ORDINANZA 30 luglio 2004, n. 1018
Ordinanza n. 1018 del 30 luglio 2004, emessa dal TAR per l'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Lega Italiana per l'abolizione della caccia ed altra c/Regione Emilia-Romagna ed altri (pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell'art. 25 della Legge 11 marzo 1953, n. 87)
CORTE COSTITUZIONALE
Il Tribunale Amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna - Bologna
- Sezione Seconda composto dai signori:
dott. Luigi Papiano, Presidente; dott. Giancarlo Mozzarelli, cons.
rel. est.; dott. Grazia Brini, consigliere;
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposta da: Lega Italiana per l'abolizione della caccia
- (L.a.C) in persona del Presidente pt, e Lega Antivivisezione
(L.A.V.) in persona del Presidente pt., rappresentate e difese
dall'avv. Guglielmina Simoneschi ed elettivamente domiciliate in
Bologna Viale XII Giugno n. 7 presso l'avv. Erika Greischberger;
CONTRO
- Regione Emilia-Romagna in persona del Presidente della Giunta pt.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Mastragostino e Maria
Chiara Lista ed elettivamente domiciliata in Bologna, Piazza
Aldrovandi n. 3;
- Provincia di Bologna in persona del Presidente della Giunta pt.,
rappresentata e difesa dall'avv. Emilia Neri ed elettivamente
domiciliata in Bologna, Via Zamboni n. 13;
E NEI CONFRONTI DI
Associazione Arci Caccia in persona del legale rappresentante pt.,
non costituito;
E CON L'INTERVENTO IN OPPOSIZIONE DI:
Federcaccia della Regione Emilia-Romagna in persona del legale
rappresentante pt., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe
Manfredi e Cristina Balli ed elettivamente domiciliata in Bologna,Via
Altabella n. 3;
PER L'ANNULLAMENTO
- della delibera n. 257 della Giunta provinciale di Bologna, adottata
in data 30/7/2002, avente ad oggetto: "Approvazione del Calendario
Venatorio provinciale per l'annata 2002/2003";
- della delibera n. 258 della Giunta provinciale di Bologna, adottata
in data 30/7/2002, avente ad oggetto: "Approvazione degli orari e
delle modalita' relative alla caccia di selezione agli ungulati ad
integrazione del calendario venatorio provinciale per l'annata
2002/2003";
- nonche' - occorrendo - della deliberazione n. 969 della Giunta
regionale dell'Emilia-Romagna, adottata in data 10/6/2002 e avente ad
oggetto: "Direttive relative alla istituzione e alla gestione tecnica
delle Aziende Venatorie".
Designato relatore il Cons. dott. Giancarlo Mozzarelli;
uditi all'udienza pubblica del 30/10/2003 gli avv.ti Guglielmina
Simoneschi, S. Scalini (in sostituzione dell'avv. Emilia Neri), Maria
Chiara Lista e Cristina Balli;
considerato quanto segue:
FATTO
Le associazioni sopraindicate fanno preliminarmente presente che "la
Giunta provinciale di Bologna ha approvato, con delibera n. 257 del
30/7/2002, il Calendario Venatorio provinciale per l'annata 2002/2003
e, con delibera n. 258 adottata in pari data, ha determinato, a
completamento del primo, gli orari e le modalita' relative alla
caccia di selezione agli ungulati. In particolare, con il Calendario
Venatorio l'Amministrazione provinciale ha stabilito, in applicazione
ed integrazione del Calendario Venatorio regionale di cui alla L.R.
n. 14 del 12/7/2002, le prescrizioni tecniche valevoli negli anni
2002/2003 per la caccia nella Provincia di Bologna, e ha autorizzato,
in applicazione della L.R. n. 15 del 12/7/2002, l'esercizio della
caccia in deroga alla Direttiva 79/409 CEE nel territorio di propria
competenza. La Regione Emilia-Romagna ha, infatti, previsto le "Norme
per la definizione del Calendario Venatorio regionale" con la L.R. n.
14 del 12/7/2002, dichiarata all'art. 10 (disposizioni finali) con
validita' quadriennale".
Si aggiunge che "la L.R. di settore n. 8/94 (disposizioni per la
protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attivita'
venatoria) attribuisce la relativa competenza alla Giunta regionale,
cosi' inoltre stabilendo la natura amministrativa - e
l'assoggettamento al relativo regime giuridico: iter formativo e
mezzi di impugnazione - dell'atto di approvazione del Calendario
Venatorio regionale, che la stessa L.R. 8/94 definisce annuale.
Fatto e' che espressamente l'Amministrazione regionale ha correlato
la propria determinazione in ordine allo strumento di disciplina
della caccia nel territorio di competenza, cosi' come le modifiche
con esso apportate alla normativa di cui alla Legge statale n. 157/92
(. . .) alla recente riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione.
Il I comma dell'art. 1 della L.R. 14/02, infatti, stabilisce "La
presente legge definisce il calendario venatorio regionale, sulla
base della competenza legislativa della Regione nella materia della
caccia, in conformita' al Titolo V della Parte Seconda della
Costituzione".
Si osserva che "analogo fondamento giustificativo sembra essere stato
attribuito all'adozione della simultanea L.R. n. 15 con cui, lo
stesso 12/7/2002, e' stata approvata, modificando la L.R. 8/94, la
disciplina dell'esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva
79/409/CEE.
Con successiva L.R. n. 22 del 20/9/2002 il Consiglio regionale ha poi
integrato la stessa L.R. 15/02, consentendo la detenzione e l'uso
quali richiami vivi delle specie indicate dall'art. 2 della legge da
ultimo citata.
E', tuttavia, da ritenersi che l'Ente regionale nell'adozione delle
indicate Leggi nn. 14, 15 e 22 del 2002, abbia ecceduto dalla
potesta' legislativa costituzionalmente riconosciutagli.
A sostegno del ricorso sono presentate le censure seguenti:
A) con riguardo all'esercizio della caccia nei confronti delle specie
protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla Direttiva
79/409 UE:
1) Violazione di legge (art. 117, 1 comma Cost; art. 249 Trattato
CEE; art. 9, 1 comma, lett. A) della Direttiva CEE 79/409; art. 117,
2 comma, Cost.; art. 5 Cost.).Si rileva che "in considerazione della
rilevanza europea della tutela del patrimonio faunistico, la
Direttiva del Consiglio delle Comunita' Europee 79/409 del 2/4/1979
ha stabilito un generale regime di protezione degli uccelli "viventi
naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati
membri ai quali si applica il Trattato" (art. 1).
In particolare, tra le specie oggetto della protezione di fonte
comunitaria sono comprese lo Storno, il Passero e la Passera
mattugia.
L'art. 5 della Direttiva dispone, inoltre, l'obbligo degli Stati
membri di adeguarsi alla medesima instaurando un regime generale di
tutela degli uccelli selvatici, che comprenda il divieto di ucciderli
o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo.
L'art. 7 consente il prelievo venatorio di alcune specie, tra le
quali non sono comprese Storno, Passero e Passera mattugia, salva
comunque la primaria esigenza di conservazione.
