n.211 del 26.07.2013 (Parte Prima)
NOTE
Note all’art. 1
Comma 1
1) il testo dell’articolo 9 della legge regionale 12 maggio 1994, n. 19, che concerne Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, è il seguente:
«Art. 9 - Distretti
1. I Distretti sono articolazioni territoriali, organizzative e funzionali delle Aziende di cui all'art. 4, con le caratteristiche di autonomia ivi indicate. Ad essi è affidata la gestione delle strutture e dei servizi ubicati nel territorio di competenza e destinati all'assistenza sanitaria di base e specialistica di primo livello nonché l'organizzazione dell'accesso dei cittadini residenti ad altre strutture e presidi, anche avvalendosi delle farmacie pubbliche e private sulla base di uno schema-tipo di convenzione predisposto dalla Regione. I Distretti svolgono altresì le attività socio-assistenziali di base delegate dagli Enti locali alla Azienda-Unità sanitaria locale ai sensi del comma 3 dell'art. 3 del decreto legislativo di riordino, assicurandone l'integrazione con le attività di assistenza sanitaria.
2. L'individuazione dei Distretti in cui si articola ciascuna delle Unità sanitarie locali di cui al comma 1 dell'art. 4 è effettuata sulla base dei seguenti criteri:
a) ciascun Distretto deve coincidere con uno o più comuni, ovvero con una o più circoscrizioni in cui il comune è suddiviso;
b) ciascun Distretto deve comprendere, di norma, una popolazione non inferiore a 60.000 abitanti e nelle aree urbane non inferiore a 80.000 abitanti;
c) nelle aree montane l'àmbito territoriale del Distretto deve coincidere, di norma, con quello delle Comunità montane.
2-bis. L'incarico di Direttore di distretto può essere attribuito dal Direttore generale ad un dirigente del Servizio sanitario regionale che abbia maturato adeguata formazione ed esperienza nella organizzazione di servizi sanitari o socio-sanitari, oppure ad un medico convenzionato da almeno dieci anni ai sensi del comma 1 dell'art. 8 del decreto legislativo di riordino.
3. [I provvedimenti di individuazione dei Distretti o di modificazione della loro delimitazione territoriale sono adottati dalla Conferenza sanitaria territoriale, su proposta e di concerto con i Direttori generali. I provvedimenti assunti sono trasmessi alla Giunta regionale per la verifica di conformità ai criteri di cui al comma 1].
4. [In ogni àmbito distrettuale comprendente più comuni o più Circoscrizioni comunali è istituito un Comitato di Distretto composto dai Sindaci dei comuni, ovvero dai Presidenti delle Circoscrizioni facenti parte del Distretto, o loro delegati, individuati nell'àmbito dell'esecutivo. Tale Comitato opera in stretto raccordo con la Conferenza sanitaria territoriale].
5. Il Comitato di Distretto, nell'àmbito degli indirizzi espressi dalla Conferenza territoriale sociale e sanitaria, svolge funzioni di proposta e di verifica sulle attività distrettuali relativamente a:
a) piani e programmi distrettuali definiti dalla programmazione aziendale;
b) budget di Distretto e priorità d'impiego delle risorse assegnate;
c) verifica dei risultati conseguiti utilizzando a tal fine indicatori omogenei come definiti alla lett. g) del comma 2 dell'art. 11;
d) assetto organizzativo e localizzazione dei servizi distrettuali. Le proposte di localizzazione dei servizi distrettuali sono sottoposte al parere obbligatorio del Comitato di Distretto;
e) esprime parere obbligatorio sulla assegnazione delle risorse tra i distretti.
6. II Comitato di Distretto può promuovere eventuali iniziative di carattere locale, anche riguardanti aree territoriali sub-distrettuali, verificandone la relativa copertura finanziaria.».
2) il testo dell’articolo 5 della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 29, che concerne Norme generali sull'organizzazione ed il funzionamento del Servizio sanitario regionale, è il seguente:
«Art. 5 - Relazioni fra Servizio sanitario regionale ed Enti locali
1. L'Ufficio di presidenza della Conferenza territoriale sociale e sanitaria, di cui all'articolo 11 della legge regionale n. 19 del 1994, come modificato dall'articolo 7 della legge regionale 20 ottobre 2003, n. 21 (Istituzione dell'Azienda unità sanitaria locale di Bologna - Modifiche alla legge regionale 12 maggio 1994, n. 19), esprime parere sulla nomina del direttore generale da parte della Regione. La Conferenza esprime altresì parere ai fini della verifica di cui all'articolo 3-bis, comma 6, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche. La Conferenza può chiedere alla Regione di procedere alla verifica del direttore generale, anche al fine della revoca dell'incarico, qualora la gestione presenti una situazione di grave e persistente disavanzo, in caso di violazione di legge o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, ovvero nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del piano attuativo locale, di cui all'articolo 17, comma 1, lettera f), della legge regionale n. 19 del 1994 e successive modifiche.
