CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 21 giugno 2006, n. 246

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 3, lettera c) e comma 5; 2, comma 1, lettere k) ed o); 3, comma 1, lettera c); 16, commi 1, 6 e 7; 20, comma 1; 21 e 22, comma 4, della legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 25 febbraio 2005 depositato in Cancelleria il 7 marzo 2005 ed iscritto al n. 32 del Registro ricorsi 2005

In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Annibale Marini, Presidente; Franco Bile, Giovanni Maria Flick,
Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena,
Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo, Luigi Mazzella,
Sabino Cassese, Maria Rita Saulle, Giuseppe Tesauro, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 3,
lettera c), e comma 5; 2, comma 1, lettere k) ed o); 3, comma 1,
lettera c); 16, commi 1, 6 e 7; 20, comma 1; 21 e 22, comma 4, della
legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina
della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in
materia di energia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei ministri notificato il 25 febbraio 2005 depositato in cancelleria
il 7 marzo 2005 ed iscritto al n. 32 del Registro ricorsi 2005.
Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 2006 il Giudice relatore Ugo
De Siervo;
uditi l'avvocato dello Stato Filippo Arena per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione
Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. II Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto notificato il 25
febbraio 2005 e depositato il successivo 7 marzo, ha impugnato l'art.
1, comma 3, lettera c), e comma 5, l'art. 2, comma 1, lettere k) e o),
l'art. 3, comma 1, lettera c), l'art. 16, commi 1, 6 e 7, l'art. 20,
comma 1, l'art. 21, l'art. 22, comma 4, della legge della Regione
Emilia-Romagna 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina della
programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in
materia di energia).
L'art. 1, comma 3, prevede che "nel perseguire le finalita' di cui al
comma 1, la Regione e gli enti locali pongono a fondamento della
programmazione degli interventi di rispettiva competenza i seguenti
obiettivi generali: (...) c) definire gli obiettivi di riduzione delle
emissioni inquinanti e climalteranti e assicurare le condizioni di
compatibilita ambientale, paesaggistica e territoriale delle attivita'
di cui al comma 2".
Sostiene il ricorrente che la compatibilita ambientale rientra nella
tutela dell'ambiente, assegnata alla legislazione esclusiva dello
Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Le
emissioni inquinanti non avrebbero rilievo ne' paesaggistico ne'
territoriale, e dunque non sussisterebbe al riguardo alcuna competenza
regionale.
Sempre secondo quanto si espone nel ricorso "se poi fosse individuata
una qualche competenza concorrente della Regione, sarebbero stati
violati i principi fissati dalla legge statale", dal momento che
l'art. 69, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59), conserva allo Stato "la determinazione di
valori limite, standard, obiettivi di qualita' e sicurezza e norme
tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela
dell'ambiente sul territorio nazionale".
L'art. 1, comma 5, della legge regionale impugnata, nell'individuare
le fonti rinnovabili di energia, si discosterebbe dalla definizione di
tali fonti contenuta nella direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell'elettricita'), cosi' violando l'art. 117, primo
comma della Costituzione.
La disposizione regionale contrasterebbe, altresi', con l'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, in quanto non risulterebbe adeguata
ai principi fondamentali dettati dallo Stato, il quale, nell'art. 2,
lettera a) del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell'elettricita'), emanato in attuazione della
direttiva 2001/77/CE, avrebbe gia' individuato le fonti di energia
rinnovabili. La disposizione censurata, inoltre, avrebbe "sconfinato
nell'ambito dei principi fondamentali".
Con l'art. 2, comma 1, lettera k), la Regione si sarebbe attribuita le
competenze in ordine al rilascio dell'intesa di cui all'art. 1, comma
1 del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per
garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale); tale intesa,
invece, in base alla suddetta disposizione, dovrebbe intervenire con
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano. In tal modo, risulterebbe
violato il terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, perche' la
norma statale richiamata costituirebbe un principio fondamentale, in
quanto rivolta ad assicurare la fornitura di energia elettrica su
tutto il territorio nazionale.
La medesima disposizione oggetto di censura, inoltre, richiama gli
indirizzi definiti dalla Giunta regionale, ai sensi del comma 3, vale
a dire "gli indirizzi di sviluppo del sistema elettrico regionale
volti a garantire, anche nel medio termine, il raggiungimento ed il
mantenimento di condizioni di sicurezza, continuita' ed economicita'
degli approvvigionamenti in quantita' commisurata al fabbisogno
interno".
La norma, per questa parte, violerebbe i principi fissati dall'art. 1,
comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore
energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia), il quale attribuisce allo
Stato la competenza a "garantire sicurezza, flessibilita' e
continuita' degli approvvigionamenti di energia" (lettera a) e ad
"assicurare la economicita' dell'energia offerta ai clienti finali", e
cioe' proprio le finalita' in vista delle quali la norma impugnata
avrebbe assegnato la competenza alla Regione.
Sarebbe violato anche il comma 4, in particolare la lettera d), della
citata legge statale, che attribuisce sempre allo Stato le competenze
per assicurare la adeguatezza delle attivita' energetiche strategiche
di produzione, trasporto e stoccaggio in modo che si raggiungano
standard di sicurezza e di qualita' del servizio nella distribuzione e
disponibilita' di energia su tutto il territorio nazionale.
Sarebbero infine violati anche i commi 7 e 8 dell'art. 1 della
medesima legge n. 239 del 2004 "nelle molteplici disposizioni rivolte
a garantire, insieme alla programmazione di settore, l'efficienza e
l'equilibrio della rete nazionale".
E' impugnato, inoltre, l'art. 2, comma 1, lettera o) della legge
regionale n. 26 del 2004, il quale attribuisce alla Regione
"l'adozione di indirizzi di sviluppo delle reti di distribuzione di
energia e di misure a sostegno della sicurezza degli
approvvigionamenti per le aree e gli utenti disagiati".
Ad avviso del ricorrente, tale disposizione contrasterebbe con il
principio fondamentale posto dall'art. 14 del decreto legislativo 23
maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme
comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo
41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), il quale attribuisce agli enti
locali l'attivita' "di indirizzo, di vigilanza e di programmazione e
controllo sulle attivita' di distribuzione".
Inoltre, l'art. 3, comma 1, lettera c) della legge regionale
assegnando alle Province la competenza per le autorizzazioni
all'installazione e all'esercizio delle reti di trasporto e
distribuzione dell'energia, violerebbe anch'esso un principio sancito
dall'art. 14 del d.l.gs n. 164 del 2000, il quale, al comma 2,
stabilisce che "per enti locali, ai sensi del primo comma, si debbono
intendere i comuni, unioni di comuni e comunita' montane".
Il ricorrente censura, altresi', l'art. 16, della legge regionale, il
quale, se al comma 6, correttamente attribuisce agli enti locali la
potesta' regolamentare in ordine alla "organizzazione ed allo
svolgimento delle funzioni ad essi attribuite ai sensi della presente
legge", tuttavia, al comma 7 dispone che sino all'entrata in vigore
dei regolamenti locali anche ai procedimenti autorizzativi di
competenza degli enti locali si applicano i regolamenti regionali.
La norma contrasterebbe con l'art. 117, sesto comma, della
Costituzione, che attribuisce ai Comuni la potesta' regolamentare in
ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite. Secondo quanto affermato dalla Corte, il
riparto del potere regolamentare sarebbe strutturato rigidamente e
l'enumerazione tassativa delle competenze porterebbe "ad escludere la
possibilita' di dettare norme suppletive, da chi non e' titolare del
potere corrispondente, in attesa che provveda chi ne ha la
competenza".
