REGIONE EMILIA-ROMAGNA

COMUNICATO

SENTENZA 24 giugno 2004, n. 198

CORTE COSTITUZIONALE                                                            
Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della           
Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la             
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed edilizio)            
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai                
signori:                                                                        
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,               
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,                   
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Ugo De Siervo,              
Romano Vaccarella, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, giudici                 
ha pronunciato la seguente                                                      
SENTENZA                                                                        
nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione            
Toscana 4 dicembre 2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle               
opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o           
parziale difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio                
della regione Toscana), della legge della Regione Friuli-Venezia                
Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria eccezionale                
delle opere abusive), dell'articolo 4 della legge della Regione                 
Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme concernenti la vigilanza                  
sull'attivita' edilizia nel territorio regionale) e della legge della           
Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la             
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed edilizio),           
promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri,                 
rispettivamente notificati il 6 febbraio, il 20 febbraio, il 25                 
febbraio e il 15 marzo 2004, depositati in Cancelleria il 16                    
febbraio, l'1 marzo, il 2 marzo e il 23 marzo successivi ed iscritti            
ai nn. 20, 24, 27 e 41 del Registro ricorsi 2004;                               
visti gli atti di costituzione delle Regioni Toscana, Friuli-Venezia            
Giulia, Marche ed Emilia-Romagna;                                               
udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 2004 il Giudice relatore             
Ugo De Siervo;                                                                  
uditi l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del                
Consiglio dei Ministri e gli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni              
per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per le Regioni                      
Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna e Stefano Grassi per la                 
Regione Marche.                                                                 
ritenuto in fatto                                                               
1.1. Con ricorso notificato il 6 febbraio 2004 e depositato il 16               
febbraio 2004 (Reg. ricorsi n. 20 del 2004), il Presidente del                  
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura                  
generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimita'                    
costituzionale avverso la legge della Regione Toscana 4 dicembre                
2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle opere edilizie                   
eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o parziale                 
difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio della regione           
Toscana), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 44 del 10 dicembre             
2003.                                                                           
L'art. 1, comma 2, della legge impugnata dispone che i commi da 25 a            
38 e da 40 a 45 dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n.            
269 (Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e                   
paesaggistica, per l'incentivazione dell'attivita' di repressione               
dell'abusivismo edilizio, nonche' per la definizione degli illeciti             
edilizi e delle occupazioni delle aree demaniali), "non si applicano            
nel territorio della regione Toscana, ad eccezione delle disposizioni           
di detti commi concernenti l'oblazione penale".Il ricorrente osserva            
come la legge regionale in esame si basi sul presupposto del "gia'              
avvenuto adeguamento della disciplina regionale" ai principi posti              
DPR 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative           
e regolamentari in materia edilizia), menzionato dal comma 2 del                
citato art. 32. Tale comma, tuttavia, si limiterebbe semplicemente ad           
individuare il "contesto generale e d'insieme" in cui questa                    
interviene.                                                                     
Secondo il ricorrente, la legge impugnata violerebbe l'art. 117,                
secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto le norme in            
materia di oblazione contenute nell'art. 32 del DL n. 269 del 2003,             
convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326             
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30                  
settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo            
sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici),                
costituirebbero esercizio della potesta' legislativa nella materia              
"ordinamento penale", riservata in via esclusiva allo Stato.                    
La sottrazione del territorio di una o piu' regioni alla disciplina             
statale introdurrebbe significative disuguaglianze, in violazione               
dell'art. 3 Cost., non legittimate dal riconoscimento costituzionale            
delle autonomie regionali.                                                      
Inoltre, rileva l'Avvocatura, poiche' gli introiti derivanti dalle              
oblazioni sono stati inseriti nella legge finanziaria per l'anno                
2004, la disciplina impugnata, impedendo l'applicazione nel                     
territorio regionale dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003, violerebbe            
l'art. 119 Cost. Essa, infatti, determinerebbe una ingerenza nella              
formazione del bilancio annuale dello Stato e una lesione della                 
autonomia finanziaria che anche e soprattutto allo Stato deve essere            
garantita, nonche' una compressione della sua competenza in materia             
di "coordinamento della finanza pubblica e dei sistemi tributari".              
Essa, inoltre, contrasterebbe con l'art. 81 Cost., in quanto                    
comporterebbe la sottrazione di risorse destinate alla copertura di             
spese pubbliche approvate dal Parlamento e la rottura del c.d. "patto           
di stabilita'" concordato a livello di Unione Europea.                          
