n.239 del 30.07.2014 periodico (Parte Seconda)

Individuazione delle aree di salvaguardia dei pozzi di Via Loda a Castelfranco Emilia (Modena). Aggiornamento e modifica della DGR n. 2112/2002

LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

 Premesso che:

– ai sensi dell’art. 94 del D.Lgs. 152/06 compete alle regioni, l’individuazione delle zone di salvaguardia, nonché la disciplina da applicarsi all’interno di dette zone;

– tale competenza era già stata attribuita dall’art. 21 del D.Lgs. n. 152/99;

– con delibera di Giunta regionale n. 2112 dell’11 novembre 2002, analizzati e valutati gli studi prodotti dal Comune di Castelfranco Emilia (MO):

  1. sono state individuate le aree di salvaguardia per i pozzi denominati di Via Loda di Castelfranco Emilia (MO) nella configurazione geometrica contenuta nella documentazione presentata dal Comune di Castelfranco (Tavola “Base Catastale - Carta delle Zone di Rispetto”) dando atto che le dimensioni delle zone di rispetto ristretta e allargata sono state definite con criterio temporale basato sui tempi di sicurezza scegliendo il limite coincidente con l’area di tutela assoluta per la prima e 180 giorni per la seconda;
  2. si è dato atto che in tali aree trovano applicazione le norme e le prescrizioni costituenti l’allegato A, parte integrante della citata delibera;
  3. è stata approvata la messa in essere di un sistema di controllo così come proposto dall’Amministrazione comunale;

Considerato che:

– con nota prot. n. 35923 del 23 ottobre 2013, il Comune di Castelfranco Emilia (MO) ha trasmesso alla Regione Emilia-Romagna, per l’approvazione, l’Aggiornamento dello studio relativo al campo acquifero di Via Loda, approvato con delibera di Giunta comunale n. 147 dell’8 ottobre 2013, che prevede la ridefinizione delle norme dell’art. 20 del PSC vigente, contenute nelle prescrizioni di cui all’Allegato A, parte integrante della citata delibera di Giunta regionale n. 2112/02, nonché l’estensione di tale disciplina ad altri campi pozzi ad uso potabile presenti nel territorio comunale;

– con nota prot. PG.2014.0068432 dell’11 marzo 2014 questa Amministrazione ha evidenziato le incongruenze riscontrate nella proposta di aggiornamento inviata, già portate all’attenzione del Comune di Castelfranco Emilia (MO) durante un incontro tenutosi il 6 marzo 2014, presso gli uffici del Servizio Tutela e Risanamento Risorsa Acqua;

– con nota prot. n. 18763 del 3 giugno 2014 il Comune di Castelfranco Emilia (MO) ha trasmesso la stesura definitiva, nella quale sono state apportate le rettifiche e/o integrazioni richieste, dell’”Aggiornamento dello studio relativo al campo acquifero di via Loda” approvato con delibera di Giunta comunale n. 87 del 13 maggio 2014, che sostituisce integralmente quello approvato con precedente delibera di Giunta comunale n. 147 dell’8 ottobre 2013;

Rilevato che:

– tale aggiornamento riguarda in particolare l’insieme delle limitazioni e prescrizioni, da applicarsi nelle aree di rispetto, prescrizioni contenute nell’Allegato A, parte integrante della delibera di Giunta regionale n. 2112/2002, ed inserite all’art. 20 del vigente PSC del Comune di Castelfranco Emilia (MO);

– detto aggiornamento è risultato opportuno sia per un adeguamento alla vigente normativa ambientale sia per una semplificazione dell’impianto normativo applicabile nell’ambito delle aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile più aderente alla mutata realtà antropica;

Valutato che l’Aggiornamento predisposto dal Comune di Castelfranco Emilia (MO) è conforme a quanto disposto dall’art. 94 del D.Lgs. n. 152/06 e persegue la tutela dello stato delle risorse destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse;

Ritenuto, pertanto, opportuno:

– rivedere l’Allegato A, parte integrante della delibera di Giunta regionale n. 2112/02 per quanto attiene le variazioni introdotte, riconfermando quant’altro stabilito con la citata deliberazione;

