REGIONE EMILIA-ROMAGNA

SENTENZA 26 maggio 2004, n. 162

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 7 e 8 della legge della Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del libretto di idoneita' sanitaria)

CORTE COSTITUZIONALE                                                            
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai                
signori:                                                                        
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,               
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,                   
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Francesco                   
Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfonso            
Quaranta, giudici                                                               
ha pronunciato la seguente                                                      
SENTENZA                                                                        
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2 e               
articoli ad esso collegati dalla legge della Regione Tosana 12 maggio           
2003, n. 24 (Norme in materia di igiene del personale addetto                   
all'industria alimentare); degli articoli 7 e 8 della legge della               
Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la               
prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti.               
Abolizione del libretto di idoneita' sanitaria); degli articoli 2 e 4           
della legge della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n. 12 (Norme                 
relative e certificazioni in materia di igiene e sanita' pubblica), e           
dell'art. 45 della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29           
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per                
l'anno finanziario 2003), promossi con ricorsi del Presidente del               
Consiglio dei Ministri notificati il 7 luglio, il 19 agosto, il 7               
ottobre e il 18 novembre 2003, depositati in Cancelleria il 19                  
luglio, il 25 agosto, il 17 ottobre e il 27 novembre successivi ed              
iscritti ai nn. 55, 65, 70 e 85 del registro ricorsi 2003;                      
visti gli atti di costituzione delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,           
Lombardia e Lazio;                                                              
udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2004 il Giudice relatore Ugo            
De Siervo;                                                                      
uditi l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del              
Consiglio dei ministri e gli avvocati Mario Loria per la Regione                
Toscana, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Beniamino           
Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e Mario Passaro per la             
Regione Lazio.                                                                  
Ritenuto in fatto                                                               
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questioni di           
legittimita' costituzionale, con distinti ricorsi, contro quattro               
leggi regionali, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera           
h), e terzo comma della Costituzione. Sono stati impugnati: a) l'art.           
1, comma 2, nonche' gli articoli "ad esso collegati", della legge               
della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24 (Norme in materia di                
igiene del personale addetto all'industria alimentare), con ricorso             
notificato il 7 luglio 2003 e depositato il 19 luglio 2003 (reg.                
ricorsi n. 55 del 2003), sulla base della delibera governativa del 19           
giugno 2003; b) gli articoli 7 ed 8 della legge della Regione                   
Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione           
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del            
libretto di idoneita' sanitaria), con ricorso notificato il 19 agosto           
2003 e depositato il 25 agosto 2003 (reg. ricorsi n. 65 del 2003),              
sulla base della delibera governativa del 18 luglio 2003; c) gli                
articoli 2 e 4 della legge della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n.            
12 (Norme relative a certificazioni in materia di igiene e sanita'              
pubblica), con ricorso notificato il 7 ottobre 2003 e depositato il             
17 ottobre 2003 (reg. ricorsi n. 70 del 2003), sulla base della                 
delibera governativa del 19 settembre 2003; d) l'art. 45 della legge            
della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29 (Assestamento del                  
bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario               
2003), con ricorso notificato il 18 novembre 2003 e depositato il 27            
novembre 2003 (reg. ricorsi n. 85 del 2003), sulla base della                   
delibera governativa del 7 novembre 2003.                                       
2. Le disposizioni impugnate contenute nelle leggi delle Regioni                
Toscana ed Emilia-Romagna e l'art. 4 della legge della Regione                  
Lombardia stabiliscono nuove norme relative all'igiene del personale            
addetto all'industria alimentare, anche con la conseguente                      
eliminazione dell'obbligo del "libretto di idoneita' sanitaria" di              
cui all'art 14 della Legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli               
artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del Testo Unico delle leggi sanitarie            
approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Disciplina                 
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e           
delle bevande). Invece l'art. 45 della legge della Regione Lazio si             
limita ad eliminare il "libretto di idoneita' sanitaria" per i                  
farmacisti e i dipendenti delle farmacie pubbliche e private.                   
Inoltre, l'art. 2 della legge della Regione Lombardia prevede una               
serie di casi nei quali le Aziende Unita' sanitarie locali (AUSL)               
della Regione non rilasciano piu' alcuni certificati sanitari.                  
Quanto alla eliminazione dell'obbligo del "libretto di idoneita'                
sanitaria", il ricorrente sostiene che tale previsione sarebbe                  
incostituzionale perche' posta in violazione di "un principio                   
fondamentale stabilito dallo Stato per la tutela della salute                   
pubblica". Cio' in quanto l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962                 
troverebbe la propria ragion d'essere nell'esigenza di evitare che              
operatori non sani entrino a contatto con i prodotti alimentari, con            
possibile rischio di contaminazione degli stessi.                               
Le disposizioni impugnate, inoltre, sarebbero lesive anche della                
competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h),              
Cost., concernente la materia "ordine pubblico e sicurezza". A                  
sostegno di tale argomentazione, nei ricorsi vengono richiamate anche           
alcune pronunzie della Corte di Cassazione nelle quali si qualifica             
l'art. 14 citato "norma imperativa attinente all'ordine pubblico e              
posta a tutela (...) del diritto alla salute, costituzionalmente                
garantito alla generalita' dei cittadini".                                      
