DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 7 luglio 2003, n. 1321
Rettifiche alla deliberazione della Giunta regionale 16 dicembre 2002, n. 2567 relativa al Testo coordinato delle Norme del PTPR. Ripubblicazione del Testo coordinato delle Norme del PTPR
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Vista la deliberazione della Giunta regionale 16 dicembre 2002, n.
2567, recante "Pubblicazione del Testo coordinato delle Norme del
PTPR come modificate dal PTCP di Forli'-Cesena (deliberazione della
Giunta regionale 1595/01) e dal PTCP di Rimini (deliberazione della
Giunta regionale 2377/01)";
rilevato dalla lettura del suddetto testo coordinato sono stati
individuati due meri errori materiali, e in particolare:
- per quanto riguarda l'art. 14, comma 3, la partizione interna al
comma riportata nel testo pubblicato contiene un errore materiale,
dal momento che il contenuto della lettera d) e' inserito in coda
alla lettera c);
- allo stesso art. 14, manca il riferimento all'originario comma 4,
gia' soppresso dal PTCP della Provincia di Rimini approvato con la
deliberazione della Giunta regionale 11 maggio 1999, n. 656;
- nella redazione del testo, all'art. 17, comma 12, e' stata omessa
la locuzione ", previo parere favorevole della Provincia," tra le
parole "possono" e le parole "prevedere ampliamenti";
ritenuto, al fine di eliminare tali errori materiali, di dover
rettificare la deliberazione della Giunta regionale 16 dicembre 2002,
n. 2567, relativa al Testo coordinato delle Norme del PTPR;
dato atto del parere di regolarita' tecnica espresso dal Direttore
generale alla Programmazione territoriale e ai Sistemi di Mobilita'
ai sensi dell'art. 37, quarto comma della L.R. 43/01 e della
deliberazione della Giunta regionale 447/03;
su proposta dell'Assessore alla Programmazione territoriale,
Politiche abitative e Sistemi di mobilita',
a voti unanimi e palesi, delibera:
- di approvare le seguenti rettifiche degli errori materiali
contenuti nell'Allegato A alla deliberazione della Giunta regionale
16 dicembre 2002, n. 2567 relativamente al testo vigente degli
articoli 14 e 17 delle Norme del PTPR:
- per quanto riguarda l'art. 14:
- al comma 3, il periodo che va dalle parole da "nelle aree libere
intercluse" alle parole "all'art. A-6 della L.R. 20/00;" e'
contrassegnato dalla lettera d);
- dopo il comma 3, si aggiunge la seguente locuzione:
"4. Soppresso.";
- per quanto riguarda l'art. 17:
- il comma 12 viene cosi' sostituito:
"12. Nelle zone di cui al presente articolo, gli strumenti di
pianificazione dei Comuni possono, previo parere favorevole della
Provincia, prevedere ampliamenti degli insediamenti esistenti
limitatamente all'ambito collinare e montano, ove si dimostri
l'esistenza di un fabbisogno locale non altrimenti soddisfacibile e
l'assenza di rischio idraulico, purche' le nuove previsioni non
compromettano elementi naturali di rilevante valore e risultino
organicamente coerenti con gli insediamenti esistenti.";
- di approvare per motivi di chiarezza e di certezza del diritto
quale Allegato A, parte integrante e sostanziale della presente
deliberazione, il Testo coordinato delle Norme del PTPR, cosi' come
approvate dalla deliberazione del Consiglio regionale n. 1338 del 28
gennaio 1993, e successivamente modificate ed integrate dal Piano
territoriale di coordinamento della Provincia di Rimini, approvato
con la deliberazione della Giunta regionale 11 maggio 1999, n. 656,
dal Piano territoriale di coordinamento della Provincia di
Forli'-Cesena, approvato con la deliberazione della Giunta regionale
31 luglio 2001, n. 1595, e dalla variante al Piano territoriale di
coordinamento della Provincia di Rimini, approvato con la
deliberazione della Giunta regionale 12 marzo 2001, n. 2377;
- di pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna
il Testo coordinato delle Norme del PTPR.
ALLEGATO A
Testo coordinato delle Norme del Piano Territoriale Paesistico
Regionale di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 1338
del 28 gennaio 1993
con le modifiche apportate da:
- Piano di coordinamento provinciale della Provincia di Rimini
approvato con la deliberazione della Giunta regionale n. 656 dell'11
maggio 1999;
- Piano di coordinamento provinciale della Provincia di Forli'-Cesena
approvato con la deliberazione della Giunta regionale n. 1595 del 31
luglio 2001;
- variante al Piano di coordinamento provinciale della Provincia di
Rimini approvata con la deliberazione della Giunta regionale n. 2377
del 12 novembre 2001.
