PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

RICORSO DEPOSITATO IL 23 dicembre 2004, n. 114

Ricorso n. 114 depositato il 23 dicembre 2004 per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del suo Presidente della Giunta, avverso l'art. 26, comma 4, l'art. 29, comma 2 (e, per quanto ivi richiamato, l'art. 8, comma 3), l'art. 32, l'art. 33, commi 1, 2, 3 e 4 (eccettuata, nel comma 3, la lettera d) e l'art. 34, commi 1 e 2 (del comma 2 con esclusione delle lettere b, c, d ed e) della legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23, intitolata "Vigilanza e controllo dell'attivita' edilizia ed applicazione della normativa statale di cui all'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 326 . . .", pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 26 del 22 ottobre 2004 (pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell'art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956)

La                                                                              
determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata approvata          
dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 10 dicembre 2004 (si              
depositera' estratto del relativo verbale).                                     
L'art. 32, comma 25 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 convertito               
nella Legge 24 novembre 2003, n. 326 ammette al cosiddetto condono              
edilizio anche le "nuove costruzioni residenziali" non superiori ai             
limiti volumetrici ivi indicati. L'art. 33, comma 1 della legge                 
regionale in esame invece esclude dalla sanatoria straordinaria tutti           
i nuovi manufatti edilizi realizzati "in contrasto con la                       
legislazione urbanistica o (ripetesi, o) con le prescrizioni degli              
strumenti urbanistici vigenti alla data del 31 maggio 2003".                    
L'art. 33, comma 1 citato, oltre a non essere coordinato con l'art.             
17 della medesima legge regionale ed a non considerare l'efficacia di           
strumenti urbanistici eventualmente sopravvenuti dopo il 31 marzo               
2003, contrasta con l'art. 117 e l'art. 119 Cost. Nella fondamentale            
sentenza n. 196 del 2004 codesta Corte ha affermato che la disciplina           
amministrativa del condono edilizio (non anche la repressione penale            
degli abusi piu' gravi) rientra nella materia di competenza                     
concorrente" governo del territorio" (art. 117, comma terzo Cost.).             
Ne consegue che la Regione e' tenuta ad attenersi ai principi posti             
dalla legislazione statale. La sanabilita' delle "nuove costruzioni             
residenziali" di relativamente modeste dimensioni realizzate in                 
contrasto con gli strumenti urbanistici ( non anche in contrasto con            
vincoli extraurbanistici) e' principio cui ogni Regione deve                    
attenersi. La Regione puo' specificare i limiti (quantitativi e non)            
della sanabilita', e persino "limare" entro margini di ragionevole              
tollerabilita' (come qualche altra Regione ha fatto) le volumetrie              
massime previste dal legislatore statale; non puo' invece negare "in            
toto" o in misura prevalente (rispetto al "quantum" di volumetria               
ammesso dalla legge statale) la sanabilita' di dette nuove                      
costruzioni. Un diniego totale ed aprioristico, quale quello                    
contenuto nella citata disposizione regionale, contraddice uno dei              
principi fondamentali determinati dal legislatore statale e persino             
la configurabilita' - ammessa anche da codesta Corte - di una                   
sanatoria straordinaria degli illeciti urbanistici.                             
L'art. 33, comma 1 contrasta inoltre con gli artt. 117, comma secondo           
e 119 Cost. L'art. 117, comma secondo lettere A e E attribuisce allo            
Stato la competenza esclusiva in materia di rapporti con l'Unione               
Europea (e relativi stringenti "vincoli") e di "moneta" (oggi moneta            
unica difesa dai noti parametri di Maastricht) nonche' in materia di            
"sistema tributario e contabile dello Stato". D'altro canto, l'art.             
