REGIONE EMILIA-ROMAGNA

SENTENZA 29 novembre 2004, n. 379

CORTE COSTITUZIONALE Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 1, lettera f); 13, comma 1, lettera a); 15, comma 1; 17; 19; 24, comma 4; 26, comma 3; 28, comma 2; 45, comma 2; 49, comma 2; 62, comma 3 dello Statuto della Regione Emilia-Romagna, approvato in prima deliberazione l'1 luglio 2004, ed in seconda deliberazione il 14 settembre 2004, e pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 130 del 16 settembre 2004, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 15 ottobre 2004, depositato in Cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 99 del Registro ricorsi 2004

In nome de popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai                 
signori:                                                                        
Valerio Onida, Presidente; Carlo Mezzanotte, Guido Neppi Modona,                
Piero Alberto Capotosti, Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria           
Flick, Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo              
Maddalena, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo,                   
giudici                                                                         
ha pronunciato la seguente                                                      
SENTENZA                                                                        
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 2, comma             
1, lettera f); 13, comma 1, lettera a); 15, comma 1; 17; 19; 24,                
comma 4; 26, comma 3; 28, comma 2; 45, comma 2; 49, comma 2; 62,                
comma 3 dello Statuto della Regione Emilia-Romagna, approvato in                
prima deliberazione l'1 luglio 2004, ed in seconda deliberazione il             
14 settembre 2004, e pubblicato nel Bollettino Ufficiale della                  
Regione n. 130 del 16 settembre 2004, promosso con ricorso del                  
Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 15 ottobre 2004,           
depositato in Cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 99 del             
Registro ricorsi 2004;                                                          
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;                      
udito nell'udienza pubblica del 16 novembre 2004 il Giudice relatore            
Ugo De Siervo;                                                                  
uditi l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del              
Consiglio dei Ministri e gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi               
Manzi per la Regione Emilia-Romagna.                                            
Ritenuto in fatto                                                               
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso             
dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 15              
ottobre 2004, depositato il 21 ottobre 2004 e iscritto al n. 99 nel             
Registro ricorsi del 2004, ha impugnato gli articoli 2, comma 1,                
lettera f); 15, comma 1; 13, comma 1, lettera a); 17; 19; 24, comma             
4; 26, comma 3; 28, comma 2; 45, comma 2; 49, comma 2; 62, comma 3              
della delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, approvata in            
prima deliberazione l'1 luglio 2004, ed in seconda deliberazione il             
14 settembre 2004, per violazione degli articoli 1; 3; 48; 49; 97;              
114; 123; 117 secondo comma, lettere a), f), l), p); 117, terzo                 
comma; 117, quinto comma, anche in relazione all'art. 6, comma 1                
della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento               
dell'ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale 18                  
ottobre 2001, n. 3); 118 primo e secondo comma; 121, secondo comma;             
122, primo comma; 123, 126, 138 della Costituzione.                             
2. Il Governo impugna, innanzi tutto, l'art. 2, comma 1, lettera f),            
e l'art. 15, comma 1, della delibera statutaria. La prima di queste             
disposizioni prevede che la Regione assicuri, "nell'ambito delle                
facolta' che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di             
voto degli immigrati residenti". La seconda, invece, prevede che la             
Regione, "nell'ambito delle facolta' che le sono costituzionalmente             
riconosciute, riconosce e garantisce a tutti coloro che risiedono in            
un comune del territorio regionale i diritti di partecipazione                  
contemplati nel presente Titolo, ivi compreso il diritto di voto nei            
referendum e nelle altre forme di consultazione popolare".                      
Secondo il ricorrente tali disposizioni contrasterebbero, innanzi               
tutto, con l'art. 48 della Costituzione, ai sensi del quale lo status           
di elettore andrebbe riconosciuto solo ed esclusivamente ai                     
cittadini. A questo riguardo l'Avvocatura dello Stato aggiunge che              
solo la legge statale potrebbe validamente riconoscere il diritto di            
voto. In secondo luogo, ad essere violato risulterebbe anche l'art. 1           
Cost., dal momento che tale norma, individuando nel popolo il                   
soggetto detentore della sovranita', farebbe implicito riferimento al           
concetto di cittadinanza, requisito necessario per esercitare quei              
diritti nei quali si sostanzia l'esercizio della sovranita'. Ancora,            
le disposizioni impugnate violerebbero anche l'art, 117, secondo                
comma, lettere f) e p), della Costituzione, che attribuiscono allo              
Stato la competenza esclusiva in relazione alle materie degli organi            
dello Stato e delle relative leggi elettorali, nonche' in materia di            
legislazione elettorale di Comuni, Province e Citta' metropolitane.             
A risultare violato, inoltre, sarebbe anche l'art. 122, primo comma             
della Costituzione, ove si ritenesse che nel "sistema di elezione"              
degli organi rappresentativi regionali sia ricompresa anche la                  
definizione del relativo corpo elettorale. Infine, nel ricorso si               
afferma che la disposizione della delibera statutaria impugnata                 
contrasterebbe con l'art. 121, secondo comma della Costituzione, in             
quanto vincolerebbe il Consiglio regionale a fare proposte di legge             
alle Camere nelle materie diverse da quelle affidate alla competenza            
delle Regioni, mentre l'esercizio di detto potere non potrebbe essere           
in alcun modo vincolato dallo statuto.                                          
3. Viene impugnato anche l'art. 13, comma 1, lettera a), della                  
delibera statutaria, che prevede che la Regione, nell'ambito delle              
materie di propria competenza, provveda direttamente all'esecuzione             
degli accordi internazionali stipulati dallo Stato "rispetto delle              
norme di procedura previste dalla legge". Cio' determinerebbe la                
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera a), della                      
Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in                 
materia di politica estera e rapporti internazionali dello Stato                
stesso, in quanto la disposizione censurata, per l'esercizio della              
prevista facolta', non porrebbe "la condizione che gli accordi siano            
stati previamente ratificati e siano entrati internazionalmente in              
vigore". Inoltre, la generica previsione che la Regione debba                   
uniformarsi alle "norme di procedura previste dalla legge" la                   
renderebbe constatante con l'art. 117, quinto comma, Cost., in quanto           
avrebbe dovuti precisato che questa legge dovesse essere statale.               
4. Sono anche censurati gli articoli 17 e 19 della delibera                     
statutaria.                                                                     
La prima di queste disposizioni prevede la possibilita' di una                  
istruttoria in forma di contraddittorio pubblico, indetta dalla                 
Assemblea legislativa, alla quale possono prendere parte anche                  
"associazioni, comitati e gruppi di cittadini portatori di un                   
interesse a carattere non individuale", per la formazione di atti               
normativi o amministrativi di carattere generale, i quali dovranno              
inoltre essere motivati con riferimento alle risultanze istruttorie.            
