COMUNICATO
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2002 (art. 11 della L.R. 21 marzo 1995, n. 15)
Signor Presidente del Consiglio, signori Consiglieri regionali
Nel 2003 il Difensore civico della Regione Emilia-Romagna compie il
suo diciottesimo anno d'eta'. Si puo' affermare a pieno titolo che
l'istituto e' entrato nella maggiore eta' ed ha acquisito la piena
capacita' d'agire, avendo raggiunto l'idoneita' e maturita'
necessarie per assumere compiutamente tutte le responsabilita' che
gli sono demandate dall'ordinamento e per promuovere le iniziative
piu' idonee allo svolgimento delle proprie funzioni.
La circostanza mi induce a formulare un breve riepilogo degli aspetti
salienti di quanto e' stato compiuto in questi anni dai diversi
soggetti incaricati della difesa civica, con particolare riferimento
al periodo nel quale l'incarico e' stato conferito alla scrivente.
Questo excursus mi permettera' di evidenziare gli elementi utili per
formulare alcune considerazioni in ordine alla capacita' della difesa
civica di assumere un ruolo sempre piu' adeguato agli interessi
generali dei cittadini, e nello stesso tempo di fungere da stimolo e
propulsore della pubblica amministrazione per la realizzazione
dell'interesse pubblico al buon funzionamento delle istituzioni.
1. Bilancio di diciotto anni di difesa civica
E' interessante notare che la L.R. n. 37 del 1984, istitutiva del
Difensore civico, prevedeva una potesta' d'intervento sensibilmente
limitata quanto a funzioni, competenza territoriale e destinatari
degli interventi. Cio' nonostante, la prassi seguita dai diversi
Difensori civici fu costantemente rivolta ad un'applicazione
estensiva delle competenze, cosi' da porre in essere interventi anche
per casi che, stricto sensu, esulavano dalle loro attribuzioni
istituzionali, ma pur sempre in sintonia con la peculiarita' propria
dell'istituto, di strumento realmente satisfattivo delle legittime
aspettative dei cittadini.
In cio' si e' evidenziato un primo aspetto della difesa civica, quale
strumento in grado di precorrere i tempi, anticipando le soluzioni
legislative, e quanto alla sua attitudine a dare soddisfazione nella
maniera piu' piena ed estesa agli interessi singoli e diffusi.
Nel tempo, questa prassi e' stata recepita dal legislatore, i poteri
d'indagine e d'intervento, anche in forme non precisate, si sono
dilatati, dapprima attraverso la nuova normativa introdotta con la
L.R. n. 15 del 1995 - che ha costruito una figura di Difensore civico
dotato di piu' spiccata autonomia e di piu' ampi poteri d'indagine,
d'intervento e di segnalazione - e successivamente attraverso
l'attribuzione al Difensore civico regionale, da parte dello Stato,
di competenze di carattere generale nei confronti delle
amministrazioni statali periferiche (art. 16 della Legge 127/97), e
il trasferimento allo stesso Difensore civico del controllo
sostitutivo sugli atti degli enti locali (art. 17, comma 45, Legge
127/97).
In parallelo con l'incremento delle competenze attribuite alla figura
si sono incrementate in maniera esponenziale le richieste
d'intervento: infatti, l'attivita' di difesa civica, iniziata nel
1985 con 180 istanze formalizzate, e' andata crescendo fino a
raggiungere nell'anno 2002 il numero rilevante di 1675 interventi,
con cio' confermando che la conoscenza e il gradimento dell'istituto
sono un elemento ormai acquisito nella cultura della comunita'
locale.
Al costante afflusso di soggetti richiedenti si e' sommato l'impegno
crescente derivante dall'attribuzione a questo ufficio della funzione
di difesa civica anche a favore dei cittadini di Comuni che si sono
convenzionati a questo scopo. Al momento sono operative 17
convenzioni con i seguenti Enti locali: Bologna, Ravenna, Casalecchio
di Reno, Zola Predosa, Budrio, S. Agata Bolognese, Crevalcore, Pieve
di Cento, Circondario di Imola composto da: Imola - Castel San Pietro
Terme - Castelguelfo - Borgo Tossignano - Castel del Rio -
Fontanelice - Mordano - Dozza - Casalfiumanese.
Poiche' alcune convenzioni prevedono la presenza di un funzionario
presso la sede comunale, e' da tenere presente che, per 136 giorni
all'anno, un funzionario di questa struttura e' fuori sede per tale
motivo.
Per rendere piu' comprensibile la situazione, mediamente ogni
settimana un funzionario della struttura e' fuori sede per 2,83
giorni.
Come evidenziavo sopra, fin dai primi anni l'attivita' si e' ispirata
al principio di rafforzare la tutela dei richiedenti operando anche
nei confronti delle amministrazioni sprovviste di Difensore civico.
Questa prassi si e' instaurata dapprima con richiamo alle regole
della buona amministrazione; successivamente, e' stata
"istituzionalizzata" attraverso la facolta', riconosciuta al
Difensore civico dal comma 2 dell'art. 2 della L.R. 15/95, di
segnalare eventuali disfunzioni riscontrate presso altre pubbliche
amministrazioni, sollecitandone la collaborazione, per il
perseguimento delle finalita' di imparzialita' e buon andamento della
pubblica amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.
Conseguentemente, la collaborazione della generalita' delle
amministrazioni pubbliche, che era mancata in taluni casi nei primi
anni di attivita' della difesa civica, in seguito e' divenuta
pressoche' costante e soddisfacente.
Gli interventi segnalati nella presente relazione evidenziano,
infatti, come le diverse amministrazioni destinatarie di un reclamo -
alle quali mi sono rivolta direttamente qualora sprovviste di
Difensore civico, anche se ubicate fuori del territorio regionale -
non hanno negato la loro collaborazione, a volte addirittura piu'
puntuale di quella prestata da altre amministrazioni a cio' tenute
per legge.
In cio' si e' evidenziato un secondo aspetto della difesa civica,
quale strumento in grado di promuovere un dialogo virtuoso con la
generalita' delle amministrazioni pubbliche.
Per contro, l'organizzazione della struttura e' rimasta
sostanzialmente invariata: infatti, con deliberazione del 7 gennaio
1986, l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale individuava la
dotazione organica del Servizio del Difensore civico come segue: un
Dirigente della seconda qualifica addetto ad attivita' funzionali
giuridico - amministrative in qualita' di Responsabile del servizio;
tre Funzionari addetti ad attivita' giuridico-amministrative; un
Istruttore amministrativo; un Ausiliario.
A tutt'oggi, nonostante le mie reiterate richieste in tal senso,
l'organico e' rimasto sostanzialmente invariato.
Poiche' normalmente il ricevimento del pubblico e la trattazione
delle singole istanze sono di competenza dei funzionari, lo stesso
numero di funzionari deve seguire un numero di interventi che, negli
anni, si sono decuplicati: come conseguenza, attualmente la struttura
si trova al limite massimo delle proprie capacita', nonostante
l'impegno costante di tutti i collaboratori, e senza possibilita' di
programmare nuove iniziative di lavoro.
Ritengo pertanto non piu' procrastinabile l'aumento della dotazione
organica quanto alle figure di funzionario amministrativo, cosi' da
acquisire in pianta stabile personale qualificato ed esperto, poiche'
qualunque ipotesi di programmazione futura deve essere preceduta da
un'attenta analisi delle potenzialita' della attuale struttura.
In particolare, attraverso un incremento dell'attuale dimensione
della struttura sara' possibile attuare le iniziative per
l'attivazione di sedi decentrate presso i capoluoghi di provincia,
cosi' da fornire una piu' efficace tutela civica della popolazione
emiliano-romagnola nei confronti delle amministrazioni statali
periferiche che ivi hanno la loro sede.
Gia' nella relazione per l'anno 1985 il Difensore civico, riscontrato
l'enorme divario di frequenza tra le istanze provenienti da Bologna e
quelle provenienti dalle altre province, suggeriva di istituire punti
di ascolto, inviando in loco con una certa sistematicita' i propri
funzionari.
Un esperimento di questo decentramento fu effettuato dal 1986 al
1990, inviando un giorno al mese un funzionario per ricevere i
reclami scritti e orali, che sarebbero stati poi trattati in sede,
dapprima presso i Comuni di Ferrara e Piacenza. Negli anni
successivi furono attivate analoghe esperienze anche presso gli altri
capoluoghi di provincia, in quanto il notevole afflusso di reclami
presentato confermava l'opportunita' di insistere nell'esperimento.
Sulla base di questa esperienza positiva, la L.R. n. 15 del 1995,
innovando sul punto, prevedeva all'art. 6, comma 3: "Il Difensore
civico, per assicurare il funzionamento dell'ufficio anche in forma
decentrata, puo' disporre un calendario di presenze periodiche di
propri funzionari presso gli uffici periferici della Regione e,
previe adeguate intese, degli Enti locali.".
Questa previsione non ha peraltro trovato applicazione.
Ma su questo riferiro' piu' ampiamente al punto n. 5.
2. Quadro normativo sulla difesa civica
Nell'anno 2002 non sono intervenute disposizioni di legge a livello
regionale e statale che in qualche modo si riflettano sulla attivita'
di difesa civica.
Nello stesso tempo sono proseguiti gli incontri con i rappresentanti
della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali per una
valutazione delle problematiche emergenti e delle iniziative che
caratterizzavano i nuovi comuni impegni.
A tale scopo, il Coordinamento nazionale dei Difensori civici
regionali ha proposto uno schema di risoluzione in materia di difesa
civica, che e' stato approvato dall'Assemblea nazionale delle elette
e degli eletti dei Consigli regionali e delle Province autonome nella
sessione tenutasi a Roma il 5 e 6 giugno 2002.
Si tratta di un momento fondamentale per il riconoscimento del ruolo
del Coordinamento nazionale dei Difensori civici regionali e della
sua rappresentativita' in ambito europeo e internazionale, che assume
una portata di forte innovazione istituzionale e che apre prospettive
di riforma.
Con questo documento, il Congresso delle Regioni "impegna la
Conferenza dei Presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e
delle Province autonome
1) ad adottare le iniziative necessarie affinche' ciascun Presidente,
d'intesa con i rispettivi Uffici di Presidenza, porti all'esame
dell'Assemblea e dei Consigli regionali il presente documento;
2) a promuovere il completamento della rete di difesa civica
attraverso la sua istituzione in quelle Regioni ancora prive del
Difensore civico regionale, riconoscendo al ruolo della difesa civica
piena legittimita' statutaria;
3) a riformare la legislazione regionale in funzione di piu' ampie
prerogative del Difensore civico in materia di accertamento e
valutazione di atti e comportamenti della pubblica amministrazione,
di composizione delle controversie, di promozione di atti di riforma
e semplificazione amministrativa, raccogliendo il frutto dei piu'
avanzati ordinamenti europei e i risultati del lungo processo anche
parlamentare per la creazione di un sistema integrato di difesa
civica;
4) ad attivare le piu' opportune intese con i rappresentati dello
Stato e delle Autonomie locali disponibili a dare vita ad un moderno
servizio di difesa civica nei confronti di ogni livello della
pubblica amministrazione, evitando ogni forma di settorializzazione e
consolidando l'organicita' delle competenze del Difensore civico
regionale anche nei riguardi della amministrazione periferica dello
Stato e delle aziende pubbliche nazionali e regionali operanti nelle
signore Regioni, e rafforzandone le funzioni attraverso tempestivi
poteri di accesso ad ogni documentazione amministrativa, l'esercizio
di particolari forme di "controllo sostitutivo" e di sospensiva
dell'efficacia degli atti ispirate a sostanziali esigenze di
giustizia e garanzia per i cittadini, la sanzionabilita' dei
comportamenti che si frappongono all'esercizio dell'azione di tutela;
5) a determinare, di concerto con gli stessi Enti locali e secondo
criteri di sussidiarieta' e di coordinamento regionale, gli ambiti
territoriali ottimali per l'esercizio delle funzioni di difesa
civica, riconoscendo la piena autonomia organizzativa e finanziaria
necessaria al loro adeguato svolgimento e disciplinando le modalita'
per assicurare in ogni realta' l'esercizio della difesa civica anche
in forme associative;
6) a costituire un gruppo di lavoro tecnico-politico a livello di
Congresso delle Regioni, quale strumento di analisi, ricerca e
impulso in grado di affiancare lo sforzo di modernizzazione
amministrativa e il trasferimento dei risultati ad ogni livello
istituzionale, attraverso un costante monitoraggio sulle
sperimentazioni e sull'avanzamento della legislazione nelle diverse
realta';
7) a riconoscere il ruolo del Coordinamento nazionale dei Difensori
civici regionali e delle Province autonome quale interlocutore
propulsivo nei processi di sviluppo e consolidamento della difesa
civica in ambito nazionale e a sostenerne le iniziative tese sia ad
integrare la difesa civica italiana nel contesto della difesa civica
europea, sia a stabilire efficaci relazioni e ufficiale
rappresentanza nei confronti degli organismi internazionali di difesa
civica;
8) a dar corso alle iniziative ritenute utili a progetti di
approfondimento scientifico e di pubblicizzazione, anche a livello
istituzionale, per una piu' ampia divulgazione dell'istituto di
difesa civica.".
Quale conseguenza dell'approvazione di questa Risoluzione,
nell'ottobre e' stato costituito un Gruppo di lavoro tecnico-politico
per la riforma della difesa civica regionale e locale, finalizzato:
- a realizzare un'indagine sulla legislazione vigente nelle singole
Regioni in materia di difesa civica regionale e locale, nonche' sui
processi di adeguamento e aggiornamento in atto nelle diverse
realta';
- a contribuire ad una moderna e attuale configurazione statutaria
della difesa civica regionale e locale, anche sulla scorta dei
principi elaborati in sede di dibattito per le riforme istituzionali
e per un "sistema" nazionale di tutela, oltre che in documenti e
risoluzioni adottate a livello europeo e internazionale;
- a promuovere l'individuazione di fondamentali principi e
prerogative della difesa civica, secondo ambiti territoriali ottimali
e criteri di autonomia organizzativa e funzionale, formulando
proposte utili alla riforma della legislazione regionale e alla
diffusione degli strumenti "non giurisdizionali" di tutela;
- a formulare proposte e soluzioni normative che residuano alla
competenza legislativa del Parlamento nazionale, in grado di
raccordare funzioni e strumenti di tutela agli ordinamenti europei.
Il predetto Gruppo di lavoro, composto tra gli altri di sei Difensori
civici designati dal Coordinamento nazionale, e' impegnato a
favorire, da parte delle Regioni, il piu' ampio trasferimento delle
innovazioni e sperimentazioni in materia e a sostenere, attraverso
adeguati supporti conoscitivi, le iniziative volte al completamento
della rete regionale di difesa civica.
All'incirca nello stesso periodo veniva costituita, presso il Vice
Presidente del Consiglio dei Ministri, una Commissione di studio
avente il compito di approfondire le problematiche connesse
all'istituzione ed al funzionamento del Difensore civico nazionale,
anche nella prospettiva di un'armonizzazione con analoghe istituzioni
dei Paesi della Comunita' Economica Europea, nonche' allo scopo di
formulare specifiche proposte normative al riguardo.
La Commissione, che ha concluso i propri lavori il 31 dicembre 2002,
ha elaborato una bozza di articolato composto di un solo articolo, da
inserire - in un piu' ampio testo normativo - il quale, ad avviso del
Coordinamento nazionale dei Difensori civici regionali, desta
numerose perplessita'.
Lo stesso testo, infatti, in primo luogo non sembra tenere conto
dell'esigenza, che la materia richiede, di fare tesoro del bagaglio
di esperienze e di dibattiti maturati fino ad oggi in campo nazionale
ed internazionale, ed in ogni caso non fornisce alcuna disciplina dei
rapporti che in tal modo vanno ad instaurarsi tra i diversi livelli
di difesa civica, in particolare tra quella a livello nazionale e
quella regionale.
A parte la necessita' di prevedere preliminarmente un supporto
costituzionale all'istituzione del Difensore civico nazionale, sembra
pertanto piu' opportuna l'adozione di norme di principio, vale a dire
una normativa quadro tale da conferire ai diversi livelli di difesa
civica carattere di obbligatorieta' e di uniformita' per quanto
attiene ai principi fondamentali.
3. Strategie dell'azione di difesa civica
L'insieme di criteri e di regole applicati per gli anni precedenti, e
gia' evidenziati nelle precedenti relazioni, sono stati utilizzati
anche nell'anno 2002 attraverso l'applicazione al caso concreto del
bagaglio di esperienze e di conoscenze acquisite negli anni.
Innanzitutto, nel corso della trattazione del singolo caso e' stata
mia cura prefigurare indicazioni valide anche in prospettiva per casi
analoghi, cosi' da incrementare l'utilita' dell'intervento e tentare
di prevenire disservizi, prassi e comportamenti non conformi a
principi di buon andamento.
Piu' in generale, ho richiamato l'attenzione dei soggetti preposti
alle strutture pubbliche sulla necessita' di privilegiare una lettura
della norma o del regolamento nella loro accezione piu' favorevole al
cittadino, cosi' rendendo piu' agevole, per quanto possibile, il
soddisfacimento delle richieste, in quanto non espressamente
contrarie all'ordinamento vigente.
In proposito occorre tenere presente che il DPCM 28 novembre 2000 -
Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni - prevede all'art. 2, comma 6, appunto l'obbligo di
agevolare, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle
attivita' loro consentite, o comunque non contrarie alle norme
giuridiche in vigore.
In questo ambito ho riscontrato, infatti, difficolta' di rapporto tra
cittadino e pubblica amministrazione derivanti dall'applicazione, da
parte di quest'ultima, delle regole che disciplinano la sua azione in
maniera formalistica e burocratica, senza valutare se il
comportamento tenuto fosse il piu' adeguato per il raggiungimento
dello scopo prefissato dall'ordinamento.
E', del resto, evidente che la regola non puo' prevedere tutti i casi
concreti in cui l'amministrazione e' chiamata ad agire, ne' puo'
indicare espressamente come la stessa amministrazione deve agire.
Esiste quindi un ambito entro il quale il dirigente, e il dipendente
pubblico in genere, deve conformare la sua condotta a principi di
semplificazione ed efficienza, in modo da conseguire il risultato in
concreto piu' confacente per l'interesse del cittadino con il minor
dispendio di energie, di risorse e di disagio per il destinatario.
A questo proposito ho anche riscontrato che non sempre vengono
rispettate le regole piu' elementari. A titolo di esempio, ho spesso
richiamato l'attenzione delle strutture pubbliche sul mancato
rispetto dell'obbligo, previsto dall'art. 6, comma 1, lettera d),
della Legge 241/90, di trasmettere gli atti all'organo competente per
l'adozione del provvedimento finale, qualora la struttura adita sia
sprovvista della competenza a decidere.
D'altro canto, cosi' come non sono ancora generalizzati i
comportamenti idonei a stabilire il giusto rapporto di fiducia e
collaborazione con i cittadini, appare episodica la disponibilita'
della struttura pubblica a fornire tutte le notizie, i suggerimenti e
i consigli che possono rendere piu' agevole all'utente l'accesso al
beneficio cui aspira.
E' evidente che ancora non e' acquisito nella cultura del pubblico
dipendente il convincimento che questi modi di essere rientrano a
pieno titolo nei suoi doveri d'ufficio, in quanto costituiscono
esplicazione della sua attivita' lavorativa (cosi' come stabilito
dall'art.2, comma 5 del citato Codice di comportamento).
Il panorama complessivo che ho riscontrato nelle pubbliche
amministrazioni non e' peraltro negativo. Sono lieta di poter
affermare che, nel corso di questi anni, ho verificato un
miglioramento nel rapporto dialettico che si e' instaurato con le
amministrazioni, sia quella regionale che le altre pubbliche
amministrazioni in genere, con risposte e provvedimenti adottati
sollecitamente ed in maniera adeguata.
Anche il rispetto dei tempi di risposta e' notevolmente migliorato in
questo quinquennio, e solamente per un numero non rilevante di casi
ho dovuto insistere con il mio interlocutore.
Pure per quanto concerne la convocazione del responsabile del
procedimento, sono stati sporadici gli episodi nei quali sono stata
costretta ad utilizzare questo rimedio estremo.
La collaborazione prestata e' stata, di massima, puntuale anche per
quanto riguarda il merito delle risposte fornite, e solo in pochi
casi ho dovuto lamentare risposte contenenti motivazioni non adeguate
a superare le osservazioni del Difensore civico.
Ho poi ritenuto di attivarmi in taluni casi, anche quando l'operato
di un'amministrazione risultava conforme a legge, allorche'
emergevano aspetti che piu' propriamente esorbitavano da quelli
meramente formali e che meritavano un approfondimento.
Spesso infatti ho verificato che le amministrazioni fanno gravare sui
cittadini i loro errori o le loro disfunzioni, pretendendo da
costoro, ad esempio, la prova che l'adempimento e' stato effettuato o
che la richiesta e' stata prodotta in termini.