– sostituire, per una più agevole comprensione e lettura, l’Allegato A con l’Allegato 1; 

Visto il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”;

Dato atto del parere allegato;

Su proposta dell’Assessore Sicurezza territoriale, Difesa del suolo e della costa, Protezione civile;

A voti unanimi e palesi

delibera:

1. di sostituire integralmente l’Allegato A, parte integrante della delibera di Giunta regionale n. 2112/02, con l’Allegato 1, parte integrante della presente deliberazione;

2. di riconfermare quant’altro stabilito nella delibera di Giunta regionale n. 2112/02 con particolare riferimento alla configurazione geometrica delle aree di salvaguardia dei pozzi destinati ad uso consumo umano di Via Loda del comune di Castelfranco Emilia (MO;

3. di pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione la presente deliberazione.

ALLEGATO 1

Normativa per le aree di salvaguardia al campo acquifero di via Loda in Castelfranco Emilia

Premessa

Le aree di salvaguardia alle captazioni di acque destinate al consumo umano debbono intendersi come quelle porzioni di territorio in cui si applicano divieti, vincoli e regolamentazioni finalizzati alla prevenzione del degrado nonché al miglioramento qualitativo delle acque in afflusso verso i punti di presa, intendendo garantire le stesse da eventuali inquinanti provenienti dalla superficie; esse sono suddivise in zone di tutela assoluta, zone di rispetto e zone di protezione.

Per definirne le dimensioni è necessario acquisire elementi di conoscenza del territorio e delle risorse idriche considerate; in particolare si tratta di acquisire gli elementi idrogeologici, idrologici e idrochimici derivanti dalla caratteristiche strutturali dell’acquifero, dalle modalità di alimentazione, dai rapporti esistenti tra acquiferi superficiali e profondi, dal calcolo della velocità di circolazione delle acque nel sottosuolo e dal censimento degli eventuali centri di pericolo.

Centro di pericolo inteso come qualsiasi attività, insediamento o manufatto in grado di costituire direttamente o indirettamente, fattore certo o potenziale di degrado della qualità dell’acqua.

La salvaguardia delle risorse idriche, se intesa come la garanzia che le caratteristiche delle acque captate e distribuite per consumo umano sono idonee, si ottiene con l’insieme di due sistemi rispettivamente di regolamentazione e di monitoraggio definiti “protezione statica” e “protezione dinamica”: il primo è costituito dai divieti, vincoli e norme finalizzati alla prevenzione del degrado qualitativo delle acque in afflusso verso i punti di presa, mentre il secondo è costituito dall’attivazione e gestione di un preordinato sistema di monitoraggio della qualità delle acque in afflusso alle captazioni in grado di verificarne permanentemente i fondamentali parametri qualitativi e consentire con sufficiente anticipo la segnalazione di eventuali anomalie nella risorsa.

Pertanto le dimensioni e le caratteristiche sia delle diverse zone sia del sistema di monitoraggio dipendono dalla conoscenze idrauliche, idrogeologiche e idrochimiche sopra richiamate.

Mentre la zona di tutela assoluta ha una dimensione standard legata ad interventi di carattere tecnico dell’ente gestore, la zona di rispetto può avere dimensioni diverse secondo la vulnerabilità locale e di rischio delle risorse idriche captate e può essere suddivisa in “ristretta” e “allargata”; alla zona di rispetto ristretta si applicano i vincoli maggiormente restrittivi previsti dal D.Lgs. 152/06, mentre in quella allargata i vincoli devono rispondere all’esigenza di una progressiva attenuazione della restrizione nell’uso del territorio.

Si tratta dunque di definire da un lato il grado di vulnerabilità della risorsa captata, dall’altro di conoscere la velocità di scorrimento delle acque in arrivo alla captazione per progettare sia la scelta del tempo di sicurezza a cui fare corrispondere la dimensione delle due zone di rispetto, sia le caratteristiche del sistema di monitoraggio da realizzare.

