COMUNICATO
RICORSO N. 38 DEPOSITATO IL 9 APRILE 2003
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri contro la Regione
Emilia-Romagna per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
della legge regionale Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1
(pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 13 del 29 gennaio 2003)
recante: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 6 settembre 1999, n. 25
(Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle
forme di cooperazione tra gli Enti locali per l'organizzazione del
servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti
urbani)"
(pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a
norma dell'art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956)
CORTE COSTITUZIONALE
RICORSO
del Presidente del Consiglio dei Ministri, nella persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale
dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, Via dei
Portoghesi n. 12, domicilia (delibera del Consiglio dei Ministri del
14 marzo 2003)
CONTRO
la Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta
regionale p.t., presso gli uffici della Giunta regionale in Bologna
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
degli artt. 7, comma 1 relativamente all'articolo 8 ter aggiunto alla
legge regionale Emilia-Romagna 25/99, ed 8, comma 1 relativamente
all'art. 8 sexies aggiunto alla legge regionale Emilia-Romagna 25/99,
della legge regionale Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1
(pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regionale n. 13 del 29 gennaio
2003), per contrasto con l'art. 117, comma primo della Costituzione
e, quali norme interposte, per quanto di ragione, l'articolo 86 del
Trattato CE e le direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle
procedure di appalti nei settori esclusi, l'art 35 della Legge 28
dicembre 2001, n. 448, l'art. 4 della Legge 5 gennaio 1994, n. 36,
l'art. 88 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112 nonche' l'art. 113 del DLgs
18 agosto 2000, n. 267.
1. La L.R. Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 - Modifiche ed
integrazioni alla L.R. 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli
ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione
tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani) e' stata
pubblicata nel BUR Emilia-Romagna n. 13 del 29 gennaio 2003.
L'atto normativo regionale apporta modifiche alla precedente legge
regionale 6 settembre 1999, n. 25, cosi' da disciplinare "in modo
organico il sistema di governo e di gestione del servizio idrico
integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani nel rispetto
dei principi stabiliti dalle norme comunitarie e da quelle nazionali
in materia di tutela della concorrenza e in coerenza con i principi
generali stabiliti dalla Regione in attuazione della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ( Modifiche al Titolo V della
parte seconda della Costituzione)" (art. 1, comma 2 della L.R. 1/03).
2. Il sistema di gestione del servizio idrico integrato, (costituito
dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione
delle acque reflue: art. 4, comma 1, lett. f), Legge 36/94) e del
servizio di gestione rifiuti, oltre degli altri servizi di carattere
economico e imprenditoriale previsti dall'articolo 5 della legge,
prevede il loro affidamento "con procedure di evidenza pubblica di
tipo concorsuale ispirate a criteri di pubblicita', trasparenza e
concorrenzialita', a garanzia della imparzialita' e del buon
andamento della pubblica amministrazione" (art. 8 ter, comma 1).
La disposizione, da esaminare in relazione all'articolo 86 del
Trattato CE ("1. Gli Stati membri non emanano ne' mantengono nei
confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono
diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del
presente Trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli
12 e da 81 a 89 inclusi.
2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse
generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle
norme del presente Trattato, e in particolare alle regole di
concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non
ostino all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della
specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve
essere compromesso in misura contraria agli interessi della
Comunita'") liberalizza il settore dei servizi locali di interesse
economico ed imprenditoriale gia' oggetto di monopolio delle
municipalizzate aprendole alla concorrenza.
