SENTENZA 26 maggio 2004, n. 162
Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 7 e 8 della legge della Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del libretto di idoneita' sanitaria)
CORTE COSTITUZIONALE
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Francesco
Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfonso
Quaranta, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2 e
articoli ad esso collegati dalla legge della Regione Tosana 12 maggio
2003, n. 24 (Norme in materia di igiene del personale addetto
all'industria alimentare); degli articoli 7 e 8 della legge della
Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la
prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti.
Abolizione del libretto di idoneita' sanitaria); degli articoli 2 e 4
della legge della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n. 12 (Norme
relative e certificazioni in materia di igiene e sanita' pubblica), e
dell'art. 45 della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per
l'anno finanziario 2003), promossi con ricorsi del Presidente del
Consiglio dei Ministri notificati il 7 luglio, il 19 agosto, il 7
ottobre e il 18 novembre 2003, depositati in Cancelleria il 19
luglio, il 25 agosto, il 17 ottobre e il 27 novembre successivi ed
iscritti ai nn. 55, 65, 70 e 85 del registro ricorsi 2003;
visti gli atti di costituzione delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,
Lombardia e Lazio;
udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2004 il Giudice relatore Ugo
De Siervo;
uditi l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Mario Loria per la Regione
Toscana, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Beniamino
Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e Mario Passaro per la
Regione Lazio.
Ritenuto in fatto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale, con distinti ricorsi, contro quattro
leggi regionali, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera
h), e terzo comma della Costituzione. Sono stati impugnati: a) l'art.
1, comma 2, nonche' gli articoli "ad esso collegati", della legge
della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24 (Norme in materia di
igiene del personale addetto all'industria alimentare), con ricorso
notificato il 7 luglio 2003 e depositato il 19 luglio 2003 (reg.
ricorsi n. 55 del 2003), sulla base della delibera governativa del 19
giugno 2003; b) gli articoli 7 ed 8 della legge della Regione
Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del
libretto di idoneita' sanitaria), con ricorso notificato il 19 agosto
2003 e depositato il 25 agosto 2003 (reg. ricorsi n. 65 del 2003),
sulla base della delibera governativa del 18 luglio 2003; c) gli
articoli 2 e 4 della legge della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n.
12 (Norme relative a certificazioni in materia di igiene e sanita'
pubblica), con ricorso notificato il 7 ottobre 2003 e depositato il
17 ottobre 2003 (reg. ricorsi n. 70 del 2003), sulla base della
delibera governativa del 19 settembre 2003; d) l'art. 45 della legge
della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29 (Assestamento del
bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario
2003), con ricorso notificato il 18 novembre 2003 e depositato il 27
novembre 2003 (reg. ricorsi n. 85 del 2003), sulla base della
delibera governativa del 7 novembre 2003.
2. Le disposizioni impugnate contenute nelle leggi delle Regioni
Toscana ed Emilia-Romagna e l'art. 4 della legge della Regione
Lombardia stabiliscono nuove norme relative all'igiene del personale
addetto all'industria alimentare, anche con la conseguente
eliminazione dell'obbligo del "libretto di idoneita' sanitaria" di
cui all'art 14 della Legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli
artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del Testo Unico delle leggi sanitarie
approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Disciplina
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e
delle bevande). Invece l'art. 45 della legge della Regione Lazio si
limita ad eliminare il "libretto di idoneita' sanitaria" per i
farmacisti e i dipendenti delle farmacie pubbliche e private.
Inoltre, l'art. 2 della legge della Regione Lombardia prevede una
serie di casi nei quali le Aziende Unita' sanitarie locali (AUSL)
della Regione non rilasciano piu' alcuni certificati sanitari.
Quanto alla eliminazione dell'obbligo del "libretto di idoneita'
sanitaria", il ricorrente sostiene che tale previsione sarebbe
incostituzionale perche' posta in violazione di "un principio
fondamentale stabilito dallo Stato per la tutela della salute
pubblica". Cio' in quanto l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962
troverebbe la propria ragion d'essere nell'esigenza di evitare che
operatori non sani entrino a contatto con i prodotti alimentari, con
possibile rischio di contaminazione degli stessi.
Le disposizioni impugnate, inoltre, sarebbero lesive anche della
competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost., concernente la materia "ordine pubblico e sicurezza". A
sostegno di tale argomentazione, nei ricorsi vengono richiamate anche
alcune pronunzie della Corte di Cassazione nelle quali si qualifica
l'art. 14 citato "norma imperativa attinente all'ordine pubblico e
posta a tutela (...) del diritto alla salute, costituzionalmente
garantito alla generalita' dei cittadini".
Quanto all'art. 2 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2003,
si osserva in particolare che quest'ultimo, "escludendo dalle
competenze delle AUSL della Lombardia il rilascio di alcuni
certificati sanitari", violerebbe un principio fondamentale della
materia, risultando in tal modo lesivo dell'art. 117, terzo comma,
Cost.
Cio' perche' le prestazioni in questione costituirebbero, ai sensi
dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge 23 dicembre 1978,
n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), "conseguenza
diretta dell'attivita' di controllo attribuita istituzionalmente alle
AUSL".
3. Le Regioni Toscana, con atto depositato in data 23 luglio 2003,
Emilia-Romagna, con atto depositato il 10 settembre 2003, e Lazio,
con atto depositato il 17 dicembre 2003, si sono costituite,
limitandosi a chiedere la declaratoria di inammissibilita' o di
infondatezza dei rispettivi ricorsi, e riservandosi di esporre le
ragioni a sostegno delle proprie richieste con separata memoria nel
corso del giudizio.
4. La Regione Lombardia si e' costituita in giudizio con atto
depositato il 6 novembre 2003 ed ha ampiamente sviluppato la propria
difesa.
