REGIONE EMILIA-ROMAGNA

SENTENZA 7 giugno 2004, n. 166

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione)

CORTE COSTITUZIONALE                                                            
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai                
signori:                                                                        
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,               
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,                   
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Francesco                   
Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfio              
Finocchiaro, giudici                                                            
ha pronunciato la seguente                                                      
SENTENZA                                                                        
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione           
Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione),              
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,                 
notificato il 30 settembre 2002, depositato in Cancelleria l'8                  
ottobre 2002 ed iscritto al n. 64 del registro ricorsi 2002;                    
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;                      
udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 2003 il Giudice relatore           
Ugo De Siervo;                                                                  
uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del            
Consiglio dei Ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la                  
Regione Emilia-Romagna.                                                         
Ritenuto in fatto                                                               
1. Con ricorso notificato il 30 settembre 2002 e depositato l'8                 
ottobre 2002 , il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato            
la legge della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme               
contro la vivisezione).Secondo quanto esposto dall'Avvocatura                   
generale dello Stato, la legge impugnata vieterebbe nel territorio              
regionale ogni attivita' di allevamento, utilizzazione o cessione a             
fini di ricerca, di cani e di gatti, prevedendo sanzioni in caso di             
violazione di tale precetto. Essa vieterebbe inoltre di vivisezionare           
qualsiasi animale a fini didattici, ad eccezione dei casi previsti da           
appositi, e preventivi, accordi stipulati con istituti scientifici ed           
universita'.                                                                    
La difesa erariale sostiene che la legge censurata inciderebbe sulle            
materie della ricerca scientifica e della tutela della salute, che              
l'art. 117, terzo comma, Cost. attribuisce alla potesta' legislativa            
concorrente dello Stato e delle Regioni. La legge n. 20 del 2002                
della Regione Emilia-Romagna, ad avviso dell'Avvocatura, eccederebbe            
i limiti imposti alla competenza legislativa regionale, in                      
particolare poiche' l'art. 2, vietando in modo indiscriminato nel               
territorio della regione Emilia-Romagna le attivita' indicate dalla             
legge, contrasterebbe con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.            
116 (Attuazione della direttiva 86/609 CEE in materia di protezione             
degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini                    
scientifici). Tale decreto, nel recepire la direttiva 86/609/CEE del            
Consiglio del 24 novembre 1986 (Direttiva del Consiglio concernenti             
il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e               
amministrative degl Stati membri relative alla protezione degli                 
animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini specifici),              
individuerebbe il fondamento e i limiti della sperimentazione ammessa           
sugli animali a scopi scientifici. Inoltre, la legge regionale                  
potrebbe ostacolare l'attivita' di sperimentazione ammessa in ambito            
europeo, cosi' determinando la violazione della normativa comunitaria           
in materia.                                                                     
La normativa impugnata, inoltre, contrasterebbe con l'art. 117,                 
secondo comma lettera l), Cost., in quanto, nel prevedere sanzioni              
amministrative per la violazione delle disposizioni in essa                     
contenute, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di             
ordinamento civile. Secondo la difesa erariale, infatti, la Corte               
avrebbe costantemente affermato il principio secondo cui la potesta'            
di sanzionare eventuali illeciti amministrativi seguirebbe i medesimi           
criteri di distribuzione delle competenze statali cui le sanzioni si            
riferiscono.                                                                    
2. Si e' costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna,                      
limitandosi a chiedere che la Corte respinga il ricorso perche'                 
inammissibile, oltre che infondato, e riservandosi di esporre i                 
motivi delle proprie richieste in separata memoria.Ha presentato atto           
di intervento fuori termine l'ENPA - Ente nazionale per la protezione           
degli animali.                                                                  
3. In data 14 gennaio 2003, in vista dell'udienza pubblica fissata              
originariamente per il successivo 28 gennaio, l'Avvocatura generale             
dello Stato ha presentato una memoria, sviluppando ulteriormente le             
proprie argomentazioni.                                                         
In particolare, nella memoria si sostiene, in primo luogo, che la               
legge regionale violerebbe il primo comma dell'art. 117 Cost., e cio'           
in quanto non rispetterebbe la normativa posta dall'ordinamento                 
comunitario in materia e recepita dalla legislazione italiana.                  
