Testo

Nell’ambito di un contesto economico - finanziario nazionale e regionale caratterizzato dalla situazione deficitaria dei conti pubblici, è necessario adottare misure e strategie preordinate, non solo ad evitare un ulteriore aggravio della situazione esistente, ma anche a superare tali criticità nell’ottica di una stabilizzazione della finanza pubblica.

Al fine di perseguire tali finalità - obiettivi il cui raggiungimento è incentivato e imposto dall’Unione Europea, nonché sollecitato dai cittadini - è necessario promuovere e adottare scelte di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

La Regione Emilia-Romagna ha già operato diverse scelte legislative e regolamentari orientate secondo una “politica di austerità”, tra cui si segnala, in particolare, la L.R. 13/2010 (Modifiche alla legge regionale 14 aprile 1995, n. 42. Disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale), con cui è stato ridotto il trattamento economico dei consiglieri regionali e - a partire dalla X legislatura – abrogato l’istituto dell’assegno vitalizio.

In linea con tali indirizzi, il presente progetto di legge è preordinato ad abrogare la legge regionale 24 aprile 2006, n. 3 (Interventi in favore degli emiliano-romagnoli e funzionamento della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo) e - consequenzialmente – a sopprimere l’organismo denominato “Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo” (di seguito: “Consulta”). Mediatamente, la finalità che si persegue è quella di recuperare al bilancio regionale tutte le risultanze economiche che derivano dall’abrogazione della legge regionale n. 3 del 2006 e dalla soppressione della Consulta, i cui costi - per vero - si sono rivelati particolarmente elevati anche in rapporto alle attività effettivamente svolte. 

Segnatamente, l’articolato del progetto di legge in esame prevede quanto segue.

L’articolo 1 dispone l’abrogazione della legge regionale n. 6 del 2003 e la conseguente soppressione della Consulta a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’intervento legislativo abrogativo.

Coerentemente, si prevede che, a far data dalla soppressione dell’organismo, ai suoi componenti non sia più dovuto alcun emolumento.

Per completezza e al fine di prevenire obiezioni, si segnala che alla citata disposizione non vale opporre la cd. “teoria dei diritti quesiti” (desunta dall’art. 11 delle Preleggi al cod. civ.), di cui, spesso, si assiste ad “abusi giuridici”: come ribadito più volte dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, non è affatto interdetto al legislatore (ivi compreso quello regionale) di emanare disposizioni che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in materia penale, nel cui ambito soltanto tale ragionamento non è sostenibile in considerazione del fatto che il principio di irretroattività è costituzionalizzato ex art. 25, comma 2), purché tale sacrificio non risulti irragionevole, sproporzionato e irrazionale. Nel caso di specie, per vero, tali limiti appaiono – ictu oculi - rispettati, anche alla luce del ragionamento logico - sillogistico per cui alla soppressione di un organismo non può non conseguire l’interruzione dell’erogazione degli emolumenti comunque denominati ai suoi componenti.

L’articolo 2 prevede che le attività della soppressa Consulta già programmate (per il triennio 2010 – 2012) alla data di entrata in vigore del presente intervento normativo siano svolte e concluse dalla Giunta (recte: dall’assessorato competente) comunque entro la IX legislatura. A tali fini si prevede che la Giunta possa avvalersi delle risorse già stanziate per le predette attività. S’intende, l’utilizzo del verbo “potere”, non solo è volto a consentire alla Giunta la necessaria discrezionalità decisionale, ma anche vuole essere una direttiva sottintesa ad utilizzare i detti stanziamenti in maniera oculata possibilmente perseguendo l’obiettivo del risparmio di spesa.

L’articolo 3 prevede che le (ingenti) risultanze economiche, comunque denominate, derivanti dall’abrogazione della legge n. 3 del 2006 e dalla soppressione della Consulta siano recuperate al bilancio regionale e destinate al sostegno finanziario delle politiche socio – assistenziali e degli interventi di solidarietà regionali.

L’articolo 4, con una formula volutamente aperta quasi a configurare una “norma in bianco”, delega alla Giunta la regolamentazione – mediante proprio provvedimento da adottare nel termine di trenta giorni dall’entrata in vigore dell’intervento legislativo – dei rapporti giuridici e delle situazioni pendenti alla data di abrogazione della legge regionale n. 3 del 2006.

L’articolo 5, infine, devolve alla Giunta (in sostanziale sostituzione della soppressa Consulta) le funzioni di programmazione e attuazione di azioni preordinate a valorizzare e riconoscere gli emiliani–romagnoli nel mondo, in ossequio a quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lett. g) dello Statuto regionale. Si prevede che tali funzioni siano esercitate dalla Giunta d’intesa con l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa, anche al fine di garantire la più completa “copertura politica” alle attività poste in essere.

In ogni caso, tali funzioni dovranno essere espletate nei limiti di disponibilità finanziaria del bilancio regionale.

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ultima modifica 2011-11-08T16:43:57+02:00

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