REGIONE EMILIA-ROMAGNA

COMUNICATO

SENTENZA 23 febbraio 2004, n. 73

CORTE COSTITUZIONALE                                                            
Sentenza n. 73 del 23 febbraio 2004 nel giudizio di legittimita'                
costituzionale degli articoli 7 e 22 della Legge della Regione                  
Emilia-Romagna del 19 dicembre 2002, n. 37, recante "Disposizioni               
regionali in materia di espropri, promosso con ricorso del Presidente           
del Consiglio dei Ministri, notificato il 18 febbraio 2003,                     
depositato in Cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 13 del             
Registro Ricorsi 2003                                                           
La Corte Costituzionale composta dai signori:                                   
dott. Gustavo Zagrebelsky - Presidente; dott. Valerio Onida, dott.              
Carlo Mezzanotte, dott.ssa Fernanda Contri, dott. Guido Neppi Modona,           
dott. Piero Alberto Capotosti, dott. Annibale Marini, dott. Franco              
Bile, dott. Giovanni Maria Flick, dott. Francesco Amirante, dott. Ugo           
De Siervo, dott. Romano Vaccarella, dott. Paolo Maddalena, dott.                
Alfio Finocchiaro, giudici                                                      
ha pronunciato la seguente                                                      
SENTENZA                                                                        
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;                      
udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 2003 il Giudice relatore           
Ugo De Siervo;                                                                  
uditi l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del               
Consiglio dei Ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la                  
Regione Emilia-Romagna.                                                         
RITENUTO IN FATTO                                                               
1) Con ricorso notificato il 18 febbraio, e depositato il 27 febbraio           
2003 e iscritto al n. 13 del Registro Ricorsi 2003, il Presidente del           
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello            
Stato, ha impugnato gli articoli 7 e 22 della Legge della Regione               
Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in               
materia di espropri) per violazione dell'art. 120, secondo comma,               
della Costituzione e dell'art. 117, secondo comma, lettere l) e m), e           
terzo comma della Costituzione.                                                 
Il ricorrente premette che la legge regionale impugnata, al fine di             
armonizzare la legislazione regionale in materia di pianificazione              
territoriale e urbanistica con la disciplina di cui al DPR 8 giugno             
2001, n. 327 (Testo Unico delle disposizioni legislative e                      
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita'), ha           
dettato un complesso di norme volte a regolare le procedure per                 
l'acquisizione di immobili o di diritti relativi ad immobili per                
l'esecuzione, nel territorio regionale, di opere ed interventi                  
pubblici o di pubblica utilita'.                                                
La legge regionale, dopo aver conferito ai Comuni le funzioni                   
amministrative per i procedimenti di espropriazione per la                      
realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilita' di competenza           
regionale (art. 6), dispone, all'art. 7, che in caso di inerzia dei             
Comuni nel compimento di un atto loro spettante, la Giunta assegna              
all'ente un termine per provvedere, non inferiore a 15 giorni e che,            
trascorso inutilmente tale termine, "la Giunta assume i provvedimenti           
necessari per il compimento dell'atto, ivi compresa la nomina di un             
commissario ad acta".                                                           
Tale previsione, secondo la difesa erariale, contrasterebbe con                 
l'art. 120 della Costituzione, che riserva al Governo il potere                 
sostitutivo, secondo procedure definite con legge che salvaguardi i             
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione. Ad avviso                 
dell'Avvocatura, se la titolarita' del potere sostitutivo e' del                
Governo, la legge cui l'art. 120 della Costituzione demanda la                  
disciplina delle modalita' di esercizio di tale potere non potrebbe             
che essere una legge statale. Il potere sostitutivo della Regione nei           
confronti del Comune, pur teoricamente ammissibile, necessiterebbe,             
dunque, della mediazione di un atto normativo dello Stato. L'art. 7             
della legge regionale impugnata, nell'attribuire alla Regione il                
potere di sostituirsi al Comune, violerebbe la riserva di legge                 
statale posta dalla Costituzione.                                               
2) L'Avvocatura dello Stato censura inoltre l'art. 22 della L.R. n.             
37 del 2002, la quale - sotto la rubrica "edificabilita' di fatto" -            
dispone che, salva la necessita' della edificabilita' legale, un'area           
possiede anche i caratteri della edificabilita' di fatto quando sono            
gia' presenti o in corso di realizzazione, nell'ambito territoriale             
cui l'area stessa inerisce, le dotazioni territoriali richieste dalla           
legge o dagli strumenti urbanistici.                                            
Premette la difesa erariale che l'espropriazione per pubblica                   
utilita' e il relativo indennizzo atterrebbero al regime                        
costituzionale della proprieta', quale delineato dall'art. 42 della             
Costituzione, dunque alla materia dell'ordinamento civile, la cui               
disciplina e' riservata alla legislazione esclusiva statale.                    
