CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 9 febbraio 2009, n. 38

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio 1983, n. 6 "Diritto allo studio"), promosso con ordinanza del 10 marzo 2008 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna nel giudizio vertente tra il Comitato Bolognese "Scuola e Costituzione" ed altri e la Regione Emilia-Romagna, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2008

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Giovanni Maria Flick, Presidente; Francesco Amirante, Ugo De Siervo,
Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo, Luigi Mazzella,
Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Maria Rita Saulle, Giuseppe
Tesauro, Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo, Alessandro Criscuolo,
Giudici;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 "Diritto allo studio"), promosso con
ordinanza del 10 marzo 2008 dal Tribunale amministrativo regionale per
l'Emilia-Romagna nel giudizio vertente tra il Comitato Bolognese
"Scuola e Costituzione" ed altri e la Regione Emilia-Romagna, iscritta
al n. 242 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno
2008.
Visti gli atti di costituzione del Comitato Bolognese "Scuola e
Costituzione", della Chiesa Evangelica Metodista di Bologna, della
Comunita' Ebraica di Bologna e della Regione Emilia-Romagna, nonche'
l'atto di intervento della Federazione Italiana Scuole Materne
(FISM);
udito nell'udienza pubblica del 13 gennaio 2009 il Giudice relatore
Alfonso Quaranta;
uditi gli avvocati Federico Sorrentino e Massimo Luciani per il
Comitato Bolognese "Scuola e Costituzione" ed altri, Giandomenico
Falcon e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna, Mauro Giovannelli,
Giuseppe Totaro e Franco Gaetano Scoca per la Federazione Italiana
Scuole Materne (FISM).
RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza del 10 marzo 2008, il Tribunale amministrativo
regionale per l'Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 24 aprile
1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio 1983, n. 6
"Diritto allo studio"), per violazione dell'art. 33, primo, secondo e
terzo comma, e dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, nel
testo anteriore alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
2. - Il giudizio a quo e' stato promosso dal Comitato Bolognese
"Scuola e Costituzione", dalla Chiesa Cristiana Avventista del Settimo
Giorno di Bologna, dalla Comunita' Ebraica di Bologna e dalla Chiesa
Evangelista Metodista di Bologna ed ha ad oggetto l'impugnazione della
delibera del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna n. 97 del 28
settembre 1995, recante l'approvazione dei criteri per l'assegnazione
dei contributi ai Comuni per l'anno 1995 per l'attivazione di
convenzioni per la qualificazione e il sostegno delle scuole
dell'infanzia private senza fini di lucro o gestite da I.P.A.B.,
nonche' degli atti connessi e presupposti.
Nel ricorso introduttivo di tale giudizio risultavano prospettati
cinque motivi di impugnazione.
Con il primo motivo era dedotto il vizio di violazione della legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 (Diritto allo studio e qualificazione
del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell'infanzia),
come modificata dalla legge regionale n. 52 del 1995.
Con il secondo motivo si denunciava la contrarieta' del Protocollo
d'intesa - previsto dalla deliberazione impugnata - che sarebbe dovuto
intercorrere tra la Regione e la Federazione Italiana Scuole Materne
(FISM), sia alla suddetta legge regionale, sia ad alcune disposizioni
costituzionali (artt. 3, 33, primo e terzo comma, e 128 Cost.).
Con il terzo motivo si prospettava l'illegittimita' derivata dell'atto
impugnato in ragione dell'illegittimita' costituzionale della legge
regionale n. 52 del 1995 in riferimento agli artt. 3 e 128 Cost.
Infine, con il quarto e il quinto motivo si censurava il medesimo atto
in ragione dell'illegittimita' costituzionale della citata legge
regionale per violazione degli artt. 33 e 117, primo comma, Cost.
3. - Il TAR, con "sentenza parziale" n. 191 del 1997 (avverso la quale
la Regione Emilia-Romagna proponeva appello al Consiglio di Stato),
accoglieva, in parte, l'impugnativa proposta, ritenendo fondato il
primo motivo - salvo che per le determinazioni, contenute negli atti
impugnati, relative alla FISM, per cui detto motivo era dichiarato
inammissibile per difetto di contraddittorio - e, in parte, la
dichiarava inammissibile con riguardo al secondo e al terzo motivo
(attesa, anche per essi, la mancata instaurazione del contraddittorio
nei confronti della FISM).