Tale previsione, ad avviso del ricorrente, contrasterebbe innanzi               
tutto con l'art. 97 Cost., poiche' comporterebbe aggravi procedurali            
non coerenti con il principio di buon andamento della pubblica                  
Amministrazione. In secondo luogo, l'obbligo di motivazione                     
violerebbe "i principi in tema di attivita' normativa e                         
principalmente quello dell'irrilevanza della motivazione della                  
norma".                                                                         
La seconda delle due disposizioni considerate prevede un "diritto di            
partecipazione" al procedimento legislativo per "tutte le                       
associazioni" che ne facciano richiesta. Cio' determinerebbe, secondo           
l'Avvocatura generale, la violazioni dell'art. 121 della Costituzione           
e contrasterebbe anche con altre disposizioni della medesima delibera           
statutaria, secondo le quali il Consiglio regionale e' organo della             
"rappresentanza democratica" regionale nel quale si sviluppa "il                
libero confronto democratico tra maggioranza e opposizioni", poiche'            
la norma in oggetto produrrebbe una "alterazione" del "sistema di               
democrazia rappresentativa" e del ruolo dei partiti politici che                
operano legittimamente nelle assemblee legislative.                             
5. Viene impugnato anche l'art. 24, comma 4, della delibera                     
statutaria, il quale prevede che "la Regione, nell'ambito delle                 
proprie competenze, disciplina le modalita' di conferimento agli enti           
locali di quanto previsto dall'art. 118 della Costituzione, definendo           
finalita' e durata dell'affidamento": tale disposizione, anzitutto,             
contrasterebbe con l'art. 114 della Costituzione, in quanto                     
menomerebbe l'autonomia degli enti locali. Inoltre, violerebbe l'art.           
118 della Costituzione, in quanto quest'ultimo impedirebbe di                   
"affidare temporaneamente" le funzioni amministrative, in particolar            
modo ad enti - quali i Comuni, le Province e le Citta' metropolitane            
- che di esse sono qualifcati come "titolari".                                  
6. Nel ricorso viene inoltre contestata la legittimita'                         
costituzionale dell'art 26, comma 3 della delibera statutaria, il               
quale dispone che l'Assemblea legislativa individui, "in conformita'            
con la disciplina stabilita dalla legge dello Stato", le funzioni               
della Citta' metropolitana dell'area di Bologna: cio', secondo                  
l'Avvocatura dello Stato, contrasterebbe con quanto previsto                    
dall'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione, "che               
riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la materia              
delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta'                        
metropolitane".                                                                 
7. Anche l'art. 28, comma 2, della delibera statutaria - il quale               
prevede che "l'Assemblea (...) discute e approva il programma di                
governo predisposto dal Presidente della Regione (...)" - e' oggetto            
di impugnazione. La legittimita' costituzionale di tale disposizione            
e' contestata in quanto quest'ultima pur non contenendo alcuna                  
indicazione circa le conseguenze della mancata approvazione del                 
programma, menomerebbe "di per se' la legittimazione ed il ruolo del            
Presidente". Cio' non risulterebbe "coerente con l'elezione diretta             
del Presidente (...), in quanto la prevista approvazione consiliare             
del programma di governo instauri irragionevolmente e                           
contraddittoriamente tra Presidente e Consiglio regionale un rapporto           
diverso rispetto a quello che consegue all'elezione a suffragio                 
universale e diretto del vertice dell'esecutivo (. . . . ), in                  
relazione alla quale non sussiste il tradizionale rapporto fiduciario           
con il Consiglio rappresentativo dell'intero corpo elettorale".                 
Da cio' l'affermata violazione del canone della "armonia con la                 
Costituzione".                                                                  
8. Sarebbe costituzionalmente illegittimo, inoltre, l'art. 45, comma            
2 della delibera statutaria, il quale prevede l'incompatibilita'                
della carica di assessore con quella di consigliere regionale. Tale             
disposizione violerebbe l'art. 122, primo comma della Costituzione,             
che dispone che i casi di incompatibilita' dei componenti della                 
Giunta nonche' dei consiglieri regionali devono essere disciplinati             
dalla legge regionale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti            
con legge della Repubblica.                                                     
9. Viene impugnato anche l'art. 49, comma 2, della delibera                     
statutaria, il quale prevede che la Giunta disciplini l'esecuzione              
dei regolamenti comunitari "nei limiti stabiliti dalla legge                    
regionale". Tale norma, "omettendo di riferirsi al necessario                   
rispetto dell norme di procedura stabilite da legge dello Stato, la             
quale deve disciplinare anche le modalita' di esercizio del potere              
sostitutivo", violerebbe l'art. 117, quinto comma, della                        
Costituzione.                                                                   
10. Da ultimo, secondo il ricorrente, sarebbe costituzionalmente                
illegittimo anche l'art. 63, comma 3, della delibera statutaria, il             
quale prevede una disciplina regionale del rapporto di lavoro del               
personale regionale, in conformita' ai principi costituzionali e                
secondo quanto stabilito dalla legge e dalla contrattazione                     
collettiva. Cio' violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera l)               
della Costituzione, in quanto porrebbe "una disciplina sostanziale              
del rapporto di lavoro e dei suoi aspetti fondamentali: temi, questi,           
da ritenersi affidati alla competenza esclusiva statale in quanto               
rientranti nella materia 'ordinamento civile'".                                 
11. La Regione Emilia-Romagna, costituitasi in giudizio con atto                
depositato il 25 ottobre 2004, nel quale si limita a richiedere che             
la Corte Costituzionale respinga il ricorso in quanto inammissibile e           
comunque infondato, in prossimita' dell'udienza, ha depositato una              
memoria in cui, ribadendo che tutte le censure mosse avverso la                 
propria delibera statutaria sarebbero prive di fondamento, svolge le            
proprie argomentazioni al riguardo.                                             
Le questioni concernenti gli articoli 2 e 15 - che, secondo il                  
ricorso del Governo prevederebbero il riconoscimento del diritto di             
voto agli stranieri - sarebbero infondate, in quanto non terrebbero             
conto della limitazione generale posta dalle stesse norme impugnate             
attraverso l'espressione "nell'ambito delle facolta' che le sono                
costituzionalmente riconosciute".                                               
Quanto in particolare all'art 15 della deliberazione statutaria, la             
difesa regionale osserva che sarebbe gia' possibile e legittima una             
sua parziale attuazione legislativa, poiche' la Regione avrebbe gia'            
la facolta' di disciplinare il referendum consultivo su provvedimenti           
regionali, e con riguardo a questi sarebbero ipotizzabili modalita'             
di voto tali da distinguere il voto dei cittadini elettori da "quello           
delle altre classi di popolazione consultate". Sarebbe inoltre                  
pacifico che lo statuto regionale non conferirebbe ne' consentirebbe            
il conferimento agli immigrati della qualifica di "elettore", ma solo           
di "prendere parte a procedure per le quali, appunto, tale qualifica            
generale non sia costituzionalmente necessaria".                                