A sua volta il privato, sommerso da una quantita' sempre maggiore di
adempimenti verso una miriade di amministrazioni, destinatario di una
normativa assai farraginosa e a volte troppo complicata, puo' aver
dimenticato i fatti pregressi, puo' aver smarrito o distrutto le
ricevute degli adempimenti soddisfatti senza doversi trovare, a
distanza di anni, di fronte a una reiterazione di richieste alle
quali non sa come opporsi.
In tutte queste situazioni, mi sono adoperata affinche' venisse
tutelata la buona fede del soggetto e il suo legittimo affidamento
sulla correttezza dell'operato delle istituzioni.
Per converso, ho ritenuto di attivarmi solamente in presenza di una
lesione effettiva dei diritti e degli interessi del singolo, e non
per tutelare l'aspetto meramente formale di una posizione soggettiva.
Cerco di spiegarmi meglio con un esempio. Recentemente, nel corso di
una trasmissione televisiva di grandissimo ascolto e' stato
evidenziato che le prescrizioni contenute nella segnaletica stradale
sono illegittime qualora la stessa non contenga nel retro alcune
indicazioni, ivi compresa quella dell'ordinanza di apposizione.
In particolare, veniva prospettata agli automobilisti la possibilita'
di contestare le contravvenzioni stradali, quali quelle per divieto
di sosta, qualora la relativa segnaletica non fosse in linea con le
previsioni contenute nel Codice della Strada.
Puntualmente, il giorno dopo quella certa trasmissione un cittadino
mi ha richiesto di intervenire per l'annullamento di una
contravvenzione per divieto di sosta in area nella quale la
segnaletica stradale era, a suo dire, sprovvista delle prescritte
indicazioni.
Ho declinato tale richiesta, in quanto non ritenevo quel certo
interesse meritevole di tutela da parte del Difensore civico:
infatti, non era in dubbio l'esistenza dell'ordinanza di apposizione
del segnale, quanto piuttosto la circostanza che gli estremi
dell'ordinanza non erano stati riportati.
In questa situazione, la contestazione era riferibile solamente ad un
elemento formale.
Ho ritenuto quindi di dare rilievo al dato, sostanziale, che
l'infrazione era avvenuta, e che appariva preminente nel caso
l'interesse collettivo ad ottenere una migliore qualita' della vita,
conseguibile anche attraverso una segnaletica stradale adeguata a
tutelare il diritto di tutti ad avere una circolazione stradale
ordinata, nonche' il diritto di tutti di trovare, a turno, un luogo
ove parcheggiare.
Per concludere, ritengo indispensabile formulare un'ultima
precisazione, che concerne piu' propriamente la stesura di questa
relazione.Come gia' per gli anni scorsi, ho ritenuto meritevoli di
segnalazione gli interventi piu' sintomatici di disfunzioni, oltre a
quelli nei quali, pur non avendo raggiunto il risultato auspicabile,
l'intervento non e' risultato inutile in quanto attraverso esso sono
emerse carenze o distorsioni della legge o questioni giuridiche
opinabili.
Al riguardo peraltro occorre, ancora una volta, fare una
precisazione.
In realta', nell'esposizione dell'attivita' svolta da un organo di
garanzia quale il Difensore civico vengono in evidenza in massima
parte i fattori negativi.
Il rischio insito nella natura stessa di un simile documento e' la
sovrabbondanza di fattori negativi, le disfunzioni, le chiusure
mentali, i torti, che sopravvivono in maniera abnorme nella memoria
dei soggetti interessati. D'altro canto, dal punto di vista di coloro
che chiedono il mio intervento, accade esattamente cio' che si
verifica nei nostri giornali quotidiani: la normalita' non fa
notizia. Vengono invece portati alla mia attenzione i fatti che fanno
notizia, che stigmatizzano disfunzioni e abusi, che costituiscono
l'oggetto di denunce e di richieste.
E' d'altro canto agevole intuire che la quantita' e qualita' degli
interventi da me operati nei confronti di una certa amministrazione
sono correlati alla qualita' e quantita' dei servizi dalla stessa
prestati: di norma, il numero di casi segnalati e' direttamente
proporzionale all'entita' e alla qualita' dell'utenza servita.
In particolare, un'amministrazione che fornisce servizi ad un'utenza
molto numerosa ed agguerrita, come succede per le Aziende regionali
per il diritto allo studio universitario o per le ACER,
inevitabilmente sara' destinataria di interventi del Difensore civico
molto maggiori di quelli svolti nei confronti di enti che non
gestiscono rapporti cosi' numerosi e problematici.
Questo e', in linea di principio, un aspetto limitativo
dell'istituto, perche' rischia di far perdere la prospettiva corretta
delle situazioni in colui che quotidianamente incontra soltanto
elementi di disfunzioni e di cattiva amministrazione, ma rischia
soprattutto di ingenerare, in chi legge, un'ingiustificata
valutazione negativa sulla complessiva operativita' di taluni enti o
servizi.
4. Attivita' operative
Durante il corso dell'anno 2002 sono state attivate una serie di
iniziative che, sulla base dell'esperienza acquisita in passato,
erano risultate idonee ad incrementare la visibilita' dell'istituto e
la sua fruibilita' da parte dei soggetti utenti.
Allo scopo sono particolarmente efficaci gli interventi sulle reti
televisive locali.
Segnalo in proposito, tra le altre, la mia partecipazione alla
trasmissione organizzata dalla rete televisiva Telesanterno -
Telecentro, intitolata "Sessanta minuti per conoscere", incentrata
sulla figura del Difensore civico, durante la quale sono stati
forniti alcuni cenni sulle origini dell'istituto, sul campo d'azione
della difesa civica e sull'utilita' della stessa allo scopo di
fornire ai cittadini uno strumento di tutela delle proprie posizioni
giuridiche agile, efficace e privo di formalita' e di oneri
economici.
Allo stesso modo, in occasione di interviste da parte di quotidiani
locali, ho avuto l'occasione di promuovere la conoscenza delle
potenzialita' offerte dall'istituto, cercando in tale modo di
raggiungere tutti i soggetti, anche quelli di condizioni economiche
modeste o con un grado di cultura limitato.
Ho ritenuto particolarmente utile il contatto con i ragazzi delle
scuole medie, che mediamente sono piu' ricettivi e interessati degli
adulti alle problematiche dei diritti dei singoli, ed ho instaurato
con loro un dialogo su temi concreti, trattato da questi ultimi con
semplicita' e nello stesso tempo con soddisfazione reciproca.
Sono proseguite le riunioni di coordinamento con i Difensori civici
delle altre regioni, nell'ambito del Coordinamento nazionale dei
Difensori civici delle Regioni e delle Province autonome. Durante
questi incontri, frequenti e fruttuosi, sono state concordate
iniziative idonee a rafforzare l'operativita' e le prospettive
dell'istituto.Ho anche promosso alcuni incontri con i Difensori
civici locali presenti nel territorio della regione per meglio
coordinare le reciproche sfere di azione e per scambiarci notizie
sulle rispettive esperienze ed iniziative.
Si e' trattato di occasioni di arricchimento professionale
indispensabili per ciascuno di noi, che si sono aggiunte ai frequenti
contatti telefonici ed epistolari.
In svariate occasioni ho avuto modo di curare i rapporti a livello
istituzionale con le varie autorita' pubbliche dei vari enti e
amministrazioni, nonche' i rapporti con dirigenti delle varie
amministrazioni per ricercare la soluzione di casi concreti o per
discutere di miglioramenti a modalita' operative.
Ho inoltre partecipato a diversi convegni, in alcuni dei quali sono
stata relatrice su problematiche attinenti la difesa civica.
Nell'ottobre del 2002 si e' insediata la Commissione per i
procedimenti referendari e d'iniziativa popolare prevista dalla L.R.
34/99, della quale sono Presidente.
Quale primo adempimento, la Commissione ha approvato il Regolamento
interno che disciplina il proprio funzionamento.
La Commissione ha altresi' preso in esame, riconoscendola
ammissibile, la proposta di legge regionale concernente "Istituzione
del Parco della Vena del Gesso Romagnola", iniziativa esercitata
dalla Provincia di Bologna, Provincia di Ravenna, Comuni di Casola
Valsenio, Riolo Terme, Brisighella, Fontanelice, Casalfiumanese e
dalle Comunita' Montane dell'Appennino Faentino e della Valle del
Santerno.
Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha riscontrato che alcune
disposizioni della L.R. 34/99 appaiono problematiche per un corretto
funzionamento della sua attivita': conseguentemente, dopo un
approfondito lavoro di rielaborazione a questo scopo, ha segnalato
all'Ufficio di Presidenza l'opportunita' di modificare queste stesse
disposizioni, inviando a tale fine una proposta di riforma.
E' stata altresi' attivata un'iniziativa che, benche' propriamente
non rientrante tra le competenze demandate dalla legge al Difensore
civico regionale, appariva tuttavia opportuna per assicurare una
maggior tutela ai cittadini emiliano-romagnoli e, in ultima analisi,
per migliorare l'efficienza delle amministrazioni stesse.
Questa iniziativa, seguita personalmente dal Responsabile del
Servizio del Difensore civico, dott. Stefano Sandorfi, era rivolta a
sensibilizzare gli Enti locali sulla possibilita', loro offerta
dall'art. 10 della L.R. 11/01, di accedere ai contributi regionali
previsti per lo sviluppo delle gestioni associate qualora attivino il
servizio di difesa civica comunale in forma associata.
Al riguardo, con una nota indirizzata ai Sindaci dei Comuni della
regione, nonche' ai Presidenti delle Comunita' Montane e ai
Presidenti delle Amministrazioni provinciali, sono state fornite
tutte le indicazioni e i suggerimenti ritenuti necessari, ed e' stata
assicurata la disponibilita' di questo ufficio a definire le
modalita' funzionali e organizzative propedeutiche all'attivazione in
forma associata del servizio di difesa civica.
Sono stati anche coinvolti nell'operazione i Difensori civici
presenti sul territorio regionale, invitandoli a collaborare allo
stesso fine.
In alcune provincie, inoltre, sono stati organizzati incontri con i
rappresentanti degli Enti interessati, allo scopo di fornire
ulteriori chiarimenti e materiale di supporto.
Infine, ho ritenuto mio preciso obbligo fornire un contributo
specifico alla predisposizione e messa a punto delle disposizioni del
nuovo Statuto regionale in materia di difesa civica.
A questo fine ho incontrato i Presidenti dei Gruppi consiliari,
fornendo loro il documento elaborato dal Coordinamento nazionale dei
Difensori civici regionali e offrendo la mia disponibilita' ad
approfondire questo argomento.
Ho anche partecipato attivamente ad alcune udienze conoscitive
promosse dalla Commissione Statuto, fornendo altresi' spunti di
riflessione nonche' un'ipotesi di disciplina della figura del
Difensore civico regionale.
5. Proposte operative
Preliminarmente desidero sottolineare che il Difensore civico
regionale e' stato istituito per tutelare i soggetti lesi da
comportamenti o provvedimenti adottati dall'amministrazione regionale
e dagli altri enti elencati all'art. 2, comma 1, lettere b), c) e d)
della L.R. n. 15 del 1995.
Allo stesso Difensore civico il Parlamento ha poi attribuito, con
l'art. 16 della Legge n. 127 del 1997, la competenza a tutelare
questi soggetti attraverso l'esercizio delle medesime funzioni nei
confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato.
A fronte di questi compiti primari e ineludibili si verifica, invece,
che gli interventi posti in essere sono riferibili solo in minima
parte a comportamenti o provvedimenti dell'amministrazione regionale,
degli altri enti regionali e delle Aziende USL e Ospedaliere, e
ugualmente scarsi sono gli interventi attuati nei confronti delle
amministrazioni periferiche dello Stato.
Infatti, se si verificano i dati contenuti nella presente relazione,
rispetto alle 1675 istanze formalizzate, solamente 248 (pari al
14,80%), sono riferibili ad interventi nei confronti
dell'Amministrazione regionale, degli altri enti regionali e delle
Aziende Unita' sanitarie locali e Ospedaliere, e soltanto 297 (pari
al 17,79%) sono gli interventi attuati nei confronti delle
amministrazioni periferiche dello Stato.
Questa anomalia, del resto, emerge anche per gli anni precedenti ed
e' comune all'attivita' dei Difensori civici che mi hanno preceduta.
A riprova, evidenzio che anche nell'anno 2001, rispetto alle 1409
istanze formalizzate, solamente 236 - pari al 16,75% - erano
riferibili ad interventi nei confronti dell'Amministrazione
regionale, degli altri enti regionali e delle Aziende Unita'
sanitarie locali e Ospedaliere, e soltanto 291 - pari al 20,65% -
erano gli interventi attuati nei confronti delle amministrazioni
periferiche dello Stato.
Tutti gli altri interventi sono stati posti in essere quale Difensore
civico di taluni Comuni, in base a convenzioni stipulate con gli
stessi, oppure sono ricollegabili ad attivita' svolte nei confronti
di altri enti e pubbliche amministrazioni, in via di collaborazione
per il perseguimento di finalita' di buona amministrazione, ex art.
2, comma 2, della L.R. 15/95.
Sottolineo questo dato perche' ritengo che una riflessione sulla
figura e sull'operativita' del Difensore civico debba in primis
tendere a conferire un rilievo preminente alle sue competenze
primarie.
A questo dato si ricollega un'ulteriore, significativa riflessione:
attualmente la struttura del Difensore civico regionale opera
soprattutto in favore dei soggetti presenti sul territorio bolognese,
ove ha sede l'ufficio del Difensore civico regionale e, in maniera
sempre decrescente man mano che ci si allontana dall'epicentro, in
favore dei residenti nelle altre province.
E' sintomatico, a questo proposito, che dalle province poste alle
estremita' del territorio regionale pervengano pochissime richieste
di intervento nei confronti delle amministrazioni statali
periferiche, per le quali, come ho detto sopra, esiste una competenza
diretta del Difensore civico regionale: a riprova di cio', segnalo
che nel corso dell'anno 2002 le richieste pervenute dalla provincia
di Piacenza assommano a 9, e 16 sono quelle provenienti dalla
provincia di Rimini.
Poiche' non e' ipotizzabile che in quelle sedi l'efficienza delle
amministrazioni statali periferiche sia superiore alla media
riscontrabile nelle altre province, e' da presumere che si tratti
piuttosto del sintomo di un "distacco" tra il Difensore civico
regionale e la comunita', quale conseguenza di distanze che non
consentono agli interessati di accedere direttamente al servizio di
difesa civica e a questo ufficio di svolgere pienamente le funzioni
che la legge obbligatoriamente gli attribuisce.
Nella mia esperienza quotidiana ho, infatti, rilevato che coloro che
si rivolgono a noi avvertono la necessita' di ricevere innanzitutto
una puntuale indicazione, in tempo reale, sulle possibili soluzioni
della loro vicenda, oltre ovviamente ad un intervento tempestivo ed
efficace: i soggetti che si rivolgono al Difensore civico ricercano
in primo luogo il contatto diretto, personale, attraverso il quale
ottenere un'indicazione immediata sulle possibili soluzioni del
proprio problema.
Solo in via eventuale e quando non e' possibile altrimenti, i
soggetti, soprattutto se deboli e scarsamente integrati, ricorrono al
mezzo scritto o al contatto telefonico.
La maggiore o minore accessibilita' del servizio di difesa civica si
traduce, inoltre, nell'impossibilita' per il Difensore civico
regionale di tutelare allo stesso modo i soggetti presenti sul
territorio della nostra regione, consentendogli di intervenire solo
episodicamente a favore dei cittadini delle altre province.
Sarebbe pertanto necessario superare questa situazione di "distacco"
attraverso l'istituzione di sedi decentrate, localizzando cioe' una
struttura del Difensore civico regionale anche nei capoluoghi di
provincia.
Ritengo, infatti, che anche per la difesa civica valga, ed a maggior
ragione, la medesima esigenza di decentramento per la quale a suo
tempo e' stata prevista, ad esempio, l'istituzione dei Servizi
provinciali Agricoltura o dei Servizi provinciali Difesa del Suolo.
Se si vuole giungere ad un servizio reso in condizioni di parita' per
tutti i cittadini emiliano-romagnoli, un servizio veramente
efficiente in quanto vicino alle problematiche delle pubbliche
amministrazioni, in primis quelle statali - sulla cui attivita' fino
ad oggi non e' stato possibile incidere se non in minimo grado - e'
indispensabile costituire anche in provincia una struttura a
disposizione del pubblico per ogni richiesta di difesa civica.
Tale struttura potrebbe essere composta anche da un solo
collaboratore regionale presente in loco, funzionalmente dipendente
dal Difensore civico regionale, in grado di gestire le prime
richieste di intervento e di svolgere un'attivita' di supporto ad un
funzionario dello stesso Difensore civico regionale il quale, a sua
volta, assicurerebbe una presenza periodica per gli interventi piu'
delicati e problematici.
Richiamo a questo proposito l'esperienza attuata dall'avv. Falqui
Massidda, primo Difensore civico regionale, di inviare con cadenza
prestabilita un funzionario regionale presso i vari capoluoghi:
secondo i dati e le notizie che ho raccolto, l'esperienza fu molto
positiva a Piacenza, dove era stata posta a disposizione una persona
che riceveva le istanze, teneva i contatti con la sede di Bologna e
riservava le questioni piu' complesse al momento di presenza del
funzionario del Difensore civico.
Nelle altre province, al contrario, in assenza di un collettore
stabile di queste istanze, le richieste di intervento risultarono
scarse.
Una riflessione ulteriore circa l'attivita' attualmente prestata da
questo Difensore civico riguarda la qualita' del servizio reso in
favore dei cittadini emiliano-romagnoli.
E' indubbio che il numero di soggetti che richiedono di essere
tutelati nei confronti della pubblica amministrazione e' in costante
aumento, ma questa linea di tendenza, che e' positiva, non lo e' a
mio parere in misura sufficiente, in quanto risponde solo in minima
parte alle reali esigenze di tutela che si riscontrano
quotidianamente attraverso i contatti con il pubblico e dietro le
carte.
Ho spesso avuto modo di rilevare, infatti, che molte questioni di
carattere generale sono state portate alla mia attenzione da uno o
piu' soggetti isolati, mentre altri, ugualmente coinvolti, non hanno
saputo o compreso che potevano utilizzare lo strumento del Difensore
civico.
A questo proposito, se in alcuni casi dalla risoluzione positiva di
determinati problemi hanno potuto trarre beneficio anche altri
soggetti interessati, non altrettanto purtroppo si e' verificato in
altre fattispecie, che pure avevano una valenza di carattere
generale.
Piu' in linea generale, avverto la sensazione che in molti casi
l'intervento del Difensore civico, cosi' come avviene oggi, funzioni
come una "segnalazione" per la soluzione della singola posizione, che
lascia invariata la situazione problematica che sta a monte dei
ritardi e dei disservizi.Occorrerebbe, a questo proposito, monitorare
la qualita' e l'efficacia dell'attivita' posta in essere dalla
pubblica amministrazione per potere successivamente procedere ad
interventi d'ufficio, a valenza generale, sui settori di maggiore
impatto sociale quali la sanita', i servizi sociali, l'edilizia
residenziale pubblica, l'ambiente, i trasporti e i servizi pubblici
in generale.
E' comunque indispensabile ripensare quali possano essere le
modalita' di intervento del Difensore civico regionale per renderle
idonee ad incidere sull'attivita' amministrativa dell'ente, e non sul
singolo atto, cosi' da prevenire i problemi esistenti presso quella
certa amministrazione, piuttosto che intervenire successivamente, a
cose fatte, in relazione al singolo episodio di disservizio.
I dati e le considerazioni cosi' esposti costituiscono - a mio parere
- la base indispensabile per una prima riflessione sui possibili
sviluppi futuri dell'attivita' del Difensore civico regionale e sulle
scelte operative che e' necessario adottare di conseguenza.
Essi dimostrano che la situazione attuale non puo' ritenersi del
tutto soddisfacente ed impongono un ripensamento dell'operativita'
del Difensore civico regionale, cosi' da consentire all'istituto di
soddisfare effettivamente le legittime aspettative di tutti i
soggetti presenti sul territorio della nostra regione.
E' infatti necessario operare uno sforzo per definire le linee di
sviluppo della struttura organizzativa e per conformarle a quelle che
saranno prevedibilmente le future necessita', adeguando a tale scopo
le risorse organizzative ed umane a disposizione della stessa.
Mi riallaccio qui alle considerazioni svolte al punto uno della
presente relazione quanto alle dimensioni dell'organico, rimaste
invariate negli anni a fronte dell'incremento di funzioni e di mole
di lavoro, dal momento che ogni ipotesi di programmazione futura deve
essere accompagnata da una riflessione preliminare sulle
potenzialita' della struttura.
In base alla mia esperienza ritengo di poter affermare che l'attuale
dimensione della struttura non consente il miglioramento qualitativo
e quantitativo delle prestazioni rese e il raggiungimento di
obiettivi ulteriori e che, qualora non si provveda in breve ad un suo
potenziamento, ogni iniziativa per meglio qualificare e diversificare
le offerte di difesa civica oggi messe a disposizione dell'utenza e
delle amministrazioni pubbliche destinatarie degli interventi sara'
destinata all'insuccesso.