L'art. 22 sarebbe volto a dare rilevanza, ai fini della                         
determinazione dell'indennita' di esproprio, anche alla                         
edificabilita' di fatto, in contrasto con il diritto vivente                    
formatosi sull'art. 5-bis del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333              
(Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), che                 
riconosce alla edificabilita' di fatto valore meramente sussidiario,            
cioe' solo in assenza dello strumento urbanistico.                              
Anche laddove l'art. 22 dovesse intendersi nel senso di richiedere la           
compresenza della edificabilita' legale e della edificabilita' di               
fatto, esso contrasterebbe con il diritto vivente che ritiene                   
sufficiente la sola edificabilita' legale per conferire ad un'area il           
carattere della edificabilita'.                                                 
Sotto tale profilo la norma censurata, riconoscendo valore anche alla           
edificabilita' di fatto e dunque introducendo un "tertium genus" nel            
regime dei suoli, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettere l) e            
m) della Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza                 
esclusiva a disciplinare l'ordinamento civile (nel cui ambito                   
rientrano la proprieta' privata e la qualificazione giuridica dei               
beni che ne sono oggetto) e le prestazioni concernenti i diritti                
civili, tra cui rientrerebbe l'uniforme applicazione dei criteri per            
la determinazione dell'indennita' di esproprio.                                 
Tali parametri, ed in particolare l'art. 117, secondo comma, lettera            
m), sarebbero violati anche per il fatto che l'art. 22 individua i              
requisiti per la edificabilita' di fatto. In base alla normativa                
vigente - art. 5-bis del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 e art.            
37, commi 5 e 6 del DPR n. 327 del 2001 - la definizione di tali                
criteri sarebbe rimessa ad un decreto del Ministro delle                        
Infrastrutture, da emanarsi ai sensi dell'art. 17 della Legge n. 400            
del 1988 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della              
Presidenza del Consiglio dei Ministri), per esigenze di unificazione            
della disciplina in tema di determinazione dell'indennita' di                   
esproprio.                                                                      
Sostiene infine l'Avvocatura che, anche a voler ritenere che la                 
individuazione dei criteri per la definizione dell'edificabilita' di            
fatto rientri nella materia del "governo del territorio", l'art. 22             
violerebbe l'art. 117, terzo comma della Costituzione, in quanto                
darebbe rilievo alle previsioni degli strumenti urbanistici in                  
dispregio dei principi fondamentali dettati o da desumersi da un atto           
di normazione statale.                                                          
3) Si e' costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna, chiedendo            
che il ricorso sia dichiarato inammissibile e infondato.                        
Nella successiva memoria depositata in data 29 ottobre 2003, la                 
Regione da' preliminarmente atto che l'art. 7, il quale disponeva che           
"in caso di persistente inerzia nel compimento di un atto spettante             
ai soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, nell'esercizio delle                
funzioni conferite, la Giunta regionale assegna all'ente medesimo un            
termine per provvedere, comunque non inferiore a quindici giorni" e             
che "trascorso inutilmente tale termine, la Giunta assume i                     
provvedimenti necessari per il compimento dell'atto, ivi compresa la            
nomina di un commissario ad acta", e' stato modificato dall'art. 21             
della legge regionale 3 giugno 2003, n. 10 (Modifiche alle leggi                
regionali 24 marzo 2000, n. 20, 8 agosto 2001, n. 24, 25 novembre               
2002, n. 31 e 19 dicembre 2002, n. 37 in materia di governo del                 
territorio e politiche abitative). A seguito di tale modifica, la               
norma risulta adesso cosi' formulata: "Per le opere pubbliche                   
regionali, in caso di persistente inerzia del Comune o del soggetto             
attuatore nel compimento degli atti del procedimento espropriativi ad           
esso spettanti ai sensi degli articoli 6 e 6- bis, la Giunta                    
regionale assegna all'ente medesimo un termine per provvedere,                  
comunque non inferiore a quindici giorni. Trascorso inutilmente tale            
termine, la Giunta assume i provvedimenti necessari per il compimento           
dell'atto, ivi compresa la nomina di un commissario ad acta".                   
In merito alle censure formulate nel ricorso e concernenti l'art. 7             
della legge regionale n. 37 del 2002, la Regione osserva come la                
soluzione del dubbio di costituzionalita' dipenda dalla                         
interpretazione che si ritenga di dare all'art. 120 della                       
Costituzione, invocato quale parametro nel ricorso introduttivo, e in           
particolare, "se essa esaurisca le possibilita' di interventi                   
sostitutivi nei confronti degli enti locali oppure se, accanto ai               
poteri sostitutivi esercitabili dal Governo a garanzia degli speciali           
valori costituzionali indicati nella disposizione, altri ve ne                  
possano essere, in particolare a garanzia dell'effettivo esercizio              
delle funzioni pubbliche affidate agli enti locali". La difesa                  
regionale ritiene preferibile la seconda delle soluzioni appena                 
citate, e cio' in quanto "la possibilita' di una sostituzione di                
organi regionali in caso di non esercizio di una funzione che la                
stessa legge regionale affida all'ente locale o che essa comunque               
disciplina, non solo non contraddirebbe alcuna disposizione                     
costituzionale, ma sarebbe coerente con il complessivo sistema del              
decentramento".                                                                 
Peraltro sostiene la Regione - la stessa Avvocatura dello Stato                 
ritiene, in linea di principio, ammissibile un intervento sostitutivo           
nei confronti degli enti locali operato dalla Regione: solo che                 
sarebbe necessaria - in virtu' della riserva di legge di cui all'art.           