117, comma terzo e l'art. 119, comma secondo attribuiscono allo Stato           
il compito - particolarmente arduo - di coordinare la "finanza                  
pubblica" (al signolare). Notoriamente, piu' leggi del Parlamento               
fanno affidamento sul gettito del condono edilizio per la copertura             
(art. 81 Cost.) di spese pubbliche e di minori entrate; comprimere in           
misura oggettivamente eccessiva le possibilita' di accedere alla                
sanatoria straordinaria riduce sensibilmente quel gettito, lede le              
potesta' statali di governo della finanza pubblica, e potrebbe                  
persino essere considerato indebita turbativa dell'equilibrio                   
finanziario del Paese nel suo insieme. Del resto, la Regione non                
assume a proprio carico l'onere conseguente alla riduzione del                  
predetto gettito, non sposta cioe' prelievo da coloro che hanno                 
commesso gli abusi edilizi alla generalita' dei cittadini che in essa           
risiedono.                                                                      
Parimenti grave appare la lesione del principio di eguaglianza (art.            
3, comma primo Cost.) delle persone rispetto alla legge e della                 
competenza esclusiva ex art. 117, comma secondo, lettera L Cost.                
(ordinamento civile e penale). Indubbiamente i Giudici comuni devono            
applicare anche le leggi regionali; conseguentemente l'eccessiva                
restrizione, ad opera del legislatore emiliano, dell'ambito di                  
applicazione della legislazione statale in tema di condono edilizio             
obbliga i Giudici comuni a rendere, a carico dei proprietari ed                 
autori di illeciti (e di eventuali controinteressati e parti offese),           
pronunce quanto meno asistematiche; cio' malgrado l'art. 26, comma 2            
della legge regionale in esame reciti "fermo restando gli effetti               
estintivi del reato conseguenti alla corresponsione dell'oblazione".            
Identiche doglianze per inosservanza dei dianzi evocati parametri               
costituzionali, devono essere mosse anche nei confronti dell'art. 33,           
commi 2 e 3, dell'art. 34, commi 1 e 2 e dell'art. 32 della legge in            
esame. La sanabilita' di ampliamenti e sopraelevazioni e' stata                 
sottoposta dai predetti commi 2 e 3 dell'art. 33 a limiti che                   
irrazionalmente ed eccessivamente si discostano da quelli previsti              
dall'art. 32, comma 25 citato e dalla legislazione statale in esso              
comma richiamata: la legge in esame ammette "aumenti della cubatura"            
diversamente modulati e che, per solito, risultano molto minori                 
specialmente per gli edifici residenziali monofamiliari e                       
bifamiliari. Per quest'ultimi, tra l'altro, il limite di 100 metri              
cubi risulta irrazionalmente piu' severo di quello (100 metri quadri)           
che segna il confine tra la nozione di variazione essenziale e la               
nozione di parziale difformita' (per l'Emilia-Romagna, art. 23 della            
legge regionale 25 novembre 2002, n. 31). Inoltre, contrasta con il             
carattere straordinario del condono edilizio il far grossomodo                  
coincidere (in realta' le parole "per singola unita' immobiliare"               
sono restrittive) con l'anzidetto confine lo "aumento della cubatura"           
(10 per cento) massimo consentito per l'accesso alla sanatoria.                 
L'art. 33, comma 3 ed anche l'art. 34, comma 2 consentono la                    
sanatoria straordinaria di interventi "che siano conformi alla                  
legislazione urbanistica ma che contrastino con le prescrizioni degli           
strumenti urbanistici vigenti alla data del 31 maggio 2003". Non del            
tutto chiaro e' il significato dell'espressione "conformi alla                  
legislazione urbanistica" (si allude forse a standards urbanistici);            
una puntualizzazione in proposito potrebbe venire dalla difesa della            
Regione. E' comunque palese che una interpretazione ampia di quella             
espressione chiuderebbe la strada alla sanabilita' di qualsiasi,                
anche minore, abuso.                                                            
Lesivo dell'autonomia degli Enti locali per quanto ne vincola oltre             
misura la potesta' urbanistica e contrastante - oltre che con i                 
parametri costistuzionali dianzi evocati - anche con la garanzia                
costituzionale della proprieta' (art. 42 Cost.) appare l'art. 33,               
comma 4, che impone di mantenere per venti anni la destinazione d'uso           
non abitativa.                                                                  
L'art. 34, comma 1 non ammette a sanatoria, "fatto salvo quanto                 
diposto dal comma 2", gli interventi di ristrutturazione edilizia               
senza distinguere tra ristrutturazioni per le quali e' necessario               
permesso di costruire e ristrutturazioni a volumetria e superficie              
utile lorda invariate. Detto comma ricalca il comma 2 dell'art. 33,             
ed utilizza esso pure lo "o" disgiuntivo. L'art. 34, comma 2 ammette            
invece a sanatoria gli inteventi di ristrutturazione, purche'                   
ricorrano tutte le condizioni elencate ed essi "siano conformi alla             
legislazione urbanistica". Anche questi due commi dell'art. 34, oltre           
ad essere poco coordinati con l'art. 14, commi 2 e 4 della medesima             
legge regionale, sostazialmente contrastano con i principi della                
legislazione statale e con i parametri costituzionali dianzi evocati.           