Sotto tale profilo la disposizione contenuta nel comma 4 ("Per i
servizi disciplinati dalla presente legge, ferma restando la
necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri
di efficienza, efficacia ed economicita', e' consentito l'affidamento
diretto da parte dell'Agenzia a societa' a prevalente capitale
pubblico effettivamente controllate da Comuni rientranti nell'ambito
territoriale ottimale e che esercitano a favore dei medesimi la parte
prevalente della propria attivita'. Resta ferma per dette societa'
l'esclusione dalle gare per l'affidamento del servizio. L'esclusione
si estende alle societa' controllate o collegate, alle loro
controllanti, nonche' alle societa' controllate o collegate con
queste ultime") introduce una deroga alla liberalizzazione del
settore mantenendo una riserva di fatto a favore di soggetti
economici "a prevalente capitale pubblico", vale a dire delle
societa' in cui si sono trasformate le aziende municipalizzate. La
deroga alla concorrenza e' stata introdotta unicamente per soddisfare
interessi meramente imprenditoriali dell'ente locale e non per
soddisfare interessi pubblici. L'interesse pubblico connesso alla
qualita' di soggetto pubblico dell'ente concedente in un regime
liberalizzato di prestazione dei servizi e' soddisfatto
esclusivamente dalla osservanza delle norme in materia di
aggiudicazione degli appalti indicate nelle direttive 90/531/CEE e
93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei servizi esclusi.
3. L'articolo 8, che introduce l'articolo 8 sexies, attribuisce alla
Regione compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio
idrico integrato, quali la definizione dei criteri per la gestione
del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla
Legge 36/1994.
4. Contrasto tra l'art. 7, comma 1 nella parte che introduce l'art. 8
ter, comma 4 nella L.R. 25/99, della L.R. 1/03 e l'art. 117, comma 1
Cost.
L'art. 7 della legge regionale in parola interviene sul testo della
L.R. 25/99, aggiungendovi l'art. 8-ter. L'articolo novellato contiene
nei primi tre commi disposizioni di principio in tema di gare per
l'affidamento a privati dei pubblici servizi, e nel quarto comma
dispone: "Per i servizi disciplinati dalla presente legge, ferma
restando la necessita' di una gestione di tipo industriale
rispondente a criteri di efficienza, efficacia ed economicita', e'
consentito l'affidamento diretto da parte dell'Agenzia a societa' a
prevalente capitale pubblico effettivamente controllate da Comuni
rientranti nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a
favore dei medesimi la parte prevalente della propria attivita'.
Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle gare per
l'affidamento del servizio. L'esclusione si estende alle societa'
controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche' alle
societa' controllate o collegate con queste ultime".
In sostanza, con il quarto comma, si offre una via alternativa alla
gara alle Autorita' locali di ATO, le quali possono derogare, e senza
obbligo di motivazione, il procedimento dell'affidamento tramite gara
aperta, per ricorrere all'affidamento diretto ad un soggetto
predeterminato, purche' esso sia una societa' a maggioranza pubblica
ed il socio pubblico rientri geograficamente nell'area dell'ATO. La
deroga meramente discrezionale reintroduce nel sistema una riserva a
favore dei soggetti economici in cui si sono trasformate le
municipalizzate o ai quali sono state conferite le aziende
municipalizzate, in base alla previgente normativa di settore. La
riserva ricostituisce di fatto il monopolio dell'ente locale, in
proprio o associato ad altri enti locali, nei settori della
prestazione dei servizi locali di interesse economico ed
imprenditoriale che, contraddittoriamente, nel comma 1 del medesimo
articolo 8 ter si dichiara di avere abbandonato, confermando
integralmente quanto disposto dall'articolo 113 del DLgs 267/00 (come
modificato dall'articolo 35 della legge 448/01), il cui comma 5
dispone "Le erogazioni del servizio, da svolgere in regime di
concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con
conferimento della titolarita' del servizio a societa' di capitale
individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad
evidenza pubblica". E' appena il caso di sottolineare che la
espressione "secondo le discipline di settore" sta a richiamare le
norme specifiche relative al singolo servizio necessitate dalle
caratteristiche peculiari del servizio medesimo.