Il successivo art. 9 riconosce, infine, la possibilita' di derogare a
tale generale regime di protezione anche per le specie non ammesse al
prelievo venatario, ma solo in via eccezionale, e ricorrendo i
presupposti e le condizioni specificamente previsti dalla norma.
In particolare, la Direttiva, al II comma, impone l'osservanza di
precisi requisiti di forma, volti ad assicurare che la deroga sia
contenuta entro limiti strettamente necessari e soddisfi esigenze
precise e situazioni specifiche (. . .). La Corte di Giustizia
dell'Unione europea ha al riguardo conseguentemente ritenuto che non
risponde alle esigenze di protezione risultanti dalla Direttiva e
viola l'obbligo comunitario di fedele trasposizione la normativa
degli Stati membri che consenta la caccia in deroga in modo generale
e permanente (. . .) o che non contenga un riferimento adeguatamente
circostanziato agli elementi di cui ai numeri 1 e 2 dell'art. 9".
Si aggiunge, che "con la delibera 257/02 la Provincia di Bologna, in
violazione del regime di tutela di cui alla Direttiva predetta, ha
autorizzato su tutto il territorio di propria competenza aperto alla
caccia, e da parte di tutti i cacciatori iscritti ai relativi ATC o
che vi abbiano accesso per la caccia in mobilita' controllata,
l'abbattimento delle specie protette Storno, Passero e Passera
mattugia.
La determinazione provinciale ha cosi' dato concreta attuazione alla
L.R. 15/02, la quale, nel disciplinare la deroga ex art. 9 della
citata Direttiva, ha peraltro omesso ogni specifica e circostanziata
indicazione in ordine ai presupposti e alle condizioni prescritti
dalla stessa disposizione comunitaria, di fatto cosi' consentendo
l'esercizio della caccia in deroga in modo generale e permanente".
Sulla base delle considerazioni dianzi indicate, le Associazioni
ricorrenti presentano questione di legittimita' costituzionale della
L.R. 15/02, artt. 1 e 2, per violazione dell'art. 117, 1 comma,
Cost., in riferimento all'art. 9 Direttiva U.E. 79/409 e all'art. 249
Trattato CEE, per violazione dell'art. 117, II comma e dell'art. 5
Cost. e contestano la deliberazione giuntale 257/02 per violazione di
legge nei termini di cui in epigrafe alla presente censura.
Le Associazioni ricorrenti osservano al riguardo come "l'art. 117, 1
comma, Cost., stabilisce che la potesta' legislativa e' esercitata
dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche'
dei vincoli derivanti, dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali, cosi' individuando i limiti generali di ogni
competenza legislativa (statale e regionale).
In questi termini la Costituzione ha recepito il principio della
"primaute'" del diritto comunitario su quello degli Stati membri,
innovazione che consente di ritenere direttamente colpita da
illegittimita' costituzionale la legge che risulti difforme al
diritto comunitario. Censura cui (. . .) non si sottrae la L.R.
15/02. Innanzitutto, infatti, dalla lettera dell'art. 9 della
Direttiva U.E. e dalla interpretazione che della norma ha dato
costantemente la Corte di Giustizia, risulta la necessita' che
l'eventuale introduzione nei singoli Stati membri del regime
derogatorio avvenga con legge delle autorita' statali (. . .). La
L.R. 15/02 ha, invece, disciplinato autonomamente e in difetto di una
previa normativa nazionale la deroga ex art. 9 cit..
In secondo luogo, la legge regionale non ha adempiuto con esattezza
alle disposizioni della Direttiva comunitaria, mentre la stessa Corte
di Giustizia ha piu' volte affermato la necessita' di una fedele
trasposizione, pena l'inadempimento degli obblighi comunitari (. .
.).
Infatti, la L.R. 15/02 ha consentito la caccia in deroga omettendo di
valutare, in violazione del I comma dell'art. 9 cit., la concreta
possibilita' di soluzioni diverse, come del resto dimostra
l'efficacia quadriennale della stessa legge regionale. I mezzi e i
soggetti abilitati (tutti i cacciatori iscritti agli ATC di Bologna o
che vi abbiano ingresso per la caccia in mobilita' controllata), i
tempi (per tutta la durata della stagione venatoria), i luoghi (tutto
il territorio della regione aperto alla caccia) e, non ultimo, il
carniere giornaliero e stagionale (per gli storni rispettivamente di
25 e di 200 capi, per i passeri di 10 e 100 capi) consentiti per il
prelievo in deroga dalla L.R. 15/02 dimostrano, inoltre, come esso
non sia stato autorizzato limitatamente allo stretto necessario, ne'
per esigenze e situazioni precise e specifiche".
Si aggiunge che "le centinaia di migliaia di capi di cui si autorizza
l'abbattimento (in relazione all'elevato numero di cacciatori e alla
considerevole durata della deroga) rappresentano una circostanza che
contrasta insanabilmente con il concetto di "piccole quantita'" di
uccelli per le quali la Direttiva consente la cattura, la detenzione
e comunque il prelievo; sicche', non puo' ritenersi soddisfatto
neppure il requisito di cui al punto e) dell'art. 9".
Si rileva inoltre che "anche la Corte Costituzionale, confermando la
propria costante giurisprudenza, ha recentemente affermato la
necessita' che la disciplina delle deroghe al regime di protezione
sia stabilita con normativa di carattere nazionale per garantire un
uniforme ed adeguato livello di salvaguardia delle specie protette
(Corte Cost. sentenza n. 169/99)" e che "tanto e' sufficiente per
eccepire l'illegittimita' costituzionale della L.R. 15/02 anche per
violazione degli artt. 117, 2 comma, e 5 della Costituzione. In
relazione ai denunciati profili di illegittimita' costituzionale non
si ritiene che essi possano essere sanati, neppure in parte, dalla
circostanza che in data successiva alla L.R. 15/02 il Parlamento ha
licenziato in materia una legge nazionale al momento in attesa di
promulgazione e di pubblicazione.
Infatti, la L.R. e' stata innanzitutto approvata quando ancora non
era intervenuta quella nazionale in materia (. . .). In ogni caso,
poi, rispetto all'art. 19 bis sembrano sollevabili le censure mosse
alla tecnica legislativa impiegata dalla L.R. 15/02, non avendo il
legislatore italiano esercitato la deroga nel rispetto dei
presupposti e requisiti indicati dalla predetta normativa
comunitaria.
La semplice riproduzione del testo previsto dall'art. 9 della
Direttiva CEE, come effettuato dall'art. 19 bis, infatti, da una
parte frustra le finalita' della stessa Direttiva, consentendo di
fatto l'attuazione da parte delle Regioni di deroghe generali e
permanenti e dall'altra viola quell'esigenza di uniformita' di
disciplina cui era invece preordinata la necessita' di una normativa
nazionale in materia".
2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per
difetto dei presupposti di fatto e di diritto, per illogicita'
manifesta e per violazione del principio di proporzionalita'.