4.1. Anzitutto la Regione chiede che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
Quest'ultimo, infatti, pur apparentemente rivolto all'intera legge,
sarebbe motivato solo in relazione a quanto disposto dagli articoli 2
e 4, comma 4, cio' che ne determinerebbe l'inammissibilita'. In
subordine, la resistente chiede che siano ritenute inammissibili le
censure proposte avverso gli articoli 1, 3 e 4, commi 1, 2 e 3, della
legge impugnata, "in quanto assolutamente prive di motivazione".Nel
merito, la difesa regionale argomenta per l'infondatezza delle
censure statali.
Quanto alla pretesa illegittimita' costituzionale dell'art. 2, la
resistente ritiene privo di fondamento l'argomento dello Stato
secondo il quale l'abolizione, da parte della Regione, dell'obbligo
per le AUSL di rilasciare una serie di certificati contrasterebbe con
il principio fondamentale della materia stabilito dall'art. 14, terzo
comma, lettera q), della Legge n. 833 del 1978. Al riguardo, la
Regione evidenzia, innanzi tutto, come "la ratio sottostante
all'eliminazione del rilascio da parte delle AUSL dei suddetti
certificati (sia) stata quella di sopprimere funzioni del tutto
inefficaci o inutilmente ripetitive". Cosi', ad esempio, sarebbe per
alcuni certificati che la "prassi applicativa" ormai ignorerebbe da
tempo - quali quelli concernenti la vendita dei generi di monopolio o
il baliatico - ovvero per quei certificati - quali quelli di esonero
dalle lezioni di educazione fisica e di ammissione ai soggiorni di
vacanza per minori -attribuiti dall'art. 2, comma 4, della legge
regionale n. 12 del 2003 al medico di medicina generale o al pediatra
di libera scelta. Ancora, tale ratio sarebbe riscontrabile anche
nella abolizione per le AUSL dell'obbligo di rilasciare i certificati
di idoneita' al lavoro, in quanto questi ultimi sarebbero stati
attribuiti "al medico competente di cui al decreto legislativo n. 626
del 1994".
Quanto alla sostituzione del certificato attestante l'avvenuta
esecuzione di vaccinazioni obbligatorie, la resistente afferma che
non si sarebbe fatto altro che dare applicazione all'art. 47, comma
1, del DPR 28 dicembre 2000, n. 444 (Disposizioni regolamentari in
materia di documentazione amministrativa - Testo C), ai sensi del
quale "l'atto di notorieta' concernente stati, qualita' personali o
fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato e' sostituito
da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con l'osservanza
delle modalita' di cui all'art. 38". Rilevante, infine, sarebbe anche
l'allegato 2A al d.P.C.m. 29 novembre 2001, recante "Definizione dei
livelli essenziali di assistenza", che ha qualificato "prestazioni
totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza", tra le
altre, "le certificazioni mediche non rispondenti a fini della tutela
della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di
legge".
Secondo la difesa della Regione sarebbe determinante la
considerazione del fatto che non potrebbe essere considerata
principio fondamentale una mera norma di tipo organizzativo come
l'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge n. 833 del 1978,
invocato dall'Avvocatura dello Stato quale parametro interposto
dell'impugnata normativa regionale. Inoltre, tale norma dovrebbe
ritenersi senz'altro superata dalla legislazione statale successiva:
infatti, sarebbe rilevante l'art. 2, comma 2, del DLgs 30 dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421), il quale ha
attribuito alle Regioni "la determinazione dei principi
sull'organizzazione dei servizi e sull'attivita' destinata alla
tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Unita'
sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere". Il successivo comma
2-sexies, peraltro, individuerebbe le funzioni spettanti alle AUSL
indicando "l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di
lavoro, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera", e cio'
senza ricomprendere o richiamare espressamente funzioni
certificatorie. Da tali disposizioni si dovrebbe desumere, secondo la
Regione, che tra i compiti affidati alle AUSL non sarebbero
obbligatoriamente ricompresi "quelli di certificazione di cui
all'(...) art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge n. 833 del
1978". Cio', peraltro - puntualizza ancora la difesa regionale - non
significherebbe che le AUSL non avrebbero funzioni di tipo
certificatorio, ma che - "anche in ragione dell'ampliamento delle
competenze legislative regionali in materia di tutela della salute
per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione" -
spetterebbe alle Regioni la disciplina di queste ultime.
4.2. Secondo la resistente anche le censure concernenti l'art. 4,
comma 4 della legge impugnata sarebbero da ritenere infondate. In
particolare, non sarebbe da condividere l'argomento del ricorso
statale secondo cui la citata disposizione regionale avrebbe invaso
la competenza statale in materia di "ordine pubblico e sicurezza";
premesso che "di fatto tali certificati vengono rilasciati a tutti i
richiedenti che ottemperano a tale obbligo come un adempimento
burocratico", nonche' il rilievo secondo il quale l'Organizzazione
Mondiale della Sanita' avrebbe giudicato tali adempimenti addirittura
"inutili e dannosi", la Regione Lombardia esclude che "l'oggetto
della disciplina contenuta nella norma impugnata (...) possa essere
ricondotto alla competenza statale in materia di "ordine pubblico e
sicurezza"", citando, a sostegno della propria affermazione, quanto
in proposito affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.
407 del 2002.