E' impugnato anche l'art. 20, comma 1, della legge regionale il quale
disciplina direttamente la possibilita' di mettere fuori uso gli
impianti di generazione di energia elettrica superiori a 10 MVA, in
modo non conforme alla normativa statale di principio, cosi' violando
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La messa fuori uso degli
impianti, infatti, sarebbe disposta in funzione della sicurezza della
rete nazionale e secondo tempi e procedimenti che ne debbono garantire
l'equilibrio e l'efficienza, i quali sarebbero necessariamente di
competenza statale in quanto dovrebbero essere gli stessi su tutto il
territorio nazionale. Ed infatti, l'art. 1-quinquies del decreto-legge
29 agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo
sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza
di energia elettrica), convcrtito, con modificazioni, dalla legge 27
ottobre 2003, n. 290, disciplina il procedimento di competenza statale
a tal fine necessario.
L'Avvocatura censura, poi, l'art. 21, della legge regionale il quale
prevede la stipulazione di intese con lo Stato al fine di assicurare
l'integrazione ed il coordinamento tra la politica energetica
regionale e quella nazionale.
Il ricorrente sostiene che, se alla norma dovesse essere attribuito
"il solo effetto di autorizzare gli organi regionali alla
stipulazione, non sorgerebbero problemi di legittimita'
costituzionale. Se, invece, la stessa norma fosse interpretata come
disciplina sostanziale della materia, essa sarebbe costituzionalmente
illegittima per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g),
poiche' interferisce sull'ordinamento (...e...) sulla organizzazione
dello Stato ponendo norme di procedimento per l'esercizio di funzioni
statali".
Essa violerebbe, altresi', il principio fondamentale fissato nell'art.
1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 7 del 2002, "dove l'intesa e'
prevista con la Conferenza permanente per quanto riguarda la sicurezza
e la garanzia della necessaria copertura del fabbisogno nazionale, e
con la Regione interessata solo per i singoli procedimenti di
autorizzazione".
Per ragioni analoghe e' impugnato, infine, l'art. 22, comma 4, della
legge regionale. Secondo il ricorrente, "se il suo effetto non fosse
solo quello di autorizzare gli organi regionali alla stipulazione
delle intese che vi sono previste, la norma violerebbe gli stessi
principi richiamati sopra perche', incidendo sull'ordinamento e la
organizzazione dell'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas, che
ha competenza nazionale, attribuirebbe alla Regione competenza in una
materia che investe l'intero territorio nazionale, quale e' quella
individuata attraverso il richiamo del primo comma dello stesso art.
22, materia che e' necessariamente sottratta alla singola Regione".
2. In prossimita' della data fissata per la pubblica udienza, la
Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria nella quale contesta
le censure formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso
talune disposizioni della propria legge n. 26 del 2004.
In particolare, la difesa regionale sostiene che sarebbe infondata la
censura relativa all'art. 1, comma 3, lettera c) per violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della
Costituzione dal momento che la disposizione regionale non
assegnerebbe alla Regione il compito di fissare valori-limite delle
emissioni, ne' definire condizioni di compatibilita' ambientale, ma si
limiterebbe ad individuare l'obiettivo di riduzioni delle emissioni
inquinanti e di assicurare condizioni di compatibilita' ambientale.
Inoltre, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione riserva allo Stato il
potere di fissare standard uniformi di tutela su tutto il territorio
nazionale, ma non esclude la competenza regionale alla cura di
interessi funzionalmente collegati a quelli propriamente ambientali.
Con la disposizione censurata la Regione, esercitando le proprie
competenze in materia di energia, tutela della salute e governo del
territorio, perseguirebbe anche fini di tutela ambientale che
integrerebbero le finalita' di tutela minima di competenza statale.
D'altra parte, alla riduzione delle emissioni inquinanti e
climalteranti, concorrerebbero "misure e politiche che sicuramente
rientrano nel campo di iniziativa della Regione e degli enti locali",
quali, ad esempio, "le azioni di informazione ed educazione in ordine
al razionale utilizzo dell'energia; gli strumenti di pianificazione
territoriale ed urbanistica al fine di assicurare il contenimento dei
consumi energetici; i piani urbani del traffico".
Per le medesime ragioni sarebbe infondata anche la dedotta violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
In ordine alla censura avente ad oggetto l'art. 1, comma 5, della
legge regionale n. 26 del 2004, la Regione sostiene che l'elencazione
delle fonti di energia rinnovabili contenuta in tale disposizione
corrisponderebbe perfettamente a quella della direttiva 2001/77/CE, ad
eccezione dell'energia maremotrice, la quale non sarebbe stata inclusa
nell'elenco regionale in quanto ritenuta compresa all'interno
dell'energia idraulica e del moto ondoso. Pertanto la dedotta
violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione sarebbe
insussistente.
Le stesse considerazioni sono svolte anche con riguardo alla
elencazione delle fonti di energia rinnovabili contenuta nel d.l.gs n.
387 del 2003, di tal che anche la censura prospettata per violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe infondata. Quanto al dedotto
sconfinamento dai principi fondamentali, si osserva che ben potrebbe
la Regione riprodurre in proprie disposizioni normative i principi
determinati da leggi statali senza percio' esorbitare dalle proprie
competenze.
Con riguardo, infine, alle ulteriori fonti di energia individuate
dalla legge regionale e assimilate alle fonti rinnovabili, la Regione
osserva come esse riproducano la definizione di fonti assimilate
contenuta nella legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione
del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale
dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili di energia). L'inclusione, poi, quale ulteriore fonte,
dell'idrogeno, conseguirebbe al fatto che l'art. 1, comma 71, della
legge n. 239 del 2004 avrebbe esteso all'energia elettrica prodotta
dall'utilizzo di tale elemento il regime di favore accordato alle
altre fonti rinnovabili.
Inammissibile sarebbe la censura avente ad oggetto l'art. 2, comma 1,
lettera k), della legge regionale, dal momento che il ricorrente
avrebbe mal interpretato la disposizione regionale. Essa, infatti,
farebbe riferimento "all'unica intesa che nell'art. 1, decreto-legge
n. 7 del 2002 riguarda direttamente la singola Regione, e cioe'
l'intesa di cui al comma 2", vale a dire l'intesa rilasciata dalla
singola Regione in relazione ad uno specifico impianto. Non
riguarderebbe, invece, l'intesa di cui al comma 1, la quale e'
demandata alla Conferenza unificata ed e' relativa al fabbisogno
complessivo di impianti a livello nazionale.
Con riguardo alla ulteriore censura proposta avverso il medesimo art.
2, comma 1, lettera k), laddove richiama gli indirizzi definiti dalla
Giunta di cui al comma 3, secondo la difesa regionale si tratterebbe
di censura "inammissibile per contraddittorieta'". Il ricorrente,
infatti, pur contestando la norma che richiama i suddetti indirizzi,
non avrebbe impugnato il comma 3 che attribuisce alla Giunta il potere
di definirli. Ne' l'illegittimita' costituzionale di tale disposizione
potrebbe essere pronunciata dalla Corte facendo applicazione dell'art.
