SUPPLEMENTO SPECIALE n.180 del 27.06.2017

Relazione

RelazioneSe il pane è da sempre uno degli alimenti centrali della cultura alimentare italiana, quello che oggi è cambiato rispetto al passato è la possibilità per il consumatore di scegliere fra una variegata offerta di prodotti, artigianali o industriali, profondamente diversi nei metodi di produzione e di conservazione; si può scegliere fra prodotto fresco o surgelato e cotto, fra prodotti lavorati e venduti in giornata od altri con lunghi tempi di conservazione.

Varietà di scelta che diventa libertà di scelta solo quando il consumatore conosce le differenze fra le alternative proposte. Ma oggi un panorama legislativo incerto non consente al consumatore una scelta consapevole ed informata.

I principali riferimenti normativi statali sono costituiti dalla ormai datata legge 4 luglio 1967, n. 580 “Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari” e dall’art. 4 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito con L. 248/06, che però si limita ad alcune succinte definizioni, rinviando la disciplina puntuale all’emanazione, mai avvenuta, di un successivo Decreto interministeriale.

E’ in tale vuoto che si è inserita, negli anni, la legislazione di diverse regioni (ricordiamo che si tratta di materia legislativa concorrente), che ha consentito a questa proposta di legge di potersi innestare su esperienze già consolidate, tenendo altresì conto delle proposte attualmente all’esame del Parlamento, per essere in linea con le medesime nel momento in cui dovessero diventare legge dello Stato.

Così, l’art. 1 identifica le finalità della legge in una doppia opera di informazione al consumatore e di valorizzazione della professionalità artigiana.

L’art. 2 definisce le denominazioni di “pane”, “pane fresco”, “pane conservato”, “prodotto intermedio di panificazione”, “panificio”, “impresa di panificazione”, “forno regionale artigianale”, “responsabile dell'attività produttiva”. A tale fine, la norma attinge sia dalla legislazione vigente (statale, ma anche ispirandosi ad altre regioni), sia dalle proposte emerse dagli schemi di Decreto mai attuati e dal DDL Romanini, oggi all’esame del Parlamento.

L’art. 3 definisce la necessità di essere in regola con la normativa semplificata per l’autorizzazione di avvio della nuova attività (la SCIA) e si sofferma sulla descrizione dell’attività di panificio, intesa come produzione di pane fresco con metodi tradizionali oppure mediante tecnologie alternative o innovative e di produzione e vendita di prodotti da forno, di impasti e di prodotti semilavorati refrigerati, congelati o surgelati, nonché attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando locali e arredi dell'azienda, con esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle norme igienico-sanitarie.

Con l’art. 4 si definisce la figura del responsabile dell’attività produttiva, che garantisce il rispetto delle regole di buona pratica professionale, l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché la qualità del prodotto finito. Al responsabile sono richieste esperienze di pratica e di formazione secondo le modalità che verranno definite dalla giunta regionale in base alle indicazioni fornite dall’articolo in esame.

Le modalità di vendita di cui all’art. 5 definiscono puntualmente come il pane debba essere lavorato, conservato e venduto, per potersi fregiare della denominazione esplicita di pane fresco, piuttosto che di pane conservato: vendita in scaffali separati e contrassegnati e, per il pane fresco, entro 24 ore dalla conclusione del processo produttivo; vendita del pane conservato solo in apposita confezione etichettata e altre norme di dettaglio.

L’articolo specifica anche la possibilità di vendere il pane sfuso in aree pubbliche, nelle costruzioni stabili e nei negozi mobili, purché l'esercente sia dotato di apposite attrezzature per l’esposizione, con idonee caratteristiche igienico-sanitarie.

L’art. 6 si sofferma sulla valorizzazione del prodotto artigianale, promuovendo annualmente una giornata del pane e dei prodotti da forno con intento promozionale e di educazione al consumo consapevole.

Gli ultimi articoli, da 7 a 12, contengono le disposizioni in materia di vigilanza e sanzioni, l’esplicitazione della normativa sugli aiuti di stato, le disposizioni transitorie per gli esercizi in attività ed il mutuo riconoscimento dei prodotti comunitari, nonché la norma finanziaria.

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