Quanto all'art. 2 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2003,           
si osserva in particolare che quest'ultimo, "escludendo dalle                   
competenze delle AUSL della Lombardia il rilascio di alcuni                     
certificati sanitari", violerebbe un principio fondamentale della               
materia, risultando in tal modo lesivo dell'art. 117, terzo comma,              
Cost.                                                                           
Cio' perche' le prestazioni in questione costituirebbero, ai sensi              
dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge 23 dicembre 1978,            
n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), "conseguenza             
diretta dell'attivita' di controllo attribuita istituzionalmente alle           
AUSL".                                                                          
3. Le Regioni Toscana, con atto depositato in data 23 luglio 2003,              
Emilia-Romagna, con atto depositato il 10 settembre 2003, e Lazio,              
con atto depositato il 17 dicembre 2003, si sono costituite,                    
limitandosi a chiedere la declaratoria di inammissibilita' o di                 
infondatezza dei rispettivi ricorsi, e riservandosi di esporre le               
ragioni a sostegno delle proprie richieste con separata memoria nel             
corso del giudizio.                                                             
4. La Regione Lombardia si e' costituita in giudizio con atto                   
depositato il 6 novembre 2003 ed ha ampiamente sviluppato la propria            
difesa.                                                                         
4.1. Anzitutto la Regione chiede che il ricorso sia dichiarato                  
inammissibile.                                                                  
Quest'ultimo, infatti, pur apparentemente rivolto all'intera legge,             
sarebbe motivato solo in relazione a quanto disposto dagli articoli 2           
e 4, comma 4, cio' che ne determinerebbe l'inammissibilita'. In                 
subordine, la resistente chiede che siano ritenute inammissibili le             
censure proposte avverso gli articoli 1, 3 e 4, commi 1, 2 e 3, della           
legge impugnata, "in quanto assolutamente prive di motivazione".Nel             
merito, la difesa regionale argomenta per l'infondatezza delle                  
censure statali.                                                                
Quanto alla pretesa illegittimita' costituzionale dell'art. 2, la               
resistente ritiene privo di fondamento l'argomento dello Stato                  
secondo il quale l'abolizione, da parte della Regione, dell'obbligo             
per le AUSL di rilasciare una serie di certificati contrasterebbe con           
il principio fondamentale della materia stabilito dall'art. 14, terzo           
comma, lettera q), della Legge n. 833 del 1978. Al riguardo, la                 
Regione evidenzia, innanzi tutto, come "la ratio sottostante                    
all'eliminazione del rilascio da parte delle AUSL dei suddetti                  
certificati (sia) stata quella di sopprimere funzioni del tutto                 
inefficaci o inutilmente ripetitive". Cosi', ad esempio, sarebbe per            
alcuni certificati che la "prassi applicativa" ormai ignorerebbe da             
tempo - quali quelli concernenti la vendita dei generi di monopolio o           
il baliatico - ovvero per quei certificati - quali quelli di esonero            
dalle lezioni di educazione fisica e di ammissione ai soggiorni di              
vacanza per minori -attribuiti dall'art. 2, comma 4, della legge                
regionale n. 12 del 2003 al medico di medicina generale o al pediatra           
di libera scelta. Ancora, tale ratio sarebbe riscontrabile anche                
nella abolizione per le AUSL dell'obbligo di rilasciare i certificati           
di idoneita' al lavoro, in quanto questi ultimi sarebbero stati                 
attribuiti "al medico competente di cui al decreto legislativo n. 626           
del 1994".                                                                      
Quanto alla sostituzione del certificato attestante l'avvenuta                  
esecuzione di vaccinazioni obbligatorie, la resistente afferma che              
non si sarebbe fatto altro che dare applicazione all'art. 47, comma             
1, del DPR 28 dicembre 2000, n. 444 (Disposizioni regolamentari in              
materia di documentazione amministrativa - Testo C), ai sensi del               
quale "l'atto di notorieta' concernente stati, qualita' personali o             
fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato e' sostituito             
da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con l'osservanza              
delle modalita' di cui all'art. 38". Rilevante, infine, sarebbe anche           
l'allegato 2A al d.P.C.m. 29 novembre 2001, recante "Definizione dei            
livelli essenziali di assistenza", che ha qualificato "prestazioni              
totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza", tra le                
altre, "le certificazioni mediche non rispondenti a fini della tutela           
della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di              
legge".                                                                         
Secondo la difesa della Regione sarebbe determinante la                         
considerazione del fatto che non potrebbe essere considerata                    
principio fondamentale una mera norma di tipo organizzativo come                
l'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge n. 833 del 1978,                
invocato dall'Avvocatura dello Stato quale parametro interposto                 
dell'impugnata normativa regionale. Inoltre, tale norma dovrebbe                
ritenersi senz'altro superata dalla legislazione statale successiva:            
infatti, sarebbe rilevante l'art. 2, comma 2, del DLgs 30 dicembre              
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma           
dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421), il quale ha               
attribuito alle Regioni "la determinazione dei principi                         
sull'organizzazione dei servizi e sull'attivita' destinata alla                 
tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Unita'                 
sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere". Il successivo comma              
2-sexies, peraltro, individuerebbe le funzioni spettanti alle AUSL              
indicando "l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di           
lavoro, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera", e cio'           
senza ricomprendere o richiamare espressamente funzioni                         
certificatorie. Da tali disposizioni si dovrebbe desumere, secondo la           
Regione, che tra i compiti affidati alle AUSL non sarebbero                     
obbligatoriamente ricompresi "quelli di certificazione di cui                   
all'(...) art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge n. 833 del              
1978". Cio', peraltro - puntualizza ancora la difesa regionale - non            
significherebbe che le AUSL non avrebbero funzioni di tipo                      
certificatorio, ma che - "anche in ragione dell'ampliamento delle               
competenze legislative regionali in materia di tutela della salute              
per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione" -                    
spetterebbe alle Regioni la disciplina di queste ultime.                        
4.2. Secondo la resistente anche le censure concernenti l'art. 4,               
comma 4 della legge impugnata sarebbero da ritenere infondate. In               
particolare, non sarebbe da condividere l'argomento del ricorso                 
statale secondo cui la citata disposizione regionale avrebbe invaso             
la competenza statale in materia di "ordine pubblico e sicurezza";              
premesso che "di fatto tali certificati vengono rilasciati a tutti i            
richiedenti che ottemperano a tale obbligo come un adempimento                  
burocratico", nonche' il rilievo secondo il quale l'Organizzazione              
Mondiale della Sanita' avrebbe giudicato tali adempimenti addirittura           
"inutili e dannosi", la Regione Lombardia esclude che "l'oggetto                
della disciplina contenuta nella norma impugnata (...) possa essere             
ricondotto alla competenza statale in materia di "ordine pubblico e             
sicurezza"", citando, a sostegno della propria affermazione, quanto             
in proposito affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.            