Neppure potrebbe ritenersi violato il principio fondamentale di cui
all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962, il quale avrebbe lo scopo
"di evitare che operatori non sani o portatori di malattie vengano a
contatto con prodotti alimentari esponendo l'utenza al pericolo di
eventuali contagi". Cio' per diverse ragioni. In primo luogo, in
quanto il ricorso dello Stato errerebbe nell'individuare il principio
fondamentale in questione direttamente nella lettera delle
disposizioni statali considerate, senza compiere l'operazione di
"astrazione" che la giurisprudenza costituzionale avrebbe indicato
come "necessaria". Inoltre, l'operazione interpretativa compiuta dal
ricorrente sarebbe contestabile in quanto avrebbe preso in
considerazione non l'intero quadro normativo, ma solo alcune delle
disposizioni che intervengono a comporre quest'ultimo; in
particolare, sarebbe stata omessa la considerazione della direttiva
93/43/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, sull'igiene dei prodotti
alimentari, della direttiva 96/3/CE della Commissione del 26 gennaio
1996, recante deroga a talune norme della direttiva 93/43/CEE del
Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari, con riguardo al
trasporto marittimo di oli e di grassi liquidi sfusi, nonche' del
d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43 CEE e
96/3 CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari), atti normativi
che non prevedono l'adozione del libretto sanitario.
In sintesi, secondo la difesa della Regione Lombardia, "nella
competenza concorrente in materia di "tutela della salute" ed
"alimentazione"" - nelle quali ricadrebbe la disciplina de qua -
"deve (...) essere necessariamente inclusa la possibilita' (per le
Regioni) di scegliere gli strumenti piu' idonei al perseguimento
della salute dei cittadini (e quindi, ad esempio, di ritenere
preferibile, rispetto all'obbligo del libretto sanitario, l'obbligo
per gli operatori addetti alla produzione, preparazione,
somministrazione e distribuzione degli alimenti di ricevere adeguata
preparazione igienico sanitaria)".
La resistente, alla luce delle considerazioni piu' sopra richiamate,
ritiene di poter affermare che il principio desumibile dalla
legislazione statale nella materia de qua non sarebbe quello
individuato nel ricorso, bensi' quello della "previsione da parte
delle Regioni di strumenti/misure adeguati/idonei ad assicurare
l'igiene, la sicurezza e la salubrita' dei prodotti alimentari al
fine di preservare la salute dei cittadini". Tale principio sarebbe
stato rispettato dalla Regione Lombardia, la quale, pur eliminando il
libretto sanitario, avrebbe in sostituzione previsto le misure
contemplate dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 4 della legge regionale n.
12 del 2003.
5. In prossimita' dell'udienza, tutte le Regioni hanno depositato
ampie memorie con le quali chiedono che le questioni sollevate siano
dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.
5.1. Sul piano della inammissibilita', in particolare, la Regione
Toscana rileva che il ricorso che la riguarda e' stato notificato il
7 luglio 2003 e depositato il successivo 19 luglio, in violazione
dell'art. 31, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
La Regione Lombardia ribadisce l'inesistenza di qualunque motivazione
in ordine alla richiesta di dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'intera legge, ed in particolare delle
disposizioni contenute negli articoli 1, 3 e 4, commi 1, 2 e 3, della
legge. Inoltre, la relazione del Ministro per gli affari regionali
allegata alla delibera del Governo conterrebbe ragioni di possibile
illegittimita' costituzionale solo con riferimento agli articoli 2 e
4, comma 4.La Regione Lazio, a sua volta, evidenzia alcuni presunti
profili di inammissibilita'.
Innanzitutto l'Avvocatura avrebbe dedotto contemporaneamente
l'esistenza di due vizi tra loro contraddittori e tali da escludersi
a vicenda, sostenendo che la legge regionale violerebbe la competenza
esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico, e al tempo
stesso la competenza concorrente, in quanto la legge regionale
sarebbe stata adottata in contrasto con un principio fondamentale
della materia.
Altro profilo di inammissibilita' del ricorso andrebbe ravvisato nel
fatto che il potere di impugnativa delle leggi regionali previsto
dall'art. 127 Cost. sarebbe esercitabile solo per far valere ragioni
di incompetenza e non anche per qualunque vizio di
incostituzionalita'. Lo Stato, in altri termini, potrebbe censurare
le leggi regionali solo nel caso in cui stabiliscano principi
fondamentali (determinando cosi' l'usurpazione di materie ed ambiti
attribuiti alla competenza statale) e non anche ove la disciplina in
esse contenuta si ponga, nel merito, in contrasto con i principi
fondamentali della materia. Tale interpretazione sarebbe confermata
anche dalla Legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla Legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che, all'art. 9, abilita il
Governo ad impugnare le leggi regionali solo nel caso in cui eccedano
la competenza della Regione.
Ultimo profilo di inammissibilita' sarebbe costituito dalla mancata
indicazione delle ragioni per cui l'obbligo di possesso del libretto
sanitario costituirebbe un principio fondamentale e per quale motivo
esso dovrebbe trovare applicazione anche in un settore "affatto
diverso e peculiare", quale quello farmaceutico.
5.2. Nel merito, le quattro Regioni concordano pienamente nel negare
la presunta violazione della competenza legislativa esclusiva dello
Stato in materia di "ordine pubblico e sicurezza", anche sulla base
della piu' recente giurisprudenza di questa Corte, che ha
esplicitamente confermato la delimitazione della materia alle misure
inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine
pubblico (sentenze n. 6 del 2004 e n. 407 del 2002). Al riguardo, la
Regione Lazio aggiunge che la nozione di ordine pubblico cui si
riferisce la norma costituzionale non sarebbe quella generica a cui
sembra richiamarsi l'Avvocatura dello Stato, bensi' quella piu'
circoscritta che emerge dallo stesso dettato costituzionale relativo
alle attribuzioni miranti "alla difesa e sicurezza interne dei
cittadini rispetto in primo luogo alla criminalita'". L'art 14 della
Legge n. 283 del 1962, invece, intenderebbe tutelare il diritto alla
salute di cui all'art. 32 Cost., e tale conclusione sarebbe
avvalorata dall'art. 1 della citata legge, che appunto assoggetta a
vigilanza la produzione e il commercio delle sostanze alimentari "per
tutela della pubblica salute".