Contestualmente, con separata ordinanza, in relazione al quarto ed al
quinto motivo di impugnazione, il TAR rimetteva a questa Corte la
questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 52
del 1995, in riferimento agli artt. 33, secondo e terzo comma, e 117,
primo comma, Cost.
4. - Questa Corte, con ordinanza n. 67 del 1998, dichiarava la
manifesta inammissibilita' della questione.
Con una seconda ordinanza lo stesso TAR rimetteva nuovamente alla
Corte la questione di legittimita' costituzionale della citata legge
regionale, ancora per contrasto con gli artt. 33, primo, secondo e
terzo comma, e 117, primo comma, Cost.
La Corte, con ordinanza n. 346 del 2001, dichiarava la manifesta
inammissibilita' anche di tale questione.
5. - Successivamente, con la decisione n. 880 del 14 febbraio 2002, il
Consiglio di Stato, IV Sezione, pronunciando sull'appello della
Regione avverso la citata sentenza parziale, accoglieva lo stesso e
dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di
legittimazione ed interesse ad agire dei ricorrenti originari.
6. - Il TAR ha ora nuovamente sollevato questione di legittimita'
costituzionale della medesima legge regionale in riferimento agli
artt. 33, primo, secondo e terzo comma e 117, primo comma, Cost., nel
testo anteriore alla novella introdotta dalla legge cost. n. 3 del
2001, ritenendo non ostative a tal fine le gia' intervenute ordinanze
di manifesta inammissibilita'.
Ad avviso del remittente, l'intera legge regionale n. 52 del 1995
disciplinerebbe un ambito non rientrante nelle materie indicate
dall'art. 117, primo comma, Cost., ma atterrebbe, invece, alla materia
dell'istruzione, riservata allora (ad esclusione dell'istruzione
artigiana e professionale) "allo Stato (. . .) dall'art. 33, secondo
comma, Cost.".
Inoltre, gli artt. 3 e 5 della citata legge regionale, nel prevedere
un sostegno finanziario direttamente a favore delle scuole d'infanzia
private per contributi di spesa corrente e di investimento,
violerebbero l'art. 33, primo e terzo comma, Cost., il quale fissa i
principi della liberta' di insegnamento e della liberta' di
istituzione di scuole e istituti di educazione senza oneri per lo
Stato.
7. - Il giudice a quo afferma la sussistenza della rilevanza della
questione in ragione di quanto statuito dal Consiglio di Stato nella
decisione n. 880 del 2002.
Infatti, il giudice di appello - sottolinea il remittente - ha
precisato che "rimane impregiudicato l'ulteriore corso del giudizio di
primo grado avuto riguardo al quarto e quinto motivo di ricorso
originario". Il giudice a quo ritiene, pertanto, che "non si e'
esaurito il potere decisorio" ad esso spettante "il cui concreto
esercizio, in senso favorevole o sfavorevole ai ricorrenti, dipendera'
esclusivamente dalla fondatezza o meno della questione di legittimita'
costituzionale prospettata con la quarta e quinta censura".
8. - A sostegno della ritenuta non manifesta infondatezza della
questione, in riferimento alla dedotta violazione dell'art. 117, primo
comma, Cost., il TAR ha richiamato l'art. 42 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382).
Detta norma, nel precisare l'ambito delle funzioni amministrative
relative alla materia "assistenza scolastica", da un lato, porterebbe
ad escludere che possano essere ricomprese nella stessa le
disposizioni contenute nella legge impugnata; dall'altro,
avvalorerebbe la tesi secondo cui l'assistenza scolastica sarebbe
materia distinta dall'istruzione.
Inoltre, ad avviso del remittente, le provvidenze in esame non
potrebbero essere ascritte alla materia della beneficenza pubblica,
anch'essa attribuita alle Regioni dall'art. 117, primo comma, Cost.,
nel testo anteriore alla novella del 2001.