407 del 2002.                                                                   
Neppure potrebbe ritenersi violato il principio fondamentale di cui             
all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962, il quale avrebbe lo scopo              
"di evitare che operatori non sani o portatori di malattie vengano a            
contatto con prodotti alimentari esponendo l'utenza al pericolo di              
eventuali contagi". Cio' per diverse ragioni. In primo luogo, in                
quanto il ricorso dello Stato errerebbe nell'individuare il principio           
fondamentale in questione direttamente nella lettera delle                      
disposizioni statali considerate, senza compiere l'operazione di                
"astrazione" che la giurisprudenza costituzionale avrebbe indicato              
come "necessaria". Inoltre, l'operazione interpretativa compiuta dal            
ricorrente sarebbe contestabile in quanto avrebbe preso in                      
considerazione non l'intero quadro normativo, ma solo alcune delle              
disposizioni che intervengono a comporre quest'ultimo; in                       
particolare, sarebbe stata omessa la considerazione della direttiva             
93/43/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, sull'igiene dei prodotti            
alimentari, della direttiva 96/3/CE della Commissione del 26 gennaio            
1996, recante deroga a talune norme della direttiva 93/43/CEE del               
Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari, con riguardo al                  
trasporto marittimo di oli e di grassi liquidi sfusi, nonche' del               
d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43 CEE e           
96/3 CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari), atti normativi           
che non prevedono l'adozione del libretto sanitario.                            
In sintesi, secondo la difesa della Regione Lombardia, "nella                   
competenza concorrente in materia di "tutela della salute" ed                   
"alimentazione"" - nelle quali ricadrebbe la disciplina de qua -                
"deve (...) essere necessariamente inclusa la possibilita' (per le              
Regioni) di scegliere gli strumenti piu' idonei al perseguimento                
della salute dei cittadini (e quindi, ad esempio, di ritenere                   
preferibile, rispetto all'obbligo del libretto sanitario, l'obbligo             
per gli operatori addetti alla produzione, preparazione,                        
somministrazione e distribuzione degli alimenti di ricevere adeguata            
preparazione igienico sanitaria)".                                              
La resistente, alla luce delle considerazioni piu' sopra richiamate,            
ritiene di poter affermare che il principio desumibile dalla                    
legislazione statale nella materia de qua non sarebbe quello                    
individuato nel ricorso, bensi' quello della "previsione da parte               
delle Regioni di strumenti/misure adeguati/idonei ad assicurare                 
l'igiene, la sicurezza e la salubrita' dei prodotti alimentari al               
fine di preservare la salute dei cittadini". Tale principio sarebbe             
stato rispettato dalla Regione Lombardia, la quale, pur eliminando il           
libretto sanitario, avrebbe in sostituzione previsto le misure                  
contemplate dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 4 della legge regionale n.             
12 del 2003.                                                                    
5. In prossimita' dell'udienza, tutte le Regioni hanno depositato               
ampie memorie con le quali chiedono che le questioni sollevate siano            
dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.                                
5.1. Sul piano della inammissibilita', in particolare, la Regione               
Toscana rileva che il ricorso che la riguarda e' stato notificato il            
7 luglio 2003 e depositato il successivo 19 luglio, in violazione               
dell'art. 31, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87.                        
La Regione Lombardia ribadisce l'inesistenza di qualunque motivazione           
in ordine alla richiesta di dichiarazione di illegittimita'                     
costituzionale dell'intera legge, ed in particolare delle                       
disposizioni contenute negli articoli 1, 3 e 4, commi 1, 2 e 3, della           
legge. Inoltre, la relazione del Ministro per gli affari regionali              
allegata alla delibera del Governo conterrebbe ragioni di possibile             
illegittimita' costituzionale solo con riferimento agli articoli 2 e            
4, comma 4.La Regione Lazio, a sua volta, evidenzia alcuni presunti             
profili di inammissibilita'.                                                    
Innanzitutto l'Avvocatura avrebbe dedotto contemporaneamente                    
l'esistenza di due vizi tra loro contraddittori e tali da escludersi            
a vicenda, sostenendo che la legge regionale violerebbe la competenza           
esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico, e al tempo                 
stesso la competenza concorrente, in quanto la legge regionale                  
sarebbe stata adottata in contrasto con un principio fondamentale               
della materia.                                                                  
Altro profilo di inammissibilita' del ricorso andrebbe ravvisato nel            
fatto che il potere di impugnativa delle leggi regionali previsto               
dall'art. 127 Cost. sarebbe esercitabile solo per far valere ragioni            
di incompetenza e non anche per qualunque vizio di                              
incostituzionalita'. Lo Stato, in altri termini, potrebbe censurare             
le leggi regionali solo nel caso in cui stabiliscano principi                   
fondamentali (determinando cosi' l'usurpazione di materie ed ambiti             
attribuiti alla competenza statale) e non anche ove la disciplina in            
esse contenuta si ponga, nel merito, in contrasto con i principi                
fondamentali della materia. Tale interpretazione sarebbe confermata             
anche dalla Legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per                       
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla Legge                      
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che, all'art. 9, abilita il              
Governo ad impugnare le leggi regionali solo nel caso in cui eccedano           
la competenza della Regione.                                                    
Ultimo profilo di inammissibilita' sarebbe costituito dalla mancata             
indicazione delle ragioni per cui l'obbligo di possesso del libretto            
sanitario costituirebbe un principio fondamentale e per quale motivo            
esso dovrebbe trovare applicazione anche in un settore "affatto                 
diverso e peculiare", quale quello farmaceutico.                                
5.2. Nel merito, le quattro Regioni concordano pienamente nel negare            
la presunta violazione della competenza legislativa esclusiva dello             
Stato in materia di "ordine pubblico e sicurezza", anche sulla base             
della piu' recente giurisprudenza di questa Corte, che ha                       
esplicitamente confermato la delimitazione della materia alle misure            
inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine               
pubblico (sentenze n. 6 del 2004 e n. 407 del 2002). Al riguardo, la            
Regione Lazio aggiunge che la nozione di ordine pubblico cui si                 
riferisce la norma costituzionale non sarebbe quella generica a cui             
sembra richiamarsi l'Avvocatura dello Stato, bensi' quella piu'                 
circoscritta che emerge dallo stesso dettato costituzionale relativo            
alle attribuzioni miranti "alla difesa e sicurezza interne dei                  
cittadini rispetto in primo luogo alla criminalita'". L'art 14 della            
Legge n. 283 del 1962, invece, intenderebbe tutelare il diritto alla            
salute di cui all'art. 32 Cost., e tale conclusione sarebbe                     
avvalorata dall'art. 1 della citata legge, che appunto assoggetta a             
vigilanza la produzione e il commercio delle sostanze alimentari "per           
tutela della pubblica salute".                                                  
5.3. Quanto alla eliminazione dell'obbligo di dotarsi del "libretto             
sanitario", le Regioni Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna                     
sostengono, con analoghe ed ampie argomentazioni, che non esisterebbe           
il principio fondamentale della materia invocato dall'Avvocatura                
dello Stato nei ricorsi. Ammesso che l'art. 14 della Legge n. 283 del           
1962 costituisse un principio fondamentale nella materia all'epoca              
della sua emanazione, oggi, nel mutato contesto della legislazione,             
delle modalita' di produzione e distribuzione degli alimenti, degli             
studi e delle concezioni igienico-sanitarie, non lo sarebbe piu'.               