Lo strumento dell'affidamento diretto del servizio, cioe' senza
ricorso a gara, che gia' indica la volonta' di non gestire
direttamente il servizio pubblico, oltre a costituire la regola fino
al recente passato in tema di servizi idrici (ma la disposizione in
esame non riguarda solo i servizi idrici, ma anche quelli relativi ai
rifiuti e gli altri aventi la medesima caratteristica di servizi
locali di carattere economico e imprenditoriale) veniva previsto come
possibile alternativa (senza limitazioni di sorta) ancora dall'art.
22 della Legge 8 giugno 1990, n. 142, operante fino al settembre
2000, all'entrata in vigore del DLgs 142/90.
Orbene, proprio determinando una scelta di politica legislativa di
decisa svolta rispetto al passato, il legislatore ha emanato una
serie di disposizioni che si sono mosse verso un criterio di assoluto
favor per le gare e la concorrenza nell'affidamento dei servizi
pubblici locali, la cui ratio e' quella di eliminare le perduranti
sacche di inefficienza e gli alti costi legati a strutture pubbliche
insensibili alle esigenze di mercato, determinando dunque un
sostanziale vulnus nella cura dell'interesse pubblico, proprio in
ragione delle diseconomie e della minor qualita' del servizio. Un
profilo centrale nell'ambito di tali riforme e' rappresentato
dall'incisivo intervento del legislatore comunitario, il quale ha
reso vincolante il principio della procedura ad evidenza pubblica per
il piu' ampio numero di affidamenti possibile, consentendo poche e
circoscritte deroghe. Cio' e' avvenuto per il tramite delle direttive
92/50/CEE e 93/38/CEE, le quali non lasciano adito a dubbi circa
l'obbligo degli Stati membri di limitare e motivare qualunque deroga
essi apportino alla regola dell'affidamento tramite gara.
L'attuazione delle direttive nell'ordinamento italiano e' iniziata,
per quanto attiene il settore idrico, con la cd. "legge Galli" (Legge
5 gennaio 1994, n. 36), la quale per prima pone chiaramente la
necessita' di una gestione delle acque orientata nettamente secondo
criteri di economicita' ed efficienza. Tuttavia anche questo
provvedimento doveva conciliarsi con la legge sulle autonomie locali
(la gia' citata 142/90) la quale prevedeva, come si e' ricordato, la
possibilita' dell'affidamento diretto.
Il principio della gara e' divenuto l'unica possibile scelta
nell'affidamento dei servizi pubblici locali, in conformita' alla
normativa comunitaria primaria e derivata, con il nuovo TU
sull'ordinamento degli enti locali (DLgs 18 agosto 2000, n. 267). Nel
Testo Unico, infatti, si prevede la separazione tra proprieta' della
rete e erogazione del servizio al pubblico (art. 113), individuando
per quest'ultimo settore la gara ad evidenza pubblica come modus
procedendi imprescindibile, una volta scadute le attuali concessioni.
In tal modo si e' riconosciuto che nel settore della erogazione dei
servizi pubblici di natura industriale non sussistono ragioni per una
deroga alle norme sulla concorrenza, pure ammessa dall'articolo 86
del Trattato.
Com'e' noto, tra l'altro, si sono svolte nei mesi scorsi gare in
importanti AATTOO del territorio nazionale, per mezzo delle quali gli
enti locali hanno potuto uscire dalla gestione diretta del servizio,
affidandola a societa' commerciali di comprovata esperienza e
solidita' e, al contempo, recuperando rilevanti risorse finanziarie
aggiuntive, a motivo dell'aggiudicazione della concessione al
"miglior offerente".
Per dare ulteriore impulso al processo di rinnovo delle concessioni e
al miglioramento dei servizi offerti e' stata collocata, all'interno
della legge finanziaria 2002 (art. 35, Legge 28 dicembre 2001, n.
