CORTE COSTITUZIONALE

RICORSO 21 febbraio 2006, n. 24

Ricorso n. 24 depositato il 21 febbraio 2006 del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato contro Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria di illegittimita' degli artt. 5 e 6, comma 1 della L.R. Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 - Disposizioni in materia tributaria - pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione 22 dicembre 2005, n. 167

(pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a
norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956)
La Legge regionale Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 recante
disposizioni in materia tributaria (pubbl. nel Bollettino Ufficiale
della Regione 22 dicembre 2005, n. 167) ha, in particolare:
a) all'art. 5 disposto che "rientrano nella classificazione prevista
nell'Allegato 1, tariffa c) del DPR 5 febbraio 1953, n. 39 (t.u. delle
leggi sulle tasse automobilistiche) gli autoveicoli adibiti a scuola
guida, a condizione che sulla licenza siano apposte le annotazioni
previste nello stesso decreto";
b) all'art. 6, comma 1, nell'aggiungere un ulteriore comma all'art. 7
bis della L.R. 19 agosto 1996, n. 31 (disciplina del tributo speciale
per il deposito in discarica dei rifiuti solidi), disposto che "nel
caso in cui venga esercitata l'azione penale il termine di cui al
comma 1 decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che
definisce il giudizio penale".
Le or richiamate disposizioni della legge regionale appaiono
costituzionalmente illegittime in riferimento ai parametri in appresso
indicati e pertanto, ex art. 127 Cost. e sulla base della delibera del
Consiglio dei ministri che si produce sub 1 con la richiamata
relazione, il Governo propone il presente ricorso deducendo i
seguenti
MOTIVI
1 - Art. 5, L.R. 23/05: Violazione degli artt. 117, comma 2, lett. e)
e 119 Cost. (in relazione all'All. 1, tariffa C, al DPR 5 febbraio
1953, n. 39 e succ. mod.).
Secondo il costante insegnamento della Corte (cfr. da ultimo, Sentenza
n. 455/05) in tema di ripartizione delle competenze legislative
concernenti la cd. tassa automobilistica regionale - disciplinata
fondamentalmente dal DPR 5 febbraio 1953, n. 39 e successive
modificazioni, attribuita alle regioni a s.o. dall'art. 23 del DLgs 30
dicembre 1992, n. 504, e regolata anche dall'art. 17, comma 10 della
Legge 27 dicembre 1997, n. 449 - il legislatore statale, pur
attribuendo alle regioni stesse il gettito del tributo ed un limitato
potere di variazione dell'importo originariamente stabilito, oltre che
l'attivita' amministrativa concernente la riscossione, i rimborsi, il
recupero della tassa stessa e l'applicazione delle sanzioni, ha
tuttora mantenuto ferma la disciplina per ogni altro aspetto
sostanziale attinente al medesimo tributo. La tassa automobilistica
regionale, pertanto, seppur "attribuita" alle regioni quanto a gettito
non rientra tra i "tributi propri" della Regione ai sensi del vigente
art. 119, comma 2, Cost. - il quale si riferisce ai soli tributi
istituiti dalle regioni con proprie leggi nel rispetto del principio
del coordinamento con il sistema tributario statale - e non e'
divenuta oggetto di legislazione concorrente ai sensi del comma 3
dell'art. 117 Cost., rientrando tuttora la sua regolamentazione nella
esclusiva competenza legislativa dello Stato in materia di tributi
erariali, secondo quanto previsto dall'art. 117, comma 2, lett. e)
della Cost., e restando correlativamente precluso alla regione il
potere di introdurre una qualsiasi modifica alla stessa disciplina,
quale dettata dal legislatore statale (cfr. anche Sentenze 296, 297,
311 del 2003).
L'All. 1 tariffa C) al DPR 5 febbraio 1953, n. 39, nel testo vigente -
nel fissare le tasse annue per le autovetture adibite al trasporto di
persone e le autovetture adibite al trasporto promiscuo di persone e
cose - prevede (alla nota 3) la riduzione del 40 per cento per le
autovetture adibite a scuola guida, a condizione che sia annotata
sulla carta di circolazione apposita attestazione.
Con l'art. 5 qui in esame la L.R. n. 23 del 2005 dispone invece che
nella classificazione di cui all'All. 1, tar. C), All. al cit. DPR
39/53 rientrano gli autoveicoli adibiti a scuola guida, sempre che
sulla licenza di circolazione siano apposte le previste annotazioni,
estendendo pertanto la riduzione della tassa a tutti gli autoveicoli
(art. 54, comma 1, cod. str.) destinati a scuola guida, in difformita'
rispetto a quanto previsto dal legislatore statale con previsione
facente riferimento alle sole autovetture (e cioe' ai soli veicoli
destinati al trasporto di persone aventi al massimo nove posti: art.
54, comma 1, lett. a), cod. str.) adibite a tale finalita'.