Esso, anzi, costituirebbe un residuo normativo privo di                         
giustificazione, in quanto ormai inidoneo a tutelare la salute. A               
sostegno di tale affermazione, le Regioni richiamano in particolare             
le conclusioni a cui sarebbe pervenuta l'Organizzazione Mondiale                
della Sanita' gia' nel 1989: nella relazione finale elaborata                   
all'esito di apposita indagine, essa avrebbe dichiarato che gli esami           
medici di routine per gli alimentaristi sono inefficaci e percio'               
inutili; che tali accertamenti non sono consigliabili sulla base del            
rapporto costo/efficacia e non sono affidabili per prevenire le                 
malattie di origine alimentare. Nel medesimo documento sarebbe                  
rinvenibile una raccomandazione ai Governi a non utilizzare piu'                
questo tipo di intervento. Ad analoghe conclusioni -riferiscono                 
ancora le difese regionali - sarebbero giunti diversi altri organismi           
scientifici e professionali; lo stesso Istituto Superiore di Sanita'            
avrebbe appoggiato le richieste di eliminazione del libretto                    
sanitario, sottolineando la sua inadeguatezza rispetto allo scopo               
perseguito ed affermando la maggiore efficacia a tal fine della                 
formazione personale degli addetti alla manipolazione degli alimenti.           
Sulla base di tali considerazioni, numerose Regioni avrebbero gia' in           
precedenza adottato delibere con cui sospendono in via provvisoria le           
procedure per il rinnovo dei libretti sanitari.                                 
Le Regioni resistenti sottolineano, inoltre, il mutamento dello                 
stesso quadro normativo nazionale ed il totale superamento del                  
sistema precedente. Le nuove concezioni in materia di sicurezza                 
alimentare, contenute nelle direttive 93/43 CEE e 96/3 CE e recepite            
in Italia con il DLgs n. 155 del 1997, avrebbero prodotto una                   
disciplina completa, basata sui principi del controllo ed                       
autocontrollo preventivo di ogni fase del processo alimentare, nella            
quale nessun esame di routine e' previsto.                                      
Significativa sarebbe, inoltre, la circostanza che il d.P.C.m. 29               
novembre 2001, in tema di determinazione dei livelli essenziali nel             
settore assistenziale, non consideri le certificazioni di idoneita'             
sanitaria degli alimentaristi fra gli interventi primari, rispondenti           
ai fini di tutela collettiva, tra i quali invece sarebbe compresa               
l'informazione preventiva degli addetti alla produzione,                        
manipolazione, trasporto, somministrazione, deposito e vendita delle            
sostanze alimentari.                                                            
Le norme regionali impugnate, dunque, non farebbero che adeguarsi               
alle conoscenze scientifiche consolidate che fondano la prevenzione             
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti sulla                      
sorveglianza epidemiologica, sull'attivita' di formazione-educazione            
alla sicurezza alimentare e sul sistema di controlli basato                     
sull'autocontrollo alla produzione. Infine, la Regione Emilia-Romagna           
sostiene che, qualora l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 fosse               
ritenuto ancora principio fondamentale della materia, esso sarebbe              
costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 32 Cost., in            
quanto imporrebbe un trattamento sanitario in assenza di qualunque              
evidenza scientifica sulla sua utilita'. Inoltre, esso violerebbe gli           
articoli 32 e 97, primo comma, Cost., perche' imporrebbe di impiegare           
risorse amministrative in attivita' che non hanno utilita'                      
scientifica, impedendo di utilizzare le stesse risorse in modi che              
meglio assicurino la tutela della salute e il buon andamento                    
dell'Amministrazione.                                                           
5.4. Differenziate le argomentazioni della Regione Lazio, perche'               
essenzialmente fondate sull'affermazione che la "materia                        
farmaceutica"avrebbe una "dignita' normativa del tutto autonoma ed              
indipendente" dalla disciplina della materia "alimenti e bevande": la           
normativa in materia di servizio farmaceutico costituirebbe un                  
compendio autonomo e a se' stante, "governato da principi che, pur              
mirando in ultima analisi alla tutela della salute del cittadino,               
sarebbero frutto di scelte specifiche e sistematiche del legislatore            
in ragione della peculiarita' dei beni e dei soggetti coinvolti".               