Infondate sarebbero le censure concernenti la violazione dell'art.              
117, secondo comma, lettere f) e p), della Costituzione, dal momento            
che le norme statutarie impugnate non si applicherebbero ad alcun               
organo statale, ne' si riferirebbero alle procedure elettorali di               
Comuni, Province e Citta' metropolitane. Inesistente sarebbe inoltre            
l'asserito contrasto con l'art. 122, primo comma della Costituzione,            
poiche' tale censura potrebbe riferirsi solo all'art. 2 dello                   
Statuto, che pero' avrebbe carattere di norma programmatica in quanto           
fisserebbe semplicemente un obiettivo e non autorizzerebbe affatto              
una attuazione illegittima.12. Con riferimento alle censure relative            
all'art. 13, comma 1, lettera a), della delibera statutaria, la                 
difesa regionale osserva come la disposizione, nel fare riferimento             
agli accordi "stipulati", abbia inteso riferirsi a quelli "conclusi             
ed efficaci". Tale significato sarebbe confermato dal richiamo,                 
contenuto nello stesso articolo, alle norme di procedura previste               
dalla legge, nel cui rispetto dovrebbe avvenire l'esecuzione degli              
accordi. Questa legge sarebbe sicuramente quella statale, e non gia'            
quella regionale come sostenuto nel ricorso del Governo, dal momento            
che ove la delibera statutaria avessse voluto riferirsi alla legge              
regionale lo avrebbe detto espressamente.                                       
13. Quanto alle censure aventi ad oggetto gli artt. 17 e 19 della               
delibera statutaria, la Regione sostiene che l'istruttoria pubblica             
per la formazione degli atti normativi o amministrativi di carattere            
generale, nonche' l'obbligo di motivazione costituirebbero non gia'             
violazioni, ma modalita' di attuazione dell'art. 97 Cost, per di piu'           
gia' sperimentati a livello regionale. Istituti del genere sarebbero            
ben noti sia alla tradizione di altri Paesi che al sistema italiano,            
ove e' contemplato l'istituto dell'inchiesta pubblica; ne' sarebbe da           
trascurare quanto gia' previsto da alcune leggi regionali.                      
Anche la previsione del dovere di motivazione, come dovere di tener             
conto degli esiti di istruttoria pubblica, non sarebbe affatto                  
irragionevole; cio' sarebbe confermato anche da analoga previsione              
generalizzata nei trattati europei.                                             
Infondata sarebbe, ancora, l'asserita violazione di alcune                      
disposizioni della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in                  
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai               
documenti amministrativi). L'art. 3 di tale legge, infatti, non                 
vieterebbe la motivazione per gli atti normativi e amministrativi               
generali, ma si limiterebbe a non renderla obbligatoria. L'art. 13,             
d'altra parte, non proibirebbe forme di partecipazione o di                     
programmazione in relazione agli atti normativi e amministrativi                
generali. E cio' a prescindere dal fatto che comunque tale legge non            
sarebbe idonea a fungere da parametro di legittimita' costituzionale            
dello statuto regionale.                                                        
Analoghe considerazioni varrebbero con riferimento alle censure                 
relative all'art. 19 della delibera statutaria, il quale porrebbe               
regole obiettive per assicurare "un confronto con i portatori dei               
diversi interessi sociali".                                                     
14. La censura rivolta contro l'art. 24, comma 4, della delibera                
statutaria, nella parte in cui prevede il conferimento di funzioni              
agli enti locali, predeterminandone la durata, si baserebbe su un               
fraintendimento: infatti non si disporrebbe che la Regione debba                
conferire le funzioni con durata limitata, ma semplicemente si                  
manterrebbe "alla legge regionale la possibilita' di farlo, quando              
l'oggetto e le circostanze lo richiedano", conformemente ai principi            
affermati dall'art. 118 della Costituzione.                                     
15. Quanto all'art. 26, comma 3 della delibera statutaria impugnato             
in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., sarebbe            
"palese" l'inesistenza di alcuna invasione delle competenze statali,            
dal momento che la norma statutaria prevederebbe espressamente che              
tanto la delimitazione dell'area metropolitana di Bologna, quanto la            
individuazione delle funzioni della Citta' metropolitana debbano                
avvenire in conformita' con la disciplina stabilita dalla legge dello           
Stato. Dunque, "la Regione individuera' le funzioni degli enti locali           
per quanto di sua competenza".                                                  
16. Le censure rivolte nei confronti dell'art. 28, comma 2, della               
delibera impugnata, che dispone che l'Assemblea discute e approva il            
programma di governo predisposto dal Presidente della Regione,                  
atterrebbero al merito delle scelte statutarie in relazione alla                
forma di governo e non indicherebbero quale specifica norma                     
costituzionale sarebbe stata violata.                                           
In ogni caso l'art. 28 individuerebbe il punto di equilibrio, nel               
rispetto dell'art. 126 della Costituzione, tra due organi, il                   
Presidente della Giunta e il Consiglio, entrambi di investitura                 
popolare. L'omessa previsione delle conseguenze istituzionali della             
mancata approvazione del programma di governo, sarebbe giustificata             
dal fatto che esse sarebbero del tutto assenti. La difesa regionale             
osserva, inoltre, che disposizioni analoghe sarebbero contenute nel             
testo unico degli enti locali, nonche' in alcuni statuti comunali.              
17. Con riferimento ai motivi di impugnazione dell'art. 45, comma 2,            
che stabilisce l'incompatibilita' della carica di assessore con                 
quella di consigliere regionale, la Regione ne afferma                          
l'infondatezza, dal momento che la disposizione non atterrebbe alla             
materia elettorale, ma alla definizione della forma di governo                  
regionale, specificamente affidata alle determinazioni statutarie.              
Diversa sarebbe la ratio delle incomplatibilita' "esterne" - quale,             
ad esempio, quella tra appartenenza al Consiglio o alla Giunta                  
regionale e appartenenza al Parlamento - che avrebbero la funzione di           
garantire l'effettivita' e l'imparzialita' dello svolgimento della              
funzione, e quella delle incompatibilita' "interne" - quale appunto             
quella prevista dalla norma censurata - le quali atterrebbero al modo           
di conformare i rapporti tra gli organi fondamentali della Regione.             
La scelta su tale conformazione sarebbe riservata alla Regione e lo             
statuto costituirebbe la fonte piu' adatta a compierla.                         
