SUPPLEMENTO SPECIALE n. 161 del 07.11.2012

Relazione

Il presente progetto di legge regola gli interventi edilizi e urbanistici per la ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio scorso, stabilendo una disciplina speciale, semplificata nelle procedure ed essenziale nei contenuti, che consente di realizzare celermente il complesso degli interventi ricostruttivi. Il p.d.l. intende così specificare la disciplina già prevista con il D.L. n. 74/2012 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012) e con l’art. 10 del D.L. n. 83/2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese). Le norme per la ricostruzione di conseguenza si applicano nei Comuni interessati dal sisma e ai fini della ricostruzione e dell’attuazione dei provvedimenti conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, nonché agli edifici danneggiati ubicati nei comuni limitrofi, purché venga dimostrato il nesso causale tra il sisma e il danno prodotto, prevalendo sulle disposizioni dei piani urbanistici vigenti e adottati, che risultino incompatibili (art. 1).

Il p.d.l. fornisce così il quadro di riferimento normativo per l’avvio dei lavori di ricostruzione, integrativo delle previsioni delle Ordinanze assunte dal Presidente della Giunta regionale, nella qualità di Commissario delegato alla ricostruzione.

All’articolo 2 del p.d.l. sono così indicati gli obiettivi generali che l’attività di ricostruzione post sisma deve complessivamente perseguire, riassumibili innanzitutto nell’esigenza di accompagnare gli interventi di riparazione o ricostruzione con il miglioramento delle prestazioni sismiche ed energetiche degli edifici, ma anche della qualità urbana, vuoi in termini di recupero dei luoghi e dei servizi che connotano l’identità di ciascun centro urbano, vuoi in termini di arricchimento quantitativo e qualitativo delle attrezzature e spazi collettivi di cui usufruiscono i cittadini. Inoltre, si afferma l’esigenza che la ricostruzione persegua, quanto più è possibile, la tutela del patrimonio culturale e degli edifici e manufatti di favore storico culturale e che, a tal fine, occorre sviluppare un permanente rapporto di collaborazione con gli organi territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali e con gli altri soggetti coinvolti, tra cui le istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose titolari di beni culturali danneggiati o distrutti dal sisma.

Il pdl affronta poi i principali aspetti del processo di ricostruzione, che si possono sintetizzare come segue.

Viene innanzitutto affermato all’art. 3 il principio che la ricostruzione e il ritorno alle ordinarie condizioni di vita deve avvenire cercando di recuperare il più possibile le caratteristiche dei tessuti urbani, dei luoghi e servizi pubblici in cui si riconoscono le comunità locali interessate.

Così, la riparazione dei fabbricati danneggiati e la ricostruzione degli edifici crollati, nell’area di sedime originaria e con le caratteristiche edilizie precedenti, sono sempre consentiti e realizzabili immediatamente, con le procedure semplificate previste dall’art. 3, comma 6, del D.L. n. 74 del 2012.

Vista l’esigenza di salvaguardare innanzitutto l’interesse dei cittadini colpiti dagli eventi calamitosi alla ricostruzione della propria abitazione, si precisa che le norme sulle distanze, sui rispetti stradali, ecc., dovranno essere rispettate solo se non impediscano o limitino in modo significativo la possibilità della ricostruzione dell’immobile originario, rimanendo prioritario il diritto dei cittadini alla ricostruzione degli immobili distrutti dal sisma, nelle condizioni e nel luogo in cui si trovavano.

Nell’ambito degli interventi edilizi di ricostruzione, il privato interessato potrà attuare, con risorse proprie, le trasformazioni (di ampliamento e di aumento delle unità immobiliari, ecc.) già eventualmente ammesse dalla disciplina urbanistica vigente.

Allo stesso modo, è confermata la possibilità di realizzare, senza alcuna limitazione di ordine urbanistico, le opere temporanee che risultino indispensabili per la prosecuzione dell’attività produttiva, per l’erogazione dei servizi pubblici e privati, nonché per soddisfare le esigenze abitative legate alla gestione delle aziende agricole. Per tali strutture è stata assicurata (ove non ne sia possibile la regolarizzazione secondo le norme ordinarie) la rimozione all’atto della certificazione di fine lavori delle opere di ricostruzione. Viceversa, rimangono estranei a questa speciale disciplina delle opere temporanee i moduli residenziali, la cui realizzazione sia necessaria per sopperire nel corso della ricostruzione alle esigenze abitative dei cittadini possessori di immobili distrutti o danneggiati, la cui realizzazione e rimozione sono disciplinate con Ordinanza commissariale.

Con riguardo ai centri storici, ai nuclei storici non urbani ed agli edifici vincolati dalla pianificazione (art. 4), l’attività di ricostruzione deve essere finalizzata, quanto più possibile, alla conservazione dei tessuti edilizi preesistenti al sisma, con il miglioramento delle loro prestazioni sismiche ed energetiche, cercando di attuare processi amministrativi e attuativi che assicurino la rapida esecuzione degli interventi.