La norma legislativa regionale contenuta nell'art. 5 della L.R. 23/05,
in quanto viene a costituire esercizio di una potesta' normativa che
non compete alla Regione e nel modificare il trattamento agevolativi
previsto dal legislatore statale estendendola ad una categoria di
veicoli non contemplata dallo stesso, e' da ritenere pertanto
costituzionalmente illegittima.
2 - Art. 6, comma 1, L.R. 23/05: Violazione degli artt. 3, 117, comma
2, lett. e) e lett. i) e 119 Cost.
L'art. 3 della Legge statale 18 dicembre 1995, n. 549, al comma 24 ha
istituito con decorrenza dall'1 gennaio 1996 il tributo speciale per
il deposito in discarica dei rifiuti solidi: trattasi di tributo, non
proprio delle regioni ai sensi dell'art. 119 Cost. ma "statale" in
quanto istituito e fondamentalmente regolato dalla legge statale anche
per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio delle relative
violazioni, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza
della Corte (cfr., da ultimo, Sentenza 397/2005), pur se il relativo
gettito affluisce alle regioni, cui compete il potere di
determinazione del relativo ammontare, nei limiti fissati dalla legge
statale, ed alle leggi delle quali e' rimessa (comma 34 dell'art. 3,
cit.) la disciplina dell'accertamento, della riscossione, dei
rimborsi, del contenzioso amministrativo e di quanto non previsto dai
commi 24 e 41 del medesimo articolo.
L'art. 6, comma 1 della L.R. qui in esame nell'integrare, con
l'introduzione del comma 1-bis, l'art. 7 bis della L.R. 31/96 (gia'
aggiunto dall'art. 12 della L.R. 22 dicembre 2003, n. 30, e secondo il
quale l'accertamento delle violazioni in tema di tributo speciale per
il deposito in discarica deve essere eseguito, a pena di decadenza,
entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello nel quale e'
stata commessa la violazione), dispone che nel caso in cui venga
esercitata l'azione penale, il predetto termine quinquennale prende a
decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il
processo penale.
Siffata previsione legislativa nell'ampliare, per effetto del cosi'
disposto "differimento" del relativo momento iniziale ancorato al
passaggio in giudicato della sentenza penale, il termine di decadenza
dell'accertamento delle violazioni in materia viola - secondo l'avviso
del Governo ricorrente - i parametri costituzionali denunciati in
epigrafe e va conseguentemente dichiarata costituzionalmente
illegittima.
Non puo' sfuggire la preliminare considerazione che la norma impugnata
- nei termini generici della sua formulazione ("nel caso in cui venga
esercitata l'azione penale") e per il suo riferimento al "passaggio in
giudicato della sentenza che definisce il processo penale" - e' da
ritenere priva di intrinseca coerenza razionale sia per quanto, sotto
il primo profilo, appare consentire a fronte dell'avvenuto esercizio
di azione penale (per qualunque reato) il differimento della
decorrenza del termine di decadenza per l'accertamento di ogni
violazione alla normativa tributaria in materia e non nel solo caso
che il procedimento penale, abbia per oggetto i medesimi fatti
costituenti anche la stessa violazione (o fatti penalmente rilevanti
dal cui accertamento dipende l'accertamento della medesima); sia per
quanto, sotto il secondo profilo, fa riferimento solo al passaggio in
giudicato della sentenza resa a definizione del processo penale (e
quindi logicamente alla sentenza, di condanna o di proscioglimento,
pronunciata in giudizio, peraltro piu' esattamente qualificabile come
irrevocabile: art 648 c.p.p.) e non anche ad altri tipi di sentenze
che ugualmente definiscono il processo penale come quelle di non luogo
a procedere (art. 425 c.p.p.), per le quali evidentemente non puo'
parlarsi di "passaggio in giudicato".
Ma, in disparte tale preliminare rilievo la disposizione in esame, nel
differire ad un tempo "non predeterminato" (per effetto del
collegamento iniziale alla data del passaggio in giudicato della
sentenza penale) il termine "quinquennale" per l'accertamento delle
violazioni tributarie de quibus da parte dell'Amministrazione, appare
di per se' non coerente con il canone di ragionevolezza di cui
all'art. 3 Cost., in quanto viene in misura eccessivamente gravosa ad
incidere negativamente sul legittimo affidamento del contribuente
nella certezza dei rapporti giuridici con l'A.F. - rimanendo in tal
modo lo stesso esposto all'esercizio della potesta' sanzionatoria
tributaria temporalmente disancorata, anche di molti anni, rispetto
dalla data della contestata violazione, con i conseguenti riflessi
anche sull'effettivita' del suo diritto di difesa (e della doverosa
tutela di tale affidamento e' espressione anche l'art. 3, in part.