18. L'impugnazione dell'art. 49, comma 2, secondo la Regione                    
Emilia-Romagna, sarebbe il frutto di una errata interpretazione: la             
disposizione, infatti, non riguarderebbe i rapporti tra fonti                   
regionali e le leggi statali, bensi' i rapporti tra legge e                     
regolamento regionale, al fine di dare attuazione ai regolamenti                
comunitari, consentendo alla legge regionale di affidare alla                   
potesta' regolamentare la disciplina attuattiva eventualmente                   
necessaria.                                                                     
19. Infine, infondati sarebbero anche i motivi di impugnazione                  
riferiti all'art. 62, comma 3, dal momento che tale disposizione non            
abiliterebbe la legge regionale ad interferire sul "rapporto di                 
lavoro nei suoi aspetti di rapporto di diritto civile". Lo statuto              
lascerebbe infatti impregiudicato il problema dei limiti entro cui la           
legge regionale possa intervenire a disciplinare il rapporto di                 
lavoro.                                                                         
20. Anche l'Avvocatura dello Stato, in prossimita' dell'udienza ha              
presentato un'ampia memoria, nella quale si limita a ribadire                   
analiticamente i rilievi di costituzionalita' sollevati nel ricorso             
introduttivo.                                                                   
Considerato in diritto                                                          
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso             
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli articoli 2,              
comma 1, lettera f); 15, comma 1; 13, comma 1, lettera a); 17; 19,              
24, comma 4; 26, comma 3; 28, comma 2, 45, comma 2; 49, comma 2; 62,            
comma 3, della delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna,                
approvata in prima deliberazione il giorno 1 luglio 2004, ed in                 
seconda deliberazione il 14 settembre 2004, per violazione degli                
articoli 1; 3; 48; 49; 97; 114; 123; 117, secondo comma, lettere a),            
f), l), p); 117, terzo comma; 117, quinto comma, anche in relazione             
all'art. 6, comma 1, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni            
per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla Legge                  
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 5); 118, primo e secondo comma;              
121, secondo comma; 122, primo comma; 123; 126; 138 della                       
Costituzione.                                                                   
In particolare l'art. 2, comma 1, lettera f), e l'art. 15, comma 1,             
della delibera statuaria, nella parte in cui prevedono,                         
rispettivamente, che la Regione assicuri, "nell'ambito delle facolta'           
che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli           
immigrati residenti", e che la Regione, "nell'ambito delle facolta'             
che le sono costituzionalmente riconosciute, riconosce e garantisce a           
tutti coloro che risiedono in un comune del territorio regionale i              
diritti di partecipazione contemplati nel presente Titolo, ivi                  
compreso il diritto di voto nei referendum e nelle altre forme di               
consultazione popolare" violerebbero: a) l'art. 48 della                        
Costituzione, in quanto lo status di elettore andrebbe riconosciuto             
solo ed esclusivamente ai cittadini; b) l'art 1 della Costituzione              
dal momento che tale norma farebbe implicito riferimento al concetto            
di cittadinanza, requisito necessario per esercitare quei diritti nei           
quali si sostanzia l'esercizio della sovranita'; c) l'art. 117,                 
secondo comma, lettere f) e p) della Costituzione, in quanto                    
contrasterebbero con l'attribuzione al legislatore statale della                
competenza esclusiva in relazione agli organi dello Stato e alle                
relative leggi elettorali, nonche' in materia di legislazione                   
elettorale di Comuni, Province e Citta' metropolitane; d) l'art. 122,           
primo comma, della Costituzione, ove si ritenesse che nel "sistema di           
elezione" degli organi rappresentativi regionali sia ricompresa anche           
la definizione del relativo corpo elettorale; e) l'art. 121, secondo            
comma, della Costituzione, in quanto vincolerebbe il Consiglio                  
regionale nella sua possibilita' di fare proposte di legge alle                 
Camere, mentre l'esercizio di detto potere non potrebbe essere in               
alcun modo vincolato dallo statuto.                                             
L'art. 13, comma 1, lettera a), della delibera statutaria, che                  
prevede che la Regione, nell'ambito delle materie di propria                    
competenza, provvede direttamente all'eseduzione degli accordi                  
internazionali stipulati dallo Stato, nel "rispetto delle norme di              
procedura previste dalla legge", violerebbe l'art. 117, secondo                 
comma, lettera a), della Costituzione, in quanto "per l'esercizio               
della prevista facolta' non pone la condizione che gli accordi siano            
stati previamente ratificati e siane entrati internazionalmente in              
vigore"; contrasterebbe inoltre con l'art. 117, quinto comma della              
Costituzione, in quanto non specificherebbe che la legge contenente             
le norme procedurali alle quali la Regione deve uniformarsi deve                
essere una legge statale.                                                       
L'art. 17 della delibera statutaria, che prevede la possibilita' di             
una istruttoria in forma di contraddittorio pubblico, indetta dalla             
Assemblea legislativa, alla quale possono prendere parte anche                  
"associazioni, comitati e gruppi di cittadini portatori di un                   
interesse a carattere non individuale", per la formazione di atti               
nomativi o amninistrativi di carattere generale, i quali dovranno poi           
essere motivati con riferimento alle risultanze istruttorie,                    
violerebbe l'art. 97 della Costituzione, nella misura in cui                    
comporterebbe aggravi procedurali non coerenti con il principio di              
buon andamento della pubblica Amministrazione.                                  
L'art. 19 della delibera statutaria, che prevede un "diritto di                 
partecipazione" al procedimento legislativo in capo a "tutte le                 
associazioni" che ne facciano richiesta, violerebbe: l'art. 121 della           
Costituzione, e il principio di autonomia del Consiglio regionale ivi           
sancito; il "principio di coerenza" di cui all'art. 3 della                     
Costituzione, in quanto non sarebbe conforme al sistema di democrazia           
rappresentativa realizzato dalle altre disposizioni della medesima              
delibera statutaria; l'art. 1, secondo comma e l'art. 49 Cost., "il             
quale ultimo preusppone che i fattori di politica generale (. . . )             
costituiti dai partiti siano sottesi nel funzionamento delle                    
assemblee legislative".                                                         
L'art. 24, comma 4 della delibera statutaria, il quale prevede che              
"La Regione nell'ambito delle proprie competenze, disciplina le                 
modalita' di conferimento agli Enti locali di quanto previsto                   
dall'art. 118 della Costituzione, definendo finalita' e durata                  
dell'affidamento", violerebbe l'art. 114 della Costituzione, in                 
quanto menomerebbe l'autonomia degli Enti locali e l'art. 118 della             
Costituzione. Quest'ultima disposizione impedirebbe infatti di                  
"affidare temporaneamente" dette funzioni, in particolar modo ad                
enti, quali i Comuni, le Province e le Citta' metropolitane, che di             
esse sono qualificati come "titolari".                                          
L'art. 26, comma 3 della delibera statutaria, il quale dispone che              
l'Assemblea legislativa individua, "in conformita' con la disciplina            
stabilita dalla legge dello Stato", le funzioni della Citta'                    
metropolitana dell'area di Bologna, violerebbe l'art. 117, secondo              
comma, lettera p) della Costituzione, "che riserva alla potesta'                
legislativa esclusiva dello Stato la materia delle funzioni                     
fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane".                       