Viceversa, quando gli edifici siano completamente crollati ovvero danneggiati in modo gravissimo e dunque recuperabili solo attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, il p.d.l. precisa che si devono considerare decadute le previgenti disposizioni della pianificazione urbanistica che vincolavano l’edificio originario. Permane, invece, sempre ai fini della ricostruzione, l’eventuale disciplina urbanistica operante per la tutela dei caratteri peculiari dei tessuti storici, urbani e non urbani, in cui la nuova costruzione si colloca.

Una specifica disciplina (art. 5) è stata prevista nel p.d.l. in ordine agli aggregati urbani da recuperare attraverso una progettazione unitaria degli interventi. A tal fine è stata stabilita la necessità per il Comune di individuare, con apposita delibera consiliare da assumere entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, le Unità Minima di Intervento (UMI), costituenti l’insieme degli edifici strettamente integrati tra loro e da subordinare, per questa loro caratteristica a progettazione unitaria, per ragioni strutturali, ovvero per ottenere maggiori prestazioni energetiche o la qualificazione dell’assetto urbanistico in cui si inseriscono. In presenza di UMI, gli interventi edilizi sono pertanto condizionati di norma alla presentazione di un’unica istanza di finanziamento e alla presentazione di un unico progetto di riparazione e ricostruzione del complesso edilizio. Il pdl precisa poi che gli interventi ammissibili all’interno delle UMI sono quelli definiti dalla strumentazione urbanistica come eventualmente modificata dal piano della ricostruzione (vedi oltre) e sono attuabili per intervento diretto.

Una particolare attenzione è stata riservata dal pdl nell’individuazione del soggetto che deve agire in nome e per conto dell’insieme dei proprietari interessati dalla UMI. In proposito occorre distinguere le seguenti ipotesi:

  1. se l’UMI corrisponde ad un edificio condominiale, l’amministratore del condominio si occupa della progettazione unitaria, della richiesta di contributi e della attuazione degli interventi: a tale scopo le deliberazioni relative agli interventi di riparazione o ricostruzione sono assunti dall’assemblea dei condomini, in deroga alle previsioni del codice civile, con la maggioranza speciale stabilita dall’art. 3, comma 4, del D.L. n. 74 del 2012 (la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno un terzo del valore dell’immobile);
  2. se l’UMI non corrisponde ad un edificio condominiale, il meccanismo di massima semplificazione individuato dalla legge è quello della designazione, da parte di tutti i proprietari, di un unico rappresentante, delegato allo svolgimento delle attività necessarie; se i proprietari non raggiungono un accordo unanime sulla designazione del rappresentante unico, è prevista la possibilità, per coloro che detengano anche solo maggioranza del valore dell’UMI, di costituire un consorzio il quale può acquisire la totale disponibilità degli immobili facenti parte della UMI per effettuare gli interventi, utilizzando i relativi contributi regionali. A tale scopo, il Consorzio può richiedere al Comune di provvede all’occupazione temporanea degli immobili a loro favore. Tale disposizione è stata predisposta in analogia alla norma sul comparto edificatorio, di cui all’art. 23 della L. 1150 del 1942;
  3. i condomini e i proprietari delle UMI devono provvedere alla deliberazione e presentazione del progetto unitario entro 60 giorni dalla assunzione della deliberazione comunale. Se tali soggetti restano inadempienti, è previsto che il Comune, previa formale diffida a provvedere nei successivi trenta giorni, eserciti un potere sostitutivo nei loro confronti, acquisendo il possesso degli immobili attraverso l’occupazione temporanea degli stessi e curando la progettazione e attuazione dei lavori.

Infine il pdl specifica che, ai fini della definizione del contributo dovuto, le UMI sono equiparate ai singoli edifici, secondo la definizione datane dalle Ordinanze del Commissario delegato.

Nel territorio rurale (art. 6) il progetto di legge consente interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione del patrimonio edilizio danneggiato o crollato, dettando disposizioni differenziate per gli edifici non tutelati, per quelli tutelati, per i beni culturali. Sono inoltre previste speciali disposizioni che consentono di ridurre lo sprawl insediativo, ammettendo l’accorpamento degli edifici rurali sparsi facenti parte di un’unica azienda agricola e la delocalizzazione dei fabbricati non più funzionali all’attività agricola nel territorio urbanizzato o urbanizzabile, come individuato dalla pianificazione urbanistica.

