RICORSO DEPOSITATO L' 1 giugno 2005, n. 66
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffuci in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta regionale per la dichiarazione di illeggittimita' costituzionale della L.R. 31 marzo 2005, n. 13 "Statuto della Regione Emilia-Romagna", pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione l'1 aprile 2005, in relazione agli articoli 123, 117, comma 1, 127, 134, 1, 3, 48 della Costituzione (pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell'art. 24 delle Nome integrative del 16 marzo 1956)
La delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, approvata dal
Consiglio regionale in prima deliberazione l'1 luglio 2004 ed in
seconda deliberazione il 14 settembre 2004, veniva pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione in data 16 settembre 2004 n. 23.
A pag. 17 dello stesso Bollettino, in calce alla delibera statutaria,
veniva pubblicato l'avvertimento che entro tre mesi dalla
pubblicazione sarebbe stato possibile chiedere di procedere a
referendum popolare ai sensi dell'art. 123, comma terzo, Cost. e
della legge regionale 25 ottobre 2000, n. 29 (recante disciplina del
referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi
dell'art. 123 Cost.).
Con ricorso notificato il 15 ottobre 2004, depositato il 21 ottobre
successivo, il Governo della Repubblica promuoveva dinanzi alla Corte
Costituzionale questione di legittimita' costituzionale in ordine ad
alcune norme della delibera statutaria.
Con sentenza n. 379 depositata il 6 dicembre 2004, pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, la Corte Costituzionale,
respinte alcune censure e dichiarate altre censure inammissibili,
dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 2,
terzo periodo, dell'anzidetta delibera statutaria.
Nel Bollettino Ufficiale dell'1 aprile 2005 veniva pubblicata la
legge regionale 31 marzo 2005, n. 13 " Statuto della Regione
Emilia-Romagna" con la seguente formula "Il Consiglio regionale ha
approvato; nessuna richiesta di referendum e' stata presentata; il
Presidente della Giunta regionale promulga . . . ".
Il testo della legge pubblicato non coincide con quello delle
delibere statutarie 1 luglio-14 settembre 2004, oggetto della
precedente pubblicazione 16 settembre 2004, risultando omesso il
terzo periodo del comma 2 dell'art 45, dichiarato incostituzionale.
Nello stesso Bollettino, in calce alla legge, sotto la dicitura
"Lavori Preparatori" e dopo la citazione degli estremi del ricorso
governativo avverso le delibere statutarie e della sentenza della
Corte Costituzionale, risulta la seguente testuale indicazione: "-
presa d'atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 379 del
29/11/2004, con deliberazione del Consiglio regionale n. 638 del
18/1/2005".
La Legge 31 marzo 2005, n. 13, giusta delibera del Consiglio dei
Ministri 20 maggio 2005, viene denunziata per illegittimita'
costituzionale per le ragioni che seguono.
1. La questione che si sottopone all'esame della Corte attiene ai
rapporti tra la proposizione della questione di legittimita'
costituzionale dello statuto regionale da parte del Governo e la
promozione del referendum popolare sullo statuto, i cui termini,
rispettivamente di trenta giorni e di tre mesi secondo le previsioni
dei commi 2 e 3 dell' art. 123 Cost., decorrono entrambi dalla
pubblicazione notiziale dello statuto medesimo deliberato in seconda
lettura dal Consiglio regionale.
In particolare, nel quadro costituzionale delineato dall'art. 123
Cost., si pone il problema di quali siano gli effetti sul termine e
sul procedimento referendario della sentenza della Corte
Costituzionale che accolga (in tutto o in parte) il ricorso
governativo.
Al riguardo appare obbligata la risposta che qualunque dichiarazione
di illegittimita' della delibera statutaria, anche se limitata ad
alcune disposizioni, determina comunque (in dipendenza
dell'annullamento parziale) una modifica di questa, con la
conseguente necessita' di un nuovo esame del Consiglio regionale per
definire compiutamente, attraverso due deliberazioni successive
adottate ad intervallo non minore di due mesi, il testo dello statuto
che si intende definitivamente varare: il testo risultante
dall'intervento della Corte Costituzionale ovvero un testo
eventualmente "assestato" dal Consiglio dopo la pronunzia della
Corte.