Si rende pertanto opportuno adottare sin d'ora le opportune
iniziative affinche' il Servizio del Difensore civico possa disporre,
in tempi relativamente brevi, delle unita' di personale
indispensabili per il raggiungimento di una piu' efficace tutela
civica della popolazione emiliano-romagnola.
Sottolineo a questo proposito che, per tentare di costruire un punto
di partenza certo per future iniziative, occorre assicurare una
presenza stabile e selezionata di personale: infatti, una soluzione
adeguata non puo' essere ricercata con l'avvalimento di unita' a
tempo determinato le quali, in quanto provvisorie ed eventuali,
possono essere ritenute adeguate a contribuire in maniera
significativa a questo scopo soltanto per brevi periodi e per
contingenze non programmabili.
6. Dati statistici
Nel corso dell'anno 2002 gli interventi di difesa civica
complessivamente posti in essere per la tutela di soggetti che si
sono ritenuti lesi da provvedimenti, atti, fatti e comportamenti
ritardati, omessi o irregolarmente compiuti da uffici o servizi
pubblici sono stati n. 1675, come sotto evidenziati.
Incremento degli interventi nel corso degli ultimi cinque anni:
1997 738
1998 776
1999 1218
2000 1243
2001 1409
2002 1675
Dei 1675 interventi trattati nel 2002, si segnalano n. 10 avviati
d'ufficio su indicazione di articoli di stampa: 5 nei confronti
dell'Amministrazione comunale di Bologna, 4 nei confronti di
Amministrazioni statali periferiche e 1 nei confronti dell'Azienda
Ospedaliera di Ferrara.
Le richieste di intervento sono pervenute da:
Bologna 861
Ferrara 39
Forli'-Cesena 27
Modena 27
Parma 14
Piacenza 9
Ravenna 635
Reggio Emilia 14
Rimini 16
Altre 33
Le richieste d'intervento hanno interessato i seguenti Enti:
Enti Procedimenti
Regione/Enti regionali/AUSL 248
Comuni convenzionati 594
Comuni non convenzionati 213
Amministrazioni periferiche dello Stato - Aziende
erogatrici Servizi pubblici 297
Richieste nomina di Commissario ad "acta" 5
Reclami di competenza di altro Difensore civico
o altra Autorita' 57
Richieste di controllo di legittimita' di deliberazioni
di Enti Locali =
Questioni private 261
Totale 1675
I procedimenti posti in essere nei confronti dell'Amministrazione
regionale, di enti, istituti, consorzi ed aziende dipendenti o
sottoposti a vigilanza o controllo (n. 248), sono cosi' classificati
per materia:
Materia d'intervento Procedimenti
Ambiente (difesa/tutela) 30
Autocertificazione 1
Commercio 1
Concorsi 2
Consorzi Bonifica 17
Contributi pubblici 6
Differimento e diniego accesso atti 2
Diritto all'informazione ed accesso atti 14
Diritto allo studio 12
Edilizia residenziale 52
Patrimonio regionale 2
Procedimento amministrativo 1
Sanita' 88
Altre materie 20
Totale 248
I procedimenti posti in essere nei confronti di Enti locali non
convenzionati (n. 213) sono cosi' classificati per materia:
Materia d'intervento Procedimenti
Ambiente - Igiene pubblica 7
Anagrafe 2
Cimiteri 4
Concorsi locali 5
Contributi pubblici 4
Diritto all'informazione ed accesso atti 13
Espropriazioni 2
Giardini/Parchi/Flora e Fauna 14
Opere Lavori pubblici 21
Polizia Municipale - Traffico 43
Sanzioni amministrative 6
Servizi sociali 16
Tributi locali 17
Turismo 2
Urbanistica/Edilizia 35
Viabilita'/Traffico 5
Altre materie 17
Totale 213
I procedimenti posti in essere nei confronti di Amministrazioni dello
Stato e di Aziende erogatrici Servizi pubblici, (n. 297), sono cosi'
distinti per Enti:
Enti Statali/Aziende Servizi pubblici Procedimenti
Agenzia Demanio 2
Agenzia Entrate 31
Amministrazione provinciale Bologna 1
Anas 1
Aziende erogatrici Servizi pubblici 64
Enti previdenziali 56
Ministero Ambiente 3
Ministero Attivita' Produttive 1
Ministero Beni Culturali 4
Ministero Difesa 3
Ministero Finanze 3
Ministero Industria 1
Ministero Interno 34
Ministero Istruzione 15
Ministero Politiche agricole e forestali 1
Ministero Salute 1
Ministero Trasporti 8
Organi di Giustizia 58
Altri procedimenti per diritto all'informazione
ed accesso agli atti 10
Totale 297
I procedimenti posti in essere in base alle vigenti convenzioni nei
confronti dei 17 Comuni convenzionati con il Difensore civico della
Regione (n. 594), sono cosi' ripartiti per Enti
Comuni convenzionati Procedimenti
Bologna 241
Ravenna 262
Casaleccchio di Reno 25
Zola Predosa 14
Budrio 7
Crevalcore 4
Pieve di Cento 3
Sant'Agata Bolognese 3
Imola 18
Castel San Pietro Terme 13
Dozza 3
Casalfiumanese 1
Borgo Tossignano =
Castel del Rio =
Castel Guelfo =
Fontanelice =
Mordano =
Totale 594
Dei 1675 procedimenti complessivamente trattati nel corso dell'anno,
sono stati definiti n. 1512 procedimenti, con i seguenti esiti:
Positivo 998
- La PA ha accolto la tesi del Difensore civico 50
- La pubblica Amministrazione ha collaborato 279
- Fornite le informazioni e i chiarimenti richiesti
dal cittadino 669
Negativo 76
- Per infondatezza del reclamo 64
- Con dissenso non motivato e non condiviso
dal Difensore civico 9
- Con dissenso motivato e non condiviso dal
Difensore civico 3
Archiviato 438
- Per inammissibilita' dei reclami 60
- Trasmessi per competenza ad altro Difensore civico
o ad altra autorita' 50
- Per rinuncia alla richiesta d'intervento da parte
degli interessati 67
- Questioni private 261
7. Casistica di alcuni interventi effettuati nei confronti delle
strutture regionali nonche' degli Enti, Istituti, Consorzi o Aziende
di cui all'art. 2, comma 1, lettere b), c) e d) della L.R. n. 15 del
1995
Descrivo alcuni interventi, tra quelli posti in essere nell'anno
2002, che appaiono piu' significativi dell'attivita' svolta nei
confronti delle strutture regionali nonche' degli Enti, Istituti,
Consorzi o Aziende di cui all'art. 2, comma 1, lettere b), c) e d)
della L.R. n. 15 del 1995.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Programmazione
territoriale e Sistemi di mobilita' - Servizio Riqualificazione
Urbana
n. 1228/2002
Riferisco di un episodio nel quale ho riscontrato che il
funzionamento dell'organizzazione amministrativa regionale e' stato
in grado di superare le farraginosita' e le complessita'
caratterizzanti il nostro sistema amministrativo, cosi' da fornire al
cittadino i benefici a lui spettanti.
Una signora residente in un comune della provincia di Piacenza, alla
quale l'alluvione del novembre 2000 aveva spazzato via la roulotte ed
il bungalow, mi chiedeva di aiutarla ad ottenere il contributo
previsto: infatti, nonostante avesse presentato richiesta alla fine
di quell'anno, ancora non aveva avuto nessuna risposta concreta, a
differenza di numerosi altri campeggiatori.
Alla mia richiesta il Comune rispondeva che la pratica era stata
mandata alla Provincia di Piacenza, alla quale la Regione
Emilia-Romagna aveva assegnato i fondi per l'erogazione del
beneficio.
Chiedevo allora ragguagli alla Provincia di Piacenza, ma quest'ultima
mi faceva presente che le Province non erano competenti in materia di
erogazione di contributi a privati cittadini, in quanto incaricate
dell'istruttoria delle richieste di contributo, nonche' della
concessione ed erogazione, limitatamente alle domande delle imprese
industriali, artigiane, alberghiere e commerciali e di servizi, e
simili.
Poiche' l'istanza della signora non rientrava nell'elenco dei
titolari di attivita' produttive, non era stato possibile concederle
alcun contributo. La competenza al riguardo era invece dei Comuni nel
cui ambito erano ubicati i beni danneggiati.
Prospettavo allora la situazione al Servizio Riqualificazione urbana
per ricercare un rimedio alla situazione nella quale la signora,
senza sua colpa, era venuta a trovarsi.
Il Servizio, nel confermare che il nominativo dell'interessata non
risultava tra l'elenco di soggetti privati richiedenti il contributo
inviato da quel Comune, mi ha prospettato di recente la possibilita'
di un riesame delle domande di contributo non correttamente istruite
a suo tempo, alla luce di nuove disposizioni di legge recentemente
sopravvenute.
La domanda della signora, unitamente ad altre nella stessa
situazione, sara' pertanto valutata nuovamente, con presumibile esito
positivo.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Sanita' - Servizio
Veterinario e Igiene degli alimenti
n. 369/2002
Anche questo episodio, conclusosi positivamente, e' la riprova che,
pur nella limitatezza dei poteri e delle facolta' attribuite al
Difensore civico, e' possibile conseguire risultati eccellenti
purche' vi sia la disponibilita' e la collaborazione da parte dei
soggetti preposti alle strutture amministrative.
La Federazione regionale Coltivatori diretti dell'Emilia-Romagna mi
prospettava una serie di problemi collegati alla gestione
dell'anagrafe bovina la quale, come e' noto, oltre a consentire agli
allevatori di beneficiare dei premi comunitari, e' fondamentale per
garantire la sicurezza alimentare.
L'anagrafe bovina e' strutturata su un modello triangolare: alla base
le dichiarazioni degli allevatori e dei macellatori, al vertice la
Banca Dati nazionale, gestita dall'Istituto Zooprofilattico di
Teramo, dove le dichiarazioni devono essere inviate a cura dei
Servizi Veterinari delle Aziende UU.SS.LL e dove tutti i dati devono
incrociarsi per essere convalidati. Sulla base dei dati cosi'
riscontrati, l'AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura,
provvede a pagare i premi comunitari secondo quanto stabilito dalle
norme di gestione e di controllo dettate dall'Unione Europea.
La Coldiretti lamentava che non sempre i Servizi Veterinari
trasmettevano questi dati in tempi celeri; a cio' andavano aggiunte
la carenza di istruzioni univoche sull'utilizzo dei programmi, i
ritardi e le omissioni di registrazioni da parte delle stesse
UU.SS.LL. ed infine la loro incapacita' di correggere gli errori
effettuati.
Il danno derivante agli allevatori ed ai macellatori dalle
disfunzioni che si verificavano nel nostro territorio era, a suo
dire, enorme, e non solo in termini di mancata percezione dei premi
comunitari quanto piuttosto per il mancato riscontro dei bovini nella
Banca Dati nazionale, che determinava l'impossibilita' di mantenere
la "tracciabilita'" dei capi presenti nel nostro territorio.
La Coldiretti quantificava questi danni nell'ordine di un milione di
euro, oltre ad altri danni indubbi ma non altrettanto facilmente
quantificabili.
La situazione prospettata appariva estremamente seria, e tale da
necessitare un intervento immediato: pertanto, nel giro di alcuni
giorni indicevo una riunione con i rappresentati della Coldiretti, il
Responsabile del Servizio Veterinario e Igiene degli alimenti della
Regione Emilia-Romagna e i Direttori generali delle Aziende Unita'
sanitarie locali, per individuare con tempestivita' soluzioni
adeguate in vista dell'imminente scadenza dei termini entro i quali i
dati dovevano essere elaborati dalla Banca Dati nazionale.
Durante questa riunione veniva effettuato un consuntivo delle
problematiche lamentate, e si riscontrava che, rispetto al momento
nel quale la Coldiretti aveva formulato i propri rilievi, gia' si era
verificato un significativo miglioramento nella gestione dei dati
dell'anagrafe bovina.
Questa constatazione, unitamente alla presa d'atto delle iniziative
che nel frattempo la Regione Emilia-Romagna aveva predisposto sia nei
confronti di AGEA per risolvere i problemi di tempi e modalita' di
correzione degli errori, sia a livello delle Aziende Unita' sanitarie
locali per conseguire una migliore gestione dei dati, ha portato i
rappresentati della Federazione Coldiretti a ritenere sostanzialmente
raggiunta la finalita' che stava alla base della loro richiesta di
intervento.
Ho preso atto con soddisfazione della positiva soluzione della
vertenza, resa possibile soprattutto per la piena collaborazione e
disponibilita' prestate dal Responsabile del Servizio Veterinario e
Igiene degli alimenti.
- Regione Emilia-Romagna - Assessorato alle Politiche sociali.
Immigrazione. Progetto giovani. Cooperazione internazionale
n. 2/2000
Nelle precedenti relazioni sull'attivita' svolta negli anni 2000 e
2001 davo conto di un intervento diretto a far riconoscere che la
pensione di invalidita' civile e l'assegno di accompagnamento non
sono computabili tra gli emolumenti che concorrono a formare il
reddito degli utenti disabili assistiti dai presidi socio-sanitari.
Tale principio, direttamente desumibile dall'art. 34, comma 2, del
DPR 601/73 - Disciplina delle agevolazioni tributarie, e' stato
inequivocabilmente sancito dal DLgs 109/98 e successive modificazioni
ed integrazioni, e ribadito con Legge 328/00 - Legge quadro
sull'assistenza.
A seguito delle mie sollecitazioni, iniziate nel marzo 2000,
l'Amministrazione regionale nell'aprile 2001 aveva adeguato la
preesistente direttiva nella materia, stabilendo in via transitoria
che la valutazione della situazione reddituale degli utenti venisse
effettuata, da parte degli enti erogatori, con esclusione
dell'assegno di accompagnamento e della pensione di invalidita'
civile.
Restava peraltro irrisolto il problema del periodo pregresso, nel
quale, essendo state computate nel coacervo dei redditi le predette
indennita', erano state richieste ai disabili somme eccedenti quanto
da loro dovuto.
In questa situazione ho richiamato ripetutamente l'attenzione del
responsabile del procedimento sull'obbligo, incombente
sull'Amministrazione regionale, di fornire indicazioni agli enti
erogatori delle prestazioni assistenziali anche in ordine alla
necessita' di restituire agli interessati gli importi richiesti senza
titolo per il passato, quanto meno dall'entrata in vigore del DLgs
108/98.
Tale attivita' rientra, infatti, a pieno titolo nelle funzioni di
coordinamento ed indirizzo che le Regioni esercitano ai sensi
dell'art. 8 della Legge 328/00, al fine di dare corretta ed omogenea
attuazione alla normativa vigente, attraverso comportamenti omogenei
degli enti erogatori nei confronti degli utenti degli interventi
socio - sanitari.
Purtroppo, l'Amministrazione ha ribadito la propria indisponibilita'
ad accogliere le mie sollecitazioni, ritenendo di aver provveduto ad
assolvere alle proprie funzioni di indirizzo e coordinamento
attraverso le indicazioni contenute nella direttiva n. 474 del 2001.
Tale conclusione mi lascia l'amaro in bocca. Questo silenzio,
infatti, piuttosto che "favorire l'omogenea applicazione sul
territorio regionale di quanto previsto dal DLgs 109/98 e successive
modifiche e integrazioni", come sostenuto dall'Amministrazione
regionale, consente agli enti erogatori delle prestazioni di adottare
una qualsivoglia soluzione: alcuni infatti hanno negato il diritto al
rimborso, altri, pochi, hanno rimborsato tali somme, altri, infine,
affermano di essere in attesa delle indicazioni che l'Amministrazione
regionale ritiene non di propria spettanza.
- Regione Emilia-Romagna - Assessorato alle Politiche sociali.
Immigrazione. Progetto giovani. Cooperazione internazionale
n. 244/2002
Due coniugi che ospitavano ed assistevano le proprie anziane madri,
richiedevano al Servizio Assistenza anziani dell'Azienda USL di
Ravenna la corresponsione dell'assegno di cura per entrambe le
signore.
L'Azienda Unita' sanitaria locale negava gli assegni in parola
poiche' il reddito familiare complessivo era superiore ai limiti
stabiliti dalla Regione Emilia-Romagna.
Richiesta di intervenire, osservavo che la soluzione data appariva
alquanto semplicistica: infatti, le fasce di reddito per l'erogazione
dell'assegno di cura sono state stabilite in relazione alle
prestazioni assistenziali fornite ad un solo anziano. Quando pero',
come nel caso in esame, gli anziani da assistere sono due (o piu'),
ritenevo evidente che il criterio da adottare dovesse essere
riconsiderato, eventualmente dividendo il reddito complessivo del
nucleo familiare per il numero di anziani assistiti.
Occorre, infatti, considerare che la finalita' dell'assegno di cura
e' quella di sostenere le famiglie che mantengono nel proprio
contesto l'anziano non autosufficiente, riconoscendo il lavoro di
cura nei confronti dell'anziano non autosufficiente, ed evitando o
posticipando in tal modo il ricovero dello stesso anziano nei servizi
socio - sanitari residenziali.
Appariva di tutto evidenza, pertanto, che il diverso impegno
sostenuto per le cure e le spese occorrenti per l'assistenza di due o
piu' anziani imponeva l'anzidetta divisione del reddito complessivo
ai fini della verifica del superamento, o meno, dei limiti di
reddito stabiliti.
Poiche' riscontravo che nella direttiva regionale in materia non
esistevano indicazioni sul punto, ritenendo che quella a me
prospettata non fosse una situazione eccezionale, e che tanto piu' di
frequente si sarebbe presentata in futuro - nella prospettiva di un
accrescimento della durata della vita media - richiamata pertanto la
valenza generale della fattispecie chiedevo al Responsabile del
Servizio Servizi socio-sanitari della Regione di esprimere il proprio
avviso.
L'Azienda Unita' sanitaria locale intanto sospendeva le proprie
decisioni in attesa del predetto parere.
Nel condividere le mie argomentazioni, il predetto Dirigente
regionale faceva presente che, a suo tempo, aveva prospettato
all'Azienda Unita' sanitaria locale di Ravenna la possibilita' di
adottare un diverso calcolo dei redditi familiari in presenza di piu'
anziani ai quali assicurare gli interventi di cura.
Lo stesso assicurava comunque che entro breve tempo, in sede di
predisposizione delle circolari applicative della legge regionale di
riforma dell'assistenza, entrata in vigore in questi giorni, saranno
fornite apposite indicazioni operative, idonee a dirimere queste e
altre consimili situazioni particolari.
- Regione Emilia-Romagna - Assessorato alle Politiche sociali.
Immigrazione. Progetto giovani. Cooperazione internazionale
n. 899/2002
Il Presidente regionale dell'Ente nazionale per la protezione e
l'assistenza dei sordomuti mi faceva presente la situazione in cui
egli si era venuto a trovare in occasione dell'espletamento delle sue
funzioni quale componente della Consulta regionale per le politiche a
favore delle persone disabili di cui alla L.R. n. 29 del 1997.
L'Ente, infatti, aveva richiesto all'Assessorato regionale competente
la disponibilita' a mettere a disposizione un interprete LIS in
occasione delle sedute della Consulta, con spesa a carico
dell'Amministrazione regionale, appunto per consentire alle
associazione rappresentative dei sordomuti di prendere attivamente
parte al dibattito.
L'Amministrazione regionale aveva pero' fatto presente che, ove
l'Ente intendesse avvalersi del servizio di interpretariato, si
sarebbe dovuto fare carico della relativa spesa.
Chiedevo allora all'Amministrazione di riesaminare la questione,
evidenziando nel contempo che la mancanza di un simile ausilio
avrebbe costretto le associazioni di persone portatrici di handicap -
gia' poste in una situazione svantaggiata - ad accollarsi il costo di
un servizio ulteriore per porsi nelle medesime condizioni dei
soggetti non disabili.
Rilevavo a tal proposito che una scelta di questo tipo appariva in
contrasto con lo spirito della normativa contenuta nella L.R. 29/97,
diretta a garantire un'efficace tutela ed integrazione dei soggetti
disabili: infatti, la mancata predisposizione del servizio di
interpretariato, oltre a rendere vana la partecipazione dei
rappresentanti dei sordomuti alle sedute della Consulta, aumentava la
situazione di disagio delle persone menomate nell'udito e nella
parola.
La mia sollecitazione veniva recepita e mi veniva assicurato l'avvio
di tale supporto a partire dall'anno 2003.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Ambiente, Difesa del
suolo e della costa - Direzione generale Agricoltura
n. 991/2002
Un Consigliere dell'Amministrazione provinciale di Reggio Emilia mi
segnalava che il Parco regionale dell'Alto Appennino Reggiano e'
tuttora sprovvisto del Regolamento del parco che disciplina le
attivita' consentite. Egli faceva anche presente che, pur in assenza
del Regolamento, nelle zone di pre-parco, veniva consentito
l'esercizio dell'attivita' venatoria, in contrasto con il comma 2
dell'art. 7 della L.R. n. 20 del 1988, il quale prevede che "nelle
zone di pre-parco l'esercizio venatorio e' ammesso in regime di
caccia controllata secondo le modalita' stabilite dal regolamento del
parco".