120 della Costituzione - la interpositio della legge statale. Secondo           
la difesa regionale pero', sarebbe contraddittorio ritenere che                 
l'art. 120, che concerne il potere sostitutivo del Governo in                   
presenza di determinati presupposti, possa legittimare lo Stato a               
regolare il differente fenomeno dei poteri sostitutivi della Regione            
nei confronti degli enti locali, da attivarsi in ipotesi ulteriori. A           
sostegno di tali affermazioni la Regione Emilia-Romagna cita la                 
recente decisione della Corte Costituzionale n. 313 del 2003, nella             
parte in cui afferma che, ove dovesse ritenersi costituzionalmente              
ammissibile un potere sostitutivo delle Regioni nei confronti degli             
enti locali, "occorrerebbe un procedimento definito dalla legge,                
adottata secondo l'ordine delle competenze rispettivamente statali e            
regionali fissato dalla Costituzione" ed individua i presupposti in             
presenza dei quali una legge regionale puo' legittimamente prevedere            
un potere sostitutivo nei confronti degli enti locali. La legge                 
regionale censurata, secondo la resistente, rispetterebbe ante                  
litteram tali requisiti, in quanto attribuirebbe l'esercizio del                
potere sostitutivo regionale alla competenza della Giunta regionale,            
e lo subordinerebbe alla sussistenza di una "persistente inerzia" ed            
alla previa diffida dell'ente locale.                                           
In relazione all'art. 22 della legge regionale impugnata, la Regione            
ritiene che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso dalla                
difesa erariale, la disposizione non "renderebbe sufficiente                    
l'edificabilita' di fatto" ai fini della determinazione della                   
indennita' di esproprio in quanto essa sarebbe "chiarissima nel                 
mantener ferma la necessita' dell'edificabilita' legale". Anzi, la              
norma regionale sarebbe volta proprio a "prevenire quei dubbi                   
interpretativi che sono sorti in relazione alla disposizione statale,           
come testimoniano le numerose sentenze con cui la Cassazione e'                 
dovuta intervenire ad affermare la necessita' dell'edificabilita'               
legale per l'applicazione dell'art. 5-bis, comma 1 del DL n. 333 del            
1992".                                                                          
L'art. 22 non potrebbe essere interpretato neppure nel senso di                 
ritenere necessaria la compresenza della edificabilita' legale e                
dell'edificabilita' di fatto. La norma, infatti, non si pronuncerebbe           
"ne' sulla necessaria presenza di entrambi gli elementi ne' sulla               
sufficienza dell'edificabilita' legale, come del resto non si                   
pronuncia su cio' la legge statale". Peraltro, sostiene la Regione,             
l'interpretazione dell'art. 5-bis piu' sopra citato non sarebbe                 
affatto univoca nel ritenere sufficiente la sussistenza                         
dell'edificabilita' legale, esistendo viceversa numerose decisioni              
che richiedono anche la compresenza dell'edificabilita' di fatto. In            
ogni caso, la stessa normativa statale - sia l'art. 5-bis del DL n.             
333 del 1992, sia l'art. 37 del DPR n. 327 del 2001 -                           
prescriverebbero di valutare le possibilita' sia legali sia effettive           
di edificare.                                                                   
Sarebbe necessario allora, ad avviso della difesa regionale, valutare           
i requisiti relativi alla edificabilita' di fatto individuati dalla             
normativa statale. L'art. 37, comma 5 del DPR n. 327 del 2001 rinvia            
tale individuazione ad un regolamento ministeriale; e secondo                   
l'Avvocatura dello Stato tale norma risponderebbe alla esigenza di              
uniformita' della disciplina concernente il punto de quo: e a cio'              
corrisponderebbe la violazione, causata dalla legge regionale                   
impugnata, dell'art. 117, secondo comma, lettera m) della                       
Costituzione. Al riguardo, la Regione anzitutto osserva come il                 
Regolamento ministeriale non risulti ancora adottato; in secondo                
luogo, evidenzia come - a seguito della modifica del Titolo V della             
Parte II della Costituzione - la previsione di un Regolamento                   
ministeriale in materia di competenza regionale sia del tutto                   
inammissibile. Conseguentemente, l'art. 37, comma 5 del DPR n. 327              
del 2001 dovrebbe ritenersi abrogato dalla Legge Costituzionale n. 3            
del 2001 (in quanto la norma era comunque gia' esistente al momento             
dell'entrata in vigore di quest'ultima); e nel caso in cui non lo si            
volesse considerare abrogato, sarebbe senz'altro da reputare                    
incostituzionale.                                                               
Quanto poi all'asserito contrasto della norma regionale con i                   
principi fondamentali della legge dello Stato, la censura sarebbe               
inammissibile perche' generica, mancando l'indicazione dei principi             
che si assumono violati.                                                        
In ogni caso, conclude la Regione, la definizione della                         
edificabilita' di fatto contenuta nell'art. 22 non contrasterebbe ne'           
con l'art. 5-bis del DL n. 333 del 1992, che non specifica tale                 
nozione, ne' con la definizione contenuta nell'art. 37, comma 6 del             
DPR n. 327 del 2001. In definitiva la norma regionale impugnata non             
solo non sarebbe illegittima, ma anzi contribuirebbe a chiarire e a             
dare maggiore certezza giuridica alle norme statali.                            