Salva dunque, in quest'ultima ipotesi, l'eventualita' di un nuovo
ricorso governativo, deve in ogni caso formare oggetto di una doppia
lettura conforme del Consiglio regionale l'esatto testo dello statuto
da sottoporre a referendum, con conseguente termine ex novo di tre
mesi per la proposizione di questo a decorrere dalla pubblicazione
notiziale di tale esatto testo.
Non e' di contro possibile ritenere, come sembra pretendere la
Regione Emilia-Romagna, che siano configurabili casi di non
obbligatorieta' di una nuova doppia deliberazione del Consiglio
regionale e che comunque non occorra una nuova pubblicazione del
testo statutario modificato.
Cio' per un duplice ordine di ragioni.
Le varie disposizioni statutarie formano un unico ed inscindibile
contesto - particolarmente per quanto concerne il contenuto
necessario dello statuto attinente alla forma di governo ed ai
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione
- che deve ritenersi coordinato in un sistema in se' coerente,
rispondente all'equilibrio determinato dalle soluzioni normative
adottate in relazione ai principi e valori avuti a riferimento.
L'eliminazione anche di una sola norma impone dunque una verifica che
l'equilibrio voluto non risulti alterato e, comunque, una valutazione
circa la necessita'/non necessita' ovvero l'opportunita'/non
opportunita' di rivedere i nessi che legavano la norma elisa ad altre
disposizioni suscettibili di essere incise nella loro valenza proprio
dalla rimozione di essa ab extra (per ragioni di legittimita' e non
di merito).
Verifica e valutazione che non possono che competere al Consiglio
regionale e che debbono trovare espressione in deliberati assunti con
le maggioranze e secondo le regole proprie dello speciale
procedimento statutario.
In particolare, come l'effetto sostanziale prodotto dall'eliminazione
della norma deve essere valutato anche al di la' delle ragioni
specifiche che l'hanno determinata, cosi' anche la decisione di
lasciare immutato il testo statutario risultante dalla declaratoria
di illegittimita' della Corte Costituzionale e' frutto di una
valutazione politico legislativa, sulla conformazione dello statuto,
che non puo' che seguire le forme proprie dell'adozione di questo.
Per quanto concerne il caso di specie, si consideri che
l'eliminazione della disposizione del terzo periodo del comma 2
dell'art. 45 del testo statutario, che statuiva l'incompatibilita'
della carica di componente della Giunta con quella di Consigliere
regionale - disposizione intesa a salvaguardare il ruolo di controllo
(realmente indipendente e privo di condizionamenti) sutt'attivita'
della Giunta spettante ai Consiglieri in una forma di governo
presidenzialista - ben avrebbe potuto portare alla riconsiderazione,
per alcuni aspetti, delle previsioni sui poteri dell'Esecutivo ovvero
sulle attribuzioni dello stesso Consiglio regionale, i cui rapporti
ricevono una diversa disciplina con la rimozione della disposizione
anzidetta, per assicurare comunque, a livello di sistema statutario,
la garanzia dei valori avuti a riferimento. La scelta di mantenere
invariate tali previsioni, rimettendosi alle future determinazioni
della fonte competente alla disciplina delle incompatibilita' (la
legge regionale) non esonerava certo il Consiglio dall'onere di una
deliberazione legislativa conforme, a maggioranza assoluta dei suoi
componenti, secondo le previsioni del comma 2 dell'art. 123
Cost.Sotto un secondo aspetto viene in rilievo l'esigenza di
salvaguardia della garanzia costituzionale del libero esercizio del
diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare.