5.3. Quanto alla eliminazione dell'obbligo di dotarsi del "libretto
sanitario", le Regioni Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna
sostengono, con analoghe ed ampie argomentazioni, che non esisterebbe
il principio fondamentale della materia invocato dall'Avvocatura
dello Stato nei ricorsi. Ammesso che l'art. 14 della Legge n. 283 del
1962 costituisse un principio fondamentale nella materia all'epoca
della sua emanazione, oggi, nel mutato contesto della legislazione,
delle modalita' di produzione e distribuzione degli alimenti, degli
studi e delle concezioni igienico-sanitarie, non lo sarebbe piu'.
Esso, anzi, costituirebbe un residuo normativo privo di
giustificazione, in quanto ormai inidoneo a tutelare la salute. A
sostegno di tale affermazione, le Regioni richiamano in particolare
le conclusioni a cui sarebbe pervenuta l'Organizzazione Mondiale
della Sanita' gia' nel 1989: nella relazione finale elaborata
all'esito di apposita indagine, essa avrebbe dichiarato che gli esami
medici di routine per gli alimentaristi sono inefficaci e percio'
inutili; che tali accertamenti non sono consigliabili sulla base del
rapporto costo/efficacia e non sono affidabili per prevenire le
malattie di origine alimentare. Nel medesimo documento sarebbe
rinvenibile una raccomandazione ai Governi a non utilizzare piu'
questo tipo di intervento. Ad analoghe conclusioni -riferiscono
ancora le difese regionali - sarebbero giunti diversi altri organismi
scientifici e professionali; lo stesso Istituto Superiore di Sanita'
avrebbe appoggiato le richieste di eliminazione del libretto
sanitario, sottolineando la sua inadeguatezza rispetto allo scopo
perseguito ed affermando la maggiore efficacia a tal fine della
formazione personale degli addetti alla manipolazione degli alimenti.
Sulla base di tali considerazioni, numerose Regioni avrebbero gia' in
precedenza adottato delibere con cui sospendono in via provvisoria le
procedure per il rinnovo dei libretti sanitari.
Le Regioni resistenti sottolineano, inoltre, il mutamento dello
stesso quadro normativo nazionale ed il totale superamento del
sistema precedente. Le nuove concezioni in materia di sicurezza
alimentare, contenute nelle direttive 93/43 CEE e 96/3 CE e recepite
in Italia con il DLgs n. 155 del 1997, avrebbero prodotto una
disciplina completa, basata sui principi del controllo ed
autocontrollo preventivo di ogni fase del processo alimentare, nella
quale nessun esame di routine e' previsto.
Significativa sarebbe, inoltre, la circostanza che il d.P.C.m. 29
novembre 2001, in tema di determinazione dei livelli essenziali nel
settore assistenziale, non consideri le certificazioni di idoneita'
sanitaria degli alimentaristi fra gli interventi primari, rispondenti
ai fini di tutela collettiva, tra i quali invece sarebbe compresa
l'informazione preventiva degli addetti alla produzione,
manipolazione, trasporto, somministrazione, deposito e vendita delle
sostanze alimentari.
Le norme regionali impugnate, dunque, non farebbero che adeguarsi
alle conoscenze scientifiche consolidate che fondano la prevenzione
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti sulla
sorveglianza epidemiologica, sull'attivita' di formazione-educazione
alla sicurezza alimentare e sul sistema di controlli basato
sull'autocontrollo alla produzione. Infine, la Regione Emilia-Romagna
sostiene che, qualora l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 fosse
ritenuto ancora principio fondamentale della materia, esso sarebbe
costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 32 Cost., in
quanto imporrebbe un trattamento sanitario in assenza di qualunque
evidenza scientifica sulla sua utilita'. Inoltre, esso violerebbe gli
articoli 32 e 97, primo comma, Cost., perche' imporrebbe di impiegare
risorse amministrative in attivita' che non hanno utilita'
scientifica, impedendo di utilizzare le stesse risorse in modi che
meglio assicurino la tutela della salute e il buon andamento
dell'Amministrazione.
5.4. Differenziate le argomentazioni della Regione Lazio, perche'
essenzialmente fondate sull'affermazione che la "materia
farmaceutica"avrebbe una "dignita' normativa del tutto autonoma ed
indipendente" dalla disciplina della materia "alimenti e bevande": la
normativa in materia di servizio farmaceutico costituirebbe un
compendio autonomo e a se' stante, "governato da principi che, pur
mirando in ultima analisi alla tutela della salute del cittadino,
sarebbero frutto di scelte specifiche e sistematiche del legislatore
in ragione della peculiarita' dei beni e dei soggetti coinvolti".
Il sistema introdotto dalla legge n. 283 del 1962 si articolerebbe in
una "fittissima serie di controlli preventivi dettagliatamente
disciplinati", che si svolge su piu' livelli (ministeriale, regionale
e comunale), con l'adozione di misure oggettive e soggettive di varia
natura. Nel contesto di una cosi' analitica disciplina "che investe
praticamente tutti gli aspetti", sarebbe comunque ben difficile
considerare l'obbligo del libretto sanitario come espressione di un
principio fondamentale della materia, ponendosi piuttosto come una
delle molteplici prescrizioni da osservarsi a cura degli operatori
del settore.
Ma soprattutto la Legge n. 283 del 1962 e il relativo regolamento di
attuazione, di cui al DPR 26 marzo 1980, n. 327, avrebbero ad oggetto
solo i cibi e le bevande, cioe' le sostanze destinate
all'alimentazione, mentre il settore farmaceutico costituirebbe
oggetto di numerosissime prescrizioni di dettaglio estranee alla
materia degli alimenti e delle bevande e tali da sostituirsi
integralmente alla disciplina dettata per questi ultimi, anche sotto
il profilo della vigilanza e profilassi sullo stato di salute dei
suoi operatori.In particolare, l'art. 32 del regio decreto 30
settembre 1938, n. 1706 (Approvazione del regolamento per il servizio
farmaceutico), pone a carico del titolare della farmacia l'obbligo di
comunicare all'autorita' di vigilanza lo stato di salute dei propri
dipendenti e di esibire i certificati che comprovino che sono esenti
da malattie contagiose che rendano pericoloso l'esercizio
dell'attivita'. Conseguentemente, l'obbligo di tenuta del libretto
sanitario di cui all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 avrebbe un
ruolo "del tutto sussidiario, recessivo e trascurabile" nel settore
farmaceutico.