L'art. 28, comma 2 della delibera statutaria, il quale prevede che              
"l'Assemblea (. . .) discute e approva il programma di governo                  
predisposto dal Presidente della Regione (. . .)", violerebbe il                
canone di "armonia con la Costituzione", in quanto la prevista                  
approvazione consiliare del programma di governo instaurerebbe                  
"irragionevolmente e contraddittoriamente tra Presidente e Consiglio            
regionale un rapporto diverso rispetto a quello che consegue                    
all'elezione a suffragio universale e diretto del vertice                       
dell'esecutivo (. . .), in relazione alla quale non sussiste il                 
tradizionale rapporto fiduciario con il Consiglio rappresentativo               
dell'intero corpo elettorale".L'art. 45, comma 2, della delibera                
statutaria, nella parte in cui stabilisce l'incompatibilita' della              
carica di assessore con quella di consigliere regionale, violerebbe             
l'art. 122, primo comma, della Costituzione, in quanto tale norma               
dispone che i casi di incompatibilita' dei componenti della Giunta              
nonche' dei consiglieri regionali devono essere disciplinati dalla              
legge regionale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con              
legge della Repubblica.                                                         
L'art. 49, comma 2 della delibera statutaria, il quale prevede che la           
Giunta disciplini l'esecuzione dei regolamenti comunitari "nei limiti           
stabiliti dalla legge regionale", violerebbe l'art. 117, quinto                 
comma, della Costituzione, poiche' ometterebbe "di riferirsi al                 
necessari rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello            
Stato".                                                                         
L'art. 62, comma 3 della delibera statutaria, che prevede una                   
disciplina regionale del rapporto di lavoro del personale regionale,            
in conformita' ai principi costituzionali e secondo quanto stabilito            
dalla legge e dalla contrattazione collettiva, violerebbe l'art. 117,           
secondo comma, lettera l), della Costituzione in quanto porrebbe "una           
disciplina sostanziale del rapporto di lavoro e dei suoi aspetti                
fondamentali: temi, questi, da ritenersi affidati alla competenza               
esclusiva statale in quanto rientranti nella materia "ordinamento               
civile"".                                                                       
2. Occorre dichiarare la inammissibilita' delle censure relative                
all'art. 2, comma 1, lettera f), della delibera statutaria impugnata,           
nella parte in cui la Regione si pone l'obiettivo di assicurare                 
"nell'ambito delle facolta' che le sono costituzionalmente                      
riconosciute, il diritto di voto degli immigrati residenti".                    
Va ricordato che negli statuti regionali entrati in vigore nel 1971 -           
ivi compreso quello della Regione Emilia-Romagna - si rinvengono                
assai spesso indicazioni di obiettivi prioritari dell'attivita'                 
regionale ed anche in quel tempo si posero problemi di                          
costituzionalita' di tali indicazioni, sotto il profilo della                   
competenza della fonte statutaria ad incidere su materie anche                  
eccedenti la sfera di attribuzione regionale. Al riguardo, dopo aver            
riconosciuto la possibilita' di distinguere tra un contenuto                    
"necessario" ed un contenuto "eventuale" dello statuto (cfr. Sentenza           
n. 40 del 1972), si e' ritenuto che la formulazione di proposizioni             
statutarie del tipo predetto avesse principalmente la funzione di               
legittimare la Regione come ente esponenziale della collettivita'               
regionale e del complesso dei relativi interessi ed aspettative. Tali           
interessi possono essere adeguatamente perseguiti non soltanto                  
attraverso l'esercizio della competenza legislativa ed                          
amministrativa, ma anche avvalendosi dei vari poteri, conferiti alla            
Regione stessa dalla Costituzione e da leggi statali, di iniziativa,            
di partecipazione, di consultazione, di proposta e cosi' via                    
esercitabili, in via formale ed informale, al fine di ottenere il               
migliore soddisfacimento delle esigenze della collettivita' stessa.             
In questo senso si e' espressa questa Corte, affermando che                     
l'adempimento di una serie di compiti fondamentali "legittima,                  
dunque, una presenza politica della regione, in rapporto allo Stato o           
anche ad altre regioni, riguardo a tutte le questioni di interesse              
della comunita' regionale, anche se queste sorgono in settori                   
estranei alle singole materie indicate nell'articolo 117 Cost. e si             
proiettano al di la' dei confini territoriali della regione medesima"           
(Sentenza n. 829 del 1988).                                                     
Il ruolo delle Regioni di rappresentanza generale degli interessi               
delle rispettive collettivita', riconosciuto dalla giurisprudenza               
costituzionale e la prevalente dottrina, e' dunque rilevante nel                
momento presente, ai fini "dell'esistenza, accanto ai contenuti                 
necessari degli statuti regionali, di altri possibili contenuti, sia            
che risultino ricognitivi delle funzioni e dei compiti della Regione,           
sia che indichino aree di prioritario intervento politico o                     
legislativo" (Sentenza n. 2 del 2004); contenuti che talora si                  
esprimono attraverso proclamazioni di finalita' da perseguire.                  
Ma la citata sentenza ha rilevato come sia opinabile la "misura                 
dell'efficacia giuridica" di tali proclamazioni; tale dubbio va                 
sciolto considerando che alle enunciazioni in esame, anche se                   
materialmente inserite in un atto-fonte, non puo' essere riconosciuta           
alcuna efficacia giuridica, collocandosi esse precipuamente sul piano           
dei convincimenti espressivi delle diverse sensibilita' politiche               
presenti nella comunita' regionale al momento dell'approvazione dello           
statuto.                                                                        
D'altra parte, tali proclamazioni di obiettivi e di impegni non                 
possono certo essere assimilate alle c.d. norme programmatiche della            
Costituzione, alle quali, per il loro valore di principio, sono stati           
generalmente riconosciuti non solo un valore programmatico nei                  
confronti della futura disciplina legislativa, ma soprattutto una               
funzione di integrazione e di interpretazione delle norme vigenti.              
Qui pero' non siamo in presenza di Carte Costituzionali, ma solo di             
fonti regionali "a competenza riservata e specializzata", cioe' di              
statuti di autonomia i quali anche se costituzionalmente garanti,               
debbono comunque "essere in armonia con i precetti ed i principi                
tutti ricavabili dalla Costituzione" (Sentenza n. 196 del 2003).                