Verificavo allora che il Regolamento in parola, ricompreso tra gli
strumenti di pianificazione individuati dalla L.R. 20/88, deve essere
adottato dall'ente di gestione del parco ed approvato dalla Provincia
entro 180 giorni dall'approvazione del Piano territoriale del parco,
al fine di definire, nel quadro delle prescrizioni del Piano
territoriale del parco, i criteri per l'accesso a particolari aree
del parco e per l'utilizzo delle sue risorse naturali.
Nella fattispecie, peraltro, non si era ancora concluso l'iter
procedurale di approvazione del Piano territoriale del Parco stesso,
da considerarsi propedeutico all'elaborazione del Regolamento che
disciplina le attivita' consentite, in quanto la Provincia di Reggio
Emilia non aveva ancora recepito le richieste di modifica,
integrazioni e chiarimenti formulate nel 1998 dalla Giunta regionale
in sede di approvazione del predetto strumento urbanistico.
Stante il lungo tempo trascorso, invitavo allora le Direzioni
generali competenti ad attivarsi per l'ultimazione delle fasi
procedurali connesse all'approvazione del predetto Piano,
eventualmente anche attraverso l'esercizio dei poteri sostitutivi,
assegnati alla Regione dalla citata L.R. 11/88 per il caso di inerzia
nelle fasi di elaborazione, adozione e controdeduzioni del Piano
territoriale del parco.
Le Direzioni generali hanno pertanto sollecitato l'Amministrazione
provinciale di Reggio Emilia, facendo presente alla stessa la
possibilita' di ricorrere all'esercizio di poteri sostitutivi qualora
l'iter non fosse concluso nel piu' breve tempo possibile.
Anche se la pratica non puo' considerarsi ancora conclusa, ho
apprezzato la disponibilita' e l'impegno manifestato al riguardo da
entrambe le strutture regionali, e non dubito che entro brevissimo
questo consentira' di pervenire ad una positiva definizione della
vicenda.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Ambiente e Difesa del
suolo e della costa
n. 1017
Un Comune della Romagna, dovendo decidere sulla richiesta di variante
al Piano regolatore generale per adibire a campeggio un'area, faceva
presente agli interessati che occorreva il parere della Regione
Emilia-Romagna per quanto concerne la valutazione di impatto
ambientale.
Costoro quindi richiedevano al Servizio regionale Valutazione impatto
e Relazione stato ambientale di esaminare l'intervento richiesto
sotto l'aspetto della valutazione di impatto ambientale.
Dopo alcuni mesi, non avendo avuto riscontro, si sono rivolti a me,
sottolineando il danno economico loro arrecato dal ritardo
nell'apertura del campeggio.
A seguito del mio intervento, il Servizio ha comunicato al Comune e
agli interessati che le procedure di valutazione di impatto
ambientale non si applicano agli strumenti di programmazione e
pianificazione territoriale, urbanistica e settoriale.
Se questo chiarimento, relativo ad una questione certamente non
complessa, fosse stato fornito entro un termine ragionevole, e non
dopo sette mesi dalla richiesta, si sarebbero evitati disagi inutili
agli interessati.
- Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di
Bologna
n. 287/2002
Ad uno studente universitario era stata revocata la borsa di studio
"fuori sede" per l'anno accademico 2000-2001 in quanto la domanda per
ottenere il beneficio era documentata da copia del contratto
d'affitto non registrato e non datato.
L'interessato allora provvedeva a fornire prova certa dell'anno cui
si riferiva il documento stesso, chiedendo di rivalutare la sua
situazione.
L'Azienda annullava conseguentemente il provvedimento di revoca.
Dopo alcuni mesi, lo studente chiedeva il mio intervento lamentando
che l'Azienda non aveva ancora disposto l'erogazione del
beneficio.Alla mia sollecitazione, l'Azienda confermava che, per
motivi tecnici, si era verificato un disguido, al quale la stessa
aveva prontamente ovviato provvedendo al pagamento di quanto
spettante all'interessato.
- Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di
Bologna
n. 741/2002
In sede di verifica della sussistenza dei presupposti per concedere
una borsa di studio quale studente "fuori sede", l'Azienda regionale
per il diritto allo studio universitario di Bologna aveva richiesto
allo stesso di inviare improrogabilmente, entro una certa data, copia
del contratto di locazione dichiarato nell'autocertificazione.
L'interessato faceva pervenire la documentazione richiesta oltre i
termini fissati; conseguentemente, l'Azienda lo depennava dall'elenco
delle borse di studio quale "fuori sede" e lo inseriva nella
categoria "studente in sede".
L'interessato si rivolgeva a me in quanto non convinto dell'operato
dell'Azienda. La richiesta di quest'ultima, infatti, era stata
inviata nel periodo pasquale con lettera ordinaria: in quel periodo,
come e' noto, gli studenti non residenti a Bologna rientrano in
famiglia, e cosi' aveva fatto anche lui. Aveva pertanto trovato la
lettera dell'Azienda al suo ritorno, quando oramai era scaduto il
termine di presentazione della documentazione. Al contrario, la
comunicazione di decadenza dal beneficio quale fuori sede era stata
inviata con raccomandata alla sua residenza.
Pur consapevole che la determinazione dell'ARSTUD era in linea con le
previsioni del bando di concorso, ho fatto presente a quest'ultima
che, nella circostanza, appariva opportuno valutare l'ipotesi di
riammettere lo studente al beneficio richiesto.
Sono stata estremamente lieta di ricevere una risposta con la quale
l'Azienda, dopo aver ribadito la correttezza delle procedure seguite,
comunicava di aver provveduto a riammettere nell'elenco dei
beneficiari di borsa di studio "fuori sede" sia lo studente per il
quale ero intervenuta e sia anche altri 13 studenti che si trovavano
in situazione analoga.
- Azienda Unita' sanitaria locale Citta' di Bologna - Dipartimento di
Sanita' pubblica - Unita' Operativa Medicina legale e accertativa
n. 662/2002
Quando la collaborazione tra le strutture pubbliche riesce ad aiutare
fattivamente il cittadino.
Per poter rinnovare la patente, un invalido doveva ogni due anni a
sottoporsi a visita medica presso la Commissione medica locale di
Bologna; a questo scopo, due mesi prima della scadenza del documento
aveva telefonato al CUP, ma gli era stato risposto che, non era
possibile prenotare con tanto anticipo.
Dopo alcuni tentativi infruttuosi, l'interessato finalmente riusciva
ad avere la prenotazione, ma solamente per una data successiva a
quella di scadenza della patente.
Il cittadino era disperato, perche' nel frattempo non avrebbe potuto
utilizzare l'autovettura per recarsi al lavoro, posto in zona non
servita adeguatamente da mezzi pubblici.
Infruttuose erano risultate le sue insistenze per ottenere la visita
in un momento antecedente.
Ho prospettato allora al Presidente della Commissione medica locale
la vicenda, facendo presente che l'interessato si trovava in una
situazione a lui pregiudizievole nonostante avesse posto in essere
tutta la sua diligenza, e, pur essendo consapevole che si trattava
di un disservizio non imputabile alla struttura da lui diretta, gli
ho chiesto di farsi carico di trovare una soluzione, possibilmente
anticipando la visita all'invalido ad una seduta precedente alla
scadenza della patente.
Il Presidente ha allora contattato personalmente l'interessato e
concordato la visita per una data antecedente la scadenza della
patente.
- Agenzia regionale Prevenzione e Ambiente dell'Emilia-Romagna -
Sezione provinciale di Bologna
n. 276/2002
Nell'agosto 2001 un cittadino bolognese aveva richiesto al Comune di
Bologna di verificare se i rumori molesti e continui provenienti da
un esercizio commerciale sottostante la sua abitazione superassero i
limiti di legge.
L'Ente comunale inviava prontamente l'esposto all'Agenzia regionale
per la Prevenzione e l'Ambiente, richiedendole di verificare se
venivano rispettati i limiti di esposizione al rumore negli ambienti
abitativi e nell'ambiente esterno.
Nonostante i numerosi solleciti, l'Agenzia non dava alcun riscontro,
finche' nell'aprile 2002 l'interessato si rivolgeva a me.
Anch'io sollecitavo ripetutamente la predetta Agenzia finche', dopo
alcuni mesi, la stessa effettuava un sopralluogo ed accertava che le
emissioni sonore dell'esercizio commerciale in argomento superavano i
limiti di rumore consentiti dalla normativa in materia di
inquinamento acustico.
L'Agenzia pertanto proponeva al Comune di adottare un'ordinanza
sindacale che imponesse al legale rappresentante dell'azienda di
predisporre le opere necessarie per ridurre le emissioni sonore
provenienti dai macchinari presenti nell'esercizio.
Tenuto conto dell'urgenza di tutelare la salute pubblica,
l'amministrazione comunale adottava immediatamente i provvedimenti
occorrenti, con grande sollievo dell'interessato.
- Agenzia regionale Prevenzione e Ambiente dell'Emilia-Romagna -
Distretto territoriale di Montagna - Castel di Casio (Bologna)
n. 205/2002
Nell'anno 2000 una signora chiedeva l'autorizzazione allo scarico di
acque reflue domestiche, allegando la documentazione.
Dopo averle chiesto la presentazione di ulteriori documenti,
necessari per il completamento della pratica, l'Agenzia regionale per
la Prevenzione e l'Ambiente esprimeva parere contrario alla soluzione
progettuale presentata, e il Comune sospendeva le proprie
determinazioni.
La signora presentava una nuova richiesta di autorizzazione, con la
progettazione di un nuovo e diverso sistema di scarico, sulla quale
ARPA esprimeva parere favorevole con prescrizioni, tra le quali
l'ottenimento dell'autorizzazione, da parte dell'Ente gestore del
corpo idrico ricettore, dell'allacciamento dello scarico al fosso
stradale.
Il Comune, peraltro, non concedeva l'autorizzazione poiche' "ai sensi
dell'art. 16 del Regolamento comunale per gli scarichi nelle condotte
destinate alle acque piovane (quali fossi stradali) e' vietato
evacuare acque di qualunque altro tipo".
Nuovamente nel dicembre 2001, facendo seguito ai colloqui intercorsi
con un Tecnico di prevenzione di ARPA, la signora presentava al
Distretto territoriale ARPA la documentazione relativa alla nuova
soluzione tecnica elaborata, indicata quale migliore anche dal punto
di vista della tutela dell'ambiente.
Anche su tale richiesta pero' il Distretto esprimeva parere negativo,
motivando con la valutazione negativa operata dal Dipartimento di
Sanita' pubblica.
A questo punto l'interessata, disperata, chiedeva il mio intervento.
Dopo aver espresso le mie considerazioni su alcuni aspetti della
vicenda, invitavo l'amministrazione comunale e il Distretto
territoriale ARPA, eventualmente coinvolgendo anche il Dipartimento
di Sanita' pubblica, a ricorrere ad una conferenza di servizi al fine
di elaborare indicazioni tecnico - procedurali sulla base delle quali
la signora potesse presentare un'ulteriore domanda con sufficiente
sicurezza di una positiva definizione del procedimento.
Il suggerimento e' stato accolto e, finalmente, la vicenda e' giunta
ad una positiva soluzione.
- Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara
n. 192/2002
Il Centro per la tutela dei diritti dei malati di Ferrara mi chiedeva
di esprimermi su una situazione nella quale non era stato possibile
acquisire il parere della Commissione mista conciliativa in quanto la
stessa non era ancora stata rinnovata.
Rispondevo al Centro che non rientra nella mia competenza fornire
pareri, bensi' esplicare interventi: peraltro, sarebbe stata mia cura
sensibilizzare l'Azienda Ospedaliera per garantire l'attivazione di
un organismo tanto importante per garantire agli utenti del servizio
socio - sanitario la tutela prevista dalla normativa vigente.
Dopo svariati solleciti, apprendevo che la Commissione esisteva, ma
era carente del Presidente, dimissionario, e che era gia' stato
sollecitato l'organismo competente alla nuova designazione.
Finalmente, a distanza di sei mesi dal primo intervento, mi veniva
comunicata l'avvenuta integrazione della Commissione.
Cio' nonostante, dopo qualche tempo il Centro per la tutela dei
diritti dei malati mi faceva presente che l'Ufficio pubbliche
relazioni dell'Ospedale S. Anna gli aveva fornito notizie diverse:
che cioe' la Commissione non era piu' attiva dal maggio 2000 e che,
qualora fosse stata ricostituita, sarebbe stata sua cura trasmettere
alla stessa la pratica gia' all'origine della vicenda.
Di nuovo interpellavo l'Azienda Ospedaliera chiedendo spiegazioni.
Infine, a distanza di nove mesi dal mio primo intervento, l'Azienda
mi trasmetteva il provvedimento di nomina dei due rappresentanti
dell'Azienda Ospedaliera e di presa d'atto della ricostituzione della
Commissione.
- Consorzio della Bonifica Renana - Bologna
n. 159/2002
Solo fortunosamente un contribuente era entrato in possesso di una
cartella di pagamento per quote consortili relativa all'anno 2000,
che gli era stata notificata all'indirizzo nel quale l'interessato
non risiedeva da circa dieci anni.
Egli mi chiedeva pertanto di intervenire facendomi anche presente
che, al contrario, precedenti richieste di pagamento gli erano state
regolarmente inoltrate all'attuale indirizzo.
Al mio invito a farmi conoscere le cause di questo disservizio,
lamentato anche da altri contribuenti, il Consorzio della Bonifica
Renana replicava che il concessionario della riscossione, competente
a provvedere alla notifica delle cartelle, gestisce tutti i dati
concernenti i contribuenti, ivi compresa ovviamente l'individuazione
dell'indirizzo.
Il Consorzio mi faceva inoltre presente che, nonostante non fosse
obbligato a tale adempimento, in precedenza aveva provveduto ad
inviare per posta ordinaria diversi avvisi bonari di pagamento
all'indirizzo esatto del contribuente.
Devo sottolineare in proposito che casi consimili sono stati da me
trattati con particolare cura nella considerazione che la corretta
notifica delle cartelle esattoriali e' fondamentale per assicurare la
legittimita' delle procedure esecutive che vengono attivate decorso
inutilmente il termine di legge. Infatti, gli enti concessionari,
decorsi 60 giorni dal ricevimento della cartella esattoriale senza
che sia intervenuto il pagamento, possono chiedere subito il fermo
amministrativo dei mobili registrati del contribuente.
Nel caso di specie, le argomentazioni del Consorzio di Bonifica hanno
confermato che si era verificato un disguido che poteva comportare
conseguenze abnormi per il contribuente, tanto piu' inammissibile
dato il lungo tempo trascorso dalla modifica di indirizzo.
8. Casistica di alcuni degli interventi piu' significativi svolti nei
confronti delle Amministrazioni periferiche dello Stato ai sensi
dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n. 127
Vengono riportati di seguito alcuni degli interventi piu'
significativi svolti nei confronti delle Amministrazioni periferiche
dello Stato ai sensi dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n. 127.
- Ministero dell'Interno - Ufficio territoriale del Governo di
Bologna
n. 146/2002
Un Assistente Capo della Polizia di Stato in pensione aveva richiesto
ed ottenuto dalla Questura di Bologna di fruire anche nell'anno 2001
di un ciclo di cure termali.
Rientrato a Bologna dopo aver effettuato il ciclo prescritto, egli
aveva presentato alla Prefettura (ora Ufficio territoriale del
Governo) domanda di rimborso, senza ottenere alcun riscontro.
Solo a seguito di ripetute sollecitazioni, dopo sei mesi l'Ufficio
territoriale del Governo gli rispondeva che non era possibile
rimborsare queste spese, dal momento che la fattura attestante il
costo del soggiorno era stata rilasciata da un'agenzia di viaggio, e
non da un albergo come richiede una circolare del Ministero
dell'Interno del 1985.
L'interessato chiedeva allora il mio intervento ritenendo di aver
subito un'ingiustizia.
Facevo allora presente all'Ufficio territoriale del Governo che,
essendo il viaggio stato organizzato dall'agenzia, la fattura
rilasciata dalla stessa, regolarmente quietanzata, costituiva il solo
titolo attestante le spese di soggiorno sostenute per il periodo
indicato.
Il documento fiscale, peraltro accompagnato da conforme dichiarazione
dell'albergo, appariva quindi in linea con quanto richiesto dal DPCM
5 luglio 1965, secondo il quale "Per ottenere i rimborsi di cui sopra
il personale dovra' presentare .. le fatture originali relative alle
spese di soggiorno debitamente quietanzate".
La pretesa di riconoscere il diritto al rimborso solamente in
presenza della fattura di un albergo era quindi frutto di
un'interpretazione restrittiva, anche se e' indubbio che questa e' la
fattispecie che comunemente si verifica.
Poiche' l'Ufficio territoriale del Governo insisteva nelle proprie
determinazioni, richiamandosi a recenti disposizioni impartite dal
Ministero dell'Interno e ad un parere del Ministero del Tesoro,
richiedevo al Dipartimento Pubblica Sicurezza del Ministero
dell'Interno di esprimere il proprio parere in merito, anche in
considerazione del fatto che il problema riguardava un certo numero
di soggetti.
Con profonda soddisfazione il Ministero dell'Interno mi comunicava
che aveva autorizzato, sia pure in via del tutto eccezionale, il
rimborso delle spese.
- Ministero dell'Economia e delle Finanze - Agenzia delle Entrate -
Ufficio di Bologna 2
n. 936/99
Do' conto di una complessa ed annosa vicenda che, nonostante tutti i
miei sforzi, non e' stato possibile risolvere in maniera
soddisfacente.
Pur essendo consapevole che la soluzione da me auspicata poteva
risultare difficoltosa, dal momento che attualmente non esiste una
normativa ad hoc, ritengo cio' nonostante che, con una applicazione
piu' consapevole dei principi di buona condotta amministrativa e di
equita', la vicenda si sarebbe potuta risolvere positivamente.
L'episodio mi impone comunque di richiamare l'attenzione del
Parlamento e delle forze politiche sulla opportunita' di adottare una
normativa specifica diretta a tutelare, anche sotto l'aspetto del
pagamento delle imposte, i soggetti che vengono raggirati, affinche'
al danno subito non si aggiunga la beffa di dover pagare le imposte
per un negozio nullo o non suscettibile di alcuna efficacia concreta,
come nel caso di specie.
Questi i fatti.
Nel marzo 1996 una signora acquisto' con atto pubblico un
appartamento, pagando le imposte dovute come prima casa.
Successivamente la stessa apprese che l'appartamento era gia' stato
venduto anche ad un altro soggetto.
La controversia giudiziaria tra le due parti acquirenti circa
l'effettiva titolarita' dell'immobile perduro' fino al marzo 1999,
quando tra le stesse intervenne una transazione con la quale la
signora riconosceva i diritti della controparte sull'immobile.
Dopo alcuni mesi, l'interessata richiese al Secondo Ufficio delle
Entrate di Bologna di conoscere se, in occasione dell'acquisto di
altro appartamento, avrebbe potuto beneficiare del credito d'imposta
previsto dalla Legge 448/98 per l'acquisto di un successivo
appartamento come "prima casa", ma il predetto Ufficio fiscale nego'
tale possibilita'.
L'interessata allora, nel settembre 2000, chiedeva al Secondo Ufficio
il rimborso delle imposte pagate per l'acquisto del primo
appartamento per il quale, a fronte di un solo trasferimento di
proprieta', l'amministrazione aveva percepito due volte le imposte
corrispondenti.
L'Ufficio negava il rimborso sul presupposto che l'istanza era
pervenuta oltre il termine di decadenza di tre anni dal pagamento
dell'imposta principale, come previsto dall'art. 77 del DPR n. 131
del 1986.
A quel punto la signora si e' rivolta a me.
Facevo allora presente all'Ufficio che, in realta', l'art. 77
richiamato prevede che "Il rimborso dell'imposta.. deve essere
richiesto, a pena di decadenza.. entro tre anni dal giorno del
pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui e' sorto il diritto
alla restituzione".
Nel caso di specie, il termine per chiedere il rimborso andava
individuato nel momento in cui era sorto il diritto alla
restituzione: fino al marzo 1999 era, infatti, pendente la
controversia circa l'effettiva proprieta' dell'appartamento, e in
questa situazione la signora non aveva interesse, e soprattutto
diritto, a richiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso
delle imposte pagate.
D'altro canto, e' intuibile che, se in quel momento la ricorrente
avesse richiesto il rimborso, l'Ufficio fiscale non l'avrebbe
concesso poiche' la stessa era ancora da ritenersi proprietaria
dell'immobile.
Soltanto allorquando la controversia era cessata - marzo 1999 - era
maturato il diritto al rimborso delle imposte pagate per un immobile
che non le era mai stato trasferito; conseguentemente, la domanda di
rimborso, presentata nel settembre 2000, era da ritenersi in termini.
La vicenda si e' conclusa in questi giorni, a seguito di un parere
negativo dell'Agenzia delle Entrate dell'Emilia-Romagna.
Quest'ultima ha ritenuto che la signora non abbia diritto al rimborso
alla luce della normativa civilistica in materia di trascrizione e
tributaria in materia di imposta di registro.