2. La Conferenza promuove, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali, la partecipazione dei Consigli comunali e dei Consigli provinciali alla definizione dei piani attuativi locali, nonché la partecipazione dei cittadini e degli utenti alla valutazione dei Servizi sanitari.
3. La Conferenza promuove, con il supporto delle Aziende sanitarie, strategie ed interventi volti alla promozione della salute ed alla prevenzione, anche attraverso i Piani per la salute previsti dal Piano sanitario regionale.
4. Fermi restando i compiti e le funzioni di cui all'articolo 11 della legge regionale n. 19 del 1994 e successive modifiche, la Conferenza territoriale sociale e sanitaria, d'intesa con i direttori generali, individua i distretti e modifica i loro ambiti territoriali. Il direttore generale adotta i provvedimenti conseguenti, trasmettendoli alla Giunta regionale per la verifica di conformità alla programmazione regionale. La Conferenza assicura altresì l'equa distribuzione delle risorse fra i diversi ambiti distrettuali, in rapporto agli obiettivi di programmazione, alla distribuzione ed alla accessibilità dei servizi ed ai risultati di salute.
5. Per lo svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie, la Conferenza può istituire un apposito ufficio, avvalendosi anche delle risorse delle Aziende sanitarie interessate. L'organizzazione ed il funzionamento di tale ufficio è disciplinato dalla Conferenza, di concerto con le Aziende sanitarie interessate per le risorse di loro competenza.
6. In ogni ambito distrettuale comprendente più Comuni o più circoscrizioni comunali è istituito il Comitato di distretto, composto dai sindaci dei Comuni, o loro delegati, e, ove previsto dalla legge e nel rispetto degli statuti comunali, dai presidenti delle circoscrizioni facenti parte del distretto. Tale Comitato opera in stretto raccordo con la Conferenza territoriale sociale e sanitaria e disciplina le forme di partecipazione e di consultazione alla definizione del Programma delle attività territoriali.
7. Fermi restando i poteri di proposta e di verifica delle attività territoriali di cui all'articolo 9, comma 5, della legge regionale n. 19 del 1994 e successive modifiche, il Comitato di distretto esprime parere obbligatorio sul Programma delle attività territoriali, sull'assetto organizzativo e sulla localizzazione dei servizi del distretto e verifica il raggiungimento dei risultati di salute del Programma delle attività territoriali. Qualora tale parere risulti negativo, il direttore generale procede solo previo parere dell'Ufficio di presidenza della Conferenza. Il direttore generale adotta altresì, d'intesa con il Comitato di distretto, il Programma delle attività territoriali, limitatamente alle attività socio-sanitarie.
8. La Conferenza territoriale sociale e sanitaria, attraverso il proprio regolamento, e l'Azienda Usl, attraverso l'atto aziendale, disciplinano rispettivamente le relazioni con il Comitato di distretto e con i distretti.
9. Il direttore generale nomina i direttori di distretto, d'intesa con il Comitato di distretto. Quando ricorrano gravi motivi, il Comitato può avanzare motivata richiesta al direttore generale di revoca della nomina.».