Dalle premesse appena formulate sul carattere non prescrittivo e non            
vincolante delle enunciazioni statutarie di questo tipo deriva che              
esse esplicano una funzione, per cosi' dire, di natura culturale o              
anche politica, ma certo non normativa. Nel caso in esame, una                  
enunciazione siffatta si rinviene proprio nell'art. 2, comma 1,                 
lettera f), della delibera statutaria impugnata, nella parte in cui             
la Regione si pone l'obiettivo di assicurare "nell'ambito delle                 
facolta' che le sono costituzionalmente riconosciute, il diritto di             
voto egli immigrati residenti"; tale disposizione non comporta ne'              
alcuna violazione, ne' alcuna rivendicazione di competenze                      
costituzionalmente attribuite allo Stato, ne' fonda esercizio di                
poteri regionali. Va cosi' dichiarata inammissibile, per inidoneita'            
lesiva della disposizione impugnata, la censura avverso la denunciata           
proposizione della deliberazione statutaria.                                    
3. Le censure di illegittimita' costituzionale relative all'art. 13,            
comma 1, lettera a), non sono fondate.                                          
La disposizione impugnata, pur molto sintetica, appare agevolmente              
interpretabile in modo conforme al sistema costituzionale: il                   
riferimento all'attuazione degli accordi internazionali "stiputali"             
dallo Stato e non anche "ratificati" non potrebbe certo legittimare             
un'esecuzione da parte regionale prima della ratifica che fosse                 
necessaria ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione, anche                  
perche' in tal caso l'accordo internazionale e' certamente privo di             
efficacia per l'ordinamento italiano.                                           
D'altra parte, una formula come quella utilizzata appunto nell'art.             
13, comma 1, lettera a), della delibera statutaria puo' riferirsi               
anche all'attuazione di accordi internazionali stipulati in forma               
semplificata e che intervengano in materia regionale, restando                  
ovviamente fermi i poteri statali di cui all'articolo 120, secondo              
comma della Costituzione.                                                       
Al tempo stesso, l'affermato "rispetto delle norme di procedura                 
previste dalla legge", non puo' che essere interpretato, sia in base            
al tenore letterale, sia in base ad una lettura conforme al dettato             
costituzionale, che come riferito alle "norme di procedura stabilite            
dalla legge dello Stato" di cui all'art. 117, quinto comma, della               
Costituzione e cio' prima ancora della considerazione delle                     
argomentazioni formali portate dalla difesa  regionale, secondo la              
quale la menzione di una legge nel testo statutario impugnato si                
riferirebbe alla legge dello Stato.                                             
4. Le censure di illegittimita' costituzionale relative all'art. 15,            
comma 1, non sono fondate.                                                      
A differenza dell'art. 2, comma 1, lettera f), di cui al precedente             
punto 2, l'art. 15, comma 1, si configura come una norma relativa ad            
un ambito di sicura competenza regionale ("diritti di                           
partecipazione"), che la Regione potra' esercitare "nell'ambito delle           
facolta' che le sono costituzionalmente riconosciute".                          
Quest'ultima espressione della disposizione impugnata manifesta con             
chiarezza l'insussistenza di una attuale pretesa della Regione di               
intervenire nella materia delle elezioni statali, regionali e locali,           
riconoscendo il diritto di voto a soggetti estranei a quelli definiti           
dalla legislazione statale, od inserendo soggetti di questo tipo in             
procedure che incidono sulla composizione delle assemblee                       
rappresentative o sui loro atti. Al tempo stesso, invece, resta                 
nell'area delle possibili determinazioni delle Regioni la scelta di             
coinvolgere in altre forme di consultazione o di partecipazione                 
soggetti che comunque prendano parte consapevolmente e con almeno               
relativa stabilita' alla vita associata, anche a prescindere dalla              
titolarita' del diritto di voto e anche dalla cittadinanza italiana.            
Appare significativo, ad esempio, che nella medesima deliberazione              
statutaria sia individuabile un'esplicita disposizione in tal senso             
nell'art. 21, comma 1, lettera a) (non impugnato dal Governo),                  
poiche' si attribuisce il diritto di proposta relativo a referendum             
consultivi anzitutto a "ottantamila residenti nei comuni della nostra           
regione". E cio' analogamente a quanto gia' previsto a livello degli            
Enti locali per cio' che riguarda le "circoscrizioni di decentramento           
comunale" (cfr. art. 17 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.              
267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali).               
Questa materia dovra' comunque trovare regolamentazione in leggi                
regionali, soggette anche al sindacato di questa Corte.                         
5. le censure di illegittimita' costituzionale relative all'art. 17             
sono infondate.                                                                 
La previsione che "nei procedimenti riguardanti la formazione di atti           
normativi o amministrativi di carattere generale, l'adozione del                
provvedimento finale puo' essere preceduta da istruttoria pubblica"             
rappresenta l'inserimento anche a livello statutario di istituti gia'           
sperimentati e funzionanti, anche in alcune delle maggiori democrazie           
contemporanee. Infondati sono quindi i rilievi sollevati nel ricorso            
governativo, che muovono da una pretesa violazione dei canoni di                
buona amministrazione per gli atti di natura amministrativa, o della            
riserva del potere legislativo al Consiglio regionale per gli atti              
legislativi: questi istituti, infatti, non sono certo finalizzati ad            
espropriare dei loro poteri gli organi legislativi, o ad ostacolare o           
a ritardare l'attivita' degli organi della pubblica Amministrazione,            
ma mirano a migliorare ed a rendere piu' trasparenti le procedure di            
raccordo degli organi rappresentativi con i soggetti piu' interessati           
dalle diverse politiche pubbliche. D'altra parte, a riprova della               
preminenza dell'interesse pubblico all'efficace funzionamento delle             
istituzioni legislative ed amministrative, il quarto comma dello                
stesso art. 17 impugnato affida alla legge regionale la                         
regolamentazione delle "modalita' di attuazione dell'istruttoria                
pubblica, stabilendo i termini per la conclusione delle singole fasi            
e dell'intero procedimento".                                                    
Ne',tanto meno, e' condivisibile l'opinione che il giusto                       
riconoscimento per il ruolo fondamentale delle forze politiche che              
animano gli organi rappresentativi possa essere contraddetto dal                
riconoscimento di alcune limitate e trasparenti procedure di                    
consultazione da parte degli organi regionali dei soggetti sociali ed           
economici su alcuni oggetti di cui siano particolarmente esperti.               
Quanto ai rilievi relativi al fatto che in tal caso "il provvedimento           
finale e' motivato con riferimento alle risultanze istruttorie",                
anche valendosi in questa sede prescindere dalla contestabile                   
configurabilita' della legge sul procedimento amministrativo come               
parametro di costituzionalita', basata considerare che l'art. 3,                
comma 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di            
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti                
amministrativi), non impone, ma certo non vieta, la motivazione degli           
atti normativi; ed in ogni caso - come ben noto - la motivazione                
degli atti amministrativi generali, nonche' di quelli legislativi e'            
la regola nell'ordinamento comunitario: sembra pertanto evidente che            
la fonte statutaria di una Regione possa operare proprie scelte in              
questa direzione.                                                               
6. Non sono fondate le censure di illegittimita' costituzionale                 
relative all'art. 19, concernenti le modalita' di consultazione da              
parte degli organi consiliari dei soggetti associativi "le cui                  
finalita' siano improntate a scopi di interesse generale" e che                 
chiedano di partecipare ad alcune fasi preliminari del procedimento             
legislativo e della "definizione degli indirizzi                                
politico-programmatici piu' generali"; al contrario, la normativa               
prevede semplicemente alcune procedure per cercare di garantire (in             
termini piu' sostanziali che nel passato) ad organismi associativi              
rappresentativi di significative frazioni del corpo sociale la                  
possibilita' di essere consultati da parte degli organi consiliari.             