Sotto l'aspetto civilistico, afferma l'Agenzia, i trasferimenti
restano tutti validi, anche se uno solo, in virtu' della
trascrizione, e' opponibile agli altri.
Sotto l'aspetto tributario, per entrambi si e' realizzato il
presupposto d'imposta richiesto dalla legge, vale a dire l'atto
pubblico di compravendita.
L'Agenzia conclude richiamando l'art. 38 del citato DPR 131/86,
norma che prevede la restituzione dell'imposta di registro solamente
nell'ipotesi che l'atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa
non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato.
Pur essendo consapevole che una parte della giurisprudenza configura
l'imposta di registro come imposta d'atto, indipendentemente
dall'efficacia dello stesso, e pur comprendendo, come dicevo sopra,
la difficolta' della questione, mi limito a ricordare che la
registrazione ha lo scopo di accertare la legale esistenza degli
atti, nella fattispecie di un atto traslativo della proprieta' di un
bene immobile: in questo caso, non vi e' stata alcuna traslazione di
proprieta', ma una semplice e volgare truffa in danno della seconda
acquirente.
A mio avviso, una maggiore disponibilita' ed equita' da parte
dell'amministrazione finanziaria avrebbe potuto alleviare, anche se
in minima parte, le conseguenze della truffa ordita a danno della
signora.
- Ministero della Difesa - Distretto Militare di Bologna
n. 683/2002
Un ragazzo aveva chiesto di essere dispensato dal compiere il
servizio militare di leva in quanto si trovava nelle condizioni
richieste dalla legge.
L'istanza, redatta su modulo prestampato, era stata presentata
all'Ufficio Reclutamento del Distretto Militare di Bologna, per
essere inoltrato al Ministero della Difesa.
L'interessato non riceveva alcuna comunicazione: successivamente,
pero', con suo grande disappunto veniva chiamato al servizio
militare, e doveva conseguentemente recedere dal contratto di
formazione - lavoro in corso.
Mi sono interessata alla vicenda su sollecitazione del padre del
ragazzo, che lamentava come, in tal modo, il figlio avrebbe perso il
residuo periodo di lavoro e la conseguente possibilita' di essere
assunto a tempo indeterminato.
Ho allora interpellato con la massima sollecitudine il Distretto
Militare: nel giro di alcuni giorni sono stata contattata
telefonicamente per un approfondimento della vicenda e per conoscere
il numero telefonico dell'interessato.
L'istanza del ragazzo, per errore trasmessa con ritardo al Ministero,
e' stata inviata con la massima urgenza: l'interessato ha cosi'
potuto beneficiare della sospensione del periodo di leva ed e' potuto
tornare al proprio posto di lavoro.
- Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione didattica II -
Casalecchio di Reno (Bologna)
n. 286/2002
Un bambino non era stato ammesso in una scuola materna di Casalecchio
di Reno perche' residente a Bologna, ai confini del territorio di
Casalecchio, benche' i suoi due fratelli frequentassero quello stesso
plesso.
Infatti, applicando i principi elaborati per la formazione della
graduatoria, che ponevano come quarto criterio di precedenza i
residenti in altri comuni, il figlio minore era stato collocato al
quarantacinquesimo posto.
La madre del bimbo mi faceva presente allora che il bambino soffriva
di disagi psichici i quali, a detta dei medici, si sarebbero
inevitabilmente aggravati se fosse stato allontanato dai fratelli e
dal proprio ambiente.
D'altro canto, poiche' l'Istituto aveva espressamente richiesto
garanzie che non venissero effettuate doppie iscrizioni, a suo tempo
la signora non aveva iscritto il minore anche presso una scuola
bolognese, ne' cio' era stato possibile una volta che aveva avuto
notizia della mancata ammissione perche' le iscrizioni erano chiuse.
Facevo allora presente alla Direzione didattica II Circolo che
l'utilizzo della residenza quale criterio prevalente per la
formazione delle graduatorie di ammissione non consente di
valorizzare situazioni particolari, quali quella sopra descritta,
nella quale vi sono fratelli che gia' frequentano quella certa
scuola, oppure quelle in cui sussistono condizioni fisiche o
psichiche particolari.
La circostanza poi che, al contrario, il Comune di Bologna non usasse
rigidamente il criterio della residenza determinava una discrepanza
nella formazione delle graduatorie tra territori limitrofi.
La Direzione didattica mi faceva allora presente che questi criteri
erano stati adottati su espressa richiesta del Comune di Casalecchio
di Reno, stante la difficolta' di inserire tutti i bambini residenti
nel comune.
La stessa Direzione pero', recependo le mie perplessita', dava prova
di grande apertura e sensibilita' nel rivalutare la posizione del
minore, e si dichiarava disponibile a fare una eccezione per il caso
di specie, collocando il bimbo al II posto nella lista di attesa, con
cio' ammettendolo alla scuola materna.
L'Assessorato alla Scuola del Comune di Casalecchio di Reno non
appariva altrettanto convinto della bonta' della soluzione offerta
dalla Direzione didattica, ma, al contrario, esprimeva alcune
perplessita' circa la valutazione che della stessa poteva essere data
dai genitori di minori che, pur essendo residenti a Casalecchio, non
erano stati ammessi alla scuola materna.
Replicavo allora che le esigenze specifiche, gravi e documentate, del
bambino non potevano essere ignorate dalle Istituzioni, chiamate a
temperare la rigidita' delle regole e dei criteri con la possibilita'
dell'eccezione qualora necessaria per la particolarita' del caso,
proprio per realizzare una vera parita' di condizioni.
Nel frattempo, avevo portato all'attenzione dell'Ufficio Scolastico
regionale l'esigenza che, nell'ambito del suo potere di coordinamento
dell'esercizio delle funzioni pubbliche in materia, valutasse
l'opportunita' di intervenire presso le Direzioni didattiche
competenti per un effettivo superamento delle disparita' e delle
conseguenze negative derivanti all'utenza dall'adozione di criteri
difformi e contrastanti.
L'Ufficio mi ha fatto pero' presente in questi giorni che, benche'
avesse risolto simili problematiche fino a quando ne ha avuto la
competenza, nel momento attuale e' impossibilitato ad intervenire
stante l'entrata in vigore del DPR 275/99, che ha riconosciuto alle
istituzioni scolastiche autonomia gestionale, organizzativa e
didattica.
Una risposta che mi ha lasciato l'amaro in bocca..
- Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione didattica di
Castenaso (Bologna)
n. 340/2002
In previsione dell'istituzione di una nuova sezione di scuola
dell'infanzia, cosi' da fare fronte a tutte le richieste presentate,
una signora aveva fatto domanda per la propria bambina presso quella
certa scuola.
Inopinatamente la signora apprendeva che la Direzione didattica non
intendeva piu' istituire la sezione supplementare, in quanto il
numero di bambini interessati era insufficiente.
La signora mi esprimeva il suo disappunto per questa decisione, e
faceva inoltre presente che, in ogni caso, la Direzione didattica non
aveva tenuto in alcun conto la scelta da lei espressa in via
subordinata.
Chiedevo allora alla Direzione di valutare la possibilita' di
garantire comunque l'inserimento nella scuola d'infanzia di tutti i
bambini aventi diritto, data la fondamentale importanza che riveste
la scuola dell'infanzia nella promozione della formazione della
personalita', nell'educazione e nell'acquisizione di capacita' da
parte dei minori.
La Direzione didattica mi rispondeva a stretto giro di posta,
evidenziando tutti gli sforzi profusi per risolvere il problema della
signora e di tutti gli altri genitori nella stessa situazione, e mi
comunicava che, con opportuni spostamenti, la sezione era stata
istituita. Di conseguenza, tutti i bambini erano stati accolti nella
scuola materna.
- Istituto nazionale della Previdenza Sociale - Agenzia di Bologna
n. 132/2002
Una anziana signora aveva proposto ricorso per il riconoscimento
dell'indennita' di accompagnamento.
Nel 2001 il Tribunale di Bologna le aveva dato ragione; purtroppo,
nel frattempo la signora era deceduta.Nel giugno 2001 l'INPS aveva
richiesto ai suoi eredi la documentazione occorrente per liquidarli
ed entro alcuni giorni era stato presentato quanto occorrente.
Da allora gli interessati non avevano piu' avuto notizie.
Nel febbraio 2002 costoro si erano rivolti a me esasperati, per
ottenere quanto dovuto.
Ho allora fatto presente la situazione all'Istituto, che prontamente
ha disposto il pagamento spettante agli aventi diritto.
- Istituto nazionale della Previdenza Sociale - Agenzia di San
Giovanni in Persiceto (Bologna)
n. 471/2002
Pervenivano dal Tribunale di Bologna, "per quanto eventualmente di
competenza", alcune missive cola' inviate da un cittadino il quale,
con argomentazioni fumose e quasi farneticanti, chiedeva Agenzia
dell'INPS di San Giovanni in Persiceto svariati benefici
previdenziali, in particolare la reversibilita' della pensione di
inabilita' di una sorella deceduta nel 1993, nonche' la pensione
sociale.
Il richiedente aveva indirizzato tali missive al Segretariato
generale della Presidenza della Repubblica, al Tribunale di Bologna e
all'INPS.
Al riguardo l'Agenzia INPS di San Giovanni in Persiceto mi informava
che l'interessato non aveva mai fatto domanda per ottenere la
pensione di reversibilita' della sorella e che, in ogni caso, non
sussisteva assolutamente il diritto a tale prestazione, cosi' come
allo stesso non competeva la pensione sociale, dal momento che era
gia' titolare di pensione INPDAP.
Comunicavo allora all'interessato la nota dell'Istituto, ricevendone
in risposta una lettera sconclusionata, che minacciava il ricorso al
Segretariato generale della Repubblica nonche' al Tribunale di
Bologna nei miei confronti.
Nello stesso periodo, ricevevo dal Tribunale di Bologna, sempre
inviate per quanto eventualmente di competenza, altre lettere simili,
indirizzate anche all'Agenzia INPS, contenenti analoghe richieste di
benefici previdenziali: tutte le lettere, pur essendo firmate da
altre persone, apparivano chiaramente scritte con la stessa macchina
e con analoghe argomentazioni sconclusionate.
Per tentare di chiarire le posizioni rivendicate ho telefonato ad
alcuni dei richiedenti, riscontrando situazioni al limite della
truffa. Infatti le missive, predisposte sempre dallo stesso soggetto,
richiedevano benefici previdenziali infondati: in un caso, in cui si
pretendeva di ottenere l'indennita' di accompagnamento, addirittura
non era mai stata presentata la relativa istanza.
Ho poi appreso che, a cagione di queste missive, l'Agenzia era stata
oggetto di ispezioni, a seguito delle quali era stata riconosciuta la
sua assoluta correttezza.
Ho ritenuto opportuno evidenziare questo caso perche' emblematico di
situazioni, meno infrequenti di quanto si possa ritenere, nelle quali
la pubblica amministrazione, fatta oggetto di persecuzioni da parte
di soggetti di ridotte capacita' mentali o che non hanno niente da
perdere, deve impiegare tempo ed energie che potrebbero essere
utilizzate per i propri fini istituzionali nel tentativo di
apprestare una efficace difesa contro questi comportamenti molesti.
- Istituto nazionale della Previdenza Sociale - Sede di Ravenna
n. 815
Un legale del Foro di Ravenna mi chiedeva il riesame del diniego
tacito all'accesso opposto dall'Istituto nazionale per la Previdenza
Sociale - Sede di Ravenna.
La sua richiesta nasceva dalla mancata esecuzione, nonostante vari
pignoramenti, di un decreto ingiuntivo a carico di un cittadino
ravennate e dall'esigenza di accedere agli atti dell'INPS per
individuare il datore di lavoro del debitore stesso, e poter cosi'
effettuare il pignoramento del quinto dello stipendio.Nella richiesta
venivano sottolineate le ragioni giuridicamente rilevanti che la
supportavano.
L'Istituto faceva allora presente al legale che di cio' aveva
informato l'interessato: qualora lo stesso non si fosse opposto entro
20 giorni, l'accesso sarebbe stato consentito.
Mentre ancora non era decorso il termine, il Dirigente che si era
occupato della pratica veniva trasferito, e il Dirigente subentrato
inviava al debitore una nuova ed identica lettera informativa.
Cio' nonostante, il debitore non faceva pervenire alcuna opposizione.
A questo punto, mentre il legale si aspettava finalmente di ottenere
l'accesso, il Dirigente lo informava oralmente che non lo avrebbe
concesso.
Valutate le argomentazioni, ed evidenziato che l'interessato, benche'
ripetutamente interpellato, non si era opposto, chiedevo all'Istituto
di autorizzare l'accesso ai propri atti.
In risposta, l'Istituto persisteva nel proprio diniego, ritenendo che
l'oggetto della richiesta rientrasse nelle informazioni sottratte
all'accesso, cosi' come individuate nel Regolamento per la disciplina
del diritto di accesso adottato dall'Istituto.
In particolare, l'Istituto dichiarava che nel predetto Regolamento
viene espressamente escluso l'accesso relativamente ad atti e
documenti attinenti all'instaurazione e allo svolgimento del rapporto
contributivo INPS - datori di lavoro.
L'Istituto affermava, inoltre, di aver informato l'interessato al
fine di acquisire un suo eventuale consenso, in difetto del quale non
era possibile desumere un consenso.
Come ho gia' osservato in occasione di precedenti relazioni, la
competenza attribuita al Difensore civico in materia di accesso ai
documenti appare scarsamente incisiva qualora l'amministrazione non
ritenga di collaborare, ma si limiti a controbattere le motivazioni
sostenute dal Difensore civico, con cio' confermando la
determinazione originaria.
Nel caso di specie e' avvenuto appunto questo: l'Istituto ha dato
all'interpello dell'interessato previsto dall'art. 17, comma 4, del
Regolamento, una interpretazione fuorviante. La norma infatti recita:
"Quando la richiesta di accesso riguardi i documenti indicati
nell'art. 8, comma 5, lettera d) del DPR 27/6/1992, n. 352, il
responsabile del procedimento di accesso informa immediatamente della
richiesta di accesso pervenutagli il titolare dell'interesse alla
riservatezza della informazione, anche ai fini di un suo eventuale
intervento nel procedimento stesso, ai sensi dell'art. 10 della Legge
241/90.".
Appunto in attuazione di questa previsione, le due note di interpello
inviate dall'INPS all'interessato concludevano che, se lo stesso non
avesse fatto pervenire all'ufficio alcuna comunicazione nel termine
di 20 giorni dalla ricezione del predetto invito, l'Istituto avrebbe
portato a conoscenza del richiedente la notizia richiesta.
In conclusione, ne' il quarto comma dell'art. 17 citato, ne' il
tenore della lettera di interpello inviata dall'Istituto,
consentivano di attribuire al silenzio un valore di diniego, ma
all'opposto lo dovevano qualificare come assenso.
Comunicavo, allora, allo studio legale che, pur non condividendo le
motivazioni addotte dall'Istituto, nel rispetto della normativa
vigente in materia di accesso dovevo considerare concluso il mio
intervento.
- Istituto nazionale di Previdenza per i Dipendenti
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Bologna
n. 80/2002
A seguito del decesso dell'ex marito, avvenuto nel 1994, la moglie
divorziata ricorreva al Tribunale di Bologna per ottenere il
riconoscimento della quota di pensione di reversibilita' a lei
spettante da parte di INPDAP e ENPALS, Enti che avevano riconosciuto
il diritto a pensione solamente alla seconda moglie del defunto.Nel
1999 il Tribunale attribuiva alla ricorrente il 50% della pensione di
reversibilita' con decorrenza dalla data di attribuzione alla seconda
moglie, e con obbligo per gli Enti erogatori di provvedere alla
corresponsione diretta dei trattamenti pensionistici a lei spettanti.
Mentre l'ENPALS provvedeva a corrispondere integralmente quanto
spettante alla stessa a decorrere dal 1994, l'INPDAP dava esecuzione
alla sentenza solamente a decorrere dalla data di notifica della
pronuncia giudiziaria, ritenendo che - in base alla consolidata
giurisprudenza in materia - le somme arretrate spettanti alla prima
moglie per il periodo pregresso (quantificate in oltre cinquanta
milioni) dovessero essere pagate dalla seconda moglie.
Nonostante le reiterate insistenze dell'interessata, l'Istituto non
recedeva dalle proprie decisioni.
Intervenivo allora, a richiesta della predetta, per ribadire che la
giurisprudenza invocata dall'Istituto concerneva le fattispecie nelle
quali la sentenza del giudice non aveva indicato la data di
decorrenza della corresponsione diretta da parte dell'Ente: del tutto
diverso era pero' il caso di specie, nel quale il Tribunale aveva
espressamente posto a carico dell'Istituto l'obbligo di corrispondere
direttamente alla prima moglie il trattamento pensionistico fin dalla
data del suo riconoscimento.
Non a caso, sottolineavo, l'ENPALS, tenuto ad analogo obbligo, non
aveva sollevato alcuna difficolta' ad ottemperare integralmente al
giudicato.
L'Istituto pero' persisteva nel suo diniego.
A questo punto, riscontrato che la posizione assunta dall'INPDAP era
suscettibile di determinare un grave pregiudizio all'interessata (e'
intuibile, infatti, la differenza che corre tra la realizzazione di
un diritto di credito a carico di un Ente pubblico e, invece, la
prospettiva di richiedere tale importo ad un soggetto privato)
sottoponevo il caso all'esame della Sede centrale di Roma.
Purtroppo quest'ultima non rispondeva, nonostante le mie
sollecitazioni.
Per fortuna dell'interessata, e con mio grande sollievo, apprendevo
che, nel frattempo, era intervenuto un accordo tra le due parti, e
che, di conseguenza, la vicenda era da ritenersi chiusa.
- Istituto nazionale di Previdenza per i Dipendenti
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Ravenna
n. 337/2002
Una infermiera a riposo mi chiedeva di aiutarla per ottenere
l'accoglimento della sua domanda, inviata nel 1999 all'INPDAP di
Ravenna, diretta ad ottenere il riconoscimento del riscatto di un
corso di specializzazione.
Essa infatti aveva ripetutamente prodotto tutta la documentazione
necessaria, aveva ripetutamente sollecitato l'Istituto previdenziale,
ma sempre invano.
Chiedevo allora all'INPDAP di farmi sapere quanto tempo ancora
occorreva per arrivare ad una conclusione dell'annosa pratica.
Dopo alcuni solleciti, l'Istituto mi faceva presente che tale
riconoscimento sarebbe potuto avvenire soltanto in sede di
liquidazione del trattamento di pensione definitiva.
Chiedevo all'Istituto che allora mi facesse sapere quanto tempo
ancora occorreva per definire il provvedimento di pensione
definitiva.
L'Istituto mi rispondeva che era impossibilitato a provvedere perche'
non erano pervenuti dall'Ente di appartenenza i documenti necessari.
La signora pero' contestava questa affermazione, ed inviava a me e
all'Istituto copia della raccomandata con la quale, nel 2000,
l'Azienda USL di Ravenna aveva inviato all'INPDAP di Ravenna la
domanda e tutta la documentazione occorrente per la liquidazione
della pensione.Di nuovo sollecitavo l'INPDAP e, infine, nell'agosto,
l'Istituto mi comunicava l'avvenuta determinazione della pensione
definitiva.
- Ordine degli Architetti della Provincia di Modena
n. 528/2002
Su richiesta del legale rappresentante di una ditta che svolge
ricerche di mercato, sono intervenuta presso l'Ordine degli
Architetti della Provincia di Modena in virtu' della natura giuridica
di enti pubblici riconosciuta agli Ordini e Collegi professionali
dalla costante giurisprudenza della Corte dei Conti.
La questione verteva sul diniego al rilascio di copia dell'elenco
degli iscritti, opposto all'interessato da parte dell'Ordine degli
Architetti.
Intervenire presso l'Ordine precisando che, a mio avviso, l'elenco
degli iscritti, al pari dell'Albo, e' da considerare quale documento
pubblico e non certo riservato, e che, di conseguenza, doveva esserne
consentito l'accesso.
L'Ordine degli Architetti mi comunicava che, al momento, l'Albo non
era disponibile in quanto in fase di revisione; che peraltro presso
la sede dell'Ordine stesso era a disposizione per la consultazione
(ed a richiesta per il rilascio di copia fotostatica) l'elenco degli
iscritti; che l'Albo edizione 2001 era liberamente consultabile
presso tutti gli Ordini e presso gli enti e pubblici uffici a cui era
stato a suo tempo inviato; che le etichette con indirizzo prestampato
richieste dalla ditta venivano fornite su motivata richiesta per
tutte le iniziative culturali patrocinate od approvate dal Consiglio
dell'Ordine, mentre non venivano rilasciate per fini commerciali,
pubblicitari od altro, e cio' anche su richiesta degli iscritti.
L'Ordine mi precisava, infine, che la richiesta a suo tempo
presentata dalla ditta non portava alcuna firma ma solo la sigla
della ditta, e che la stessa era motivata con un generico scopo
commerciale, senza ulteriori precisazioni.