PIANO TERRITORIALE PAESISTICO REGIONALE
NORME
PARTE I - DISPOSIZIONI GENERALI TITOLO I - FINALITA', OGGETTI,
ELABORATI COSTITUTIVI ED EFFICACIA DEL PIANO Art. 1 - Finalita' del
Piano Art. 2 - Oggetti del Piano Art. 3 - Elaborati costitutivi del
Piano Art. 4 - Efficacia del Piano TITOLO II - STRUMENTI DI
ATTUAZIONE DEL PIANO E RAPPORTI CON ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE
Art. 5 - Strumenti di attuazione del Piano Art. 6 - Le unita' di
paesaggio Art. 7 - La pianificazione infraregionale Art. 8 - La
pianificazione comunale PARTE II - LA TUTELA DELL'IDENTITA' CULTURALE
DEL TERRITORIO TITOLO III - SISTEMI, ZONE ED ELEMENTI STRUTTURANTI LA
FORMA DEL TERRITORIO Art. 9 - Sistema dei crinali e sistema
collinare Art. 10 - Sistema forestale e boschivo Art. 11 - Sistema
delle aree agricole Art. 12 - Sistema costiero Art. 13 - Zone di
riqualificazione della costa e dell'arenile Art. 14 - Zone
urbanizzate in ambito costiero e ambiti di qualificazione
dell'immagine turistica Art. 15 - Zone di tutela della costa e
dell'arenile Art. 16 - Colonie marine Art. 17 - Zone di tutela dei
caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua Art. 18 -
Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua Art. 19 - Zone di
particolare interesse paesaggistico-ambientale Art. 20 - Particolari
disposizioni di tutela di specifici elementi TITOLO IV - ZONE ED
ELEMENTI DI SPECIFICO INTERESSE STORICO O NATURALISTICO Art. 21 -
Zone ed elementi di interesse storico-archeologico Art. 22 -
Insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non
urbane Art. 23 - Zone di interesse storico-testimoniale Art. 24 -
Elementi di interesse storico-testimoniale
Art. 25 - Zone di tutela naturalistica PARTE III - PARTICOLARI TUTELE
DELL'INTEGRITA' FISICA DEL TERRITORIO TITOLO V - LIMITAZIONI DELLE
ATTIVITA' DI TRASFORMAZIONE E D'USO DERIVANTI DALL'INSTABILITA' O
DALLA PERMEABILITA' DEI TERRENI Art. 26 - Zone ed elementi
caratterizzati da fenomeni di dissesto e instabilita' Art. 27 - Zone
ed elementi caratterizzati da potenziale instabilita' Art. 28 - Zone
di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei Art. 29 -
Abitati da consolidare o da trasferire PARTE IV - DISPOSIZIONI
INTEGRATIVE E FINALI TITOLO VI - SPECIFICHE MODALITA' DI GESTIONE E
VALORIZZAZIONE Art. 30 - Parchi nazionali e regionali Art. 31 -
Gestione di zone ed elementi di interesse storico-archeologico non
comprese in parchi regionali Art. 32 - Progetti di tutela, recupero
e valorizzazione ed "aree studio" TITOLO VII - DISPOSIZIONI FINALI
Art. 33 - Divieto di installazioni pubblicitarie Art. 34 - Tutela
dei corsi d'acqua non interessati dalle delimitazioni del presente
Piano Art. 35 - Particolari prescrizioni relative alle attivita'
estrattive Art. 36 - Equivalenza di strumenti di pianificazione Art.
37 - Disposizioni transitorie
Appendice: (soppressa)
Elaborato G: Descrizione delle caratteristiche delle unita' di
paesaggio
Elaborato H: Viabilita' panoramica
Elaborato I: Localita' sede di insediamenti urbani, storici o di
strutture insediative storiche non urbane
Elaborato L: Abitati da consolidare o trasferire
Elaborato M: Corsi d'acqua meritevoli di tutela non interessati dalle
delimitazioni delle Tavole di Piano
PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
FINALITA', OGGETTI, ELABORATI COSTITUTIVI
ED EFFICACIA DEL PIANO
Art. 1
Finalita' del Piano
1. Nel quadro della programmazione regionale e della pianificazione
territoriale ed urbanistica il presente Piano territoriale
paesistico, formato secondo il combinato disposto dell'articolo 15
della L.R. 5 settembre 1988, n. 36, e del punto 2 del primo comma
dell'articolo 4 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, nonche' per le
finalita' e gli effetti di cui all'articolo 1 bis della Legge 8
agosto 1985, n. 431, persegue i seguenti obiettivi, determinando
specifiche condizioni ai processi di trasformazione ed utilizzazione
del territorio:
a) conservare i connotati riconoscibili della vicenda storica del
territorio nei suoi rapporti complessi con le popolazioni insediate e
con le attivita' umane;
b) garantire la qualita' dell'ambiente, naturale ed antropizzato, e
la sua fruizione collettiva;
c) assicurare la salvaguardia del territorio e delle sue risorse
primarie, fisiche, morfologiche e culturali;
d) individuare le azioni necessarie per il mantenimento, il
ripristino e l'integrazione dei valori paesistici e ambientali, anche
mediante la messa in atto di specifici piani e progetti.
