Testo

Negli ultimi quindici anni il servizio sanitario ha subìto importanti riforme. Dalla sua regionalizzazione, all’introduzione di meccanismi di «mercato» e quindi ad una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti «manager» valutati in termini di risultati da raggiungere e di maggiore efficienza da perseguire.Ma ancora molto c’è da fare. È indispensabile proseguire verso una politica di buon governo del nostro sistema sanitario nel quadro di una indispensabile maggiore trasparenza ed efficienza nella dirigenza delle aziende sanitarie pubbliche. Ciò non soltanto attraverso un potenziamento del ruolo del medico nelle scelte strategiche e gestionali, ma soprattutto, attraverso la previsione di una maggiore trasparenza nel sistema di valutazione e selezione delle risorse umane, a cominciare dai criteri di scelta dei direttori generali, così da premiare il merito piuttosto che l’appartenenza politica. La presente proposta di legge vuole contribuire a migliorare la funzionalità e soprattutto la trasparenza nel governo delle attività cliniche cambiando radicalmente le modalità con le quali attualmente vengono individuate le dirigenze sanitarie, tentando di spezzare il condizionamento nefasto che il potere politico, e soprattutto partitico, attuano nei confronti del sistema sanitario nazionale.L’esempio della nomina del direttore generale è, in questo senso, paradigmatico. Attualmente, infatti, esiste sostanzialmente un rapporto di natura esclusivamente fiduciaria e discrezionale tra il soggetto nominato, il direttore generale, e la regione, la quale assume, quindi, oltre ai compiti di indirizzo, di programmazione e controllo anche il potere di nomina e revoca dei medesimi direttori generali.

Il sistema di cooptazione di un candidato in funzione di requisiti non oggettivi è sistema obsoleto ed inadeguato.

Soprattutto considerando che è titolare di funzioni di comando di aziende con fatturati che vanno da 600 milioni di euro a oltre 1Mld di euro, e che spesso i criteri di scelta sono assolutamente estranei al merito, ai titoli ed ai master conseguiti, ma sono di appannaggio della politica.Le modalità di conferimento dell’incarico di direttore generale, già disciplinato dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, assegnava la relativa competenza alla Regione, nell’ambito di un apposito elenco nazionale di candidati all’incarico.

Successivamente sono state disciplinate dal decreto-legge n. 512 del 1994, convertito in legge dalla legge n. 590 del 1994, che, confermando la facoltà di nomina dei direttori generali da parte della Regione, ha conferito alla medesima ampia discrezionalità di scelta dei soggetti da nominare. Il processo di aziendalizzazione delle ASL non ha mai abbandonato il concetto di risanamento surrettizio dei debiti accumulati. La discrezionalità del direttore generale è totale ma la sua autonomia è subordinata alla politica che lo ha nominato. I “poteri” della gestione della sanità pubblica sarebbero divisi tra regione e comune ma quest’ultimo è regolarmente assente nella logica del sistema lasciando l’assessore nella completa solitaria autonomia solo corroborata dalla conferenza dei servizi che solitamente viene chiamata a ratificare scelte già prese. Dato che, attualmente, spetta al direttore generale nominare il direttore sanitario e il direttore amministrativo, le aziende sanitarie si confermano purtroppo come organi di natura politica, i cui dirigenti spesso non riescono a garantire l’indispensabile imparzialità nella gestione della pubblica amministrazione. Scopo dell’autonomia di un tecnico alla direzione di aziende che amministrano anche 800-1.000 milioni di euro l’anno sarebbe quello di non soffrire di «costrizioni» dettate da logiche di potere.

L’autonomia di gestione delle strutture sanitarie pubbliche rispetto all’«invadenza» della politica risulta quindi decisamente limitata se non addirittura assente. Come se non bastasse, il condizionamento politico nella sanità arriva fino alla nomina degli stessi dirigenti medici: primari e dirigenti di struttura semplice. Lo stesso primario, attualmente, è scelto e nominato dal direttore generale, anche se, per salvare la forma, si prevede che sia una commissione a selezionare una rosa di candidati. Sta di fatto, però, che dei tre componenti la commissione, due sono nominati dallo stesso direttore generale.

La proposta di legge mira quindi a spezzare il collegamento vizioso fra il direttore generale di Asl e le logiche di Governo, con l’obiettivo di contribuire a porre fine alla perversa logica che presuppone il collocamento nei posti chiave di coloro che rispettano criteri di “affidabilità politica”, piuttosto che di competenza professionale.

La proposta di legge si compone di due articoli.

L’articolo 1 modifica il comma 5 dell’articolo 3 della legge regionale 29/2004, specificando che la nomina dei direttori generali avviene sulla base delle procedure previste dal successivo articolo 3 bis. L’articolo 2 stabilisce le procedure attraverso le quali deve avvenire la nomina del direttore generale da parte della Regione, attraverso la costituzione di un’apposita autorità indipendente a cui spetta provvedere alle selezioni pubbliche per la copertura degli incarichi vacanti.

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ultima modifica 2010-06-08T16:42:00+02:00

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