5.5. Infine, per cio' che riguarda l'art. 2 della Legge della Regione
Lombardia n. 12 del 2003, la difesa regionale ribadisce la propria
eccezione volta a negare la natura di principio fondamentale
dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della Legge n. 833 del 1978,
in quanto si tratterebbe di mera norma organizzativa volta ad
individuare i compiti delle AUSL. In ogni caso, il presunto principio
fondamentale della "competenza esclusiva delle AUSL in materia di
certificazioni sanitarie e dell'obbligo per le stesse di esercitare
le funzioni certificatorie" dovrebbe considerarsi superato sia in
ragione di quanto previsto dalla legislazione statale di settore in
tema di certificazioni, sia in ragione di quanto previsto dalla
legislazione sanitaria successiva alla legge n. 833 del 1978, sia,
infine, in ragione delle competenze legislative acquisite dalle
Regioni in base alla riforma costituzionale del Titolo V in materia
di "tutela della salute" rispetto a quelle piu' limitate in ordine
all'assistenza sanitaria e ospedaliera di cui al precedente testo
dell'art. 117 Cost.
Considerato in diritto
1. II Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, con
distinti ricorsi: l'art. 1, comma 2, nonche' gli articoli "ad esso
collegati", della legge della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24
(Norme in materia di igiene del personale addetto all'industria
alimentare); gli articoli 7 ed 8 della legge della Regione
Emilia-Romagna 24 giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione
delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del
libretto di idoneita' sanitaria); gli articoli 2 e 4 della Legge
della Regione Lombardia 4 agosto 2003, n. 12 (Norme relative a
certificazioni in materia di igiene e sanita' pubblica); l'art. 45
della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per
l'anno finanziario 2003).
I ricorsi governativi censurano, per contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, le
disposizioni delle leggi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e
Lombardia, che eliminano in generale l'obbligo del "libretto di
idoneita' sanitaria" di cui all'art. 14 della Legge 30 aprile 1962,
n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del Testo Unico
delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n.
1265. Disciplina igienica della produzione e della vendita delle
sostanze alimentari e delle bevande), nonche' l'analoga eliminazione,
ad opera della legge della Regione Lazio, del "libretto di idoneita'
sanitaria" per i soli farmacisti e dipendenti delle farmacie
pubbliche e private.
L'Avvocatura dello Stato sostiene, infatti, che cosi' sarebbe stato
violato "un principio fondamentale stabilito dallo Stato per la
tutela della salute", trattandosi di una "misura di profilassi
igienico-sanitaria a carattere generale". Al tempo stesso, anche
sulla base di alcune sentenze della Corte di Cassazione relative alla
natura dell'obbligo scaturente dall'art 14 della Legge n. 283 del
1962, i legislatori regionali avrebbero invaso attribuzioni in
materia di "ordine pubblico e sicurezza, riservate allo Stato ai
sensi del secondo comma, lettera h), del suddetto art. 117 Cost.".
II ricorso governativo contro la legge della Regione Lombardia n. 12
del 2003 impugna inoltre, per contrasto con l'art. 117, terzo comma,
Cost., l'art. 2 della legge in questione, che prevede che le AUSL
della Regione non rilascino piu' alcuni certificati salutari, perche'
questa disposizione violerebbe un principio fondamentale della
materia che imporrebbe tali certificazioni; esse, infatti,
costituirebbero, ai sensi dell'art. 14, terzo comma, lettera q),
della Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio
Sanitario nazionale), "conseguenza diretta dell'attivita' di
controllo attribuita istituzionalmente alle AUSL" e, in quanto tali,
non potrebbero essere escluse dall'ambito delle competenze attribuite
alle stesse.
2. Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei quattro
ricorsi presentano ampi profili di analogia, onde i relativi giudizi
possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3. In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile la
questione sollevata contro la legge della Regione Toscana n. 24 del
2003, in quanto il ricorso e' stato notificato il 7 luglio 2003 e
depositato il successivo 19 luglio 2003, cioe' oltre il termine
prescritto dall'art. 31, comma 4, della Legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
Costituzionale), stabilito a pena di decadenza, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (cfr., fra le molte, la sentenza n.
303 del 2003, nonche' le ordinanze n. 42 del 2004, n. 99 del 2000 e
n. 126 del 1997).
Sempre in via preliminare, va respinta l'eccezione di
inammissibilita' del ricorso governativo sollevata dalla Regione
Lombardia, potendo agevolmente ritenersi - anche in base alla
delibera del Consiglio dei ministri - che l'atto introduttivo del
giudizio sia rivolto esclusivamente e con adeguata motivazione nei
confronti degli articoli 2 e 4, comma 4.
Conseguentemente risulta assorbita l'eccezione di inammissibilita'
parziale proposta in via subordinata.
Vanno altresi' respinte le eccezioni di inammissibilita' del ricorso
sollevate dalla Regione Lazio descritte nell'esposizione del fatto.
Innanzitutto, diversamente da quanto sostiene la difesa regionale, e'
ben possibile contestare la legittimita' costituzionale di una norma
di legge regionale contemporaneamente alla luce del secondo e del
terzo comma dell'art 117 Cost., sia che si faccia valere un rapporto
gradato tra i due presunti vizi, sia anche che si sostenga (come nel
caso oggetto del presente giudizio) la contemporanea incidenza su
piu' profili di una singola disposizione legislativa.