comma 3, della Legge n. 212 del 2000, cd. statuto del contribuente,
che contiene i principi generali dell'ordinamento tributario, in
conformita' delle quali anche le regioni devono legiferare: art. 1,
legge cit.) - senza che il sacrificio della posizione del contribuente
stesso trovi la sua ragionevole e "proporzionata" giustificazione
nella impossibilita' per l'Amministrazione di provvedere
tempestivamente, e cioe' nel termine di decadenza decorrente dalla
commissione della violazione, all'accertamento in via amministrativa
della violazione alla norma tributaria nell'esercizio degli ordinari
propri autonomi poteri anche di indagine e di controllo attribuitile
dalla legge (comma 33, art. 3, Legge n. 549), non essendo certamente
tale sua attivita' in alcun modo preclusa dalla pendenza
dell'eventuale procedimento penale per fatti-reato. E' ben noto,
d'altronde, che secondo il costante insegnamento anche della Corte di
Cassazione (cfr. ex multis le Sentenze 10945/2005; 9109/2002) ed
attesi i limiti soggettivi e oggettivi scaturenti dall'art. 654
c.p.p., va esclusa la automatica estensione degli effetti vincolanti
della sentenza penale irrevocabile, di proscioglimento o di condanna,
con riguardo all'azione accertatrice dell'ufficio tributario (cosi'
come alla pronuncia del giudice tributario): di modo che la contestata
decorrenza del termine di accertamento amministrativo della violazione
tributaria non puo' trovare ragionevole fondamento neppure in una
ipotetica necessaria pregiudizialita' penale rispetto all'accertamento
stesso, potendo semmai la pendenza del processo penale ragionevolmente
fondare, non gia' il differimento del termine iniziale del termine di
decadenza del potere di accertamento dell'Amministrazione, semmai la
temporanea ineseguibilita' della relativa pretesa tributaria ed
operare quindi solo sui termini di riscossione del credito oggetto del
medesimo accertamento.
D'altro lato, appare ugualmente evidente come con la disposizione qui
in discussione, il legislatore regionale abbia - e di qui la
denunciata violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e), in raffronto
all'art. 119, nonche' della lett. i) dello stesso comma Cost. -
dettato una disciplina del rapporto tributario, sotto lo specifico
profilo della conformazione temporale del potere di accertamento
dell'Amministrazione e quindi del termine previsto per la consumazione
dello stesso nei rapporti con il soggetto passivo della imposta, la
quale esula dai poteri attribuiti al legislatore stesso (in quanto il
comma 34, dell'art. 3 della Legge 549/95 rimette in realta' a quel
legislatore la regolamentazione degli aspetti gestionali e applicativi
della procedura di accertamento), e che comunque si discosta e si
contrappone ai principi generali che, nel sistema tributario statale
(nel quale si inquadra, come si e' detto, il tributo de quo) percio'
riservato al legislatore dello Stato, regolano in termini di reciproca
autonomia i rapporti tra procedimento amministrativo tributario e
processo penale (anche ed in particolare per quanto attiene ai termini
di decadenza per l'attivazione del primo) e dai quali non era dato
alla Regione prescindere dettando invece una disciplina ai medesimi
opposta.
Richiamato il costante orientamento interpretativo della
giurisprudenza in ordine all'art. 654 c.p.p., va invero rammentato, da
un lato, che l'art. 20 del DLgs 18 dicembre 1997, n. 472, che
stabilisce le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in
materia tributaria ed ai cui artt. 16 e 17 la L.R. n. 31 del 1996
(art. 5) fa del resto espresso richiamo, pone il principio che l'atto
di contestazione di cui all'art. 16 ovvero l'atto di irrogazione
devono essere comunque notificati, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui e' avvenuta la
violazione (e a tale previsione e' conforme il comma 1 dell'art. 7 bis
della cit. Legge n. 31, come sopra integrata) ovvero nel maggior
termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi, in ogni caso
indipendentemente ed a prescindere dalla pendenza e tanto piu'
dall'esito dell'eventualmente coesistente procedimento penale, come
tale necessariamente irrilevante ai fini della decorrenza del predetto
termine; e, d'altro lato, ed in coerenza con tale principio, il DLgs
n. 74 del 10 marzo 2000, contenente la nuova disciplina dei reati in
materia di ii. sui redditi e di IVA, all'art. 20 specifica che il
provvedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario
non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale
(avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento
comunque dipende la relativa definizione) ed al successivo art. 21
dispone che l'ufficio irroga comunque le sanzioni amministrative
relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato
(salva la limitata non eseguibilita' delle stesse sino alla
definizione del procedimento penale), rimanendo escluso quindi, che la
definizione di tale procedimento possa assurgere a momento iniziale di
decorrenza del termine decadenziale previsto per l'attivita'
amministrativa di accertamento (tanto dell'imposta che delle relative
violazioni), ancorato unicamente al periodo in cui e' insorta la
relativa pretesa dell'Amministrazione.
P.T.M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente
ricorso, dichiarare la illegittimita' costituzionale degli artt. 5 e
6, comma 1 della L.R. Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23.
Si produrra' la copia conforme della delibera (per estratto) del
Consiglio dei Ministri 10 febbraio 2006, con la richiamata relazione.
Roma, 15 febbraio 2006
IL CANCELLIERE	AVVOCATO DELLO STATO
M.R. Fruscella	Giancarlo Mando'

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