n.293 del 13.10.2021 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE - Oggetto n. 3595 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad istituire una borsa di studio dedicata alla memoria dei caduti nell'eccidio del 7 luglio 1960 a Reggio Emilia, finalizzata alla realizzazione di un archivio storico e un fondo documentale di ricerca. A firma dei Consiglieri: Amico, Costa, Mori, Soncini, Bondavalli, Mumolo, Fabbri, Rontini

L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

Premesso che

la strage di Reggio Emilia, più nota come “morti di Reggio Emilia”, è un fatto di sangue avvenuto il 7 luglio 1960 nel corso di una manifestazione sindacale, durante la quale cinque operai reggiani, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI furono uccisi dalle forze dell’ordine;

nota anche con il termine di “fatti di Reggio Emilia”, la strage fu l’apice di un periodo di alta tensione in tutta Italia, in cui avvennero scontri con la polizia. I fatti scatenanti furono la formazione del governo Tambroni, governo monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno del MSI, e l’avallo della scelta di Genova (città “partigiana”, già medaglia d’oro della resistenza) come sede del congresso del partito missino. Le reazioni d’indignazione furono molteplici e la tensione in tutto il paese provocò una grande mobilitazione popolare.

Preso atto che

la sera del 6 luglio la CGIL di Reggio Emilia, dopo una lunga riunione, proclamò lo sciopero cittadino. La prefettura proibì gli assembramenti e le stesse auto del sindacato invitarono con gli altoparlanti i manifestanti a non stazionare durante la manifestazione. L’unico spazio consentito, la Sala Verdi all’interno del Teatro Ariosto, che aveva una capienza di 400 posti, era troppo piccolo per contenere i 20.000 manifestanti. Un gruppo di circa 300 operai delle Officine Meccaniche Reggiane decise quindi di raccogliersi davanti al monumento ai Caduti, cantando canzoni di protesta;

alle 16.45 del pomeriggio fu schierato in reparto di 350 poliziotti al comando del vicequestore Giulio Cafari Panico, che successivamente investì la manifestazione pacifica. Anche i carabinieri, al comando del tenente colonnello Giudici, partecipano alla operazione. Incalzati dalle camionette, dai getti d’acqua e dai lacrimogeni, i manifestanti cercano rifugio nel vicino isolato San Rocco, per poi barricarsi letteralmente dietro ogni sorta di oggetto trovato, seggiole, assi di legno, tavoli del bar e rispondendo alle cariche con lancio di oggetti. Respinte dalla disperata resistenza dei manifestanti, le forze dell’ordine impugnano le armi da fuoco e cominciano a sparare.

Rilevato che

l’allora Presidente del Consiglio, Fernando Tambroni, diede libertà di aprire il fuoco in “situazioni di emergenza” ed alla fine di quelle settimane drammatiche si contarono undici morti e centinaia di feriti. Queste drammatiche conseguenze avrebbero poi costretto alle dimissioni il governo Tambroni;

sul selciato della piazza morirono:

Lauro Farioli (1938), operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino.

Ovidio Franchi (1941), operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti.

Marino Serri (1919), pastore di 41 anni, partigiano della 76a, primo di sei fratelli.

Afro Tondelli (1924), operaio di 36 anni, partigiano della 76a SAP, è il quinto di otto fratelli.

Emilio Reverberi (1921), operaio di 39 anni, partigiano nella 144a Brigata Garibaldi era commissario politico nel distaccamento “G. Amendola”;

i cinque operai colpiti mortalmente caddero in punti diversi della piazza – da allora piazza Martiri del 7 Luglio – che adesso sono segnalati da altrettante pietre di inciampo.

Considerato che

il processo si tenne nel 1964, dopo anni di polemiche che portarono al trasferimento della sede da Reggio a Milano per la cosiddetta legittima suspicione secondo la quale nel tribunale reggiano, la città dei fatti, non vi sarebbero state le condizioni ambientali per uno svolgimento processuale sereno;

il processo portò all’assoluzione del vicequestore Giulio Cafari Panico, a capo della polizia il 7 luglio, e in sede di appello, dell’agente Orlando Celani, accusato di aver assassinato Tondelli nei pressi dei Giardini pubblici;

gli unici due imputati rinviati a giudizio furono assolti dalle accuse “per non aver commesso il fatto”, rispettivamente nel 1964 e nel 1966. Ci vollero ancora altri anni perché un Tribunale riconoscesse ai familiari il diritto a un risarcimento in sede civile da parte del Ministero degli interni;

ancora oggi non sono stati individuati i responsabili e chiarite le dinamiche di quel tragico fatto.

Valutato che

la Regione Emilia-Romagna si è dotata di una propria legge: L.R. 3/2016 "Memoria del Novecento. Promozione e sostegno delle attività di valorizzazione della storia del Novecento in Emilia-Romagna";

l'Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, in data 28/09/2016, ha approvato a maggioranza la risoluzione 2898 per impegnare la Giunta "a sostenere le iniziative di approfondimento dell’episodio storico conosciuto come la strage di Reggio Emilia del 7 luglio del 1960, con il coinvolgimento delle istituzioni e dei familiari delle vittime; in particolare a valorizzare ogni progetto o ricerca universitaria per accertare e chiarire a pieno i fatti e le vicende che sconvolsero Reggio Emilia e la regione intera" a prima firma del Consigliere Alleva;

sono presenti presso il Comune di Reggio Emilia, la Camera del Lavoro di Reggio Emilia, l’Anpi provinciale e Istoreco, oltre che presso le famiglie delle vittime, diversi materiali documentali di cui è necessario un preciso e compiuto regesto;

le famiglie delle vittime sollecitano da diversi anni iniziative per rinnovare la memoria ed azioni per raccogliere e studiare i documenti relativi ai “fatti di Reggio Emilia”, e che tale sollecitazione ha visto il sostanziale interesse da parte di tutti i soggetti, istituzionali, di ricerca e rappresentanza;

che al fine della preservazione della memoria collettiva è da ordinare compiutamente detto materiale per determinare la costituzione di un centro di documentazione e studi dedicato a quel periodo storico.

Impegna la Giunta a

istituire una borsa di studio che impegni per un periodo di tre anni, finanziata con risorse da individuare nelle disponibilità regionali, dedicata alla memoria dei deceduti nell'eccidio del 7 luglio 1960 e finalizzata alla realizzazione di un archivio storico ed un fondo documentale di ricerca, da attivarsi per la preservazione della memoria sui fatti del 7 luglio 1960;

promuovere detta ricerca con il coinvolgimento attivo e preventivo di tutti gli attori e le testimonianze a partire dalla Camera del Lavoro Territoriale – CGIL Reggio Emilia, dal Comune di Reggio Emilia, l’Anpi provinciale, e l’Istituto Storico (Istoreco), per poi diffonderne i contenuti anche coinvolgendo gli istituti superiori;

valutare la predisposizione di strumenti informatici ed eventuale ospitalità in cloud da parte della Regione Emilia-Romagna volti all’archiviazione anche telematica di detta documentazione.

Approvata a maggioranza dalla Commissione V Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità nella seduta del 23 settembre 2021.

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