REGIONE EMILIA-ROMAGNA

COMUNICATO

RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2006 (art. 11 della L.R. 16 dicembre 2003, n. 25)

1. Oggetto
2. La proposta di legge 1879 C contenente norme sulla difesa civica e
istituzione del Difensore civico nazionale
3. Una difesa civica a macchia di leopardo
4. Tributi regionali e locali e tutela dei diritti dei contribuenti
5. L'attivita' di difesa civica raccontata dalle schede. I motivi di
una breve casistica:
a) richieste di concorso alle rilevanti spese per la cura di bambini
colpiti da sindrome autistica;
b) i problemi della cremazione non si risolvono con le direttive;
c) prestazioni del SSN e di strutture accreditate;
d) responsabilita' solidale dei debitori quale causa di
indissolubilita' del matrimonio;
e) diritto allo studio universitario. L'assessore Paola Mancini si fa
carico di un vecchio e grave problema ma se ne pone uno nuovo (diritto
allo studio di studenti diversamente abili);
f) compartecipazione dei familiari alle spese di assistenza sociale
6. Riesame del diniego di accesso
7. Modalita' di accesso al servizio di difesa civica
Appendici: schede ed elenchi degli accessi
1. Oggetto
Nei paragrafi 2, 3 e 4 riferisco in merito a una proposta di legge n.
1879 C. recante norme sulla difesa civica e istituzione del Difensore
civico nazionale e su  taluni aspetti della problematica della difesa
civica. Quanto all'oggetto proprio dell'attivita' svolta nell'anno
2006, ripeto che, in base al criterio adottato e spiegato nelle
relazioni dei due anni precedenti l'attivita' di difesa civica solo in
parte da' luogo all'apertura di un procedimento e, quindi, di un
fascicolo. Nella maggior parte dei casi  si hanno contatti con gli
interessati con rapporti personali ovvero epistolari, telefonici o
telematici. Come si è avuto occasione di avvertire negli anni scorsi
questo tipo di rapporti non comporta sempre minore impiego di tempo
rispetto ai casi che danno luogo all'apertura di fascicoli, ne', per
difficolta' organizzative su cui non è il caso di soffermarsi, sono
tutti annotati, ad eccezione degli accessi presso la sede regionale e
quelli presso la sede di Ravenna: il primo elenco è pubblicato in
calce alla presente relazione, il secondo (circa 670 contatti) in
calce alla relazione per il Comune di Ravenna.
Gli interventi per i quali è stato aperto un fascicolo sono
sintetizzati nelle schede che seguono questa parte descrittiva della
relazione. Le schede, ripartite per Enti e per Amministrazioni,
indicano l'oggetto dell'intervento, l'organo o il servizio verso il
quale l'intervento è stato esercitato e, infine, l'esito
dell'intervento stesso. In definitiva, raccontano l'attivita' svolta.
Nella riga dell'esito il termine "informazioni" non allude solo a cio'
che il termine letteralmente significa ma anche a pareri variamente
semplici o complessi.
Le schede riguardano tutta l'attivita' del Difensore civico regionale
espletata nei confronti di qualsiasi Ente, perche' tutta l'attivita'
di difesa civica o giustiziale non riguardante l'Amministrazione
regionale risale alla qualifica di Difensore civico regionale o in
forza della legge statale (difesa civica nei confronti delle
Amministrazioni statali periferiche aventi sede nel territorio della
regione e riesame del diniego di accesso opposto da Enti locali che
non hanno nominato il proprio Difensore civico ovvero non esiste altro
Difensore civico neppure per il livello superiore) o in base a
convenzioni tra l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea legislativa
regionale e gli Enti locali. In proposito si segnala che nel 2006 si è
aggiunta la convenzione con la Provincia di Bologna.
Le relazioni concernenti le altre Amministrazioni sono formate dalle
rispettive schede e da trattazioni specifiche, di norma non riportate
in questa relazione, ad eccezione dei casi di riesame del diritto di
accesso.
Con le precedenti relazioni avevo posto l'accento su alcune questioni
connesse al Garante per l'infanzia e l'adolescenza, alla necessita' di
adeguare la vigente disciplina, anche interna, sul Difensore civico ai
principi stabiliti dal nuovo Statuto, al diritto allo studio,
all'attuazione dello Statuto del contribuente (Legge 212 del 2000). Le
richiamo e le ribadisco, perche' anch'esse, e in misura maggiore,
toccano il cuore della connotazione strutturale della difesa civica,
la sua identita' e la sua indipendenza. Aggiungo una nota positiva
riguardo al diritto allo studio, ma segnalo sulla stessa materia un
altro problema e completo le informazioni riguardanti l'attuazione
dello Statuto del contribuente.
2. La proposta di legge 1879 C. contenente norme sulla difesa civica e
istituzione del Difensore civico nazionale
La Conferenza nazionale dei Difensori civici regionali e delle
Province autonome, integrata da alcuni Difensori civici comunali e
provinciali, ha predisposto e approvato una proposta di legge
contenente norme per la disciplina della difesa civica e per
l'istituzione del Difensore civico nazionale. La proposta è stata
presentata a un Convegno internazionale tenutosi a Firenze il 16
ottobre 2006 ed "adottata" dagli onorevoli Spini, Migliori, D'Antona,
Giochetti e Servodio, che il 2 novembre 2006 l'hanno presentata come
proposta di legge (n. 1879) alla Camera dei deputati, dove peraltro è
ferma non essendo stata neppure calendarizzata.
La relazione della proposta descrive innanzi tutto la precaria
situazione della difesa civica nel nostro Paese, che non è presente
neppure in tutte le Regioni ed è contemplata rapsodicamente da alcune
norme di legge statale, di cui si sono occupate le precedenti
relazioni.
Manca pero' tuttora una legge organica che disciplini la materia della
tutela non giurisdizionale (peraltro non prevista da alcuna norma
costituzionale), diversamente dalla gran parte dei Paesi dell'Unione
Europea e anche dei Paesi dell'est europeo, nei quali sono vigenti
leggi statali sulla difesa civica ed è istituito anche il Difensore
civico nazionale. L'Unione Europea dispone anch'essa di un proprio
istituto, il Mediatore europeo, eletto dal Parlamento di Strasburgo.
La difesa civica in Italia è presente "a macchia di leopardo", con
larghi vuoti specialmente nel meridione, e dunque la tutela non
giurisdizionale non è garantita a tutti i cittadini. Manca, inoltre,
un Difensore civico nazionale.
I documenti internazionali delle Nazioni Unite e del Consiglio
d'Europa hanno piu' volte invitato gli Stati a dotarsi di un Difensore
civico e l'Italia è stata oggetto di un espresso richiamo del Comitato
per i diritti umani delle Nazioni Unite che, gia' nel 1994, osservava,
nel commento al rapporto dell'Italia, alla voce "principali soggetti
di preoccupazione", che "la funzione di Difensore civico non è ancora
stata istituita a livello nazionale (...) cio' si traduce in una
protezione ineguale degli individui secondo il diritto del territorio
in cui vivono" (Observations du Comite' des droits de l'homme, Comite'
des droits de l'homme, 51a sessione, 3 agosto 1994, CCPR/C/79/Add.37);
anche il recente rapporto del Commissario per i diritti umani del
Consiglio d'Europa, ai paragrafi 226 e 227, esamina tale problematica,
segnalando la carenza dell'Italia per l'assenza di un Difensore civico
nazionale e di un sistema compiuto di difesa civica su tutto il
territorio ed evidenziando come tale istituto contribuirebbe
probabilmente anche a deflazionare il ricorso alla Corte europea dei
diritti dell'uomo.
Va ricordato che Unione Europea e Consiglio d'Europa, nel valutare i
parametri di democraticita' delle nuove democrazie che chiedono di
entrare nelle due organizzazioni, pretendono che lo Stato che chiede
di accedere sia, fra l'altro, dotato di un proprio Difensore civico
nazionale e l'Italia, fondatrice di entrambe le organizzazioni, ne è
tuttora priva.