La previsione di un sostegno economico direttamente, a favore delle
scuole d'infanzia private, per contributi di spesa corrente e di
investimento, come stabilito dagli artt. 3 e 5 della legge regionale
censurata, sarebbe, altresi', in contrasto con il divieto di oneri
finanziari a carico del bilancio pubblico, come stabilito dall'art. 33
Cost.
Detto divieto, infatti, secondo la giurisprudenza della Corte (e'
richiamata la sentenza n. 454 del 1994), non risulterebbe violato solo
nel caso in cui la prestazione pubblica abbia come destinatari diretti
gli alunni e non le scuole private.
Infine, ogni contribuzione pubblica comporterebbe il rischio di una
non consentita ingerenza sull'organizzazione della scuola stessa.
9. - Il 30 luglio 2008 si e' costituita in giudizio la Regione
Emilia-Romagna, la quale ha chiesto che la questione proposta sia
dichiarata inammissibile o non fondata.
10. - In data 9 settembre 2008 ha depositato atto di intervento la
FISM, la quale dopo aver ricordato la legislazione sopravvenuta, ha
chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.
In particolare, la FISM ha prospettato l'inammissibilita' della
questione per difetto di rilevanza e per mancanza del carattere di
incidentalita' della stessa.
11. - Nella stessa data del 9 settembre 2008 si sono costituiti il
Comitato Bolognese "Scuola e Costituzione", la Chiesa Evangelica
Metodista, e la Comunita' Ebraica, tutte di Bologna, che hanno chiesto
dichiararsi l'illegittimita' costituzionale della legge regionale n.
52 del 1995 per violazione degli artt. 33, primo, secondo e terzo
comma, e 117, primo comma, Cost., nel testo anteriore alla legge cost.
n. 3 del 2001.
12. - In prossimita' dell'udienza pubblica, in data 30 dicembre 2008,
le suddette parti private hanno depositato una memoria con la quale
hanno ribadito le conclusioni gia' rassegnate.
In particolare, e' stata dedotta la ininfluenza, ai fini della
proposizione della questione in esame, delle precedenti ordinanze di
manifesta inammissibilita' rese dalla Corte sui dubbi di
costituzionalita' della legge regionale in esame, gia' sollevati dallo
stesso TAR nel medesimo giudizio a quo.
La difesa delle parti private ha, quindi, contrastato le
argomentazioni difensive svolte dalla FISM, ponendo in evidenza che i
ricorrenti originari, lungi dall'essere portatori di un interesse
meramente politico, intendono far valere il principio di laicita'
dello Stato, che e' principio costituzionale fondamentale.
A sostegno della fondatezza dei sollevati dubbi di costituzionalita',
le stesse parti hanno rilevato che l'art. 117, primo comma, Cost.,
cosi' come invocato nel testo anteriore alla novella del 2001, non
attribuisce in generale alcuna competenza alle Regioni in materia di
istruzione.
Per altro verso, si e' affermato che l'art. 33, terzo comma, Cost.
esclude "nei termini piu' larghi" che l'esercizio della liberta' di
istituire e gestire scuole private possa gravare sul bilancio dello
Stato; ne' diverse conclusioni potrebbero trarsi dai lavori
dell'Assemblea Costituente e neppure potrebbe essere richiamata, con
riguardo al caso di specie, la giurisprudenza costituzionale secondo
la quale l'art. 33, terzo comma, Cost., non e' violato solo laddove la
prestazione pubblica di sostegno sia erogata in favore degli alunni e
non delle scuole.
13. - In data 31 dicembre 2008 anche la Regione Emilia-Romagna ha
depositato memoria con la quale, in via preliminare, ha prospettato il
difetto di incidentalita' della questione e la insufficiente
motivazione dell'ordinanza di rimessione in ordine alla rilevanza.
