SENTENZA 7 luglio 2005, n. 300
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 22 maggio 2004, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 56 del Registro ricorsi 2004
CORTE COSTITUZIONALE
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Fernanda Contri, Presidente; Guido Neppi Modona, Piero Alberto
Capotosti, Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick,
Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo
Maddalena, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo,
giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale
dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21
febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2), promosso con ricorso
del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 22 maggio
2004, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 56
del Registro ricorsi 2004.
Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 2005 il Giudice relatore
Fernanda Contri;
uditi l'avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea
Manzi per la Regione Emilia-Romagna.
itenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'intero testo della
legge della Regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche
alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2),
in quanto essa contiene disposizioni concernenti l'immigrazione, il
diritto di asilo e la condizione giuridica di cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione Europea, le quali costituiscono materie che
l'art. 117, secondo comma, lettere a) e b) della Costituzione riserva
alla legislazione esclusiva statale.
Tale straripamento della potesta' legislativa regionale, secondo il
ricorso, vizia l'intera legge regionale la quale, sin dagli artt. 1 e
2, contiene disposizioni relative alla condizione giuridica dei
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, con cio'
impropriamente invadendo una competenza esclusiva dello Stato che non
tollera "intrusioni legislative regionali".
Il ricorrente osserva che, se e' l'intera legge regionale a dover
essere dichiarata costituzionalmente illegittima, la violazione della
Costituzione appare evidente in relazione ad alcune specifiche
disposizioni: in particolare all'art. 3, comma 4, lettera d), che
prevede un'attivita' di osservazione e monitoraggio, da svolgere "in
raccordo con le prefetture", del funzionamento dei centri di
permanenza temporanea, e cioe' su strutture che sono direttamente
funzionali alla materia dell'immigrazione, oltre che all'ordine
pubblico ed alla sicurezza, entrambe di esclusiva spettanza statale;
agli artt. 6 e 7 della legge regionale impugnata, che riconoscono
forme di partecipazione dei cittadini stranieri immigrati
all'attivita' politico-amministrativa della Regione, quali componenti
della Consulta regionale, che vanno ad incidere sulla condizione
giuridica di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea e
sull'immigrazione, materie entrambe di competenza esclusiva statale;
all'art. 10, che consente ai cittadini immigrati di accedere
all'edilizia residenziale pubblica ed ai benefici per la prima casa,
materia anch'essa spettante allo Stato che "ha puntualmente
legiferato sull'argomento".
Infine, secondo il ricorso, l'art. 3, comma 5, della legge regionale
censurata attribuisce alla Regione un potere sostitutivo nei
confronti degli enti locali inadempienti alle funzioni indicate nella
medesima disposizione, pur essendo dette funzioni invasive della
competenza legislativa dello Stato e pur se la norma denunciata non
determina in alcun modo il tipo di potere sostitutivo della Regione,
con cio' violando anche gli artt. 114 e 120 Cost.
2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna,
chiedendo alla Corte di dichiarare il ricorso inammissibile e
infondato e precisando le proprie difese con una successiva memoria
depositata in prossimita' dell'udienza.
Dopo aver richiamato le precedenti leggi regionali 21 febbraio 1990,
n. 14 (Iniziative regionali in favore dell'emigrazione e norme per
l'istituzione della Consulta regionale dell'emigrazione) e 12 marzo
2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per
la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali) - mai contestate ne' in via principale ne' in via
incidentale -che avevano previsto numerosi interventi a favore di
stranieri non comunitari in materia di prestazioni sociali, sanitarie
e assistenziali, di formazione professionale, di assegnazione di
alloggi di edilizia residenziale pubblica ed altri ancora, la Regione
ricorda che da tali leggi era gia' stata prevista e regolata una
"Consulta per l'emigrazione e l'immigrazione" che sin da allora
prevedeva la presenza di immigrati extracomunitari nella sua
composizione.