Tuttavia l'importanza della difesa civica è sempre piu' avvertita
anche nel nostro Paese e costituisce un aspetto rilevante della
riforma della pubblica Amministrazione. Il diritto del cittadino alla
buona amministrazione e la tutela dei suoi interessi legittimi vengono
garantiti dalla difesa civica, la' dove esiste, con un'azione di
mediazione, conciliazione e persuasione che non richiede spese,
formalismi burocratici e tempi lunghi e puo' tendere, in prospettiva,
a deflazionare il contenzioso giurisdizionale.
La proposta di legge si prefigge, dunque, di colmare due lacune del
nostro ordinamento: la mancanza di una disciplina organica
dell'istituto e di un Difensore civico nazionale.
Il Capo I stabilisce i princi'pi generali della materia senza
prevedere norme di dettaglio, che spettano agli ordinamenti regionali
e locali, ricordando che comunque si sta parlando di livelli
essenziali per l'esercizio di due diritti fondamentali, quali quello
alla tutela non giurisdizionale e alla buona amministrazione.
Vanno sottolineati i piu' importanti tra questi princi'pi.
Fra le finalita' della difesa civica vi è la tutela del diritto alla
buona amministrazione, della imparzialita' e del buon andamento della
pubblica Amministrazione (art. 2, commi 1 e 2). Ogni persona fisica e
soggetto giuridico ha diritto di chiedere l'intervento del Difensore
civico per la tutela dei propri diritti e interessi nei confronti
della pubblica Amministrazione (articolo 2, comma 4). La difesa civica
si articola in Difensore civico nazionale, Difensore civico regionale
e Difensore civico locale (articolo 2, comma 3). I Difensori civici
sono autonomi e indipendenti (articolo 3). L'articolo 4 stabilisce i
princi'pi in materia di elezione e revoca, mentre l'articolo 5
definisce il ruolo istituzionale e lo status del Difensore civico,
stabilendo, fra l'altro, che egli non è soggetto ad alcuna forma di
controllo gerarchico o funzionale. L'attivita' del Difensore civico si
svolge nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico e dei
soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attivita' di
pubblico interesse (articolo 6). Il Difensore civico puo' intervenire
su istanza di parte o di propria iniziativa e non puo' essergli
opposto il segreto d'ufficio sugli atti e i documenti ai quali ha il
potere di accesso (articolo 7). La proposizione di ricorsi
amministrativi o giurisdizionali non esclude ne' limita l'intervento
del Difensore civico (articolo 7). Lo stesso art. 7 definisce i
"poteri" del Difensore civico. L'art. 8 regolamenta l'esito degli
interventi e l'art. 9 i rapporti con altri organismi di tutela. L'art.
10 prevede che il Difensore civico presenta e illustra all'assemblea
di riferimento una relazione annuale sull'attivita' svolta.
Il Capo II prevede l'istituzione del Difensore civico nazionale
(articolo 11) e ne disciplina l'elezione, la durata del mandato e le
cause di ineleggibilita' e incompatibilita'.
Il Capo III contiene le disposizioni finali e, in particolare,
stabilisce il principio di sussidiarieta' per quanto riguarda la
competenza territoriale in caso di mancanza del Difensore civico
regionale, provinciale o comunale, in modo da rendere sempre
possibile, su tutto il territorio della Repubblica, il ricorso alla
tutela non giurisdizionale (articolo 16). L'articolo 17 modifica
alcune norme della Legge n. 241 del 1990, in particolare stabilendo la
competenza del Difensore civico nazionale nei confronti delle
amministrazioni centrali dello Stato e del Difensore civico regionale
nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato, degli
enti e delle aziende nazionali operanti a livello regionale e
infraregionale (articolo 17).
3. Una difesa civica a macchia di leopardo
Non tutte le Province e i Comuni che nei propri statuti hanno previsto
il Difensore civico hanno provveduto a nominarlo. Numerosissimi sono
gli Enti locali che non l'hanno neppure previsto nei propri statuti.
Sono due gravi sintomi della crisi della difesa civica. La mancata
attuazione degli statuti potrebbe indurre a pensare che il problema
possa essere risolto dai Difensori civici regionali ricorrendo al
potere sostitutivo previsto dall'art. 136 del Testo Unico delle leggi
per le autonomie locali (Tuel). Di questo potere ha fatto uso il
Difensore civico della Campania, nominando commissari ad acta che
provvedessero alla nomina del Difensore civico. I provvedimenti del
commissario ad acta (indizione della procedura selettiva e nomina del
Difensore civico) concernenti il Comune di Melito sono passati al
vaglio del TAR Campania (s. 10 agosto 2005, n. 10698) e del Consiglio
di Stato (s. 21 aprile 2006 n. 5706); i Giudici amministrativi, con le
sentenze citate, hanno respinto il ricorso del Comune e, in sostanza,
è stato confermato l'operato del Difensore civico.
Per quanto mi riguarda, ricordo che mi sono occupato nelle precedenti
relazioni del problema del potere sostitutivo dei Difensori civici
regionali ex art. 136 Tuel sostenendo che, in forza delle sentenze
della Corte Costituzionale nn. 112 e 173 del 2004 e 167 del 2005,
l'art. 136 deve intendersi abrogato. La giurisprudenza amministrativa,
che sostiene invece la validita' di tale articolo, sembra ignorare
l'esistenza di una giurisprudenza costituzionale che ha annullato
norme uguali a quella dell'art. 136 cit. Se non l'ignora si limita a
constatare che l'art. 136 non è stato dichiarato costituzionalmente
illegittimo; in altri casi neppure dice se è a conoscenza oppure no
della giurisprudenza costituzionale. A parte il lato giuridico del
problema - in merito al quale si deve comunque riconoscere che grava
su di esso l'ombra dell'incertezza del diritto - la nomina del
Difensore civico da parte di un organo di controllo (quale la Corte
Costituzionale, forse non perspicuamente, ritiene che sia il Difensore
civico) sostanzialmente sfigura la connotazione strutturale della
difesa civica. Ne' l'esigenza di dare un Difensore civico a ogni
cittadino puo' essere soddisfatta nominando migliaia di Difensori
civici. L'affrontare in questo modo il problema e lasciare che le
istituzioni, a cominciare dal Parlamento nazionale, non se ne
occupino, è una vera aporia istituzionale, che nulla risolve e produce
meno difesa civica.
4. Tributi regionali e locali e tutela dei diritti dei contribuenti
Per quanto riguarda lo Statuto del contribuente ricordo che, come
segnalato nella relazione dell'anno scorso, si tratta di un problema
che mette in evidenza l'inadempienza della quasi totalita' delle
Regioni, delle Province autonome e della quasi totalita' delle
Province e dei Comuni nel dare attuazione a principi della legge
generale di garanzia dei diritti dei contribuenti, che vuol dire
rinunciare ad affermare e sancire la propria autonomia in una materia
sulla quale primariamente si fonda il principio di cittadinanza.
Riesce davvero incomprensibile capire perche' gli enti di autonomia
rinunciano a garantire in prima persona la propria amministrazione e
gestione finanziaria.
Riferivo l'anno scorso che solo due Regioni, oltre a pochi Enti
locali, hanno dato attuazione allo Statuto del contribuente e che
solidi argomenti di carattere letterale e sistematico, oltre che
pareri espressi da organi istituzionali, escludono la competenza del
Garante del contribuente statale sui tributi non statali.
Sarebbe quindi stato ragionevole pensare che tali provvedimenti
regionali e locali avessero avuto l'effetto di escludere l'intervento
del Garante statale in materia di tributi non statali. Ma le relazioni
al Parlamento dei Ministri dell'economia (Siniscalco, Tremonti e Padoa
Schioppa) ci dicono che cosi' non è stato e che interventi del Garante
statale e dei Difensori civici si accavallano con grande confusione.
Tutte le relazioni dei Ministri dal 2001 al 2005 affrontano il
problema concernente l'estensibilita', nel silenzio della norma, della
competenza del garante alla materia dei tributi locali e dei rapporti
con il Difensore civico regionale e locale.