4) Anche l'Avvocatura generale dello Stato, in prossimita'                      
dell'udienza, ha depositato una memoria nella quale si ribadiscono le           
argomentazioni gia' esposte in sede di ricorso introduttivo a                   
sostegno della incostituzionalita' della norma regionale impugnata.             
CONSIDERATO IN DIRITTO                                                          
1) Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato questione di           
legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge regionale                   
dell'Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali             
in materia di espropri), per violazione dell'art. 120, secondo comma            
della Costituzione.                                                             
La difesa erariale ritiene che l'art. 7 della legge regionale - il              
quale prevede un intervento sostitutivo della Regione nei confronti             
dei Comuni per il caso di persistente inerzia nel compimento di un              
atto loro spettante - violi l'art. 120, secondo comma della                     
Costituzione, il quale conferisce la titolarita' del potere                     
sostitutivo al Governo, e demanda la disciplina delle modalita' di              
esercizio di tale potere ad una legge statale.                                  
Nel ricorso si censura inoltre l'art. 22 della legge regionale n. 37            
del 2002, in relazione all'art. 117, secondo comma, lettere l) e m),            
della Costituzione. Sostiene l'Avvocatura che la norma regionale, nel           
disciplinare l'edificabilita' di fatto di un'area, riconoscerebbe a             
tale carattere un valore non meramente sussidiario ai fini della                
determinazione dell'indennita' di espropriazione. In tal modo la                
norma inciderebbe sul regime della proprieta' e della qualificazione            
giuridica dei terreni, la cui disciplina e' riservata alla potesta'             
legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile,             
nonche' sulla uniforme applicazione dei criteri di determinazione               
dell'indennizzo espropriativo, anch'essa riservata alla potesta'                
statale, attenendo alla materia delle prestazioni concernenti i                 
diritti civili che devono essere garantiti uniformemente su tutto il            
territorio nazionale.                                                           
L'art. 22, inoltre, contrasterebbe con l'art. 117, secondo comma,               
lettera m), anche nella parte in cui individua i requisiti della                
edificabilita' di fatto, dal momento che sarebbe compito esclusivo              
della legislazione statale salvaguardare le esigenze di uniformita'             
di disciplina degli effetti sulla determinazione dell'indennita' di             
esproprio.                                                                      
Infine, la disposizione impugnata contrasterebbe con l'art. 117,                
terzo comma della Costituzione, in quanto assegnerebbe rilevanza alle           
previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica in dispregio           
dei principi fondamentali "dettati o da desumersi" da un atto di                
legislazione statale ai fini della determinazione dell'edificabilita'           
di fatto delle aree.                                                            
2) Prima di affrontare nel merito le censure mosse dal ricorrente               
avverso l'art. 7 della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 37 del            
2002, e' necessario richiamare l'assetto costituzionale dei poteri              
sostitutivi, sui quali questa Corte ha di recente avuto modo di                 
soffermarsi nella sentenza n. 43 del 2004.                                      
Come si e' messo in luce in tale decisione, i poteri che comportano             
la sostituzione nel compimento di atti di organi di un ente                     
rappresentativo ordinariamente competente da parte di organi di un              
altro ente, ovvero la nomina da parte di questi ultimi di organi                
straordinari dell'ente "sostituito" per il compimento degli stessi              
atti, concorrono a configurare e a limitare l'autonomia dell'ente nei           
cui confronti opera la sostituzione, e devono quindi trovare                    
fondamento esplicito o implicito nelle norme o nei principi                     
costituzionali che tale autonomia prevedono e disciplinano.                     