2. In funzione delle predette finalita' il presente Piano provvede,
con riferimento all'intero territorio regionale, a dettare
disposizioni volte alla tutela:
a) dell'identita' culturale del territorio regionale, cioe' delle
caratteristiche essenziali ed intrinseche di sistemi, di zone e di
elementi di cui e' riconoscibile l'interesse per ragioni ambientali,
paesaggistiche, naturalistiche, geomorfologiche, paleontologiche,
storico-archeologiche, storico-artistiche, storico-testimoniali;
b) dell'integrita' fisica del territorio regionale.
Art. 2
Oggetti del Piano
1. Il presente Piano riguarda:
A. sistemi, zone ed elementi di cui e' necessario tutelare i
caratteri strutturanti la forma del territorio, e cioe': A1. il
sistema dei crinali; A2. il sistema collinare; A3. il sistema
forestale e boschivo; A4. il sistema delle aree agricole; A5. il
sistema costiero, nonche' le zone di riqualificazione della costa e
dell'arenile, le zone di salvaguardia della morfologia costiera, le
zone di tutela della costa e dell'arenile, gli ambiti di pertinenza
delle colonie marine, in esso ricadenti; A6. il sistema delle acque
superficiali, nella sua articolazione in zone di tutela dei caratteri
ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed invasi ed alvei di
laghi, bacini e corsi d'acqua;
B. zone ed elementi di specifico interesse storico o naturalistico, e
cioe', oltre alle zone di tutela della costa e dell'arenile, agli
ambiti di pertinenza delle colonie marine, alle zone di tutela dei
caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed agli invasi
ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, ricadenti nei sistemi di
cui alla precedente lettera A.; B1. zone ed elementi di interesse
storico-archeologico; B2. insediamenti urbani storici e strutture
insediative storiche non urbane; B3. zone ed elementi di interesse
storico-testimoniale; B4. zone di tutela naturalistica, cioe'
ecosistemi, biotopi rilevanti e rarita' geologiche, nonche' ambiti
territoriali ad essi interrelati; B5. altre zone di particolare
interesse paesaggistico-ambientale;
C. aree ed elementi, anche coincidenti in tutto od in parte con
sistemi, zone ed elementi di cui alle precedenti lettere, le cui
specifiche caratteristiche richiedono, oltre ad ulteriori
determinazioni degli strumenti settoriali di pianificazione e di
programmazione regionali, la definizione di limitazioni alle
attivita' di trasformazione e d'uso, e cioe' zone ed elementi
caratterizzati da fenomeni di dissesto o di instabilita', in atto o
potenziali, ovvero da elevata permeabilita' dei terreni con ricchezza
di falde idriche.
2. Il presente Piano individua inoltre le unita' di paesaggio, intese
come ambiti territoriali aventi specifiche, distintive ed omogenee
caratteristiche di formazione ed evoluzione, da assumere come
specifico riferimento nel processo di interpretazione del paesaggio e
di attuazione del Piano stesso.