La legge impugnata dal Governo, secondo la Regione, si e' resa
necessaria a seguito delle novita' introdotte nella legislazione
statale dal decreto legislativo n. 286 del 1998, modificato dalla
legge n. 189 del 2002, e del massiccio afflusso di immigrati, eventi
comportanti l'obbligo di separare la disciplina relativa agli
emigrati da quella riguardante gli immigrati; la nuova legge e' stata
preceduta da un'ampia consultazione che ha coinvolto numerosi
soggetti, istituzionali e non, e dalla predisposizione di un
Programma regionale delle attivita' a favore degli immigrati con lo
stanziamento di rilevanti mezzi finanziari.
Dopo aver descritto sinteticamente il contenuto delle disposizioni
della legge censurata dal Governo, la difesa della Regione eccepisce
preliminarmente l'inammissibilita' delle censure rivolte all'intero
testo della legge, in quanto la stessa ha un contenuto non omogeneo e
prevede interventi di tipo diverso fra loro.
In secondo luogo la Regione Emilia-Romagna eccepisce l'infondatezza
dell'impugnazione della legge regionale nel suo complesso, motivata
dalla pretesa statale di impedire alle Regioni di dettare alcuna
disposizione concernente gli stranieri. Ad avviso della Regione,
posto che un problema di legittimita' costituzionale di tali
disposizioni non era mai stato sollevato nella vigenza del testo del
Titolo V della Costituzione anteriore alla sua modifica, tanto che la
precedente legge regionale n. 14 del 1990 non era mai stata
censurata, l'assunto del Governo appare arbitrario, non essendo
fondato su alcuna norma costituzionale ed essendo anzi in contrasto
con la stessa normativa statale in materia e con la giurisprudenza
costituzionale.
Infatti, sempre secondo la Regione, le disposizioni che riservano
allo Stato la disciplina della "condizione giuridica dei cittadini
stranieri" e della "immigrazione" non sono vulnerate dalla legge
impugnata, che si limita a prendere atto della presenza di immigrati
sul suo territorio e ad affrontare i problemi che ne derivano
esclusivamente nell'ambito delle competenze regionali. In particolare
per "condizione giuridica dello straniero" non puo' che intendersi
quella costituente il parallelo, in negativo, della condizione di
cittadinanza, mentre le scelte di politica regionale di intervento
nei singoli settori possono evidentemente avere come destinatari
anche gli stranieri, una volta che essi siano regolarmente
soggiornanti in Italia, senza modificarne in alcun modo la
"condizione giuridica" nel senso voluto dalla Costituzione.
La stessa disciplina statale ordinaria di cui al DLgs 25 luglio 1998,
n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello
straniero), dispone all'art. 1, comma 4, che "nelle materie di
competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente
testo unico costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'alt.
117 della Costituzione", rendendo con cio' chiaro che gia' nella
vigenza del vecchio Titolo V le Regioni erano legittimate a
disciplinare i propri interventi a favore degli stranieri nelle
materie di loro competenza e nel rispetto delle norme stabilite dallo
Stato. La stessa legge statale stabilisce che allo straniero sono
riconosciuti i diritti fondamentali, che egli gode dei diritti in
materia civile e partecipa "alla vita pubblica locale" (art. 2 del
DLgs citato), e quindi le Regioni non solo possono, ma devono tener
conto della presenza degli immigrati nel disciplinare le materie di
loro competenza.
La legislazione statale vigente, secondo la Regione, affida
espressamente alle Regioni il compito di intervenire per "rimuovere
gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei
diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio
dello Stato", con particolare riguardo all'alloggio, alla lingua,
all'integrazione sociale (art. 3, comma 5, del DLgs citato).
La Regione Emilia-Romagna ricorda ancora che l'art. 45 del testo
unico ha istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, la
cui attivita' e' disciplinata dagli artt. 58 e 59 del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento
recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del DLgs n. 286 del
1998), che prevedono ampie competenze delle Regioni. In questo quadro
la modifica del Titolo V della Costituzione ha ulteriormente ampliato
le competenze regionali in settori nei quali la presenza di stranieri
extracomunitari pone problemi, a volte acuti, in materie di
competenza regionale quali la formazione professionale e i servizi
sociali, e nella materia dell'istruzione, di competenza concorrente.