Si rileva che "l'INFS, con il parere di cui alla nota prot. n. 4972
del 19/6/2002, ha valutato il prelievo in deroga consentito dalla
L.R. 15/02 nicamente immotivato e non in sintonia con guanto
stabilito dalla Direttiva 409/79 CEE, art. 9>.
In particolare, l'organo di consulenza (. . .) evidenzia la
sproporzione e l'inadeguatezza dei mezzi previsti dal progetto della
legge regionale rispetto allo scopo tipico, ammesso dalla stessa
Direttiva e che si dichiara di voler perseguire.
L'INFS, inoltre, esclude che la proposta formulata dalla Regione per
consentire l'esercizio della deroga di cui all'art. 9 cit. soddisfi
in concreto le condizioni previste dallo stesso art. 9".Si aggiunge
che "tale parere, che ancorche' non vincolante, non puo' non avere
una sua specifica valenza (. . .) e' stato disatteso, prima dalla
Regione Emilia-Romagna e poi dalla Provincia di Bologna, pur nel
difetto di una adeguata istruttoria e motivazione" e che pertanto "la
Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Bologna hanno consentito
l'esercizio della deroga ex art. 9 Direttiva 79/409 CEE senza che ne
ricorressero i presupposti di fatto e di diritto indicati dalla
stessa norma comunitaria".
3) Violazione di legge (art. 117, 1 comma, Cost.; art. 249 Trattato
CEE; artt. 5 e 9 Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art.
5 Cost.; art. 4, 4 comma, Legge 157/92).
Si rileva come "l'art. 34 della Legge comunitaria 2001 ha modificato
l'art. 4 della Legge 157/92 depennando dall'elenco delle specie
catturabili per essere cedute ai fini di richiamo lo storno, il
passero e la passera mattugia, in quanto protette dalla Direttiva
79/409 CEE. La modifica legislativa trae origine dalla condanna del
Governo italiano, con sentenza della Corte di Giustizia (causa 159/99
del 17/5/2001) per aver permesso la cattura con le reti e la
detenzione di queste tre specie di uccelli. Pronuncia che consente di
ritenerne precluso altresi' l'uso ai fini di richiamo".
Si aggiunge che "la Regione Emilia-Romagna, in contrasto con la
chiara lettera della normativa comunitaria e del nuovo art. 4, Legge
157/92, ha consentito con la L.R. 20/9/2002, n. 22, che ha integrato
la precedente L.R. 15/02, o (..) di richiami vivi provenienti da
allevamenti o da catture svolte antecedentemente al DPCM del
21/3/1997, appartenenti alle specie di cui all'art. 2 (art. 2 bis)>.
II Calendario Venatorio provinciale nel Capo dedicato agli "strumenti
di richiamo e metodi di caccia vietati" stabilisce che "ai sensi
dell'art. 5, comma 2 e art. 4, comma 4 della Legge 157/92, e'
ammesso, altresi', l'uso di esemplari vivi appartenenti alle specie
consentite", cosi' risultando consentito, per effetto della L.R.
15/02, come integrata dalla L.R. 22/02, la detenzione e l'uso di
storno, passero e passera mattugia".
Sulla base delle considerazioni predette, le Associazioni ricorrenti
"censurano in capo al Calendario Venatorio della Provincia di Bologna
la violazione di legge (nei termini sopraindicati) e sollevano
questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 1,
L.R. 22/02 per violazione dell'art. 117, I comma, Cost., in relazione
alla Direttiva CEE 79/409 come interpretata dalla Corte di Giustizia;
dell'art. 117, II comma, Cost. e dell'art. 5 Cost., in relazione
all'art. 4, 4 comma, Legge 157/92".
B) Con riguardo a tempi e modalita' dell'esercizio venatorio nei
confronti delle specie ordinariamente cacciabili:
4) Violazione di legge (art. 117, comma 2, Cost.; art. 5 Cost.; art.
18, I comma, lett. C), Legge 157/92; art. 25, 2 comma, Cost.; art.
30, lett. a), Legge 157/92; art. 50, comma 2, lett. d) L.R. 8/94).
Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto.
Difetto di istruttoria e di motivazione.
Si osserva che "le delibere provinciali impugnate hanno del tutto
arbitrariamente dilatato l'arco temporale entro il quale e' possibile
esercitare il prelievo venatorio, in contrasto con quanto fissato e
delimitato nell'art. 18 della Legge nazionale 157/92.
Tale ultima disposizione individua specifici tempi di prelievo,
stabilendo in particolare per gli ungulati alla lettera c) del I
comma, che la caccia puo' essere esercitata dal 1 ottobre al 30
novembre.
Il secondo comma dello stesso articolo consente alle Regioni di
modificare il periodo venatario, purche' siano osservate determinate
condizioni, tra le quali il rispetto dell'arco temporale massimo di
cui al primo comma. Disciplina che, espressamente, lo stesso secondo
comma afferma applicabile alla caccia di selezione degli ungulati.
L'art. 50, secondo comma, L.R. 8/94, stabilisce che le Province
adottano il Calendario provinciale, con il quale, tra l'altro,
"riportano i piani di abbattimento degli ungulati cacciabili con
metodi selettivi (. . .) nel rispetto dell'arco temporale massimo di
due mesi di cui all'art. 18 della legge statale anche non
consecutivi".
L'art. 3, primo comma, L.R. 14/02, in applicazione della quale (. .
.) la Provincia ha dato le prescrizioni valevoli per l'esercizio
venatorio sul territorio di propria competenza, dilata, in violazione
della disciplina legislativa statale e regionale sopra richiamata, il
periodo di caccia degli ungulati, in particolare nei confronti di
alcune classi sociali del capriolo e di tutte le classi sociali del
cervo, del daino e del muflone.
La delibera provinciale 257/02 afferma espressamente l'applicazione
della disciplina stabilita dalla L.R. 14/02 in ordine ai tempi e alle
modalita' del prelievo.
La successiva delibera provinciale 258/02 esplicitamente dichiara che
tra le innovazioni introdotte dalla L.R. 14/02, in considerazione
della recente competenza legislativa esclusiva delle Regioni in
materia di caccia e recepite dal Calendario Venatorio provinciale, e'
da annoverare quella relativa al periodo di caccia degli ungulati,
infatti consentita, in maniera differenziata specie per specie, dal
mese di giugno al mese di marzo".
Si afferma che in tal modo "le delibere della Giunta provinciale di
Bologna 257/02 e 258/02 appaiono illegittime per la parte in cui,
sommando i relativi periodi di caccia, consentono la caccia al
capriolo, daino, cervo e muflone per un periodo superiore ai 60
giorni consentiti dalla Legge 157/92 (capriolo femmina e tutti classe
0: 70 gg.; daino: 70 gg.; cervo: da un massimo di cinque mesi e mezzo
a un periodo minimo di tre mesi e mezzo a seconda delle classi
sociali e del sesso; muflone: tre mesi (. . .)".