Infatti, mentre la direttiva europea fisserebbe "regole fondamentali,           
tali da ridurre al minimo le sofferenze e gli abusi nei confronti di            
animali allevati od utilizzati a scopo sperimentale" e mentre la                
disciplina nazionale di attuazione, pur senza porre un divieto                  
assoluto agli esperimenti, aggiungerebbe "ulteriori elementi di                 
rafforzamento della tutela degli animali", la disciplina regionale              
porrebbe in essere "un divieto generalizzato di allevamento, utilizzo           
e cessione di cani o gatti a fini di sperimentazione", nonche'                  
dell'utilizzo di "pratiche di vivisezione a scopo didattico su                  
qualunque tipo di animale", prevedendo in materia anche "sanzioni               
amministrative pecuniarie di rilevante entita'".                                
Viene inoltre messa in evidenza anche la previsione del secondo comma           
dell'art. 1 della legge in questione - previsione definita                      
paradossale dal ricorrente - secondo la quale, a fronte                         
dell'insuperabile divieto di vivisezione a scopo di sperimentazione,            
potrebbero essere autorizzati dalla Regione esperimenti didattici su            
tutti gli animali nei casi "in cui il sacrificio di animali da                  
laboratorio potrebbe, almeno astrattamente, portare a progressi                 
medico-scientifici per la vita umana".                                          
Ulteriore ragione di "illegittimita' della previsione derogatoria"              
appena citata, inoltre, deriverebbe dalla considerazione della piu'             
restrittiva disciplina corrispondente contenuta nel terzo comma                 
dell'art. 8 del DLgs n. 116 del 1992, ai sensi del quale "il Ministro           
della Sanita' autorizza gli esperimenti a semplice scopo didattico              
soltanto in caso di inderogabile necessita' e non sia possibile                 
ricorrere ad altri sistemi dimostrativi".                                       
La legge regionale viene inoltre censurata sotto il profilo del primo           
comma dell'art. 33 Cost., relativo alla liberta' scientifica, poiche'           
porrebbe un ostacolo assoluto alle ricerche scienti'fiche del tipo in           
oggetto, "a prescindere dalle caratteristiche o modalita'" del loro             
svolgimento.                                                                    
Viene denunziata, infine, la violazione del secondo e del terzo comma           
dell'art. 117 Cost., poiche' la Regione, con la normativa in                    
questione, inciderebbe su alcune materie di esclusiva competenza                
statale; in particolare, ad essere interessate dall'intervento                  
regionale sarebbero le materie dell'ordinamento civile e                        
dell'ordinamento penale, che soffrirebbero una deroga per effetto               
della speciale disciplina in tema di sperimentazioni lecite sugli               
animali. Ancora, le disposizioni impugnate sarebbero                            
costituzionalmente illegittime in quanto disapplicherebbero la                  
normativa di principio in materia di ricerca scientifica, che, per di           
piu', e' stata dettata in recepimento della apposita normativa                  
comunitaria.                                                                    
4. In data 15 gennaio 2003, la Regione Emilia-Romagna ha depositato             
una ampia memoria, esponendo le ragioni poste a fondamento della                
propria difesa.                                                                 
La Regione resistente, in via preliminare, afferma che il ricorso               
dovrebbe essere ritenuto inammissibile, in primo luogo perche'                  
meramente assertivo, e in secondo luogo perche' si limiterebbe "a               
formulare censure di ordine generale, ed in definitiva ad affermare             
l'illegittimita' costituzionale della legge senza indicare affatto le           
specifiche ragioni che potrebbero determinare l'illegittimita' della            
normativa regionale impugnata".Nel merito, la Regione sostiene                  
anzitutto che la normativa regionale in questione non contrasterebbe            
con la direttiva europea invocata dall'Avvocatura dello Stato, dal              
momento che quest'ultima determinerebbe solo una disciplina minima di           
tutela degli animali che potrebbero essere oggetto di                           
sperimentazione, senza tuttavia escludere la possibilita' di una                
maggior tutela, quale appunto quella prevista dalla legge in oggetto.           
La direttiva europea 86/609/CEE, in altre parole, sarebbe destinata             
essenzialmente al ravvicinamento delle normative nazionali relative             
alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad               
altri fini scientifici. Inoltre, la direttiva citata esplicitamente             
prevederebbe che gli Stati possano introdurre "un regime di tutela              
piu' severo" rispetto a questo nucleo minimo comune, con cio' quindi            
rinviando al riparto di competenze previsto nei singoli ordinamenti.            
