Testo
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
secondo dati Legambiente del 2009, in Italia sono circa 6 mila le cave attive e si stimano in quasi 8 mila quelle dismesse nelle sole regioni in cui esiste un monitoraggio. Sono infatti circa 142 i milioni di metri cubi di inerti che ogni anno vengono legalmente prelevati nel nostro Paese tramite le attività di cava, senza considerare le regioni in cui le quantità estratte non vengono nemmeno calcolate;
a fronte di numeri così impressionanti, le tariffe pagate da chi cava risultano a dir poco scandalose. In media infatti nelle regioni italiane le ditte cavatrici pagano agli enti pubblici il 4% del prezzo di vendita degli inerti per totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle regioni di meno di 53 milioni di Euro, mentre ammonta a 1 miliardo e 735 milioni di Euro l’anno quanto ricavato dai cavatori dalla vendita del materiale;
secondo le stime dell’Anepla (Associazione Nazionale Estrattori Produttori Lapidei ed Affini) gli inerti estratti in Italia sono stati circa 375 milioni di tonnellate nel 2006 (sono compresi anche gli inerti artificiali, quelli riciclati e quelli da frantumazione delle rocce) e in parallelo i rifiuti da costruzione e demolizione continuano a crescere con 45 milioni di tonnellate, il 90% dei quali collocati in discarica;
se si considera il peso che le Ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo delle aree di cava nel Mezzogiorno, emerge in tutta la sua evidenza la gravità della situazione in troppe aree del Paese praticamente prive di regole.
Considerato che
per l’impatto ambientale che determinano, le attività estrattive da tempo sono chiamate nella nostra regione a concorrere con il pagamento di un tributo economico al ristoro delle condizioni ambientali e alla mitigazione dei segni che con la loro attività di cava causano al territorio;
secondo i dati della Relazione sullo stato dell’Ambiente 2009, in Emilia-Romagna nel 2007 si sono estratti 12.188.077 metri cubi di materiale nelle 296 cave attive, di cui 7.865.697 metri cubi di inerti pregiati (ghiaie e sabbie alluvionali);
per questo materiale i cavatori dell’Emilia-Romagna hanno pagato complessivamente un canone annuo di poco superiore ai 6 milioni di euro, a fronte di un volume di affari annuo stimato a prezzo di vendita di oltre 132 milioni di euro;
in Emilia-Romagna il contributo di “indennizzo” (variabile per tipo di materiale, ma per lo più di 0,57 Euro /m3) è fissato dalla delibera della Giunta regionale n. 70 del 21/1/1992, in applicazione della L.R. 17/91, art. 12, commi 2 e 3, determinando tariffe che da quella data non sono mai state aggiornate, nemmeno con una indicazione dei costi e neppure nell’occasione data dalla conversione degli importi espressi in lire a quelli espressi in euro.
Valutato che
invece, nel tempo le risorse economiche derivate ai cavatori per lo svolgimento della loro attività si sono enormemente accresciute e i tributi versati come tariffa ai Comuni, alle Province e alla Regione, immutati, sono sempre più inadeguati a consentire effettivamente di realizzare quegli interventi di mitigazione dell’impatto ambientale che sono descritti ed indicati dall’art. 12 della L.R. 17/91 così come modificato dall’art. 27 della L.R 7/04;
in alcuni Paesi dell’Unione Europea la regolamentazione e la tassazione sui materiali da cava hanno seguito uno schema che tende alla diminuzione del loro prelievo, favorendo il ricorso agli inerti riciclati;
il Regno Unito, ad esempio, già nell’aprile del 2002 ha introdotto l’imposta sull’estrazione di sabbia e ghiaia da cava (Aggregate Levy) che inizialmente aveva un importo 3,26 Euro /m3, l’equivalente del 20% del prezzo medio di mercato, poi nel 2008, tenuto conto dell’inflazione, è stata portata a 3,98 Euro /m3;
la Svezia nel 1996 ha introdotto un canone di circa 0,74 Euro /m3 su sabbia e ghia e in seguito, nel 2003 e nel 2006, ha approvato due aumenti che hanno portato questa tassa a circa 1,91 Euro /m3.
Ritenuto necessario che
la Giunta regionale introduca al più presto nuove norme allo scopo di limitare il consumo di suolo e l’impatto ambientale e paesaggistico di questo settore produttivo, nell’ambito del preannunciato adeguamento normativo della L.R. 18 luglio 1991, n. 17;
gli esercenti delle attività estrattive che utilizzano una risorsa naturale che appartiene alla comunità - il nostro territorio - concorrano maggiormente al recupero ambientale delle aree sulle quali intervengono, e in generale producano un più adeguato ristoro al territorio che li ospita;
la nuova normativa introduca strumenti per acquisire a livello regionale il quadro delle conoscenze della pianificazione provinciale e preveda l’emanazione di linee guida di indirizzo allo scopo di ottimizzare ed equilibrare le previsioni dei PIAE;
la nuova normativa preveda anche, in particolare, l’introduzione di regole più cogenti relativamente alla tutela delle acque di falda nelle aree di scavo e alla sistemazione delle cave al termine della loro coltivazione;
la Giunta regionale introduca strumenti più efficaci per disincentivare la collocazione in discarica degli inerti provenienti dalle demolizioni e per incentivarne il loro utilizzo in alternativa ai materiali di cava.
Impegna la Giunta regionale
a procedere celermente all’aggiornamento della L.R. 18 luglio 1991, n. 17, secondo gli indirizzi sopra riportati;
ad aggiornare al più presto le tariffe previste dalla delibera di Giunta regionale n. 70 del 21/1/1992 e s.m.i. nella misura dei casi sopra citati e comunque determinando una tariffa, per le tipologie di materiali estraibili individuate, che abbia come riferimento orientativo medio 2 Euro al metro cubo;
a destinare i maggiori introiti così ottenuti al finanziamento delle politiche regionali di tutela dell’ambiente e di salvaguardia del territorio.
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 30 marzo 2011