Si aggiunge che "la illegittima dilatazione del periodo di caccia
consentita dall'art. 3, primo comma, lettera d) della L.R. 14/02 e
dai provvedimenti applicativi, viene a ledere il contenuto minimo del
regime di protezione accordato dallo Stato al proprio patrimonio
faunistico: nucleo che la giurisprudenza della Corte Costituzionale
afferma inderogabile nell'interesse dell'intera comunita' nazionale,
dalla normativa regionale.
Il Giudice delle leggi ha, infatti, piu' volte affermato che sono
norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni di cui alla
Legge 157/92, e in particolare quelle che garantiscono il nucleo
minimo di salvaguardia della fauna selvatica, tra le quali la stessa
Consulta include, oltre al generale regime di protezione, le
disposizioni relative alla delimitazione dei periodi venatori (Corte
Cost. n. 1002/88; n. 577/90; n. 35/95; n. 272/96; n. 323/98; n.
168/99; n. 169/99; n. 4/2000).
Cio' basterebbe per radicare la censura di illegittimita'
costituzionale nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. d) della
L.R. 14/02: ma (..) si rileva anche la violazione dell'art. 25,
secondo comma, Cost., il quale stabilisce sia rispetto al precetto
che alla sanzione, una riserva di legge statale in materia penale.
Invero, l'art. 30, primo comma, lett. a), Legge 157/92, prevede
l'applicazione di sanzione penale nei confronti di chi eserciti la
caccia fuori dai periodi indicati nella stessa legge, sicche' la
Regione Emilia-Romagna, dilatando il periodo venatorio, ha
illegittimamente ridefinito il precetto della indicata fattispecie
penale".
Si osserva, infine, che "l'aumento della pressione venatoria cosi'
consentita dalla Regione ed attuata dalla Provincia di Bologna non
trova neppure giustificazione nella programmazione faunistica.
Nel Piano faunistico provinciale di Bologna 2001/2006 e', infatti,
stimata una densita' faunistica delle specie in esame irrisoria
rispetto ai cacciatori abilitati al prelievo (nel 2000 i cacciatori
di selezione erano 734: p. 184).
L'aumento della pressione venatoria e', inoltre, prevista in modo
generalizzato e quindi a prescindere dalla vocazionalita' faunistica
del territorio, come invece richiede la pianificazione faunistica in
tema di prelievi.
Rispetto ad alcuni ambiti territoriali (distretti 2 e 3 ATC BO3),
infine, l'estensione dei periodi di caccia nei confronti del capriolo
e' stata ammessa dalla Provincia in carenza dei necessari censimenti
e disattendendo, senza adeguata motivazione, il contrario parere
dell'INFS".
5) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost.; art.
18, V e VI comma, Legge 157/92). Eccesso di potere per difetto dei
presupposti di fatto e di diritto.
Si rileva che "l'art. 21, 1 comma, lett. m), Legge 157/92, stabilisce
il divieto di cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior
parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi".
Il divieto ha evidente fine conservativo del patrimonio faunistico,
esso risultando particolarmente esposto alla minaccia del prelievo
venatorio in presenza di condizioni climatiche avverse.
L'art. 3, III comma, L.R. 14/02 di contro dispone che "la caccia agli
ungulati in forma selettiva puo' essere consentita anche su terreni
in tutto o in parte coperti di neve".
Facolta' che il Calendario Venatorio provinciale di Bologna riconosce
espressamente.
Ne consegue (. . .) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, III
comma, L.R. 14/02, per le ragioni gia' esposte nei motivi di ricorso
che precedono, e la denunciata violazione di legge delle delibere
provinciali impugnate".
6) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost.; art.
16,1 comma, lett. b), Legge 157/92; art. 50, II comma, lett. b), L.R.
8/94. Eccesso di potere per travisamento, per illogicita' e difetto
di motivazione.
Si rileva come "l'art. 16, I comma, lett. b), L. 157/92 stabilisce
che le Regioni, sentito l'INFS, possono autorizzare l'istituzione di
Aziende Agrituristico Venatorie (AATV), nelle quali sono consentiti
l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venataria di
fauna selvatica di allevamento. Il IV comma precisa che l'esercizio
dell'attivita' venatoria nelle AATV e' consentito nel rispetto nella
presente legge.
L'art. 50, II comma, lett. b), L.R. 8/94 precisa al riguardo che le
Province, previo parere dell'INFS, adottano il Calendario Venatorio
provinciale con il quale autorizzano l'esercizio venatorio nelle AATV
limitatamente alla fauna da allevamento.
L'art. 1, V comma, della L.R. 14/02 rispetto alle AATV stabilisce che
esse provvedono agli abbattimenti in base alle vigenti direttive
regionali".
Si aggiunge che "tali direttive adottate dalla Regione Emilia-Romagna
con deliberazione della Giunta regionale 10/6/2002, n. 969,
consentono l'esercizio nelle AATV della caccia alla volpe (punto 3.1)
che (. . .) non e' qualificabile come fauna selvatica di
allevamento.
Il Calendario provinciale di Bologna, in applicazione dell'art. 1, V
comma, L.R. 14/02 e della richiamata direttiva regionale, include la
volpe tra le specie cacciabili nelle AATV. Ne consegue (. . .): a)
l'illegittimita', per violazione delle norme dianzi indicate della
deliberazione della Giunta regionale 969/02 nella parte in cui
consente nelle AATV anche la caccia a fauna selvatica non di
allevamento, in particolare alla volpe; b) l'illegittimita', per
violazione della legge sopraindicata e per invalidita' derivata,
della delibera della Giunta provinciale 257/02".
Si osserva infine che "la deliberazione provinciale impugnata e' sul
punto censurabile anche sotto altri diversi profili. Infatti, nel
parere richiesto dall'Amministrazione provinciale in relazione al
proprio Calendario Venatorio, l'INFS esprimeva parere sfavorevole
riguardo al prelievo venatorio della volpe nelle AATV, non risultando
l'ammissione coerente con la Legge 157/92 e, in particolare con le
finalita' di impresa agricola che la legge statale riconosce alle
aziende in oggetto.
Ciononostante la Provincia di Bologna ha autorizzato con il
Calendario Venatorio la caccia della specie nelle AATV con
motivazione sbrigativa ed incongrua, essa rinviando al riguardo ad
una delibera manifestamente illegittima (la delibera Giunta regionale
969/02)".
7) Violazione di legge (art. 117, II comma, Cost.; art. 5 Cost; art.
1, II comma, artt. 7 e 10 Legge 157/92).
Si osserva che "l'art. 9, V comma della L.R. 14/02 stabilisce per i
soli prelievi di fauna selvatica migratoria in forma vagante il
sistema di annotazione sul tesserino a consuntivo, ossia al termine
della giornata di caccia.
Il Calendario Venatorio provinciale di Bologna al punto 8 dispone
l'applicazione della regola nei territori di competenza".
Si aggiunge che "come gia' affermato dalla Giurisprudenza
amministrativa (TAR Veneto Sez. II dec. 19/5/1998, n. 689), la
previsione dell'indicato sistema di annotazione si appalesa erronea
ed illegittima in quanto vanifica di fatto l'insieme delle rilevanti
finalita' proprie del tesserino di caccia.