La legge censurata violerebbe anche l'art. 117, terzo comma, Cost.,             
che riconosce allo Stato la competenza a dettare i principi nella               
materia "governo del territorio" e a disciplinare i titoli                      
abilitativi edilizi.                                                            
Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, l'adozione di norme regionali            
"meramente demolitorie" e "di reazione" alle norme statali, che                 
statuiscono la non applicazione nel territorio regionale di                     
disposizioni dello Stato, potrebbe pregiudicare l'unita' giuridica              
della Repubblica, in violazione dell'art. 5 Cost. Le norme della                
legge regionale violerebbero, peraltro, anche l'art. 127, secondo               
comma, Cost., per la parte in cui e' riconosciuta alle Regioni la               
possibilita' di impugnare avanti alla Corte Costituzionale le leggi             
statali ritenute illegittime, cosi' escludendo che il potere                    
legislativo regionale possa essere utilizzato per contrastare                   
l'applicazione di norme dello Stato.                                            
Da ultimo, si lamenta la violazione dell'art. 51 e dell'art. 134                
Cost, senza tuttavia addurre alcuna motivazione a fondamento di tale            
censura.                                                                        
1.2. Con atto depositato il 2 marzo 2004 - ma in tale data non ancora           
notificato alla controparte - l'Avvocatura dello Stato ha chiesto               
che, ai sensi dell'art. 9, comma 4, della Legge 5 giugno 2003, n. 131           
(Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica               
alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), sia sospesa la                
legge della Regione Toscana n. 55 del 2003, in quanto essa                      
arrecherebbe pregiudizio all'interesse dello Stato e degli enti "a              
finanza derivata" al conseguimento degli introiti "da condono".                 
2.1. Con ricorso notificato il 20 febbraio 2004 e depositato l'1                
marzo 2004 (Reg. ricorsi n. 24 del 2004), il Presidente del Consiglio           
dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello             
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso            
la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22            
(Divieto di sanatoria eccezionale delle opere abusive), pubblicata              
nel Bollettino Ufficiale n. 52 del 24 dicembre 2003.Preliminarmente,            
l'Avvocatura richiama l'art. 1 della legge impugnata, il quale, al              
comma 1, esclude la sanatoria delle opere edilizie "realizzate in               
assenza dei necessari titoli abilitativi previsti, ovvero in                    
difformita' o con variazioni essenziali rispetto a questi ultimi". Il           
comma 2, primo periodo, del medesimo articolo stabilisce invece che,            
al fine di consentire l'oblazione penale degli illeciti edilizi, la             
domanda di definizione di tali illeciti, presentata dopo il 2 ottobre           
2003 secondo le modalita' stabilite da disposizioni statali, non                
sospende il procedimento per le sanzioni amministrative.                        
Secondo il ricorrente la legge censurata sarebbe contraddittoria, in            
quanto da un lato non ammetterebbe la sanatoria, mentre dall'altro              
predisporrebbe strumenti perche' possa operare una sanatoria diversa            
da quella statale, e cioe' quella prevista dall'art. 108 della legge            
della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme              
regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica).            
La norma regionale contrasterebbe con l'art. 4 della Legge                      
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione            
Friuli-Venezia Giulia), in quanto esso porrebbe alla competenza                 
legislativa "primaria" della Regione limiti "confrontabili" con                 
quelli previsti dal nuovo art. 117, terzo comma, Cost. per la                   
competenza legislativa concorrente delle Regioni ordinarie. La                  
disciplina dei titoli abilitativi edilizi - secondo quanto precisato            
da questa Corte - competerebbe allo Stato ed in essa dovrebbe                   
ricomprendersi, a giudizio dell'Avvocatura, anche quella dei "titoli            
per sanatoria non 'a regime', specie se tale previsione si salda con            
(ed e' integrata da) la prefigurazione di programmi di                          
riqualificazione urbanistico-edilizia".                                         
Le disposizioni censurate sono ritenute inoltre in contrasto con gli            
artt. 3, 5, 51, 81, 117, secondo comma, 119, 127, secondo comma, e              
134 Cost.                                                                       
Nel merito, le argomentazioni proposte a sostegno di tali censure               
sono sostanzialmente analoghe a quelle svolte in relazione alla                 
richiesta di declaratoria di incostituzionalita' della Legge n. 55              
del 2003 della Regione Toscana.                                                 
2.2. Il ricorrente, infine, chiede che, ai sensi dell'art. 9, comma             
4, della Legge n. 131 del 2003, sia sospesa in via cautelare la legge           
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2003, ponendo a                   
sostegno di tale richiesta argomentazioni sostanzialmente coincidenti           
con quelle poste a fondamento dell'istanza di sospensione della Legge           
n. 55 del 2003 della Regione Toscana.                                           
3.1. Con ricorso notificato il 25 febbraio 2004 e depositato il 2               
marzo 2004 (Reg. ricorsi n. 27 del 2004), il Presidente del Consiglio           
dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello             
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso            
l'art. 4 della legge della Regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29               
(Norme concernenti la vigilanza sull'attivita' edilizia nel                     
territorio regionale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 122 del           
30 dicembre 2003.                                                               
L'art. 2 della legge regionale censurata ordina ai Comuni di                    
sospendere ogni determinazione circa la conclusione dei procedimenti            
relativi alla definizione degli illeciti edilizi regolati dal DL n.             