Art. 3
Elaborati costitutivi del Piano
1. Il presente Piano e' costituito da:
a) la relazione generale, corredata da idonei allegati, che motiva e
sintetizza le scelte del Piano;
b) numero 47 tavole in scala 1:25.000, contrassegnate dal numero 1,
che indicano e/o delimitano sistemi, zone ed elementi specificamente
considerati dal Piano, nonche' la relativa allegata legenda;
c) una tavola in scala 1:250.000, contenente l'indicazione di sintesi
dei sistemi, delle zone e degli elementi considerati dal Piano;
d) numero 78 tavole in scala 1:25.000, appartenenti alla "Carta della
utilizzazione reale del suolo" della Regione Emilia-Romagna, le
quali, contrassegnate dal numero 2, fanno parte integrante del Piano,
ed indicano e/o delimitano sistemi, zone ed elementi interessati da
prescrizioni del Piano;
e) numero 45 tavole in scala 1:25.000, appartenenti alla "Carta del
dissesto" della Regione Emilia-Romagna, le quali, contrassegnate dal
numero 3, fanno parte integrante del Piano ed indicano e/o delimitano
ulteriori zone ed elementi cui si riferiscono prescrizioni del
Piano;
f) una tavola in scala 1:250.000, contrassegnata dal numero 4, che
perimetra le unita' di paesaggio;
g) un elaborato recante la descrizione delle caratteristiche delle
unita' di paesaggio;
h) l'elenco dei tratti di viabilita' panoramica di interesse
regionale;
i) l'elenco delle localita' sedi di insediamenti urbani storici o di
strutture insediative storiche non-urbane;
j) l'elenco degli abitati da consolidare o trasferire;
k) l'elenco dei corsi d'acqua meritevoli di tutela non interessati
dalle indicazioni e/o delimitazioni delle tavole di cui alla
precedente lettera b);
l) un regesto di alcune zone ed elementi considerati dal Piano, e
delimitati nelle tavole di cui alla precedente lettera b), necessario
alla precisa individuazione delle medesime zone ed elementi;
m) le presenti norme e le relative appendici, che ne costituiscono
parte integrante.
2. Quando una componente territoriale ricade contemporaneamente entro
sistemi, zone ed elementi indicati e/o perimetrati da piu' di una
delle serie di tavole di cui al comma precedente, valgono le
disposizioni piu' limitative delle trasformazioni e delle
utilizzazioni.
Art. 4
Efficacia del Piano
1. Per l'attuazione delle finalita' di cui al precedente articolo 1,
il presente Piano detta disposizioni, riferite all'intero territorio
regionale, costituenti:
a) indirizzi;
b) direttive;
c) prescrizioni.
2. Gli indirizzi costituiscono norme di orientamento per l'attivita'
di pianificazione e programmazione della Regione, delle Province, dei
Comuni, nonche' degli altri soggetti interessati dal presente Piano.
I predetti strumenti di pianificazione e di programmazione, regionali
o subregionali e le varianti degli stessi provvedono ad una loro
adeguata interpretazione ed applicazione alle specifiche realta'
locali interessate, tenendo conto anche delle unita' di paesaggio.
3. Le direttive costituiscono norme operative che debbono essere
osservate nell'attivita' di pianificazione e di programmazione
regionale o subregionale, nonche' per gli atti amministrativi
regolamentari regionali o subregionali.
4. Le prescrizioni costituiscono norme vincolanti, relative a
sistemi, zone ed elementi esattamente individuati e delimitati dalle
tavole di cui alle lettere b), d), ed e) del precedente articolo 3,
ovvero esattamente individuabili in conseguenza delle loro
caratteristiche fisiche distintive, che prevalgono automaticamente
nei confronti di qualsiasi strumento di pianificazione, di attuazione
della pianificazione e di programmazione regionale o subregionale e
sono immediatamente precettive, ferme restando le peculiari
disposizioni di cui al successivo articolo 37.
5. Gli strumenti di pianificazione e/o di programmazione regionali
nonche' gli strumenti di attuazione delle determinazioni contenute
negli atti di cui al successivo comma 7, ovvero in piani e programmi
nazionali o comunitari sono approvati soltanto se compatibili con le
disposizioni del presente piano.
6. Ogni strumento di pianificazione e/o di programmazione
subregionale, puo' essere approvato soltanto se conforme alle
disposizioni del presente Piano. Restano ferme le disposizioni di cui
ai successivi articoli 7, 8 e 37.
7. Le disposizioni del presente Piano costituiscono riferimento per
gli organi della Regione in relazione:
a) alla definizione delle intese di cui al terzo comma dell'articolo
81 del DPR 24 luglio 1977, n. 616;
b) alle determinazioni di cui al primo ed al secondo comma
dell'articolo 3 della Legge 18 dicembre 1973, n. 880;
c) alle determinazioni di cui al secondo comma dell'articolo 2 ed al
quinto comma dell'articolo 4 della Legge 2 agosto 1975, n. 393;
d) ai procedimenti di cui all'articolo 3 della Legge 24 dicembre
1976, n. 898;
e) al raggiungimento dell'accordo di programma di cui al terzo comma
dell'articolo 25 della Legge 17 maggio 1985, n. 210;
f) al raggiungimento degli accordi di programma di cui all'articolo
27 della Legge 8 giugno 1990, n. 142, e da ogni altra vigente norma
di legge, ove sia richiesta la partecipazione della Regione.