Il sistema introdotto dalla legge n. 283 del 1962 si articolerebbe in           
una "fittissima serie di controlli preventivi dettagliatamente                  
disciplinati", che si svolge su piu' livelli (ministeriale, regionale           
e comunale), con l'adozione di misure oggettive e soggettive di varia           
natura. Nel contesto di una cosi' analitica disciplina "che investe             
praticamente tutti gli aspetti", sarebbe comunque ben difficile                 
considerare l'obbligo del libretto sanitario come espressione di un             
principio fondamentale della materia, ponendosi piuttosto come una              
delle molteplici prescrizioni da osservarsi a cura degli operatori              
del settore.                                                                    
Ma soprattutto la Legge n. 283 del 1962 e il relativo regolamento di            
attuazione, di cui al DPR 26 marzo 1980, n. 327, avrebbero ad oggetto           
solo i cibi e le bevande, cioe' le sostanze destinate                           
all'alimentazione, mentre il settore farmaceutico costituirebbe                 
oggetto di numerosissime prescrizioni di dettaglio estranee alla                
materia degli alimenti e delle bevande e tali da sostituirsi                    
integralmente alla disciplina dettata per questi ultimi, anche sotto            
il profilo della vigilanza e profilassi sullo stato di salute dei               
suoi operatori.In particolare, l'art. 32 del regio decreto 30                   
settembre 1938, n. 1706 (Approvazione del regolamento per il servizio           
farmaceutico), pone a carico del titolare della farmacia l'obbligo di           
comunicare all'autorita' di vigilanza lo stato di salute dei propri             
dipendenti e di esibire i certificati che comprovino che sono esenti            
da malattie contagiose che rendano pericoloso l'esercizio                       
dell'attivita'. Conseguentemente, l'obbligo di tenuta del libretto              
sanitario di cui all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 avrebbe un             
ruolo "del tutto sussidiario, recessivo e trascurabile" nel settore             
farmaceutico.                                                                   
5.5. Infine, per cio' che riguarda l'art. 2 della Legge della Regione           
Lombardia n. 12 del 2003, la difesa regionale ribadisce la propria              
eccezione volta a negare la natura di principio fondamentale                    
dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge n. 833 del 1978,             
in quanto si tratterebbe di mera norma organizzativa volta ad                   
individuare i compiti delle AUSL. In ogni caso, il presunto principio           
fondamentale della "competenza esclusiva delle AUSL in materia di               
certificazioni sanitarie e dell'obbligo per le stesse di esercitare             
le funzioni certificatorie" dovrebbe considerarsi superato sia in               
ragione di quanto previsto dalla legislazione statale di settore in             
tema di certificazioni, sia in ragione di quanto previsto dalla                 
legislazione sanitaria successiva alla legge n. 833 del 1978, sia,              
infine, in ragione delle competenze legislative acquisite dalle                 
Regioni in base alla riforma costituzionale del Titolo V in materia             
di "tutela della salute" rispetto a quelle piu' limitate in ordine              
all'assistenza sanitaria e ospedaliera di cui al precedente testo               
dell'art. 117 Cost.                                                             
Considerato in diritto                                                          
1. II Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, con                   
distinti ricorsi: l'art. 1, comma 2, nonche' gli articoli "ad esso              
collegati", della legge della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24             
(Norme in materia di igiene del personale addetto all'industria                 
alimentare); gli articoli 7 ed 8 della legge della Regione                      
Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione           
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del            
libretto di idoneita' sanitaria); gli articoli 2 e 4 della Legge                
della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n. 12 (Norme relative a                  
certificazioni in materia di igiene e sanita' pubblica); l'art. 45              
della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29                        
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per                
l'anno finanziario 2003).                                                       
I ricorsi governativi censurano, per contrasto con l'art. 117,                  
secondo comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, le                 
disposizioni delle leggi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e                
Lombardia, che eliminano in generale l'obbligo del "libretto di                 
idoneita' sanitaria" di cui all'art. 14 della Legge 30 aprile 1962,             
n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del Testo Unico           
delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n.            
1265. Disciplina igienica della produzione e della vendita delle                
sostanze alimentari e delle bevande), nonche' l'analoga eliminazione,           
ad opera della legge della Regione Lazio, del "libretto di idoneita'            
sanitaria" per i soli farmacisti e dipendenti delle farmacie                    
pubbliche e private.                                                            
L'Avvocatura dello Stato sostiene, infatti, che cosi' sarebbe stato             
violato "un principio fondamentale stabilito dallo Stato per la                 
tutela della salute", trattandosi di una "misura di profilassi                  
igienico-sanitaria a carattere generale". Al tempo stesso, anche                
sulla base di alcune sentenze della Corte di Cassazione relative alla           
natura dell'obbligo scaturente dall'art 14 della Legge n. 283 del               
1962, i legislatori regionali avrebbero invaso attribuzioni in                  
materia di "ordine pubblico e sicurezza, riservate allo Stato ai                
sensi del secondo comma, lettera h), del suddetto art. 117 Cost.".              
II ricorso governativo contro la legge della Regione Lombardia n. 12            
del 2003 impugna inoltre, per contrasto con l'art. 117, terzo comma,            
Cost., l'art. 2 della legge in questione, che prevede che le AUSL               
della Regione non rilascino piu' alcuni certificati salutari, perche'           
questa disposizione violerebbe un principio fondamentale della                  
materia che imporrebbe tali certificazioni; esse, infatti,                      
costituirebbero, ai sensi dell'art. 14, terzo comma, lettera q),                
della Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio                  
Sanitario nazionale), "conseguenza diretta dell'attivita' di                    
controllo attribuita istituzionalmente alle AUSL" e, in quanto tali,            
non potrebbero essere escluse dall'ambito delle competenze attribuite           
alle stesse.                                                                    
2. Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei quattro            
ricorsi presentano ampi profili di analogia, onde i relativi giudizi            
possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.                    
3. In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile la                  
questione sollevata contro la legge della Regione Toscana n. 24 del             
2003, in quanto il ricorso e' stato notificato il 7 luglio 2003 e               
depositato il successivo 19 luglio 2003, cioe' oltre il termine                 
prescritto dall'art. 31, comma 4, della Legge 11 marzo 1953, n. 87              
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte                       
Costituzionale), stabilito a pena di decadenza, secondo la costante             
giurisprudenza di questa Corte (cfr., fra le molte, la sentenza n.              
303 del 2003, nonche' le ordinanze n. 42 del 2004, n. 99 del 2000 e             
n. 126 del 1997).                                                               
Sempre in via preliminare, va respinta l'eccezione di                           
inammissibilita' del ricorso governativo sollevata dalla Regione                
Lombardia, potendo agevolmente ritenersi - anche in base alla                   
delibera del Consiglio dei ministri - che l'atto introduttivo del               
giudizio sia rivolto esclusivamente e con adeguata motivazione nei              
confronti degli articoli 2 e 4, comma 4.                                        
Conseguentemente risulta assorbita l'eccezione di inammissibilita'              
parziale proposta in via subordinata.                                           
Vanno altresi' respinte le eccezioni di inammissibilita' del ricorso            
sollevate dalla Regione Lazio descritte nell'esposizione del fatto.             
Innanzitutto, diversamente da quanto sostiene la difesa regionale, e'           
ben possibile contestare la legittimita' costituzionale di una norma            
di legge regionale contemporaneamente alla luce del secondo e del               
terzo comma dell'art 117 Cost., sia che si faccia valere un rapporto            
gradato tra i due presunti vizi, sia anche che si sostenga (come nel            
caso oggetto del presente giudizio) la contemporanea incidenza su               
piu' profili di una singola disposizione legislativa.                           