Le relazioni, da Siniscalco a Tremonti a Padoa Schioppa, sono
caratterizzate sul punto da una sostanziale uniformita'. In esse si
ripetono gli stessi argomenti e persino le stesse parole, anche se il
Ministro non è piu' lo stesso, salvi gli aggiornamenti man mano
intervenuti per fatti esterni.
I Garanti - salve un paio di eccezioni - non dubitano della propria
competenza in materia di tributi locali e la sostengono strenuamente,
senza che sia mai dato di leggere un ragionamento a sostegno della
tesi. Tutti i fatti anno dopo anno intervenuti indurrebbero a minare
questa certezza, ma i Garanti ritengono di poterla mantenere con
esasperate petizioni di principio o argomentazioni che definirei
tautologiche: argomentazioni che postulano la competenza del Garante,
per cui cio' che dovrebbe essere dimostrato diventa il postulato della
dimostrazione. Alcuni Garanti auspicano modifiche alla Legge 212/00
per affermare incontrovertibilmente la competenza dei Garanti del
contribuente su ogni specie di tributo, quale che sia l'ente
impositore. In questa richiesta c'è la rivendicazione di un potere,
non il chiarimento di un dato incerto dell'ordinamento, senza
preoccupazione per la coerenza di un sistema di autonomie.
Solo il Garante del Veneto si è dichiarato incompetente sulla materia
dei tributi locali ed a tal proposito ha ritenuto opportuno rivolgere
un quesito all'Avvocatura distrettuale dello Stato, approdato in sede
di Avvocatura generale che - sentito il proprio comitato esecutivo -
ha reso, come è stato sopra accennato, "un parere di massima",
sostenendo che "la competenza del Garante si estende soltanto a quei
tributi locali (quali l'Invim e,  in via transitoria, l'Irap) la cui
gestione, in particolare l'accertamento, è attribuito agli uffici
dell'amministrazione finanziaria dello Stato".
Nonostante tale parere, la maggior parte dei Garanti non ravvisa
ostacoli sostanziali per un intervento diretto del Garante del
contribuente, nell'ambito della sua competenza territoriale, nei
confronti di enti dotati di potere impositivo diversi dallo Stato.
Va segnalata la singolare posizione del Garante della Calabria, il
quale, all'interno del proprio regolamento, ha previsto una competenza
in materia di tributi locali di tipo residuale, che emerge solo in
assenza del Difensore civico. Quel Garante ritiene comunque di
doversene occupare almeno fino all'istituzione dei Difensori civici.
Dopo il parere dell'Avvocatura generale dello Stato sono state
approvate le citate leggi regionali lombarda e toscana (in una delle
relazioni ministeriali si accenna anche ad un disegno di legge
marchigiano, di cui non sono a conoscenza) che hanno attribuito al
Difensore civico regionale le funzioni di Garante del contribuente
regionale in piena autonomia.
Il Garante della Lombardia, riferendo in merito alla legge di quella
Regione, osserva che laddove l'esempio della Lombardia dovesse
rappresentare "un tracciato che verra' a distanza seguito da altri
Enti del potere locale (la Regione comprende oltre mille Comuni)
(porra') il Garante di fronte ad una realta' non facilmente
sussumibile del paradigma dell'art. 13 della Legge 212/00". Il Garante
lombardo, dunque, non si lascia neppure sfiorare dall'idea che spetta
anche a lui rispettare e far rispettare la legge di quella Regione, ma
si preoccupa perche', se l'esempio lombardo (e toscano) fosse seguito
da altre Regioni, allora sara' piu' difficile ... far finta di
niente.
In relazione a questi interventi regionali lo stesso Ministro si fa
portatore della tesi secondo la quale, nella previsione normativa, la
competenza del Garante del contribuente si pone, rispetto a quella del
Difensore civico, in relazione di specialita'. In ragione di questo
rapporto le Regioni che hanno attribuito competenze di Garante del
contribuente al Difensore civico, secondo il Ministro, avrebbero
duplicato il sistema di tutela, sicche' l'affidamento di funzioni
della stessa materia anche ai Difensori civici rischierebbe di portare
a duplicazione di interventi sulla stessa pratica e a disparita' di
pronunce su problemi analoghi.
La verita' è ben altra e abbastanza semplice: nelle suddette Regioni
si ha una sola tutela dei diritti dei contribuenti nei confronti di
tributi regionali e un solo intervento su ciascuna pratica, che è
quello esercitato dal Garante del contribuente istituito e nominato
dalla Regione. La relazione di specialita' non si stabilisce tra il
Garante del contribuente e il Difensore civico, come erroneamente
ritiene il Ministro, bensi' tra tutela dei contribuenti di Enti locali
e tutela civica. Le Regioni e gli Enti locali debbono decidere, in
attuazione dell'art. 1, commi 3 e 4, Legge n. 212, di istituire il
Garante del contribuente e possono decidere di nominare un apposito
Garante o di attribuire le funzioni del garante al Difensore civico.
Nel primo caso, il Difensore civico non avrebbe alcuna competenza in
materia di tributi. Nel secondo caso il Difensore civico sommerebbe in
materia tributaria poteri di tutela speciale previsti dalla Legge n.
212 ai suoi poteri di tutela civica generale.
In altri termini, le Regioni e gli Enti locali, nel dare attuazione
allo Statuto del contribuente, debbono provvedere a istituire un
proprio Garante del contribuente e a tale scopo possono o perpetuare
tale relazione nella distinzione degli organi deputati alle due specie
di tutela, oppure possono unirle nell'unico organo a competenza
generale, che è il Difensore civico, al quale verrebbero attribuite
anche le funzioni proprie della tutela speciale. La questione, saltata
a piè pari, è che se il Garante del contribuente in ipotesi avesse
competenza anche in materia di tributi regionali e locali, Regioni ed
Enti locali non potrebbero disporre di tale competenza e per le leggi
regionali si dovrebbe porre una questione di legittimita'
costituzionale. Ma le Regioni hanno legiferato proprio sul presupposto
della incompetenza del Garante, che senza dubbio deve essere ritenuta
fino a quando la legge regionale è in vigore.
Va infine detto che il TAR Puglia, sezione di Bari, con sentenza n.
5477 del 24 novembre 2004, ha annullato un provvedimento di quel
Garante recante l'attivazione della procedura di autotutela in
relazione agli avvisi di accertamento emanati da un Comune per il
canone per occupazione di spazi e aree pubbliche (COSAP) per passi
carrai. Tale provvedimento è stato annullato considerando che "i
poteri del Garante del contribuente riguardano i soli atti, prassi e
comportamenti dell'amministrazione finanziaria, per tale dovendosi
chiaramente intendere l'amministrazione finanziaria statale...".
In relazione a questa sentenza il Ministro Padoa Schioppa riferisce
candidamente che il Garante del contribuente della Lombardia ha
sottolineato che i problemi posti da questa giurisprudenza non hanno
avuto proiezioni nell'area lombarda, nella quale i Comuni non hanno
sollevato eccezioni di sorta in ordine alla competenza del Garante e
hanno dato risposta con sufficiente tempestivita'.
Questo problema è solo un aspetto della piu' generale e complessa
questione della competenza degli organi di tutela non giurisdizionale
e garanzia, una competenza che, intrecciandosi, sovrapponendosi e
confondendosi diventa questione fondamentale per la loro identita' e
la loro stessa dignita' istituzionale.
Giusto sessanta anni fa un giovanissimo Sindaco, appena ventenne,
scriveva questi versi: "..../ Gridano al Comune di volere/ il tozzo di
pane e una giornata/ e scarpe e strade e tutto./ E ci mettiamo a
maledire insieme,/ il sindaco e le rondini e le donne, /..../ ". Era
Rocco Scotellaro, il poeta della liberta' contadina.