Più in particolare, quanto alla possibilità, prevista dall’art. 3, comma 6, del D.L. n. 74 del 2012, di modificare la sagoma degli edifici e di ridurne la volumetria in occasione degli interventi di riparazione o ricostruzione, il pdl precisa che detti interventi sono consentiti per gli edifici non vincolati dalla pianificazione o per quelli per i quali il vincolo gravante sull’edificio originario sia decaduto a seguito del crollo o del gravissimo danneggiamento dello stesso. Inoltre, viene precisato che la volumetria non ricostruita può essere recuperata solo nel caso di aziende agricole che vi provvedano per esigenze legate all’esercizio dell’attività agricola entro il termine temporale di cinque anni dalla entrata in vigore della legge e solo se la nuova edificazione sia attuata all’interno del nucleo edilizio costituente l’insediamento aziendale o in adiacenza agli edifici dello stesso.

Viceversa, per quanto riguarda la riparazione degli edifici vincolati dalla pianificazione che siano stati solo danneggiati dal sisma, il pdl non ammette tali trasformazioni che ne comprometterebbero il valore storico culturale o testimoniale, e piuttosto promuove la definizione di appositi incentivi per il fedele recupero degli edifici, da stabilirsi attraverso il piano della ricostruzione. Inoltre, in assenza di tali misure premiali comunali, prevede la possibilità di aumentare il numero delle unità immobiliari, se ciò risulti compatibile con la disciplina di tutela.

Nel caso di edifici costituenti beni culturali, ai sensi della parte seconda del D.Lgs. n. 42 del 2004, il pdl precisa che ogni intervento finalizzato al ripristino, alla riparazione e agli interventi di demolizione e ricostruzione, compresi la modifica della sagoma e la riduzione delle volumetrie previsti dall’art. 3, comma 6, del D.L. n. 74 del 2012, sono comunque subordinati all’autorizzazione preventiva della competente Soprintendenza.

Inoltre, il progetto di legge favorisce l’accorpamento degli edifici aziendali e degli edifici accatastati all’urbano sparsi nel territorio rurale. Si consente infatti - su richiesta degli interessati, che deve essere valutata ed eventualmente assentita dal Comune nell’ambito del rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio – di ricostruire questi edifici isolati all’interno dell’insediamento aziendale e la delocalizzazione dei fabbricati non più funzionali all’attività agricola in ambiti edificabili individuati dai piani urbanistici.

Infine, il pdl presta una particolare attenzione per fare in modo che la ricostruzione degli edifici crollati a seguito del sisma non avvenga in ambiti su cui gravi un vincolo espropriativo o in aree in cui sia comunque prevista la localizzazione di opere pubbliche, delle quali sia stato approvato il progetto preliminare o quello definitivo. Ciò per l’evidente esigenza di non consentire la ricostruzione di un immobile di cui sia già programmata l’acquisizione coattiva per la realizzazione di dette opere pubbliche. In tali ipotesi si prevede una delocalizzazione obbligatoria degli edifici, o in ambiti indicati dallo stesso proprietario o in aree appositamente individuate dal Comune, anche attraverso il piano della ricostruzione. Si introduce, inoltre, un importante meccanismo di semplificazione per il quale, previa la stipula di un apposito accordo compensativo, il privato interessato possa rinunciare alla ricostruzione acquisendo il contributo previsto dalle ordinanze commissariali per la ricostruzione come anticipazione dell’indennizzo dovuto per la realizzazione dell’opera.

All’art. 7 è regolata la programmazione degli interventi di ripristino o ricostruzione degli edifici pubblici, delle infrastrutture e, dotazioni territoriali danneggiate e degli interventi di recupero degli immobili, pubblici e privati, costituenti beni culturali.

La programmazione di tali interventi presuppone il completamento della rilevazione dei danni subiti da detti beni immobili, ad opera del Commissario delegato, avvalendosi delle strutture regionali e in collaborazione con i Comuni e con la Direzione regionale del Ministero, per i Beni e le attività culturali e con il supporto conoscitivo degli enti ed istituzioni della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose, nel caso di beni culturali di interesse religioso.

Sulla base dei dati così censiti, la Giunta regionale predispone, previa intesa con il Commissario delegato, un programma degli interventi di ricostruzione, il quale individua per ciascun immobile, le principali caratteristiche progettuali dell’intervento necessario, le risorse pubbliche e private attivabili, i tempi e le fasi esecutive previste e i relativi soggetti attuatori. Il programma è attuato con piani annuali, definiti in base alle risorse finanziarie disponibili e secondo criteri di priorità che hanno a riferimento: la natura strategica dell’edificio o della infrastruttura, la necessità di superare situazioni di rischio incombenti su luoghi aperti al pubblico, la disponibilità di uno studio di fattibilità, il completo finanziamento delle opere, la presenza di un cofinanziamenti per almeno il 20% dell’importo necessario, il pregio artistico e culturale dell’edificio unitamente al pericolo dell’ulteriore grave deterioramento.

