Testo
la Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne e la violenza domestica, sottoscritta a Istanbul nel 2011, ratificata dal Parlamento italiano nel 2013, definisce la violenza di genere come violazione dei diritti umani e investe gli Stati sottoscrittori della responsabilità legislativa e giuridica di prevenirla, di proteggere le vittime e perseguire i colpevoli;
restando ad oggi la punta culturale e giuridica più avanzata delle politiche di promozione e tutela della sicurezza e dei diritti delle donne su scala globale, integrata in materia di molestie sessuali sul lavoro dalla OIL 190, la Convenzione è entrata in vigore lo scorso 1° ottobre 2023 per tutta l’Unione Europea, che è così diventata il suo 38° contraente;
tale importante traguardo ha dovuto attendere oltre sei anni per principale responsabilità di 6 Paesi membri - Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia - che non hanno convalidato la propria firma, un sostanziale ostruzionismo che è stato superato prima con il via libera della Corte europea di Giustizia che nel 2021 ha stabilito la possibilità di ratifica anche senza l’accordo di tutti gli Stati e poi con la decisione da parte del Consiglio d’Europa a giugno 2023 di finalizzare l’adesione;
in base all’articolo 216 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) la Convenzione è così diventata vincolante per tutte le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri.
nella sua funzione di indirizzo politico, il Parlamento Europeo ha rivolto sul tema alla Commissione UE diversi inviti volti a predisporre una legislazione specifica, ovvero una vera e propria normativa europea che concretizzasse e completasse gli strumenti offerti dalla Convenzione 2011 per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e la violenza domestica;
l’8 marzo 2022 la Commissione Europea ha adottato una proposta di Direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (COM/2022/105) - 2022/0066 (COD) che ridefiniva l'ambito di applicazione facendo rientrare esplicitamente i reati di stupro, mutilazioni genitali femminili e sterilizzazioni indotte e forzate, revenge porn e violenze online, molestie sessuali negli ambienti lavorativi;
un aspetto rilevante della Direttiva, che è proprio di questo strumento giuridico, permette di configurare reati e applicare relative sanzioni in caso di non attuazione delle misure comunitarie;
nella discussione parlamentare sul testo si è chiesto che venisse opportunamente configurato il reato di stupro in quanto basato sull’assenza del consenso esplicito della vittima a prescindere dalla costrizione fisica o dalla condizione di ebbrezza et similia;
nel testo di Direttiva dunque passato in Parlamento e trasmesso al Consiglio Europeo per la necessaria approvazione, si stabiliva che gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché siano configurate come reati e punite le violenze succitate e in particolare lo stupro, definito (art. 5 della Direttiva) come ogni atto di penetrazione sessuale non consensuale, sia nell’assenza di consenso volontario, sia nell’assenza dovuta all’incapacità della donna ad esprimere una libera volontà a causa di condizioni fisiche o mentali;
tale stretta su reati odiosi come lo stupro farebbe avanzare l’ordinamento degli Stati e Istituzioni europee a effettiva tutela della integrità, dignità ed esigibilità dei diritti soggettivi delle donne nonché della correttezza dei processi in materia, per superare fenomeni stigmatizzanti le donne purtroppo ancora consueti, come la cd vittimizzazione secondaria e il tentativo di ribaltamento dei ruoli tra vittima e carnefice che si verificano dentro e fuori le aule dei tribunali.
nel corso delle trattative in seno al Consiglio Europeo alcuni Stati, come Ungheria e Polonia, stanno esercitando una forte pressione per far cassare dalla Direttiva punti ed articoli dirimenti in base all’approccio avanzato e organico per i diritti della Convenzione di Istanbul;
in particolare, la mediazione al ribasso voluta dalla presidenza belga per far approvare la normativa, ha eliminato l'articolo 5 in materia di stupro ed escluso dai reati penali di cui all’articolo 6 la mutilazione genitale, la sterilizzazione forzata e le molestie sessuali nel mondo del lavoro;
tale svuotamento di aspetti strategici della lotta alle violenze contro le donne fa fare passi indietro invece che in avanti come si voleva fare con una legislazione europea in materia e stride con quell’impianto di diritto che intende prevenire, proteggere le ragazze e le donne e perseguire i colpevoli delle violenze a loro danno, a cui hanno aderito l’Italia da oltre dieci anni e la maggioranza degli Stati europei nonché altri Paesi democratici nel mondo;
la lotta per la sicurezza e dignità femminili, per il superamento delle sopraffazioni fisiche e psicologiche che si consumano ogni giorno ad ogni latitudine da parte di maschi violenti prigionieri di retaggi patriarcali, si può vincere soltanto con un approccio capace di incidere sia culturalmente che giuridicamente nell’humus che nutre le violenze coinvolgendo in tale battaglia di civiltà tutti gli enti, istituzioni, soggetti sociali, cittadini e cittadine;
in un contesto nel quale sono in aumento in tutto il mondo, in Europa e in Italia le violazioni dei diritti umani contro le donne, le violenze sessuali e di genere più brutali, con un milione e mezzo di donne italiane che secondo Istat ha subito nella sua vita le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro, la comunità civile si attende dalle Istituzioni democratiche avanzamenti e non proposte al ribasso e ritorni al passato.
la Regione Emilia-Romagna ha fatto la propria parte per attuare la Convenzione di Istanbul varando la legge quadro regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere n. 6 del 2014, con la quale ha non solo rafforzato il ruolo del coordinamento dei centri antiviolenza, la progettualità e il protagonismo degli Enti locali, il sostegno alle vittime, il recupero dei maltrattanti, campagne comunicative che estendono consapevolezza su tutte le forme di violenza di genere, ma ha anche declinato trasversalmente in ogni ambito misure paritarie e di empowerment femminile con l’ambizione di contribuire ad un cambiamento culturale dell’intera società;
è in corso nel Paese una mobilitazione delle organizzazioni sindacali, dei Centri e associazioni che si battono per la difesa dei diritti umani e delle donne, affinché il nostro Governo nazionale difenda e rilanci norme efficaci a tutela delle donne, nell’ottica di promuovere presso tutti i Paesi UE un pieno sostegno agli articoli sostenuti dalla maggioranza del Parlamento UE e in particolare all’articolo 5 della Direttiva europea come formulati nella prima bozza di lavoro.
il Governo italiano ha la possibilità di far valere nella discussione in sede Europea il proprio peso di Paese fondatore dell’Unione e sottoscrittore della Convenzione 2011 per scongiurare i rischi connessi alla approvazione del testo di Direttiva così come mediato dalla presidenza belga.
Tutto ciò premesso,
ad agire presso la Presidenza del Consiglio, il Governo, nonché in sede di Conferenza Stato-Regioni, coinvolgendo i parlamentari europei e le rappresentanze nelle istituzioni comunitarie, affinché:
- sia espressa netta contrarietà alle ipotesi di mediazione al ribasso sulla Direttiva COM/2022/105 avanzate dalla Presidenza belga;
- siano respinte in particolare le modifiche peggiorative da ultimo proposte sui reati di stupro, molestie sessuali nel mondo del lavoro, mutilazione genitale e sterilizzazioni forzate, per non recedere di un passo dagli impegni della UE e di tutti gli Stati membri così come sanciti dalla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile sulle donne e la violenza domestica entrata in vigore il 1° ottobre 2023.
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 29 febbraio 2024