269 del 2003 fino all'entrata in vigore della legge regionale                   
indicata dall'art. 1 che dovrebbe disciplinare la materia. In tal               
modo, secondo il ricorrente, il contenuto della legge impugnata si              
concreterebbe nell'ordine ai Comuni di disapplicare la legge statale            
e di attendere i futuri precetti legislativi della Regione, senza               
peraltro ipotizzare alcun raccordo con le disposizioni statali in               
tema di oblazione penale e di sospensione dei processi pendenti.                
La disciplina censurata viene ritenuta contrastante con gli artt. 3,            
5, 51, 81, 117, secondo comma, lettera l), 117, terzo comma, 119,               
127, secondo comma, e 134 Cost.                                                 
Nel merito, le argomentazioni proposte sono sostanzialmente analoghe            
a quelle portate a fondamento della richiesta di declaratoria di                
incostituzionalita' delle leggi della Regione Friuli-Venezia Giulia e           
della Regione Toscana.                                                          
3.2. Anche in questo caso, con argomentazioni sostanzialmente                   
coincidenti a quelle proposte nei ricorsi n. 20 e n. 24 del 2004,               
l'Avvocatura dello Stato chiede la sospensione - ai sensi dell'art.             
9, comma 4, della Legge n. 131 del 2003 - della normativa impugnata.            
4.1. Con ricorso notificato il 15 marzo 2004 e depositato il 23 marzo           
2004 (Reg. ricorsi n. 41 del 2004), il Presidente del Consiglio dei             
Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello                 
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso            
la legge della Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure             
urgenti per la salvaguardia del territorio dall'abusivismo                      
urbanistico ed edilizio).                                                       
L'art. 2 di tale legge dispone che fino all'entrata in vigore della             
legge regionale prevista dall'art. 1, contenente nuove norme in                 
materia di vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia,                       
responsabilita' e sanzioni, "i Comuni sospendono ogni determinazione            
circa la conclusione dei procedimenti relativi alla definizione degli           
illeciti edilizi, cosi' come regolati dall'articolo 32 del                      
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269". Inoltre e' espressamente              
mantenuta ferma la "possibilita' della presentazione delle domande di           
sanatoria da parte degli interessati, a tutela e garanzia delle loro            
posizioni giuridiche".                                                          
I profili di doglianza esposti nel ricorso sono sostanzialmente                 
coincidenti con quelli dei ricorsi presentati avverso le leggi delle            
Regioni, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Marche.                               
4.2. Anche in questo caso l'Avvocatura dello Stato chiede la                    
sospensione - ai sensi dell'art. 9, comma 4, della Legge n. 131 del             
2003 - della normativa impugnata.                                               
5. Le Regioni Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche ed                         
Emilia-Romagna si sono costituite in giudizio, concludendo per il               
rigetto dei ricorsi presentati dallo Stato e delle connesse istanze             
di sospensione.                                                                 
6. La Regione Toscana, con memoria depositata in prossimita' della              
Camera di Consiglio del 24 marzo 2004, fissata per la trattazione               
delle istanze di sospensione, contesta le ragioni addotte a                     
fondamento della richiesta avanzata dallo Stato in relazione alla               
legge regionale n. 55 del 2003, ed in particolare la circostanza                
secondo la quale il mancato introito "da condono" costringerebbe lo             
Stato a reperire altrove le risorse finanziarie perdute.                        
Innanzi tutto, secondo la resistente, la legge impugnata non                    
interferirebbe con le disposizioni concernenti l'estinzione dei reati           
urbanistici ed edilizi conseguenti all'istanza di condono ed al                 
pagamento delle relative somme; in secondo luogo, sarebbe rilevante             
il fatto che in Toscana e' in vigore una compiuta disciplina edilizia           
che consente anche la regolarizzazione di violazioni che non incidano           
sostanzialmente sull'assetto del territorio: circostanza,                       
quest'ultima, che congiuntamente ad un efficace sistema di controlli            
avrebbe consentito un "ordinato sviluppo edilizio".                             
Peraltro - osserva la Regione - l'esistenza di tale normativa                   
regionale renderebbe inapplicabile, in virtu' del comma 2 dell'art.             