448) una norma che provvede a disciplinare il periodo di transizione
verso l'applicazione delle norme di cui al citato art. 113, DLgs
267/00, vietando che le concessioni in atto vengano prorogate oltre
un massimo di cinque anni se rilasciate con procedure diverse
dall'evidenza pubblica, e prevedendo altresi' la loro anticipata
cessazione in caso esse superassero il termine prescritto.
Per facilitare la ordinata transizione verso il nuovo sistema, lo
stesso art. 35 prevede, nel successivo quinto comma, la possibilita'
di rilasciare concessioni senza gara, a soggetti pubblici radicati
sul territorio, per ulteriori diciotto mesi dall'entrata in vigore
della legge. Si evince dunque che il prossimo mese di giugno 2003 e'
la data ultima, senza possibilita' di deroga, per utilizzare il
sistema dell'affidamento diretto del servizio. Cosi' l'Italia ha teso
a conciliare una duplice differenziata esigenza: da una parte si mira
a rendere graduale e non traumatico il passaggio da un sistema
improntato alla pubblicita' dei gestori ad uno incentrato sulla
libera concorrenza, dall'altra si rende la normativa italiana
compatibile con le esigenze di mercato e di osservanza del diritto
comunitario.
Quanto premesso non lascia spazio a dubbi relativamente alla
circostanza che una norma regionale, la quale permetta il
prolungamento sine die del sistema pubblicistico dell'affidamento
diretto ove in atto o che, addirittura, consenta il rilascio di nuove
concessioni senza gara ed a tempo indeterminato sia in netto e palese
contrasto con le norme comunitarie, prima ancora che con le leggi
nazionali.
Concludendo, il comma 4 dell'articolo 8-ter della L.R. Emilia-Romagna
25/89, introdotto dall'art. 7, comma 1 della L.R. Emilia-Romagna
1/03, e' costituzionalmente illegittimo poiche' disattende il limite
posto dalla Costituzione alla legislazione regionale consistente nel
rispetto "dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali" (art. 117, comma 1).
Alla luce della riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione il limite in parola ha notevolmente accresciuto la
propria rilevanza, per la irrimediabilita' degli eventuali contrasti
tra le norme regionali e il Trattato e la legislazione derivata
comunitaria, che comportano la responsabilita' internazionale del
Governo italiano, senza possibilita' per quest'ultimo di esercitare
alcuna autorita' emendatrice sulla legislazione regionale.
Il giudice delle leggi e' chiamato a valutare tale non conformita' e
con la dichiarazione di incostituzionalita' della legge regionale che
non abbia rispettato i limiti imposti alla legge derivanti dalla
normativa comunitaria (non solo il Trattato, ma anche la normativa
derivata) elimina alla radice quella che e' anche la illegittimita'
comunitaria della legge regionale.
5. Contrasto dell'articolo 8, nella parte in cui introduce nella L.R.
25 del 1999 l'articolo 8 sexies della L.R. Emilia-Romagna 1/03 con
l'articolo 117, commi 2 e 3 Cost., relativamente all'esercizio di
competenze riservate alla legislazione statale.
L'articolo 8, che introduce l'articolo 8 sexies nella L.R 25/89
attribuisce alla Regione compiti in materia di gestione e
organizzazione del servizio idrico integrato, quali la definizione
dei criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti
funzioni gia' previste dalla Legge 36/94, in violazione dell'articolo
88 del DLgs 112/96, secondo cui dette competenze sono riservate allo
Stato.
Le competenze relative alla disciplina dei servizi idrici pubblici
rientrano, perlomeno sotto gran parte dei profili ivi afferenti,
nella materia contemplata dall'art. 117, comma 2, lett. s) Cost.,
relativa cioe' alla "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali". La materia della tutela ambientale e' affidata
dall'articolo 117, comma 2, Cost. alla competenza esclusiva dello
Stato.
