Testo

La modernizzazione del sistema agro-alimentare ha favorito, negli ultimi decenni, la crescita ed il consolidamento di «filiere lunghe», modalità di distribuzione dominate da imprese di grandi dimensioni e che operano su mercati globali, in cui la necessità di standardizzazione e di flessibilità di approvvigionamento ha portato all’omologazione delle culture produttive agricole e alla conseguente uniformità dei gusti e dei consumi, al deterioramento della diversità biologica e culturale e ad un consistente impatto ecologico, nonché alla forte riduzione della possibilità per il cittadino consumatore di esercitare un controllo diretto sull’origine e sulle modalità di produzione di ciò che acquista e consuma.

Negli anni recenti, accanto a questi processi ed in conseguenza della crescente consapevolezza delle contraddizioni che ne sono scaturite, abbiamo però assistito anche al moltiplicarsi di iniziative volte a ricondurre il prodotto al suo luogo di origine e a restituire visibilità ai produttori.

Nella gran parte dei casi, queste iniziative assumono configurazioni organizzative «corte», radicate nel territorio e quindi legate alle sue risorse naturali, culturali e sociali, e fondate su concezioni diverse del produrre e del consumare. Fra le esperienze più significative di accorciamento della filiera vanno ricordati, in questo contesto, i farmer’s market (mercati contadini o mercatali) nati circa 20 anni fa negli Stati Uniti d’America, e i Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS).

La filiera corta è quindi quella modalità di distribuzione alimentare che prevede un rapporto diretto tra produttori e consumatori, singoli o organizzati: una procedura virtuosa che riduce il numero degli intermediari commerciali diminuendo, conseguentemente, il prezzo finale.

Gli acquisti possono avvenire tramite vendita diretta, mercatini, gruppi di acquisto, cooperative di consumo o commercio elettronico. La filiera corta permette inoltre al consumatore una migliore conoscenza delle qualità intrinseche del prodotto e di chi lo produce, oltre ad ottenere un prezzo vantaggioso per chi acquista ed una retribuzione equa per chi vende. Numerose indagini hanno infatti testimoniato che i prezzi degli alimenti, dal produttore alla tavola, aumentano esponenzialmente: nel caso ad esempio degli articoli ortofrutticoli si registra una crescita media del 200 per cento mentre con la presenza di mercati locali i cittadini possono risparmiare il 30 per cento rispetto alla grande distribuzione.

Oltre alle garanzie di qualità ed al risparmio, la filiera corta offre anche la possibilità di salvaguardare l’ambiente. È stato infatti stimato che un pasto medio percorre oltre 1.900 chilometri su camion, navi o aerei prima di arrivare sulla tavola. Utilizzare prodotti di filiera corta, originari del territorio e quindi a «chilometro zero», quando la distribuzione è ben organizzata e si raggiunge un volume minimo di prodotti tale da rendere efficienti anche i trasporti a corto raggio, significa ridurre considerevolmente le emissioni di gas nocivi (in termini di emissioni annue una tonnellata di anidride carbonica per famiglia), i numerosi passaggi di imballaggio e confezionamento, oltre a promuovere modelli virtuosi ed ecocompatibili di agricoltura locale, soprattutto quando il modello di produzione è quello dell’agricoltura biologica. Va infine ricordato che l’uso sostenibile delle risorse rappresenta uno degli elementi chiave della Strategia di Lisbona.

In questi ultimi anni anche i consumatori italiani hanno mostrato un’attenzione sempre maggiore verso la filiera corta e i prodotti biologici. È infatti in netta crescita il fenomeno dei GAS. La storia dei Gruppi d’Acquisto Solidali in Italia inizia alla metà degli anni ‘90 quando nascono i primi gruppi, proprio in Emilia-Romagna. Nel 1997 nasce la rete dei Gruppi d’Acquisto, allo scopo di collegare tra loro i diversi gruppi, scambiare informazioni sui prodotti e sui produttori, e diffondere l’idea dei Gruppi d’Acquisto. Questa esperienza è ora in fase di crescita, sia per la creazione di nuovi gruppi che per la sua visibilità.

Ad oggi sono circa 780 i Gruppi di Acquisto Solidale registrati sul sito www.retegas.org, dei quali 68 sono in Emilia-Romagna. Molti GAS però non si sono registrati, per cui si stima che il numero di GAS presenti effettivamente in Italia sia all’incirca il doppio.

Il numero di famiglie che partecipa ad un GAS può variare molto da gruppo a gruppo, da 10 ad alcune centinaia per i gruppi più grossi. Mediamente si stima che ad un GAS partecipino 25 famiglie, corrispondenti a 100 consumatori. Secondo queste stime, il numero di persone che in Italia utilizzano i prodotti dei GAS sono circa 100mila, ovvero 25mila famiglie. La spesa media per famiglia all’interno di un GAS è stimata intorno ai 2000 euro all’anno.

I Gas hanno trovato un riconoscimento istituzionale con la Legge 244/2007 (Legge finanziaria) che definisce le caratteristiche di un gruppo d’acquisto come soggetto associativo senza scopo di lucro costituito al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e di distribuzione dei medesimi, senza applicazione di nessun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita.