32 del decreto-legge impugnato, la disciplina statale sul condono,              
esplicitamente dettata "nelle more" dell'attuazione, da parte delle             
Regioni, del DPR n. 380 del 2001.                                               
Inoltre, le motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a                   
fondamento della propria istanza cautelare confermerebbero "la totale           
incostituzionalita' del condono introdotto dal legislatore statale",            
dal momento che la finalita' puramente "finanziaria" dell'intervento            
- emergente proprio dalle argomentazioni dell'Avvocatura - si                   
porrebbe in netto contrasto con i principi della giurisprudenza                 
costituzionale in materia (sono richiamate, sul punto, le sentenze n.           
369 del 1988 e n. 416 del 1995), che ha ritenuto il condono uno                 
strumento eccezionale ed irripetibile, giustificato, nelle precedenti           
circostanze, solo quale "punto di partenza di una nuova legalita'"              
dopo "decenni di abusivismo di massa".                                          
La Regione Friuli-Venezia Giulia e la Regione Emilia-Romagna, a loro            
volta, concludono chiedendo il rigetto delle istanze di sospensione             
formulate dal ricorrente, argomentando soprattutto sulla evidente               
mancanza dell'irreparabile pregiudizio che dovrebbe derivare, nelle             
more del giudizio, dalla applicazione delle leggi regionali                     
impugnate.                                                                      
Anche la Regione Marche, a sostegno della infondatezza della istanza            
cautelare, sottolinea l'assenza di qualunque pregiudizio irreparabile           
derivante allo Stato dalla legge impugnata e, al contempo, l'assenza            
di una qualunque utilita' concreta nell'eventuale decisione di                  
sospensione da parte di questa Corte.                                           
7. Nell'imminenza della Camera di Consiglio del 24 marzo 2004 per la            
trattazione delle istanze di sospensione presentate nei confronti               
delle leggi delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche,              
l'Avvocatura dello Stato ha presentato atto di rinunzia alla                    
immediata decisione circa le istanze di sospensione presentate,                 
auspicando contestualmente la adesione delle Regioni alla "richiesta            
di differimento" dell'esame delle istanze cautelari concernenti                 
l'art. 32 del DL n. 269 del 2003, dalle medesime Regioni impugnato.             
Preso atto di tale rinuncia, con le ordinanze n. 117, n. 118 e n. 119           
del 2004, questa Corte ha disposto il rinvio dell'esame di tali                 
istanze unitamente al merito.                                                   
8. La Regione Friuli-Venezia Giulia, nelle sue difese, mira a                   
chiarire il contenuto ed il significato della propria Legge n. 22 del           
2003, evidenziando come essa farebbe esplicitamente salva l'oblazione           
penale prevista dal legislatore statale e come anzi disciplinerebbe             
esplicitamente il procedimento amministrativo volto a consentirla.              
Quanto alla presunta violazione della competenza statale in materia             
penale, la Regione richiama la sentenza di questa Corte n. 418 del              
1995, sottolineando di non aver disposto la assoluta inapplicabilita'           
della normativa sul condono, ma di essersi limitata a escludere la              
sanatoria edilizia ai soli fini amministrativi, nel massimo rispetto            
delle scelte dello Stato nel campo penale. L'eventuale effetto di               
"scoraggiamento" della presentazione di domande di condono, derivante           
in concreto dalla normativa regionale oggetto del giudizio, non                 
costituirebbe un vizio di legittimita' costituzionale della legge               
regionale, poiche' quest'ultima non inciderebbe comunque sull'ambito            
giuridico della sanatoria penale ma solo sulla sua applicazione                 
pratica.                                                                        
In relazione alla pretesa violazione dell'autonomia finanziaria                 
statale e della competenza in materia di "coordinamento della finanza           
pubblica" invocata dal ricorrente, la resistente sottolinea che i               
proventi dell'oblazione penale sono espressamente fatti salvi dalla             
legge regionale impugnata, e che, in ogni caso, la circostanza                  
secondo la quale il loro ammontare potrebbe attestarsi su livelli               
inferiori rispetto alle aspettative dello Stato non potrebbe                    
costituire autonomo vizio di legittimita' costituzionale.                       
In definitiva, secondo la Regione resistente, sarebbero del tutto               
erronei i parametri invocati nel ricorso: il patto di stabilita',               
perche' si tratterebbe di un vincolo complessivo che potrebbe essere            
rispettato in molti modi; l'art. 81 Cost., in quanto gli incerti e              
futuri proventi delle oblazioni pagate in relazione ad illeciti                 
verificatisi nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia non             
potrebbero correttamente essere gia' destinati alla copertura di                
spese pubbliche; la competenza in materia di coordinamento della                
finanza pubblica, poiche' le norme statali sulla sanatoria                      
amministrativa degli illeciti edilizi non potrebbero in alcun modo              
qualificarsi come esercizio della medesima.                                     
