n.374 del 28.10.2020 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1561 - Risoluzione per impegnare la Giunta a valutare l’utilità dell’impiego dei test genomici nei singoli ambiti della pratica clinica e a valutare l’inserimento di tali test, per il carcinoma mammario in stadio iniziale, nel Nomenclatore tariffario regionale. A firma dei Consiglieri: Tarasconi, Mori, Zappa- terra, Caliandro
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
secondo l'ultimo aggiornamento (2019) del rapporto annuale "I numeri del cancro in Italia", stilato da AIOM e AIRTUM, sono stimate circa 53mila nuove diagnosi di tumore del seno tra le donne e 500 nuovi casi tra gli uomini. Nel nostro Paese vivono circa 800mila donne che hanno o hanno avuto un tumore del seno, pari a circa il 44% di tutte le pazienti che convivono con una pregressa diagnosi di tumore.
Nel tumore della mammella in fase adiuvante una valutazione accurata dei rischi e dei benefici all'interno del processo decisionale per il trattamento è di fondamentale importanza.
Dalle principali Società scientifiche di settore nazionali e internazionali è stata riconosciuta l'opportunità offerta dai test genomici di personalizzare al meglio le terapie, indirizzando alla chemioterapia solo un gruppo selezionato di pazienti che ne possono trarre reale vantaggio, garantendo il diritto a cure efficaci e al contempo una qualità di vita non condizionata da terapie non effettivamente utili.
Tenuto conto che
il tumore al seno è la neoplasia più frequente nella popolazione femminile, colpendo una donna su otto; è una patologia complessa: ne esistono diverse forme, che necessitano di approcci diagnostico-terapeutici differenti; l'ottimizzazione del percorso di cura in termini clinici, di qualità della vita e di costi sociali ed economici si ottiene attraverso una personalizzazione del trattamento. La riduzione, infatti, del rischio di ricaduta nelle pazienti operate per tumore della mammella si basa sulla terapia ormonale, sulla chemioterapia e sulla radioterapia; il beneficio assoluto è definito in base al rischio di base definito dai fattori clinici biologici e di estensione della malattia che consentono la valutazione delle pazienti per sottogruppi prognostici.
Evidenziato che
i test genomici consentono di caratterizzare al meglio il carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio iniziale e di predire l'aggressività e il rischio di recidiva, stimando le probabilità che la chemioterapia sia, o meno, di reale beneficio nello specifico caso; utilizzare i test genomici per determinare quali siano le pazienti che realmente possono trarre beneficio dalla chemioterapia e quali siano quelle che non avrebbero vantaggi dalla stessa è fondamentale, considerato l'impatto di queste cure a livello fisico, psichico e relazionale. La chemioterapia ha, infatti, inevitabili effetti tossici nel breve e lungo termine e comporta, oltre a un investimento di tempo (per la paziente e spesso anche per il caregiver), anche un carico psicologico importante e interferisce pesantemente con la vita familiare, relazionale e lavorativa.
Ritenuto che
l'utilizzo dei test multigenici a scopo prognostico consentirebbe di migliorare in modo significativo la qualità della vita di tutte quelle pazienti (e di conseguenza dei loro familiari) per le quali la chemioterapia risulterebbe inefficace.
La chemioterapia ha, al di là del costo economico, un costo umano e sociale che deve essere necessariamente giustificato dall'effettiva possibilità di trarne beneficio clinico.
Preso atto che
i test genomici, introdotti all'inizio del 2000, sono stati inseriti nelle linee guida più recenti sul tumore al seno, tra cui quelle della St. Gallen lnternational Breast Cancer Conference, della European Society of Medicai Oncology (ESMO) e, negli Stati Uniti, della Society of Clinica! Oncology (ASCO) e del National Comprehensive Cancer Network (NCCN). Anche organismi rilevanti in ambito di valutazione delle tecnologie sanitarie, quali il National lnstitute for Health and Care Excellence (NICE) nel Regno Unito e il German lnstitute for Quality and Efficiency in Health Care (IQWiG) ne hanno riconosciuto il valore assoluto[l]. Per quanto riguarda l'Italia, le Linee guida sulle neoplasie della mammella 2019 dell'Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) prevedono una sezione dedicata.
Nel 2011 la Regione Emilia-Romagna aveva valutato specifici test, ma a quel tempo le evidenze erano molto scarse, mentre oggi i dati sono assai più significativi tanto da consentire di stimare una riduzione del 50% dell'indicazione alla chemioterapia nelle pazienti a rischio intermedio/incerto.
I dati sulla performance dei test, infatti, sono nel frattempo aumentati e migliorati e possono concorrere a formare la valutazione più appropriata nel complesso insieme di elementi necessari per assumere la decisione se utilizzare o meno terapie invasive.
