servizi di prevenzione all’interno delle case della comunità; il mantenimento dell’attività di vigilanza e controllo, quale forma di promozione delle buone pratiche anche attraverso formazione, informazione e educazione ai corretti comportamenti in modo da garantire la sicurezza e la salute umana e animale; la valorizzazione del ruolo del Dipartimento di Sanità Pubblica all’interno e a supporto delle organizzazioni aziendali, quale principale interfaccia per le tematiche di promozione di sani stili di vita, ambientali, climatiche, lavorative e di sanità animale, per la tutela della salute pubblica attraverso una più forte integrazione con la medicina territoriale e ospedaliera.

A predisporre un piano di investimenti pluriennale per efficientare dal punto di vista energetico le strutture sanitarie, introducendo soluzioni di domotica in grado di ridurre le spese di gestione; proposte innovative per la riduzione nella produzione dei rifiuti sanitari in grado di attivare processi di economia circolare per ridurre consumi e costi, anche utilizzando la rete Alta Tecnologia.

A predisporre un piano contenente proposte, nonché richieste al Governo, per la miglior appropriatezza nell’uso dei farmaci, per contenere sprechi, facendo riferimento anche alle migliori pratiche in ambito europeo.

A riferire alla Commissione competente l’informazione sullo stato di avanzamento dei processi di riforma con cadenza annuale.

Approvato a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 6 dicembre 2022

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