La Regione ricorda poi che la Corte, con la sentenza n. 379 del 2004,
ha dichiarato infondata la censura del Governo avverso la norma
statutaria dell'Emilia-Romagna riguardante il diritto di
partecipazione alla vita pubblica (compreso il vote nei referendum e
nelle altre forme di consultazione popolare) a tutti coloro che
risiedono in un Comune del territorio regionale; la Corte ha
osservato che i "diritti di partecipazione" sono certamente materia
di competenza regionale e che le Regioni, mentre non possono
estendere il diritto di voto nelle elezioni statali, regionali e
locali, ben possono coinvolgere in altre forme di partecipazione e
consultazione soggetti che prendono parte alla vita associata, anche
a prescindere dalla titolarita' dell'elettorato attivo. Lo stesso
art. 8, comma 5, del DLgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali), in relazione allo statuto
degli enti, stabilisce che esso promuove forme di partecipazione alla
vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione Europea e degli
stranieri regolarmente soggiornanti, con cio' smentendo l'assunto
posto a base del ricorso statale.
Quanto alle singole censure contenute nell'atto introduttivo del
presente giudizio, la Regione osserva ed eccepisce quanto segue.
L'art. 3, comma 4, lettera d), della legge, in base al quale la
Regione svolge attivita' di osservazione e monitoraggio, per quanto
di competenza ed in raccordo con le prefetture, del funzionamento dei
centri di permanenza temporanea di cui all'art. 14 del DLgs n. 286
del 1998, non disciplina in alcun modo tali centri ne' si sovrappone
alla normativa statale, ma si limita a prevedere una attivita' che e'
strumentale alle sole competenze regionali. La precisazione "per
quanto di competenza" e la previsione del "raccordo con le
prefetture" rendono evidente la non lesivita' della norma e la
circostanza che il monitoraggio si svolgera' in modo tale da non
interferire con funzioni statali. Nei centri di permanenza, prosegue
la memoria, si svolgono attivita' che interessano le funzioni
regionali, ad esempio riguardo all'assistenza sanitaria e ai profili
assistenziali in genere, e quindi la loro esistenza non puo' essere
ricondotta al solo ordine pubblico o alla sicurezza, in relazione ai
quali, del resto, se non esistono "poteri regionali", esiste
certamente un "interesse regionale" esplicitamente riconosciuto in
Costituzione, che all'art. 118, terzo comma, invita appunto la legge
statale a prevedere "forme di coordinamento" per queste materie.
L'art. 3, comma 5, della legge censurata prevede che la Regione
esercita i poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali
inadempienti secondo le modalita' previste dalla vigente disciplina
regionale, e la disposizione deve essere, di tutta evidenza, riferita
alle attivita' di cui agli artt. 4 e 5 della stessa legge, che sono
affidate agli enti locali; non vi sarebbe poi alcuna indeterminatezza
in quanto la legge regionale n. 6 del 2004 ha dettato una nuova
disciplina generale del potere sostitutivo della Regione, pienamente
conforme ai requisiti fissati dalla giurisprudenza costituzionale a
partire dalla sentenza n. 43 del 2004. L'indicazione, quale
parametro, dell'art. 120 Cost. appare quindi del tutto inconferente,
riguardando esso il potere sostitutivo straordinario statale.
Le censure concernenti gli artt. 6 e 7 della legge regionale n. 5 del
2004, che disciplinano le forme partecipative degli stranieri nella
Consulta regionale per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri
immigrati, trovano diretta smentita nella sentenza della Corte n. 379
del 2004, la quale ha definito di sicura competenza regionale proprio
i "diritti di partecipazione" affermando la legittimita' di una norma
statutaria che prevede il diritto di voto di tutti i residenti nei
referendum regionali. Inoltre, la stessa disciplina statale in
materia prevede (art. 42, comma 6, del DLgs n. 286 del 1998) la
possibilita' per le Regioni di istituire nelle materie di loro
competenza tali consulte, e lo stesso organismo consultivo istituito
presso la Presidenza del Consiglio vede la partecipazione di
rappresentanti designati dalle associazioni piu' rappresentative
operanti in Italia; le censure risultano percio' del tutto
infondate.
Infine, l'art. 10 della legge, che attribuisce ai cittadini stranieri
immigrati la possibilita' di accedere all'edilizia residenziale
pubblica, non fa che disciplinare un diritto riconosciuto dalla legge
statale, e precisamente dall'art. 40 del DLgs n. 286 del 1998, il
quale prevede espressamente alcune competenze in capo alle Regioni.