8. Le disposizioni del presente Piano relative al sistema costiero,
nonche' alle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile,
alle zone di salvaguardia della morfologia costiera, alle zone di
tutela della costa e dell'arenile, e quelle relative al sistema delle
acque superficiali, nella sua articolazione in zone di tutela dei
caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed invasi ed
alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, hanno il valore dei piani
stralcio previsti, con riferimento, rispettivamente, alla tutela
delle coste marine ed alla tutela dei fiumi, dei torrenti, dei laghi,
dei canali navigabili, dall'articolo 33 della L.R. 7 dicembre 1978,
n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni.
TITOLO II
STRUMENTI DI ATTUAZIONE DEL PIANO
E RAPPORTI CON ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE
Art. 5
Strumenti di attuazione del Piano
1. Il presente Piano si attua mediante:
a. i piani infraregionali indicati all'articolo 12 della L.R. 5
settembre 1988, n. 36;
b. gli altri strumenti di pianificazione previsti dalla stessa L.R. 5
settembre 1988, n. 36, dalla L.R. 2 aprile 1988, n. 11, dalla L.R. 2
luglio 1988, n. 27, dalla L.R. 27 maggio 1989, n. 19, dalla L.R. 12
novembre 1992, n. 40 e da altre leggi regionali;
c. gli strumenti urbanistici di cui ai Titoli IV e V della L.R. 7
dicembre 1978, n. 47;
d. ogni altro strumento di pianificazione, di attuazione della
pianificazione, di programmazione, regionale e subregionale, previsto
da leggi regionali.
Art. 6
Le unita' di paesaggio
1. I paesaggi regionali sono definiti mediante le unita' di
paesaggio.
2. In sede di prima applicazione il presente Piano perimetra le
unita' di paesaggio di rango regionale, ne descrive le
caratteristiche nell'elaborato di cui alla lettera g) del precedente
articolo 3 e ne delimita i principali sistemi.
3. Le unita' di paesaggio costituiscono quadro di riferimento
essenziale per le metodologie di formazione degli strumenti di
pianificazione e di ogni altri strumento regolamentare, al fine di
mantenere una gestione coerente con gli obiettivi di tutela.
4. Gli strumenti di pianificazione infraregionale sono tenuti a
individuare le unita' di paesaggio di rango provinciale, secondo i
criteri assunti dal presente Piano, mediante approfondimenti,
specificazioni ed articolazioni della definizione regionale. In
particolare devono essere individuati le componenti del paesaggio e
gli elementi caratterizzanti suddivisi in elementi fisici, biologici
ed antropici, evidenziando nel contempo le invarianti del paesaggio
nonche' le condizioni per il mantenimento della loro integrita'.
Devono inoltre essere individuati, delimitati e catalogati i beni
culturali, storici e testimoniali di particolare interesse per gli
aspetti paesaggistici e per quelli geologici e biologici.
5. Gli strumenti di pianificazione comunale sono tenuti ad
individuare le unita' di paesaggio di rango comunale, secondo i
criteri di cui ai precedenti commi terzo e quarto.
6. La Regione una volta verificati e confrontati gli elementi
metodologici relativi alle unita' di paesaggio e derivati dalla
pianificazione infraregionale e comunale, puo' emanare ulteriori
indirizzi.
Art. 7
La pianificazione infraregionale
1. Gli strumenti di pianificazione infraregionale provvedono a
specificare, approfondire e attuare i contenuti e le disposizioni del
presente Piano, nonche' alla loro applicazione alle specifiche
situazioni locali. Tali operazioni devono essere supportate da idonee
analisi e documentazioni e da elaborati cartografici in scala
adeguata.
2. Gli strumenti di pianificazione infraregionale possono rettificare
le delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate
dalle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, per
portarle a coincidere con suddivisioni reali rilevabili sul terreno,
ovvero su elaborati cartografici in scala maggiore. Le predette
rettifiche, non costituendo difformita' tra il piano infraregionale e
il presente Piano, non costituiscono variante allo stesso.
3. Gli strumenti di pianificazione infraregionale, nell'ambito di una
continua ed efficace politica attiva di tutela del territorio,
possono motivatamente proporre varianti al presente piano le quali,
in quanto incidano su prescrizioni vincolanti in esso contenute, sono
approvate dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 6, comma 7 della
L.R. 5 settembre 1988, n. 36.