In quanto la sentenza della Corte Costituzionale di accoglimento (sia
pur parziale) del ricorso governativo comporta un'oggettiva
modificazione del testo dello statuto gia' deliberato dal Consiglio
regionale, e' necessario che il testo normativo definitivamente fatto
proprio dal Consiglio - risultante dall'intervento caducatorio della
Corte Costituzionale e dall'eventuale successivo assestamento
deliberato dal Consiglio stesso - formi comunque oggetto di una
specifica pubblicazione notiziale che segni la decorrenza del termine
di tre mesi per la proposizione del referendum, dovendo accordarsi
agli elettori (ed ai componenti del Consiglio regionale) tutto il
tempo che la Costituzione ritiene necessario per valutare - in ordine
a tale diverso testo - l'opportunita' dell'iniziativa referendaria ed
organizzarsi ai conseguenti fini.
Diversamente opinando si realizzerebbe un'inammissibile modificazione
delle procedure e dei tempi garantiti dalla Costituzione, con palese
compromissione dei diritti politici degli elettori.
Ed invero l'art. 123 Cost. fa decorrere il termine di tre mesi dalla
pubblicazione dello "statuto" da sottoporre al giudizio popolare e
tale e' il testo risultante da tutte le modifiche intervenute nel
corso del procedimento sul quale gli elettori dovranno esprimersi.
La pubblicazione notiziale del testo effettivo sul quale il corpo
elettorale puo' essere chiamato ad esprimere il suo giudizio, in sede
di partecipazione al procedimento di produzione normativa
(statutaria), e' imposta anche dal fondamentale principio della
chiarezza, univocita' e trasparenza del quesito referendario,
elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, di valenza generale ed
assoluta, che esclude la possibilita' di ricavare il quesito
referendario concernente un corpus normativo organico da interventi
ortopedici o manipolatori del tessuto normativo, risultanti dalla
combinazione di fonti diverse, suscettibili di compromettere la
chiara comprensione dell'insieme di norme (e quindi del quesito)
soggetto alla valutazione degli elettori.
Nella specie, ritenere che il referendum si sarebbe potuto proporre
senza la pubblicazione notiziale del testo integrale voluto come
definitivo dal Consiglio regionale dopo la pronunzia di parziale
dichiarazione di illegittimita' della Corte Costituzionale (in ordine
al quale il Consiglio avrebbe dovuto esprimersi con una doppia
deliberazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, nel
concreto mancata), significa ritenere che il referendum "approvativo"
si sarebbe dovuto svolgere in base alla pubblicazione a suo tempo
eseguita di un testo statutario non interamente coincidente con
quello suscettibile in realta' di essere promulgato, con palese
compromissione della liberta' del voto (art. 48 Cost.) e vulnerazione
del principio di effettivita' della sovranita' popolare (art. 1
Cost.).
Il procedimento di formazione delle leggi regionali statutarie ha
carattere unitario: il testo normativo in ordine al quale esprime la
sua approvazione prima l'organo rappresentativo poi, eventualmente,
il corpo elettorale, deve conservare la propria identita' dalla prima
deliberazione consiliare alla promulgazione.
Discende da quanto considerato l'illegittimita' della promulgazione
della legge statutaria de qua operata, in violazione dell'art. 123 e
vulnerando il principio di legalita' costituzionale espresso anche
dall'art. 117, comma 1, Cost., prima del compimento del relativo iter
procedimentale costituzionalmente stabilito, non essendo intervenute,
dopo la sentenza di accoglimento parziale del ricorso governativo di
cui alla Sentenza 379/04 della Corte Costituzionale - che aveva
eliminato alcune disposizioni dello statuto approvato in seconda
deliberazione il 14 settembre 2004, ne' le conformi delibere
successive a maggioranza assoluta del Consiglio regionale ne',
comunque, la pubblicazione del testo definitivo dello statuto da
proporre come oggetto dell'eventuale richiesta referendaria, con
conseguente compromissione dei diritti politici degli elettori
costituzionalmente garantiti (artt 1, 48, 123 Cost) e violazione dei
canoni fondamentali di coerenza e ragionevolezza (art, 3 Cost.).
2. E' singolare poi come la Regione Emilia-Romagna abbia agito in
palese violazione delle norme da lei stessa stabilite con la L.R.
29/00.