Nel merito, la difesa regionale ha dedotto che le disposizioni
impugnate, in quanto rivolte alla scuola materna, rappresentano il
sostegno, in un quadro di progressiva regionalizzazione, di una
tradizionale attivita' comunale di considerazione ed integrazione, con
le proprie, delle scuole materne private (no profit) nella
realizzazione di un servizio possibilmente a rete.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, con
ordinanza in data 10 marzo 2008, ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna
24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio
1983, n. 6 "Diritto allo studio"), prospettando la violazione
dell'art. 33, primo, secondo e terzo comma, e dell'art. 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo nel testo anteriore alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della
parte seconda della Costituzione).
2. - Il giudizio a quo ha avuto un articolato iter processuale che e'
opportuno, di seguito, richiamare nelle sue linee essenziali, ai fini
di una compiuta disamina della fattispecie.
2.1. - Il ricorso introduttivo del predetto giudizio e' stato proposto
davanti al TAR emiliano-romagnolo dal Comitato Bolognese "Scuola e
Costituzione", dalla Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno,
dalla Comunita' Ebraica e dalla Chiesa Evangelista Metodista, tutte di
Bologna, per l'annullamento della delibera del Consiglio regionale
dell'Emilia-Romagna n. 97 del 28 settembre 1995, recante
l'approvazione dei criteri per l'assegnazione dei contributi ai
Comuni, relativamente all'anno 1995, ai fini dell'attivazione di
convenzioni per la qualificazione e il sostegno delle scuole
dell'infanzia private senza fini di lucro o gestite da I.P.A.B.,
nonche' degli atti connessi e presupposti.
2.2. - Nel ricorso erano prospettati cinque motivi di impugnazione.
Con il primo motivo si denunciava il vizio di violazione della legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 (Diritto allo studio e qualificazione
del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell'infanzia),
come modificata dalla legge regionale n. 52 del 1995.
Con il secondo motivo era dedotta la contrarieta' del Protocollo
d'intesa, che sarebbe dovuto intercorrere tra la Regione e la
Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), sia alla suddetta legge
regionale, sia ad alcune disposizioni costituzionali (artt. 3, 33,
primo e terzo comma, e 128 Cost.).
Con il terzo motivo si prospettava l'illegittimita' dell'atto
impugnato derivata dalla illegittimita' costituzionale della legge
regionale n. 52 del 1995 in riferimento agli artt. 3 e 128 Cost.
Infine, con il quarto e il quinto motivo si censurava il medesimo atto
in ragione dell'illegittimita' costituzionale della stessa legge
regionale per violazione degli artt. 33 e 117, primo comma, Cost.
2.3. - Il TAR, pronunciando "sentenza parziale" (n. 191 del 1997),
accoglieva, in parte, il ricorso - ritenendo fondato il primo motivo,
salvo che per le determinazioni contenute negli atti impugnati
relative alla FISM, rispetto alla quale, benche' controinteressata,
non era stato instaurato il contraddittorio - e lo dichiarava
inammissibile con riguardo al secondo e al terzo motivo (attesa, anche
per essi, la violazione della garanzia del contraddittorio).
2.4. - Contestualmente, con separata ordinanza, in relazione ai
suddetti motivi quarto e quinto di impugnazione, il TAR rimetteva a
questa Corte questione di legittimita' costituzionale della medesima
legge regionale, in relazione agli artt. 33, secondo e terzo comma, e
117, primo comma, Cost.
La Corte, con ordinanza n. 67 del 1998, dichiarava la manifesta
inammissibilita' della questione per carenza di motivazione sulla
rilevanza.
2.5. - Con una seconda ordinanza lo stesso TAR sollevava nuovamente
questione di legittimita' costituzionale della citata legge regionale,
in riferimento agli artt. 33, primo, secondo e terzo comma, e 117,
primo comma, Cost.
Con ordinanza n. 346 del 2001 anche tale questione veniva dichiarata
manifestamente inammissibile.
2.6. - Successivamente, il Consiglio di Stato (IV Sezione, decisione
n. 880 del 2002), decidendo il gravame proposto dalla Regione
Emilia-Romagna avverso la sentenza del TAR accoglieva l'appello,
statuendo che il primo motivo di impugnazione (accolto dal TAR) era
inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse ad agire dei
ricorrenti originari.