Dal rapporto Bio Bank 2010, che ha censito quasi ottomila operatori del settore lungo tutta la Penisola, prendendo in esame otto tipologie di operatori, l’Emilia-Romagna entra in classifica tra le prime cinque in tutte le categorie (insieme solo alla Lombardia). E’ prima nella vendita diretta in azienda con 359 spacci bio sui 2.176 rilevati in Italia, pari al 16%; è prima nella ristorazione scolastica biologica con 147 mense sulle 837 censite, ovvero il 18%; è prima nei mercatini, con 37 realtà sul totale di 225, ancora il 16%; è prima nell’ e-commerce - vendita di prodotti bio attraverso internet - con 20 siti su 132, ovvero il 15%. Si piazza poi al secondo posto, dopo la Lombardia, per numero di bioristoranti: 39 sul totale di 228, pari al 17%. Arriva al terzo posto per numero di agriturismi bio, dopo Toscana e Marche, con 158 attività su 1.222, ben il 13%. Si classifica al quarto posto per numero di negozi bio, dopo Lombardia, Piemonte e Veneto, con 109 su 1.132, il 10%. E’ infine al quinto posto per numero di gruppi d’acquisto solidale con 50 sui 598 censiti, pari all’8%, dopo Lombardia, Toscana, Lazio e Veneto.

Ottimi risultati e un buon trend regionale ci spronano, quindi, a fare qualcosa di più per sostenere, come Regione Emilia-Romagna, nuovi modelli di distribuzione già apprezzati dai consumatori italiani e per promuovere il consumo di prodotti alimentari a «chilometro zero», provenienti da filiera corta, biologici e solidali. Sostenere l’attività dei Gruppi d’Acquisto Solidali regionali, riconoscere il ruolo di primo piano svolto da loro nella riduzione dei consumi inutili o eccessivi, nella valorizzazione di questi prodotti e nella promozione e diffusione di quelli provenienti dalle cooperative sociali, dal commercio equo-solidale e dalle cooperative e associazioni impegnate nella lotta alle mafie è un passo importante da compiere.

L’obiettivo prioritario delle norme proposte è quello di incoraggiare l’acquisto di alimenti prodotti in ambito locale in cui devono essere consumati, anche attraverso una informazione trasparente, puntuale ed efficace sul settore. Il progetto va quindi incontro all’evoluzione delle preferenze dei consumatori i quali, oltre a ricercare prodotti con prezzi più contenuti, sono particolarmente attenti alle caratteristiche di qualità nutrizionali, di sicurezza, di eticità e di eco compatibilità degli alimenti.

La presente proposta di legge ha inoltre la finalità di valorizzare le piccole e medie imprese agricole, per lo più a conduzione familiare, che operano e vivono sul territorio regionale, preservandone l’identità e la sopravvivenza e contribuendo, così, alloro mantenimento sul territorio. È in questa direzione che vengono quindi incentivate nuove forme di scambio capaci di veicolare e promuovere le filiere corte limitando il numero degli intermediari, a partire da opportunità di incontro e da strumenti di cooperazione basati sul rapporto diretto tra chi produce e chi consuma.

La proposta di legge consta di 13 articoli.

L’articolo 1 indica i principi che informano la legge.

L’articolo 2 stabilisce le finalità della legge che sono il sostegno ai Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), l’incentivazione dell’impiego e della vendita diretta di prodotti agroalimentari a “chilometri zero”, da filiera corta, biologici e solidali.

L’articolo 3 definisce cosa si intende con i termini Gruppo di Acquisto Solidale, prodotto a “chilometri zero”, prodotto da filiera corta e prodotto solidale.

L’articolo 4 indica le misure di sostegno economico ai Gruppi di Acquisto Solidale e i criteri da adottare per assegnarle. Si demanda ad un successivo atto della Giunta regionale l’ulteriore specificazione delle modalità di richiesta dei contributi.

L’articolo 5 definisce l’impegno della Regione Emilia-Romagna nella concessione in uso gratuito ai Gruppi d’Acquisto Solidale di spazi pubblici, per lo svolgimento delle loro attività.

L’articolo 6 tende a rafforzare il principio di precauzione in atto in materia di OGM vietando la somministrazione di cibi e bevande contenenti OGM nella ristorazione collettiva gestita da enti pubblici e privati in convenzione.

L’articolo 7 mira a sostenere l’uso di prodotti agricoli a “chilometri zero”, da filiera corta, biologici e solidali nella ristorazione pubblica, sancendo che il ricorso a tali prodotti, in misura non inferiore al 50% sul totale di quelli utilizzati, costituisce titolo di preferenza per l’aggiudicazione degli appalti.

L’articolo 8 prevede misure per l’incremento della vendita diretta attraverso l’aumento dei posteggi riservati alla vendita diretta di prodotti agricoli di cui all’art. 4 del DLgs 228/01 nei mercati e nelle fiere della nostra regione, nonché attraverso la destinazione da parte dei Comuni di aree apposite per l’allestimento di farmer’s markets volti ad agevolare l’incontro tra offerta e domanda di prodotti agricoli da filiera corta.

L’articolo 9 prevede che la promozione del consumo dei prodotti a “chilometri zero”, da filiera corta, biologici e solidali sia effettuata anche attraverso le imprese della ristorazione commerciale. Tali esercizi commerciali, infatti, potranno fregiarsi di un apposito logo che sarà veicolato nell’ambito delle attività promozionali della Regione Emilia-Romagna. La possibilità di fregiarsi del logo è subordinata all’acquisto, da parte degli esercizi commerciali, di una quantità almeno pari al 30% di tali prodotti sul totale in valore dei prodotti agroalimentari acquistati complessivamente.

L’articolo 10 stabilisce le azioni che la Regione Emilia-Romagna deve intraprendere per promuovere l’informazione e la conoscenza sull’attività dei GAS, sui mercati agricoli, sul consumo sostenibile e l’educazione alimentare. Ai Gas e ai mercati dovrà essere dedicata un’apposita sezione del portale della Giunta della Regione.

L’articolo 11 stabilisce le modalità di controllo sull’attuazione della legge.

L’articolo 12 detta disposizioni di carattere finanziario relative agli oneri derivanti dall’attuazione della legge.

L’articolo 13 regolamenta l’entrata in vigore della presente legge.

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ultima modifica 2011-05-24T15:50:42+01:00

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