In particolare, nella situazione determinatasi, non sarebbe stato
possibile rispettare le chiare prescrizioni dell'art. 2, comma 1,
della citata L.R, che, ai fini di una corretta richiesta di
referendum, impongono di indicare in modo preciso e puntuale la data
"dell'approvazione finale" del testo dello Statuto da parte del
Consiglio regionale e la data di pubblicazione di tale testo;
illegittimo sarebbe stato il riferimento alle date di deliberazione e
pubblicazione di un testo parzialmente diverso. Allo stesso modo il
quesito referendario, dopo la sopravvenuta sentenza della Corte
Costituzionale, non avrebbe mai potuto concernere l'approvazione del
testo quale deliberato in seconda lettura il 14 settembre e sarebbe
stato impossibile esprimere il quesito secondo la formula
correttamente prescritta dell'art. 2, comma 2, della ripetuta legge
regionale - che postula la rinnovazione del procedimento dopo una
sentenza di illegittimita' costituzionale - stante l'impossibilita'
di fare riferimento ad una deliberazione e comunque ad una
pubblicazione di un testo suscettibile di approvazione da parte del
corpo elettorale e di conseguente promulgazione nella sua identita'.
La decettiva formula della promulgazione omette qualsiasi riferimento
al giudizio di costituzionalita' ed al suo esito, che ha modificato
il testo approvato dal Consiglio regionale.
E' ancora da sottolineare che, con la risoluzione amministrativa 18
gennaio 2005 del Consiglio regionale, che non risulta neppure
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto
della sentenza della Corte Costituzionale, si sono totalmente ed
inspiegabilmente disattese le indicazioni, circa il modus procedendi
nella specie, fornite dal Consiglio di Stato nel parere reso su
richiesta della Regione medesima.
In particolare il Consiglio di Stato (Sez. I parere 12 gennaio 2005
n. 12036/04), sulla base delle precise prescrizioni dell'art. 123
Cost, aveva testualmente affermato che:
"la consultazione referendaria, per generale principio, non puo'
svolgersi su un testo anche solo parzialmente diverso da quello di
cui si chiede l'approvazione";
"la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di parte del testo
approvato dal Consiglio regionale ne compromette irreparabilmente la
identita', interrompe la linearita' e la intrinseca coerenza del
procedimento e ne determina la definitiva interruzione, in quanto il
testo normativo residuo non corrisponde a quello espresso dall'organo
rappresentativo con le modalita' prescritte dall'art. 123 della
Costituzione. E, sotto tale profilo sono irrilevanti la portata della
norma rimossa e le ragioni giustificative della pronunzia di
illegittimita' costituzionale";
la "esplicita espunzione di una norma statutaria, in se' non
riducibile a mera valenza formale e, nella complessiva struttura
organica e funzionale del testo, elemento spesso significativo ben al
di la' di contingenti valutazioni soggettive";
in ogni caso sono richieste valutazioni rimesse "alla speciale
considerazione e votazione di cui all'art. 1 della legge regionale
(29/00)" cioe' alla doppia delibera conforme, a distanza di almeno
due mesi, a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio
regionale,
"l'approvazione di un testo privo della norma dichiarata non conforme
a Costituzione richiede un procedimento integralmente nuovo".
La violazione del quadro costituzionale relativo al procedimento
formativo dello statuto regionale e l'illegittimita' del modo di
procedere della Regione sono state quindi riconosciute anche dal
Consiglio di Stato nell'esercizio del suo ministero di consulenza
neutrale ed oggettiva a tutela dell'ordinamento giuridico generale.
Si conclude pertanto perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale 13/05, "Statuto della Regione
Emilia-Romagna", per le ragioni e come sopra precisato.
Si producono:
- delibera statutaria in BUR 16/9/2004;
- estratto verbale delibera 20 maggio 2005 Consiglio dei Ministri e
richiamata relazione;
- parere Cons. Stato Sez I 12036/2004.
Roma, 25 maggio 2005
IL CANCELLIERE AVVOCATO DELLO STATO
Gabriella Melatti Giorgio d'Amato