Tali affermazioni erano sottese anche alla giurisprudenza formatasi             
prima della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla               
Legge Costituzionale n. 3 del 2001, sia pure con prevalente                     
riferimento ad ipotesi di sostituzione dello Stato nei confronti                
delle Regioni, previste per la tutela di interessi unitari allora               
affidati alla finale responsabilita' dello Stato. In quel contesto,             
come e' noto, spettavano alle Regioni le funzioni amministrative                
nelle materie di cui all'art. 117, primo comma della Costituzione,              
mentre le funzioni degli enti locali territoriali erano determinate             
in termini di principio dalle leggi generali della Repubblica di cui            
all'art. 128 della Costituzione, e la puntuale individuazione delle             
stesse era demandata alle leggi dello Stato per le materie di                   
competenza statale e per le funzioni di "interesse esclusivamente               
locale" pur inerenti alle materie di competenza regionale. La                   
eventualita' della sostituzione di organi regionali agli enti locali,           
esclusa nelle materie in cui la Regione non aveva competenze                    
legislative e amministrative (sentenza n. 104 del 1973), poteva                 
invece fondarsi sulle leggi regionali di delega o di "conferimento"             
di funzioni per le materie in cui, in base agli articoli 117 e 118              
della Costituzione, le Regioni erano costituzionalmente titolari                
delle competenze amministrative, oltre che legislative.                         
Nel sistema del nuovo Titolo V, invece, l'art. 117, secondo comma,              
lettera p), comprende nella competenza legislativa esclusiva dello              
Stato la determinazione delle sole "funzioni fondamentali" di Comuni,           
Province e Citta' metropolitane, mentre l'art, 118, primo comma,                
attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, "le             
funzioni amministrative", salva la possibilita' che esse, al fine di            
assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Citta'            
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di                      
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. Pertanto, in virtu'            
dell'art. 118 della Costituzione, sara' sempre la legge, statale o              
regionale, in relazione al riparto delle competenze legislative, ad             
operare la concreta allocazione delle funzioni, in conformita' alla             
generale attribuzione costituzionale ai Comuni o in deroga ad essa              
per esigenze di "esercizio unitario", a livello sovracomunale, delle            
funzioni medesime.                                                              
In questo quadro, anche l'eventuale previsione di eccezionali                   
sostituzioni di un livello di governo ad un altro per il compimento             
di specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari per            
il perseguimento degli interessi di livello superiore coinvolti, e              
non posti in essere tempestivamente dall'ente competente, non puo'              
che rientrare, in via di principio e salvi i limiti e le condizioni             
di cui si dira', nello stesso schema logico, affidato nella sua                 
attuazione al legislatore competente per materia, sia esso quello               
statale o quello regionale. Ragionando altrimenti, infatti, si                  
giungerebbe all'assurda conseguenza che, per evitare la                         
compromissione di interessi di livello superiore che richiedono il              
compimento di determinati atti o attivita', derivante dall'inerzia              
anche solo di uno degli enti competenti, il legislatore (statale o              
regionale) non avrebbe altro mezzo se non allocare la funzione ad un            
livello di governo piu' comprensivo: conseguenza evidentemente                  
sproporzionata e contraria al criterio generale insito nel principio            
di sussidiarieta' (si veda ancora, al riguardo, la sentenza n. 43 del           
2004).                                                                          
3) Il nuovo art. 120 della Costituzione - il quale non puo' che                 
essere letto in tale contesto - deriva invece dalla preoccupazione di           
assicurare comunque, in un sistema di piu' largo decentramento di               
funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilita' di               
tutelare, anche al di la' degli specifici ambiti delle materie                  
coinvolte e del riparto costituzionale delle funzioni amministrative,           
taluni interessi essenziali che il sistema costituzionale attribuisce           
alla responsabilita' dello Stato, quali sono il rispetto degli                  
obblighi internazionali e comunitari, il mantenimento dell'ordine e             
della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio nazionale            
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili           
e sociali, nonche' il mantenimento dell'unita' giuridica ed economica           
del complessivo ordinamento repubblicano.                                       
Gli interventi governativi contemplati dall'art. 120, terzo comma,              
hanno dunque carattere "straordinario" ed "aggiuntivo", come risulta            
sia dal fatto che esso allude alle emergenze istituzionali di                   
particolare gravita', che comportano rischi di compromissione                   
relativi ad interessi essenziali della Repubblica, sia dalla                    
circostanza che nulla, nella norma, lascia pensare che si sia inteso            
con essa smentire la consolidata tradizione legislativa che ammetteva           
pacificamente interventi sostitutivi, nei confronti degli enti                  