5. L'attivita' di difesa civica raccontata dalle schede
I motivi di una breve casistica. Le schede - s'è detto all'inizio -
raccontano l'attivita' svolta. Ora mi soffermo su alcuni casi. I casi
di cui alle schede n. 6 (fasc. 2/06) e 10 (fasc. 10/06) concernenti
richieste di concorso alle rilevanti spese per la cura di bambini
colpiti da sindrome autistica, sono stati scelti come esempio di buona
amministrazione, impegnata con capacita' tecnica e sensibilita'
sociale e umana su un problema senza poter soddisfare le attese degli
interessati. I casi di cui alle schede n. 9 (fasc. 79/06) e 13 (fasc.
236/06) o alla scheda n. 37 (fasc. 217/05) sono stati scelti perche'
segnalano disfunzioni dell'esito dell'intervento di difesa civica.
Questa motivazione non è del tutto appropriata al caso di cui alla
scheda n. 105 (fasc. 39/05).
a) Richieste di concorso alle rilevanti spese per la cura di bambini
colpiti da sindrome autistica
Alcune famiglie, che hanno il problema della cura di bambini colpiti
da sindrome autistica e disturbi pervasivi dello sviluppo, si erano
rivolte al Presidente Errani, all'Assessore Bissoni, alla dr.ssa
Fre'javille, Responsabile del Servizio regionale Salute mentale e, per
conoscenza, al Mediatore europeo e a me. Esponevano di aver intrapreso
per i loro figli la cura attraverso l'applicazione del metodo A.B.A.,
per l'applicazione rigorosa del quale non esiste in Emilia-Romagna
alcun centro di riferimento, che comporta una spesa pari a circa
30.000 Euro l'anno e richiede che almeno uno dei genitori partecipi
allo svolgimento della terapia in maniera esclusiva. Richiedevano,
quindi, il rimborso dei costi vivi sostenuti.
Le richieste, che, si ripete, erano state indirizzate per conoscenza
al Difensore civico e non configuravano alcun atto o fatto di cattiva
amministrazione, sono state seguite dall'ufficio, assumendo e
ricevendo man mano informazioni, grazie anche alla sollecita
collaborazione della dott.ssa Fre'javille.
La risposta a tali richieste è stata data dal Direttore generale
Sanita' e Politiche sociali dott. Leonida Grisendi, con lettere di
identico contenuto, singolarmente indirizzate a ciascuna famiglia e,
per conoscenza, al Difensore civico.
Il dott. Grisendi - limitandomi alla parte essenziale della sua
risposta - ha spiegato che l'Assessorato aveva avviato un iter di
approfondimento e ha riferito le principali conclusioni di tale iter e
la conseguente elaborazione tecnica ed amministrativa di competenza.
Ha fatto quindi presente che l'approccio psico-educativo A.B.A. non è
un metodo specifico per l'autismo, bensi' una tecnica psicologica
comportamentale, la cui efficacia sui pazienti con disturbi
generalizzati dello sviluppo è documentata solo in contesti diversi
dalla tipologia prevista dal nostro sistema di welfare, comunque in
modo non superiore ad altri approcci cognitivi e/o comportamentali e/o
evolutivi che impegnino in modo intensivo il paziente e coinvolgano
significativamente gli adulti di riferimento. Il dott. Grisendi ha
fatto ulteriormente presente che la Regione Emilia-Romagna ha promosso
dal 2004 modalita' di lavoro basate sui principi delle tecniche
cognitive e neocomportamentali nella cultura dei servizi NPIA,
affinche' queste entrino a far parte delle competenze degli operatori
sanitari (neuropsichiatri, psicologi, educatori, ecc.) e di altri
"ambienti" (scuola, sociale, domicilio, ecc.) e ha comunicato che si
ritiene pero' sconsigliabile che l'A.B.A. sia utilizzata in maniera a
se' stante al di fuori degli altri interventi previsti dal sistema
curante dei servizi per l'autismo.
Una delle famiglie, a questa conclusione, mi ha indirizzato una mail -
peraltro umanamente comprensibile - al limite dell'ingiuria. Riferisco
questo particolare, perche' esso mi ha fatto riflettere e porre il
problema dell'opportunita' e utilita' di farsi carico di questioni che
non rientrano nella sfera di competenza del Difensore civico, rispetto
alle quali egli, nella piu' favorevole delle ipotesi, non puo' che
esercitare una funzione di stimolo, ma restando sempre spettatore, col
rischio di ingenerare aspettative che non possono essere e non saranno
soddisfatte. Anche questo, in fondo, è un aspetto della funzione e
dell'identita' della difesa civica, che si è riproposto anche per la
realizzazione di un impianto eolico sull'Appennino tosco emiliano o,
ripetutamente, per il servizio ferroviario particolarmente disagevole
per i lavoratori pendolari.
b) I problemi della cremazione non si risolvono con le direttive
Cremazione e uso delle direttive. Venendo ora alle disfunzioni
dell'esito dell'intervento del Difensore civico, espongo innanzi tutto
un caso che pone in evidenza, da un lato, l'esigenza di una attenta
riconsiderazione della disciplina della cremazione e, dall'altro,
richiama l'attenzione sull'uso delle direttive.
In questo caso (scheda n. 13) l'uso della direttiva, che è stata
basata sull'art. 2, comma 1, lett. a) della Legge regionale n. 19 del
2004, non m'è parso corretto e mi induce a richiamare l'attenzione sul
rischio, da tenere ben presente, che le direttive siano utilizzate
come strumenti normopoietici contra legem. Nel caso specifico, oltre a
non essere stato risolto il problema che, sia pure adoperando non
correttamente lo strumento della direttiva, si intendeva risolvere,
viene in evidenza una disciplina non propriamente perspicua in una
materia delicata come quella della cremazione.
La direttiva mira a superare il presupposto secondo cui la legge
statale non sarebbe operante perche' non è stato ancora approvato il
regolamento previsto dall'art. 3, comma 1 della Legge statale n. 130
del 2001. Questa tesi, che si basa sulla letterale formulazione della
norma, è prevalente e condivisa anche da associazioni che pongono tra
i propri fini la diffusione delle conoscenze e delle informazioni in
merito alla cremazione, ma, tuttavia, non appare convincente per
ragioni su cui non è il caso di soffermarsi, tra cui il fatto che la
giurisprudenza sembra non condividerla.
Le leggi promulgate tra il 1987 e il 1990 in materia di cremazione non
consentivano ancora la dispersione delle ceneri, che dovevano invece
essere conservate all'interno del cinerario comune. Pertanto, la tesi
che terrebbe bloccata l'attuazione della legge del 2001 avrebbe
effetto particolarmente per quanto concerne la dispersione delle
ceneri, che non sarebbe ancora consentita, tranne che in quelle
Regioni, come la Regione Emilia-Romagna, che hanno legiferato in
materia.
La legge statale pone la volonta' del defunto a fondamento della
decisione sulla cremazione, indicando, nell'art. 3, comma 1, diverse
modalita' attraverso cui tale volonta' puo' esprimersi. Peraltro, al
punto 3, comma 1, lett. b), essa stabilisce che in mancanza di
qualsiasi forma di espressione di volonta' da parte del defunto, vale
la volonta' del coniuge o, in difetto del parente piu' prossimo
individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del Codice civile,
ossia secondo i gradi di parentela.
La legge regionale ribadisce questo principio, rinviando,
"relativamente alle forme di manifestazione della volonta' espressa
dal defunto o dai suoi familiari", alle modalita' stabilite dalla
normativa statale (art. 11, comma 1).
Senonche' la direttiva, nel quarto paragrafo di pagina 5, prevede "che
la volonta' del defunto possa essere certamente provata mediante
dichiarazione ritualmente resa dal coniuge, ove presente, e da tutti i
congiunti di primo grado...", assumendo, per l'appunto, una funzione
normopoietica contra legem e irragionevole, perche' crea una
situazione di stallo o un motivo di conflitto nel caso di contrasto
tra il coniuge e la famiglia d'origine.