La rilevazione e', infatti, funzionale ad un complesso di attivita',
tutte espressioni del principio fondamentale, enunciato dall'art. 1
della Legge 157/92, secondo cui l'esercizio dell'attivita' venatoria
e' consentito purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione
della specie.
L'annotazione del bilancio finale al termine della giornata non
consente in particolare l'attuazione di alcun controllo sul prelievo
venatorio, ne' consente di ritenere attendibili i dati raccolti. Ne
consegue l'impossibilita' di una corretta analisi tecnica dei
carnieri e proficua azione di vigilanza. Ed ancora, la difficolta'
per l'INFS di formulare, secondo le sue competenze istituzionali, gli
indirizzi orientativi essenziali per la pianificazione faunistica
(artt. 7 e 10, Legge 157/92)".
8) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per incongrua ed
insufficiente motivazione. Manifesta illogicita' e
irragionevolezza.
Si rileva che "il VI comma dell'art. 18, Legge 157/92 riconosce alle
Regioni, per la caccia alla fauna selvatica da appostamento, la
possibilita' di derogare al numero delle giornate settimanali
indicato al V comma, limitatamente, tuttavia, al periodo 1/10-30/11
e, comunque, sentito l'INFS e tenuto conto delle consuetudini
locali.
La necessita' del parere dell'INFS mira, evidentemente, ad assicurare
una gestione venataria corretta sotto il profilo della preservazione
di uno status di conservazione favorevole per le singole specie".
Si aggiunge come "l'art. 4, II comma, L.R. 14/02, nel regolare le
giornate di caccia, stabilisce alla lett. c) che dall'1 ottobre al 30
novembre, possono essere fruite per la caccia da appostamento alla
fauna selvatica migratoria cinque giornate settimanali.
La deroga ex art. 18, VI comma, cit., e' attuata dal Calendario
Venatario provinciale impugnato, nonostante i difformi pareri
dell'INFS.
Soprattutto con la nota prot. n. 6154 del 26/7/2002, infatti, l'INFS
censura l'aumento delle giornate di caccia proposto pur nel difetto
dei censimenti necessari a valutare l'impatto del conseguente
maggiore prelievo sulla conservazione delle specie migratorie, alcune
delle quali in flessione.
Carenza che, da una parte non consente all'Istituto di esprimere in
merito un ponderato parere, dall'altra manifesta una scorretta
strategia di conservazione di detta specie da parte della Provincia
di Bologna.
Non solo: l'Amministrazione provinciale nel discostarsi dal giudizio
INFS non si e' neppure preoccupata di darne adeguata motivazione,
limitandosi a richiamare, nell'atto istruttorio del 29/7/2002, le
consuetudini locali e la gia' nota circostanza di "non essere in
possesso di elementi che segnalino un pesante impatto sulle specie
oggetto di caccia".
Cio' sebbene alcune delle specie migratorie ammesse alla deroga di
cui al VI comma dell'art. 18 cit. siano state indicate a rischio di
flessione o addirittura,vulnerabili a livello europeo dall'INFS (. .
.) e qualificate con status di conservazione sfavorevole da parte
dello stesso Piano Faunistico Venatorio provinciale di Bologna (pagg.
70 e segg.: particolarmente Tortora, Quaglia, Canapiglia, Codone,
Marzaiola, Frullino)".
Sostanzialmente si censura di illegittimita' costituzionale la norma
di cui all'art. 4, secondo comma, lett. c) L.R. cit. - nella parte in
cui consente, dall'1 ottobre al 30 novembre, la possibilita' di
fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la
caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - in relazione
alla prescrizione di cui all'art. 18, sesto comma, Legge 157/92.
9) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per insufficiente
motivazione, illogicita' e travisamento dei fatti.
Si rileva che "il Calendario Venatorio regionale prevede per la
Tortora, all'art. 4, IV e V comma, L.R. 14/02, l'apertura della
caccia all'1 settembre (c.d. preapertura) e all'art. 6 un carniere
giornaliero di 25 capi.
Per la Beccaccia prevede, invece, la chiusura venatoria al 31 gennaio
e un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti. Negli
stessi termini ne propone il prelievo il Piano Faunistico Venatorio
provinciale".
Si aggiunge che "l'INFS, in considerazione del (. . .) precario stato
di conservazione delle due specie, evidenziava, nel parere reso in
data 26/7/2002, prot. n. 6154, la conseguente necessita' di ridurre
il carniere della Tortora da 25 a 10 capi e di anticipare al 31
dicembre la chiusura della caccia alla Beccaccia", mentre invece "la
Provincia consentiva il prelievo delle specie indicate nei previsti
termini della L.R. 14/02, senza alcuna fondata ed adeguata
motivazione. E' infatti evidente che: a) rispetto alla Tortora,
l'INFS ha palesemente manifestato nell'esigenza di conservazione
della specie la ragione della richiesta riduzione del carniere; ed
ancora, e' la legge stessa (. . .) a richiedere, onde garantire
l'effettiva conservazione delle specie (. . .), il parere INFS, cosi'
obbligando l'Amministrazione che intenda discostarsene a motivarne le
ragioni. Ritenere che sia sufficiente per disattendere un parere INFS
il richiamo alle disposizioni di legge vigenti azzera la valenza del
parere stesso oltre che la ratio di tutela; b) rispetto alla
Beccaccia, non sono state attuate le "misure limitative" del
carniere, cosi' come invece asserito nella nota del 29/7/2002 della
Provincia, confermando in realta' il Calendario Venatorio
provinciale, l'entita' del prelievo ammesso per la medesima specie
dalla Regione.
Mentre e' con riferimento al carniere quale era previsto dal
Calendario Venatorio regionale e proposto dal Calendario Venatorio
provinciale che avrebbe dovuto semmai operarsi le limitazioni
necessarie ai fini conservativi della specie".
Sostanzialmente si censura di illegittimita' costituzionale la norma
di cui agli artt. 4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, L.R.
cit. - nella parte in cui consentono per la Tortora un carniere
giornaliero di venticinque capi e per la Beccaccia la chiusura
dell'esercizio venatorio al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di
tre capi e stagionale di venti capi - in relazione alla prescrizione
posta dall'art. 1, secondo comma, Legge 157/92. Le Amministrazioni
resistenti (Regione Emilia-Romagna e Provincia di Bologna)
controdeducono ampiamente nel merito del ricorso, chiedendone il
rigetto.
L'associazione "Federcaccia Emilia-Romagna" interveniente in
opposizione eccepisce invece preliminarmente la carenza di
legittimazione al ricorso delle associazioni ricorrenti e
controdeduce anche ampiamente nel merito del ricorso chiedendone il
rigetto.
Con successiva memoria del 27/11/2002, le associazioni ricorrenti
hanno ulteriormente delineato le rispettive argomentazioni.
Con ordinanza 28/11/2002, n. 821, questa Sezione ha accolto l'istanza
cautelare presentata dalle associazioni ricorrenti. Tale ordinanza e'
stata confermata in appello dal Consiglio di Stato, "tenuto conto dei
principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 536
del 20/12/2002 (id., VI Sezione, ord. 14/1/2003, n. 100).