Del pari infondata e' la tesi che il potere di impugnativa delle
leggi regionali previsto dall'art. 127 Cost. sarebbe esercitabile
solo per far valere ragioni di incompetenza e non anche qualunque
vizio di incostituzionalita': questa Corte, nella sentenza n. 274 del
2003, ha gia' espressamente chiarito "che lo Stato puo' impugnare in
via principale una legge regionale deducendo la violazione di
qualsiasi parametro costituzionale". Comunque nel caso di specie
viene dedotto un asserito vizio di incompetenza, dal momento che si
assume che la legge regionale abbia disciplinato un ambito riservato
alla competenza statale.
Ugualmente erronea e' la tesi, prospettata dalla Regione resistente,
secondo la quale la violazione dei principi fondamentali stabiliti
dalla legge dello Stato possa essere invocata solo nel caso in cui la
legge regionale abbia inteso porre essa stessa principi fondamentali
della materia.
Del pari, non ha fondamento la tesi che il ricorso non indicherebbe
ne' le ragioni per cui l'obbligo di possesso del libretto sanitario
costituirebbe un principio fondamentale ne' per quale motivo esso
dovrebbe trovare applicazione anche in un settore quale quello
farmaceutico: il ricorso dell'Avvocatura, seppur in estrema sintesi,
si riferisce all'art. 14 della Legge n. 283 del 1962 come ad una
disposizione di principio nel settore della tutela della salute e
ricorda che questo articolo "prevede l'obbligo per tutti gli
operatori che comunque maneggiano alimenti, di essere muniti di tale
libretto", comprendendovi quindi anche coloro che lavorano presso le
farmacie, che appunto vendono anche (ed a volte producono) sostanze
alimentari.
4. Le questioni relative alla abolizione del libretto di idoneita'
sanitaria non sono fondate.
4.1. In primo luogo, la censura riferita alla competenza esclusiva
del legislatore statale in tema di "ordine pubblico e sicurezza", di
cui alla lettera h) del secondo comma dell'art. 117 Cost. e'
infondata, dal momento che, nel vigore del nuovo art. 117 Cost., fin
dalla sentenza n. 407 del 2002 questa Corte ha riferito tale materia
al solo "settore riservato allo Stato relativo alle misure inerenti
alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico"
(analogamente si veda la sentenza n. 6 del 2004); ne' appare
rilevante l'utilizzazione in alcune pronunce della Corte di
Cassazione dell'espressione "ordine pubblico" in riferimento alla
vigente legislazione sul libretto sanitario, poiche' radicalmente
diverso e' il significato di questa espressione nell'art. 117 Cost. e
nei codici.
4.2. L'affermazione che l'art. 14 della Legge n. 283 del 1962
esprimerebbe tuttora un principio fondamentale della materia
sanitaria, in quanto tale immodificabile dal legislatore regionale,
non appare fondata ove si consideri la avvenuta profonda
trasformazione della legislazione a tutela della disciplina igienica
degli alimenti, anche sulla spinta in tal senso degli organismi
scientifici e medici, sulla base dei molti mutamenti conseguenti alle
mutate condizioni igieniche e sanitarie dei processi di produzione e
commercializzazione dei prodotti alimentari.
L'art. 14, commi primo e secondo della Legge n. 283 del 1962 aggiunge
alla assai articolata e pervasiva disciplina contenuta nella medesima
legge, riferita a tutte le fasi della produzione e del commercio
"delle sostanze destinate alla alimentazione", la previsione di
obblighi di comportamento dei lavoratori e degli imprenditori che
operano nei settori della "preparazione, produzione, manipolazione e
vendita di sostanze alimentari", prescrivendo che chiunque lavori in
questi vasti settori debba essere "munito di apposito libretto di
idoneita' sanitaria" e sia "tenuto a sottoporsi a periodiche visite
mediche di controllo e a eventuali misure profilattiche"; ne' gli
imprenditori possono assumere personale privo del libretto sanitario.
Tutte queste prescrizioni sono assistite da sanzioni amministrative
(resta invece estraneo al presente giudizio il quarto comma dell'art.
14 della legge, che estende queste sanzioni a chi "pur a conoscenza
di essere affetto da manifestazioni di malattia infettiva diffusiva,
continui ad attendere alla preparazione, produzione, manipolazione o
vendita di sostanze alimentari").
Ulteriori specificazioni sul libretto di idoneita' sanitaria sono
contenute nel Titolo III del DPR 26 marzo 1980, n. 327 (Regolamento
di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive
modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e
della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), che
disciplina analiticamente la materia, anche con prescrizioni relative
ai comportamenti da tenere in caso di malattia del personale e
relative all'igiene personale e all'abbigliamento.
Rispetto all'efficacia della prescrizione relativa alla tenuta del
libretto sanitario a tutela dell'igiene degli alimenti si e'
successivamente sviluppato un ampio confronto critico anche a livello
scientifico internazionale ed in particolare e' stata proposta
l'adozione di un nuovo modello di tutela dell'igiene degli alimenti,
denominato "Sistema dei punti di controllo critici per l'analisi dei
rischi (HACCP)", caratterizzato da un coinvolgimento attivo degli
imprenditori e dei lavoratori interessati nella individuazione dei
punti critici e nel loro controllo (anche sulla base di una idonea
formazione), pur sempre sotto la vigilanza pubblica.