Note all’art. 2
Comma 1
1) il testo dell’articolo 22 della legge regionale 12 marzo 2003, n. 2, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 22 - Princìpi e criteri per il riordino del sistema delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e la costituzione di Aziende pubbliche di servizi alla persona
1. La Regione, ispirandosi ai princìpi della legge n. 328 del 2000 e del D.Lgs. 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328), attua il riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, di seguito denominato Istituzioni, e la loro trasformazione in Aziende pubbliche di servizio alla persona, di seguito denominate Aziende. La Regione valorizza il ruolo delle Aziende, le inserisce a pieno titolo nel sistema integrato di interventi e servizi sociali e ne salvaguarda l'ispirazione fondativa. A tal fine la Regione:
a) prevede la trasformazione delle Istituzioni in Aziende di diritto pubblico o in Associazioni o in Fondazioni, secondo i criteri indicati all'articolo 23;
b) individua nello statuto dell'Azienda, dell'Associazione o della Fondazione lo strumento di disciplina delle finalità, delle modalità organizzative e gestionali, di elezione degli organi di governo, dell'àmbito territoriale di attività;
c) prevede che l'àmbito territoriale di attività dell'Azienda sia di norma rappresentato dal distretto e che ciascuna Azienda possa erogare servizi anche in più settori assistenziali;
d) prevede che le Aziende siano dotate di autonomia statutaria, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria, nell'àmbito delle norme e dei princìpi stabiliti con atto del Consiglio regionale;
e) inserisce le Aziende nel sistema integrato di interventi e servizi sociali e prevede la partecipazione delle stesse alla programmazione regionale e locale, anche tramite le loro associazioni più rappresentative;
f) prevede che i comuni, singoli o associati, negli àmbiti territoriali di attività, svolgano funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza sull'attività delle Aziende, anche coordinandosi con le province, per maggiore uniformità;
g) prevede procedure semplificate e forme dì incentivazione, in particolare finanziarie e fiscali, per la fusione di Istituzioni e per la trasformazione in Aziende;
h) assicura che gli statuti delle nuove Aziende, Associazioni o Fondazioni, prevedano negli organi di governo la presenza di soggetti privati o di rappresentanza dei soci, qualora siano previsti dagli statuti vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;
i) valorizza i patrimoni mobiliari ed immobiliari delle Aziende, promuovendo la predisposizione di strumenti e di modalità di gestione del patrimonio stesso che ne favoriscano la redditività, la trasparenza della gestione, nonché la promozione storico-artistica.».
2) il testo dell’articolo 23 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 23 – Trasformazione delle Istituzioni - Estinzione
1. Il Consiglio regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, stabilisce con direttiva i parametri, comprese le dimensioni, per la trasformazione delle Istituzioni in Azienda, sulla base dei seguenti elementi:
a) il territorio servito dall'Azienda;
b) la tipologia dei servizi;
c) la complessità ed innovatività delle attività svolte;
d) il numero e la tipologia degli utenti;
e) il volume di bilancio;
f) il patrimonio mobiliare ed immobiliare.
2. La Giunta regionale stabilisce le procedure da seguire per la trasformazione, fusione ed estinzione delle Istituzioni.
3. Le Istituzioni, entro quindici mesi dalla pubblicazione dell'atto della Giunta regionale indicato al comma 2, presentano alla Regione un piano di trasformazione o di fusione con altra Istituzione, al fine della costituzione della nuova Azienda, accompagnato da una proposta di statuto. Trascorso tale termine la Regione procede alla nomina di un commissario che provvede in via sostitutiva.
4. Le Istituzioni che intendono trasformarsi in persone giuridiche di diritto privato deliberano la trasformazione entro il termine definita al comma 3.
5. L'Istituzione si trasforma in Azienda quando:
a) svolge direttamente attività socio-assistenziale o socio-sanitaria, anche associata all'erogazione di contributi economici;
b) opera prevalentemente in àmbito scolastico e non ha requisiti previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 1990 (Direttiva alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza a carattere regionale ed infraregionale);
c) in assenza dei parametri per la trasformazione, presenta, anche con altre Istituzioni, un piano di riorganizzazione o di risanamento che può prevedere fusioni.
6. L'Istituzione può trasformarsi in Associazione o Fondazione quando:
a) possiede i requisiti previsti dal D.P.C.M. 16 febbraio 1990;
b) svolge attività socio-assistenziali ed educative, ma non possiede le dimensioni sufficienti per trasformarsi in Azienda,
c) non svolge prioritariamente attività socio-assistenziali ed educative rispetto ad altre attività.
7. L'Istituzione è estinta quando non rientra nei casi di cui al comma 5 e:
a) non ha i requisiti previsti per la trasformazione in Azienda oppure in Associazione o Fondazione;
b) non provvede alla fusione con altra Istituzione entro i termini stabiliti al comma 3.
8. Il patrimonio mobiliare ed immobiliare delle Istituzioni estinte viene destinato, in base agli statuti vigenti o nel caso questi non prevedano disposizioni specifiche, ad altre Aziende con analoghe finalità presenti nell'àmbito territoriale di attività o, in assenza di queste, al Comune sede dell'Istituzione estinta o, qualora l'attività si svolga in un Comune diverso da quello ove ha sede l'Istituzione, al Comune nel quale si svolge l'attività prevalente, con vincolo di destinazione del patrimonio al raggiungimento delle finalità socio-assistenziali dell'Istituzione stessa.
9. I Consorzi, costituiti ai sensi dell'articolo 61 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 (Norme sulle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), deliberano entro il termine stabilito al comma 3, la trasformazione della loro forma giuridica nel rispetto della volontà dei fondatori.».
