n.123 del 28.04.2021 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 3074 - Risoluzione sulla situazione determinatasi in Myanmar dopo il golpe militare. A firma dei Consiglieri: Mori, Zappa- terra, Costi, Pillati, Costa, Rossi, Zamboni, Amico, Caliandro, Rontini, Marchetti Francesca, Montalti
L’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna
Premesso che:
in Birmania/Unione del Myanmar il 1 febbraio 2021 avrebbe dovuto insediarsi il Parlamento eletto con le elezioni generali dell’8 novembre 2020 vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (LND) con l’85,6% dei seggi, ma i militari hanno preso il potere con un colpo di stato arrestando il Presidente della Repubblica U Win Myint e la Consigliera di Stato e Ministra degli Esteri Aung San Suu Kyi, assieme a centinaia di dirigenti del suo partito, attivisti, monaci, giornalisti, donne, uomini, ragazzi;
gli autori del colpo di Stato lo hanno giustificato – di fronte al modesto risultato elettorale del loro partito di riferimento USDP – invocando irregolarità elettorali e brogli senza peraltro addurre elementi di prova, quando invece la Commissione elettorale dell’Unione (UEC) ha respinto i ricorsi presentati certificando la regolarità delle elezioni;
il colpo di Stato soffoca la transizione democratica in Myanmar avviata nel 2011 dopo oltre cinquant'anni di dittatura militare e che ha il proprio riferimento nella figura di Aung San Suu Kyi, insignita del Premio Nobel per la pace nel 2012 e storica leader dell'opposizione popolare e pacifica birmana, tenuta per molti anni prigioniera dai militari nella sua casa, fino alla vittoria conseguita nelle elezioni generali del 2015 e del 2020;
nulla si sa del luogo di detenzione e delle condizioni della ex Consigliera di Stato, sottoposta a procedimento penale in quanto accusata di possedere walkie talkies importati illegalmente, comparsa solo in Tribunale e privata della possibilità di vedere il suo avvocato;
il colpo di Stato ha suscitato un vasto movimento popolare di protesta pacifica e di coraggiosa disobbedienza civile, contro cui sono state adottate brutali e violente misure repressive che, oltre alle perquisizioni e arresti, hanno già causato moltissime vittime, suscitando la giusta indignazione della comunità internazionale;
le organizzazioni umanitarie come Amnesty e Save the Children e associazioni di assistenza dei prigionieri politici parlano di oltre 300 persone, tra cui bambini e bambine, uccise nella repressione tra i civili solo fino al 26 marzo, fino al picco di sangue raggiunto sabato 27 marzo, quando in diverse città birmane le forze militari hanno massacrato almeno 91 persone inermi tra cui un bambino di cinque anni;
per far cessare questa inaudita violenza da più parti si chiede l’embargo generale delle armi destinate al Myanmar e il deferimento degli stragisti al Tribunale penale internazionale.
Visto che:
una ferma condanna del colpo di stato del 1 febbraio e delle violenze militari, nonché denuncia della violazione gravissima dei diritti umani in Myanmar, è giunta sin dai primi giorni dal Segretario Generale dell'Onu Antonio Guterres e dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
netta la condanna anche da parte dell’Unione Europea e dal Parlamento europeo che si è espresso con propria Risoluzione, con l'Alto Rappresentante della UE Josep Borrell che ha da ultimo definito insensato il percorso intrapreso dalla Giunta militare e definito quello di sabato 27 marzo “un giorno di orrore e di vergogna”, mentre parole analoghe sono venute dal presidente degli Stati Uniti Biden;
animate anche dalla preoccupazione che la brusca interruzione della transizione democratica del Myanmar potrebbe destabilizzare l'intera regione del sudest asiatico, si erano già succedute diverse prese di posizione degli Stati Uniti e degli Stati Europei, compreso il nostro, presenti con Ambasciata in Birmania, fino alla condanna del 22 febbraio del Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea, che richiama la necessità di procedere al rilascio immediato del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati, quale condizione di ripristino di un dialogo propedeutico a restituire alla popolazione birmana la sua aspirazione alla democrazia, alla libertà, alla pace e alla prosperità;
anche il Parlamento italiano si è espresso, con Risoluzione approvata dalla Commissione Affari esteri della Camera il 2 marzo scorso, impegnando il Governo a chiedere in tutte le sedi competenti la cessazione delle violenze e l'adozione di misure restrittive nei confronti degli autori militari del colpo di stato e di quanti si rendano responsabili della violazione dei diritti umani e civili in Myanmar; ad attivarsi per l'immediato ripristino dell'autorità civile secondo quanto espresso dalla volontà popolare e per il rilascio incondizionato di tutti i membri del Governo birmano eletto; a sostenere in ogni modo la popolazione birmana, assicurando un monitoraggio e un'attenzione costante sulla crisi, nella considerazione che Aung San Suu Kyi, vittima negli anni passati di una campagna di screditamento internazionale da parte dei militari, resta per i birmani «Mother SUU» ed emblema di libertà democratica.