Infine, del tutto insussistente sarebbe da ritenere, secondo la                 
difesa regionale, la pretesa violazione del principio di unita' della           
Repubblica e correlativamente degli artt. 127 e 134 Cost: cio' in               
quanto la "reazione" alla legge statale o la modulazione dei suoi               
effetti applicativi nel territorio regionale non comprometterebbero             
affatto la giurisdizione costituzionale e comunque non potrebbero               
costituire vizi in se', ma solo in ragione dei loro specifici                   
contenuti scrutinati alla luce dei parametri costituzionali sulla               
competenza.                                                                     
9. La difesa della Regione Marche muove dalla premessa di aver                  
esercitato, con la legge n. 29 del 2003, la propria competenza                  
legislativa in materia di edilizia e di governo del territorio, e               
che, pertanto, proprio come previsto dal comma 2 dell'art. 32 del DL            
n. 269 del 2003, avrebbe legittimamente chiarito l'inapplicabilita'             
della normativa statale sul condono amministrativo degli illeciti               
edilizi, facendo invece salva la disciplina dell'oblazione penale.              
Del tutto priva di fondamento sarebbe dunque la pretesa violazione              
della competenza legislativa statale in materia penale, anche in                
considerazione della giurisprudenza costituzionale secondo cui "alle            
Regioni non e' precluso concorrere a precisare, secundum legem,                 
presupposti d'applicazione di norme penali statali" (sentenza n. 487            
del 1989).                                                                      
Quanto alla presunta violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,              
tale censura sarebbe infondata, poiche' sarebbe lo stesso comma 2               
dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003 ad escludere la natura di                   
principi fondamentali delle disposizioni sul condono.                           
La Regione Marche ritiene altresi' infondata la censura relativa alla           
violazione degli artt. 81 e 119 Cost., osservando che, a suo avviso,            
sarebbe lo Stato a non aver valutato adeguatamente le conseguenze sui           
conti pubblici dell'adeguamento della legislazione regionale ai                 
principi previsti nel DPR n. 380 del 2001; pertanto, si sarebbe di              
fronte ad una illegittima interferenza dello Stato sull'autonomia               
finanziaria della Regione, e non, invece, ad una compressione da                
parte di quest'ultima dell'autonomia finanziaria dello Stato.                   
Dovrebbe poi essere ritenuta infondata la presunta violazione della             
competenza statale concernente il coordinamento della finanza                   
pubblica e dei sistemi tributari: cio' in quanto lo Stato non avrebbe           
rispettato quelle garanzie di partecipazione delle Regioni ai                   
processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione dei               
fondi che questa Corte avrebbe richiesto come criterio di attuazione            
dell'art. 119 Cost. nella sentenza n. 16 del 2004. Circa la censura             
relativa alla violazione degli artt. 127 e 134 Cost., la Regione                
Marche fa osservare che la legge impugnata non varrebbe a                       
disconoscere la giurisdizione costituzionale e quanto ad essa spetta            
in via esclusiva; viceversa, si tratterebbe soltanto di un atto di              
esercizio della potesta' legislativa spettante alla Regione secondo             
il principio di competenza.                                                     
Infine, la censura relativa all'art. 51 Cost. sarebbe da considerare            
inammissibile in quanto del tutto priva di una sia pur minima                   
definizione dei termini e dei profili della questione.                          
10. Anche la Regione Toscana contesta la fondatezza del ricorso                 
statale avverso la propria Legge n. 55 del 2003. In primo luogo,                
rileva che gia' prima dell'emanazione del DL n. 269 del 2003, era               
stata emanata una disciplina regionale in materia urbanistica ed                
edilizia gia' compiuta, esplicitamente adeguata - grazie alla legge             
della Regione Toscana 5 agosto 2003, n. 43 (Modifiche e integrazioni            
alla legge regionale 14 ottobre 1999, n. 52, recante Norme sulle                
concessioni, le autorizzazioni e le denunce d'inizio delle attivita'            
edilizie - Disciplina dei controlli nelle zone soggette al rischio              
sismico - Disciplina del contributo di concessione - Sanzioni e                 
vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia - Modifiche ed                    
integrazioni alla legge regionale 23 maggio 1994, n. 39 e modifica              
della legge regionale 17 ottobre 1983, n. 69) - ai principi contenuti           
nel testo unico dell'edilizia di cui al DPR n. 380 del 2001, e tale,            
tra l'altro, da consentire la regolarizzazione di violazioni formali            
e di illeciti sostanzialmente non rilevanti. In secondo luogo, si               
sostiene che la legge impugnata costituirebbe la conseguenza                    
obbligata di quanto disposto dallo stesso legislatore statale che,              
con lo specifico richiamo contenuto nel comma 2 dell'art. 32 del DL             
n. 269 del 2003, avrebbe esplicitamente sancito la piena legittimita'           
di interventi volti a rendere inapplicabili gli effetti                         
amministrativi del condono edilizio nei territori di regioni che gia'           
si siano adeguate alla disciplina del testo unico del 2001.                     