3) il testo dell’articolo 24 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 24 - Istituzioni già amministrate dai disciolti Enti comunali di assistenza
1. Le Istituzioni, già amministrate dai disciolti Enti comunali di assistenza (E.C.A.), disciplinate dalla L.R. 2 settembre 1983, n. 35 (Amministrazione delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza già concentrate o amministrate dai disciolti Enti comunali di assistenza), qualora non siano in possesso dei requisiti per la trasformazione in Aziende e non provvedano a fondersi con altre Istituzioni dell'àmbito territoriale di attività, sono estinte.
2. Il patrimonio delle Istituzioni estinte è trasferito al Comune sede dell'Istituzione stessa, con vincolo di destinazione del patrimonio al raggiungimento delle finalità socio-assistenziali dell'Istituzione stessa.».
4) il testo dell’articolo 25 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 25 - Azienda pubblica di servizi alla persona
1 L'Azienda pubblica di servizi alla persona ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia statutaria, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria e non ha fini di lucro. L'Azienda svolge la propria attività secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e ricavi.
2. L'Azienda subentra negli obblighi, nei diritti e nei rapporti attivi e passivi della o delle Istituzioni trasformate.
3. L'Azienda, nell'àmbito della propria autonomia, adotta tutti gli atti e negozi, anche di diritto privato, funzionali al perseguimento dei propri fini ed all'assolvimento degli impegni assunti nei Piani di zona ed in sede di programmazione regionale.
4. Sono organi di governo dell'Azienda:
a) il Consiglio di amministrazione;
b) il Presidente;
c) l'Assemblea dei soci, o altro organismo di rappresentanza già previsto dallo statuto dell'Istituzione trasformata.
5. Il Consiglio di amministrazione svolge le funzioni assegnate dallo statuto e comunque provvede in materia di programmazione, approvazione dei bilanci e dei regolamenti, delibera lo statuto e le sue modifiche, verifica l'azione amministrativa ed i relativi risultati, nomina il direttore.
6. Lo statuto dell'Azienda disciplina l'àmbito di attività, la composizione degli organi di governo, le modalità di elezione e durata in carica degli stessi, l'attribuzione al direttore delle funzioni e delle responsabilità proprie, le modalità di recepimento dei regolamenti di organizzazione.
7. Nel caso l'Azienda voglia modificare l'àmbito territoriale di attività, tale decisione dovrà essere assunta attraverso modifica statutaria, approvata dalla Regione, acquisito il parere dei comuni ove l'Azienda svolge ed intende svolgere l'attività.
8. Lo statuto dell'Azienda e, le successive modifiche sono approvati dalla Regione.
9. Lo statuto prevede un organo di revisione contabile la cui composizione numerica è commisurata alle dimensioni dell'Azienda ed il cui Presidente, o revisore unico, è nominato dalla Regione.
10. L'Azienda, nell'àmbito della propria autonomia, si dota di regolamenti di organizzazione e di sistemi di valutazione interna della gestione tecnica e amministrativa.
11. Le Aziende redigono annualmente, in concomitanza con la presentazione del bilancio consuntivo, il bilancio sociale delle attività e, sulla base di indirizzi e criteri stabiliti con atto della Giunta regionale, si dotano dei seguenti documenti contabili:
a) il piano programmatico;
b) il bilancio pluriennale di previsione;
c) il bilancio economico preventivo con allegato il documento di budget;
d) il bilancio consuntivo con allegato.
12. Le Aziende, sulla base di uno schema tipo predisposto con atto della Giunta regionale, si dotano di un regolamento di contabilità con cui si introduce la contabilità economica e si provvede all'adozione di criteri uniformi volti ad assicurare omogeneità nella rilevazione, valutazione, classificazione ed aggiornamento dei valori contabili e nella stesura e contenuto del bilancio.
13. I comuni, singoli o associati, anche coordinandosi con le province, svolgono funzioni di monitoraggio e vigilanza dell'attività delle Aziende. La direttiva regionale che stabilisce i parametri per la trasformazione delle Istituzioni in Aziende determina per quali inadempienze gli enti preposti al controllo possono prevedere il commissariamento dell'Azienda.
14. La Regione esercita funzioni di monitoraggio e di controllo generale sui risultati di gestione, del sistema delle Aziende. Le Aziende trasmettono annualmente alla Regione ed ai comuni, singoli o associati, una relazione sull'andamento della gestione economica e finanziaria e sui risultati conseguiti, anche in riferimento agli obiettivi della programmazione regionale e locale.».
