Testo

In principio, era la sfoglia l’ingrediente-base di molti piatti tipici della cucina tradizionale emiliana, che merita - secondo l’Artusi - una riverenza: «È un modo di cucinare un po’ grave, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre».

La sfoglia può dirsi elemento principe di quel patrimonio culturale che ha reso la Regione del Carducci simbolo nazionale e internazionale della pasta.

La sfoglia impastata manualmente è una specialità antichissima, densa di evocazioni culturali e di elementi simbolici e deriva da tradizioni alimentari poverissime. È il prodotto geniale di un’epoca caratterizzata da miseria, ingegno, capacità di offrire in tavola sempre qualcosa di gustoso e di nutriente, in grado di fornire gioia al palato e sollievo dopo una dura giornata di lavoro. Farina e uova sono i pochi e poveri elementi con cui infatti è stata da sempre «impastata» la sfoglia.

Non si conosce con esattezza il periodo in cui è nata o a chi è possibile farla risalire, ma pare che la sfoglia fosse già conosciuta dagli etruschi nel IV secolo avanti Cristo.

I romani mangiavano laganum, parola che in alcuni dialetti del sud Italia identifica la pasta. La sfoglia, sotto forma di lasagna, ebbe grande successo nei secoli. Verso la fine del ‘300 arriva il «torteleto», nonno di quello che conosciamo come tortellino. La paternità fu attribuita dall’ingegnere Ceri, di origine toscana, a un fantomatico oste di Castelfranco Emilia, il quale avrebbe voluto così emulare l’ombelico di Venere, per mettere pace fra Bologna e Modena. La sfoglia raggiunse il massimo grado di creatività culinaria nel XVI secolo grazie a Messisburgo, direttore di mensa alla Corte d’Este; dopo di lui altri (Scappi, Stefani e altri) si prodigarono in consigli e in ricette sulla lavorazione della sfoglia.

La Regione Emilia-Romagna, ricchissima di scambi e di ispirazioni, con «l’oste di Castelfranco» è legata intimamente alle vicende storico-gastronomiche della sfoglia che è oggi confezionata «a mano» in tutto il territorio.

La sfoglia è base indispensabile per una serie di primi piatti ormai famosi e prodotti in tutto il mondo, come lasagne, tagliatelle, maltagliati, tagliolini, tortellini, eccetera.

Questa proposta di legge ha lo scopo di tutelare e di promuovere la più antica tradizione emiliano-romagnola dell’arte di preparare la sfoglia fatta in casa e a mano, per evitare che la standardizzazione di un prodotto come la pasta, così legato alla sua terra, possa sottrarre gusto al cibo e dignità ad un alimento che è arte, tradizione e forte biglietto da visita turistico per la Regione nel mondo.

È indubbio che la primogenitura della pasta all’uovo fatta in casa vada attribuita alla città delle due torri. «Hai fatto una buona sfoglia quando sollevandola controluce vedi san Luca» (il santuario che domina la città dal colle della Guardia) dicono le «azdore», massaie bolognesi.

La ricetta più antica per fare la sfoglia è la seguente: è necessario disporre su un tagliere della farina bianca di grano tenero per pasta (non è importante il grado di macinazione). Si predispone la farina in forma circolare creando al centro uno spazio dove si dovranno rompere le uova. La proporzione è un etto di farina per ogni uovo. Non essendo il grado di umidità omogeneo per tutte le farine e non essendo le uova necessariamente tutte regolari, sarà l’esperienza della/o sfoglina/o a suggerire se vadano aggiunti farina o un albume d’uovo per modulare il grado di consistenza dell’impasto, che dovrà risultare «né tenero, né duro» ma morbido ed elastico. Mai e poi mai aggiungere acqua, che è solo un palliativo momentaneo per modulare la consistenza. Per impastare, rompere le uova nello spazio creato al centro, sbattendole con una forchetta e facendo attenzione a non fare fuoriuscire il composto dal mucchio di farina. Lavorare per 15-20 minuti rigorosamente a mano finché l’impasto non sarà liscio, poroso, elastico e senza grumi. Il segreto di una buona sfoglia sta tutto in questa fase di lavorazione che darà il tocco e il sapore a tutti i piatti. 

La sfoglia andrà quindi «tirata» (stesa) - come vuole la tradizione - con un «matterello» di spessore variabile, a seconda del tipo di pasta che si vuole preparare.

Questa, l’estrema semplificazione di un’arte culinaria antica, che va ben oltre la ricetta ed il semplice miscelare ingredienti; tanto che il mestiere della «sfoglina» o dello «sfoglino» - termine con cui si indica una donna o un uomo particolarmente abili nell’ottenere la sfoglia - è uno dei più antichi e tradizionali della Regione.

Non era infatti raro, fino a qualche tempo fa, vedere nelle cucine delle trattorie la «azdora» intenta a preparare la sfoglia con il «matterello» sul «tagliere». Come molte tradizioni, anche quella della sfoglina si sta purtroppo perdendo. Anche la sfoglia è oggi preparata per lo più industrialmente, ma il risultato è assai lontano da quel «monumento della civiltà alimentare nazionale» che coincide con un altrettanto singolare laboratorio gastronomico d’arte culinaria, qual è l’Emilia-Romagna con le sue osterie, trattorie, ristoranti e scuole culinarie.