Quanto poi alla riconducibilita' della materia disciplinata dalla               
legge alle categorie previste nell'art. 117 Cost., la Regione                   
Emilia-Romagna afferma anzitutto che essa rientrerebbe                          
prevalentemente nel quarto comma di questa disposizione                         
costituzionale, dal momento che opererebbe "nel campo del rapporto              
tra uomo e specie animali", realizzando "l'aspirazione ad uno                   
speciale rapporto di affettivita' con gli animali utilizzati a scopo            
di compagnia". D'altra parte, la Regione riconosce come la legge in             
esame incida anche nella materia della tutela della salute, ma nega             
che esista in questa materia un principio fondamentale che "vieti un            
intervento quale quello recato dalla legge regionale". Anzi, il fatto           
che nel DLgs n. 116 del 1992 siano previsti alcuni poteri                       
ministeriali di restrizione del numero delle specie sottoponibili a             
sperimentazione o di autorizzazione starebbe a dimostrare la                    
ammissibilita' di un analogo esercizio di poteri da parte delle                 
Regioni.                                                                        
La Regione resistente, inoltre, evidenzia come, a suo avviso, la                
determinazione delle regole in materia non "debba essere                        
necessariamente unica per tutta la comunita' nazionale".                        
Viene infine contestata l'affermazione dell'Avvocatura secondo la               
quale la disciplina delle sanzioni amministrative sarebbe                       
riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile"; viceversa, tale           
disciplina seguirebbe i medesimi criteri di distribuzione delle                 
competenze sostanziali.                                                         
5. In prossimita' dell'udienza pubblica dell'11 novembre 2003, la               
Regione Emilia-Romagna ha depositato una ulteriore memoria, dando               
conto di quanto sopravvenuto all'impugnativa e replicando                       
ulteriormente agli argomenti sviluppati dalla difesa erariale nella             
memoria a suo tempo depositata.                                                 
Sotto il primo profilo, la Regione riferisce dell'esito della fase              
cautelare del giudizio amministrativo intentato da una ditta di                 
allevamento e commercio di animali a fini di sperimentazione avverso            
i provvedimenti attuativi della legge regionale impugnata emanati da            
parte del Comune di S. Polo d'Enza. Tanto il TAR di Parma, quanto la            
V Sezione del Consiglio di Stato, rispettivamente con ordinanza n. 41           
del 18 febbraio 2003 e con ordinanza del 27 maggio 2003, hanno                  
respinto la richiesta di sospensione degli atti impugnati e rigettato           
in limine la richiesta di rimessione della questione di legittimita'            
costituzionale della legge regionale oggetto del presente giudizio,             
rilevando l'insussistenza di contrasti con la disciplina comunitaria,           
la quale fisserebbe semplicemente limiti alla sperimentazione,                  
lasciando spazio ai singoli Stati di adottare una disciplina piu'               
restrittiva.                                                                    
La Regione da conto, inoltre, dei contenuti della legge regionale 10            
luglio 2003, n. 13, recante "Modifiche alla legge regionale 1 agosto            
2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione)", intervenuta a modificare            
la legge impugnata sulla base di contatti intercorsi con il Governo,            
al fine di pervenire alla cessazione della materia del contendere. La           
resistente sottolinea come i nuovi commi 2-bis e 2-ter dell'art. 1              
della Legge n. 20 del 2003, introdotti appunto dalla Legge n. 13 del            
2003, prevedano l'istituzione da parte delle Universita' aventi sede            
nel territorio della regione di "Comitati etici per la                          
sperimentazione animale" disciplinati dalla Regione previa intesa con           
i Rettori delle Universita', e come il nuovo comma 2 dell'art. 2                
consenta oggi di prevedere i casi di deroga al divieto di vivisezione           
a scopo didattico senza la necessita' di ulteriore espressa                     
autorizzazione regionale.                                                       
Quanto agli argomenti prospettati dall'Avvocatura dello Stato a                 
sostegno del ricorso, la Regione insiste anzitutto sul fatto che la             
legge regionale impugnata non potrebbe in alcun modo avere l'effetto            
di "escludere l'applicazione del diritto comunitario da una porzione            
importante del suolo nazionale", richiamando non soltanto l'art. 24             
della direttiva 86/609/CEE ma anche la nota con la quale la                     
Commissione Europea, proprio in relazione al caso di specie, ha                 
constatato che la medesima direttiva "contiene norme di                         
armonizzazione minime, garantendo al contempo agli Stati membri il              
diritto di adottare ed applicare norme piu' restrittive nell'ambito             
della tutela degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri            