5) il testo dell’articolo 26 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 26 - Patrimonio dell'Azienda
1. Il patrimonio dell'Azienda è costituito dal patrimonio mobiliare ed immobiliare di proprietà dell'Istituzione, inventariato all'atto della trasformazione in Azienda. L'Istituzione predispone l'inventario dei beni, individuando il patrimonio indisponibile, nonché quello disponibile destinato ad attività non assistenziali, specificandone l'uso. L'inventario è redatto e trasmesso alla Regione secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale.
2. Le trasformazioni del patrimonio da indisponibile a disponibile, previa sostituzione del primo con altro patrimonio di uguale consistenza e finalità, nonché le alienazioni del patrimonio disponibile sono soggette ad autorizzazione da parte dei comuni singoli o associati dell'àmbito territoriale di attività dell'Azienda.
3. L'Azienda predispone annualmente un piano di gestione e valorizzazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare.
4. La Regione, al fine di valorizzare il patrimonio delle Aziende e separarne la gestione, promuove la costituzione da parte di una o più Aziende di strumenti, anche di natura privatistica, finalizzati a realizzare una efficace gestione del patrimonio, anche di valore artistico, la cui proprietà rimane delle Aziende stesse. Le Aziende partecipano a tali strumenti di gestione del patrimonio sulla base di linee di indirizzo approvate dai rispettivi Consigli di amministrazione. Le Aziende inviano annualmente alla Regione ed ai comuni dell'àmbito territoriale di attività un rendiconto dei risultati ottenuti.
5. La Regione esercita funzioni di monitoraggio e di controllo generale sui risultati della gestione patrimoniale delle Aziende.
6. Alla data di entrata di vigore della presente legge, le disposizioni di cui al comma 2 si applicano alle Istituzioni non ancora trasformate.».
Nota all’art. 3
Comma 1
1) il testo del comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che concerne Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche , è il seguente:
«Art. 1 - Finalità ed ambito di applicazione
(omissis)
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.».
Nota all’art. 5
Comma 1
1) per il testo dell’articolo 26 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , vedi nota 5) all’art. 2.
Note all’art. 8
Comma 1
1) il testo del comma 3 dell’articolo 29 della legge regionale n. 2 del 2003, che concerne Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali , è il seguente:
«Art. 29 - Piani di zona
(omissis)
3. Il Piano di zona, promosso su iniziativa del sindaco del Comune a ciò designato dai comuni compresi nel territorio del distretto, è approvato con accordo di programma, secondo quanto previsto dall'articolo 19, comma 3 della legge n. 328 del 2000, tra i sindaci dei comuni o tra gli organi competenti delle forme associative scelte dai comuni, ai sensi dell'articolo 16 della presente legge, compresi nel territorio del distretto. Per gli interventi socio-sanitari, ivi compresi quelli connotati da elevata integrazione sanitaria, previsti anche dal Programma delle attività territoriali di cui all'articolo 3-quater, comma 2 del D.Lgs. n. 502 del 1992, l'accordo è sottoscritto d'intesa con il direttore generale dell'Azienda unità sanitaria locale, nel rispetto di quanto stabilito all'articolo 11, comma 2.».
Comma 3
2) il testo dell’articolo 31 della legge regionale 22 dicembre 2011, n. 21, che concerne Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale 2012-2014, è il seguente:
«Art. 31 - Disposizioni in materia di immobili gravati da vincoli di destinazione di carattere perpetuo
1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai beni immobili gravati da vincoli di destinazione socio-sanitari o socio-assistenziali o socio-educativi di carattere perpetuo previsti dalla normativa regionale.
2. La Giunta regionale, su richiesta del proprietario del bene, può autorizzare la rimozione dei vincoli di destinazione di carattere perpetuo, gravanti sui beni immobili di cui al comma 1, al fine di consentire l'alienazione di detti beni, qualora si verifichino le seguenti condizioni:
a) il bene vincolato non risulti più funzionale al perseguimento delle finalità per le quali il vincolo era stato previsto;
b) il ricavato della vendita dell'immobile svincolato sia interamente reinvestito per la realizzazione di interventi in conto capitale che abbiano finalità coerenti o analoghe a quelle dell'originario vincolo di destinazione;
c) sui nuovi interventi di cui alla lettera b) sia riapposto il vincolo di destinazione.».
Nota all’art. 9
Comma 1
1) il Capo IVdella legge regionale 21 dicembre 2012, n. 21, che concerne Misure per assicurare il Governo territoriale delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, è il seguente:
« Capo IV - Incentivi per le gestioni associate e fusioni di comuni».