Con memoria del 22/2/2003 le associazioni ricorrenti hanno presentato
quali motivi aggiunti di gravame, censure di violazione di legge ed
eccesso di potere sotto diversi profili rispetto ai seguenti
provvedimenti ulteriori: delibera 22/1/2003, n. 17 della Giunta
provinciale di Bologna, avente ad oggetto "Modalita' attuative
relative all'effettuazione del piano di prelievo in selezione del
Cervo, Capriolo e Daino per l'annata venatoria in corso", e relativo
allegato; nonche' degli atti premessi, presupposti, connessi e
consequenziali, compresi pareri e proposte, con particolare riguardo,
in parte qua, alla delibera 23/12/2002, n. 476, della Giunta
provinciale di Bologna avente ad oggetto: "Integrazioni al Calendario
Venatorio provinciale per l'annata 2002/2003 relative al piano di
abbattimento del daino nell'ATC BO4 e al piano di prelievo del Cervo
e del Cinghiale".
Successivamente, con delibera 20/2/2003, n. 51 la Giunta provinciale
di Bologna ha revocato le delibere provinciali da ultimo impugnate
con motivi aggiunti di gravame e conseguentemente le associazioni
ricorrenti hanno rinunciato all'istanza cautelare nel frattempo
proposta. Con successive memorie le parti hanno ulteriormente
delineato le rispettive argomentazioni.
Con ordinanza 23/7/2003, n. 100, questa Sezione ha disposto
l'acquisizione, in via istruttoria, di ulteriore documentazione. Con
successive memorie, le parti hanno ulteriormente delineato le
rispettive argomentazioni anche con riferimento alle decisioni della
Corte Costituzionale nel frattempo intervenute in materia. I
procuratori delle parti hanno, infine, provveduto al deposito della
nota delle spese ed onorari di giudizio, per l'importo complessivo di
Euro 12.246,47 + 5.133,52 IVA e CPA incluse (per la parte ricorrente)
Euro 12.297,99 (per la Provincia) e 8.334,73 + IVA e CPA (per la
Regione).
DIRITTO
1) Il presente ricorso propone due questioni manifestamente distinte
ed autonome - "ratione materiae" - ossia: quella specifica e
circoscritta attinente l'esercizio della caccia nei confronti delle
specie protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla
Direttiva 79/409 U.E. (prime tre censure) e quella attinente tempi e
modalita' dell'esercizio venatorio ordinario (ultime sei censure).
2) - 2.1) Con sentenza adottata nella medesima Camera di Consiglio
del 30/10/2003, questo Collegio ha respinto l'eccezione preliminare
di inammissibilita' del ricorso (per carenza di legittimazione delle
associazioni ricorrenti) presentate dalla Federcaccia Emilia-Romagna
quale interveniente in opposizione ed ha accolto il ricorso (nella
parte relativa ai primi tre profili di gravame, attinenti la
questione distinta ed autonoma dell'esercizio della caccia in deroga
alle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia) e - previa
disapplicazione della legge dell'Emilia-Romagna 15/02 e successive
integrazioni per contrasto della stessa con l'art. 9 della Direttiva
del Consiglio delle Comunita' Europee n. 79/409 CEE - ha annullato
l'impugnata delibera giuntale della Provincia di Bologna 30/7/2002,
n. 257 (nelle corrispondenti parti prescrittive).
2.2) La seconda questione posta dal ricorso attiene complessivamente
l'asserita violazione del riparto costituzionale di competenze
legislative tra Stato e Regione in relazione a modalita' e tempi
dell'esercizio venatorio ordinario nell'area territoriale di
riferimento (ultime sei censure).
Come si e' gia' rilevato dianzi, tale seconda questione e'
manifestamente distinta ed autonoma - "ratione materiae" - da quella
specifica e circoscritta attinente l'esercizio della caccia nei
confronti delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia,
in deroga alla Direttiva U.E. 79/409.
Ritiene, peraltro, il Collegio che la legislazione regionale dianzi
indicata nella parte specificamente in esame, ponga un profilo di
illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 117, secondo
comma, lett. s) e 97, primo comma, Cost.; che tale profilo non sia,
in questa fase, manifestamente infondato e che esso sia rilevante ai
fini della definizione (in parte qua) della presente controversia.
A tale riguardo, appare evidentemente necessario fare riferimento
alla fondamentale decisione 20/12/2002, n. 536 della Corte
Costituzionale ed al complesso delle sue statuizioni in materia nella
scia dell'orientamento gia' accolto in sede cautelare dal Consiglio
di Stato in relazione al presente ricorso (id., VI Sez. ord.
14/1/2003, n. 100).
Nella decisione dianzi indicata, la Corte Costituzionale afferma che
l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione - nel testo
modificato dalla Legge costituzionale 18/10/2001, n. 3 - esprime una
esigenza unitaria per cio' che concerne la tutela dell'ambiente e
dell'eco-sistema, ponendo un limite agli interventi a livello
regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali. E cio'
in quanto la tutela dell'ambiente non puo' ritenersi propriamente una
"materia", essendo invece l'ambiente da considerarsi come un "valore"
costituzionalmente protetto che non esclude la titolarita' in capo
alle Regioni di competenze legislative su materie (governo del
territorio, tutela della salute ecc.) per le quali quel valore
costituzionale assume rilievo. E, in funzione di quel valore, lo
Stato puo' dettare standard di tutela uniformi sull'intero territorio
nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex
art. 117 della Costituzione.
La Corte Costituzionale rileva, inoltre, come gia' prima della
riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, la
protezione dell'ambiente avesse assunto una propria autonoma
consistenza che non si esauriva ne' rimaneva assorbita nelle
competenze di settore (sentenza n. 356/94), configurandosi l'ambiente
come bene unitario che puo' risultare compromesso anche da interventi
minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza (sentenza
n. 67/92); che, infine, la natura di valore trasversale, idoneo ad
incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma
degli standard minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9 e 32
della Costituzione, trova ora conferma nella previsione contenuta
nella lettera s) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione,
che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente
e dell'ecosistema. Entro questa cornice complessiva - e con specifico
riferimento alla questione sottopostale, la Corte - nella predetta
decisione ha riconosciuto come la delimitazione temporale del
prelievo venatorio disposta dall'art. 18 della Legge 157/92 sia
rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie
cacciabili e risponda all'esigenza di tutela dell'ambiente per il cui
soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s) ritiene
necessario l'intervento in via esclusiva della potesta' legislativa
statale. E cio' in quanto - come gia' affermato dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 323 del 1998 -, vi e' un "nucleo
minimo di salvaguardia della fauna selvatica nel quale deve
includersi - accanto all'elencazione delle specie cacciabili - la
disciplina delle modalita' di caccia, nei limiti in cui prevede
misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la
riproduzione delle specie cacciabili e al novero di tali misure va
ascritta la disciplina che, anche in funzione di adeguamento agli
obblighi comunitari, delimita il periodo venatorio" (in tal senso, v.
anche successivamente Corte Costituzionale, sentenze 4/7/2003, nn.