4. I soggetti della pianificazione infraregionale, d'intesa coi
Comuni interessati, provvedono altresi' ad elaborare e promuovere
l'attuazione di progetti di tutela e valorizzazione ai sensi del
successivo articolo 32.
Art. 8
La pianificazione comunale
1. Gli strumenti di pianificazione comunale provvedono a specificare,
approfondire e attuare i contenuti e le disposizioni del presente
Piano, nonche' gli ulteriori contenuti e le ulteriori disposizioni
degli strumenti di pianificazione infraregionale, nei termini, anche
temporali, stabiliti dai predetti strumenti di pianificazione,
ovvero, in difetto di tali determinazioni, dalle vigenti leggi
regionali.
2. Gli strumenti di pianificazione comunale possono rettificare le
delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate dalle
tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, per portarle a
coincidere con suddivisioni reali rilevabili sul terreno, ovvero su
elaborati cartografici in scala maggiore. Le predette rettifiche, non
costituendo difformita' tra il piano comunale e il presente Piano,
non costituiscono variante allo stesso.
3. Ai fini di una continua ed efficace politica attiva di tutela del
territorio, i Comuni possono motivatamente proporre varianti grafiche
al presente Piano, attraverso gli strumenti di pianificazione
urbanistica, ovvero loro varianti generali o varianti aventi
specifica considerazione dei valori paesistico-ambientale, che
producano effetti limitati all'ambito territoriale di competenza del
Comune interessato.
4. Con legge regionale sara' disciplinato il procedimento di
approvazione degli strumenti urbanistici comunali in variante al
presente Piano.
5. I Comuni provvedono altresi' ad elaborare ed attuare i progetti di
tutela e valorizzazione di cui all'articolo 32.
PARTE II
LA TUTELA DELL'IDENTITA' CULTURALE
DEL TERRITORIO
TITOLO III
SISTEMI, ZONE ED ELEMENTI STRUTTURANTI
LA FORMA DEL TERRITORIO
Art. 9
Sistema dei crinali e sistema collinare
(modificato dal PTCP di Forli'-Cesena
approvato con deliberazione
della Giunta regionale 31/3/2001, n. 457)
1. Gli strumenti di pianificazione e di programmazione regionale e
subregionale, relativamente ai territori inclusi nel sistema dei
crinali e in quello collinare, come tali indicati e delimitati nelle
tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, e comunque
nell'ambito montano, fermo restando il rispetto delle specifiche
disposizioni dettate dal medesimo presente Piano per determinate zone
ed elementi ricadenti entro la predetta delimitazione, sono tenuti ad
uniformarsi agli indirizzi seguenti:
a) devono essere definite le limitazioni all'altezza ed alle sagome
dei manufatti edilizi necessarie per assicurare la salvaguardia degli
scenari d'insieme e la tutela delle particolarita' geomorfologiche
nelle loro caratteristiche sistemiche, nonche', per quanto riguarda
specificamente il sistema dei crinali, per assicurare la visuale
degli stessi;
b) gli spazi necessari a soddisfare i bisogni per le funzioni di
servizio, pubblico o d'uso collettivo o privato, direzionali,
commerciali, turistiche e residenziali, devono essere
prioritariamente reperiti all'interno della perimetrazione del
territorio urbanizzato; l'individuazione di zone di espansione e'
ammessa solamente ove si dimostri il permanere di quote di fabbisogno
non soddisfacibili all'interno della predetta perimetrazione e
comunque in sostanziale contiguita' con il sistema insediativo
esistente;
c) devono essere individuate le aree al di sopra del limite storico
all'insediamento umano stabile, ove prevedere esclusivamente
strutture per l'alpeggio, rifugi, percorsi e spazi di sosta per mezzi
non motorizzati.
2. Gli strumenti di pianificazione infraregionale approfondiscono e
specificano il sistema dei crinali quale sistema di configurazione
del territorio e di connotazione paesistico-ambientale e formulano
nei confronti dei Comuni criteri e direttive per la loro tutela,
articolati anche per aree paesistiche e unita' di paesaggio.
3. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma, fermo sempre
restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal
presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la
loro delimitazione, vale la prescrizione per cui la realizzazione di
infrastrutture ed attrezzature comprese fra quelle appresso indicate
e' subordinata alla loro previsione mediante strumenti di
pianificazione nazionali, regionali od infraregionali o, in assenza,
alla valutazione di impatto ambientale secondo le procedure
eventualmente previste dalle leggi vigenti, fermo restando l'obbligo
della sottoposizione alla valutazione di impatto ambientale delle
opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie,
nazionali o regionali:
a) linee di comunicazione viaria, nonche' ferroviaria anche se di
tipo metropolitano;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di
collegamento, nonche' impianti a rete e puntuali per le
telecomunicazioni;
c) impianti a rete e puntuali per l'approvvigionamento idrico e per
lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti;
d) sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie
prime e/o dei semilavorati;
e) impianti di risalita e piste sciistiche;
f) percorsi per mezzi motorizzati fuoristrada;
g) opere temporanee per attivita' di ricerca nel sottosuolo che
abbiano carattere geognostico.
4. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti
di pianificazione di cui al terzo comma non si applica alla
realizzazione di strade, impianti a rete e puntuali per
l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei reflui e per le
telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il trasporto
dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al
servizio della popolazione di non piu' di un comune, ovvero di parti
della popolazione di due comuni confinanti, ferma restando la
sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le
quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o
regionali.
5. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma e ad altezze
superiori ai 1200 metri, fermo sempre restando il rispetto delle
specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate
zone ed elementi ricadenti entro la delimitazione dei predetti
sistemi, vale la prescrizione per cui possono essere realizzati,
mediante interventi di nuova costruzione, ove siano previsti da
strumenti di pianificazione o di programmazione regionali o
subregionali, oltre che, eventualmente, le infrastrutture e le
attrezzature di cui al terzo comma, solamente:
a) rifugi e bivacchi;
b) strutture per l'alpeggio;
c) percorsi e spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non
motorizzati.
6. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma, fermo sempre
restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal
presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la
loro delimitazione, possono comunque essere previsti e consentiti:
a) qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora
definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformita'
alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
b) il completamento delle opere pubbliche in corso, purche'
interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
c) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attivita' di
allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva
qualora di nuovo impianto, nonche' la realizzazione di strade
poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri
lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre
strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle
esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori
agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali
ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari,
fermo restando che nei territori interessati dalle prescrizioni di
cui al quinto comma le strutture abitative devono essere limitate a
quelle necessarie a dare alloggiamento stagionale agli addetti alle
strutture per l'alpeggio;
d) la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e
di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica
e simili, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione delle
stesse;
e) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entita', quali
cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di
pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e
simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di
larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate
dalla necessita' di migliorare la gestione e la tutela dei beni
forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento
degli incendi, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione
delle predette opere.
7. Le opere di cui alle lettere d) ed e) nonche' le strade poderali
ed interpoderali di cui alla lettera c) del sesto comma non devono in
ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densita' tali per cui
la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto
idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli
ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e
di servizio forestale, qualora interessino proprieta' assoggettate ai
piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove
previste in tali piani regolarmente approvati.
8. Nell'ambito del sistema dei crinali, come tale indicato e
delimitato nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente
Piano, le pubbliche autorita' competenti sono tenute ad adeguare,
entro tre mesi dall'entrata in vigore del medesimo presente Piano, i
propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed
interpoderali, ed esclusi i percorsi di cui alla lettera f) del
precedente terzo comma, e' consentito solamente per i mezzi necessari
alle attivita' agricole, zootecniche e forestali, nonche' per
l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di
opere pubbliche e di pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di
ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali
abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi
siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di
spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di
soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche Autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
Art. 10
Sistema forestale e boschivo
1. Sono sottoposti alle disposizioni di cui al presente articolo i
terreni coperti da vegetazione forestale o boschiva, arborea di
origine naturale e/o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo,
nonche' i terreni temporaneamente privi della preesistente
vegetazione arborea in quanto percorsi o danneggiati dal fuoco,
ovvero colpiti da altri eventi naturali od interventi antropici
totalmente o parzialmente distruttivi, ed in ogni caso i terreni
corrispondenti alle voci:
a) formazioni boschive del piano basale o submontano;
b) formazioni di conifere adulte;
c) rimboschimenti recenti;
d) castagneti da frutto;
e) formazioni boschive con dominanza del faggio;
f) boschi misti governati a ceduo, della legenda delle tavole
contrassegnate dal numero 2 del presente Piano.
2. Relativamente ai terreni di cui al primo comma valgono gli
indirizzi di cui al successivo terzo comma, le direttive di cui ai
successivi commi quarto, quinto, sesto, settimo e undicesimo e le
prescrizioni di cui ai successivi commi ottavo, nono e decimo.3. Gli
strumenti di pianificazione conferiscono al sistema dei boschi
finalita' prioritarie di tutela naturalistica, di protezione
idrogeologica, di ricerca scientifica, di funzione climatica e
turistico-ricreativa, oltreche' produttiva. Tali strumenti dovranno
definire direttive e normative atte ad impedire forme di
utilizzazione che possano alterare l'equilibrio delle specie
spontanee esistenti.