Il competente Servizio regionale, in un parere reso ad un cittadino,
ha sostenuto che, non potendosi prescindere dalla volonta' del
defunto, la direttiva avrebbe predisposto uno strumento per provare
certamente tale volonta', senza avvedersi che non si prova nulla e si
possono alimentare contrasti tra le famiglie, a prescindere dal fatto
che non ci si puo' avvalere delle direttive per aggirare la legge.
Rilevo, inoltre, che il parere è stato espresso dopo che io mi ero
pronunciato diversamente sulla direttiva, ignorando completamente i
miei argomenti. Il Difensore civico è un organo di persuasione, ma non
ritengo affatto che i suoi argomenti debbano essere condivisi alla
cieca. Chiedo pero' rispetto per l'istituto della difesa civica, ossia
chiedo che il dissenso col Difensore civico sia motivato e non
ignorato tamquam non esset, il che è istituzionalmente inaccettabile.
c) Prestazioni del SSN e di strutture accreditate
Il caso n. 9, che concerne una richiesta di rimborso respinta
dall'Azienda sanitaria di Ferrara, è stato archiviato con esito
negativo di un reclamo fondato. Ma il modo di manifestazione del
dissenso non è censurabile come nel precedente caso della direttiva.
A parte il merito della questione specifica, il caso sollevava dubbi e
quesiti che lo trascendono e che ritenni di sottoporre anche alla
particolare attenzione del Presidente della Regione e dell'Assessore
alla Sanita'.
L'istante è una signora con una lunga storia di malattia oncologica,
per la quale è assistita da circa un quarto di secolo da un insigne
oncologo operante in altra Regione ed è stata sottoposta a diversi
interventi chirurgici. Durante tutti questi anni è stata controllata e
curata dal suddetto oncologo o dalla sua e'quipe e desidera continuare
a farsi controllare e curare da loro.
Agli inizi del 2005 le fu diagnosticato un altro tumore, per il quale
fu urgentemente operata dopo alcuni giorni. La signora mi ha esibito
un certificato datato contemporaneamente alla nuova diagnosi di
tumore, attestante la necessita' di un ricovero urgente presso
l'Istituto diretto dal professore, mentre, per un intervento a carico
del Servizio Sanitario, come mi assicuro' che le fosse stato detto,
sarebbe stata necessaria un'attesa di due mesi e mezzo. Prima
dell'intervento la signora chiese all'Azienda sanitaria di Ferrara il
rimborso anche parziale delle spese sostenute, ma l'Azienda respinse
la richiesta.
La decisione dell'Azienda fu quindi confermata dal Responsabile del
Servizio regionale Presidi ospedalieri, che integro' le motivazioni
dell'Azienda sanitaria con argomenti del tutto convincenti, tranne la
valutazione del caso, che a mio avviso, fu considerato in astratto e
non nella sua specifica concretezza.
Il Responsabile del Servizio notava anzitutto che l'Istituto di cui
trattasi è una struttura accreditata. Chiariva quindi, in termini
generali e di sistema, le caratteristiche del vigente sistema di
assistenza ospedaliera, che, da un lato, consente ai cittadini di
rivolgersi liberamente alle strutture pubbliche e alle strutture
private accreditate e, d'altro lato, consente ai professionisti che
operano in tali strutture di svolgere attivita' libero-professionale.
Riguardo all'attivita' libero-professionale faceva quindi presente che
"essa deve essere una libera scelta del cittadino e non una scelta
fatta sotto la pressione dell'urgenza; anzi il riconoscimento
dell'urgenza dovrebbe spingere qualsiasi struttura, pubblica o privata
accreditata, a trattare il caso in regime di Servizio Sanitario per
non ingenerare la sensazione di un utilizzo non etico dell'attivita'
libero-professionale, che non è vincolata ad alcuna tariffa, ragion
per cui il costo di un intervento in libera professione risulta in
genere piu' oneroso che non in regime di servizio sanitario, nel
quale, peraltro, secondo le regole del sistema, le tariffe sono
remunerative dei costi".
Non applicai la considerazione del Responsabile del Servizio al caso
specifico, ne' lui l'aveva applicata, ma non si puo' negare che il
"ricatto" agli ammalati di farsi curare in regime
libero-professionale, se non vogliono andare incontro a lunghe attese,
è una possibile de'faillance del sistema.
Perche' un intervento urgente puo' essere eseguito urgentemente "solo"
in regime libero-professionale e non dal Servizio sanitario? Come sono
gestite le liste d'attesa? Come sono controllate? È azzardato pensare
che possano essere gestite con intenti protezionistici nei confronti
degli ammalati della propria regione e discriminatori nei confronti di
ammalati di altre regioni?
Puo' darsi - osservavo - che avessi scoperto l'acqua calda (ma in ogni
caso si tratterebbe di acqua che scotta e non si riesce a
raffreddare), ma ritenevo di avere il dovere di riferire anche a
livello del Presidente della Regione e dell'Assessore regionale
competente in materia.
Quanto al caso specifico osservo che la signora non era nelle
condizioni di compiere una libera scelta, come, al contrario, mostrava
di ritenere il Responsabile del Servizio, preferendo una prestazione
libero-professionale a una prestazione del Servizio sanitario, ma vi
era stata in un certo qual modo obbligata dalla sua personale storia
di lotta pluridecennale contro il tumore e dalla rappresentazione e
percezione che lei aveva avuto in seguito all'ultimo attacco del suo
male, ossia che il Servizio sanitario (del quale fanno parte anche le
strutture accreditate e, quindi, anche l'Istituto presso cui è stata
operata) non fosse in grado di rispondere al suo specifico bisogno di
cura e, percio', s'è vista costretta a sottoporsi a un intervento in
regime libero-professionale.
Chiesi, pertanto, di esaminare ogni possibilita' che consentisse di
rimborsare le spese cui il Servizio sanitario sarebbe andato incontro
se avesse assunto l'onere dell'intervento.
La risposta, pervenutami dal Servizio, è stata negativa, salva
l'assicurazione, per quanto attiene alle altre Regioni, che sarebbe
stata cura del Servizio medesimo sollevare il problema, "che ha
notevoli implicazioni etiche e pratiche, sui tavoli interregionali".
Alla signora comunicai che restavo fermo nella mia convinzione che non
si era certamente trovata nelle condizioni di compiere una libera
scelta, preferendo una prestazione professionale a una prestazione del
Servizio sanitario nazionale. Comunicai, inoltre, che non potevo che
prendere atto che solo il Responsabile del Servizio, tra i miei
interlocutori, s'era fatto in parte carico dei problemi da me posti,
dandomi l'assicurazione di cui sopra. Come Difensore civico non potevo
che prendere atto della situazione e disporre l'archiviazione della
pratica.
d) Responsabilita' solidale dei debitori quale causa di
indissolubilita' del matrimonio
Il caso di cui alla scheda n. 37, fasc. 217/05, concerne l'addebito da
parte di ACER di vecchie pendenze in base al principio della
responsabilita' in solido, che ritengo non ricorresse.
In base ad atto di separazione coniugale omologato dal Presidente del
Tribunale la moglie subentra nel contratto di locazione che era stato
stipulato con lo IACP dall'ex marito, il quale si accollava gli oneri
riguardanti il pagamento delle utenze e ogni altra pendenza pregressa.