Per tali motivi, l'Ordine riteneva di non dover corrispondere alla
richiesta, sia in considerazione del tono usato dal richiedente e sia
anche per motivi organizzativi e di disponibilita' di personale: lo
stesso Ordine ribadiva, peraltro, che l'interessato ben sapeva di
potersi recare presso la sua sede per consultare l'Albo o l'elenco
degli iscritti ed ottenerne fotocopie dietro pagamento dei diritti di
segreteria.
Le argomentazioni a sostegno del diniego non mi sembravano
convincenti, in quanto la ditta si era limitata a richiedere l'elenco
degli iscritti, e non etichette con indirizzo prestampato degli
stessi. Essa inoltre aveva fatto una richiesta ragionevole, essendo
la sua sede in provincia di Rimini, pertanto e' evidente che sarebbe
stato oneroso e scomodo recarsi a Modena unicamente per ricevere
quanto poteva esserle inviato per posta.
Comunicavo pertanto all'Ordine che, stante la sua natura pubblica,
confermata dal Garante per la tutela dei dati personali, a mio avviso
esso era tenuto al rilascio di copia della documentazione richiesta,
e allo scopo invitavo il Presidente a provvedere all'invio nel
termine di trenta giorni.
La vicenda si e' risolta positivamente con l'invio della
documentazione alla societa' richiedente.
9. Alcuni degli interventi piu' significativi svolti nei confronti di
altre pubbliche Amministrazioni ed Enti diversi presenti nel
territorio della regione Emilia-Romagna, ai sensi del comma 2
dell'art. 2 della L.R. n. 15 del 1995
Ho qui evidenziato alcuni degli interventi attuati in esecuzione del
principio di collaborazione con tutte le pubbliche Amministrazioni
previsto al comma 2 dell'art. 2 della L.R. n. 15 del 1995.
- Comune di San Polo d'Enza (Reggio Emilia)
n. 820/2002
Questo intervento, relativo al caso dei cani beagle provenienti da un
allevamento di San Polo d'Enza (Reggio Emilia), ha avuto una
rilevanza a livello nazionale, assumendo i contorni di una tele
novela.
La vicenda e' iniziata nel maggio 2002, in seguito al sequestro, per
presunti maltrattamenti, di alcuni cani destinati ad un allevamento
di Amburgo che pratica la vivisezione.
Nel luglio 2002 il Consiglio regionale approvava all'unanimita' la
L.R. n. 20, la quale, tra le altre disposizioni, proibiva
l'allevamento di cani e gatti a scopo di sperimentazione.
Nel frattempo il Presidente dell'Ente nazionale Protezione Animali -
Sezione provinciale di Reggio Emilia, mi segnalava che il Comune di
San Polo d'Enza, (nel cui territorio era appunto ubicato uno
stabilimento che alleva, tra gli altri, cani e gatti a scopo di
sperimentazione), aveva omesso di adottare i provvedimenti a lui
demandati dalla L.R. 27/00, concernente la tutela ed il controllo
della popolazione canina e felina. L'ENPA mi chiedeva pertanto
l'urgente nomina di un commissario ad acta che provvedesse in sua
vece.
In particolare, l'ENPA lamentava che, nonostante lo stabilimento non
avesse provveduto all'identificazione ed iscrizione di ciascun cane
nell'anagrafe canina (e vi avesse provveduto solamente nel giugno
2002, iscrivendo 20 esemplari su diverse centinaia), e non avesse
rispettato l'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico,
nonche' di segnalazione delle cessioni, vendite e decessi di cani, il
Comune non aveva adottato i provvedimenti sanzionatori di competenza.
Chiedevo allora al Servizio Veterinario dell'Azienda Unita' sanitaria
locale di Reggio Emilia di accertare la fondatezza dell'esposto,
cosi' da poter valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti per
l'esercizio dei poteri sostitutivi.
Il Servizio Veterinario mi comunicava di aver gia' effettuato una
ispezione presso lo stabilimento, unitamente al Corpo Forestale, e di
aver riscontrato la presenza di oltre 900 cani recanti solamente un
tatuaggio auricolare con numerazione interna, e assicurava comunque
di svolgere un'azione sistematica di vigilanza sul registro di carico
e scarico.
A sua volta, il Comune di San Polo d'Enza comunicava che, dopo
l'iscrizione di circa 50 esemplari nel giugno 2002, nell'agosto 2002
la ditta aveva richiesto l'iscrizione degli altri 922 cani. L'Ente,
inoltre, giustificava la mancata adozione di provvedimenti
sanzionatori per il ritardo con il quale la ditta aveva provveduto
all'iscrizione nell'anagrafe canina comunale, con riferimento alle
sue perplessita' circa l'obbligo di iscrizione all'anagrafe canina
per un allevamento di animali destinati alla sperimentazione, come
tale disciplinato dal DLgs n. 116 del 1992.
Facevo allora presente al Comune che riusciva difficile ipotizzare
dubbi interpretativi a distanza di ben due anni dall'entrata in
vigore della L.R. 27/00; in ogni caso, poiche' l'entrata in vigore
della L.R. n. 20 del 2002 rendeva illegittimo l'allevamento a scopo
di sperimentazione, gli chiedevo di comunicarmi le determinazioni che
intendeva adottare in merito alla revoca dell'autorizzazione per
l'allevamento di cani e gatti a fini di sperimentazione.
Nel frattempo l'ENPA mi segnalava che, a seguito di verifiche
effettuate dal Corpo Forestale dello Stato, risultavano mancanti un
centinaio di cani, e chiedeva un controllo sulla legittimita'
dell'uscita degli stessi dall'allevamento nel periodo successivo
all'entrata in vigore della Legge 20/02.
Invitavo allora gli Enti interessati ad effettuare ulteriori
verifiche, e allo scopo di fare il punto della situazione indicevo
una riunione informale.
Perveniva intanto copia del provvedimento con il quale il Comune di
San Polo d'Enza, pur in presenza di piu' violazioni, aveva contestato
alla ditta proprietaria dell'allevamento la violazione prevista dal
comma 2, dell'art. 7 della L.R. 27/00, e le aveva comminato una sola
sanzione pecuniaria, nella misura minima.
A questo proposito comunicavo all'Ente che, a mio avviso, questo
provvedimento concretava una elusione sostanziale della normativa,
dal momento che ripetute violazioni della medesima norma con distinte
condotte omissive avrebbero dovuto comportare, in base ai principi
normativi in materia, il cumulo delle relative sanzioni.
Nella riunione tenutasi il 3 settembre presso questa sede alla
presenza dei rappresentanti degli enti interessati, si cercava di
accertare il numero esatto di cani presenti nell'allevamento, se essi
erano stati iscritti all'anagrafe canina e se, infine, erano state
comunicate all'anagrafe canina comunale tutte le variazioni
(cessioni, nascite, morti).
In quella occasione il Servizio Veterinario evidenziava che, non
essendo possibile determinare con esattezza la tipologia dei soggetti
ai quali erano stati ceduti i cani, non risultava possibile
verificare se le cessioni fossero avvenute in violazione alla L.R.
20/02.
Il Servizio peraltro assicurava di aver attivato ogni utile riscontro
al riguardo.
A conclusione dell'incontro, ribadivo l'invito a tutti gli Enti
preposti a verificare che, successivamente all'entrata in vigore
della L.R. 20/02, non fossero state effettuate cessioni di animali a
strutture aventi scopo di sperimentazione.
Manifestavo inoltre agli intervenuti la mia intenzione di fare
presente all'Amministrazione regionale le difficolta' di applicazione
della recente normativa, prospettando l'opportunita' di una norma
transitoria che, nel rispetto delle finalita' di tutela degli
animali, consentisse all'azienda di salvaguardare i propri
investimenti e l'occupazione.
La riunione si concludeva con l'invito al Sindaco ad adottare i
provvedimenti di competenza entro 30 giorni.
Facevo comunque presente che, nell'ipotesi fossi venuta a conoscenza
di vendite effettuate dalla ditta in violazione della normativa
regionale, avrei attivato senza ulteriori indugi la procedura di
nomina del commissario ad acta.
Nei giorni successivi apprendevo dal Corpo Forestale dello Stato che,
dopo il primo agosto 2002, data di entrata in vigore della L.R.
20/02, erano state effettuate consistenti cessioni di cani a favore
di tre ditte di sperimentazione farmacologica e tossicologica.
Il predetto Corpo aveva pertanto contestato alla ditta tre sanzioni
amministrative.
In presenza di siffatte inequivocabili violazioni, invitavo il
Sindaco del Comune di San Polo d'Enza ad adottare senza ulteriori
indugi il provvedimento di revoca dell'autorizzazione a suo tempo
concessa alla ditta, al fine di evitare la reiterazione di ulteriori
comportamenti illeciti da parte della stessa, con conseguenti
responsabilita' amministrative e contabili a carico di coloro che
cio' avevano consentito.
A questo punto l'ENPA, reiterava la propria richiesta di nomina di
commissario ad acta, motivando con la circostanza che il Comune non
solo aveva omesso di sanzionare la ditta per le violazioni alle norme
della L.R. 27/00 sulla tenuta dell'anagrafe canina, ma anche, e
soprattutto, che lo stesso non aveva revocato l'autorizzazione
all'attivita' di allevamento: in tal modo, era stato consentito alla
ditta di violare ripetutamente gli obblighi discendenti dalla L.R.
20/02.
Dal canto suo, il Comune, in un comunicato agli organi di
informazione affermava la propria intenzione di non attivare alcuna
iniziativa in proposito fino a quando non avesse ricevuto dalla
Regione Emilia-Romagna chiarimenti sull'applicazione della L.R.
20/02, stanti i suoi dubbi che tale normativa fosse in contrasto con
le norme comunitarie sulla libera circolazione e la libera
concorrenza.
Preso atto della posizione assunta dal Comune, ritenevo di non poter
piu' procrastinare l'attivazione della procedura diretta all'adozione
dei poteri sostitutivi, ed inviavo l'istanza dell'ENPA al Comitato
regionale di Controllo, affinche' quest'ultimo valutasse la
sussistenza dei presupposti per disporre la diffida ad adempiere nei
confronti dell'Amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 32 della
L.R. 7/92.
Il 19 settembre il Comitato regionale di Controllo, ritenendo che
sussistesse inadempimento soltanto in relazione all'obbligo di
aggiornare, in conformita' della L.R. 20/02, l'autorizzazione a suo
tempo rilasciata, invitava il Comune di San Polo d'Enza a provvedere
in tal senso entro 45 giorni.
Nel frattempo, la Regione Emilia-Romagna chiariva all'Amministrazione
comunale che, a seguito dell'entrata in vigore della L.R. 20/02, le
autorizzazioni all'allevamento di cani e gatti a fini di
sperimentazione dovevano intendersi decadute: conseguentemente, le
autorizzazioni gia' rilasciate dovevano essere aggiornate, precisando
le specie per le quali tale tipo di attivita' era consentito.
Ciononostante, il Comune decideva di non applicare la normativa della
L.R. 20/02 e di non dare luogo all'aggiornamento o caducazione
parziale dell'autorizzazione a suo tempo rilasciata alla ditta.
La L.R. n. 20 del 2002 veniva, nel frattempo, impugnata dal Governo
in quanto ritenuta esorbitare dalla competenza legislativa regionale
nella materia della ricerca scientifica e della tutela della salute,
ed in violazione del DLgs n. 116/92, di recepimento della direttiva
n. 86/608/CEE, nonche' in contrasto con la normativa comunitaria nel
settore dell'attivita' di sperimentazione.
Il Comune di San Polo d'Enza ricorreva allora al TAR
dell'Emilia-Romagna contro il Comitato regionale di Controllo, il
Difensore civico regionale, la Regione Emilia-Romagna e l'ENPA,
chiedendo la sospensione dei provvedimenti impugnati, ma il TAR
rigettava il ricorso: cio' nonostante, il Sindaco comunicava alla
stampa che, nella sostanza, avrebbe continuato a disapplicare la L.R.
20/02.
Forse proprio allo scopo di bloccare la procedura di nomina del
commissario ad acta, ormai ineludibile, nel novembre 2002 il Sindaco
di San Polo d'Enza decideva di revocare la precedente determinazione
e di porre nel nulla - limitatamente all'allevamento di cani e gatti
- l'autorizzazione concessa a suo tempo all'allevamento di animali a
scopo di sperimentazione.
Peraltro, quest'ultimo provvedimento non era fondato su
argomentazioni giuridiche, - che anzi erano richiamate le premesse
giuridiche che avevano sostenuto la precedente, opposta
determinazione - bensi' sulle garanzie date, a suo dire,
dall'Amministrazione regionale circa la conformita' della L.R. 20/02
all'ordinamento comunitario e al disposto costituzionale, nonche'
sull'impegno che, sempre a suo dire, l'Amministrazione regionale
avrebbe assunto, di tenerlo indenne da eventuali richieste di
risarcimenti.
Pur trattandosi di provvedimento contraddittorio ed illogico quanto
alla motivazione, per contrasto tra le premesse e il dispositivo,
prendevo atto che l'Amministrazione aveva ottemperato al proprio
obbligo e che, di conseguenza, erano venuti meno i presupposti per
l'adozione dei poteri sostitutivi.
E' di questi giorni la decisione con la quale il TAR
dell'Emilia-Romagna - adito dalla ditta titolare dell'allevamento -
ha negato la sospensiva del provvedimento di cui sopra con una
motivazione che lascia poche speranze all'accoglimento del ricorso
anche nel giudizio sul merito, con cio', presumibilmente, ponendo
fine alla vicenda.
- Comune di Sant'Agostino (Ferrara)
n. 371/2002
Il WWF Italia - Sezione Alto Ferrarese, mi segnalava che nell'anno
2000 era stata rilasciata una concessione per la costruzione di una
stazione radio base per la telefonia mobile, senza che fosse stata
acquisita la prescritta valutazione di impatto ambientale.
Da allora si erano susseguiti una serie di ricorsi, nonche' un primo
annullamento d'ufficio della concessione edilizia da parte del
Responsabile del settore, ed un secondo nel quale lo stesso
Responsabile si riservava l'adozione di tutti i provvedimenti
necessari e conseguenti.
A distanza di un anno, l'amministrazione non aveva pero' adottato
alcun provvedimento concreto per lo smantellamento, o comunque per il
suggellamento dell'impianto.Il WWF mi chiedeva pertanto di esercitare
i poteri sostitutivi previsti dall'art. 136 del DLgs 267/00,
attraverso la nomina di un commissario ad acta.
Inviavo allora con urgenza tutto il carteggio al Comitato regionale
di Controllo, perche' attivasse la procedura di diffida ad adempiere
a carico del Comune di Sant'Agostino.
In quella sede il Comitato verificava, peraltro, che, nella
fattispecie, si configurava l'ipotesi di cui all'art. 7, comma 8
della L.R. n. 47 del 1985, e che, di conseguenza, la competenza a
provvedere per tale ipotesi - in caso di inerzia del Comune - era
stata delegata alla Provincia.
Il Comitato stesso provvedeva quindi ad inviare gli atti alla
Provincia di Ferrara.
Stante la rilevanza della questione, non ritenevo di chiudere il mio
intervento, ma sollecitavo l'Amministrazione provinciale di Ferrara
ad intervenire con urgenza, soprattutto in considerazione delle
notizie che mi pervenivano dal WWF, secondo le quali l'impianto -
abusivo - era ancora in funzione.
Finalmente il responsabile del procedimento ingiungeva alla ditta di
rimuovere tutte le opere eseguite, nonche' di ripristinare lo stato
nei luoghi entro novanta giorni.
A conclusione della vicenda, il WWF ha preso atto con soddisfazione
del provvedimento comunale che, ripristinando le condizioni di
legalita', ha rimediato all'errore iniziale.
- Comune di Castelmaggiore (Bologna)
n. 1136/2002
Una signora aveva sempre pagato l'importo totale dell'ICI per il suo
appartamento, senza tenere conto che il marito, dal quale viveva
separata, era comproprietario del 50% dello stesso.
Una volta che l'errore era stato chiarito, era stato il marito (e non
la moglie) a richiedere il rimborso al Comune di Castel Maggiore.
L'interessato mi riferiva che alla sua richiesta erano state date
risposte differenti.
Mi interessavo allora presso il Responsabile dell'Ufficio Tributi
dell'Ente per conoscere le sue determinazioni.
L'Ente, pur potendo rifiutare la richiesta di rimborso, in quanto
presentata da un soggetto non legittimato, una volta accertato che la
signora rinunciava al proprio diritto, ha provveduto a rimborsare al
marito la somma versata in eccedenza dalla moglie, con cio'
dimostrando di ritenere prevalente la sostanza del problema piuttosto
che l'aspetto formale.
- Comune di San Lazzaro di Savena (Bologna)
n. 1409/2002
Venivo richiesta di intervenire da alcuni residenti nel comune di San
Lazzaro di Savena, preoccupati per i possibili rischi derivanti dalla
presenza, nelle immediate vicinanze delle loro abitazioni, di una
centrale elettrica e di tralicci dell'alta tensione.
A suo tempo l'amministrazione aveva commissionato ad un tecnico una
perizia, ed era emersa la presenza di valori di induzione
elettromagnetica di un certo rilievo.
Chiedevo pertanto all'amministrazione di comunicarmi le misure che
intendeva adottare per tutelare l'incolumita' pubblica, e i tempi
necessari per la loro realizzazione.
Con soddisfazione ho preso atto della sollecitudine con la quale
l'amministrazione mi ha fornito tutte le notizie richieste e si e'
impegnata a provvedere, d'intesa con l'ENEL, all'interramento
dell'elettrodotto.
- Comune di Castel d'Aiano (Bologna)
n. 162/2002
Un Comitato di cittadini residenti in quel comune mi invitava ad
intervenire nei confronti dell'amministrazione comunale in relazione
a due stazioni di radiotelefonia mobile che risultavano in via di
attivazione in quel territorio.In particolare, il Comitato lamentava
la mancanza di informazione preventiva circa il rilascio della
concessione per l'installazione delle stazioni trasmittenti; la
mancata acquisizione del parere della Soprintendenza, obbligatorio
nella fattispecie in quanto trattasi di zona soggetta a vincolo
paesaggistico; l'installazione di una antenna mobile gia' operante
nel sito dove doveva sorgere la stazione trasmittente; infine, la
mancata risposta all'esposto che il Comitato a suo tempo aveva
inviato all'amministrazione comunale.
Suggerivo allora all'amministrazione di valutare lo spostamento di
tale installazione dal luogo prescelto, vicino a case abitate anche
da bambini, in altri siti disabitati, assai frequenti nel territorio
comunale.
In tempi rapidi ho ricevuto una cortesissima risposta
dell'Amministrazione, la quale si e' dichiarata disponibile a
rivedere la scelta dei siti, a tenere presenti le osservazioni che il
Comitato presentera', addirittura a formare un gruppo di lavoro con
la rappresentanza del Comitato stesso.
Devo quindi esprimere il mio apprezzamento per questa modalita' di
azione, non solo rispettosa dei diritti dei cittadini, ma soprattutto
pienamente collaborativa a sensibile alle istanze della propria
popolazione.
- Comune di Molinella (Bologna)
n. 514/2000
Chiedeva il mio intervento un legale che agiva per conto dei suoi
clienti, da tempo in attesa delle determinazioni del Comune di
Molinella in ordine ad una variante a concessione edilizia rilasciata
nell'anno 2000.
La concessione era stata sospesa nel 2001 a seguito dell'ispezione
dell'Ufficio Difesa del suolo Reno Ovest della Regione
Emilia-Romagna, che contestava una violazione del rispetto delle
distanze minime dal piede arginale del fiume Reno previste da un
decreto del 1904.
Dopo un ulteriore sopralluogo e dopo alcuni incontri tra l'Ufficio
Difesa del suolo, i tecnici del Comune di Molinella e il tecnico
della proprieta', e nonostante la disponibilita' evidenziata dalla
proprieta' ad abbattere una parte di fabbricato cosi' da farlo
retrocedere entro i limiti consentiti, non si riusciva a giungere ad
un accordo.
Dopo alcuni mesi, il Comune comunicava agli interessati di voler
procedere all'annullamento parziale della concessione edilizia
originaria, dando termine per presentare memorie ed osservazioni.
La proprieta' a questo punto replicava evidenziando che la norma che
si assumeva violata andava letta nella sua accezione letterale,
secondo la quale erano vietati "le fabbriche, gli scavi e lo
smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini.. minore
di quella stabilita dalle discipline vigenti nella diverse localita',
ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore ..di metri
dieci per le fabbriche e per gli scavi". In presenza di disciplina
locale che statuisse distanze diverse, questa previsione era pertanto
da intendersi superata.
La stessa proprieta' faceva inoltre presente gli ingenti danni a lei
derivanti da un annullamento parziale della concessione, danni che
del resto derivavano anche dal ritardo nell'adozione delle proprie
determinazioni da parte dell'amministrazione, e concludeva invitando
la stessa a decidere quale soluzione adottare.
Dopo aver approfondito l'intricata vicenda, ho invitato il Comune di
Molinella a disporre affinche' l'ufficio competente adottasse le
proprie determinazioni in merito alla pratica.
Ho ricevuto in risposta, con la massima celerita', copia del
provvedimento definitivo adottato dal Responsabile del Settore
Edilizia di quel Comune.