La definizione di acquifero non vulnerabile o protetto utilizzata in questo lavoro è di seguito esplicitata: si definisce acquifero protetto quando esso é separato dalla superficie o dalla falda freatica da un corpo geologico dello spessore di almeno 10 m che abbia una conducibilità idraulica inferiore a 10-8 m/sec, o un assetto litostratigrafico che consenta un tempo di permanenza dell'acqua al suo interno superiore a 30 anni.

La continuità del corpo geologico deve essere accertata per una congrua estensione in base all'indagine idrogeologica a supporto delle scelte di delimitazione delle aree di salvaguardia.

Per quanto attiene alla quantificazione di “congrua” si ritiene che tale estensione sia da riferirsi all’area sottesa dalle zone di rispetto allargata; in caso di interessamento della sola area sottesa alla zona di rispetto ristretta si valuta l’acquifero captato come vulnerabile; nel caso si verifichi una situazione intermedia tra le due sovresposte si potrebbe considerare di applicare la norma di cui alla zona di rispetto allargata anche nella zona di rispetto ristretta, fatte salve su entrambe le prescrizioni per quegli interventi o attività che potrebbero modificare la naturale copertura esistente (scavi profondi, palificazioni, ecc...).

La presenza del corpo protettivo deve essere adeguatamente e dettagliatamente dimostrata; in caso contrario l’acquifero verrà cautelativamente considerato vulnerabile.

In base alle definizioni sopra riportate e ai contenuti della relazione idrogeologica, i pozzi in oggetto n.1, n.2 e n.3 del campo acquifero di via Loda captano risorse idriche definibili non vulnerabili.

Per tale motivo, essendo la risorsa idrica localmente protetta ai fini statici (intendendo la zona nell’intorno delle captazioni), in questa proposta di delimitazione delle aree di salvaguardia, ristretta e allargata, definite con criterio temporale basato sui tempi di sicurezza, si adotta dimensionalmente il limite coincidente con l’area di tutela assoluta per la Zona di rispetto ristretta e corrispondente alla isocrona di 180 giorni per quella allargata.

Dovendo preservare nel tempo le caratteristiche di qualità della risorsa è necessario attivare un sistema di monitoraggio che assuma valenza di protezione dinamica.

In tal senso si è tracciata, accanto all’isocrona 180 giorni, anche quella a 60 giorni che individua la posizione dei piezometri di controllo con cadenza di monitoraggio almeno bimestrale da integrare con i monitoraggi semestrali in corrispondenza dei piezometri disposti lungo il perimetro 180 giorni.

In generale il sistema dei controlli viene basato su una rete di monitoraggio costituita da pozzi già esistenti nel territorio circostante che presentino requisiti adatti o, come nel caso in esame, da piezometri da perforare appositamente.

Le caratteristiche a cui devono rispondere i piezometri e/o i pozzi sono:

  • accessibilità: il piezometro/pozzo deve essere facilmente raggiungibile e, preferibilmente, allacciato alla rete elettrica ed il campionamento deve poter essere effettuato rapidamente;
  • riproducibilità: il piezometro/pozzo e le opere annesse non devono influenzare la qualità delle acque campionate, devono essere perciò evitati i campionamenti a valle di cisterne, autoclavi e di qualsiasi filtro, addolcitore, etc. che possa modificare alcuni parametri chimici e microbiologici;
  • significatività: il piezometro/pozzo deve rappresentare le caratteristiche dell'acquifero da cui attinge.

Per ogni piezometro/pozzo scelto dovrebbe esserne individuato uno alternativo con le stesse caratteristiche che possa sostituire, se necessario quello campione in modo da non lasciare scoperta nessuna area di possibile passaggio di un eventuale plume inquinante.

Va sottolineato inoltre che, sulla base dell'esperienza, una rete di pozzi deve essere revisionata dopo alcuni anni in seguito al deterioramento subito dai pozzi stessi o ad altri impedimenti legati ad altre ragioni quali l'abbandono da parte dei proprietari o la chiusura di attività produttive i cui pozzi fanno parte della rete.