La normativa non appare neppure tale da ostacolare la funzionalita'             
delle istituzioni regionali e la stessa previsione di una futura                
disciplina per la formazione di un albo e di un "protocollo di                  
consultazione" potra' permettere comunque di graduare le innovazioni            
compatibilmente con la piena efficienza delle istituzioni regionali.            
Inoltre, il riconoscimento dell'autonomia degli organi                          
rappresentativi, e del ruolo dei partiti politici non viene affatto             
negato da una disciplina trasparente dei rapporti fra le istituzioni            
rappresentative e frazioni della cosiddetta societa' civile, secondo            
quanto, d'altronde gia' ampiamente sperimentato da alcuni decenni               
sulla base degli statuti regionali vigenti.                                     
7. Le censure di illegittimita' costituzionale relative all'art. 24,            
comma 4 non sono fondate.                                                       
Il conferimento agli Enti locali di funzioni amministrative nelle               
materie di competenza legislativa delle Regioni tramite apposite                
leggi regionali presuppone, con tutta evidenza, non solo una previa             
valutazione da parte del legislatore regionale delle concrete                   
situazioni relative ai diversi settori alla luce dei principi di                
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza in riferimento alle             
caratteristiche proprie del sistema di amministrazione locale                   
esistente nel territorio regionale, ma anche la perdurante ricerca              
del migliore possibile modello di organizzazione del settore. Tutto             
cio' quindi presuppone anche la possibilita' di modificare questa               
legislazione sulla base dei risultati conseguiti (cio' che comunque             
e' implicito nella stessa attribuzione alla legge regionale del                 
potere di conferire queste funzioni), se non pure l'eventuale                   
sperimentazione di diversi modelli possibili.                                   
 Le censure di costituzionalita' sollevate dal ricorso muovono,                 
invece, da una lettura non condivisibile degli articoli 114 e 118               
della Costituzione, dal momento che sembrano ipotizzare l'esistenza             
di rigidi vincoli per il legislatore regionale nell'attuazione                  
dell'art. 118 della Costituzione ed una sostanziale equiparazione fra           
funzioni degli Enti locali "proprie" e "conferite", invece ben                  
distinte dal secondo comma dell'art. 118 della Costituzione.                    
8. La censura di illegittimita' costituzionale relativa all'art. 26,            
comma 3 non e' fondata.                                                         
Il testo di questa disposizione subordina espressamente l'esercizio             
dei poteri regionali ("delimitazione dell'area metropolitana di                 
Bologna", "costituzione della citta' metropolitana", "individuazione            
delle sue funzioni") al rispetto della "disciplina stabilita dalla              
legge dello Stato" e non si puo' quindi dedurne la volonta' della               
Regione di contraddire la competenza statale esclusiva in tema di               
determinazione "delle funzioni fondamentali di Comuni, Province, e              
Citta' metropolitane". D'altra parte il secondo comma dell'articolo             
118 della Costituzione, nell'affidare il potere di "conferimento"               
delle funzioni amministrative anche alla legge regionale, si                    
riferisce espressamente pure alle Citta' metropolitane.                         
9. La censura di illegittimita' costituzionale all'art. 28, comma 2,            
non e' fondata.                                                                 
L'Avvocatura dello Stato sostiene che la previsione che il Consiglio            
regionale debba discutere ed approvare il programma di governo                  
predisposto dal Presidente della Regione ed annualmente verificarne             
l'attuazione si porrebbe in contrasto "con l'elezione diretta del               
Presidente (di cui sembra ridurre i poteri di indirizzo), in quanto             
la prevista approvazione consiliare del programma di governo instauri           
irragionevolmente e contraddittoriamente tra Presidente e Consiglio             
regionale un rapporto diverso rispetto a quello che consegue                    
all'elezione a suffragio universale e diretto del vertice                       
dell'esecutivo". Di conseguenza una disposizione del genere "non puo'           
ritenersi in armonia con la Costituzione".                                      
Al contrario, a considerato che la determinazione della forma di                
governo regionale da parte degli statuti non si esaurisce nella                 
individuazione del sistema di designazione del Presidente della                 
Regione, ai sensi dell'art. 122, quinto comma della Costituzione. Nel           
caso che venga scelto, come fa la delibera statutaria in oggetto, il            
sistema della elezione a suffragio universale e diretto del                     
Presidente della Regione, cio' ha quale sicura conseguenza                      
l'impossibilita' di prevedere una iniziale mozione di fiducia da                
parte del Consiglio, nonche' la ulteriore conseguenza delle                     
dimissioni della Giunta e dello scioglimento del Consiglio (art. 126,           
terzo comma, della Costituzione) nel caso di successiva approvazione            
della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente.                         
Entro questi limiti, peraltro, si esplica l'autonomia statutaria, che           
ben puo' disciplinare procedure e forme del rapporto fra i diversi              
organi regionali, piu' o meno riducendo l'area altrimenti lasciata              
alla prassi o alle relazioni meramente politiche: cio' in particolare           
rileva nei rapporti fra Consiglio regionale, titolare esclusivo del             
potere legislativo (ivi compresa la legislazione di bilancio),                  
nonche' di alcuni rilevanti poteri di tipo amministrativo, e i poteri           
di indirizzo politico del Presidente della Regione che si esprimono             
tra l'altro, anche nella predisposizione del fondamentale "programma            
di governo" della regione.                                                      
Appare evidente che proprio la mancata disciplina nella delibera                
statutaria di conseguenze di tipo giuridico (certamente                         
inammissibili, ove pretendessero di produrre qualcosa di analogo ad             
un rapporto fiduciario), derivanti dalla mancata approvazione da                
parte del Consiglio del programma di governo del Presidente, sta a              
dimostrare che si e' voluto semplicemente creare una precisa                    
procedura per obbligare i fondamentali organi regionali ad un                   
confronto iniziale e successivamente ricorrente, sui contenuti del              
programma di governo; confronto evidentemente ritenuto ineludibile e            
produttivo di molteplici effetti sui comportamenti del Presidente e             
del Consiglio: sara' alla valutazione del Presidente prescindere                
eventualmente dagli esiti di tale dialettica, cosi' come stara' al              
Consiglio far eventualmente ricorso al drastico strumento della                 
mozione di sfiducia, con tutte le conseguenze giuridiche previste               
dall'art. 126, terzo comma, della Costituzione.                                 