locali, ad opera di organi regionali.4) Come piu' ampiamente                    
evidenziato nella gia' citata sentenza n. 43 del 2004, l'art 120                
della Costituzione, quindi, non esaurisce, concentrandole tutte in              
capo allo Stato, le possibilita' di esercizio di poteri sostitutivi,            
ma si limita a prevedere un potere sostitutivo straordinario, da                
esercitarsi da parte del Governo nei casi e per la tutela degli                 
interessi ivi indicati; viceversa, tale norma lascia impregiudicata             
l'ammissibilita' di altri casi di interventi sostitutivi,                       
configurabili dalla legislazione di settore, statale o regionale, in            
capo ad organi dello Stato o delle Regioni, o di altri enti                     
territoriali. Poiche' pero', come si e' detto, tali interventi                  
sostitutivi costituiscono una eccezione rispetto al normale                     
svolgimento di attribuzioni degli enti locali, soggetti                         
rappresentativi dotati di autonomia politica, attribuzioni definite             
dalla legge sulla base di criteri oggi assistiti da garanzia                    
costituzionale, debbono valere nei confronti di essi condizioni e               
limiti non diversi da quelli elaborati nella ricordata giurisprudenza           
di questa Corte in relazione ai poteri sostitutivi dello Stato nei              
confronti delle Regioni.                                                        
In primo luogo, dunque, le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi           
devono essere previste e disciplinate dalla legge (sentenza n. 338              
del 1989), che deve altresi' definirne i presupposti sostanziali e              
procedurali; in secondo luogo, la sostituzione puo' essere prevista             
solo per il compimento di atti o attivita' "prive di discrezionalita'           
nell'an (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)"                  
(sentenza n. 177 del 1988), la cui obbligatorieta' sia il riflesso              
degli interessi di livello superiore alla cui salvaguardia provvede             
l'intervento sostitutivo; ancora, il potere sostitutivo deve essere             
esercitato da un organo di governo della Regione o sulla base di una            
decisione di questo, a causa dell'attitudine dell'intervento ad                 
incidere sull'autonomia costituzionale dell'ente sostituito (sentenze           
n. 460 del 1989 e n. 313 del 2003); da ultimo, e' necessario che la             
legge predisponga congrue garanzie procedimentali per l'esercizio del           
potere sostitutivo, in conformita' al principio di leale                        
collaborazione: dovra' dunque essere previsto un procedimento nel               
quale l'ente sostituito sia messo in grado di interloquire e di                 
evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento (sentenza             
n. 416 del 1995 e ordinanza n. 53 del 2003).                                    
5) Alla luce delle considerazioni svolte le censure prospettate                 
avverso l'art. 7 della legge regionale n. 37 del 2002 non sono                  
fondate.                                                                        
Il Capo II della legge, nel quale e' inserita la norma impugnata,               
disciplina le procedure espropriative per la realizzazione di opere             
di competenza regionale e per le opere di difesa del suolo e di                 
bonifica.                                                                       
L'art. 6 conferisce ai Comuni le funzioni amministrative relative ai            
procedimenti di espropriazione per la realizzazione di opere                    
pubbliche regionali, disponendo che gli enti locali le esercitino               
secondo le disposizioni contenute nella legge stessa. L'art. 6-bis,             
introdotto dalla legge regionale dell'Emilia-Romagna 3 giugno 2003,             
n. 10 (Modifiche alle LL.RR. 24 marzo 2000, n. 20, 8 agosto 2001, n.            
24, 25 novembre 2002, n. 31 e 19 dicembre 2002, n. 37 in materia di             
governo del territorio e politiche abitative), riserva alla Regione             
lo svolgimento delle procedure espropriative concernenti le opere di            
difesa del suolo da essa realizzate e attribuisce ai Consorzi di                
bonifica la competenza allo svolgimento delle procedure espropriative           
per tutte le opere di bonifica da essi realizzate.                              
L'art. 7, nella sua formulazione originaria, disponeva che "in caso             
di persistente inerzia nel compimento di un atto spettante ai                   
soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, nell'esercizio delle                   
funzioni conferite, la Giunta regionale assegna all'ente medesimo un            
termine per provvedere, comunque non inferiore a quindici giorni" e             
che "trascorso inutilmente tale termine, la Giunta assume i                     
provvedimenti necessari per il compimento dell'atto, ivi compresa la            
nomina di un commissario ad acta".                                              
A seguito delle modifiche introdotte dalla L.R. n. 10 del 2003, la              
norma stabilisce che "per le opere pubbliche regionali, in caso di              
persistente inerzia del Comune o del soggetto attuatore nel                     
compimento degli atti del procedimento espropriativo ad esso                    
spettanti ai sensi degli articoli 6 e 6-bis, la Giunta regionale                
assegna all'ente medesimo un termine per provvedere, comunque non               
inferiore a quindici giorni. Trascorso inutilmente tale termine, la             
Giunta assume i provvedimenti necessari per il compimento dell'atto,            
ivi compresa la nomina di un Commissario ad acta".                              