Norme

Ferme restando le definizioni di cui all’art. 94 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n° 152, e i relativi divieti per la salvaguardia delle captazioni acquedottistiche, le tavole di PSC individuano, per i pozzi dell’acquifero di Via Loda, le aree di salvaguardia distinte in:

a) Zona di tutela assoluta;

b) Zona di rispetto ristretta;

c) Zona di rispetto allargata.

Le aree di salvaguardia hanno la finalità di tutelare e conservare la qualità delle acque superficiali e sotterranee attraverso l’imposizione di vincoli e limitazioni d’uso del suolo, nonché mediante il controllo e la gestione del territorio. Per le derivazioni da corpi idrici superficiali tali vincoli e limitazioni d’uso si applicano, per quanto possibile, in relazione all’ubicazione, alla tipologia dell’opera di captazione nonché al regime idraulico del corpo idrico stesso.

Zona di tutela assoluta

Le Zone di tutela assoluta vengono acquisite dal concessionario e ad esse si applicano le prescrizioni di cui al comma 3 dell’art. 94 del D.Lgs. 152/2006.

Nelle zone di tutela assoluta sono ammesse esclusivamente, e solo se necessarie, le infrastrutture tecnologiche di pubblica utilità, la cui presenza deve essere giustificata anche dall’adozione di opportune misure di sicurezza.

La zona di tutela assoluta è adeguatamente protetta da possibili infiltrazioni d’acqua dalla superficie e, salvo motivata deroga, recintata al fine di garantire l’integrità e l’efficienza delle relative opere. L’accesso alla zona di tutela assoluta è consentito unicamente al personale autorizzato dal gestore ed alle autorità di controllo.

Zona di rispetto ristretta

Nelle aree dei pozzi di via Loda, la zona di rispetto ristretta coincide con la zona di tutela assoluta, pertanto valgono le norme collegate a quest’ultime zona.

Zona di rispetto allargata

Nella zona di rispetto allargata sono vietate le seguenti attività:

a) Dispersione o immissione in fossi non impermeabili dei reflui, fanghi e liquami anche se depurati;

b) Accumulo di concimi chimici, fertilizzanti e pesticidi;

c) Spandimento di concimi chimici, fertilizzanti, fanghi o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura del suolo, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e delle vulnerabilità delle risorse idriche;

d) Dispersione nel sottosuolo di acque bianche provenienti da piazzali e strade;

e) Pozzi neri a tenuta e pozzi assorbenti;

f) Apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

g) Impianti di trattamento dei rifiuti e discariche di qualsiasi tipo, anche se controllate;

h) Stoccaggio, anche provvisorio, di rifiuti tossico – nocivi; sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

i) Centri di raccolta, demolizione, rottamazione di autoveicoli, di macchine utensili, di beni di consumo durevoli, anche domestici, ed altri ad essi assimilabili;

j) Pozzi perdenti.

Possono essere ammesse le seguenti attività purché vengano osservate le condizioni sotto elencate:

a) è consentita la realizzazione di fognature di acque reflue diverse da quelle di cui alla sopra riportata lettera j), a condizione che siano adottate soluzioni tecniche in grado di evitare la diffusione nel suolo o nel sottosuolo di liquami derivanti da eventuali perdite della rete fognaria. Le stesse soluzioni tecniche si applicano agli interventi di manutenzione straordinaria e ricostruzione delle reti fognarie esistenti;

b) è consentita la realizzazione di nuove opere viarie o ferroviarie, a condizione che siano adottate soluzioni tecniche in grado di raccogliere ed allontanare le acque di dilavamento, nonché eventuali sostanze provenienti da sversamenti accidentali. Per le infrastrutture viarie e ferroviarie esistenti, in caso di modifiche del tracciato o ampliamento della superficie coinvolta, sono adottate le stesse soluzioni tecniche previste per le nuove infrastrutture, fermo restando il divieto di interferire con la zona di rispetto ristretta;