Sicuramente e' necessario leggere la norma sulla competenza in
materia ambientale in maniera coordinata col successivo comma 3,
relativo alle materie di legislazione concorrente. Tra queste rientra
quella del "governo del territorio", che innegabilmente afferisce, in
posizione complementare all'aspetto ambientale, alla materia delle
risorse idriche.
Qualunque lettura si voglia dare del disposto costituzionale, che
senz'altro non eccelle nel tracciare confini netti tra gli ambiti
materiali, rimane comunque impedito alla Regione di attuare una
politica contrastante con i principi generali della materia fissati a
livello nazionale, e non vi puo' esser dubbio che l'affidamento dei
servizi pubblici in regime di concorrenza e libero mercato sia un
principio generalissimo, di derivazione comunitaria per la
realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale dei servizi
pubblici di rilievo locale a carattere economico e imprenditoriale,
cui gli enti di governo locali devono dare attuazione in ragione
delle proprie competenze. Il prolungamento tendenzialmente illimitato
degli affidamenti diretti si pone in chiaro contrasto con tale
generale enunciato.
Anche prescindendo dalla normativa costituzionale la legge regionale
appare travalicare i confini della propria competenza.
La giurisprudenza costituzionale recente ha ribadito la validita'
delle norme emanate ante riforma del Titolo V ed aventi ad oggetto la
specificazione dei settori nei quali si appalesa la necessita' di
tracciare delle regole a livello nazionale. Il principio e' stato
espressamente ribadito in recenti pronunce, tra le quali la sentenza
282/02.
Nella materia de quo, e' tra l'altro, ancora vigente il DLgs 31 marzo
1998, n. 112, emanato in attuazione della Legge 15 marzo 1997, n. 59,
il quale specifica con notevole precisione quali elementi, in materia
di gestione delle acque, debbano rimanere di determinazione
nazionale, per la loro natura tecnica e per evidenti esigenze di
uniformita' sull'intero territorio nazionale. Sul punto che qui
rileva dispone l'art. 88 del DLgs 112/98, che si pone per necessita'
come norma interposta, a specificazione dei contorni tracciati, su di
un piano generalissimo, dall'art. 117 Cost. Non v'e' dubbio che la
disposizione regionale in esame sia in contrasto con quanto stabilito
da tale atto normativo, poiche' con essa, lungi dal garantire una
omogeneita' di condizioni di utilizzo compatibile della risorsa
idrica si crea una disomogeneita' che viola le finalita' medesime
della Legge 36/94.
6. Nell'ottica delle precedenti considerazioni si ritiene
particolarmente censurabile la legge regionale in questione, la quale
viola altresi' il principio di leale collaborazione, posto a
fondamento del nuovo ordinamento regionale creato con la legge Cost.
3/01, poiche' la possibilita' di affidamento diretto ed
incondizionato dei servizi pubblici locali concreta, oltre alla
violazione delle norme comunitarie richiamate, anche l'attuazione di
una politica contrastante ed addirittura contraria a quella adottata
dalla generalita' delle altre autorita' di governo; cosi' come
l'esercizio delle altre funzioni di governo indicate nell'articolo 8
sexies in materia di sistema idrico integrato si pone in potenziale
contrasto con una corretta gestione della risorsa, che in quanto
risorsa rara necessita di una gestione a tutti i livelli omogenea e
concordata. Tale separatezza di scelte gestionali e di governo dei
servizi relativi alla gestione del servizio idrico integrato e di
quello dei rifiuti urbani introduce nel sistema elementi di
disomogeneita' che contrastano con gli interessi generali perseguiti
e dalle Regioni e dallo Stato.
P.Q.M.
si chiede che gli artt. 7 ed 8 della legge regionale
dell'Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, in parte qua, siano
dichiarati incostituzionali, poiche' in contrasto con l'art. 117
della Costituzione e con norme di legge ordinaria interposte.
Roma, 26 marzo 2003
IL CANCELLIERE L'AVVOCATO DELLO STATO
M.R. Fruscella Maurizio Fiorilli