10. La censura di illegittimita' costituzionale relativa all'art. 45,           
comma 2, e' fondata limitatamente al terzo periodo del comma.                   
L'articolo 122 della Costituzione riserva espressamente alla legge              
regionale "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge             
della Repubblica" la determinazione delle norme relative al "sistema            
di elezione" e ai "casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' del            
Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonche'              
dei consiglieri regionali", senza che si possa distinguere (come                
invece ipotizza la difesa regionale) fra ipotesi di incompatibilita'            
"esterne" ed "interne" all'organizzazione istituzionale della                   
Regione.                                                                        
E' vero che le scelte in tema di incompatibilita' fra incarico di               
componente della Giunta regionale e di consigliere regionale possono            
essere originate da opzioni statutarie in tema di forma di governo              
della Regione, ma - come questa Corte ha gia' affermato in relazione            
ad altra delibera statutaria nella Sentenza n. 2 del 2004 - occorre             
rilevare che il riconoscimento nell'art. 123 della Costituzione del             
potere statutario in tema di forma di governo regionale e'                      
accompagnato dalla previsione dell'articolo 122 della Costituzione, e           
che quindi la disciplina dei particolari oggetti a cui si riferisce             
espressamente l'art. 122 sfugge alle determinazioni lasciate                    
all'autonomia statutaria.                                                       
Ne' la formulazione del terzo periodo del secondo comma dell'art. 45,           
del resto, puo' essere interpretata come espressiva di un mero                  
principio direttvo per il legislatore regionale, nell'ambito della              
sua discrezionalita' legislativa in materia.                                    
11. La censura di illegittimita' costituzionale relativa all'art. 49,           
comma 2, non e' fondata.                                                        
Il Governo censura l'ultimo periodo del secondo comma dell'art. 49              
della delibera statutaria, che prevede la possibilita' che la Giunta            
regionale disciplini con regolamento, "nei limiti stabiliti dalla               
legge regionale", l'esecuzione di regolamenti comunitari, la cui                
applicazione evidentemente esiga l'adozione di apposite normative: la           
censura muove dalla constatazione che questa disposizione statutaria            
non richieda il "necessario rispetto delle norme di procedura                   
stabilite dalla legge dello Stato, la quale deve disciplinare anche             
le modalita' di esercizio del potere sostitutivo", cio' che                     
costituirebbe violazione dell'art. 117, quinto comma della                      
Costituzione.L'art. 49 della delibera statuaria disciplina in                   
generale i rapporti fra le leggi ed i regolamenti regionali, dando              
per presupposta la titolarita' da parte della Regione dei poteri                
normativi nelle varie materie e pertanto non pone anche in questa               
sede il problema dei limiti sostanziali e procedimentali di questi              
ultimi; d'altra parte, mentre il riconoscimento del potere delle                
Regioni di dettare discipline per l'applicazione dei regolamenti                
comunitari risale all'art. 6, comma 1 del DPR 24 luglio 1977, n. 616            
(attuazione della delega di cui all'art. 1 della Legge 22 luglio                
1975, n. 382), nulla di difforme e' stato previsto dalla legislazione           
statale di attuazione del nuovo Titolo  V, ne' appare necessario                
ribadire l'esistenza dei poteri sostitutivi ora previsti dal secondo            
comma dell'articolo 120 della Costituzione e dall'art. 8 della Legge            
n. 131 del 2003.                                                                
12. La censura di illegittimita' costituzionale relativa all'art. 62,           
comma 3, non e' fondata.                                                        
Il rilievo di costituzionalita' muove da una lettura del riferimento            
alla "legge" nel terzo comma dell'art. 62 della delibera statutaria,            
come "legge regionale": da tale interpretazione il ricorrente desume            
che "la norma prevede una disciplina regionale del lavoro del                   
personale regionale" e che quindi viola l'articolo 117, secondo                 
comma, lettera l), della Costituzione. Se, invece, si considera che             
in altri commi dello stesso articolo la' dove si e' inteso fare                 
riferimento al potere normativo della Regione, si e' scritto "legge             
regionale", il terzo comma assume il significato di una disposizione            
meramente ricognitiva del rapporto fra legislazione e contrattazione,           
alla luce dei principi costituzionali, nella disciplina del rapporto            
di lavoro del personale regionale.                                              
PER QUESTI MOTIVI                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 2,              
terzo periodo, della delibera statuaria della Regione Emilia-Romagna,           
approvata in prima deliberazione il giorno 1 luglio 2004, ed in                 
seconda deliberazione il giorno 14 settembre 2004;                              
2) dichiara l'inammissibilita' delle questioni di legittimita'                  
costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera f), della predetta                 
delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, proposte con il               
ricorso indicato in epigrafe, per violazione degli artt. 1, 48, 117             
secondo comma, lettere f) e p), 122, primo comma, e 121, secondo                
comma, della Costituzione;                                                      
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
dell'art. 13, comma 1, lettera a), della delibera statutaria della              
Regione Emilia-Romagna, proposte con il ricorso indicato in epigrafe,           
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera a), e dell'art.            
117, quinto comma della Costituzione;                                           
4) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
dell'art. 15, comma 1 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposte con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione degli attt. 1, 48, 117, secondo comma, lettere f) e p),              
122 primo comma, e 121, secondo comma della Costituzione;                       
5) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
dell'art. 17 della delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna,            
proposte con il ricorso indicato in epigrafe, per violazione                    
dell'articolo 97 della Costituzione e dei "principi in tema di                  
attivita' normativa";                                                           
6) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
dell'art. 19 della delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna,            
proposte con il ricorso indicato in epigrafe, per violazione degli              
articoli 1, secondo comma, 3, 49 e 121 della Costituzione;                      
7) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale             
dell'art. 24, comma 4 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposte con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione degli articoli 114 e 118 della Costituzione;                         
8) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale             
dell'art. 26, comma 3 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposta con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera p), della                      
Costituzione;                                                                   
9) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale             
dell'art. 28, comma 2 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposta con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione del canone di "armonia con la Costituzione" di cui                   
all'articolo 123 della Costituzione;                                            
10) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale            
dell'art. 49, comma 2 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposta con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione dell'art. 117, quinto comma della Costituzione;                      
11) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale            
dell'art. 62, comma 3 della delibera statutaria della Regione                   
Emilia-Romagna, proposta con il ricorso indicato in epigrafe, per               
violazione dell'art. 117, seconda comma, lettera l), della                      
Costituzione;                                                                   
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 29 novembre 2004.                                            
IL PRESIDENTE  IL REDATTORE                                                     
Valerio Onida  Ugo Di Siervo                                                    
IL CANCELLIERE                                                                  
Giuseppe Di Paola                                                               
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2004.                                   

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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