226 e 227 e 15/10/2003, n. 311). Nel contesto della giurisprudenza
costituzionale predetta, ritiene il Collegio che tale nucleo minimo
di salvaguardia della fauna selvatica per il cui soddisfacimento
l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost. ritiene necessario
l'intervento in via esclusiva della potesta' legislativa statale
debba esser ragionevolmente individuato nel complesso unitario,
omogeneo e coerente delle disposizioni di cui alla Legge nazionale 11
febbraio 1992, n. 157 ("Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatario"), in quanto espressamente
preordinate a disciplinare l'esercizio dell'attivita' venatoria con
modalita' tali da consentire che esso non contrasti con l'esigenza di
conservazione della fauna selvatica (art. 1, secondo comma, L. cit.)
ed a dare integrale recepimento ed attuazione alle Direttive 79/409
CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411 CEE della Commissione del
25 luglio 1985 e 91/244 CEE della Commissione del 6 marzo 1991,
concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, nonche'
attuazione alla Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 ed alla
Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 (art. 1, quarto comma, L.
cit.).
Conseguentemente, dubita il Collegio della legittimita'
costituzionale della legislazione regionale dianzi indicata (nelle
parti prescrittive di cui in prosieguo) per contrasto con la
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regione posta
dai suddetti parametri costituzionali: in particolare, il Collegio
dubita della legittimita' costituzionale delle norme di cui all'art.
3, primo comma, lett. d) e di cui all'art. 3, secondo comma, L.R. 12
luglio 2002, n. 14 in relazione alla prescrizione del periodo massimo
di attivita' venatoria per gli ungulati posta dall'art. 18, Legge
157/92 (quarta censura); nonche' della legittimita' costituzionale
della norma di cui all'art. 3, terzo comma, L.R. cit. in relazione
alla prescrizione del divieto di caccia su terreni coperti in tutto o
nella maggior parte di neve posta dall'art. 21, primo comma, lett.
m), Legge 157/92 (quinta censura), nonche' della legittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 1, quinto comma, L.R. cit.
- nella parte in cui consente, in base alle vigenti direttive
regionali relative alla gestione delle Aziende agri-turistico
venatorie (A.A.T.V.), la caccia alla volpe - in relazione alla
prescrizione dell'immissione ed abbattimento presso le Aziende
predette unicamente di fauna selvatica di allevamento posta dall'art.
16, primo comma, lett. b), Legge 157/92 (sesta censura); nonche'
della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 9,
quinto comma, L.R. cit. - nella parte in cui consente per gli
abbattimenti di fauna selvatica migratoria in forma vagante
l'annotazione sul tesserino venatario al termine della giornata di
caccia - in relazione alle prescrizioni in tema di controlli e di
adozione di indirizzi orientativi per la pianificazione faunistica da
parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica poste dagli
artt. 7 e 10, Legge 157/92, oltre che al canone di razionalita', di
buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto
dall'art. 97, primo comma, Cost. (settima censura); nonche' della
legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 4, secondo
comma, lett. c) L.R. cit. - nella parte in cui consente, dall'1
ottobre al 30 novembre, la possibilita' di fruizione di due giornate
ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla
fauna selvatica migratoria - in relazione alla prescrizione di cui
all'art. 18, sesto comma, Legge 157/92 (ottava censura); nonche'
della legittimita' costituzionale delle norme di cui agli artt. 4,
quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, L.R. cit. - nella parte in
cui consentono per la Tortora un carniere giornaliero di venticinque
capi e per la Beccaccia la chiusura dell'esercizio venatorio al 31
gennaio ed un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti
capi - in relazione alla prescrizione posta dall'art. 1, secondo
comma, Legge 157/92 (nona censura).
Il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale
dianzi delineata si presenti come rilevante e non manifestamente
infondata.
Quanto al primo profilo, l'eventuale caducazione delle disposizioni
di legge regionale predette a seguito di un accertamento di
incostituzionalita' delle norme medesime, comporterebbe la
illegittimita' derivata dalle impugnate delibere (nelle
corrispondenti parti prescrittive) e la conseguente definizione (in
parte qua) della controversia in senso favorevole all'interesse fatto
valere in giudizio dalle Associazioni protezionistiche ricorrenti.
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, essa emerge
dalla considerazione principale che le norme regionali predette - nel
contemplare tempi e modalita' della caccia nell'ambito territoriale
di riferimento manifestamente difformi "in peius" (in relazione alla
tutela del patrimonio faunistico) rispetto alle corrispondenti
disposizioni della Legge nazionale 11/2/1992, n. 157 ("Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio") e ben maggiormente pervasive degli ambiti naturali propri
della fauna selvatica protetta - incidono in modo sinergicamente
pregiudizievole proprio su questo nucleo minimo di salvaguardia della
fauna selvatica rappresentato dalle prescrizioni della Legge
nazionale citata, in quanto espressamente preordinate nel loro
complesso unitario, omogeneo e coerente a disciplinare l'esercizio
dell'attivita' venataria con modalita' tali da consentire che esso
non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica
(art. 1, secondo comma, Legge cit.), anche in funzione di adeguamento
agli obblighi comunitari ed internazionali (art. 1, quarto comma, L.