La disciplina impugnata corrisponde quindi ad una regola stabilita
dalla legge statale in materia e non invade in alcun modo materie
riservate alla esclusiva competenza dello Stato.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri solleva questione di
legittimita' costituzionale dell'intero testo della legge della
Regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione
sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi
regionali 21 febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2) per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della
Costituzione, perche' ritiene che essa contenga norme concernenti
l'immigrazione, il diritto di asilo e la condizione giuridica di
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, materie,
queste, riservate alla legislazione esclusiva statale che non
tollerano intrusioni legislative regionali.
Per quanto concerne l'art. 3, comma 5, della legge impugnata, che
attribuisce alla Regione un potere sostitutivo nei confronti degli
enti locali inadempienti alle funzioni di cui alla medesima
disposizione, il ricorso indica altresi' la violazione degli artt.
114 e 120 Cost., poiche' si tratterebbe di funzioni per le quali la
Regione non ha alcuna competenza, per le quali non sarebbe
ipotizzabile alcun potere sostitutivo della Regione Emilia-Romagna.
Le censure del Governo riguardano poi specificatamente alcune delle
disposizioni della legge impugnata, e precisamente:
a) l'art. 3, comma 4, lettera d), che prevede l'osservazione e il
monitoraggio, "in raccordo con le Prefetture", del funzionamento dei
centri di permanenza temporanea, strutture che rientrano, oltre che
nella materia dell'immigrazione, anche in quella dell'ordine pubblico
e della sicurezza, entrambe di esclusiva spettanza statale;
b) gli artt. 6 e 7, che secondo il ricorso riconoscono nuove forme di
partecipazione dei cittadini stranieri all'attivita'
politico-amministrativa della Regione, quali membri della Consulta
regionale, cui sono affidati compiti istituzionali propulsivi e
consultivi; tali forme partecipative riguarderebbero la condizione
giuridica di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea e
l'immigrazione, materie entrambe di competenza esclusiva statale;
c) l'art. 10, che consente ai cittadini immigrati di accedere
all'edilizia residenziale pubblica ed ai benefici per la prima casa,
materia anch'essa spettante allo Stato, che peraltro "ha puntualmente
legiferato sull'argomento".
2. - La Regione eccepisce preliminarmente l'inammissibilita' delle
censure svolte nei confronti dell'intero testo della legge, in quanto
la stessa ha un contenuto eterogeneo, prevedendo interventi di tipo
diverso da parte di enti diversi.
La Regione Emilia-Romagna eccepisce poi l'infondatezza della
impugnazione della legge regionale nel suo complesso, motivata dalla
pretesa statale di impedire alle Regioni di dettare qualsiasi
disposizione concernente gli stranieri, a prescindere dal fatto che
si tratti o meno di incidere su materie di competenza regionale,
tanto piu' che un problema di legittimita' costituzionale di tali
disposizioni non era mai stato posto sotto il vigore del precedente
Titolo V della Costituzione e che l'assunto del Governo non e' quindi
fondato sulla violazione di alcuna norma costituzionale e anzi si
pone in contrasto con la stessa normativa statale in materia e con la
giurisprudenza costituzionale.
Quanto alle censure statali che si appuntano nei riguardi di singole
disposizioni della legge regionale, la Regione ne sostiene, con
diversi argomenti, l'infondatezza.
3. - L'eccezione preliminare della Regione Emilia-Romagna relativa
alla inammissibilita' delle censure statali che concernono
l'illegittimita' costituzionale dell'intero testo della legge
regionale e' fondata.
Questa Corte ha piu' volte affermato che le questioni di legittimita'
costituzionale che si riferiscono ad un intero testo di legge, quando
non siano supportate da specifiche ragioni e non siano specificamente
indicate nella deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono
inammissibili (vedi, tra le molte, le sentenze n. 315 e n. 338 del
2003).Nel caso di specie, la delibera di impugnazione, adottata dal
Consiglio dei Ministri nella riunione del 7 maggio 2004, richiama,
recependone integralmente il contenuto, la proposta del Ministro per
gli affari regionali nella quale le censure di illegittimita'
costituzionale sono inequivocabilmente riferite soltanto all'art. 3,
comma 4, lettera d) e comma 5, ed agli artt. 6, 7 e 10.