Gli articoli 8 e 9 disciplinano il così detto piano della ricostruzione, cioè uno strumento urbanistico di natura operativa diretto a disciplinare, in modo coordinato ed omogeneo, gli interventi attinenti alla ricostruzione, perseguendo nel contempo il miglioramento della funzionalità e qualità dei servizi urbani e una maggiore qualificazione del patrimonio edilizio, in termini di sicurezza ed efficienza energetica.

Il piano della ricostruzione può, inoltre, stabilire la delocalizzazione degli edifici distrutti o danneggiati che risultino collocati in ambiti inidonei alla edificazione, per ragioni geomorfologiche o ambientali, ovvero da ricostruire in un diverso sedime per consentire di realizzare significative trasformazioni fisiche e funzionali dei tessuti urbani. Il piano può poi prevedere la rimozione o trasformazione di edifici che risultino incongrui rispetto alle caratteristiche architettoniche e ambientali circostanti. Il piano della ricostruzione può inoltre prevedere misure di promozione dei processi di ricostruzione, attraverso la previsione di incentivi urbanistici, diretti in particolare a favorire la ricostruzione del patrimonio edilizio avente valore storico culturale o testimoniale, una adeguata rigenerazione dei tessuti urbani del centro storico, la conservazione nel territorio rurale dei manufatti edilizi vincolati e di quelli che ne connotano il paesaggio, ecc. Sempre ai fini di creare condizioni indispensabili per la ricostruzione, il piano può stabilire modifiche cartografiche e normative ai piani vigenti o adottati, tra i quali ad esempio: la ridefinizione della disciplina degli interventi ammissibili nelle UMI, la previsione di aree per la nuova edificazione o la modifica degli indici di edificabilità che consenta la ricollocazione degli edifici da delocalizzare, ecc.

Per la formazione e l’approvazione del piano il pdl stabilisce procedure estremamente celeri e semplificate (art. 8), che prevedono tempi ridotti della metà per il deposito del piano adottato e la raccolta delle osservazioni, la pubblicazione dell’avviso di adozione dello strumento sui siti web istituzionali del Comune, della Provincia e della Regione, e sul BURERT, e non sui quotidiani. Per assicurare nella forma più semplice e integrata l’interlocuzione sul piano sia della Provincia, anche in veste di autorità competente alla valutazione ambientale del piano, sia di ogni altro ente o organismo chiamato dalla legge ad esprimere il proprio parere sui piani attuativi, è prevista la costituzione, presso la Regione, di un organismo collegiale partecipato, denominato Comitato Unitario per la Ricostruzione. Il Comitato è chiamato ad esprimersi sul piano della ricostruzione entro trenta giorni dal ricevimento del piano, integrato dalle osservazioni presentate. Di esso sono membri necessari i rappresentati della Regione, della Provincia e del Comune interessati - ovvero dell’Unione di Comuni cui siano state conferite le funzioni di pianificazione. Partecipano ai lavori del Comitato anche i rappresentanti degli enti chiamati dalla legge ad esprimersi sui piani attuativi comunali ed è chiamato a partecipare anche il Direttore regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel caso in cui il piano contenga previsioni relative ad immobili soggetti a vincolo culturale o paesaggistico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004.

E’ stabilita la competenza in capo ai Comuni, quali autorità esproprianti, all’adozione dei provvedimenti espropriativi, per gli atti di occupazione temporanea e per le procedure espropriazione necessarie per la completa attuazione della ricostruzione (art. 10). Viene precisato che gli uffici comunali per gli espropri provvedono alla redazione dello stato di consistenza degli immobili e del verbale di immissione in possesso degli stessi. Gli stessi uffici definiscono l’indennità di esproprio, entro 12 mesi dalla data di immissione nel possesso, da valutarsi in base al valore e all’uso che l’immobile aveva prima del sisma.

Il pdl precisa poi che ai fini espropriativi l’approvazione del piano della ricostruzione comporta, in caso di delocalizzazione, l’apposizione del vincolo espropriativo e la dichiarazione di pubblica utilità, sia dell’edificio da delocalizzare sia della area individuata per la ricostruzione.

Il p.d.l. introduce una disposizione tendente a supportare, nei comuni interessati dal sisma, la ripresa dell’attività economica in particolar modo del settore edilizio. L’art. 11 stabilisce infatti la proroga di due anni dell’inizio e fine dei lavori, previsti nei titoli abilitativi edilizi rilasciati o presentati prima del 20 maggio 2012 e dell’efficacia delle convenzioni urbanistiche approvate entro lo stesso termine temporale. La norma consente poi ai Comuni di prorogare di un anno la data di scadenza delle rate di pagamento del contributo di costruzione dovuto per i titoli edilizi formati prima della data del sisma. 

Il pdl si conclude con una disposizione che dichiara l’urgenza del medesimo provvedimento legislativo e ne prescrive l’entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.

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