27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte Costituzionale), dal momento che - osserva
la Regione - il comma 3 sarebbe "norma-presupposto" rispetto a quella
di cui al comma 1, lettera k), di modo tale che mancherebbero "le
condizioni per annullare il comma 3 in via di illegittimita'
consequenziale".
La censura sarebbe comunque infondata in quanto proprio la norma
indicata quale parametro interposto violato, cioe' l'art. 1, comma 3,
della legge n. 239 del 2004, riconoscerebbe che tutti gli enti
territoriali devono concorrere al perseguimento degli obiettivi
indicati dall'art. 2, comma 3, della legge regionale n. 26 del 2004.
D'altra parte, la legge regionale attuerebbe tale previsione limitando
l'azione di indirizzo della Giunta al sistema energetico regionale.
Inoltre, la disposizione impugnata, a differenza di quanto sostenuto
dal ricorrente, prenderebbe in adeguata considerazione il sistema
nazionale, prescrivendo alla Giunta regionale di tener conto dello
sviluppo di tale rete. Del resto, a seguire la tesi dell'Avvocatura,
sostiene la Regione, non vi sarebbe alcuno spazio per la
programmazione regionale, espressamente prevista, invece, sia
dall'art. 29, comma 1, del d.l.gs n. 112 del 1998, sia dall'art. 1,
comma 8, della legge n. 239 del 2004.
Insussistente sarebbe, altresi', la asserita lesione dell'art. 1,
comma 4, lettera d) di tale legge, poiche' essa "contempla
espressamente anche le Regioni come responsabili del compito di
garantire l'adeguatezza delle attivita' energetiche strategiche di
produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di
sicurezza e di qualita' del servizio". L'art. 2, comma 1, lettera k),
della legge regionale n. 26 del 2004 darebbe attuazione alla
disposizione statale.
La difesa regionale sostiene, poi, che la censura concernente la
asserita violazione dell'art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 239 del
2004 sarebbe inammissibile per genericita', dato che l'Avvocatura non
avrebbe indicato quali delle complesse disposizioni contenute
nell'articolo citato sarebbero state violate. In ogni caso, la censura
sarebbe infondata poiche' il potere della Giunta di definire gli
indirizzi di sviluppo del sistema regionale non pregiudicherebbe le
funzioni attribuite allo Stato dalla disposizione statale richiamata.
La censura avente ad oggetto l'art. 2, comma 1, lettera o), della
legge regionale, oltre ad essere generica, sarebbe infondata. Infatti,
l'art. 14 del d.l.gs n. 164 del 2000 asseritamente violato,
riguarderebbe l'affidamento del servizio di distribuzione del gas
naturale ed i rapporti fra enti locali e gestori di tale servizio.
Dunque avrebbe un oggetto diverso da quello della disposizione
impugnata, la quale disciplinerebbe gli indirizzi di sviluppo delle
reti di distribuzione dell'energia (e non l'indirizzo dell'attivita'
di distribuzione) ed inoltre si riferirebbe solo al gas naturale,
laddove la norma regionale riguarderebbe genericamente le "reti".
Inoltre, la disposizione statale richiamata risalirebbe ad un periodo
in cui le Regioni non avevano competenza costituzionale in materia di
energia.
Le medesime considerazioni sono svolte dalla Regione anche con
riguardo alle censure concernenti l'art. 3, comma 1, lettera c), della
legge regionale, il quale attribuisce alle Province la competenza a
rilasciare le autorizzazioni alla installazione ed esercizio delle
reti di trasporto e distribuzione dell'energia. Anche in tal caso,
infatti, la lamentata violazione dell'art. 14 del d.l.gs n. 164 del
2000 sarebbe infondata, dal momento che tale norma si occuperebbe solo
dell'affidamento del servizio ed avrebbe un oggetto piu' limitato
rispetto alla disposizione regionale. In ogni caso, secondo la
giurisprudenza costituzionale, nell'ambito della potesta' legislativa
concorrente lo Stato potrebbe solo prevedere "l'assegnazione di una
funzione amministrativa agli enti locali in generale, non ad un
preciso livello istituzionale [...]. Del resto, la competenza della
legge regionale ad assegnare le funzioni ai diversi livelli locali
risulta chiaramente dall'art. 118, secondo comma, Cost.".
La Regione ritiene poi che l'impugnazione dell'art. 16, commi 1 e 6,
della legge regionale sarebbe inammissibile dal momento che avverso di
essi non e' svolta alcuna censura.
Infondata, invece, sarebbe la censura avente ad oggetto l'art. 16,
comma 7.
L'art. 117, sesto comma, della Costituzione nelle materie di
competenza concorrente e residuale attribuisce alla Regione la
potesta' regolamentare e dunque non varrebbe nei suoi confronti il
divieto, che grava invece su chi non sia titolare di tale competenza,
di dettare norme regolamentari suppletive. D'altra parte, agli enti
locali non sarebbe garantita una potesta' regolamentare esclusiva in
determinate materie, ma soltanto un certo margine di autonomia
normativa in relazione alle funzioni ad essi attribuite.
L'art. 16, commi 6 e 7, della legge regionale n. 26 del 2004
rispetterebbe e valorizzerebbe tale autonomia degli enti locali
limitando il valore dei regolamenti regionali al periodo anteriore
all'entrata in vigore dei regolamenti locali.
La disposizione contenuta nell'art. 20, comma 1, della legge
regionale, censurata nella parte in cui disciplina la messa fuori uso
degli impianti di generazione di energia elettrica di potenza nominale
superiore a 10 MVA, sarebbe del tutto conforme alla normativa statale
di cui all'art. l-quinquies del decreto-legge n. 239 del 2003, salva
la precisazione, in essa contenuta, di quale sia 1'"amministrazione
competente" cui tale disposizione si riferisce. La censura, secondo la
difesa regionale, sarebbe infondata in quanto frutto di un'equivoca
interpretazione della disposizione impugnata, la quale non
disciplinerebbe direttamente la materia della messa fuori servizio
degli impianti, richiamando invece la normativa statale.
Ad analoga conclusione perviene la Regione con riguardo alla censura
relativa all'art. 21, della legge regionale, il quale prevede la
stipulazione di intese tra la Regione e lo Stato "per l'integrazione
ed il coordinamento tra la politica energetica regionale e nazionale".
Tali intese costituirebbero un possibile modo di coordinare le
competenze statali e regionali, ma la loro previsione da parte della
disposizione regionale non inciderebbe sulla organizzazione statale
ne' regolerebbe le funzioni statali. Neppure sarebbe violato l'art. 1
del decreto-legge n. 7 del 2002 dal momento che l'art. 21 non
escluderebbe affatto la possibilita' di stipulare intese diverse
rispetto a quelle da esso previste.
La censura avente ad oggetto l'art. 22, comma 4, della legge regionale
n. 26 del 2004 - il quale prevede che "la Regione promuove intese con
l'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas al fine di definire le
modalita' organizzative e procedimentali volte a coordinare le
attivita' di rispettiva competenza" - sarebbe innanzitutto
inammissibile perche' oscura. Nel merito, sarebbe infondata dal
momento che la disposizione regionale non disciplinerebbe
l'organizzazione e le funzioni dell'Autorita', ma si limiterebbe ad
attuare il principio di leale collaborazione.
Anche l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria nella quale
ribadisce le censure svolte nel ricorso.