La difesa della Regione resistente si sviluppa poi interamente sul              
versante dei vizi (gia' denunciati nei ricorsi n. 82 del 2003 e n. 10           
del 2004) riscontrabili nella disciplina statale di cui al predetto             
DL n. 269 del 2003 e alla relativa legge di conversione, la cui                 
illegittimita' costituzionale renderebbe specularmente ragione della            
piena legittimita' della legge regionale n. 55 del 2003.                        
11. La Regione Emilia-Romagna, nella sua memoria, propone                       
argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle delle altre                    
Regioni.                                                                        
In particolare, sul primo motivo di censura (concernente la presunta            
violazione della competenza statale in materia penale), la difesa               
della Regione osserva che la legge regionale n. 1 del 2004 si                   
limiterebbe a precludere temporaneamente la conclusione del                     
procedimento di definizione dell'illecito edilizio, senza impedire la           
presentazione della domanda ed il connesso versamento dell'oblazione            
da cui consegue l'estinzione del reato.                                         
Quanto alla lamentata violazione dei principi fondamentali di cui               
alla normativa sul condono edilizio, la Regione osserva come l'art.             
32 del DL n. 269 del 2003 non contenga la determinazione di principi            
fondamentali della materia, tale non potendosi considerare una norma            
del tutto eccezionale rispetto alla disciplina edilizia ordinaria.              
Inoltre, la "attivazione del condono" sarebbe in contraddizione con             
la tutela dei valori relativi alla tutela dell'ambiente, in quanto la           
base del condono sarebbe "il puro scambio tra la rinuncia alla                  
salvaguardia di tali valori in cambio di una somma di denaro".                  
Quanto agli altri motivi del ricorso, la difesa regionale ne afferma            
l'infondatezza, riproponendo quasi letteralmente gli argomenti svolti           
dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.                                            
12. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, in prossimita'                    
dell'udienza, ha depositato una memoria, con la quale insiste per               
l'accoglimento dei ricorsi.                                                     
La difesa erariale muove da una prima considerazione di fondo: le               
leggi regionali impugnate ignorerebbero tutte "la, molto grave,                 
sanzione civile (attinente all'ordinamento civile) prevista dall'art.           
17 della Legge n. 47 del 1985"; il che renderebbe ancora piu'                   
evidente la scarsissima efficacia (in relazione alla principale                 
finalita' del condono edilizio, consistente nell'emersione degli                
illeciti sommersi) che assumerebbe la sanatoria del solo illecito               
penale che non fosse accompagnata dalla contestuale eliminazione                
delle conseguenze amministrative e civili, dimostrando come i diversi           
profili degli illeciti edilizi sarebbero in realta' inscindibili.               
Secondo l'Avvocatura, la decisione di accoglimento dei ricorsi in               
questione non potrebbe che essere consequenziale ad una pronuncia che           
riconoscesse la competenza statale a produrre, in via straordinaria,            
una disciplina di condono edilizio, che porterebbe necessariamente ad           
escludere "una competenza legislativa delle Regioni a produrre                  
disposizioni di segno opposto, le quali esorbitino dalla sfera delle            
competenze regionali quanto meno (. . .) perche' non rispettano un              
principio fondamentale legittimamente dato dal Parlamento".                     
In via subordinata, la difesa statale, pur riconoscendo come le                 
Regioni possano produrre norme diverse da quelle prodotte dallo                 
Stato, ed anche esplicitamente statuire la inapplicabilita' di queste           
ultime, insiste sulla violazione dell'art. 127 Cost. da parte delle             
leggi regionali impugnate; cio' in quanto, nei casi di specie, le               
resistenti avrebbero utilizzato il potere legislativo "con sviamento            
di potere", ossia per contrapporre una reputata propria competenza              
alla competenza del Parlamento nazionale.                                       
Considerato in diritto                                                          
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, con                   
distinti ricorsi, la legge della Regione Toscana 4 dicembre 2003, n.            