fini scientifici".                                                              
Sulla asserita contraddittorieta' della legge regionale derivante               
dalla circostanza secondo la quale essa, mentre vieterebbe l'uso di             
cani e gatti a scopo di sperimentazione scientifica, consentirebbe a            
certe condizioni la vivisezione di animali a scopo didattico, la                
difesa della Regione, oltre all'inammissibilita' della censura                  
perche' non prospettata nel ricorso, rileva come essa sia frutto di             
un evidente equivoco, dal momento che il divieto concernerebbe solo i           
cani e i gatti, mentre la vivisezione a scopi didattici riguarderebbe           
tutti gli animali.                                                              
La Regione argomenta poi sulla infondatezza della censura concernente           
la violazione dell'art. 33, primo comma, Cost., in relazione alla               
liberta' della ricerca scientifica, osservando che da un lato sarebbe           
impossibile configurare una presunta liberta' assoluta della scienza,           
dall'altro che la direttiva comunitaria e lo stesso legislatore                 
statale, prevedendo la possibile limitazione del numero delle specie            
e del numero delle razze o categorie all'interno di ciascuna specie             
sottoponibili a sperimentazione (addirittura affidando tale potere ad           
un provvedimento ministeriale a carattere sostanzialmente                       
regolamentare), confermerebbero in termini evidenti la limitabilita'            
della liberta' di ricerca scientifica.                                          
Quanto alla lamentata violazione dell'art. 117 Cost., la Regione, pur           
riconoscendo come la legge impugnata incida anche sulla materia della           
ricerca scientifica (senza peraltro violare i principi fondamentali             
contenuti nella legge statale), ribadisce che il settore in questione           
avrebbe una sua consistenza propria, concernente in particolare il              
rapporto tra uomo e animali, e come tale dovrebbe rientrare                     
nell'ambito della competenza regionale. La presunta interferenza con            
le materie, di competenza esclusiva dello Stato, dell'ordinamento               
civile e di quello penale costituirebbe poi un motivo nuovo, non                
fatto valere nel ricorso (ad eccezione di quanto lamentato con                  
riferimento alle sanzioni amministrative), e dunque inammissibile;              
l'inammissibilita' di tale motivo deriverebbe, inoltre, dalla                   
genericita' della sua prospettazione. La censura in questione sarebbe           
comunque infondata nel merito.                                                  
Infine, sul rilievo mosso dalla difesa erariale concernente il fatto            
che la deroga al divieto di vivisezione per scopi didattici non                 
sarebbe assistita dall'intervento di un organo tecnico-scientifico, a           
parte l'inammissibilita' perche' si tratterebbe di motivo nuovo                 
rispetto al ricorso, la Regione osserva che, se la censura fosse                
fondata, andrebbe a colpire la stessa legge statale che prevede la              
competenza ministeriale senza alcuna specifica partecipazione di                
organi tecnici; tuttavia, la censura sarebbe infondata, dal momento             
che confonderebbe la competenza alla stipulazione delle intese                  
previste dalla legge regionale con il procedimento da seguire per               
giungere ad ogni intesa.                                                        
Con queste argomentazioni, la Regione conclude per l'inammissibilita'           
del ricorso introduttivo del giudizio, per genericita' delle censure            
in esso contenute; per l'inammissibilita' dei motivi nuovi contenuti            
nella memoria depositata dalla difesa erariale; in subordine, per               
l'infondatezza del ricorso in tutte le sue parti.                               
Considerato in diritto                                                          
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso             
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della               
Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la                    
vivisezione), per violazione dell'art. 117, terzo comma della                   
Costituzione, poiche' essa inciderebbe sulle materie della ricerca              
scientifica e della tutela della salute, attribuite alla potesta'               
legislativa concorrente delle Regioni, in violazione dei principi               
fondamentali stabiliti dallo Stato. La legge impugnata, infatti,                
eccederebbe i limiti imposti alla competenza legislativa delle                  
Regioni, in particolare poiche' l'art. 2, vietando in modo                      
indiscriminato nel territorio regionale le attivita' ivi indicate,              
contrasterebbe con quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio           
1992, n. 116 (Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di            
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri              
fini scientifici), che individua il fondamento e i limiti della                 
sperimentazione ammessa sugli animali a scopi scientifici.                      