c) è consentita la realizzazione di nuovi insediamenti di edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione, nonché di nuove infrastrutture di servizio, nel rispetto delle prescrizioni di cui alla precedente lettera a). L’edilizia con funzione collettiva e di servizio pubblico è ammessa con soglia max di 100 presenze contemporanee, posto che la dimensione di queste strutture non richieda stoccaggi di combustibili, depositi ancorchè temporanei di sostanze e materie pericolose e impianti di depurazione di acque reflue. I parcheggi interrati a servizio degli insediamenti di edilizia residenziale e collettiva sono realizzati garantendo un franco di almeno un metro sul livello minimo di soggiacenza della falda;

d) è consentito l’ampliamento di edifici, loro pertinenze ed accessori, a condizione che le attività e le destinazioni d’uso siano di tipo residenziale, direzionale, commerciali, o destinate a funzioni collettive e di servizio pubblico, fatte salve le prescrizioni di cui alla precedente lettera c);

e) è consentita la realizzazione di fondazioni superficiali, essendo tassativamente vietate le palificazioni, se in grado di esporre a rischio di inquinamento le falde utilizzate a fini potabili;

f) è consentita la realizzazione di fognature e opere di collettamento ai ricettori di acque nere e miste, al servizio di attività esistenti e compatibili, in doppia camicia o, comunque, ispezionabili in modo da poterne verificare la tenuta. Pozzetti, fosse biologiche ed opere per il collettamento delle acque nere o miste, ivi compresi gli allacciamenti alla pubblica fognatura devono essere dotati di dispositivi di sicurezza atti a garantire la perfetta tenuta idraulica;

g) sono consentite le cave e scavi in genere fino ad una profondità massima di mt. 10 dal piano di campagna;

h) è consentita l’escavazione e/o apertura di pozzi per uso idropotabile o a complemento di campi pozzi già esistenti o in assenza di possibilità tecnica di allacciamento alla rete acquedottistica;

i) è consentito lo spandimento di liquami zootecnici, il quale può essere effettuato secondo le modalità conformi alle vigenti disposizioni regionali in materia;

j) è consentito lo spandimento ed applicazioni di fertilizzanti, diserbanti ed antiparassitari, il quale può essere effettuato nelle quantità e secondo le modalità definite coerentemente ai principi stabiliti dalla vigente normativa comunitaria (Regolamento CEE n° 2078/1992 “Regolamento del Consiglio relativo ai metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale”, le cui modalità di applicazione sono regolamentate dal Reg. Cee n° 746/1996)

k) sono consentiti pascolo e stabulazione di bestiame che non ecceda i 170 kg/ha di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione.

Le soluzioni tecniche e gli interventi di messa in sicurezza previsti dalle lettere a) b) c) d) ed e) sopra riportati sono preventivamente comunicati all’autorità d'ambito.

I Piani attuativi degli Strumenti Urbanistici interferenti con le aree di rispetto, devono privilegiare la realizzazione di aree a verde di comparto in coincidenza con la zona di rispetto.

Nella zona di rispetto allargata, per le attività preesistenti, ove non sia possibile eliminarle o allontanarle, si adottano misure per il loro adeguamento e la rimozione dei fattori di pericolo. In particolare:

a) in caso di accertata perdita, devono essere rese a perfetta tenuta idraulica le zone destinate allo stoccaggio, i collettori, le canalizzazioni e le opere destinate all’allontanamento delle acque di scarico, comprese fosse biologiche e fosse Imhoff;

b) le acque di trasferimento di liquidi diversi dall’acqua devono essere realizzate in doppia camicia e, comunque, in modo da essere ispezionabili per il controllo della loro tenuta;

c) gli stoccaggi di idrocarburi devono essere eliminati in relazione alla possibilità di collegamento alla rete del gas metano o di adozione di combustibili a stoccaggio non interrato, per il rispetto delle relative norme antincendio;

d) i pozzi esistenti, a qualunque uso siano adibiti, e purché al servizio di attività esistenti e compatibili devono essere sottoposti, da parte delle autorità competenti, a verifica tecnica dalla quale risulti che la tipologia costruttiva e l’esercizio non costituiscano pregiudizio alla qualità delle acque, nonché all’equilibrio idrogeologico dell’acquifero interessato dai prelievi ad uso idropotabile, predisponendone, se del caso, l’adeguamento e favorendo l’allacciamento all’acquedotto;