55 (Accertamento di conformita' delle opere edilizie eseguite in                
assenza di titoli abilitativi, in totale o parziale difformita' o con           
variazioni essenziali del territorio della regione Toscana), l'art. 4           
della legge della regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme                 
concernenti la vigilanza sull'attivita' edilizia nel territorio                 
regionale), la legge della Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n.           
1 (Misure urgenti per la salvaguardia del territorio dall'abusivismo            
urbanistico ed edilizio), per violazione degli artt. 3, 5, 81, primo            
e quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma,                  
119,127 e 134 della Costituzione.                                               
Ha inoltre proposto impugnazione avverso la legge della Regione                 
Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria             
eccezionale delle opere abusive), denunciando la violazione, oltre              
che dei parametri costituzionali appena richiamati, anche dell'art. 4           
della Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale              
della Regione Friuli-Venezia Giulia).                                           
2. Considerata l'identita' delle doglianze formulate avverso le leggi           
regionali impugnate, i relativi giudizi possono essere riuniti per              
essere decisi con un'unica pronuncia.                                           
3. In via preliminare, devono essere dichiarate inammissibili le                
censure sollevate nei ricorsi in riferimento sia all'art. 51 che                
all'art. 134 della Costituzione, dal momento che non vengono addotte            
motivazioni a loro sostegno.                                                    
4. Quanto alle altre censure, occorre prendere preliminarmente in               
esame le questioni sollevate dal ricorrente con riferimento agli                
artt. 5 e 127 della Costituzione, in quanto concernenti la                      
possibilita' per le Regioni di disporre dell'efficacia di una legge             
dello Stato nell'ambito del territorio regionale.                               
4.1. Il ricorrente sostiene, a tale riguardo, che le leggi regionali            
impugnate violerebbero l'art. 5 Cost., in quanto l'adozione di norme            
regionali "meramente demolitorie" e "di reazione" alle norme statali,           
che statuiscono la non applicazione nel territorio regionale di                 
disposizioni dello Stato, pregiudicherebbe l'unita' giuridica della             
Repubblica; inoltre, le leggi regionali violerebbero l'art. 127,                
secondo comma, Cost. in quanto tale disposizione, riconoscendo alle             
Regioni la possibilita' di impugnare di fronte a questa Corte le                
norme statali ritenute illegittime, implicitamente escluderebbe che             
il potere legislativo regionale possa essere utilizzato per                     
contrastare l'applicazione di norme dello Stato.                                
4.2. La questione e' fondata.                                                   
Il Titolo V della Parte II della Costituzione, cosi' come le                    
corrispondenti disposizioni degli statuti speciali, presuppongono che           
l'esercizio delle competenze legislative da parte dello Stato e delle           
Regioni, secondo le regole costituzionali di riparto delle                      
competenze, contribuisca a produrre un unitario ordinamento                     
giuridico, nel quale certo non si esclude l'esistenza di una                    
possibile dialettica fra i diversi livelli legislativi, anche con la            
eventualita' di parziali sovrapposizioni fra le leggi statali e                 
regionali, che possono trovare soluzione mediante il promuovimento              
della questione di legittimita' costituzionale dinnanzi a questa                
Corte, secondo le scelte affidate alla discrezionalita' degli organi            
politici statali e regionali.                                                   
Cio' che e' implicitamente escluso dal sistema costituzionale e' che            
il legislatore regionale (cosi' come il legislatore statale rispetto            
alle leggi regionali) utilizzi la potesta' legislativa allo scopo di            
rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato              
che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo             
dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio dinnanzi a questa             
Corte, ai sensi dell'art. 127 Cost. Dunque ne' lo Stato ne' le                  
Regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste da             
disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali            
conflitti tra i rispettivi atti legislativi tramite proprie                     
disposizioni di legge.                                                          
4.3. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003,             
n. 22, significativamente intitolata "Divieto di sanatoria                      
eccezionale delle opere abusive", non si limita ad adottare una                 
legislazione piu' restrittiva della sanatoria edilizia, o                       
parzialmente diversa rispetto a quanto previsto dall'art. 32 del                
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per               
favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti               
pubblici) quale risultante dalla conversione in legge ad opera della            
Legge 24 novembre 2003, n. 326 (Conversione in legge, con                       
modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante             
disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione               
dell'andamento dei conti pubblici), come e' attualmente possibile               
sulla base della sentenza n. 196 del 2004 di questa Corte, ma nega la           
stessa possibilita' di applicare la sanatoria edilizia statale di               
tipo straordinario nel territorio regionale, escludendo altresi' che            
la presentazione della domanda di condono possa determinare la                  
sospensione del procedimento finalizzato alla irrogazione delle                 
sanzioni amministrative.Come chiarito nella sentenza appena                     
richiamata, le Regioni a statuto speciale che dispongono di potesta'            
legislativa di tipo primario nel settore dell'urbanistica, tra le               
quali e' da annoverare la Regione Friuli-Venezia Giulia in base                 
all'art. 4, numero 12, del suo statuto - diversamente da quanto                 
sembra sostenere la Avvocatura - devono rispettare la disciplina                
statale concernente la misura dell'oblazione, i relativi termini di             
versamento, ed in genere le relative articolazioni procedimentali ed            
organizzative, mentre possono disciplinare diversamente la sanatoria            
amministrativa degli abusi edilizi commessi nel proprio territorio              
(al pari delle Regioni ad autonomia ordinaria) ed eventualmente                 
subordinarla anche al rispetto dei vincoli previsti da proprie                  
specifiche normative (secondo quanto questa Corte aveva gia'                    
affermato nella sentenza n. 418 del 1995, relativa alla Provincia               
autonoma di Trento).                                                            
4.4. - L'art. 1, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 55 del           
2003 e l'art. 4, comma 6 della legge della Regione Marche n. 29 del             
2003 esplicitamente dichiarano inapplicabili nei rispettivi territori           
regionali numerosi commi dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003.                   