Del pari infondata e' la tesi che il potere di impugnativa delle                
leggi regionali previsto dall'art. 127 Cost. sarebbe esercitabile               
solo per far valere ragioni di incompetenza e non anche qualunque               
vizio di incostituzionalita': questa Corte, nella sentenza n. 274 del           
2003, ha gia' espressamente chiarito "che lo Stato puo' impugnare in            
via principale una legge regionale deducendo la violazione di                   
qualsiasi parametro costituzionale". Comunque nel caso di specie                
viene dedotto un asserito vizio di incompetenza, dal momento che si             
assume che la legge regionale abbia disciplinato un ambito riservato            
alla competenza statale.                                                        
Ugualmente erronea e' la tesi, prospettata dalla Regione resistente,            
secondo la quale la violazione dei principi fondamentali stabiliti              
dalla legge dello Stato possa essere invocata solo nel caso in cui la           
legge regionale abbia inteso porre essa stessa principi fondamentali            
della materia.                                                                  
Del pari, non ha fondamento la tesi che il ricorso non indicherebbe             
ne' le ragioni per cui l'obbligo di possesso del libretto sanitario             
costituirebbe un principio fondamentale ne' per quale motivo esso               
dovrebbe trovare applicazione anche in un settore quale quello                  
farmaceutico: il ricorso dell'Avvocatura, seppur in estrema sintesi,            
si riferisce all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 come ad una                
disposizione di principio nel settore della tutela della salute e               
ricorda che questo articolo "prevede l'obbligo per tutti gli                    
operatori che comunque maneggiano alimenti, di essere muniti di tale            
libretto", comprendendovi quindi anche coloro che lavorano presso le            
farmacie, che appunto vendono anche (ed a volte producono) sostanze             
alimentari.                                                                     
4. Le questioni relative alla abolizione del libretto di idoneita'              
sanitaria non sono fondate.                                                     
4.1. In primo luogo, la censura riferita alla competenza esclusiva              
del legislatore statale in tema di "ordine pubblico e sicurezza", di            
cui alla lettera h) del secondo comma dell'art. 117 Cost. e'                    
infondata, dal momento che, nel vigore del nuovo art. 117 Cost., fin            
dalla sentenza n. 407 del 2002 questa Corte ha riferito tale materia            
al solo "settore riservato allo Stato relativo alle misure inerenti             
alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico"              
(analogamente si veda la sentenza n. 6 del 2004); ne' appare                    
rilevante l'utilizzazione in alcune pronunce della Corte di                     
Cassazione dell'espressione "ordine pubblico" in riferimento alla               
vigente legislazione sul libretto sanitario, poiche' radicalmente               
diverso e' il significato di questa espressione nell'art. 117 Cost. e           
nei codici.                                                                     
4.2. L'affermazione che l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962                   
esprimerebbe tuttora un principio fondamentale della materia                    
sanitaria, in quanto tale immodificabile dal legislatore regionale,             
non appare fondata ove si consideri la avvenuta profonda                        
trasformazione della legislazione a tutela della disciplina igienica            
degli alimenti, anche sulla spinta in tal senso degli organismi                 
scientifici e medici, sulla base dei molti mutamenti conseguenti alle           
mutate condizioni igieniche e sanitarie dei processi di produzione e            
commercializzazione dei prodotti alimentari.                                    
L'art. 14, commi primo e secondo della Legge n. 283 del 1962 aggiunge           
alla assai articolata e pervasiva disciplina contenuta nella medesima           
legge, riferita a tutte le fasi della produzione e del commercio                
"delle sostanze destinate alla alimentazione", la previsione di                 
obblighi di comportamento dei lavoratori e degli imprenditori che               
operano nei settori della "preparazione, produzione, manipolazione e            
vendita di sostanze alimentari", prescrivendo che chiunque lavori in            
questi vasti settori debba essere "munito di apposito libretto di               
idoneita' sanitaria" e sia "tenuto a sottoporsi a periodiche visite             
mediche di controllo e a eventuali misure profilattiche"; ne' gli               
imprenditori possono assumere personale privo del libretto sanitario.           
Tutte queste prescrizioni sono assistite da sanzioni amministrative             
(resta invece estraneo al presente giudizio il quarto comma dell'art.           
14 della legge, che estende queste sanzioni a chi "pur a conoscenza             
di essere affetto da manifestazioni di malattia infettiva diffusiva,            
continui ad attendere alla preparazione, produzione, manipolazione o            
vendita di sostanze alimentari").                                               
Ulteriori specificazioni sul libretto di idoneita' sanitaria sono               
contenute nel Titolo III del DPR 26 marzo 1980, n. 327 (Regolamento             
di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive                  
modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e             
della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), che                   
disciplina analiticamente la materia, anche con prescrizioni relative           
ai comportamenti da tenere in caso di malattia del personale e                  
relative all'igiene personale e all'abbigliamento.                              
Rispetto all'efficacia della prescrizione relativa alla tenuta del              
libretto sanitario a tutela dell'igiene degli alimenti si e'                    
successivamente sviluppato un ampio confronto critico anche a livello           
scientifico internazionale ed in particolare e' stata proposta                  
l'adozione di un nuovo modello di tutela dell'igiene degli alimenti,            
denominato "Sistema dei punti di controllo critici per l'analisi dei            
rischi (HACCP)", caratterizzato da un coinvolgimento attivo degli               
imprenditori e dei lavoratori interessati nella individuazione dei              
punti critici e nel loro controllo (anche sulla base di una idonea              
formazione), pur sempre sotto la vigilanza pubblica.                            