L'esame del merito del ricorso deve percio' essere limitato alle sole
disposizioni della legge regionale per le quali sono state svolte
specifiche censure.
4. - Ai fini di un corretto inquadramento delle questioni sollevate
dal ricorso del Governo, e' necessario premettere un breve esame
della legge statale in materia, rappresentata dal decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello
straniero), nella parte in cui essa prevede competenze regionali o
altre forme di cooperazione tra lo Stato e le Regioni.
L'art. 1, comma 4 del DLgs citato, prevede che "nelle materie di
competenza legislativa delle Regioni, le disposizioni del presente
testo unico costituiscono princi'pi fondamentali ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, esse
hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale
della Repubblica", mentre l'art. 2, comma 4, a sua volta stabilisce
che "lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita
pubblica locale".
L'art. 2-bis, introdotto dalla Legge n. 189 del 2002, nell'istituire
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il "Comitato per il
coordinamento e il monitoraggio" delle disposizioni del testo unico,
al comma 2 prevede che di esso faccia parte anche "un presidente di
regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei
presidenti delle regioni e delle province autonome", e che "per
l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, e'
istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero
dell'interno", che e' composto, tra gli altri, da tre esperti
designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
A sua volta l'art. 3 dispone che al fine della predisposizione del
documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e
degli stranieri nel territorio dello Stato, il Presidente del
Consiglio dei Ministri senta anche la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
di Bolzano e la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Il comma
5 dello stesso articolo prevede ancora che "nell'ambito delle
rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le Regioni, le
province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti
concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di rimuovere gli
ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti
e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello
Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla
lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti
fondamentali della persona umana". Il successivo comma 6 dispone che
"con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare
di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione
di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano
rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la
Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente
attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le
organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di
analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a
livello locale".
Altre disposizioni delle legge statale, come l'art. 38 (Istruzione
degli stranieri. Educazione interculturale), l'art. 40 (Centri di
accoglienza. Accesso all'abitazione), disciplinano specifiche
competenze regionali in materie nelle quali le Regioni hanno
competenza concorrente o esclusiva, come il diritto all'istruzione,
l'accesso ai servizi educativi, la partecipazione alla vita della
comunita' scolastica sulla base di una rilevazione dei bisogni locali
e di una programmazione territoriale integrata, la predisposizione di
centri di accoglienza destinati ad ospitare stranieri regolarmente
soggiornanti temporaneamente impossibilitati a provvedere
autonomamente alle proprie esigenze di alloggio e di sussistenza,
oltre ad altri interventi di tipo assistenziale.
Ed ancora l'art. 42 (Misure di integrazione sociale), prevede che lo
Stato, le Regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie
competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri
e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonche'
in collaborazione con le autorita' o con enti pubblici e privati dei
Paesi di origine, favoriscono una serie di attivita' di tipo sociale
e assistenziale volte, tra l'altro, all'effettuazione di corsi della
lingua e della cultura di origine, alla diffusione di ogni
informazione utile al loro positivo inserimento nella societa'
italiana, alla conoscenza e alla valorizzazione delle espressioni
culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli
stranieri regolarmente soggiornanti. Il comma 4 di detto articolo
prevede infine che sia istituita presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e
delle loro famiglie, della quale sono chiamati a far parte, tra gli
altri, i "rappresentanti degli stranieri extracomunitari designati
dalle associazioni piu' rappresentative operanti in Italia, in numero
non inferiore a sei" (lettera b).
5. - La stessa legge statale quindi disciplina la materia
dell'immigrazione e la condizione giuridica degli stranieri proprio
prevedendo che una serie di attivita' pertinenti la disciplina del
fenomeno migratorio e degli effetti sociali di quest'ultimo vengano
esercitate dallo Stato in stretto coordinamento con le Regioni, ed
affida alcune competenze direttamente a queste ultime; cio' secondo
criteri che tengono ragionevolmente conto del fatto che l'intervento
pubblico non si limita al doveroso controllo dell'ingresso e del
soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, ma riguarda
necessariamente altri ambiti, dall'assistenza all'istruzione, dalla
salute all'abitazione, materie che intersecano ex Costituzione,
competenze dello Stato con altre regionali, in forma esclusiva o
concorrente.