Tra la domanda di subentro nell'alloggio e la stipula del contratto
passa un lungo intervallo di tempo, avendo ACER promosso procedimenti
di decadenza nei confronti dell'ex marito, che il Comune di Bologna
non ha accolto. Subentrata nell'alloggio, la signora si vede
richiedere pagamenti presumibilmente per pendenze arretrate. ACER non
fornisce chiarimenti in proposito, appellandosi al principio della
responsabilita' solidale. Al che obietto che la responsabilita'
solidale dei soci nei confronti dell'Azienda è venuta meno dalla data
di omologazione dell'atto di separazione e, fintanto che la signora
non è subentrata nell'alloggio - dopo ben due anni! - resta unicamente
la responsabilita' personale dell'ex marito, che aveva stipulato il
contratto di affitto. È vero che la clausola di separazione relativa
all'assunzione da parte dell'ex marito degli oneri riguardanti il
pagamento delle utenze e di ogni altra pendenza pregressa ha effetto
tra le parti e non fa venir meno la responsabilita' solidale nei
confronti dell'Azienda, ma il problema, una volta intervenuta la
separazione coniugale, è quello di delimitare il periodo di tempo in
cui opera tale forma di responsabilita', che, per l'appunto, viene
meno con la formalizzazione della separazione. Ai debiti maturati
successivamente non puo' essere applicato il principio della
responsabilita' solidale alla moglie, alla quale non era stato
consentito di subentrare nell'alloggio. Ma ACER non aderisce a questa
tesi e il Difensore civico, infine, non potra' che prendere atto della
posizione dell'Azienda, che di seguito è riassunta con le parole
dell'ultimo suo atto della corrispondenza intercorsa: "... tutta la
vicenda contrattuale del nucleo ... è da considerarsi unitaria, in
quanto nasce dal provvedimento pubblicistico di assegnazione con il
quale fu disposta l'assegnazione, ai sensi della L.R. 13/59, a favore
del sig. ... e del suo nucleo familiare... . Ne consegue che il
contratto di locazione, stipulato in dipendenza del succitato
provvedimento amministrativo e le vicende incidenti sul mantenimento
dell'assegnazione si riflettono sul contratto medesimo, che per il
preponderante aspetto pubblicistico del rapporto, non puo' godere di
una autonomia negoziale di ampiezza paragonabile a quella del
privato". Vale a dire: la responsabilita' in solido come causa di
indissolubilita' del matrimonio!
e) Diritto allo studio universitario
L'assessore Paola Mancini si fa carico di un vecchio e grave problema.
Ma se ne pone un altro (diritto allo studio di studenti diversamente
abili). Il Programma regionale per il diritto allo studio
universitario approvato con delibera dell'Assemblea legislativa n. 81
del 24 ottobre 2006 prevede il seguente indirizzo, che finalmente
tiene in larga parte conto delle mie raccomandazioni in passato
rivolte al vento e percio' puntualmente ignorate. Dell'attenzione
finalmente prestata do atto al nuovo assessore all'Universita' Paola
Mancini, che ringrazio sentitamente.
"Al fine di assicurare agli studenti le condizioni piu' agevoli per la
gestione dei benefici ottenuti, per quanto in particolare attiene alle
procedure per la concessione o la revoca (ed eventuale restituzione)
dei benefici concessi, le Aziende stabiliscono e pubblicizzano i
termini temporali entro i quali saranno espletati i controlli
necessari a validare o a revocare i benefici medesimi. Le verifiche
sui requisiti stabiliti nel bando devono essere espletate dalle
Aziende nei tempi piu' brevi possibili e, attraverso intese o accordi
con le Universita', gli esiti relativi ai requisiti di merito devono
in ogni caso essere comunicati agli studenti, iscritti in anni
successivi al primo, prima dell'erogazione della seconda rata della
borsa di studio. Le procedure per il recupero dei benefici assegnati,
inoltre, devono prevedere modalita' di rateizzazione per importi e con
scadenze dilazionate nel tempo, che tengano conto delle condizioni
economiche disagiate degli studenti, in tal modo consentendo, fra
l'altro, di alleggerire l'attivita' profusa dalle Aziende per il
recupero dei crediti." (pag. 10).
Infine, l'accennato nuovo problema concernente il diritto allo studio,
di cui alla scheda n. 105 (fasc. 39/06). Il caso concerne uno studente
disabile al cento per cento, che usufruisce del servizio di
accompagnamento all'interno dell'Universita' (spostamenti da un'aula
all'altra e fra le varie sedi). Il bando dell'azienda prescrive che
chi usufruisce di tale servizio deve contribuire con una quota
calcolata in base al reddito ISEE della famiglia. La famiglia reclama
segnalando l'evidente sperequazione rispetto, ad esempio, allo
studente, anche normodotato, che usufruisce di borsa di studio, nel
qual caso viene richiesto il reddito personale dello studente ove
questo risieda fuori casa da almeno due anni. L'Azienda ha osservato
che la previsione del bando ha fondamento nell'art. 5 del DPCM
9/4/2001, che prevede due condizioni concorrenti, dandosi per scontato
che si tratta di disposizioni valide anche per i disabili. Ma è
ragionevole pensare che un disabile al 100%, non in grado di svolgere
da solo le funzioni della vita quotidiana, possa vivere da solo,
studiare meritevolmente e, contemporaneamente avere un certo reddito?
Non mi pare quindi di invocare astrattamente l'art. 14 del suddetto
DPCM, secondo il quale "Nel caso di studenti in situazioni di handicap
le Regioni, le Province autonome e le Universita', per gli interventi
di rispettiva competenza, provvedono a definire particolari criteri di
determinazione delle condizioni economiche, intesi a favorire il loro
accesso ai servizi e agli interventi di cui al presente decreto". Il
problema è stato studiato anche da un gruppo di lavoro. La dott.ssa
Cristina Bertelli, che è intervenuta ad una riunione  del gruppo e si
era assunta la responsabilita' di farsene portavoce presso
l'Assessorato, mi ha comunicato che la sua disponibilita' si è
concretizzata nel valutare le condizioni, giuridiche (per la
fattibilita') ed economiche (per la sostenibilita') del trasporto
gratuito per i disabili a carico della RER. Poiche' tale valutazione
non ha dato in entrambi i casi esito positivo, nelle direttive alle
Aziende per l'a.s. 2006-2007 non è stato inserito "l'invito". Questo
per il 2006. Con l'occasione mi ha informato che, poiche', in
adempimento di quanto scritto nel programma triennale, si sta
procedendo alla revisione dell'impianto normativo vigente al fine di
raggiungere condizioni di maggiore uniformita' di trattamento, anche
attraverso un nuovo assetto organizzativo e gestionale, in tale nuovo
provvedimento sara' trattato ex novo lo specifico tema del diritto
allo studio universitario per gli studenti disabili.
f) Compartecipazione dei familiari alle spese di assistenza sociale
Anticipo a parte, in riferimento alla scheda di cui al fasc. 21/06 dei
Comuni non convenzionati di Porretta Terme e San Mauro Pascoli, la
questione concernente la compartecipazione dei familiari alle spese di
assistenza sociale - DLgs 109/98 e 130/00 - sollecitata piu' volte e
oggetto di riunioni e incontri, in merito alla quale, in particolare,
ho ampiamente riferito nella relazione dell'anno 2004. Dovendo tuttora
registrare la persistenza del silenzio dell'Amministrazione, che ho
annotato nelle schede, e in considerazione del nuovo assetto
organizzativo del servizio, di tale questione faro' oggetto di una
separata relazione all'Assessore e al Direttore generale competenti.
Qui mi limito a ricordare che, ai sensi delle disposizioni che
definiscono i criteri unificati di valutazione della situazione
economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolati
(DLgs n. 109 del 1998 e n. 130 del 2000), viene evidenziata la
situazione economica del solo assistito anche riguardo alle modalita'
di contribuzione al costo della prestazione. E, appunto in
considerazione della valorizzazione di questa "situazione economica
del solo assistito" la norma (art. 3, comma 2 ter, DLgs 109/98
introdotto dall'art. 3, comma 4, del DLgs 130/00) puo' essere
applicata a prescindere dalla mancata adozione del DPCM in essa
previsto, trattandosi di prescrizione immediatamente precettiva, che
non necessita di disposizioni attuative di dettaglio (cfr. da ultimo
la recentissima s. n. 42/07 TAR Sicilia, Catania, Sez. IV).
6. Riesame del diniego di accesso
Riferisco, infine, sui casi di riesame del diniego di accesso ai
documenti amministrativi (v. le schede in Tabella B). Il riesame, da
parte del Difensore civico, ai sensi dell'art. 25, comma 4 della Legge
n. 241 del 1990, su richiesta degli interessati, del diniego espresso
o tacito di accesso a documenti amministrativi si pone in rapporto di
specialita' rispetto alla difesa civica e, pertanto, riferisco
unitariamente in merito all'espletamento di questo compito.