Nella parte motiva della suddetta decisione il Consiglio precisava che
rimaneva impregiudicato l'ulteriore corso del giudizio per i motivi
quarto e quinto.
3. - Il TAR ha nuovamente sollevato questione di costituzionalita'
della medesima legge regionale sotto due profili.
Da un lato, si assume che l'intera legge regionale, in quanto non
riconducibile alla materia "assistenza scolastica", ma a quella
"istruzione", attribuita alla potesta' legislativa dello Stato dalle
norme costituzionali invocate, violerebbe il riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regioni come delineato prima della riforma del
Titolo V della Parte II della Costituzione; dall'altro, che la
previsione di un sostegno finanziario direttamente a favore delle
scuole d'infanzia private per contributi di spesa corrente e di
investimento, contenuta negli artt. 3 e 5 della suddetta legge
regionale, violerebbe i principi della liberta' di insegnamento e
della liberta' di istituzione di scuole e istituti di educazione senza
oneri per lo Stato, di cui all'art. 33, primo e terzo comma, Cost.
4. - In via preliminare, deve essere dichiarato ammissibile
l'intervento spiegato dalla FISM, in quanto, come gia' ritenuto dalla
Corte, chiamata ad esaminare le analoghe questioni di
costituzionalita' gia' sollevate dal TAR nel medesimo giudizio a quo,
la posizione della suddetta Federazione e' suscettibile "di restare
direttamente incisa dall'esito del giudizio" (ordinanze n. 67 del 1998
e n. 346 del 2001).
5. - Tra le molteplici eccezioni di inammissibilita' dedotte dalle
parti, o comunque rilevabili d'ufficio, deve essere esaminata
prioritariamente quella relativa alla sussistenza dei requisiti idonei
a giustificare la riproposizione della questione di costituzionalita'
sollevata dal TAR nello stesso giudizio a quo.
6. - L'eccezione e' fondata.
7. - Al riguardo, si deve rilevare che tale giudizio, in ragione del
suo articolato sviluppo processuale sopra richiamato, dopo la citata
decisione d'appello del Consiglio di Stato, e' proseguito dinanzi al
TAR remittente per il solo esame dei motivi quarto e quinto
dell'impugnazione originaria, con i quali si prospettava
"l'illegittimita' costituzionale della legge applicata con gli atti
impugnati".
8. - Il remittente, nel riproporre per la terza volta la medesima
questione, ne ha dedotto la rilevanza in ragione della circostanza che
il Consiglio di Stato, nella richiamata decisione n. 880 del 2002, ha
precisato che "rimane impregiudicato l'ulteriore corso del giudizio di
primo grado avuto riguardo al quarto e quinto motivo di ricorso
originario"; il giudice a quo ritiene, pertanto, che "non si e'
esaurito il potere decisorio" ad esso spettante "il cui concreto
esercizio, in senso favorevole o sfavorevole ai ricorrenti, dipendera'
esclusivamente dalla fondatezza o meno della questione di legittimita'
costituzionale prospettata con la quarta e quinta censura".
Tale argomentazione, tuttavia, nulla di nuovo aggiunge a quelle
contenute nei precedenti provvedimenti di rimessione ed e'
insufficiente a fare apprezzare alla Corte la sussistenza del
requisito della rilevanza della presente questione di
costituzionalita'.
Da un lato, infatti, il TAR si limita a richiamare un'affermazione del
giudice di appello, circa il fatto che sui suddetti motivi il TAR
stesso non si era pronunciato in attesa della decisione di questa
Corte, posto che il Consiglio di Stato non avrebbe, in ogni caso,
potuto pronunciarsi - neanche con riferimento alla sussistenza o meno
delle condizioni dell'azione - sul quarto e quinto motivo del ricorso
di primo grado, che non formavano oggetto di decisione e quindi di
devoluzione in appello.