6. - Tenuto conto del quadro normativo complessivo, infondate
risultano le censure del Governo che ipotizzano la violazione, da
parte della legge della Regione Emilia-Romagna, delle competenze
esclusive statali in tema di "diritto di asilo e condizione giuridica
dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea" e di "
immigrazione" di cui all'art. 117, secondo comma, lettere a) e b),
Cost.
Invero l'art. 3, comma 4, lettera d), della legge impugnata, in base
al quale la Regione svolge attivita' di osservazione e monitoraggio,
"per quanto di competenza ed in raccordo con le prefetture", del
funzionamento dei centri di permanenza temporanea di cui all'art. 14
del DLgs n. 286 del 1998, non contiene alcuna disciplina di detti
centri che si ponga in contrasto con quella statale che li ha
istituiti, limitandosi a prevedere la possibilita' di attivita'
rientranti nelle competenze regionali, quali l'assistenza in genere e
quella sanitaria in particolare, peraltro secondo modalita' (in
necessario previo accordo con le prefetture) tali da impedire
comunque indebite intrusioni.
Gli artt. 6 e 7 della legge regionale, che disciplinano le forme
partecipative degli stranieri nella Consulta regionale per
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, lungi
dall'invadere materie attribuite esclusivamente allo Stato,
costituiscono anzi la attuazione, da parte della Regione
Emilia-Romagna, delle disposizioni statali che, come sopra
evidenziato, prevedono appunto forme di partecipazione dei cittadini
stranieri soggiornanti regolarmente nel Paese alla vita pubblica
locale; in tal senso questa Corte, con la sentenza n. 379 del 2004,
ha affermato la legittimita' della norma statutaria
dell'Emilia-Romagna che prevede il diritto di voto di tutti i
residenti nei referendum regionali, secondo un criterio di favore
verso la partecipazione, che trova il suo fondamento nel gia'
ricordato art. 2, comma 4, del DLgs n. 286 del 1998. Inoltre tali
disposizioni non disciplinano in alcun modo la condizione giuridica
dei cittadini extracomunitari, ne' il loro diritto di chiedere asilo,
che restano affidati alla sola legge statale.
Anche l'art. 10 della legge, che attribuisce ai cittadini stranieri
immigrati la possibilita' di accedere ai benefici previsti dalla
normativa in tema di edilizia residenziale pubblica, si limita a
disciplinare, nel territorio dell'Emilia-Romagna, un diritto gia'
riconosciuto in via di principio dal citato DLgs n. 286 del 1998.
Infine anche la censura che si appunta sull'art. 3, comma 5, della
legge, per cui la Regione esercita i poteri sostitutivi nei confronti
degli enti locali inadempienti secondo le modalita' previste dalla
vigente disciplina regionale - disposizione che secondo il Governo
violerebbe anche gli att. 114 e 120 Cost. poiche' non sarebbe
indicato il tipo di potere sostitutivo da esercitare - risulta
infondata perche', come sostiene la Regione, l'inadempimento da parte
degli enti locali si riferisce chiaramente alle attivita' di cui agli
artt. 4 e 5 della legge censurata che sono appunto affidate agli enti
locali. Del resto l'indicazione quale parametro dell'art. 120 Cost.
appare del tutto inconferente, poiche' tale norma riguarda
espressamente il potere sostitutivo straordinario statale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
relativa all'intero testo della Legge della Regione Emilia-Romagna 24
marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990,
n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2), sollevata dal Presidente del Consiglio
dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe in riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 3, comma 4, lettera d) e comma 5; 6, 7 e 10 della stessa
legge regionale n. 5 del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio
dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe; in riferimento agli
artt. 117, secondo comma, lettere a) e b), 114 e 120 della
Costituzione.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 7 luglio 2005.
IL PRESIDENTE E REDATTORE
Fernanda Contiri
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2005