e) i pozzi dismessi devono essere chiusi secondo le modalità stabilite dalle autorità competenti;

f) le aree di cava non più utilizzate devono essere ripristinate secondo le modalità stabilite dall’autorità competente e, comunque, in modo tale da garantire che non si verifichino infiltrazioni del sottosuolo e rischi di inquinamento delle falde;

g) per le aree cimiteriali esistenti è consentito procedere a nuove sepolture solo fuori terra.

Protezione dinamica

La zona di rispetto allargata dei pozzi è assoggettata a protezione dinamica (sistema di monitoraggio) nei casi previsti dalla normativa vigente. In ragione della situazione di vulnerabilità intrinseca dell’acquifero captato e della valutazione dei centri di pericolo, nonché di considerazioni tecnico-economiche, il provvedimento di definizione delle aree di salvaguardia dispone l’attivazione e la gestione di un sistema di monitoraggio delle acque in afflusso alle captazioni, in grado di verificarne periodicamente i fondamentali parametri quantitativi e qualitativi e di consentire, con sufficiente tempo di sicurezza, la segnalazione di eventuali loro variazioni significative.

Al bordo esterno della zona deve essere posizionato il sistema di monitoraggio dell’acqua in arrivo alla captazione costituito da piezometri e/o pozzi campionabili posti almeno alla profondità della falda captata, accompagnato da un programma di analisi chimiche e batteriologiche.

La rete di monitoraggio è costituita da pozzi già esistenti che presentino requisiti adatti o da piezometri da perforare appositamente.

Le caratteristiche a cui devono rispondere i pozzi sono:

  • accessibilità: il pozzo deve essere facilmente raggiungibile e allacciato alla rete elettrica in ogni periodo dell'anno ed il campionamento deve poter essere effettuato rapidamente;
  • riproducibilità: il pozzo e le opere annesse non devono influenzare la qualità delle acque campionate; devono essere perciò evitati i campionamenti a valle di cisterne, autoclavi e di qualsiasi filtro, addolcitore,etc. che possa modificare alcuni parametri chimici e microbiologici;
  • significatività: il pozzo deve rappresentare le caratteristiche dell'acquifero da cui attinge.

Per ogni pozzo scelto deve esserne individuato uno alternativo con le stesse caratteristiche che possa sostituire, se necessario quello campione in modo da non lasciare scoperta nessuna area di possibile passaggio di un plume inquinante.

L’ente gestore del campo acquifero, in qualità di Ente attuatore dei presidi di protezione dinamica, dovrà presentare alla Regione Emilia-Romagna entro 3 mesi dal recepimento nel PSC delle presenti norme un programma di monitoraggio, preventivamente concordato con ARPA, conforme alle seguenti indicazioni:

  • i presidi di protezione dinamica dovranno essere attuati entro 12 mesi, salvo motivate e giustificate proroghe regionali, dalla presentazione del programma di monitoraggio. 

Zona di Protezione e Zona di Riserva

La zona di protezione tutela i bacini imbriferi e le aree di ricarica delle falde superficiali e profonde per assicurare la buona qualità delle acque e la protezione del patrimonio idrico.

Essa è delimitata con criterio idrogeologico e tenendo conto della carta di vulnerabilità degli acquiferi allegata al P.T.C.P. di Modena, approvato in data 8 marzo 2009, in essa si adottano misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni, direttive e indirizzi normativi per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici così come riportati all'art. 12A delle Norme del citato P.T.C.P. di Modena.

Nelle zone di protezione dovrà essere effettuato il controllo idrochimico e piezometrico allo scopo di individuare preventivamente e delimitare eventuali inquinamenti che possano interessare le zone di rispetto, nell’ambito del sistema di monitoraggio dei corpi idrici sotterranei, previsto dall’Allegato alla Parte Terza del D.Lgs. 152/06.

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