- Comune di Camugnano (Bologna)
n. 517/2000
Un cittadino da anni chiedeva al Comune di Camugnano il risarcimento
per i danni arrecati alla sua proprieta' a seguito dell'occupazione
di un terreno, avvenuta nel 1980, senza adottare le procedure di
esproprio.
Nell'anno 2000 mi ero interessato alla vicenda ed avevo ricevuto
assicurazioni da parte dell'Ente che entro alcuni mesi avrebbe
definito la richiesta.
Nel 2001, non avendo l'interessato ricevuto alcuna risposta,
reiteravo il mio intervento, ricevendo l'assicurazione che entro
brevissimo tempo si sarebbe provveduto alla definizione della
pratica.
Peraltro, ancora nel 2002 l'interessato mi comunicava che era in
attesa di quanto dovuto.
Finalmente, nell'agosto, il cittadino otteneva la somma a lui
spettante.
- Ufficio Sovracomunale Gestione del territorio per i Comuni di
Castel di Casio, Gaggio Montano e Porretta Terme (Bologna)
n. 819/2002
Il presente intervento e' la riprova che, laddove i responsabili
delle strutture di una amministrazione - benche' sprovvista di difesa
civica - sono aperti al confronto, il Difensore civico puo' attivare
una collaborazione proficua, tale da corrispondere fattivamente
all'interesse degli istanti.
Nel caso di specie, una signora aveva chiesto il mio intervento nei
confronti dell'Ufficio Sovracomunale Gestione del territorio per il
Comune di Castel di Casio, per ottenere l'accesso agli atti in base
all'art. 25 della Legge n. 241 del 1990, in relazione alla seguente
vicenda.
La signora aveva chiesto l'autorizzazione all'installazione di due
cancelli a servizio della sua abitazione.
Era stata autorizzata all'apertura di due accessi sulla strada
comunale, con l'avvertenza che gli eventuali serramenti dovevano
essere realizzati con certe modalita', e comunque dopo aver assolto i
relativi obblighi urbanistici.
La signora, che non aveva compreso di dover richiedere una nuova
autorizzazione comunale, aveva posto in opera i due cancelli.
A seguito di segnalazione da parte di terzi, l'ufficio comunale
accertava l'illegittimita' e irrogava una sanzione amministrativa per
esecuzione di opere in assenza di denuncia inizio attivita'.
La signora, molto contrariata, chiedeva all'ufficio di conoscere il
nominativo di coloro che avevano fatto quella segnalazione, ma
l'ufficio riteneva di non poter fornire quei dati, a suo avviso
tutelati ai sensi della Legge n. 675 del 1996.
Nel mio intervento nei confronti del Responsabile dell'Ufficio in
parola ho innanzitutto evidenziato che, non essendo Difensore civico
di quell'ente, non ero legittimata ad attivare il riesame formale del
diniego ma che, in ogni caso, ritenevo di poter chiedere la
collaborazione dell'ente stesso per il perseguimento delle finalita'
di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione.
Evidenziavo quindi le motivazioni per le quali non condividevo il
diniego opposto, in quanto nell'esposto presentato da terzi non
potevano essere contenuti dati sensibili: sono infatti tali solamente
quelli che riguardano piu' da vicino la personalita' etico-sociale
dell'individuo e le sue caratteristiche psico-sanitarie.
Diverso invece era il trattamento da riservare ai dati personali, che
sono quelli che generalmente vengono in evidenza in un esposto.
A questo proposito facevo presente che l'orientamento della
giurisprudenza amministrativa configura come regola la pubblicita'
dei documenti amministrativi e che, conseguentemente, deve essere
garantita agli interessati la visione degli atti necessari per
tutelare i propri interessi. La riservatezza, infatti, non coincide
con la segretezza delle informazioni in possesso
dell'amministrazione, ma indica una parziale delimitazione dei
soggetti abilitati a conoscere i dati, attraverso particolari
modalita' attuative e procedimentali idonee ad evitare la
divulgazione delle notizie al di la' della cerchia dei soggetti
legittimati.
L'ufficio aderiva alla mia prospettazione e concedeva prontamente
all'interessata copia della documentazione richiesta.
- Comune di Vergato (Bologna)
n. 981/2001
Un signora residente in quel comune mi aveva interpellato nel 1999
lamentando che, a seguito di lavori eseguiti a ridosso della zona
artigianale, era stato ostruito il sentiero che accede ad una fontana
e al fiume Reno, utilizzato da tempo immemorabile.
Avevo pertanto interpellato l'amministrazione, e avevo ricevuto
assicurazioni che era intendimento della stessa di dare soluzione al
problema, prevedendo nel progetto delle opere di urbanizzazione uno
stradello di collegamento al fiume Reno, nonche' una fontana
pubblica, al fine di mantenere gli usi consolidatisi nel tempo.
Allo stesso tempo, il Settore Urbanistica e Ambiente dell'Ente aveva
invitato le ditte che avevano determinato l'ostruzione a provvedere
al ripristino dello stato dei luoghi, con riserva di intervento
sostitutivo in caso di inottemperanza.
Avevo allora concluso la pratica comunicando all'interessata la
positiva soluzione della vicenda.
Nell'ottobre 2001 la signora mi interpellava nuovamente,
comunicandomi che non solo il passaggio non era stato ripristinato,
ma che continuavano gli scarichi di terreno, rendendo sempre piu'
problematica la situazione.
Alla mia richiesta di notizie, il Responsabile dell'Unita' Operativa
rispondeva segnalando la presenza temporanea di un cantiere edile in
atto, dovuta all'esecuzione dei lavori autorizzati fin dal 1997,
preliminari alla realizzazione definitiva delle nuove opere di
urbanizzazione del comparto, e comprendenti tra l'altro la
riattivazione del preesistente sentiero pedonale e di una pubblica
fontana.
Lo stesso mi faceva presente che, fino a quando tali opere non
fossero completate, la situazione di precarieta' era destinata a
permanere, ma che la stessa non comprometteva l'utilizzo delle
infrastrutture di primaria necessita'. Tra queste ultime, ad avviso
dello stesso Responsabile, non era da ascrivere "la praticabilita'
continuativa di un sentiero, la cui unica funzione e' quella di
consentire passeggiate al fiume, essendo, per tale funzione, presenti
in zona tante altre possibilita' di raggiungere il fiume".
La signora pero' contestava questa prospettazione, e in ogni caso
faceva presente che il problema di viabilita' non dipendeva dal
cantiere bensi' dalla massa di terreno scaricato sul sentiero, la cui
riapertura veniva messa in forse.
Chiedevo allora al predetto Responsabile assicurazioni circa la
riapertura del sentiero in questione ad avvenuta ultimazione dei
lavori.
Nel gennaio 2002 il Responsabile dell'Unita' Operativa invitava
nuovamente le ditte che effettuavano i lavori in loco ad addivenire
al piu' presto, nonostante l'ampia decorrenza dei termini
autorizzativi (dal 1997), al completamento ed ultimazione delle opere
autorizzate, intimando il ripristino, entro 30 giorni, dei percorsi
pedonali preesistenti che consentono l'accesso alla strada
provinciale al fiume Reno.
Il predetto Responsabile rammentava infine che la protrazione
dell'inerzia nella realizzazione dei lavori programmati avrebbe
determinato il venir meno delle previsioni di edificabilita'
all'interno dell'intero comparto.
Nel febbraio di quest'anno sono stata nuovamente interpellata dalla
signora, la quale segnalava che non era stato fatto nulla per
consentire la praticabilita', seppur parziale, dell'anzidetto
sentiero.
Trasmettevo allora il reclamo al Responsabile dell'Area Servizi per
la collettivita' e il territorio dell'Ente, manifestando le mie
riserve circa l'adeguatezza e l'efficacia dell'attivita' posta in
essere dall'ufficio e chiedendo di non procrastinare ulteriormente la
risoluzione dell'annosa questione, al fine di porre termine ai disagi
lamentati dalla signora e di preservare l'immagine
dell'Amministrazione.
Quale risposta, ho ricevuto una nota sul cui contenuto, di forma e di
sostanza, non ritengo opportuno alcun commento.
Resto peraltro dispiaciuta di non aver potuto fornire alcuna tutela
alla richiedente a causa dell'indisponibilita' della struttura
comunale.
Ho ritenuto necessario dilungarmi nell'esposizione del presente
intervento per evidenziare una situazione la quale, oggettivamente,
non presentava particolari difficolta' di soluzione - e che, cio'
nonostante, dopo tanti anni non e' stata ancora risolta - e di come,
in nome dell'interesse collettivo prevalente su quello individuale,
sia stato impedito ai cittadini del luogo il passaggio su un
sentiero, passaggio che, essendosi consolidato da tempo immemorabile,
costituisce oramai diritto di uso pubblico da parte della
collettivita'.
- Comune di Ravenna
n. 1032/2002
Si tratta di un intervento che ho posto in essere in attuazione della
convenzione stipulata a suo tempo con il Comune di Ravenna.
Riporto anche in questa sede il caso poiche' lo ritengo
particolarmente significativo del clima di collaborazione che puo'
instaurarsi tra un'Amministrazione e il proprio Difensore civico al
fine di tutelare sempre meglio ed efficacemente i propri cittadini.
Ad una signora ravennate era stata notificata una infrazione per
sosta del veicolo sul marciapiede.
Il marito della stessa aveva allora ricorso al Giudice di Pace.
Il Giudice dapprima aveva disposto la sospensione del verbale,
successivamente aveva convocato le parti, chiedendo alla Polizia
municipale di produrre tutta la documentazione relativa
all'infrazione.
In quella sede veniva prodotta una relazione con la quale l'agente
verbalizzante dava atto che, a seguito di ulteriori accertamenti, era
emersa l'inesistenza di segnaletica a delimitazione degli stalli.
Tale segnaletica, a suo dire, era probabilmente scolorita nel tempo e
tanto piu' in quella circostanza, a causa dell'oscurita' e della
neve, non era assolutamente percepibile dall'interessato.
L'agente concludeva nel senso dell'archiviazione del verbale di
accertamento.
Sembrava che la vertenza si fosse risolta positivamente per la
cittadina incolpevole: invece, inopinatamente, il Giudice di Pace
respingeva l'opposizione, valutando inammissibile il ricorso per
carenza di legittimazione attiva da parte dell'opponente.
L'interessata, disperata, si e' rivolta al mio ufficio sentendosi
perseguitata dalle istituzioni.
Ho allora interessato il Comandante della Polizia municipale (che del
resto era gia' a conoscenza dell'accaduto) e, dopo alcune settimane,
lo stesso mi ha comunicato che, nonostante la pronuncia del Giudice
di Pace lo esimesse da ulteriori valutazioni, avendo preso atto
dell'insussistenza dell'infrazione, aveva annullato in via di
autotutela il provvedimento sanzionatorio.
- Comune di Modena
n. 876/2002
Chiedeva il mio intervento un dipendente della Prefettura di Modena
il quale, essendo stato assegnato fin dal luglio 2001 al Comune di
Modena per lo svolgimento di funzioni in materia di invalidi civili,
non era ancora stato inquadrato nei ruoli dell'ente.A questo scopo
l'interessato e altri due colleghi avevano anche chiesto, senza
ottenerlo, un provvedimento d'urgenza al Tribunale di Modena.
Dopo aver esperito un tentativo di conciliazione presso la Direzione
provinciale del lavoro di Modena, risultato infruttuoso, veniva
iniziata una vertenza di lavoro innanzi al Tribunale di Modena.
Chiedevo allora al Comune un quadro della situazione nonche' i tempi
di presumibile ultimazione delle procedure di inquadramento.
L'Ente mi faceva presente le motivazioni che l'avevano indotto a
sospendere l'inquadramento dei ricorrenti: in applicazione del DLgs
112/98, erano state assegnate al Comune di Modena tre unita' di
personale, a parziale copertura del trasferimento dell'esercizio
delle funzioni in materia di trattamento economico degli invalidi
civili.
Per tutto l'anno 2001 l'onere per tale personale era a carico del
Ministero dell'Interno, successivamente il Ministero dell'Economia e
delle Finanze avrebbe dovuto provvedere alle variazioni occorrenti e
all'assegnazione delle corrispondenti risorse finanziarie al Comune
di Modena.
Invece, dalla fine del 2001 il Comune aveva inutilmente sollecitato i
Ministeri interessati per ottenere l'assegnazione delle risorse
finanziarie di competenza; per tale motivo, pur continuando a
corrispondere al personale il trattamento economico spettante, non
aveva proceduto al suo inquadramento.
Nulla poteva essere eccepito, sul piano formale, alla determinazione
dell'Amministrazione comunale di Modena di procedere
all'inquadramento definitivo del personale solo ad avvenuta
acquisizione delle risorse da parte del Ministero dell'Economia e
delle Finanze.
Ritenevo pertanto indispensabile interpellare quest'ultimo, nonche'
il Ministero dell'Interno, per sollecitare l'adozione dei
provvedimenti necessari per garantire al Comune le risorse
finanziarie dovute: il ritardo in tal senso, infatti, poteva
determinare negli interessati una sensazione di provvisorieta' e di
sfiducia verso i comportamenti della pubblica Amministrazione.
Il Ministero dell'Interno forniva prontamente un quadro della
problematica, dal quale si evidenziava una prima, seppur parziale,
evoluzione positiva della vicenda.
Infine, dopo alcune sollecitazioni, il Ministero dell'Economia e
delle Finanze trasmetteva copia del provvedimento con il quale era
stata disposta la variazione di bilancio in favore dei capitoli del
federalismo amministrativo, sui quali venivano attribuite alle
Regioni ed ai Comuni interessati le risorse da destinare al pagamento
delle competenze per il personale trasferito.
Conseguentemente il Comune di Modena provvedeva all'inquadramento del
personale in argomento, con viva soddisfazione degli interessati.
- Comune di Comacchio (Ferrara)
n. 263/2002
Ad un cittadino bolognese proprietario di un appartamento a Lido
delle Nazioni perveniva un avviso di accertamento concernente
l'imposta comunale per il passo carraio - COSAP.
L'interessato mi faceva presente che, in realta', l'immobile non
aveva uno sbocco sulla strada comunale, bensi' su un'area
appartenente alla Regione Emilia-Romagna.
Alla mia richiesta di delucidazioni, l'Ufficio Tributi del Comune
ribadiva il proprio convincimento che l'interessato era tenuto a
versare il predetto canone, anche se poi, per errore materiale, per
un importo minore a quello originariamente notificato.
L'Ente sosteneva infatti che, benche' la proprieta' del contribuente
effettivamente si affacciasse su un vialetto sterrato di proprieta'
della Regione Emilia-Romagna, da quest'ultimo si accedeva a due
strade comunali, attraverso due interruzioni aperte nel marciapiede
per il transito delle autovetture.
Insistevo allora sottolineando la mancanza del presupposto
dell'occupazione di spazio o area pubblica di proprieta' comunale, al
quale l'art. 63 del DLgs 446/97 ricollega l'applicazione del canone:
infatti, il presupposto di fatto per identificare una fattispecie di
occupazione di suolo pubblico, con conseguente applicazione del
canone, risiede nella circostanza che la modifica del piano stradale
sia diretta a facilitare in via diretta, e non mediata, l'accesso dei
veicoli alla proprieta' privata.
Nel caso di specie, al contrario, attraverso l'interruzione del
marciapiede si perviene in via immediata al vialetto sterrato, e non
alla proprieta' del signore.
Le mie argomentazioni sono state condivise dall'Amministrazione
comunale, la quale ha prontamente provveduto al discarico del canone
ed alla cancellazione della posizione dell'interessato dal ruolo
comunale.
- RAI - Radiotelevisione Italiana SpA - sede di Bologna
n. 217/2002
Un cittadino mi faceva pervenire copia della comunicazione con la
quale la RAI - Sede di Bologna, lamentava la mancata risposta ad una
precedente nota, e richiamava l'obbligo di regolarizzare il pagamento
del canone RAI per la propria abitazione.
In difetto, l'Amministrazione finanziaria avrebbe proceduto ai
necessari controlli.
La nota terminava con l'avvertenza che l'accertamento poteva essere
evitato con il versamento di circa 320.000 lire.
Facevo allora presente all'Azienda che il tenore di questa
comunicazione appariva quantomeno inopportuno, perche' suscettibile
di ingenerare notevole confusione ed allarme nei destinatari, specie
nel caso di persone anziane.
I termini con i quali essa era redatta, d'altro canto, non
risultavano conformi ai principi generali di buona fede e
collaborazione che, ai sensi dell'art. 10 dello Statuto del
contribuente, devono caratterizzare i rapporti con il contribuente.
Invitavo quindi l'Azienda affinche', per il futuro, eliminasse da
queste comunicazioni ogni espressione che potesse assumere un simile
significato per i destinatari.
In risposta l'Azienda precisava che il testo in argomento era un
secondo avviso, da inviare in caso di mancata risposta alla prima
richiesta, e che il contenuto dello stesso aveva solamente un
carattere informativo.
In ogni caso, la pratica relativa al cittadino bolognese era stata
archiviata.
Questa precisazione non mi sembra sposti i termini del problema: che
la nota sia un secondo avviso e' ininfluente, dal momento che non
esiste alcun obbligo del destinatario di comunicare all'Azienda
l'inesistenza di un apparecchio radiotelevisivo presso la propria
abitazione.
Il mio auspicio pertanto e' che, per il futuro, l'Azienda riconsideri
il proprio atteggiamento, e impronti il contenuto delle proprie
comunicazioni a modalita' piu' serene e rispettose degli utenti,
salvi ovviamente i mezzi di accertamento previsti dalla legge per le
ipotesi di sospetta evasione dell'obbligo.
- Trenitalia SpA - Divisione Passeggeri - Bologna
n. 399/2002
Un utente di treno Eurostar giunto a Bologna con un ritardo di circa
un'ora dopo essere stato costretto a trasbordare su un altro treno,
si era visto negare il bonus previsto dal Regolamento per siffatti
ritardi in quanto, a dire della Societa', tale ritardo derivava la
causa non imputabile a Trenitalia.
L'interessato chiedeva il mio intervento in quanto l'episodio gli
aveva determinato un notevole pregiudizio, in conseguenza sia del
ritardo in se' e sia anche per il disagio di dover trasbordare i
propri bagagli.
La Societa' in un primo tempo mi comunicava la propria impossibilita'
ad accogliere la richiesta, dal momento che la causa
dell'interruzione era "da ricondursi allo smottamento per lavori
svolti da una ditta non incaricata dalle FS operante nei pressi della
sede ferroviaria".Tale risposta non mi appariva convincente, in
quanto la normativa sull'esonero della responsabilita' che la
Societa' si era data non poteva escludere l'applicazione dei principi
in tema di responsabilita' contrattuale dettati dal Codice civile,
prevalenti rispetto alla prima. Inoltre, se il ritardo era imputabile
ai lavori eseguiti da una ditta non autorizzata dalle FS, cio' non
esimeva quest'ultima dalle proprie responsabilita' nei confronti dei
passeggeri, ma piuttosto la legittimava a rivalersi nei confronti
dell'autore del disservizio.
Benche' la Societa' non mi abbia fatto conoscere le proprie
determinazioni, ho appreso dall'interessato che gli e' stato concesso
il bonus richiesto.
- ENEL Distribuzione SpA - Zona di Bologna Ovest
n. 874/2002
Un cittadino extracomunitario al quale era pervenuta una bolletta
dell'ENEL di importo molto rilevante, e comunque assai superiore a
quanto pagato in precedenza, mi faceva presente che, pur essendosi
recato presso gli uffici della societa', non era rimasto convinto
dalle spiegazioni fornitegli.
Poiche' riscontravo che l'interessato parlava con gran difficolta' la
nostra lingua, e ancor meno era in grado di comprendere quanto gli
veniva detto, intuivo che questa poteva essere la chiave di lettura
dell'accaduto. Pertanto, piuttosto che scrivere agli uffici
dell'ENEL, li contattavo per telefono: apprendevo cosi' da un
addetto, persona molto disponibile e competente, che la bolletta in
contestazione riguardava l'addebito per conguaglio dell'energia
utilizzata per circa due anni.
L'addetto si metteva a disposizione del cittadino extracomunitario
per fornirgli la distinta di tutti i consumi effettuati nei vari
periodi, cosi' da fugare tutte le sue perplessita'.
Lo stesso inoltre mi forniva delucidazioni circa la possibilita' di
chiedere la rateizzazione del pagamento della relativa fattura.
Tutto questo e' stato comunicato al cittadino, che ha ringraziato
sentitamente per l'aiuto prestatogli.
- Telecom Italia SpA - Bologna
n. 843-824/2002
Ricevevo alcune segnalazioni di cittadini i quali si erano visti
addebitare importi per servizi attivati a loro insaputa, e comunque
in assenza di sottoscrizione di un contratto.
Al riguardo segnalavo a Telecom Italia SpA che, trattandosi di
offerte di servizi a pagamento, in base alla normativa vigente esse
potevano essere attivate solamente se richieste dall'utente.
Il Responsabile della Societa' mi confermava di aver immediatamente
disattivato il servizio, la cui attivazione era frutto di un errore,
e di aver contestualmente disposto l'accredito degli importi gia'
addebitati a questo titolo.