Inoltre, la legge regionale, ostacolando l'attivita' di                         
sperimentazione ammessa nell'ordinamento comunitario, determinerebbe            
una violazione della normativa comunitaria in materia e quindi                  
contrasterebbe con il primo comma dell'art. 117 Cost.                           
La normativa oggetto del presente giudizio contrasterebbe altresi'              
con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto, nel                
prevedere sanzioni amministrative per la violazione delle                       
disposizioni in essa contenute, incidenti in materie di competenza              
statale, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di               
ordinamento civile.                                                             
La legge regionale, infine, violerebbe anche il primo comma                     
dell'articolo 33 Cost. in quanto porrebbe uno ostacolo assoluto alla            
ricerca scientifica condotta con le modalita' in oggetto.                       
2. Deve preliminarmente essere dichiarato inammissibile l'intervento            
spiegato nel giudizio, peraltro tardivamente, dall'ENPA - Ente                  
nazionale per la protezione degli animali. Secondo la costante                  
giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi di legittimita'                     
costituzionale promossi in via principale sono legittimati ad essere            
parti solo i soggetti titolari delle attribuzioni legislative in                
contestazione (cfr., da ultimo, sentenze n. 338 del 2003, n. 315 del            
2003, n. 307 del 2003, n. 303 del 2003 e n. 49 del 2003).                       
3. Sempre in via preliminare va respinta la eccezione di                        
inammissibilita' del ricorso sollevata dalla Regione Emilia-Romagna             
perche' in esso si affermerebbe "apoditticamente il contrasto della             
normativa regionale con la Costituzione o con la normativa europea,             
senza addurre specifiche argomentazioni a sostegno di tale tesi, e              
senza illustrare le ragioni ed i profili sotto i quali la censura               
sarebbe fondata". In realta', il ricorso dell'Avvocatura individua,             
seppur in estrema sintesi e tramite il rinvio al contenuto dei testi            
normativi citati, le cause dell'asserita incostituzionalita' della              
legge regionale n. 20 del 2002 nel contrasto delle sue disposizioni             
con quanto previsto dal DLgs n. 116 del 2002 riguardo alla attuazione           
della direttiva 86/609/CEE del Consiglio del 24 novembre 1986                   
(Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle                    
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati            
membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini                 
sperimentali o ad altri fini specifici).                                        
Occorre, peraltro, procedere alla delimitazione del thema decidendum            
su cui questa Corte e' chiamata a pronunciarsi. Infatti, la delibera            
del Consiglio dei Ministri che decide la proposizione del ricorso e             
l'allegata relazione del Ministro per gli Affari regionali contengono           
censure del tutto generiche nei confronti dell'intera legge, mentre             
vengono espressi specifici rilievi di costituzionalita' solo                    
limitatamente all'art. 2 ed in relazione alla lesione del terzo comma           
dell'art. 117 Cost.; lo stesso riferimento alla lesione del diritto             
comunitario appare del tutto generico e perplesso. Cio' conduce a               
restringere la presente questione di costituzionalita' al solo                  
profilo della eventuale lesione del terzo comma dell'art. 117 Cost.             
da parte dell'art. 2 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 20             
del 2002, ferma restando la valutazione di questa Corte in ordine               
alla eventuale inscindibilita' tra la disposizione validamente                  
impugnata e le altre disposizioni della legge.                                  
4. Nel merito la questione e' fondata.                                          
5. I due commi dell'art. 2 della legge regionale impugnata contengono           
due distinte disposizioni: la prima vieta nel territorio regionale              
non solo l'allevamento, ma anche "l'utilizzo e la cessione a                    
qualsiasi titolo di cani e gatti, ai fini di sperimentazione"; la               
seconda vieta "la vivisezione a scopo didattico su tutti gli animali,           
salvo i casi autorizzati" secondo le previsioni della stessa legge.             