Le modificazioni apportate alla norma impugnata non sono tali da                
incidere in modo sostanziale sul contenuto dell'art. 7 per il profilo           
per il quale esso e' stato impugnato.                                           
La difesa erariale censura la norma in esame innanzitutto sotto il              
profilo per cui una norma regionale non potrebbe disciplinare i casi            
di esercizio di potere sostitutivo da parte delle Regioni, essendo              
tale disciplina riservata alla legge statale. Tale censura appare               
infondata alla luce della considerazione secondo la quale l'art. 120            
della Costituzione si limita a disciplinare una specifica ipotesi di            
carattere straordinario, ma nulla dispone in ordine ad ulteriori                
ipotesi di poteri sostitutivi, i quali dunque dovranno essere                   
regolati dalla legge statale ovvero dalla legge regionale "secondo              
l'ordine delle competenze rispettivamente (...) fissato dalla                   
Costituzione" (sentenza n. 313 del 2003). Nel caso in esame lo Stato            
non ha contestato la competenza della Regione a disciplinare la                 
materia regolata dalla normativa in esame.                                      
La norma impugnata inoltre soddisfa i requisiti piu' sopra                      
individuati affinche' possano considerarsi rispettate le prescrizioni           
costituzionali.                                                                 
Innanzitutto, il potere sostitutivo della Regione e' previsto e                 
disciplinato da una legge che regola i presupposti e le procedure per           
il suo esercizio.                                                               
In secondo luogo, lo svolgimento di tale potere e' connesso                     
all'esercizio delle funzioni amministrative conferite dalla Regione             
ai Comuni relativamente alle procedure espropriative finalizzate alla           
realizzazione di opere pubbliche regionali.                                     
Al riguardo, deve essere evidenziato come nulla nella lettera di tale           
disposizione autorizzi a ritenere che essa regoli anche ipotesi di              
sostituzione nei confronti di atti o attivita' cui gli enti                     
sostituendi non siano giuridicamente vincolati quanto meno nell'an;             
viceversa, la necessita' di procedere ad una interpretazione conforme           
ai precetti costituzionali porta alla conclusione che la norma                  
oggetto del presente giudizio e' applicabile soltanto a casi di                 
mancato o irregolare compimento di quegli atti o attivita' che siano            
configurati dalla legge regionale n. 37 del 2002 come veri e propri             
obblighi giuridici - se non nel quando e nel quomodo, almeno nell'an            
- a carico degli enti nei cui confronti puo' essere disposta la                 
sostituzione.                                                                   
L'art. 7 inoltre attribuisce l'esercizio del potere ad un organo di             
governo della Regione, individuato nella Giunta regionale, disponendo           
che essa assuma i provvedimenti necessari al compimento dell'atto               
ovvero nomini un commissario ad acta.                                           
La norma impugnata, infine, subordina l'esercizio del potere                    
sostitutivo alla previa diffida del Comune inadempiente al quale deve           
essere assegnato un termine, non inferiore a quindici giorni, entro             
il quale l'ente locale puo' provvedere al compimento dell'atto.                 
La congruita' del termine assegnato all'ente inadempiente e di cui la           
legge regionale fissa solo la durata minima dovra' essere valutata              
sulla base del principio di leale cooperazione, in relazione ai                 
singoli atti (o attivita') ed alla loro complessita', con la                    
conseguenza che nel caso in cui - alla luce del principio richiamato            
- tale termine appaia in concreto inadeguato, in quanto troppo breve,           
l'ente diffidato potra' attivare gli ordinari rimedi previsti                   
dall'ordinamento.                                                               
6) E' impugnato anche l'art. 22 della legge regionale                           
dell'Emilia-Romagna che disciplina l'edificabilita' di fatto delle              
aree, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere l) ed m),            
nonche' terzo comma, della Costituzione.                                        
L'art. 22 dispone che "ferma restando la necessita'                             
dell'edificabilita' legale di cui all'art. 20, un'area possiede anche           
il carattere della edificabilita' di fatto quando sono gia' presenti            
o in corso di realizzazione, nell'ambito territoriale in cui l'area             
stessa si inserisce, le dotazioni territoriali richieste dalla legge            
ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica".           
Il secondo comma della norma, poi, consente alla Regione di integrare           
e specificare, con apposita direttiva, "i criteri ed i requisiti per            
valutare l'edificabilita' di fatto delle aree".                                 
7) Deve innanzitutto essere esaminata la censura mossa a tale norma             
in relazione all'art. 117, terzo comma della Costituzione.                      
Sostiene l'Avvocatura che l'art. 22 contrasta con i principi                    
fondamentali dettati o da desumersi dalla normazione statale in                 
riferimento alla individuazione della edificabilita' di fatto, senza            
specificare quali siano i principi che si assumono violati o da dove            
questi possano desumersi.                                                       
La censura, nei termini in cui e' formulata, si rivela generica e               
deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile.                                