Dall'altro, espunge tale affermazione dal contesto complessivo della
decisione e in particolare da quanto statuito dal Consiglio di Stato
nel dichiarare, in riforma della sentenza appellata, inammissibile il
primo motivo dell'impugnazione proposta in primo grado, per difetto di
legittimazione ed interesse ad agire dei ricorrenti; conclusione,
questa, derivante dalla considerazione che "il rispetto delle regole
legali che presidiano la concessione di contributi (. . .) appare
questione che interessa la generalita' dei cittadini e non
specificamente le confessioni religiose ed il comitato cittadino",
ricorrenti in prime cure.
9. - Pertanto, la citata affermazione del giudice di appello,
richiamata dal TAR, non legittima, di per se', la riproposizione
innanzi a questa Corte, a norma dell'art. 24, secondo comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, di una questione di legittimita' negli
stessi termini in cui sia stata gia' dichiarata manifestamente
inammissibile per difetto di rilevanza.
10. - A cio' e' da aggiungere, sempre ai fini dell'apprezzamento della
sussistenza della rilevanza della questione di costituzionalita', che
l'ordinanza del TAR e' priva di un'adeguata motivazione. Il giudice a
quo non argomenta affatto sulle ragioni per le quali la violazione del
principio costituzionale della garanzia del contraddittorio - commessa
dai ricorrenti originari nei confronti della FISM e posta, dal
medesimo TAR, a base della pronuncia di inammissibilita' di parte del
primo, nonche' del secondo e del terzo motivo di ricorso originario -
non determinerebbe anche, inevitabilmente, l'inammissibilita' delle
censure proposte con il quarto ed il quinto motivo.
Tali ultimi motivi, nella logica della impugnazione proposta innanzi
al giudice a quo e per espressa ammissione degli stessi ricorrenti in
quel giudizio, sono stati formulati allo scopo di ottenere (previa
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'intera legge n. 52
del 1995) l'annullamento della delibera del Consiglio regionale.
Tuttavia, e' proprio l'impugnazione di questa delibera che e' gia'
stata dichiarata, nel suo complesso, inammissibile sia per il rilevato
difetto di contraddittorio nei confronti della controinteressata FISM,
sia per carenza di legittimazione ed interesse ad agire da parte dei
ricorrenti.
Deve rilevarsi, dunque, che nella situazione cosi' determinatasi e'
anche mancata da parte del giudice remittente ogni necessaria
valutazione e motivazione sulla persistenza di un interesse
giuridicamente rilevante delle parti ricorrenti nel giudizio a quo a
proseguire il giudizio stesso dopo la citata decisione del Consiglio
di Stato.
11. - Inoltre, e' di tutta evidenza che, secondo l'ordinanza di
rimessione, la richiesta declaratoria di incostituzionalita' della
legge regionale dovrebbe comportare, per illegittimita' derivata, la
caducazione della delibera regionale di approvazione dei criteri per
la ripartizione del finanziamento.
Ma, come si e' rilevato, l'impugnazione da parte dei ricorrenti di
tale deliberazione e' stata dichiarata, in modo definitivo,
inammissibile sia per difetto di contraddittorio, che per carenza di
interesse a ricorrere.
Ne' un autonomo titolo di legittimazione dei ricorrenti
all'impugnazione potrebbe derivare dalla invocazione del principio di
laicita' dello Stato, in quanto, comunque, non potrebbe essere
pregiudicata, da una eventuale sentenza di accoglimento del ricorso da
parte del TAR, la sfera di interessi di un soggetto (la FISM) non
chiamato ritualmente a partecipare al giudizio amministrativo di
impugnazione e per il quale la delibera regionale e' intangibile nella
parte in cui consolida siffatta sfera di interessi giuridicamente
protetti.
Ed infatti, come la Corte ha gia' avuto modo di affermare, in un
procedimento avente natura giurisdizionale la prima e fondamentale
garanzia minima del principio costituzionale del contraddittorio, il
cui rispetto e' indefettibile, "consiste nella necessita' che tanto
l'attore quanto il contraddittore partecipino o siano messi in
condizione di partecipare al procedimento" medesimo (sentenza n. 181
del 2008; si veda anche ordinanza n. 183 del 1999).