Sul punto ha inciso marginalmente la modifica introdotta dall'art. 2            
della legge regionale n. 13 del 2003, eliminando il precedente                  
riferimento alla Regione come soggetto che avrebbe dovuto esprimere             
l'autorizzazione.                                                               
La tesi sostenuta dalla difesa regionale, secondo la quale la                   
disposizione censurata opererebbe nell'ambito di una materia di                 
competenza residuale delle Regioni, quindi di loro esclusiva                    
spettanza, definita come "rapporto tra uomo e specie animali" non               
puo' essere condivisa. Oltre ai forti dubbi sulla configurabilita' di           
una simile materia nel sistema di riparto di cui all'art. 117 Cost.,            
nel caso in esame la stessa terminologia utilizzata                             
("sperimentazione", "vivisezione a scopo didattico") rende palese che           
il legislatore regionale e' consapevolmente intervenuto nell'ambito             
della materia "ricerca scientifica", seppur finalizzata al settore              
medico o alla didattica universitaria, e quindi in una materia di               
legislazione concorrente, nella quale ai sensi dell'art. 117, terzo             
comma, Cost. spetta al legislatore nazionale determinare i principi             
fondamentali. Inoltre, anche nella piu' recente legislazione in tema            
di riparto delle funzioni amministrative fra Stato e Regioni (seppur            
antecedente alla riforma del Titolo V operata dalla Legge                       
costituzionale n. 3 del 2001), la "protezione e tutela degli animali            
impiegati a fini scientifici e sperimentali" ineriva alla materia               
"ricerca scientifica", secondo quanto si ricava dall'art. 125 del               
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e           
compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali,            
in attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59).                     
D'altra parte il DLgs n. 116 del 1992 disciplina gli stessi settori             
materiali ora disciplinati dall'art. 2 della legge della Regione                
Emilia-Romagna n. 20 del 2002, nell'ambito di una ampia normativa               
esplicitamente finalizzata, come specificato nell'art. 1, alla                  
"protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri             
fini scientifici".                                                              
6. La tutela degli animali sottoposti a sperimentazioni a scopo                 
scientifico e didattico, gia' sommariamente garantita dalla Legge 12            
giugno 1931, n. 924, recante "Modificazione delle disposizioni che              
disciplinano la materia della vivisezione sugli animali vertebrati a            
sangue caldo (mammiferi ed uccelli)", ha subito un sostanziale                  
rafforzamento con il DLgs n. 116 del 1992 che, nel recepire la                  
direttiva 86/609/CEE, ha sviluppato ampiamente i principi e gli                 
obiettivi di quest'ultimo atto normativo mediante una disciplina                
analitica, fortemente restrittiva della stessa liberta' di                      
sperimentazione, a tutela degli animali coinvolti, e largamente                 
affidata nella sua applicazione alle determinazioni, alle                       
autorizzazioni ed ai controlli del Ministro della Sanita' e                     
dell'Istituto superiore di sanita'.                                             
Quanto, in particolare, ai cosiddetti animali di affezione - oltre              
alle misure previste dalla Legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro           
in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) e              
alla tutela generale contro i maltrattamenti di cui all'art. 727 cod.           
pen. - il DLgs n. 116 del 1992 stabilisce espressamente che questi              
possono essere sottoposti a sperimentazioni solo ove appositamente              
allevati e su specifica autorizzazione ministeriale (art. 3, comma              
2), nella esclusiva ipotesi che obiettivo di tali attivita' "siano              
verifiche medico-biologiche essenziali e gli esperimenti su altri               
animali non rispondano agli scopi dell'esperimento" (art. 8, comma 1,           
lettera b). Analoga e' la previsione per gli esperimenti a scopo                
didattico, poiche' il Ministro della Sanita' puo' autorizzarli                  
"soltanto in caso di inderogabile necessita' e non sia possibile                
ricorrere ad altri sistemi dimostrativi" (art. 8, comma 3).                     