Osserva il ricorrente che la legge regionale n. 26 del 2004 si
rivolgerebbe al sistema energetico regionale presupponendone "la
separabilita' dal sistema nazionale, tanto da poter essere
disciplinato in modo autonomo da una legge regionale". Ma sarebbe,
tuttavia, necessario verificare che gli interventi su scala regionale
siano compatibili con l'unitarieta' della rete e con i possibili
interventi delle altre Regioni.
Sostiene, inoltre, che la Regione per poter intervenire in
sovrapposizione sulla materia "trasversale" dell'ambiente, dovrebbe
indicare "su quale materia, attribuita alla sua legislazione, intenda
intervenire". Tenuto conto della formulazione dell'art. 1 della legge
regionale impugnata, tale materia dovrebbe ravvisarsi in quella del
territorio, di tal che la legge regionale avrebbe potuto disciplinare
solo interventi concernenti le strutture necessarie alla rete, non le
sue caratteristiche funzionali che non avrebbero alcun impatto sul
territorio.
Il ricorrente afferma di non contestare, invece, che la Regione possa
disciplinare interventi per assicurare un equilibrio tra l'uso
dell'energia nel territorio regionale e l'energia prodotta in tale
ambito.
Con specifico riguardo all'art. 3, comma 1, lettera c), l'Avvocatura
oltre a contestare che la disposizione attenga alla tutela
dell'ambiente, sottratta alla potesta' legislativa regionale, osserva
che laddove si ritenesse che l'obiettivo di riduzione delle emissioni
inquinanti rientri nella materia della tutela della salute, la Regione
si sarebbe dovuta attenere ai principi fondamentali posti dall'art.
69, del d.l.gs n. 112 del 1998 che conserva allo Stato il potere di
determinare i valori limite e gli standard. La Regione ben potrebbe
elevarli, ma solo nell'ambito del proprio territorio. Poiche' l'art. 1
non contiene tale "limitazione o condizione a tutela degli interessi
che si spingono al di la' del suo territorio", esso sarebbe
incostituzionale.
L'Avvocatura, poi, ribadisce, le censure prospettate in relazione alla
elencazione delle fonti di energia rinnovabili contenuta nell'art. 1,
comma 5, sostenendo che la Regione non avrebbe avuto la potesta' di
individuarle a sua volta e neppure di aggiungerne di diverse rispetto
a quelle contenute nella direttiva comunitaria e nella normativa
statale.
Per quanto attiene agli indirizzi fissati dalla Giunta regionale ai
sensi dell'art. 2, comma 3, e richiamati dal comma 1, lettera k), essi
sarebbero rivolti alla tutela di interessi regionali senza alcun
raccordo con quelli delle altre Regioni e dell'intero Paese e
presupporrebbero una configurazione della rete regionale come
separabile da quella nazionale. Evidente sarebbe, pertanto, il
pregiudizio che la funzionalita' di quest'ultima risentirebbe dalla
disciplina regionale, la quale non si sarebbe attenuta ai principi
fondamentali della materia.
L'art. 2, comma 1, lettera o) della legge regionale, discostandosi
dalla previsione di cui all'art. 14 del d.l.gs n. 164 del 2000, il
quale affida agli enti locali l'attivita' di indirizzo, vigilanza e
programmazione e controllo delle attivita' di distribuzione, oltre a
contrastare con un principio fondamentale, contrasterebbe con il
principio di sussidiarieta' di cui sarebbe espressione la disposizione
statale, violando "indirettamente" l'art. 118 della Costituzione.
Anche l'art. 3, comma 1, lettera c) della legge regionale, che
attribuisce alle Province la competenza al rilascio delle
autorizzazioni all'installazione e all'esercizio delle reti di
trasporto e distribuzione dell'energia, contrasterebbe con il
principio di sussidiarieta' di cui sarebbe espressione l'art. 14, del
d.l.gs n. 164 del 2000, il quale avrebbe investito gli enti locali del
servizio di distribuzione del gas naturale. Dunque la disposizione
impugnata violerebbe non solo l'art. 117, terzo comma, ma anche l'art.
118 della Costituzione.
L'art. 20, comma 1, della legge regionale, attraverso il richiamo
all'art. 2, comma 1, lettera j), e all'art. 3, comma 1, lettera b),
disciplinerebbe un procedimento diverso da quello previsto dalla legge
statale per la messa fuori uso degli impianti di generazione di
energia elettrica, violando cosi' i principi fondamentali.
Quanto all'art. 21, della legge regionale, che prevede la stipulazione
di intese con lo Stato, ove esso sia inteso nel senso di autorizzare
gli organi competenti a concludere tali intese, non presenterebbe
profili di incostituzionalita' perche' inciderebbe solo
sull'organizzazione regionale. Ove, invece, rendesse obbligatoria
l'intesa, la norma sarebbe illegittima.
L'Avvocatura individua, poi, un ulteriore profilo di illegittimita'
della disposizione, da ravvisarsi nella violazione del principio
fondamentale espresso dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 7 del
2002 il quale, per evitare il pericolo di interruzione della fornitura
di energia elettrica su tutto il territorio nazionale, richiede
l'intesa in sede di Conferenza permanente. La disposizione impugnata,
prevedendo che l'intesa intervenga solo con la Regione Emilia-Romagna,
violerebbe un principio fondamentale della materia.
Analoghe considerazioni sono infine svolte in relazione all'art. 22,
comma 4.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato numerose
disposizioni della legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre
2004, n. 26 (Disciplina della programmazione energetica territoriale
ed altre disposizioni in materia di energia), con la quale la Regione,
in armonia con gli indirizzi della politica energetica nazionale e
dell'Unione Europea, ha disciplinato gli atti di programmazione e gli
interventi operativi della Regione e degli enti locali in materia di
energia, in conformita' a quanto previsto dall'articolo 117, comma
terzo, della Costituzione, al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile del sistema energetico regionale garantendo che vi sia una
corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la
capacita' di carico del territorio e dell'ambiente (art. 1, comma 1).
2. Il ricorrente censura, in primo luogo, l'art. 1, comma 3, lettera
c), della legge regionale. Il comma 3, dell'art. 1 prevede che "nel
perseguire le finalita' di cui al comma 1, la Regione e gli enti
locali pongono a fondamento della programmazione degli interventi di
rispettiva competenza i seguenti obiettivi generali: (...) c) definire
gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti
e assicurare le condizioni di compatibilita ambientale, paesaggistica
e territoriale delle attivita' di cui al comma 2". Ad avviso del
ricorrente la disposizione richiamata violerebbe l'art. 117, secondo
comma lettera s), della Costituzione, dal momento che la compatibilita
ambientale rientrerebbe nella tutela dell'ambiente, materia assegnata
alla legislazione esclusiva dello Stato. Contrasterebbe, inoltre, con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto violerebbe il
principio fondamentale posto dall'art. 69, comma 1, lettera e), del
d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale
conserva allo Stato la determinazione di valori limite, standard,
obiettivi di qualita' e sicurezza e norme tecniche necessari al
raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul
territorio nazionale.
2.1. Le questioni non sono fondate.
L'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale impugnata
individua gli obiettivi che la Regione intende porre a fondamento
della programmazione degli interventi di competenza propria e degli
enti locali in materia di energia.
Tali obiettivi sono individuati nella riduzione delle emissioni
inquinanti e climalteranti ed inoltre nel garantire che lo svolgimento
delle attivita' di ricerca, coltivazione, produzione, trasformazione,
stoccaggio, trasporto e distribuzione dell'energia sia effettuato in
condizioni di compatibilita ambientale, paesaggistica e territoriale.