Oltretutto, le ristrutturazioni edilizie a carico urbanistico                   
invariato o poco variato non comportano necessita' di interventi di             
riqualificazione urbana e i relativi oneri per le comunita' locali.             
Priva di giustificazione, e quindi solo ostruzionistica, appare la              
"condizione" introdotta dalla lettera a) dell'art. 34, comma 2, in              
assenza di principio determinato dal Parlamento.                                
Quanto all'art. 32 oggi in esame e, esso - oltre a contrastare con              
gli artt. 117 e 119 Cost. per quanto dianzi esposto - viola anche il            
principio di eguaglianza (art. 3, comma primo Cost.) e la garanzia              
costituzionale della proprieta' (art. 42 Cost.) introducendo "ex                
novo" due esclusioni che irrazionalmente discriminano tra proprietari           
di edifici ed anche tra autori (eventualmente imputati) degli                   
illeciti edilizi. In particolare, risulta ingiustificata l'esclusione           
di cui alla lettera a), e troppo rigida e "meccanica" - si pensi                
della regolarizzazione in passato di un minuscolo abuso -                       
l'esclusione prevista dalla lettera b); per quest'ultima avrebbe                
potuto essere proporzionato alla finalita' persegita ad esempio il              
non computare la volumetria in passato "condonata" nella base per il            
calcolo del 10% di "aumento della cubatura".                                    
La demolizione delle disposizioni sin qui considerate (ed ove occorra           
anche dell'art. 40, lett. b) della legge in esame) non produce                  
lacune, posto che essa consente il riespandersi della normativa                 
statale. Si confida peraltro in un nuovo sollecito intervento                   
legislativo della Regione, intervento che - se effettivamente idoneo            
a superare la controversia - potrebbe non essere reputato tardivo.              
Ulteriore doglianza deve muoversi nei confronti dell'art. 26, comma 4           
della legge regionale in esame, ove la Regione - contraddicendo la              
linea seguita nei menzionati artt. 32, 33 e 34 - prevede una                    
sanatoria staordinaria gratuita ed "ope legis" non sorretta da alcun            
principio fondamentale determinato dallo Stato, e contrastante con le           
esigenze della finanza pubblica. Del resto, anche gli illeciti                  
urbanistici non recenti, se non sanati, permangono; e non v'e'                  
ragione di introdurre una discriminazione (art. 3, comma primo Cost.)           
tra proprietari.                                                                
L'art. 29, comma 4 concerne le "asseverazioni non veritiere" e                  
prevede sanzioni disciplinari ed eventualmente penali a carico del              
professionista. La disposizione appare leviva della competenza                  
esclusiva dello Stato in materia di "ordinamento civile e penale", e            
della competenza concorrente in materia di "professioni" (art. 117,             
comma secondo lettera L e comma terzo Cost.). La disposizione non               
puo' essere considerata meramente confermativa di regole generali,              
posto che le "asservazioni" delle quali qui si tratta sono richieste            
anche per trasformazioni edilizie gia' realizzate (non solo                     
progettate) e che possono non essere ricomprese tra quelle per le               
quali e' sufficiente la dichiarazione di inizio attivita'.                      
Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimita'                         
costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio,            
con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla Regione a non               
procedere alla attuazione delle disposizioni stesse in pendenza del             
giudizio.                                                                       
Roma, 17 dicembre 2004                                                          
VICE AVVOCATO GENERALE                                                          
Franco Favara                                                                   

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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