La legislazione vigente quindi bilancia attentamente il doveroso                
rispetto verso gli animali sottoposti a sperimentazione e l'interesse           
collettivo alle attivita' di sperimentazione su di essi che sono                
ritenute indispensabili, sulla base delle attuali conoscenze di tipo            
scientifico, sia dall'ordinamento nazionale che dall'ordinamento                
comunitario (cfr. soprattutto l'art. 3 del DLgs n. 116 del 1992 e               
l'art. 3 della direttiva 86/609/CEE). E' noto che esistono anche                
opinioni contrarie ad ogni specie di sperimentazione animale, dal               
momento che si asserisce che queste sperimentazioni sarebbero in                
realta' inefficaci, ma si tratta di opinioni scientifiche finora                
largamente minoritarie e non recepite ne' dal legislatore nazionale,            
ne' da quello europeo (il quale, anzi, ha ancora di recente                     
confermato ed integrato la disciplina di cui alla direttiva                     
86/609/CEE mediante la direttiva 2003/65/CE del Parlamento Europeo e            
del Consiglio del 22 luglio 2003 (Direttiva del Parlamento Europeo e            
del Consiglio che modifica la direttiva 86/609/CEE del Consiglio                
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative,                   
regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla                 
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri              
fini specifici).                                                                
Da quanto detto emerge che, nell'ambito della materia "ricerca                  
scientifica", l'esigenza di tener conto sia dello sviluppo della                
ricerca, che della massima tutela degli animali che possono essere              
coinvolti nelle sperimentazioni ha originato una serie di norme del             
DLgs n. 116 del 1992, che costituiscono principio fondamentale in               
quanto esprimono il punto di equilibrio della sperimentazione; da               
cio' il divieto che possano essere sostanzialmente modificate ad                
opera dei legislatori regionali, riducendo ulteriormente la relativa            
liberta' della ricerca scientifica o comprimendo l'attuale livello di           
tutela degli animali sottoponibili a sperimentazione (per                       
considerazioni in parte analoghe, si vedano le sentenze di questa               
Corte n. 507 del 2003, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002).                      
In questo senso sono significativi di entrambi questi rischi gli                
stessi contenuti dell'art. 2 della legge della Regione Emilia-Romagna           
n. 20 del 2002, poiche' il primo comma vieta in assoluto                        
l'allevamento, l'utilizzo e la cessione nel territorio regionale di             
cani e gatti a fini di sperimentazione, mentre il secondo comma                 
sostituisce all'eccezionale autorizzazione ministeriale alla                    
vivisezione a scopo didattico una diversa ed indeterminata                      
autorizzazione.                                                                 
Cio' senza considerare che limiti differenziati da Regione a Regione            
potrebbero comunque essere aggirati con estrema facilita'.                      
E' pur vero che l'art. 24 della direttiva europea 86/609/CEE                    
autorizza gli Stati membri ad adottare o ad applicare anche "misure             
piu' rigide per la protezione degli animali utilizzati a fini                   
sperimentali o per il controllo e la limitazione dell'uso degli                 
animali in esperimenti"; il legislatore statale, tuttavia,                      
nell'esercizio del proprio potere di determinare i principi                     
fondamentali della materia, non si e' limitato a recepire il livello            
di tutela previsto dalla normativa comunitaria, ma ha gia'                      
direttamente dettato una disciplina in parte piu' rigida delle                  
prescrizioni della direttiva europea, peraltro attraverso una                   
regolamentazione uniforme per tutto il territorio nazionale.                    
Ne', d'altra parte, appare ammissibile dedurre, dalla previsione                
contenuta nella legislazione in oggetto (art. 18 del DLgs n. 116 del            
1992) di alcuni limitati poteri ministeriali che possono modificare             
alcune disposizioni del decreto legislativo, la tesi che la Regione             
possa esercitare il proprio potere legislativo almeno nei medesimi              
ambiti. Dal momento che, invece, e' alla legge dello Stato che spetta           
dettare i principi fondamentali nella materia de qua, puo' semmai               
dubitarsi della legittimita' costituzionale di un potere ministeriale           
di modificazione di norme qualificabili come principi fondamentali,             
aspetto peraltro non in discussione in questa sede.                             
7. La dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2 della legge              
della Regione Emilia-Romagna n. 20 del 2002 comporta la dichiarazione           
di illegittimita' costituzionale consequenziale, ai sensi dell'art.             
27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, degli articoli 3 e 4 della                 
medesima Legge, che disciplinano esclusivamente il sistema                      
sanzionatorio) ed i poteri di vigilanza relativi alle prescrizioni              
contenute nell'art. 2.                                                          
PER QUESTI MOTIVI                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge                
della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la              
vivisezione);                                                                   
dichiara, ai sensi dell'art. 27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87,               
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3 e 4 della legge                
della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20.                              
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 7 giugno 2004.                                               
IL PRESIDENTE  IL REDATTORE                                                     
Gustavo Zagrebelsky  Ugo De Siervo                                              
IL CANCELLIERE                                                                  
Giuseppe Di Paola                                                               
Depositato in Cancelleria l'11 giugno 2004.                                     

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