Queste ed altre sollecitazioni di ordine scientifico sono
evidentemente alla base della adozione di due apposite direttive
della Comunita' Europea, recepite dal legislatore nazionale tramite
il d.lgs. 26 maggio 1997, n. 155 (Attuazione delle direttive 93/43
CEE e 96/3 CE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari): tale
disciplina, infatti, tutela l'igiene dei prodotti alimentari in
"tutte le fasi successive alla produzione primaria" (si enumerano "la
preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il
confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la
manipolazione, la vendita o la fornitura, compresa la
somministrazione, al consumatore") mediante l'esplicita adozione del
"sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici
HACCP" (cfr. art. 3). In questa completa riforma del settore non si
fa parola della necessita' di documentare i controlli periodici sul
personale addetto alle diverse fasi a cui si riferisce la normazione,
mentre il Capitolo VIII dell'Allegato al citato decreto legislativo
contiene alcune disposizioni in tema di igiene personale e di
malattia, o sospetta malattia, di coloro che operano nel settore, ed
il Capitolo X prescrive che gli addetti alle varie fasi di possibile
contatto con gli alimenti siano controllati e formati dai
responsabili delle imprese interessate ai prodotti alimentari.
Parallelamente, la Comunita' Europea ha determinato nuovi sistemi
pubblici di controllo sui prodotti alimentari mediante altre
direttive, anch'esse recepite dal legislatore statale, mediante il
DLgs 3 marzo 1993, n. 123 (Attuazione della direttiva 89/397 CEE
relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari) ed il DLgs
26 maggio 1997, n. 156 (Attuazione della direttiva 93/99 CEE
concernente misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei
prodotti alimentari); in questo ambito si disciplinano vasti poteri
di controllo e di ispezione, relativi anche al "comportamento
igienico del personale che, direttamente o indirettamente, per
esercitare le proprie mansioni, entra in contatto con le sostanze ed
i prodotti" (art. 2, comma 5, del DLgs n. 123 del 1993).
Questa complessa evoluzione normativa, anche se non ha prodotto
l'abrogazione dell'art. 14 della Legge n. 283 del 1962, ha
sostanzialmente affiancato al preesistente sistema sulla disciplina
igienica relativa alle sostanze alimentari un diverso sistema, di
matrice europea, di garanzia sostanziale (e di controllo) sulle
modalita' di tutela dell'igiene dei prodotti alimentari.
Dell'impianto normativo del 1962 resta certamente un sistema
sanzionatorio (ormai prevalentemente di natura amministrativa) per
tutta una serie di specifici comportamenti valutati come dannosi; non
e' tuttavia possibile considerare tutte le prescrizioni sostanziali
ivi contenute, ormai contraddette dalla piu' recente legislazione,
principi fondamentali della materia: esse, infatti, devono essere
ritenute nulla piu' che semplici modalita' nelle quali puo' essere
concretizzato l'autentico principio ispiratore della normativa in
esame, ossia il precetto secondo il quale la tutela igienica degli
alimenti deve essere assicurata anche tramite la garanzia di alcuni
necessari requisiti igienico-sanitari delle persone che operano nel
settore, controllabili dagli imprenditori e dai pubblici poteri.
D'altra parte, questa Corte in varie occasioni ha gia' affermato che,
qualora nelle materie di legislazione concorrente i principi
fondamentali debbano essere ricavati dalle disposizioni legislative
statali esistenti, tali principi non devono corrispondere senz'altro
alla lettera di queste ultime, dovendo viceversa esserne dedotta la
loro sostanziale consistenza (si vedano le sentenze n. 65 del 2001,
n. 482 del 1995, n. 192 del 1987): e cio' tanto piu' in presenza di
una legislazione in accentuata evoluzione.
4.3. La Legge della Regione Emilia-Romagna n. 11 del 2003 e la Legge
della Regione Lombardia n. 12 del 2003 sopprimono l'obbligo del
libretto di idoneita' sanitaria dopo essersi espressamente
ricollegate al DLgs n. 155 del 1997 ed aver disciplinato, in coerenza
ad esso, alcune iniziative di specifica formazione per il personale
operante nei settori dei prodotti alimentari. In tal modo queste
Regioni, nell'ambito della loro discrezionalita' legislativa,
eliminano semplicemente una discussa forma di documentazione
episodica dello stato di salute degli operatori del settore
alimentare, ma esplicitamente confermano l'esigenza di continui ed
efficaci interventi preventivi, nonche' di controllo e di ispezione
sullo stato di salute e sui comportamenti igienici di coloro che
operano nel settore alimentare.
L'art. 45 della Legge della Regione Lazio n. 29 del 2003 si limita,
invece, ad escludere dall'obbligo del possesso del libretto di
idoneita' sanitaria "i farmacisti e i dipendenti delle farmacie
pubbliche e private", sulla base della presunta inapplicabilita' al
settore farmaceutico della legislazione generale in tema di tutela
dell'igiene delle sostanze alimentari.
Malgrado, invece, non possa dubitarsi che sia possibile la vendita ed
addirittura la preparazione o la trasformazione da parte delle
farmacie di alcuni prodotti alimentari (cio' specialmente dopo il
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante "Riforma della
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell articolo
4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59", che permette la
vendita in farmacia anche di alimenti di consumo correnti, che si
vanno ad aggiungere agli alimenti destinati ad un'alimentazione
particolare di cui al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375,
recante "Norme di esecuzione della Legge 11 giugno 1971, n. 426,
sulla disciplina del commercio") e che quindi non possano essere
escluse le normative a tutela dei prodotti alimentari, tuttavia anche
a questo particolare settore sono ormai riferite le direttive europee
"concernenti l'igiene dei prodotti alimentari" recepite con i decreti
legislativi n. 155 e n. 156 del 1997, con la possibilita' quindi che
la legge regionale possa escludere la necessita' del libretto
sanitario nelle farmacie che trattano prodotti alimentari.
5. Anche le censure relative all'art. 2 della Legge della Regione
Lombardia n. 12 del 2003 non sono fondate.