Entrambe queste leggi muovono dal presupposto che il comma 2                    
dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003 disponga l'applicazione del                 
condono straordinario solo in caso di mancato adeguamento da parte              
delle Regioni ai principi fondamentali in materia edilizia di cui al            
DPR 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative           
e regolamentari in materia edilizia) e che quindi Regioni come la               
Toscana e le Marche, gia' adeguatesi alla nuova normativa, ben                  
potrebbero disporre diversamente.                                               
Anche a prescindere dalla considerazione che, comunque, una tale                
previsione non giustificherebbe l'unilaterale dichiarazione di                  
inapplicabilita' nei territori regionali di parte di un testo                   
legislativo statale esplicitamente riferito all'intero territorio               
nazionale, questa Corte, nella sentenza n. 196 del 2004 (che pure               
riconosce nella materia in questione un significativo potere                    
legislativo anche alle Regioni ad autonomia ordinaria), ha chiarito             
che il solo significato del comma 2 dell'art. 32 del DL n. 269 del              
2003 compatibile con la vigente disciplina costituzionale e'                    
l'individuazione del contesto normativo entro il quale il condono e'            
stato adottato.                                                                 
4.5. Anche la legge della Regione Emilia-Romagna n. 1 del 2004,                 
all'art. 1, comma 3, lettera d), stabilisce la "generale non                    
sanabilita' delle violazioni in contrasto con la strumentazione                 
urbanistica vigente" e, all'art. 2, prescrive che i Comuni sospendano           
"ogni determinazione circa la conclusione dei procedimenti relativi             
alla definizione degli illeciti edilizi, cosi' come regolati                    
dall'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269". In tal               
modo, la legge regionale dell'Emilia-Romagna sostanzialmente esclude            
anch'essa la possibilita' di applicazione della disciplina della                
sanatoria edilizia dettata dall'art. 32 del DL n. 269 del 2003.                 
5. Per le ragioni assorbenti sopra indicate (cfr. il precedente punto           
4.2.), la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2003,             
la legge della Regione Toscana n. 55 del 2003, l'art. 4 della legge             
della Regione Marche n. 29 del 2003 e la legge della Regione                    
Emilia-Romagna n. 1 del 2004, devono quindi essere dichiarate                   
costituzionalmente illegittime.                                                 
6. La dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme                
impugnate esime dall'analisi delle ulteriori censure proposte.                  
7. Non vi e' luogo a provvedere sulle istanze di sospensione                    
formulate dallo Stato avverso la legge della Regione Toscana n. 55              
del 2003, la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del                
2003, l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 29 del 2003 e la             
legge della Regione Emilia-Romagna n. 1 del 2004.                               
PER QUESTI MOTIVI                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
riuniti i giudizi,                                                              
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione           
Toscana 4 dicembre 2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle               
opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o           
parziale difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio                
della regione Toscana);                                                         
2) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione           
Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria             
eccezionale delle opere abusive);                                               
3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge             
della Regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme concernenti la              
vigilanza sull'attivita' edilizia nel territorio regionale);                    
4) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione           
Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la                     
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed                      
edilizio).                                                                      
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 24 giugno 2004.                                              
IL PRESIDENTE  IL REDATTORE                                                     
Gustavo Zagrebelsky  Ugo De Siervo                                              
IL CANCELLIERE                                                                  
Maria Rosaria Fruscella                                                         
Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2004                                     

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ultima modifica 2023-05-19T21:22:53+01:00

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