Nel 2006 sono state decise 15 richieste, delle quali due erano state
presentate nel 2005. Ne sono state accolte quattro. 1) Fasc. 341/05.
Concerne l'accesso agli atti del procedimento di assegnazione di
alloggi pubblici da parte del Comune di Casalecchio di Reno. 2) Fasc.
351/05. Forma di accesso. È stato riconosciuto il diritto di estrarre
copia di documenti detenuti dalla Sede INAIL di Bologna, invece di
accedervi mediante sola visione degli stessi, come aveva disposto il
detto istituto. 3) Fasc. 60/06. Concetto di documento amministrativo.
Questo caso, essendo scaduto il termine per ricorrere, è stato
trattato con un intervento di difesa civica fuori competenza. Il
Consorzio dei servizi sociali del Comune convenzionato di Imola aveva
negato l'accesso a documenti riguardanti i figli minori dell'istante,
perche' "Le relazioni e comunicazioni che il Consorzio ha prodotto ed
inviato al Tribunale dei minori non si sono sostanziate in
documenti-provvedimenti amministrativi rispetto ai quali è azionabile
il diritto di accesso". Questa motivazione è stata giudicata
manifestamente infondata, per violazione, tra l'altro, dell'art. 22,
comma 1, lett. d) della Legge 241/1990, che definisce cosa si intende
per documento amministrativo, da non confondersi con l'atto o il
provvedimento amministrativo. 4) Fasc. 215/06. Rapporto tra diritto di
accesso e diritto alla privacy. L'AUSL di Bologna, Dipartimento di
Sanita' pubblica, su segnalazione di parte, aveva aperto un
procedimento destinato a produrre effetti diretti nei confronti della
parte interessata, senza darne la comunicazione prevista dall'art. 7
della Legge 241/1990. Venuto a conoscenza dell'avvio del procedimento,
l'istante si era avvalso della facolta' concessagli dall'art. 9 di
intervenire nel procedimento (intervento necessario) e, pertanto, di
prendere visione, ai sensi del successivo art. 10, n. 1, di tutti i
documenti acquisiti o che sarebbero stati acquisiti al procedimento,
tra cui anche del reclamo che aveva dato avvio all'iniziativa
procedimentale. L'ASL di tale richiesta ha preso in considerazione
solo la parte riguardante il reclamo, senza, peraltro, consentire la
visione dello stesso nel termine previsto dalla legge, ma avviando due
procedure, la prima delle quali, in un secondo momento, è stata
ritenuta errata dalla stessa ASL, mentre tutte due, senza alcuna
ragione, avevano bloccato la richiesta di accesso a tutti gli altri
documenti. Inoltre, nella denegata ipotesi che, per l'accesso al
reclamo, occorresse chiedere il consenso del reclamante, ben se ne
poteva consentire la visione mascherando il suo nome, che, peraltro,
nel caso di cui trattasi, date le circostanze, non poteva che essere
una sola persona. Peraltro, contrariamente a quanto ritenuto dall'ASL,
per il rispetto della privacy, non era affatto necessario acquisire il
consenso dell'interessato. Il diritto di accesso prevale su quello
alla riservatezza, essendo l'interesse dell'istante giuridicamente
rilevante per la sua difesa (cfr. TAR Lombardia, Milano Sez. IV,
sentenza 8 novembre 2004, n. 5716, con la quale, in tema di accesso
volontario o esterno ex art. 22 e seguenti della Legge n. 241, è stato
ritenuto illegittimo il diniego all'accesso ad un esposto, essendo per
l'appunto sufficiente, per garantire la riservatezza degli esponenti,
la consegna di copia dell'esposto stesso con la mascheratura dei dati
personali degli autori dello stesso. Nel caso, trattandosi di accesso
procedimentale o partecipativo, ex art. 10, non sarebbe stata neppure
necessaria la mascheratura del nome, a parte la circostanza che si
sapeva chi fosse l'autore dell'esposto.
Tre richieste sono state dichiarate inammissibili per la mia
incompetenza funzionale, stante la mancata adozione del nuovo
regolamento sull'accesso (fasc. 26/06 - Comune di Monzuno; fasc. 56/06
- ENIA, Societa' a maggioranza pubblica con la partecipazione dei
Comuni di Parma, Piacenza e Reggio Emilia; fasc. 95/06 - Provincia di
Reggio Emilia).
Come ho riferito nella precedente relazione, l'art. 23 della Legge n.
15 del 2005, che reca modifiche e integrazioni alla Legge n. 241,
prevede ai commi 2 e 3 l'adozione di un regolamento inteso a integrare
o modificare il regolamento vigente sull'accesso al fine di adeguarne
le disposizioni alle modifiche introdotte dalla detta Legge n. 15 e
stabilisce, inoltre, che alcune disposizioni della legge medesima, tra
cui quella che, in mancanza di Difensore civico, attribuisce al
Difensore civico del livello territoriale immediatamente superiore la
competenza a decidere in merito alle richieste di riesame del diniego
di accesso, hanno effetto dalla data di entrata in vigore del nuovo
regolamento.
Tale regolamento è stato adottato con DPR n. 184 del 12 aprile 2006,
con notevole ritardo rispetto ai sei mesi previsti, lasciando a lungo
scoperta la possibilita' di ricorrere comunque a un Difensore civico.
Ho espresso un parere, quale Difensore civico del Comune convenzionato
di Ravenna, in merito al riesame del diniego di accesso opposto a un
Consigliere comunale da una Societa' a partecipazione comunale. Ho,
innanzi tutto, ritenuto che sussista la mia competenza al riesame del
diniego di accesso opposto a Consiglieri di Enti locali, ai quali è
riconosciuto un diritto speciale di accesso ai sensi dell'art. 43,
comma 3 del Tuel n. 267/2000. Ed ho quindi contraddetto l'opinione
della Societa' partecipata, che negava il diritto del Consigliere,
poiche' la societa' non è interamente partecipata con capitale
pubblico (fasc. 46/06). La questione, certamente complessa e
controvertibile, è esposta piu' dettagliatamente nella relazione al
Consiglio comunale di Ravenna.
Le restanti otto richieste (fasc.: 148/06, 167/06; 181/06; 202/06;
206/06; 217/06; 248/06 e 268/06) sono state dichiarate inammissibili o
infondate. Esse non hanno posto questioni di principio e, tranne i
casi di cui ai seguenti tre fascicoli, si puo' rinviare alle relative
schede.
Il Presidente di un'associazione mi ha rivolto una istanza (fasc.
167/06) non solo per ottenere il riesame del diniego di accesso
opposto dai Comuni di Ravenna, Savignano sul Rubicone e Sant'Arcangelo
di Romagna (quest'ultimo Comune ha un proprio Difensore civico, al
quale la richiesta è stata da me trasmessa per quanto di sua
competenza), ma anche per fare "accertare la legittimita', anche di
merito, nelle scelte effettuate dalle singole Amministrazioni".
L'istanza - di non facile comprensione - è stata dichiarata
manifestamente inammissibile e infondata, il che, pero', non toglie
che possa essere opportuno portarla a conoscenza dei Consiglieri degli
Enti interessati. Vi sono esposti una serie di atti e di documenti
relativi a un arco temporale di dodici anni, dal 1993 al 2005, con i
quali "si chiedeva di rendere pubblici gli atti inerenti la
destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per
la sicurezza nella circolazione stradale". Le richieste erano state
rivolte anche ai Comuni di Rimini, Bellaria Igea Marina, San Mauro
Pascoli, Gatteo, Gambettola, Cesenatico, Cesena e Forli', che avevano
fornito risposte di diverso tenore, che il richiedente stava
valutando. Altre richieste risultano rivolte a un indeterminato
Difensore civico (affinche' sollecitasse il Sindaco ad inviare
tempestiva risposta e provvedesse a far inserire i documenti di cui
trattasi sul sito Internet del Comune), ai Revisori dei conti
(affinche' verificassero l'esatto adempimento da parte
dell'Amministrazione comunale di quanto stabilito dall'art. 208, commi
2 e 4 del Cod. strad. e dall'art. 393, comma 2, del relativo
Regolamento), nonche' al Direttore della Divisione IX - Dipartimento
per i Trasporti terrestri - del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti (affinche' verificasse l'avvenuto invio, da parte del
Comune, sempre in riferimento all'arco temporale sopraindicato, del
rendiconto finale per le somme introitate e le spese effettuate, come
prescritto dalle richiamate disposizioni di legge e di regolamento).