12. - In effetti, alla luce di tutte le suindicate considerazioni,
deve ritenersi che la questione di costituzionalita' ora riproposta
sia priva di incidentalita'. Si e' in presenza, sostanzialmente, di
una impugnazione diretta, ad opera dei ricorrenti, di norme
legislative regionali, con esclusiva deduzione di vizi di legittimita'
costituzionale a tutela non gia' di propri interessi legittimi,
presuntivamente lesi dal provvedimento amministrativo regionale, ma -
per loro stessa ammissione - al solo scopo di far valere il generale
principio della laicita' dello Stato, nella sua accezione di principio
costituzionale fondamentale.
Tale tipo di impugnazione diretta di leggi da parte di soggetti
privati, che non passi attraverso il termine medio della rituale e
corretta impugnazione amministrativa di provvedimenti per vizi di
legittimita', sia pure dedotti con riferimento a norme che si
contestano sul piano della conformita' a Costituzione, non puo' essere
considerata ammissibile.
Al riguardo, giova ricordare come, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, il carattere incidentale della questione di costituzionalita'
presupponga che il petitum del giudizio nel corso del quale viene
sollevata la questione non coincida con la proposizione della
questione stessa (ex multis, sentenza n. 84 del 2006).
Quindi, il giudizio a quo deve avere, da un lato, un petitum separato
e distinto dalla questione di costituzionalita' sul quale il giudice
remittente sia legittimamente chiamato, in ragione della propria
competenza, a decidere; dall'altro, un suo autonomo svolgimento, nel
senso di poter essere indirizzato ad una propria conclusione, al di
fuori della questione di legittimita' costituzionale, il cui insorgere
e' soltanto eventuale (citata sentenza n. 84 del 2006; ed inoltre,
sentenze n. 127 del 1998; n. 263 del 1994; n. 65 del 1964; ordinanze
n. 175 del 2003; n. 17 del 1999; n. 291 del 1986).
Pertanto, affinche', pur in presenza della prospettazione della
incostituzionalita' di una o piu' norme legislative, quale unico
motivo di ricorso dinanzi al giudice a quo, si possa considerare
sussistente il requisito della rilevanza, occorre che sia
individuabile, nel giudizio principale, un petitum che presenti i
requisiti sopra indicati, sul quale l'autorita' giudiziaria remittente
sia chiamata a pronunciarsi (sentenza n. 4 del 2000).
In proposito, e' significativo quanto affermato dallo stesso giudice a
quo nell'ordinanza di rimessione e cioe' che "in definitiva il ricorso
in parola e' oggi pendente soltanto con riferimento alla quarta e
quinta censura dedotte con il ricorso originario ed in entrambe si
prospettano soltanto, sia pure per profili diversi, questioni di
legittimita' costituzionale della legge regionale n. 52 del 1995".
La sollevata questione di costituzionalita', dunque, esaurisce
immediatamente il petitum del giudizio principale e l'eventuale
pronuncia di accoglimento di questa Corte verrebbe a consumare ex se
la tutela richiesta al giudice remittente, nella residua parte del
processo principale, con la conseguenza che manca, nella specie, il
carattere della incidentalita' della questione, come prescritto
dall'art. 23 della Legge n. 87 del 1953.
13. - Pertanto, per il complesso delle considerazioni innanzi svolte e
previo assorbimento di ogni altro profilo pregiudiziale, la questione
sollevata dal TAR per l'Emilia-Romagna deve essere dichiarata
inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile l'intervento spiegato dalla Federazione Italiana
Scuole Materne (FISM) nel presente giudizio;
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
della legge della Regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52
(Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio 1983, n. 6 "Diritto allo
studio"), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per
l'Emilia-Romagna, in riferimento all'art. 33, primo, secondo e terzo
comma, e all'art. 117, primo comma, della Costituzione, nel testo
anteriore alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al Titolo V della parte seconda della Costituzione), con l'ordinanza
di cui in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 9 febbraio 2009.
IL PRESIDENTE	IL REDATTORE
Giovanni Maria Flick	Alfonso Quaranta
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2009.

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