La giurisprudenza costituzionale e' costante nel senso di ritenere che
la circostanza che una determinata disciplina sia ascrivibile alla
materia "tutela dell'ambiente" di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione, se certamente comporta il potere dello
Stato di dettare standard di protezione uniformi validi su tutto il
territorio nazionale e non derogabili in senso peggiorativo da parte
delle Regioni, non esclude affatto che le leggi regionali emanate
nell'esercizio della potesta' concorrente di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, o di quella "residuale" di cui all'art.
117, quarto comma, possano assumere fra i propri scopi anche finalita'
di tutela ambientale (si vedano, tra le molte, le sentenze numeri 336
e 232 del 2005; n. 259 del 2004 e n. 407 del 2002).
La disposizione impugnata si inserisce senza dubbio nel quadro della
disciplina dell'energia che, ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
della Costituzione, e' attribuita alla potesta' legislativa
concorrente dello Stato e delle Regioni. Essa, se pure individua, tra
gli obiettivi che intende perseguire attraverso i propri interventi in
campo energetico, quello di ridurre le emissioni inquinanti e di
assicurare le condizioni di compatibilita ambientale nello svolgimento
di determinate attivita', non invade l'ambito di competenza riservato
al legislatore statale dall'art. 117, lettera s) della Costituzione e
non viola alcun principio fondamentale, dal momento che non determina
l'effetto di derogare agli standard di protezione minima degli
equilibri ambientali stabiliti dallo Stato, ne' tanto meno assegna
alla Regione il compito di fissare valori-limite per le emissioni o
standard di protezione dell'ambiente e del paesaggio.
D'altra parte, come rileva la Regione, alla riduzione delle emissioni
concorrono misure e politiche che sicuramente rientrano anche nel
campo proprio delle competenze regionali, quali, ad esempio, l'azione
di informazione ed educazione per il razionale utilizzo dell'energia;
la elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e
urbanistica volte ad assicurare il contenimento energetico; la
predisposizione dei piani urbani del traffico.
3. II ricorrente impugna l'art. 1, comma 5, della legge regionale n.
26 del 2004, il quale, nell'elencare le fonti di energia rinnovabili,
violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto si
sarebbe discostato dalla definizione di tali fonti contenuta nella
direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 (Direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricita'). La disposizione in questione, violerebbe, inoltre,
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, sia in quanto non
risulterebbe adeguata ai principi fondamentali dettati dallo Stato, il
quale - nell'art. 2, lettera a) del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell'elettricita') - avrebbe individuato le fonti di
energia rinnovabili, sia in quanto avrebbe "sconfinato nell'ambito dei
principi fondamentali".
Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura
dello Stato sembra, altresi', censurare l'art. 1, comma 5, anche sotto
un ulteriore profilo, e cioe' in quanto esso individuerebbe anche
fonti energetiche rinnovabili "diverse da quelle riportate nei
principi fondamentali".
3.1. Le questioni sono inammissibili.
Il ricorrente, nel prospettare la violazione dell'art. 117, primo
comma, della Costituzione, si limita ad affermare che i due elenchi di
fonti rinnovabili posti a raffronto, cioe' quello comunitario e quello
regionale, non corrispondono, senza tuttavia individuare i tratti
concreti di questa mancata corrispondenza dai quali discenderebbe la
violazione del parametro evocato; omettendo, in particolare, di
specificare se l'elenco contenuto nella disposizione regionale sia
piu' o meno comprensivo rispetto a quello previsto dalla direttiva
2001/77/CE. Il ricorrente, inoltre, neppure specifica quale sarebbe
l'obbligo comunitario asseritamente violato dalla disposizione
regionale.
Dall'esame comparato della disciplina regionale e di quella
comunitaria emerge che la disposizione censurata, nella prima parte,
riproduce l'elencazione delle fonti di energia rinnovabili contenuta
nella direttiva (e riprodotta nel d.lgs. n. 387 del 2003), omettendo
tuttavia, solo l'energia "maremotrice". La difesa regionale giustifica
tale esclusione, ritenendo compresa questa fonte in quella idraulica e
del moto ondoso.
In realta', a prescindere dalla considerazione che alla base della
mancata previsione di tale fonte energetica e' verosimile che vi sia
la notoria irrilevanza del fenomeno delle maree nel mare prospiciente
la regione Emilia-Romagna, la censura e' formulata in modo del tutto
generico, in contrasto con l'esigenza, ripetutamente affermata da
questa Corte, che il ricorrente svolga specifiche argomentazioni a
sostegno delle proprie doglianze (v., tra le molte, le sentenze n. 51
del 2006, numeri 360 e 336 del 2005).
Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla prospettata
violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal momento
che anche tale censura e' priva di qualsiasi sostegno argomentativo. A
cio' si aggiunga che il ricorrente neppure ha individuato il principio
fondamentale del quale lamenta la violazione, e la cui specificazione,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, e' richiesta a pena di
inammissibilita' della censura (v. sentenza n. 73 del 2004).
Quanto alla censura concernente l'art. 1, comma 5, nella parte in cui
prevede, accanto alle fonti di energia rinnovabili, anche fonti
energetiche assimilate, essa e' stata prospettata per la prima volta
nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, risultando
pertanto inammissibile perche' tardivamente formulata.
4. II Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art. 2, comma 1,
lettera k), della legge regionale n. 26 del 2004, in quanto,
nell'attribuire alla Regione il compito di rilasciare l'intesa di cui
all'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale),
convertito con modificazioni nella legge 9 aprile 2002, n. 55,
violerebbe l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La
disposizione censurata, infatti, si porrebbe in contrasto con il
principio fondamentale espresso nel citato art. 1 del decreto-legge,
secondo il quale l'intesa deve intervenire con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano.
4.1. La questione non e' fondata.
L'art. 2, comma 1, lettera k), della legge regionale n. 26 del 2004,
stabilisce che "la Regione esercita le funzioni concernenti: [...] il
rilascio dell'intesa di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio
2002, n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del
sistema elettrico nazionale), in conformita' agli indirizzi di cui al
comma 3".
L'art. 1 del citato decreto-legge n. 7 del 2002, al comma 1, prevede
che, al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di
energia elettrica su tutto il territorio nazionale, e comunque non
oltre il 31 dicembre 2003, "previa intesa con la Conferenza
permanente", la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia
elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di
modifica o ripotenziamento, le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili all'esercizio degli stessi, siano dichiarati opere di
pubblica utilita' e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata
dal Ministero delle attivita' produttive.
Il comma 2, prevede che l'autorizzazione suddetta sia rilasciata a
seguito di un procedimento unico al quale prendono parte le
amministrazioni statali e locali interessate, "d'intesa con la Regione
interessata".
Dalla lettura delle disposizioni richiamate, emerge innanzitutto come
il ricorrente muova da un'erronea interpretazione della disposizione
impugnata. A differenza di quanto prospettato nel ricorso, l'art. 2,
comma 1, lettera k), della legge regionale n. 26 del 2004 si limita a
richiamare genericamente l'intesa di cui alla legge n. 55 del 2002
(recte: del decreto-legge n. 7 del 2002, convertito nella legge n. 55
del 2002), senza alcuno specifico riferimento a quella prevista dal
comma 1 dell'art. 1 di tale legge.
E' tuttavia evidente che la disposizione regionale, la' dove richiama
l'intesa, faccia riferimento a quella prevista dal comma 2, dell'art.