Non puo' condividersi, infatti, la tesi sostenuta dall'Avvocatura
secondo la quale, in forza dell'art. 14, terzo comma, lettera q),
della Legge n. 833 del 1978, spetterebbe solo alle AUSL il rilascio
di certificazioni sanitarie ed i relativi accertamenti attribuiti al
Servizio Sanitario nazionale, dal momento che non poche leggi statali
successive (anche prima della stessa riforma del Titolo V della
Costituzione) da una parte hanno attribuito funzioni certificatorie a
soggetti diversi e, dall'altra, hanno esplicitamente riconosciuto ai
legislatori regionali poteri di riorganizzazione delle strutture
sanitarie locali (particolarmente rilevante, in proposito, risulta
l'art. 2, comma 2, del DLgs 30 dicembre 1992, n. 502, recante
"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421").
Tutto cio' trova conferma nella stessa previsione dell'art. 2 della
legge regionale n. 12 del 2003.
Il primo comma esclude che possano essere richieste o rilasciate
dalle AUSL cinque diverse certificazioni, di cui una (relativa al
certificato di idoneita' fisica per l'assunzione di minori)
esplicitamente ridisciplinata dall'art. 8 della Legge 17 ottobre
1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti) e
quattro (rispettivamente relative alla sana e robusta costituzione,
all'idoneita' fisica per l'assunzione nel pubblico impiego,
all'idoneita' fisica per l'assunzione di insegnanti, all'idoneita'
psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di
formazione professionali) puntualmente ridisciplinate dagli articoli
2, comma 1, lettera a), 16, comma 2, e 17, comma 1, del DLgs 19
settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/39 CEE, 89/654
CEE, 89/655 CEE, 89/656 CEE, 90/269 CEE, 90/270 CEE, 90/394 CEE e
90/679 CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro).
Il secondo comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003, a
sua volta, esclude due altri certificati del tutto analoghi al
libretto di idoneita' sanitaria (come visto in precedenza, in
generale eliminato dall'art. 4 della medesima legge), la cui attuale
base legislativa appare per di piu' dubbia. Il libretto di idoneita'
sanitaria per i parrucchieri non e' esplicitamente richiesto dalla
Legge 14 febbraio 1963, n. 161 (Disciplina dell'attivita' di
barbiere, parrucchiere ed affini) ed e' stato spesso esteso al
settore ad opera di regolamenti comunali. Per il "certificato per
vendita dei generi di monopolio" l'art. 6 della Legge 22 dicembre
1957, n. 1293 (Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita
dei generi di monopolio) prevede semplicemente che il gestore dei
magazzini di vendita debba essere "immune da malattie infettive e
contagiose".
Il terzo comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003,
invece, affida all'autocertificazione, "ai sensi dell'art. 47 del DPR
28 dicembre 2000, n. 444 (Disposizioni regolamentari in materia di
documentazione amministrativa-Testo C)", l'attestazione dell'avvenuta
esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie che siano richieste: cio'
che e' gia' attualmente possibile per la legislazione nazionale,
poiche' la generica previsione della certificazione per le
vaccinazioni necessarie per l'ammissione alla scuola dell'obbligo
(art. 117 del DLgs 16 aprile 1994, n. 297, recante "Approvazione del
testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado") e' stata
successivamente integrata dal nuovo art. 47 del regolamento relativo
ai servizi di medicina scolastica (DPR 26 gennaio 1999, n. 355:
"Regolamento recante modificazioni al DPR 22 dicembre 1967, n. 1518,
in materia di certificazioni relative alle vaccinazioni
obbligatorie"), che ha previsto espressamente la possibile
sostituzione del certificato con l'autocertificazione
dell'interessato. D'altra parte, risulta dirimente la considerazione
secondo cui la limitazione all'utilizzabilita' delle dichiarazioni
sostitutive contenuta nell'art. 49 del DPR n. 444 del 2000 non
vincola il legislatore regionale, in quanto ormai contenuta in un
testo regolamentare (fra le molte, cfr. sentenze n. 17 del 2004, n.
507 del 2000 e n. 420 del 1999).
Il quarto comma dell'art. 2 della legge regionale n. 12 del 2003,
infine, attribuisce al medico di medicina generale o al pediatra di
libera scelta le certificazioni per l'esonero dalle lezioni di
educazione fisica, secondo quanto gia' previsto nel DPR 28 luglio
2000, n. 270 (Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo
nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina
generale) e nel DPR 28 luglio 2000, n. 272 (Regolamento di esecuzione
dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con
i medici specialisti pediatri di libera scelta); analoga soluzione
viene scelta dal legislatore regionale per il certificato sanitario
per l'ammissione ai soggiorni di vacanza per minori, materia finora
disciplinata tramite circolari (da ultimo cfr. circolare 20 aprile
2000, n. 6, del Ministero della Sanita').
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 2, nonche' degli articoli "ad esso collegati",
della legge della Regione Toscana 12 maggio 2003, n. 24 (Norme in
materia di igiene del personale addetto all'industria alimentare),
sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso
iscritto al reg. ricorsi n. 55 del 2003 in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
degli articoli 7 e 8 della legge della Regione Emilia-Romagna 24
giugno 2003, n. 11 (Nuove misure per la prevenzione delle malattie
trasmissibili attraverso gli alimenti. Abolizione del libretto di
idoneita' sanitaria), sollevata, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n.
65 del 2003 indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli articoli 2 e 4 della legge della Regione Lombardia 4 agosto
2003, n. 12 (Norme relative a certificazioni in materia di igiene e
sanita' pubblica), sollevate, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera h), e terzo comma della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei Ministri con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n.
70 del 2003 indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 45 della legge della Regione Lazio 11 settembre 2003, n. 29
(Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per
l'anno finanziario 2003), sollevata, in riferimento all'art. 117,
secondo comma, lettera h), e terzo comma, della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg.
ricorsi n. 85 del 2003 indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 26 maggio 2004.
IL PRESIDENTE IL REDATTORE
Gustavo Zagrebelsky Ugo De Siervo
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2004.