8) Nel ricorso si sostiene inoltre che l'art. 22, attribuendo                   
rilevanza, ai fini della determinazione dell'indennita' di esproprio,           
"anche" alla edificabilita' di fatto, ovvero richiedendo la                     
"compresenza" sia della edificabilita' legale che di quella di fatto,           
contrasta con il diritto vivente che ha riconosciuto alla                       
caratteristica in esame valore meramente sussidiario rispetto alla              
possibilita' legale di edificare. In tal modo, la norma regionale               
inciderebbe sul regime dei suoli in violazione della competenza                 
esclusiva dello Stato a legiferare in materia di ordinamento civile,            
nonche' di prestazioni concernenti i diritti civili da garantire                
uniformemente su tutto il territorio nazionale.                                 
Tale censura non e' fondata.                                                    
Il tenore letterale della norma regionale risulta del tutto coerente            
con la norma statale contenuta nell'art. 37, comma 3 del DPR 8 giugno           
2001, n. 327 (Testo Unico delle disposizioni legislative e                      
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita'), il           
quale stabilisce che, ai fini della determinazione dell'indennita' di           
esproprio, "si considerano le possibilita' legali ed effettive di               
edificazione, esistenti al momento dell'emanazione del decreto di               
esproprio o dell'accordo di cessione".                                          
L'art. 22 della legge regionale impugnata stabilisce quando un                  
terreno presenta i caratteri dell'edificabilita' di fatto; nulla dice           
sul ruolo da riconoscere a tale elemento ai fini della determinazione           
dell'indennizzo, se non che il medesimo non puo' prescindere dalla              
sussistenza dell'edificabilita' legale. L'inciso contenuto nella                
disposizione, "ferma restando la necessita' dell'edificabilita'                 
legale di cui all'art. 20", attesta infatti la volonta' del                     
legislatore regionale di non dare all'edificabilita' di fatto una               
rilevanza autonoma rispetto alla edificabilita' legale.                         
Il contenuto normativo dell'art. 22 deve dunque rinvenirsi soltanto             
nella individuazione degli elementi in presenza dei quali puo'                  
riconoscersi ad un'area il carattere della edificabilita' di fatto.             
La formulazione della norma regionale ne consente una lettura                   
conforme all'interpretazione che del requisito in esame ha fornito la           
piu' recente giurisprudenza di legittimita', la quale ha riconosciuto           
all'edificabilita' di fatto un valore esclusivamente suppletivo - in            
carenza di strumenti urbanistici - ovvero complementare ed                      
integrativo agli effetti della determinazione del concreto valore di            
mercato dell'area espropriata, incidente sul calcolo                            
dell'indennizzo.                                                                
9) Il ricorrente censura infine l'art. 22 per violazione dell'art.              
117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, nella parte in cui           
prevede i requisiti che conferiscono ad un'area il carattere della              
edificabilita' di fatto. Sostiene infatti l'Avvocatura che la loro              
individuazione e' riservata allo Stato dall'art. 5-bis del decreto              
legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della           
Finanza pubblica) e dall'art. 37 del DPR n. 327 del 2001, che                   
rinviano ad un regolamento ministeriale, e cio' in ragione di                   
esigenze di uniformita' che e' compito dello Stato assicurare.                  
Anche tale censura non e' fondata.                                              
L'art. 22 della legge regionale non regola le prestazioni concernenti           
diritti civili, ne' tale contenuto presenta la normativa statale di             
riferimento (tanto l'art. 5-bis del DL n. 333 del 1992, quanto l'art.           
37 del DPR n. 327 del 2001). Esso neppure incide sull'esigenza di               
assicurare uniformita' nella determinazione dell'indennita' di                  
esproprio. La disposizione censurata, infatti, non individua                    
modalita' o criteri di calcolo dell'indennizzo, ne' quantifica                  
l'entita' dello stesso (al cui proposito, semmai, potrebbe porsi                
un'esigenza di definizione uniforme), ma - come gia' osservato - si             
limita ad affermare la necessita' che siano specificate le condizioni           
in presenza delle quali un'area possiede il carattere                           
dell'edificabilita' di fatto.                                                   
Per questi motivi                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale               
dell'art. 7 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 19 dicembre               
2002, n. 37 (Disposizioni regionali in materia di espropri),                    
sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento             
all'art. 120, secondo comma della Costituzione, con il ricorso                  
indicato in epigrafe;                                                           
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale             
dell'art. 22 della medesima legge regionale n. 37 del 2002, sollevata           
dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento all'art.              
117, terzo comma della Costituzione, con il ricorso indicato in                 
epigrafe;                                                                       
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale               
dell'art. 22 della medesima legge regionale n. 37 del 2002, sollevata           
dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento all'art.              
117, secondo comma, lettere l) e m), della Costituzione, con il                 
ricorso indicato in epigrafe.                                                   
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 23 febbraio 2004                                             
Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2004                                       
IL PRESIDENTE  IL REDATTORE                                                     
Gustavo Zagrebelsky  Ugo De Siervo                                              
IL CANCELLIERE                                                                  
Maria Rosaria Fruscella                                                         

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