Queste ed altre sollecitazioni di ordine scientifico sono                       
evidentemente alla base della adozione di due apposite direttive                
della Comunita' Europea, recepite dal legislatore nazionale tramite             
il d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43              
CEE e 96/3 CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari): tale               
disciplina, infatti, tutela l'igiene dei prodotti alimentari in                 
"tutte le fasi successive alla produzione primaria" (si enumerano "la           
preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il                           
confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la                
manipolazione, la vendita o la fornitura, compresa la                           
somministrazione, al consumatore") mediante l'esplicita adozione del            
"sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici                 
HACCP" (cfr. art. 3). In questa completa riforma del settore non si             
fa parola della necessita' di documentare i controlli periodici sul             
personale addetto alle diverse fasi a cui si riferisce la normazione,           
mentre il Capitolo VIII dell'Allegato al citato decreto legislativo             
contiene alcune disposizioni in tema di igiene personale e di                   
malattia, o sospetta malattia, di coloro che operano nel settore, ed            
il Capitolo X prescrive che gli addetti alle varie fasi di possibile            
contatto con gli alimenti siano controllati e formati dai                       
responsabili delle imprese interessate ai prodotti alimentari.                  
Parallelamente, la Comunita' Europea ha determinato nuovi sistemi               
pubblici di controllo sui prodotti alimentari mediante altre                    
direttive, anch'esse recepite dal legislatore statale, mediante il              
DLgs 3 marzo 1993, n. 123 (Attuazione della direttiva 89/397 CEE                
relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari) ed il DLgs             
26 maggio 1997, n. 156 (Attuazione della direttiva 93/99 CEE                    
concernente misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei           
prodotti alimentari); in questo ambito si disciplinano vasti poteri             
di controllo e di ispezione, relativi anche al "comportamento                   
igienico del personale che, direttamente o indirettamente, per                  
esercitare le proprie mansioni, entra in contatto con le sostanze ed            
i prodotti" (art. 2, comma 5, del DLgs n. 123 del 1993).                        
Questa complessa evoluzione normativa, anche se non ha prodotto                 
l'abrogazione dell'art. 14 della Legge n. 283 del 1962, ha                      
sostanzialmente affiancato al preesistente sistema sulla disciplina             
igienica relativa alle sostanze alimentari un diverso sistema, di               
matrice europea, di garanzia sostanziale (e di controllo) sulle                 
modalita' di tutela dell'igiene dei prodotti alimentari.                        
Dell'impianto normativo del 1962 resta certamente un sistema                    
sanzionatorio (ormai prevalentemente di natura amministrativa) per              
tutta una serie di specifici comportamenti valutati come dannosi; non           
e' tuttavia possibile considerare tutte le prescrizioni sostanziali             
ivi contenute, ormai contraddette dalla piu' recente legislazione,              
principi fondamentali della materia: esse, infatti, devono essere               
ritenute nulla piu' che semplici modalita' nelle quali puo' essere              
concretizzato l'autentico principio ispiratore della normativa in               
esame, ossia il precetto secondo il quale la tutela igienica degli              
alimenti deve essere assicurata anche tramite la garanzia di alcuni             
necessari requisiti igienico-sanitari delle persone che operano nel             
settore, controllabili dagli imprenditori e dai pubblici poteri.                
D'altra parte, questa Corte in varie occasioni ha gia' affermato che,           
qualora nelle materie di legislazione concorrente i principi                    
fondamentali debbano essere ricavati dalle disposizioni legislative             
statali esistenti, tali principi non devono corrispondere senz'altro            
alla lettera di queste ultime, dovendo viceversa esserne dedotta la             
loro sostanziale consistenza (si vedano le sentenze n. 65 del 2001,             
n. 482 del 1995, n. 192 del 1987): e cio' tanto piu' in presenza di             
una legislazione in accentuata evoluzione.                                      
4.3. La Legge della Regione Emilia-Romagna n. 11 del 2003 e la Legge            
della Regione Lombardia n. 12 del 2003 sopprimono l'obbligo del                 
libretto di idoneita' sanitaria dopo essersi espressamente                      
ricollegate al DLgs n. 155 del 1997 ed aver disciplinato, in coerenza           
ad esso, alcune iniziative di specifica formazione per il personale             
operante nei settori dei prodotti alimentari. In tal modo queste                
Regioni, nell'ambito della loro discrezionalita' legislativa,                   
eliminano semplicemente una discussa forma di documentazione                    
episodica dello stato di salute degli operatori del settore                     
alimentare, ma esplicitamente confermano l'esigenza di continui ed              
efficaci interventi preventivi, nonche' di controllo e di ispezione             
sullo stato di salute e sui comportamenti igienici di coloro che                
operano nel settore alimentare.                                                 
L'art. 45 della Legge della Regione Lazio n. 29 del 2003 si limita,             
invece, ad escludere dall'obbligo del possesso del libretto di                  
idoneita' sanitaria "i farmacisti e i dipendenti delle farmacie                 
pubbliche e private", sulla base della presunta inapplicabilita' al             
settore farmaceutico della legislazione generale in tema di tutela              
dell'igiene delle sostanze alimentari.                                          
Malgrado, invece, non possa dubitarsi che sia possibile la vendita ed           
addirittura la preparazione o la trasformazione da parte delle                  
farmacie di alcuni prodotti alimentari (cio' specialmente dopo il               
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante "Riforma della               
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell articolo             
4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59", che permette la                  
vendita in farmacia anche di alimenti di consumo correnti, che si               
vanno ad aggiungere agli alimenti destinati ad un'alimentazione                 
particolare di cui al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375,               
recante "Norme di esecuzione della Legge 11 giugno 1971, n. 426,                
sulla disciplina del commercio") e che quindi non possano essere                
escluse le normative a tutela dei prodotti alimentari, tuttavia anche           
a questo particolare settore sono ormai riferite le direttive europee           
"concernenti l'igiene dei prodotti alimentari" recepite con i decreti           
legislativi n. 155 e n. 156 del 1997, con la possibilita' quindi che            
la legge regionale possa escludere la necessita' del libretto                   
sanitario nelle farmacie che trattano prodotti alimentari.                      
5. Anche le censure relative all'art. 2 della Legge della Regione               
Lombardia n. 12 del 2003 non sono fondate.                                      