Considerato che:
nei sette anni di Governo della LND sono stati liberati tutti i prigionieri politici o di coscienza, è stata abolita la censura e adottati standard normativi internazionali, il Paese è stato aperto all'economia di mercato e agli investimenti stranieri e ad un concreto miglioramento delle condizioni di povertà della popolazione e si è riconosciuto il carattere plurinazionale e plurireligioso della Birmania/Unione del Myanmar;
questo processo è stato contraddetto dalla brutale repressione contro la minoranza musulmana dei Royingha, orchestrata dalle forze armate per ledere l'immagine interna ed internazionale di Aung San Suu Ky, facendo leva sui radicati sentimenti di ostilità verso i Royingha da parte dell'opinione pubblica birmana maggioritariamente buddista;
i militari hanno represso con particolare spietatezza la minoranza Royingha al fine di ledere l'immagine internazionale di ASSK – alla quale la Costituzione dei militari del 2008 non ha conferito alcun potere sui militari, neanche a livello formale – e di precostituire così un indebolimento della solidarietà del mondo occidentale nei suoi confronti in caso di nuova presa del potere da parte della giunta militare, come poi è avvenuto;
pur respingendo l'uso del termine «genocidio», Aung San Suu Kyi ha riconosciuto gli abusi e le violenze dei militari, istituendo una Commissione di inchiesta e favorendo l'avvio da parte della Corte penale internazionale (Cpi) di un'indagine che - sulla base di reiterati pronunciamenti dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani e dell'Assemblea Generale dell'Onu - ha comportato l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle violazioni in Myanmar da parte delle forze armate e il deferimento alla Cpi del generale Min Aung Hlaing.
Evidenziato che
il precipitare della situazione nel Paese asiatico, ormai in guerra civile in alcune aree e devastato dall’escalation di violenze sempre più indiscriminate da parte delle forze militari, sta inevitabilmente producendo sofferenze, disperazione e fughe tra la popolazione già provata;
la Regione Emilia-Romagna ha avuto e ha tutt’ora rapporti significativi con il Myanmar anche grazie ad associazioni solidaristiche e culturali quali l’Associazione Amici della Birmania con sede a Parma e l’Associazione parlamentare Amici della Birmania, che si sono battute per anni per la liberazione di Aung San Suu Kyi e oggi chiedono a gran voce alle Autorità nazionali un’azione di mediazione che assicuri la sua protezione e il ripristino della pace e democrazia;
oltre a rapporti instauratisi negli anni scorsi in ambito sanitario per portare buone prassi e operatori in Myanmar, tra gli ultimi progetti di solidarietà internazionale sostenuti dalla Regione sul Piano di Cooperazione 2019 vi è quello realizzato da Onlus Moses e altri soggetti nello Stato birmano del Karen per aiuti umanitari donne e bambini in fuga dal conflitto armato e dagli abusi dell’esercito birmano;
a ottobre 2013 la Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi è stata in Italia e Bologna, dove ha ricevuto la Laurea ad honorem dell’Alma Mater e dove ha incontrato la Giunta regionale, nella persona dell’assessore Patrizio Bianchi, stabilendo una relazione di reciproco scambio nel solco della solida tradizione di cooperazione internazionale allo sviluppo sociale e democratico che appartiene a questa Amministrazione.
Sottolineato che:
è in corso di definizione il nuovo Piano di cooperazione internazionale della Regione, dove troveranno posto sia progetti di sostegno allo sviluppo di lungo termine che progetti di sollievo immediato e aiuto umanitario a popolazioni del mondo martoriate dai conflitti.
Impegna l’Assemblea Legislativa e la Giunta regionale, per quanto di competenza,
a tenere alta l’attenzione nazionale e internazionale sulla situazione in Myanmar determinatasi dopo il golpe militare e a sostenere in ogni sede competente le iniziative per un’immediata cessazione delle violenze sui civili, per la liberazione di tutte le Autorità elette democraticamente in quel Paese e per il deferimento dei responsabili dei massacri in atto al Tribunale penale internazionale;
a sostenere in ogni modo la popolazione del Myanmar/Birmania, condannando la repressione di attivisti, delle organizzazioni non governative, dei monaci, delle organizzazioni dei media e della società civile messa in atto dalle forze armate, assicurando un monitoraggio e un'attenzione costante sulla crisi, nella considerazione che Aung San Suu Kyi, vittima negli anni passati di una campagna di screditamento internazionale da parte dei militari, resta per i birmani «Mother SUU», la campionessa delle loro battaglie per la democrazia, la leader che vorrebbero vedere libera e governare il Paese;
a sollecitare l'Unione europea a promuovere azioni comuni con i partner asiatici e con organizzazioni transnazionali quali l'ASEAN a favore di una soluzione pacifica della crisi in Myanmar, a sostenere le organizzazioni, associazioni e onlus emiliano-romagnole in progetti umanitari, di aiuto sociale e sanitario immediato alla popolazione birmana e a rinsaldare i rapporti instaurati negli anni anche attraverso il proprio Piano di cooperazione internazionale allo sviluppo in corso di definizione, al fine di contribuire al processo di emancipazione democratica del Paese asiatico.
Approvata all’unanimità dalla Commissione V Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità nella seduta del 15 aprile 2021.