Evidenziato che
in molti paesi europei è prevista la rimborsabilità per i test genomici: nel Regno Unito, in Germania, Irlanda, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca e Olanda; in Francia e Belgio il test è reso disponibile attraverso fondi dedicati alla diagnostica innovativa.
L'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (Agenas) ha pubblicato nel maggio 2019 un report preliminare con i risultati (Health Technology Assessment o HTA), rilevando che l'uso dei test genomici nelle pazienti con tumore alla mammella in stadio precoce consente di identificare le pazienti che potrebbero evitare la chemioterapia e che il mancato rimborso genera un problema di accessibilità.
Rilevato che
sono stati condotti numerosi studi clinici sui test genomici. Tra i principali, risulta l'internazionale TAILORx (oltre 10.000 pazienti con tumore al seno in sei Paesi), unico studio randomizzato controllato con un follow up a nove anni, che ha evidenziato la non inferiorità della terapia ormonale rispetto alla chemioterapia adiuvante + terapia ormonale nelle pazienti selezionate attraverso l'impiego dei test genomici, registrando tassi simili di sopravvivenza libera da malattia invasiva o di recidiva e di sopravvivenza globale. Lo studio BONDx, svolto su 400 pazienti in quattro ospedali lombardi, ha dimostrato che è possibile risparmiare la chemioterapia in una paziente su due: questo si traduce in un enorme vantaggio per la paziente che evita un trattamento potenzialmente inutile e con effetti collaterali e in un impatto anche economico per effetto del risparmio dei costi diretti e indiretti della chemioterapia. Il vantaggio a favore dell'utilizzo del test è tale per cui il compenso del costo del test risulta ampiamente coperto.
Considerato altresì che
la chemioterapia induce immunosoppressione, esponendo ulteriormente le donne al rischio di infezione da Covid-19: evitare un ciclo di chemioterapia non necessario significa perciò anche contribuire a contenere la diffusione dell'epidemia e a contenerne l'impatto. In questa condizione, l'opportunità di risparmiare trattamenti chemioterapici non essenziali, con l'utilizzo dei test genomici, da un lato proteggerebbe le pazienti affette da tumore al seno dall'indebolimento indotto dalla chemioterapia e, dall'altro, ne ridurrebbe la necessità di accesso ospedaliero, con migliore utilizzo delle risorse sanitarie e minor circolazione di pazienti e familiari negli ospedali, a vantaggio del contenimento pandemico.
Sottolineato che
al momento, in Italia, l'uso del test genomico non è uniforme sul territorio nazionale, proprio in un momento in cui sarebbe particolarmente utile. I test genomici infatti sono al momento rimborsati solo in due Regioni e da pochi altri centri in Italia. Lombardia e Provincia di Bolzano sono riuscite a renderli gratuiti per pazienti idonee residenti con una procedura extra-LEA, mentre alcuni ospedali (come Chieti e Civitavecchia) forniscono il test facendosi carico dei costi. Da luglio 2020 anche la Regione Toscana ha deliberato la rimborsabilità dei test multigenici a scopo prognostico per evitare un sovratrattamento con incremento di tossicità in assenza di reali vantaggi terapeutici. Il resto delle pazienti italiane che potrebbero beneficiarne è di fatto escluso.
Le pazienti devono comunque essere messe nella condizione di poter decidere e scegliere, in modo informato e consapevole, tra le varie opzioni teraperutiche e se sottoporsi o meno al test genomico, che rimane un test diagnostico che stima le probabilità di recidiva nei casi di carcinoma mammario in stadio precoce.
Tutto ciò premesso e considerato,
impegna la Giunta
a valutare l'utilità dell'impiego dei test genomici nei singoli ambiti della pratica clinica.
A richiedere alla "Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale" di includere nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) il rimborso dei test genomici per le pazienti con carcinoma invasivo della mammella in stadio iniziale con prognosi incerta, al fine di garantire a ciascuna donna, il diritto alle cure necessarie ed efficaci, preservando dagli effetti collaterali della chemioterapia e dalle conseguenze sulla qualità della vita familiare, sociale e lavorativa quelle pazienti che non ne trarrebbero beneficio clinico e che accettino, in modo informato e consapevole, di sottoporsi al test.
A valutare l'inserimento dei test genomici per il carcinoma mammario in stadio iniziale nel Nomenclatore tariffario regionale, rendendo così fruibile a tutte le pazienti idonee, residenti nel territorio regionale, tale opportunità, coinvolgendo i Centri di Senologia istituiti con D.G. 12 marzo 2018 n. 345 per valutare i test più performanti e redigere specifico protocollo.
Approvata all’unanimità dei votanti nella seduta antimeridiana del 7 ottobre 2020