Non puo' condividersi, infatti, la tesi sostenuta dall'Avvocatura               
secondo la quale, in forza dell'art. 14, terzo comma, lettera q),               
della Legge n. 833 del 1978, spetterebbe solo alle AUSL il rilascio             
di certificazioni sanitarie ed i relativi accertamenti attribuiti al            
Servizio Sanitario nazionale, dal momento che non poche leggi statali           
successive (anche prima della stessa riforma del Titolo V della                 
Costituzione) da una parte hanno attribuito funzioni certificatorie a           
soggetti diversi e, dall'altra, hanno esplicitamente riconosciuto ai            
legislatori regionali poteri di riorganizzazione delle strutture                
sanitarie locali (particolarmente rilevante, in proposito, risulta              
l'art. 2, comma 2, del DLgs 30 dicembre 1992, n. 502, recante                   
"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma                        
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421").                          
Tutto cio' trova conferma nella stessa previsione dell'art. 2 della             
legge regionale n. 12 del 2003.                                                 
Il primo comma esclude che possano essere richieste o rilasciate                
dalle AUSL cinque diverse certificazioni, di cui una (relativa al               
certificato di idoneita' fisica per l'assunzione di minori)                     
esplicitamente ridisciplinata dall'art. 8 della Legge 17 ottobre                
1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti) e              
quattro (rispettivamente relative alla sana e robusta costituzione,             
all'idoneita' fisica per l'assunzione nel pubblico impiego,                     
all'idoneita' fisica per l'assunzione di insegnanti, all'idoneita'              
psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di               
formazione professionali) puntualmente ridisciplinate dagli articoli            
2, comma 1, lettera a), 16, comma 2, e 17, comma 1, del DLgs 19                 
settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/39 CEE, 89/654            
CEE, 89/655 CEE, 89/656 CEE, 90/269 CEE, 90/270 CEE, 90/394 CEE e               
90/679 CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della                 
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro).                                     
Il secondo comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003, a            
sua volta, esclude due altri certificati del tutto analoghi al                  
libretto di idoneita' sanitaria (come visto in precedenza, in                   
generale eliminato dall'art. 4 della medesima legge), la cui attuale            
base legislativa appare per di piu' dubbia. Il libretto di idoneita'            
sanitaria per i parrucchieri non e' esplicitamente richiesto dalla              
Legge 14 febbraio 1963, n. 161 (Disciplina dell'attivita' di                    
barbiere, parrucchiere ed affini) ed e' stato spesso esteso al                  
settore ad opera di regolamenti comunali. Per il "certificato per               
vendita dei generi di monopolio" l'art. 6 della Legge 22 dicembre               
1957, n. 1293 (Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita            
dei generi di monopolio) prevede semplicemente che il gestore dei               
magazzini di vendita debba essere "immune da malattie infettive e               
contagiose".                                                                    
Il terzo comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003,                
invece, affida all'autocertificazione, "ai sensi dell'art. 47 del DPR           
28 dicembre 2000, n. 444 (Disposizioni regolamentari in materia di              
documentazione amministrativa-Testo C)", l'attestazione dell'avvenuta           
esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie che siano richieste: cio'            
che e' gia' attualmente possibile per la legislazione nazionale,                
poiche' la generica previsione della certificazione per le                      
vaccinazioni necessarie per l'ammissione alla scuola dell'obbligo               
(art. 117 del DLgs 16 aprile 1994, n. 297, recante "Approvazione del            
testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di                
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado") e' stata              
successivamente integrata dal nuovo art. 47 del regolamento relativo            
ai servizi di medicina scolastica (DPR 26 gennaio 1999, n. 355:                 
"Regolamento recante modificazioni al DPR 22 dicembre 1967, n. 1518,            
in materia di certificazioni relative alle vaccinazioni                         
obbligatorie"), che ha previsto espressamente la possibile                      
sostituzione del certificato con l'autocertificazione                           
dell'interessato. D'altra parte, risulta dirimente la considerazione            
secondo cui la limitazione all'utilizzabilita' delle dichiarazioni              
sostitutive contenuta nell'art. 49 del DPR n. 444 del 2000 non                  
vincola il legislatore regionale, in quanto ormai contenuta in un               
testo regolamentare (fra le molte, cfr. sentenze n. 17 del 2004, n.             
507 del 2000 e n. 420 del 1999).                                                
Il quarto comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003,               
infine, attribuisce al medico di medicina generale o al pediatra di             
libera scelta le certificazioni per l'esonero dalle lezioni di                  
educazione fisica, secondo quanto gia' previsto nel DPR 28 luglio               
2000, n. 270 (Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo                 
nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina               
generale) e nel DPR 28 luglio 2000, n. 272 (Regolamento di esecuzione           
dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con            
i medici specialisti pediatri di libera scelta); analoga soluzione              
viene scelta dal legislatore regionale per il certificato sanitario             
per l'ammissione ai soggiorni di vacanza per minori, materia finora             
disciplinata tramite circolari (da ultimo cfr. circolare 20 aprile              
2000, n. 6, del Ministero della Sanita').                                       
PER QUESTI MOTIVI                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
riuniti i giudizi,                                                              
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale           
dell'art. 1, comma 2, nonche' degli articoli "ad esso collegati",               
della legge della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24 (Norme in               
materia di igiene del personale addetto all'industria alimentare),              
sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso              
iscritto al reg. ricorsi n. 55 del 2003 in epigrafe;                            
2) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale             
degli articoli 7 e 8 della legge della Regione Emilia-Romagna 24                
giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione delle malattie              
trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del libretto di               
idoneita' sanitaria), sollevata, in riferimento all'art. 117, secondo           
comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, dal Presidente             
del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n.           
65 del 2003 indicato in epigrafe;                                               
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
degli articoli 2 e 4 della legge della Regione Lombardia 4 agosto               
2003, n. 12 (Norme relative a certificazioni in materia di igiene e             
sanita' pubblica), sollevate, in riferimento all'art. 117, secondo              
comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, dal Presidente             
del Consiglio dei Ministri con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n.           
70 del 2003 indicato in epigrafe;                                               
4) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale             
dell'art. 45 della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29           
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per                
l'anno finanziario 2003), sollevata, in riferimento all'art. 117,               
secondo comma, lettera h), e terzo comma, della Costituzione, dal               
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg.           
ricorsi n. 85 del 2003 indicato in epigrafe.                                    
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 26 maggio 2004.                                              
IL PRESIDENTE  IL REDATTORE                                                     
Gustavo Zagrebelsky  Ugo De Siervo                                              
IL CANCELLIERE                                                                  
Giuseppe Di Paola                                                               
Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2004.                                      

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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