1 del decreto-legge citato, in quanto si tratta, dell'unica intesa che
riguarda direttamente la singola Regione.
Ma anche a ritenere diversamente, interpretando la disposizione
regionale come riferita anche all'intesa di cui al comma 1, cioe'
all'intesa con la Conferenza permanente, la disposizione e'
suscettibile di un'interpretazione conforme a Costituzione, in quanto,
lungi dall'appropriarsi del potere di rilasciare l'intesa, essa si
limita a disciplinare i criteri secondo i quali il Presidente della
Regione Emilia-Romagna dovra' esprimere il proprio voto in sede di
Conferenza.
4.2. L'art. 2, comma 1, lettera K), e' impugnato anche sotto ulteriori
profili.
Secondo il ricorrente, esso, nel richiamare gli indirizzi definiti
dalla Giunta regionale ai sensi del comma 3, vale a dire gli
"indirizzi di sviluppo del sistema elettrico regionale volti a
garantire, anche nel medio termine, il raggiungimento ed il
mantenimento di condizioni di sicurezza, continuita' ed economicita'
degli approvvigionamenti in quantita' commisurata al fabbisogno
interno", violerebbe l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La
disposizione regionale, infatti, si porrebbe in contrasto con i
principi fondamentali di cui all'art. 1, comma 3, della legge 23
agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche' delega
al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia), il quale attribuisce allo Stato la competenza a "garantire
sicurezza, flessibilita' e continuita' degli approvvigionamenti di
energia" (lettera a) e ad "assicurare la economicita' dell'energia
offerta ai clienti finali", e cioe' proprio le finalita' in vista
delle quali la norma impugnata assegnerebbe la competenza alla
Regione.
L'art. 2, comma 1, lettera k), violerebbe, inoltre, l'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, in quanto si porrebbe in contrasto con i
principi fondamentali di cui all'art. 1, comma 4, - e, in particolare,
alla lettera d) - della citata legge statale, che "attribuisce sempre
allo Stato" la competenza ad assicurare "l'adeguatezza delle attivita'
energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per
assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualita' del servizio
nonche' la distribuzione e la disponibilita' di energia su tutto il
territorio nazionale".
La disposizione impugnata, infine, violerebbe l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione, dal momento che contrasterebbe con i principi
fondamentali posti dall'art. 1, commi 7 e 8, della citata legge
statale, "nelle molteplici disposizioni rivolte a garantire, insieme
alla programmazione di settore, l'efficienza e l'equilibrio della rete
nazionale".
4.3. Innanzitutto deve essere dichiarata l'inammissibilita' della
censura prospettata in relazione all'art. 1, commi 7 e 8, della legge
n. 239 del 2004, dal momento che essa e' formulata in termini del
tutto generici e non contiene alcuna specificazione di quali, tra le
molteplici disposizioni contenute nella norma statale, sarebbero state
violate. Valgono al riguardo le considerazioni svolte al precedente
paragrafo 3.1.
4.4. Le restanti questioni non sono fondate.
Il ricorrente muove da una lettura della disposizione regionale
impugnata secondo la quale, nel fare riferimento al fabbisogno interno
regionale senza considerare quello nazionale, essa presupporrebbe che
la rete regionale operi autonomamente, non tenendo conto del quadro
nazionale e delle esigenze della rete unica.
In realta', la disposizione censurata richiama l'art. 2, comma 3,
della medesima legge regionale, il quale prevede espressamente che la
Giunta regionale, nel predisporre gli indirizzi di sviluppo del
sistema elettrico regionale, tenga conto, tra l'altro, proprio dello
sviluppo della rete nazionale.
Inoltre, lo stesso art. 2, comma 3, a differenza di quanto sostenuto
dal ricorrente, sembra dare attuazione alle disposizioni statali
evocate dal ricorrente come parametro interposto. Innanzitutto, le
finalita' che devono essere perseguite dalla Giunta regionale nella
determinazione degli indirizzi di sviluppo del sistema elettrico
regionale sono proprio gli obiettivi generali della politica
energetica del Paese, individuati dall'art. 1 della legge n. 239 del
2004 ed il cui conseguimento, secondo tale disposizione, deve essere
assicurato sulla base dei principi di sussidiarieta', di
differenziazione, di adeguatezza e di leale collaborazione sia dallo
Stato, che dalle Regioni che dagli enti locali (art. 1, comma 3, della
legge n. 239 del 2004).
Anche la asserita violazione del principio sancito dall'art. 1, comma
4, lettera d), della legge n. 239 del 2004, e' priva di fondamento.
Tale disposizione, infatti, assegna non solo allo Stato - come
sostenuto dal ricorrente - ma espressamente anche alle Regioni il
compito di garantire l'adeguatezza delle attivita' energetiche
strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare
adeguati standard di sicurezza e di qualita' del servizio.
La disposizione regionale impugnata, pertanto, non solo non e' in
contrasto con i principi fondamentali della materia, ma, anzi,
costituisce specifica attuazione di quanto previsto dalla norma
statale, sia pure con limitato riferimento al proprio ambito naturale,
e cioe' a quello relativo al sistema elettrico regionale.
5. E' altresi', impugnato l'art. 2, comma 1, lettera o), della legge
regionale n. 26 del 2004, il quale attribuisce alla Regione
"l'adozione di indirizzi di sviluppo delle reti di distribuzione di
energia e di misure a sostegno della sicurezza degli
approvvigionamenti per le aree e gli utenti disagiati".
Il ricorrente lamenta che tale disposizione contrasterebbe con l'art.
117, terzo comma, della Costituzione, dal momento che violerebbe il
principio fondamentale posto dall'art. 14 del decreto-legislativo 23
maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme
comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo
41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), il quale attribuisce agli enti
locali l'attivita' "di indirizzo, di vigilanza e di programmazione e
controllo sulle attivita' di distribuzione".
Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura ha,
altresi', censurato la disposizione in esame anche in relazione
all'art. 118 della Costituzione per contrasto con il principio di
sussidiarieta' di cui sarebbe espressione la norma statale
richiamata.
5.1. Le questioni sono inammissibili.
Dal semplice raffronto della disposizione regionale censurata con
quella statale richiamata dal ricorrente, emerge che esse hanno ambiti
di applicazione ed oggetti diversi.
Il d.lgs. n. 164 del 2000, evocato dal ricorrente a parametro
interposto, disciplina una specifica fonte energetica, e cioe' il gas
naturale, in attuazione della normativa europea di cui alla direttiva
98/30/CE.
La disposizione regionale censurata, invece, si riferisce, alle reti
di distribuzione dell'energia senza altra specificazione, di modo che
essa deve intendersi riferita alle reti concernenti qualunque fonte
energetica.
Inoltre, l'art. 14 del d.lgs. n. 164 del 2000 disciplina l'affidamento
da parte degli enti locali dell'attivita' di distribuzione del gas,
qualificata come servizio pubblico, e, piu' precisamente, i rapporti
tra gli enti locali e i soggetti affidatari del servizio, disponendo
appunto che gli enti locali svolgono attivita' di indirizzo, di
vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attivita' di
distribuzione.
L'art. 2, comma 1, lettera o), della legge regionale impugnata,
invece, ha ad oggetto la determinazione degli obiettivi della politica
energetica con riguardo allo sviluppo delle reti di distribuzione, ed
anche in relazione alle esigenze locali di garantire lo scopo sociale
del servizio, assicurando l'approvvigionamento delle aree e degli
utenti disagiati.