Tuttavia, negli ultimi tempi, si è assistito a un rilancio e a un rinnovato interesse per l’antica ed artigianale tradizione culinaria anche grazie al prezioso lavoro di associazioni come «slow food».

È cresciuta quindi, a volte anche tumultuosamente, la richiesta di cibi sani, non industriali, legati alla storia e ai sapori di un passato assai vicino per tradizione, memoria e parentela. Così è sempre più frequente trovare nei panifici e nelle pasticcerie bolognesi l’offerta di prodotti tradizionali di fattura artigianale e manuale tra cui gli immancabili tortellini e le notissime tagliatelle.

Si è persino assistito a un rilancio della «sfoglia» fatta a mano e sono nate scuole di formazione come ad esempio quella di Bologna, «La vecchia scuola», che nel corso di dodici anni di vita ha formato oltre 500 sfogline/i, soprattutto stranieri, a dimostrazione che la «sfoglia» rappresenta uno dei biglietti da visita della cultura enograstronomica del nostro Paese nel mondo.

Passando all’articolato della presente proposta di legge, si evidenzia che essa trova fondamento nella contestuale presenza di due realtà sul territorio: la grande tradizione culturale e artistica della Regione e la grande tradizione gastronomica della pasta, con l’alta concentrazione di osterie, trattorie, ristoranti e scuole di riconosciuta eccellenza.

Non a caso, le guide gastronomiche più prestigiose collocano alcuni ristoranti emiliani ai vertici della cucina mondiale e non a caso le città emiliane sono associate, nel mondo, alla buona cucina e all’alimentazione di qualità.

L’articolo 1 del testo chiarisce che si vogliono promuovere la tutela e la valorizzazione della sfoglia emiliano-romagnola, e della sua ricetta originale, non come un mero prodotto agroalimentare o gastronomico da commercializzare, ma come ingrediente base di numerosi piatti tradizionali: un prodotto da proteggere non solo con l’«indicazione geografica tipica» dei prodotti agricoli e alimentari, ma anche con l’attivazione degli strumenti moderni della politica industriale, del turismo e del commercio. Per questa ragione, la tutela della sfoglia è ricercata con l’istituzione di un distretto di ristorazione, inteso appunto come una rete sistemica di «cucine» locali, veri laboratori d’arte gastronomica: osterie, trattorie, ristoranti e scuole.

In sostanza, non si vuole solo tutelare la «sfoglia emiliano-romagnola» in sé, ma anche attraverso la valorizzazione dei ristoratori che la preparano e ne permettono la degustazione nei loro locali.

L’articolo 2 prevede come costituire il Comitato per la tutela della «sfoglia» riservandone la gestione ai ristoratori e alle scuole.

L’articolo 3 descrive come attivare il distretto di ristorazione, tramite l’inserimento nell’offerta turistica locale, con l’obiettivo di considerare la cucina emiliano-romagnola come uno dei motivi per cui è bene visitare le città della Regione: cioè la buona tavola. Una cultura turistica sbagliata tratta troppo spesso la cucina come un mero servizio di ricettività e non come un fatto culturale primario di autentica ospitalità.

Inoltre - dichiarato che l’obiettivo delle attività del Comitato di promozione è la valorizzazione della cucina emiliano-romagnola - viene precisato che gli itinerari turistici devono far conoscere anche quelle osterie, trattorie, ristoranti e scuole che non sono stati valorizzati sinora dai circuiti dell’offerta turistica. Ciò permetterà di far conoscere anche i cuochi, gli chef e i maestri non conosciuti, non titolati o non presenti nei ristoranti di prestigio.

L’ultimo comma dell’articolo 3 propone, infine, che nel programma annuale delle attività del Comitato si attivino, fra le altre, due iniziative in particolare. La prima riguarda la promozione e l’istituzione di una mostra-fiera annuale in cui radunare a Bologna ristoratori provenienti da tutto il mondo per preparare, cucinare e fare degustare al pubblico i prodotti della sfoglia fatta a mano. Lo scopo non è quello del concorso ma della rassegna, della vetrina e della pubblicità di ciascuna impresa ristoratrice. La seconda iniziativa riguarda la necessità e l’urgenza di iniziare a pensare alle strategie adatte per salvaguardare il mestiere di «sfoglina/o». In questo caso, l’attività va rivolta ai giovani e nelle scuole per sensibilizzarli ed educarli al gusto. È inoltre necessaria una forte campagna di sensibilizzazione e di pubblicizzazione dei prodotti artigianali a base di «sfoglia» fresca, soprattutto in una fase in cui si è quotidianamente sottoposti o minacciati da presunte catastrofi alimentari (come l’influenza aviaria) che rischiano sempre più di mettere in serio pericolo le aziende avicole italiane.

L’articolo 4 propone di istituire la figura professionale della/o sfoglina/o al fine di dare certezza a una antichissima professione sempre sottovalutata perché ritenuta di carattere domestico e quindi data per scontata come molte professioni ed abilità ritenute di prevalenza femminile.

L’articolo 5, individua la copertura finanziaria.

L’Allegato 1 reca, infine, la ricetta originale della «sfoglia emiliano-romagnola».

Parlando di Bologna, Artusi conclude: «Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte l’ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo bisogno della vita, è cosa ragionevole l’occuparsene per soddisfarlo meno peggio che sia possibile».

Questa proposta di legge è dedicata alla memoria di Mafalda Nanetti, madre del primo firmatario e provetta sfoglina.

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ultima modifica 2011-03-01T09:35:59+01:00

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