Nell'istanza si sostiene, altresi', che l'"argomento di riferimento
riguarda situazioni presenti sull'intero territorio regionale,
trattandosi di interesse diffuso" e che "in molti Comuni, nonostante
le previsioni statutarie e/o di regolamento, non è stata ancora
istituita la figura del Difensore civico, con conseguente disparita'
di trattamento nella tutela dei diritti tra cittadini della stessa
regione". L'istanza ha, dunque, una pluralita' di oggetti, di cui sono
stati considerati rilevanti ai fini della decisione del Difensore
civico, i seguenti due: 1) la richiesta di riesame del diniego di
accesso tacito a documenti amministrativi opposto dai tre Comuni
sopracitati; 2) la richiesta di controllo riguardante la corretta
applicazione degli articoli 208, commi 2 e 4, del Cod. strada e 393,
comma 2, del relativo Regolamento, da esercitare sulle singole
"Amministrazioni comunali", si suppone - stante il tenore complessivo
della richiesta, nonche' il richiamo a una supposta titolarita' di
interessi diffusi - dell'intera Regione. Nel merito dei due oggetti, a
cominciare dal secondo, è stato ritenuto quanto segue:
a) Controllo. È stata respinta la richiesta di esercitare il suddetto
controllo, ossia di esercitare un potere che - a prescindere dalla
indeterminatezza ed estensione totale del controllo richiesto - non
solo non compete assolutamente al Difensore civico ed è del tutto
incompatibile col concetto di difesa civica, ma è aberrante rispetto
al nostro sistema giuridico - costituzionale di autonomia, nonche'
anche per i motivi di cui appresso;
b) Riesame del diniego. L'art. 208 del Cod. strada, dopo aver
determinato, nel primo comma, i criteri di devoluzione delle sanzioni
amministrative pecuniarie per violazioni previste dal Codice stesso,
tra lo Stato e le Regioni, le Province e i Comuni, stabilisce, nel
secondo comma, la destinazione di tali proventi, spettanti allo Stato,
in relazione a determinate finalita', e di ciascuna di queste
finalita' determina, nel terzo comma, le modalita' per attribuire
annualmente la quota ad esse spettante.
Ai sensi del quarto comma, infine, una quota pari al 50 per cento dei
proventi spettanti a Regioni, Province e Comuni è devoluta alle
suddette finalita' per consentire di effettuare determinati
interventi, tra cui interventi per la sicurezza stradale in
particolare a tutela degli utenti deboli: bambini, anziani, disabili,
pedoni e ciclisti. Gli stessi Enti determinano annualmente, con
delibera della Giunta, le quote da destinare alle predette finalita'.
Le determinazioni sono comunicate al Ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti. Per i Comuni la comunicazione è dovuta solo da parte di
quelli con popolazione superiore a diecimila abitanti.
L'art. 393 del Regolamento concerne l'attuazione del citato art. 208
della legge e prevede, al primo comma, che gli Enti locali sono tenuti
ad iscrivere nel proprio bilancio annuale apposito capitolo di entrata
e di uscita dei proventi ad essi spettanti a norma dell'articolo 208
del Codice. Ai sensi del secondo comma, per le somme introitate e per
le spese effettuate, rispettivamente ai sensi dei commi 1 e 4
dell'articolo 208 del Codice, lo Stato e gli altri Enti dovranno
fornire al Ministero dei Lavori pubblici il rendiconto finale delle
entrate e delle spese.
L'istante, limitandosi a chiedere di sapere, in sede di richiesta di
accesso ai documenti amministrativi, "il numero" delle delibere o "il
protocollo" di determinati atti o procedimenti, e proponendosi di
essere informato chiedendo sia un intervento generalizzato del
Difensore civico regionale su tutte le Amministrazioni comunali e,
infine, sollecitando l'interessamento di altri organi e uffici,
intende in effetti esercitare un controllo, per l'appunto
generalizzato, in merito all'attuazione delle citate disposizioni
della normativa statale.
In secondo luogo, ai sensi del comma 1, lett. b) del detto art. 22, si
intendono "per "interessati" aventi diritto all'accesso ai documenti
amministrativi tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso".
Nella richiesta di accesso di cui trattasi non ricorre alcuna delle
condizioni previste per l'esercizio del diritto: manca un qualsiasi
interesse diretto, concreto e attuale collegato al documento al quale
è chiesto l'accesso; in realta' non si chiede l'accesso a nessuno
specifico documento, perche', si ripete, si intende realizzare un
controllo generalizzato a tappeto.
E a tal riguardo è appena il caso di richiamare il terzo comma
dell'art. 24 della Legge 241/1990, il quale dispone "Non sono
ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo
generalizzato dell'operato delle pubbliche Amministrazioni" (cfr. s.
Cons. Stato, Sez. VI, 10.02.2006).
Le richieste di cui ai fascicoli 202/06 e 206/06, che pure non hanno
posto questioni di principio, riguardano la Provincia di Bologna: in
un caso ho esercitato il riesame in qualita' di Difensore civico
provinciale (Difensore civico dell'Ente di livello territoriale
immediatamente superiore) in quanto il diniego era stato opposto da un
Comune (Loiano) privo di Difensore civico (fasc. 202/06); nell'altro
caso l'istanza di accesso era stata indirizzata all'Ente (Provincia di
Bologna) avverso il quale mi era stata proposta richiesta di riesame
(fasc. 206/06).
Infine, ho dichiarato la mia incompetenza in merito a una richiesta di
riesame di diniego all'accesso opposto dall'Ordine dei Giornalisti di
Bologna (fasc. 248/06). Prima delle modifiche al diritto di accesso
recate dalla citata Legge 15/05 sono stati effettuati interventi di
difesa civica (fuori competenza) in materia di accesso nei confronti
di Ordini dei giornalisti. Ma, a seguito dell'accennata riforma del
2005 del procedimento amministrativo, ritengo corretto non continuare
a seguire questa linea.
7. Modalita' di accesso al servizio di difesa civica
A conclusione della presente relazione ritengo di dovere esprimere
alcune considerazioni relativamente alla modifica che si è verificata
nelle modalita' di accesso al servizio di difesa civica regionale in
seguito al trasferimento dell'Ufficio da una zona centrale della
citta' all'attuale sede. Molti cittadini, dopo avere assunto
telefonicamente le informazioni preliminari, difficilmente esprimono
l'intenzione di presentarsi presso l'Ufficio, adducendo motivi di
difficolta' nel raggiungere la sede, data l'attuale ubicazione.
Assume, cosi', primaria importanza la possibilita' di implementare la
ricezione delle istanze per via telefonica, il che presuppone un
efficiente servizio di centralino. Per quanto riguarda le soluzioni
tecniche, sono gia' stati avviati contatti con il competente Servizio
della Giunta regionale, ma è indubitabile che sia anche necessario
assicurare una costante presenza di personale al centralino
dell'Ufficio del Difensore civico. A questo proposito vorrei
sottolineare che alla data di redazione della presente relazione,
nonostante ripetute richieste, non è ancora stata indicata la
sostituzione di Anna Pia Allegretti, collaboratrice addetta al
ricevimento del pubblico ed al centralino, la quale cessera' dal
servizio il 30 marzo 2007.
IL DIFENSORE CIVICO
Antonio Martino
(segue allegato fotografato)

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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