Il parametro interposto evocato dall'Avvocatura risulta, dunque,
inconferente rispetto alla norma impugnata e rende pertanto
inammissibile la questione sollevata nel ricorso.
Parimenti inammissibile e' la censura prospettata in relazione
all'art. 118 della Costituzione, in quanto formulata tardivamente.
6. II ricorrente ha impugnato anche l'art. 3, comma 1, lettera c),
della legge regionale in questione, il quale assegna alle Province la
competenza al rilascio delle autorizzazioni all'installazione e
all'esercizio delle reti di trasporto e distribuzione dell'energia.
Lo Stato lamenta la violazione dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, stante il contrasto con il principio posto dall'art. 14,
comma 2, del d.lgs. n. 164 del 2000, ai sensi del quale per enti
locali, ai sensi del primo comma, si debbono intendere i comuni,
unioni di comuni e comunita' montane e, dunque, non le Province.
Nella successiva memoria l'Avvocatura ha prospettato, quale ulteriore
profilo di illegittimita' della norma, la violazione dell'art. 118
della Costituzione e del principio di sussidiarieta' di cui sarebbe
espressione la disposizione statale evocata a parametro interposto.
Anche tale questione e' inammissibile, per le medesime ragioni sopra
evidenziate.
Il parametro evocato, anche in questo caso, non e' pertinente, dal
momento che il d.lgs. n. 164 del 2000 disciplina solo il gas naturale
e, soprattutto, in quanto l'art. 14 del citato decreto regola
l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, mentre la
disposizione regionale si riferisce all'installazione e all'esercizio
delle reti di trasporto e distribuzione dell'energia.
Inammissibile e' altresi' la questione formulata in relazione all'art.
118 della Costituzione, trattandosi di censura proposta tardivamente.
7. Anche l'art. 16, commi 1, 6 e 7, della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004 e' oggetto di impugnazione da parte del
Governo.
Il comma 1 di tale disposizione stabilisce che la Giunta regionale
"emana, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge,
uno o piu' regolamenti volti a disciplinare le procedure autorizzative
di propria competenza". Ai sensi del successivo comma 6, "gli enti
locali esercitano il potere regolamentare in ordine alla
organizzazione ed allo svolgimento delle funzioni ad essi attribuite
ai sensi della presente legge", mentre il comma 7 prevede che fino a
quando tali regolamenti non siano entrati in vigore, anche ai
procedimenti autorizzativi di competenza degli enti locali si
applichino i regolamenti regionali di cui al comma 1, i quali
cesseranno di avere efficacia non appena entrino in vigore i
regolamenti locali.
Il ricorrente lamenta che le suddette disposizioni violerebbero l'art.
117, sesto comma, della Costituzione, il quale attribuendo ai Comuni
la potesta' regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni attribuite,
escluderebbe che la Regione possa dettare norme suppletive.
Occorre, preliminarmente, osservare che, benche' siano espressamente
impugnati anche i commi 1 e 6 dell'art. 16, le censure del ricorrente
si appuntano unicamente sul comma 7 ed e' pertanto a tale disposizione
che deve intendersi circoscritta la questione sollevata.
7.1. La questione e' fondata.
Conformemente al dettato dell'art. 117, sesto comma, della
Costituzione, l'art. 16, comma 6, della legge impugnata riconosce agli
enti locali il potere regolamentare concernente l'organizzazione e lo
svolgimento delle funzioni che la medesima legge regionale attribuisce
loro in materia di energia; tuttavia, quanto disposto dal successivo
comma 7 illegittimamente contraddice questa normativa.
Infatti, la disposizione impugnata in realta' amplia, seppure in via
suppletiva, l'oggetto del regolamento quale definito dal comma 1
dell'art. 16 ("disciplinare le procedure autorizzative di propria
competenza"), estendendolo alla disciplina dell'organizzazione e
dell'esercizio delle funzioni attribuite ai Comuni e agli altri enti
locali territoriali.
Tuttavia, se il legislatore regionale nell'ambito delle proprie
materie legislative dispone discrezionalmente delle attribuzioni di
funzioni amministrative agli enti locali, ulteriori rispetto alle loro
funzioni fondamentali, anche in considerazione dei principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma
dell'art. 118 della Costituzione, non puo' contestualmente pretendere
di affidare ad un organo della Regione - neppure in via suppletiva -
la potesta' regolamentare propria dei Comuni o delle Province in
riferimento a quanto attribuito loro dalla legge regionale medesima.
Nei limiti, infatti, delle funzioni attribuite dalla legge regionale
agli enti locali, solo quest'ultimi possono - come espressamente
affermato nell'ultimo periodo del sesto comma dell'art. 117 Cost. -
adottare i regolamenti relativi all'organizzazione ed all'esercizio
delle funzioni loro affidate dalla Regione.
La previsione oggetto di censura non potrebbe neppure giustificarsi
nell'ambito dei poteri sostitutivi ordinari della Regione sugli enti
locali; ammesso, infatti, che i poteri sostitutivi siano configurabili
in relazione ai regolamenti degli enti locali, si tratterebbe
comunque, nel caso di specie, di un intervento preventivo, configurato
oltretutto in assenza di una qualunque ipotesi di inadempimento da
parte dell'ente locale rispetto ad un obbligo a provvedere, come e'
confermato sia dal primo comma dell'art. 16, che prevede un termine di
dodici mesi per l'adozione degli stessi regolamenti regionali, sia dal
quarto comma dello stesso art. 16, che prevede che in attesa dei
regolamenti regionali "si applichino le norme e le procedure
vigenti".
8. II ricorrente impugna, poi, l'art. 20, comma 1, della legge della
Regione Emilia-Romagna n. 26 del 2004, il quale, nel prevedere
direttamente la possibilita' di mettere fuori uso gli impianti di
generazione di energia elettrica superiori a 10 MVA, violerebbe l'art.
117, terzo comma, della Costituzione. La disposizione censurata,
infatti, ad avviso dell'Avvocatura, disciplinerebbe i criteri di messa
fuori servizio dei suddetti impianti in modo non conforme alla
normativa statale, la quale soltanto sarebbe competente a
determinarli, dovendo esserne assicurata l'omogeneita' su tutto il
territorio nazionale al fine di garantire la sicurezza della rete
nazionale.
8.1. La questione non e' fondata.
L'art. 20, che disciplina le condizioni di esercizio degli impianti,
al comma 1 stabilisce: "Gli impianti di generazione di energia
elettrica di potenza nominale maggiore di 10 MVA sono mantenuti in
stato di perfetta efficienza dai proprietari o dai titolari
dell'autorizzazione e possono essere messi definitivamente fuori
servizio secondo termini e modalita' autorizzati dall'Amministrazione
competente ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera j), e
dell'articolo 3, comma 1, lettera b), secondo quanto disposto
dall'articolo 1-quinquies della legge 27 ottobre 2003, n. 290".