Ho preso atto con piacere dell'efficienza di Telecom, ma avrei
preferito registrare altrettanta efficienza da parte della Societa'
nell'evitare simili disguidi e nel migliorare il servizio a
disposizione dei cittadini, posto che quello sopra evidenziato non e'
stato un caso isolato, e che l'utente, per poter avere informazioni,
ha dovuto contattare ripetutamente e con difficolta' la struttura.
10. Alcuni degli interventi piu' significativi svolti nei confronti
di altre pubbliche Amministrazioni ed Enti diversi ubicati fuori del
territorio della Regione Emilia-Romagna, ai sensi del comma 2
dell'art. 2 della L.R. n. 15 del 1995
- Consolato Generale d'Italia di Buenos Aires
n. 12/2002
Questo intervento e' del tutto anomalo, sia perche' l'ente coinvolto
e' ubicato addirittura all'estero e sia anche per il tipo particolare
di richiesta.Con un e-mail proveniente dall'Argentina, una signora mi
faceva presente che, benche' fosse figlia di un italiano, a suo dire
da 16 anni tentava inutilmente di ottenere il riconoscimento della
cittadinanza italiana.
Questa situazione dipendeva dal fatto che il padre non aveva mai
provveduto ad iscriverla nell'anagrafe del Comune di Bologna, nonche'
per altri motivi non esplicitati in maniera comprensibile.
Stante l'incertezza sulla reale situazione, interessavo via fax il
Consolato generale d'Italia di Buenos Aires, pregandolo di farmi
conoscere lo stato della pratica di riconoscimento della cittadinanza
italiana a favore dell'interessata e gli eventuali impedimenti ad una
positiva conclusione della stessa.
In breve tempo il Consolato mi comunicava l'avvenuto riconoscimento
della cittadinanza alla signora e la conseguente trasmissione
dell'atto di nascita al Comune di Bologna per la relativa
trascrizione.
- Ministero dell'Economia e delle Finanze - Roma
n. 1021/2002
Su segnalazione del Difensore civico di Riccione, conseguente ai
reclami presentati da diversi cittadini, sottoponevo all'attenzione
del Ministero dell'Economia e delle Finanze un problema che riguarda
l'intera cittadinanza del Comune di Riccione.
Nel 1993, in conformita' ad una decisione della Commissione
censuaria centrale, il Comune di Riccione aveva suddiviso il proprio
territorio in tre zone censuarie trasversali, comprendenti ognuna sia
il centro che le periferie.
Successivamente, l'Ufficio del Territorio di Rimini, in attuazione
del DPR 138/98, aveva suddividiso il territorio di Riccione in tre
zone, peraltro non coincidenti con la suddivisione operata dal
Comune, e aveva attribuito ad ognuna la propria rendita catastale,
che per le zone periferiche risultava essere molto piu' bassa
rispetto a quella definita dal Comune.
Ai cittadini che avevano calcolato l'ICI sulla base delle rendite
catastali attribuite dall'Ufficio del Territorio, laddove le stesse
erano inferiori rispetto a quelle stabilite dal Comune, quest'ultimo
aveva pertanto inviato avvisi di accertamento con richiesta di
pagamento delle differenze ICI.
In questa situazione ambigua, il cittadino risultava comunque
danneggiato: o pagava il supplemento d'imposta aumentata delle
sanzioni ed interessi, o ricorreva alla Commissione Tributaria
competente.
E' anche da precisare che, contro la suddivisione eseguita
dall'Ufficio del Territorio di Rimini, il Comune di Riccione, dopo
avere perduto il giudizio di I grado - in quanto il TAR
dell'Emilia-Romagna aveva dichiarato inammissibile il suo ricorso per
difetto di interesse ad agire - aveva proposto appello al Consiglio
di Stato.
Nelle more della pronuncia del Consiglio di Stato, e
nell'eventualita' che venga confermata la decisione di I grado, ho
ritenuto opportuno interessare della questione il Garante del
contribuente per l'Emilia-Romagna.
A conclusione di un articolato iter, il Garante mi ha trasmesso la
propria risoluzione, che dichiara il "non luogo a procedere per
quanto di sua competenza, malgrado l'indubbio interesse dei
contribuenti ad avere chiarezza e certezza di norme da parte della
pubblica Amministrazione, che - diversamente - perde di credibilita'
nella considerazione del cittadino".
Nella Risoluzione del Garante si legge che le difficolta' incontrate
nel tentativo di conciliazione tra gli uffici interessati, sono state
determinate dal rigido atteggiamento assunto dal rappresentante
dell'Agenzia del Territorio.
A sua volta, il Direttore dell'Ufficio provinciale di Rimini
dell'Agenzia ha evidenziato le ragioni per le quali non ritiene
percorribile la soluzione della conciliazione.
Cio' nonostante, attesa la rilevanza della questione, la quale
coinvolge un numero elevato di cittadini, preso atto dell'impatto che
un siffatto contrasto puo' determinare nell'opinione pubblica,
considerato infine che le determinazioni della Commissione censuaria
centrale devono essere ottemperate, ho richiesto al Ministero
dell'Economia e delle Finanze di valutare l'opportunita' di un suo
intervento ai fini di una positiva soluzione della vicenda.
- Agenzia del Territorio - Ufficio provinciale di Firenze
n. 640/2002
In occasione della denuncia di successione relativa alla propria
madre, una signora residente in Romagna verificava che la partita
catastale relativa ad un immobile della defunta era stata
erroneamente attribuita al precedente proprietario, che l'aveva
alienata nel 1973.
Nel gennaio 2002 il notaio della signora chiedeva allora all'Ufficio
del Territorio di Firenze di effettuare con la massima urgenza le
rettifiche occorrenti, dovendo presentare entro i ristretti termini
di legge la denuncia di successione.
La richiesta veniva reiterata dal tecnico della signora nel febbraio
2002.
A giugno, quando ormai i termini per la presentazione della
successione erano in scadenza, la signora chiedeva il mio intervento.
Ho immediatamente interpellato l'Ufficio del Territorio, facendo
presente la situazione: quest'ultimo mi ha comunicato dopo alcuni
giorni l'avvenuta regolarizzazione della partita catastale.
- Regione Campania - ASL CE/1 - Caserta
n. 775/2002
Il Presidente di una Cooperativa sociale che opera per il recupero
dei soggetti tossicodipendenti mi ha pregato caldamente di aiutarlo
nel tentativo di ottenere il pagamento delle somme ancora dovuta
dalla ASL di Caserta.
Si trattava di rette relative a soggetti provenienti da quella
regione, che, in alcuni casi, risalivano addirittura al 1999.
Nel sottolineare la cronica mancanza di puntualita' con la quale la
predetta ASL faceva fronte ai propri obblighi, il rappresentante
della Cooperativa mi faceva presente che la sua struttura aveva
assoluta necessita' di avere pagamenti puntuali in quanto essa si
finanziava esclusivamente con le rette corrisposte dalle Aziende
Unita' sanitarie locali.
Mi sono attivata in applicazione dell'art. 2, comma 2, della L.R. n.
15 del 1995, che prevede la possibilita' di segnalare eventuali
disfunzioni riscontrate presso altre pubbliche Amministrazioni, ed ho
fatto presente tutte queste circostanze all'Assessore alla Sanita'
della Regione Campania.
La Regione Campania ha allora inviato una generica sollecitazione al
Direttore generale della Azienda sanitaria locale, della quale ho
avuto notizia indirettamente attraverso la Cooperativa.
Ho pertanto preso spunto da questa sollecitazione e, a mia volta, ho
richiesto al Direttore generale della Azienda sanitaria locale di
provvedere con sollecitudine al pagamento delle somme ancora dovute.
Sempre applicando la stessa tecnica di non rispondere a me ma di
scrivere solamente alla Cooperativa, la Azienda sanitaria locale ha
richiesto alla Cooperativa, per l'ennesima volta, l'estratto conto
delle sue spettanze, invitandola a dare la propria disponibilita' a
giungere ad una procedura transattiva.
A questo punto ho intuito che sara' giocoforza per la Cooperativa
aderire a questa proposta, per poter ottenere, anche se in parte, le
sue spettanze.
E' chiaro pero' che, dopo questa esperienza, la Cooperativa valutera'
se continuare a fornire prestazioni a favore di soggetti per i quali
appare pressoche' impossibile conseguire il pagamento delle rette.
- Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell'Amministrazione pubblica - Roma
n. 687/2002
Un ex dipendente regionale che, a distanza di dieci anni dal suo
pensionamento, ancora percepiva la pensione provvisoria, si era
rivolto inutilmente a vari sindacati per ottenere la pensione
definitiva.
Da ultimo gli era stato suggerito di rivolgersi ad un legale; prima
di approdare a questa soluzione, la quale lo avrebbe obbligato a
sostenere spese non indifferenti per ovviare all'inefficienza altrui,
il pensionato mi chiedeva di intervenire.
Interessavo allora l'INPDAP di Roma, evidenziando che, stante il
tempo trascorso, si imponeva un'immediata conclusione della pratica.
Finalmente, dopo alcuni mesi, mi veniva comunicata l'avvenuta
definizione del trattamento pensionistico e del relativo conguaglio.
- Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Latina
n. 122/2002
Una cittadina bolognese da tempo non riusciva ad ottenere la
conclusione della pratica di reversibilita' della pensione della
madre, deceduta nel febbraio 1999, in favore del fratello,
maggiorenne ed inabile.
La pratica era stata palleggiata ripetutamente tra l'INPDAP di Latina
e la Prefettura di Latina.
Nel febbraio 2000 l'INPDAP aveva richiesto alla Prefettura di
disporre gli accertamenti sanitari presso l'Ospedale Militare per
verificare il presupposto dell'inabilita' a proficuo lavoro in modo
totale e permanente: in risposta, la Prefettura aveva inviato copia
del verbale dell'accertamento di invalidita' effettuato a suo tempo
dalla Commissione sanitaria provinciale di Agrigento.
Nel febbraio 2002 la signora chiedeva il mio intervento.
La trattazione del caso si e' svolta in gran parte per telefono,
poiche' ritenevo fondamentale cercare di risolvere in tempi il piu'
possibile celeri una pratica avente una particolare rilevanza
sociale.
Mi veniva cosi' assicurato che, in via del tutto eccezionale,
l'Istituto stava valutando la possibilita' di completare la procedura
sulla base dell'accertamento di invalidita' effettuato a suo tempo
dalla Commissione sanitaria provinciale di Agrigento.
Acquisito il parere del proprio ufficio legale, nonche' la copia del
decreto di nomina della sorella quale tutrice dell'invalido, quando
sembrava tutto concluso, mi veniva comunicato che mancava ancora il
provvedimento di concessione della pensione definitiva, di competenza
della sede INPDAP di Roma.
Dopo altri solleciti, finalmente nel maggio 2002 l'INPDAP di Latina
poteva spedire alla sede di Bologna il relativo decreto.
- Comune di Roma - Ufficio Invalidi civili
n. 242/2002
Una signora bolognese, dopo aver tentato tutte le strade
percorribili, mi chiedeva di intervenire nei confronti dell'Ufficio
Invalidi civili del Comune di Roma in relazione ai ritardi con i
quali veniva trattata la pratica di invalidita' del proprio cognato,
residente a Roma.
L'interessato era stato riconosciuto invalido nel luglio 1999. Il
verbale della Commissione sanitaria era stato inviato nell'anno 2000
alla Prefettura di Roma dove, nonostante tutti i solleciti, non aveva
avuto definizione.
Poiche' successivamente la competenza nella materia era stata
attribuita al Comune, intervenivo presso di esso chiedendo di
fornirmi informazioni sull'andamento della pratica.
Dopo alcuni solleciti, apprendevo che il fascicolo era stato
trasmesso all'INPS - Area Interventi assistenziali, e a quest'ultimo
reiteravo la mia richiesta di informazioni.Apprendevo finalmente
dall'Istituto che l'assegno di invalidita' era stato posto in
pagamento.
- Comune di Camastra (Agrigento)
n. 790/2000
Una cittadina bolognese aveva subito diversi espropri relativi ad
alcuni terreni ubicati in comune di Camastra.
Nel 1996 la signora era stata informata dell'avvenuta inclusione di
un suo appezzamento in un programma triennale di realizzazione di
opere pubbliche e, nonostante lo stesso fosse gia' in possesso del
Comune fin dal 1980, solo nel 1998 era stata attivata la procedura
per l'occupazione d'urgenza.
Dopo due anni, e dopo numerosi solleciti, non avendo avuto alcuna
comunicazione circa la misura e i tempi di pagamento dell'indennita'
di esproprio, l'interessata sollecitava il mio intervento.
Chiedevo allora al Comune, in osservanza a quanto previsto dalla
Legge 241/90, di fornire una risposta alle richieste della signora.
Il Comune replicava che le indennita' provvisorie di esproprio erano
state determinate, e me ne comunicava l'ammontare, ma
inspiegabilmente alcune ordinanze non erano state notificate, e
assicurava che avrebbe provveduto ad una nuova notifica con la
massima celerita'.
Facevo presente al Comune che l'importo fissato per l'esproprio non
comprendeva quanto dovuto per indennita' di occupazione ed interessi
legali, spettanti per l'occupazione ormai ventennale del relativo
terreno.
A questa mia comunicazione non veniva data risposta.
Successivamente la signora mi faceva presente che neppure le era mai
stata notificata l'ordinanza che definiva l'indennita' provvisoria di
esproprio.
Insistevo allora ripetutamente per sensibilizzare il Comune finche',
nell'agosto 2002, a distanza di undici mesi dal primo intervento, il
Comune assicurava che l'ordinanza era stata notificata.
Chiedevo allora nuovamente all'Ente di quantificare la somma
spettante per indennita' di occupazione ed interessi legali, ma
sempre inutilmente.
A questo punto decidevo di richiedere l'intervento del Difensore
civico di Agrigento il quale, pur se non investito della competenza
ad intervenire nei confronti del Comune di Camastra, presumibilmente
sarebbe stato in grado di ottenere ascolto dal Comune stesso.
Il Difensore civico di Agrigento si attivava nei confronti del
Comune, accertando la situazione ed evidenziando che la procedura
espropriativa che qui interessa era illegittima; di conseguenza, egli
faceva presente che l'eventuale indennizzo si configurava come un
risarcimento danni, esperibile solamente per via giudiziaria.
La conclusione prospettata mi appariva particolarmente iniqua;
peraltro invitavo lo stesso Difensore civico a porre in essere ogni
utile iniziativa per definire positivamente la situazione.
Da ultimo, ho appreso che il Comune ha offerto alla signora, a
tacitazione della vertenza, una somma notevolmente inferiore a quanto
le spettava, e che la stessa, disperando di ottenere l'importo
totale, ha deciso di accettare la proposta.
- Ente Ferrovie dello Stato SpA - Roma
n. 390/2002
A seguito di azione legale, il Giudice del lavoro aveva riconosciuta
ad un ex dipendente dell'Ente Ferrovie dello Stato SpA una
invalidita' come dipendente da causa di servizio, e conseguentemente
aveva condannato l'Ente Ferrovie alla liquidazione dell'equo
indennizzo.
Dopo oltre un anno di inutile attesa del pagamento delle somme a lui
spettanti, senza neppure avere avuto alcuna comunicazione al riguardo
da parte della Societa', l'interessato ha richiesto il mio
intervento.
Ho allora fatto presente all'Ente Ferrovie che ormai appariva
improcrastinabile il soddisfacimento dei diritti del cittadino, ad
evitare le conseguenze dell'esperimento di un'ulteriore azione
giudiziaria diretta ad ottenere il pagamento in via esecutiva.
Dopo alcuni solleciti, mi perveniva una nota di Metropolis SpA,
societa' del Gruppo FS, la quale mi comunicava di aver dato corso
alla procedura di pagamento delle spettanze in favore
dell'interessato.
Metropolis giustificava il ritardo con il quale mi aveva risposto con
la circostanza che ne' la prima richiesta ne' i solleciti le erano
mai pervenuti; non una parola, invece, circa il ritardo con il quale
erano state pagate all'interessato le somme dovute.
- Autostrade SpA - Direzione generale - Firenze
n. 745/2002
Un automobilista bolognese riceveva una richiesta di pagamento per un
pedaggio che la Direzione generale di Autostrade SpA asseriva non
versato.
L'interessato contestava vivacemente tale richiesta, con lettera
indirizzata anche a me, segnalando che non si era mai recato nel
luogo contestato, e che di tale circostanza aveva svariati testimoni.
Chiedeva quindi alla Societa' di produrre la foto della targa della
macchina incriminata.
Mi associavo alla sua richiesta, e ripetutamente sollecitavo una
risposta.
La Societa' non ha ritenuto di rispondere alle mie lettere. Ho pero'
appreso dall'interessato che la richiesta e' stata annullata.
11. Conclusioni
La presente relazione, cosi' come quelle relative agli anni
precedenti, e' diretta a fornire un resoconto puntuale dell'attivita'
svolta, delle istanze ricevute, delle anomalie riscontrate, e dei
risultati conseguiti nell'anno 2002.
Essa e' pertanto finalizzata a rendere piu' agevole l'adozione di
interventi correttivi da parte dell'Amministrazione pubblica laddove
sono state evidenziate disfunzioni o inefficienze che possono essere
superate con l'adozione degli opportuni correttivi.
Rinvengo d'altro canto nei contenuti di questa relazione e di quelle
relative al passato numerose riprove del fatto che questi anni di
attivita' di difesa civica hanno inciso fattivamente nel processo di
innovazione delle strutture burocratiche dell'Amministrazione
pubblica.
Per quanto concerne, poi, il periodo del mio incarico, ho riscontrato
che la sensibilizzazione delle strutture pubbliche conseguente ai
miei interventi non e' rimasta priva di effetti, anche indiretti, e
che in tal modo si e' raggiunta una massimizzazione dell'efficacia
degli interventi stessi, attraverso una piu' ampia collaborazione e
una piu' accurata attenzione alle questioni prospettate.Perche' la
difesa civica possa operare al meglio, infatti, occorre la massima
disponibilita' da parte di coloro che sono preposti alle strutture
pubbliche, cosi' che si possa collaborare nella ricerca della
soluzione ottimale.
A questo proposito mi permetto di suggerire, in analogia a quanto
proposto dal Difensore civico della Regione Veneto, di prevedere, tra
gli indici di valutazione delle capacita' e comportamenti
apprezzabili dei Dirigenti, anche la qualita' del rapporto
intercorrente tra gli stessi e il Difensore civico.
Concludo segnalando, ancora una volta, l'esigenza che ai cittadini
vengano fornite tutte le informazioni e le comunicazioni che in
qualche modo li concernono in termini di massima chiarezza ed
esaustivita'.
Richiamo anche l'attenzione di codesta Amministrazione
sull'opportunita' di una periodica informazione della popolazione in
ordine alla funzione di tutela extra giudiziaria offerta dalla difesa
civica.
A tale riguardo - in analogia a quanto previsto, su iniziativa del
Mediatore Europeo, nel "Codice di buona condotta amministrativa"
applicabile a tutte le istituzioni e amministrazioni comunitarie nei
loro rapporti con il pubblico - suggerisco di indicare, in calce agli
atti e provvedimenti di codesta Amministrazione regionale che in
qualche modo possono ledere i diritti o gli interessi dei
destinatari, la possibilita' di richiedere l'intervento del Difensore
civico regionale.
Termino con un particolare elogio ai miei collaboratori tutti, ivi
compresi quelli che, pur non essendo piu' presenti nella struttura,
hanno profuso negli anni il loro impegno e le loro doti personali e
professionali per consentire alla difesa civica di raggiungere un
risultato ottimale.
Oltre alla dott.ssa Rita Accorsi e al dott. Vittorio Bernini, ai
quali desidero inviare i sensi della mia stima e del mio affetto, il
mio affettuoso ringraziamento va ai funzionari tutti che hanno
assicurato un servizio a favore dei cittadini impeccabile, efficiente
ed intelligente, con in piu' un pizzico di inventiva e di genialita'
(Alessandro Manca), di puntuali approfondimenti giuridici e di grande
buon senso (Gloria Guicciardi), di rara sensibilita' e dolcezza
(Valeria Villani), di diplomazia e tatto particolari (Carlotta
Muratori), di pazienza e sensibilita' (Angelo Baratelli).
Non posso certo dimenticare, infine, il contributo, prezioso e
puntuale, di Claudia Prudente, dell'impareggiabile Concetto Cavalieri
(il mago delle situazioni disperate) e di Margherita Ferrari.
Rivolgo un ringraziamento deferente all'Ufficio di Presidenza e a
codesta Assemblea, nonche' a tutti gli uffici che hanno collaborato
con me per conseguire al meglio l'obbiettivo di un'Amministrazione
pubblica piu' efficiente e sempre piu' a disposizione dei cittadini.
Ugualmente ringrazio i soggetti che si sono rivolti al mio ufficio e
che, e' auspicabile, attraverso i consigli e l'aiuto fornito hanno
recuperato stima e fiducia nelle istituzioni pubbliche.
Bologna, 31 marzo 2003
IL DIFENSORE CIVICO
Paola Gallerani