cit.).In particolare, ritiene il Collegio che la legge regionale
predetta abbia pesantemente inciso proprio su questo nucleo minimo di
salvaguardia della fauna selvatica:
a) dilatando ampiamente l'ambito temporale della stagione venatoria
per gli ungulati in maniera differenziata da specie a specie, dal
mese di giugno al successivo mese di marzo, ben oltre l'arco
temporale massimo prescritto dall'art. 18, primo e secondo comma,
Legge nazionale cit. (art. 3, primo comma, lett. d) e secondo comma
L.R. 14/02);
b) consentendo la caccia agli ungulati in forma selettiva anche su
terreni in tutto o nella maggior parte coperti di neve - e quindi in
una situazione climatica comportante un'accresciuta precarieta' anche
alimentare di tali specie - in manifesto contrasto con l'omologo
divieto protezionistico posto dalla norma di cui all'art. 21, primo
comma, lett. m), legge nazionale cit. a tutela della conservazione di
tali specie (art. 3, terzo comma, L.R. 14/02);
c) consentendo - in base al richiamo confermativo alle vigenti
direttive regionali relative alla gestione delle Aziende
agri-turistico venatorie (A.A.T.V.) - la caccia alla volpe in tali
aziende, in manifesto contrasto con l'omologo divieto protezionistico
di immissione ed abbattimento per tutta la stagione venatoria di
fauna selvatica non di allevamento (quale e', tipicamente, la Volpe)
in tali aziende posto dalla norma di cui all'art. 16, primo comma,
lett. b), Legge nazionale cit. a tutela della conservazione di tali
specie e nonostante il lineare ed ineccepibile parere "tranchant"
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (art. 1, quinto comma,
L.R. 14/02);
d) consentendo per gli abbattimenti di fauna selvatica migratoria in
forma vagante il sistema di annotazione sul tesserino venatorio al
termine della giornata di caccia (cioe', a consuntivo e non dopo ogni
abbattimento): un sistema gia' riconosciuto in sede giurisdizionale
come palesemente inidoneo a consentire il perseguimento delle
finalita' proprie del tesserino di caccia e tale conseguentemente da
vanificare ogni forma di reale e penetrante controllo sugli
abbattimenti compiuti dai singoli cacciatori, come rilevato anche
dall'INFS, che proprio a questa disposizione ascrive oltre alla
sostanziale vanificazione del controllo anche la possibilita' per
l'Istituto di elaborare dati attendibili sull'abbattimento della
fauna migratoria (TAR Veneto, II Sez., dec. 19/5/1998, n. 689, in
motivazione, pag. 7). E cio', in contrasto con la finalita'
protezionistica delle prescrizioni di cui agli artt. 7 e 10 della
Legge nazionale cit., che attribuiscono all'INFS un complesso di
funzioni di particolare rilievo inerenti il patrimonio ambientale
costituito dalla fauna selvatica e che gli conferiscono il potere di
adottare indirizzi orientativi essenziali per la pianificazione
omogenea e congruente dell'attivita' faunistico-venatoria,
necessariamente fondati sulla conoscenza della consistenza faunistica
da conseguirsi anche mediante modalita' omogenee di rilevazione e di
censimento (TAR Veneto, dec. cit., in motivazione pag. 7/8). Il
sistema di annotazione "a consuntivo" sul tesserino venatorio
introdotto dalla norma di cui all'art. 9, quinto comma, L.R. 14/02,
appare - ad avviso del Collegio - contrastare conseguentemente anche
con il canone di razionalita', di buon andamento e di imparzialita'
dell'azione amininistrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost.,
a causa degli effetti pregiudizievoli che esso comporta sulla
complessiva pianificazione dell'attivita' faunistico-venatoria in una
cornice necessariamente protezionistica;
e) consentendo, dall'1 ottobre al 30 novembre, la possibilita' di
fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la
caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - e quindi un
impatto tendenzialmente crescente del prelievo venatorio su
quest'ultima - nonostante che il massimo organo statale di consulenza
faunistico-venatoria rilevi come "allo stato attuale delle conoscenze
non vi siano informazioni tecniche sufficienti per valutare le
possibili conseguenze derivanti alle popolazioni delle specie
ornitiche migratrici oggetto di caccia a seguito della concessione
delineata"; come pertanto l'Istituto si trovi "nell'impossibilita' di
esprimere un ponderato parere in merito alla possibilita' di
autorizzare l'attivita' venatoria da appostamento per ulteriori due
giornate settimanali durante i mesi di ottobre e novembre",
segnalando peraltro nel contempo che "alcune di dette specie
cacciabili sono attualmente indicate a livello europeo in flessione o
persino vulnerabili, per cui una piu' corretta strategia di
conservazione di dette specie potrebbe in effetti richiedere misure
specifiche di controllo dell'impatto venatorio" (Allegati nn. 13 e 14
al ricorso): e cio' in sostanziale violazione della prescrizione di
cui all'art. 18, sesto comma, Legge nazionale cit., nella parte in
cui essa richiede una valutazione necessariamente congrua del parere
dell'INFS, che nella fattispecie in esame non e' dato rinvenire nel
complesso degli atti di causa. Tale possibilita' di fruizione di due
giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da
appostamento alla fauna selvatica migratoria - introdotta dalla norma
di cui all'art. 4, primo comma, lett. c), L.R. 14/02 - appare, ad
avviso del Collegio, il quale solleva la questione ex officio in via
gradata, contrastare anche con il canone di razionalita', di buon
andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto
dall'art. 97, primo comma, Cost. a causa degli effetti
tendenzialmente pregiudizievoli che esso comporterebbe sugli assetti
di conservazione delle specie faunistiche interessate per il
riconosciuto vuoto informativo su cui la predetta deroga estensiva
regionale assai precariamente si fonda;
f) consentendo per la specie Tortora un carniere giornaliero di
venticinque capi abbattuti e per la specie Beccaccia la chiusura
venatoria al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di tre capi
abbattuti e stagionale di venti capi abbattuti, nonostante che l'INFS
rilevi che "nel caso della Tortora (. . .) occorre prevedere una
sensibile riduzione del carniere previsto (non piu' di dieci capi
giornalieri per cacciatore, anziche' i venticinque previsti)" e che
"per la Beccaccia si ritiene opportuna una chiusura anticipata della
stagione venatoria al 31 dicembre, in relazione non solo al precario
stato di conservazione delle popolazioni europee di questa specie, ma
anche in considerazione della maggiore vulnerabilita' che
contraddistingue questo Scolopacide in inverno" (Allegato n. 13 al
ricorso): e cio' in sostanziale violazione della prescrizione
tipicamente protezionista di cui all'art. 1, secondo comma, Legge
nazionale cit., nella parte in cui essa dispone che "l'esercizio
dell'attivita' venatoria e' consentito purche' non contrasti con
l'esigenza di conservazione della fauna selvatica". La previsione per
la specie Tortora di un carniere giornaliero di venticinque capi
abbattuti e per la specie Beccaccia della chiusura venatoria al 31
gennaio e di un carniere giornaliero di tre capi abbattuti e
stagionale di venti capi - introdotta dalle norme di cui agli artt.
4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, L.R. 14/02 - appare, ad
avviso del Collegio, il quale solleva la questione ex officio in via
gradata, contrastare conseguentemente anche con il canone di
razionalita', di buon andamento e di imparzialita' dell'azione
amministrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost. a causa degli
effetti tendenzialmente pregiudizievoli che essa comporta sugli
assetti di conservazione delle specie faunistiche interessate in base
alla valutazione dianzi indicata del massimo organo statale di
consulenza in materia faunistico-venatoria.
Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale
della legge dell'Emilia-Romagna 14/02 - nelle parti prescrittive
dianzi indicate - per contrasto con la Legge 11/2/1992, n. 157 e con
il riparto di competenza legislativa posto dall'art. 117, secondo
comma, lettera s) della Costituzione nonche' per contrasto con l'art.
97, primo comma, della Costituzione: conseguentemente va disposta la
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, mentre il presente
giudizio (in parte qua) deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23,
Legge 87/53, fino all'esito del giudizio incidentale di
costituzionalita'.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna - Bologna,
Sezione Seconda
- dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale della legge dell'Emilia-Romagna 14/02 -
nelle parti prescrittive dianzi indicate - in relazione all'art. 117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione per contrasto con la
Legge 157/92, nonche' in relazione all'art. 97, primo comma, della
Costituzione;
- dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
- sospende la trattazione del ricorso (in parte qua) ai sensi
dell'art. 23, Legge 11/3/1953, n. 87;
- ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei
Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del
Parlamento.
Cosi' deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 30/10/2003.
PRESIDENTE
L. Papiano
CONS REL. EST.
G. Mozzarelli
Depositata in Segreteria in data 30 luglio 2004.
Bologna, 30 luglio 2004