L'art. l-quinquies della legge 27 ottobre 2003, n. 290 (Conversione in
legge, con modificazioni, del D.L. 29 agosto 2003, n. 239, recante
disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale
e per il recupero di potenza di energia elettrica. Deleghe al Governo
in materia di remunerazione della capacita' produttiva di energia
elettrica e di espropriazione per pubblica utilita'), a sua volta,
dispone che "gli impianti di generazione di energia elettrica di
potenza nominale maggiore di 10 MVA sono mantenuti in stato di
perfetta efficienza dai proprietari o dai titolari dell'autorizzazione
e possono essere messi definitivamente fuori servizio secondo termini
e modalita' autorizzati dall'Amministrazione competente, su conforme
parere del Ministero delle attivita' produttive, espresso sentito il
gestore della rete di trasmissione nazionale in merito al programma
temporale di messa fuori servizio".
Anche tale disposizione, dunque, fa riferimento, per la messa fuori
servizio degli impianti, a quelli di potenza nominale maggiore di 10
MVA e prevede che essa sia autorizzata dall'"autorita' competente",
senza ulteriori specificazioni.
La legge regionale, nell'impugnato art. 20, individua tale autorita'
innanzitutto in quella indicata dall'art. 2, comma 1, lettera j), e
cioe' la Regione che, ai sensi di tale ultima disposizione, e'
competente a rilasciare le autorizzazioni concernenti gli "impianti di
produzione di energia di potenza superiore a 50 MW termici alimentati
da fonti convenzionali e rinnovabili". Tale articolo, peraltro, fa
salve, espressamente, "le competenze riservate allo Stato dalle
disposizioni legislative vigenti".
L'art. 20 della legge regionale, inoltre, individua quale autorita'
competente anche quella indicata dall'art. 3, comma 1, lettera b), e
cioe' le Province, le quali provvedono al rilascio delle
autorizzazioni "all'installazione e all'esercizio degli impianti di
produzione di energia previste dalla legislazione vigente, non
riservate alle competenze dello Stato e della Regione".
Per il resto, l'art. 20 della legge regionale n. 26 del 2004 richiama
"quanto disposto dall'articolo l-quinquies della legge 27 ottobre
2003, n. 290". Tale richiamo deve intendersi operato alla necessita'
del previo parere conforme del Ministro delle attivita' produttive,
espresso dopo aver sentito il Gestore della rete di trasmissione
nazionale.
Dagli elementi evidenziati emerge che l'art. 20 della legge regionale
impugnata fa riferimento unicamente agli impianti di produzione di
energia che rientrano nell'ambito delle competenze provinciali e
regionali, mentre fa espressamente salve "le competenze riservate allo
Stato dalle disposizioni legislative vigenti" (art. 2, comma 1,
lettera j).
Dunque essa non prevede alcun criterio per la messa fuori servizio
degli impianti limitandosi solo a specificare quale sia l'autorita'
competente al riguardo.
9. E' impugnato l'art. 21 della legge della Regione Emilia-Romagna n.
26 del 2004, il quale prevede che "la Regione stipula con lo Stato
intese al fine di assicurare l'integrazione ed il coordinamento tra la
politica energetica regionale e nazionale, concorrere ad elevare la
sicurezza, l'affidabilita' e la continuita' degli approvvigionamenti
in quantita' commisurata al fabbisogno energetico regionale, garantire
l'esercizio coordinato delle funzioni di rispettiva competenza, sulla
base dei principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e
leale collaborazione".
Sostiene l'Avvocatura dello Stato che tale disposizione, ove fosse
interpretata come disciplina sostanziale della materia, violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, "poiche'
interferisce sull'ordinamento e sulla organizzazione dello Stato
ponendo norme di procedimento per l'esercizio di funzioni statali".
Violerebbe altresi' l'art. 117, terzo comma, della Costituzione,
ponendosi in contrasto con il principio fondamentale fissato nell'art.
1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 7 del 2002, "dove l'intesa e'
prevista con la Conferenza permanente per quanto riguarda la sicurezza
e la garanzia della necessaria copertura del fabbisogno nazionale, e
con la Regione interessata solo per i singoli procedimenti di
autorizzazione".
9.1. Le questioni non sono fondate.
Proprio il tenore letterale dell'art. 21 della legge regionale n. 26
del 2004 esclude che esso imponga allo Stato il compimento di
determinate attivita', e, in particolare, la stipulazione delle intese
da essa previste. La disposizione impugnata, infatti, si rivolge
unicamente alla Regione, mentre non contiene alcuna disciplina
unilaterale di funzioni statali (v. sentenza n. 429 del 2004).
Priva di fondamento e' anche la asserita violazione dell'art. 1 del
decreto-legge n. 7 del 2002, il quale, come si e' visto sopra
(paragrafo 4.1), disciplina specificamente la costruzione e
l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a
300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, le opere
connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli
stessi, prevedendo la stipula di una previa intesa con la Conferenza
permanente.
La disposizione regionale ha, invece, un ambito di applicazione
diverso e piu' ampio rispetto alla norma statale, riferendosi
genericamente alle intese che la Regione potra' stipulare per
finalita' di integrazione e coordinamento della politica regionale e
nazionale in materia di energia, per garantire sicurezza,
affidabilita' e continuita' degli approvvigionamenti e per assicurare
l'esercizio coordinato delle diverse funzioni.
Non e' pertanto configurabile alcuna violazione dei principi
fondamentali della materia.
10. Infine, e' censurato l'art. 22, comma 4, della legge regionale, il
quale dispone che "la Regione promuove intese con l'Autorita' per
l'energia elettrica ed il gas al fine di definire le modalita'
organizzative e procedimentali volte a coordinare le attivita' di
rispettiva competenza riferite agli obblighi di cui al comma 1, anche
attraverso lo scambio di informazioni riguardo alle inottemperanze
riscontrate ed alle sanzioni applicate".
Sostiene il ricorrente che tale disposizione, ove interpretata nel
senso di incidere "sull'ordinamento e la organizzazione dell'Autorita'
per l'energia elettrica ed il gas, che ha competenza nazionale",
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione,
poiche' attribuirebbe alla Regione competenza "in una materia che
investe l'intero territorio nazionale, qual e' quella individuata
attraverso il richiamo del primo comma dello stesso art. 22, materia
che e' necessariamente sottratta alla singola Regione".
10.1. La questione non e' fondata.
A prescindere, infatti, da una certa oscurita' delle argomentazioni
svolte dal ricorrente, valgono le medesime considerazioni svolte al
paragrafo 9, dal momento che la disposizione impugnata non incide
sull'ordinamento e sull'organizzazione dell'Autorita' per l'energia
elettrica, limitandosi a contemplare un potere della Regione di
sollecitare la conclusione di intese con tale Autorita'.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 7, della
legge della Regione Emilia-Romagna 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina
della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in
materia di energia);
dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 5, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 26
del 2004, sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
relazione all'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione, con
il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera k), della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, e in relazione all'art. 1, commi 7 e 8, della legge 23
agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche' delega
al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia), con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera o), della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri, in relazione all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, comma 1, lettera c), della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri, in relazione all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 3, lettera c), della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004, sollevate dal Presidente del Consiglio
dei ministri, in relazione all'art. 117, commi secondo, lettera s), e
terzo, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera k), della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 26 del 2004, sollevate dal Presidente del Consiglio
dei ministri, in relazione all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 26
del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il
ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 21, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 26 del 2004,
sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione
all'art. 117, commi secondo, lettera g), e terzo, della Costituzione,
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 22, comma 4, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 26
del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
relazione all'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione,
con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 21 giugno 2006.
IL PRESIDENTE	IL REDATTORE
Annibale Marini	Ugo De Siervo
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2006.
IL DIRETTORE DELLA CANCELLERIA
Giuseppe Di Paola

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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