4. Entro due anni dall'entrata in vigore del presente Piano, le
Province, in collaborazione con le Comunita' montane, sentiti i
Comuni interessati, provvedono, anche in relazione agli elaborati di
cui al primo comma dell'articolo 2 della L.R. 4 settembre 1981, n.
30, e con l'osservanza delle specifiche direttive fornite dalla
Regione, a perimetrare sulle sezioni in scala 1:10.000 della carta
tecnica regionale i terreni aventi le caratteristiche di cui al primo
comma del presente articolo, nonche' gli esemplari arborei singoli od
in gruppi isolati od in filari meritevoli di tutela nonche' a
classificare i boschi aventi le caratteristiche di cui al secondo
comma, lettera g) dell'articolo 31 della L.R. 18 luglio 1991, n. 17.
Per la definizione delle predette perimetrazioni, adottate nel
contesto di strumenti di pianificazione ovvero mediante appositi atti
deliberativi, valgono le norme di leggi regionali relative alla
formazione degli strumenti di pianificazione di competenza delle
Province. Ove le Province non provvedano nel termine previsto, alle
predette perimetrazioni provvedono i Comuni in sede di formazione del
piano regolatore generale o di variante in adeguamento al presente
Piano. Dalla data di entrata in vigore tali perimetrazioni fanno fede
dell'esatta delimitazione dei terreni aventi le caratteristiche di
cui al primo comma anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni
di cui al presente articolo. Successivamente le perimetrazioni sono
tenute costantemente aggiornate ed in pubblica visione a cura delle
Province e delle Comunita' montane; le modificazioni comportanti
aumento dei terreni aventi le caratteristiche di cui al primo comma,
in conseguenza di attivita' antropiche o di atti amministrativi, sono
considerate mero adeguamento tecnico.
5. In relazione al programma regionale di sviluppo nel settore
forestale di cui al quarto comma dell'articolo 3 della Legge 8
novembre 1986, n. 752, la Regione provvede all'aggiornamento delle
prescrizioni di massima e di polizia forestale, ai sensi
dell'articolo 13 della L.R. 4 settembre 1981, n. 30, tenendo in
particolare considerazione la necessita' di migliorare le modalita'
di utilizzazione dei boschi cedui e d'alto fusto, anche al fine di
assicurare una piu' efficace protezione del suolo nelle pendici
scoscese ed instabili.
6. Entro lo stesso termine di cui al quarto comma, in sede di
redazione dei piani di bacino di cui alla Legge 18 maggio 1989, n.
183, deve esservi inclusa una specifica sezione relativa alla
programmazione forestale, con l'osservanza ed a specificazione del
programma e delle prescrizioni di cui al quinto comma del presente
articolo.
7. Le pubbliche Autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro
tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed
interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, e'
consentito solamente per i mezzi necessari alle attivita' agricole,
zootecniche e forestali, nonche' per l'esecuzione, l'esercizio,
l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di
pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture
per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non
siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per
l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di
incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di
assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche Autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
8. Nei terreni di cui al presente articolo si persegue l'obiettivo
della ricostituzione del patrimonio boschivo come ecosistema
forestale polifunzionale, e pertanto sono ammesse esclusivamente:
a) la realizzazione di opere di difesa idrogeologica ed idraulica, di
interventi di forestazione, di strade poderali ed interpoderali, di
piste di esbosco, comprese le piste frangifuoco e di servizio
forestale, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione delle
predette opere, nei limiti stabiliti dalle leggi nazionali e
regionali e dalle altre prescrizioni specifiche, con particolare
riferimento al programma regionale di sviluppo nel settore forestale
di cui al quarto comma dell'articolo 3 della Legge 8 novembre 1986,
n. 752, alle prescrizioni di massima e di polizia forestale ed ai
piani economici e piani di coltura e conservazione di cui
all'articolo 10 della L.R. 4 settembre 1981, n. 30;
b) gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonche'
ogni altro intervento sui manufatti edilizi esistenti qualora
definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformita'
alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
c) le normali attivita' selvicolturali, nonche' la raccolta dei
prodotti secondari del bosco, nei limiti stabiliti dalle leggi
nazionali e regionali e dalle altre prescrizioni specifiche, con
particolare riferimento ai programmi, agli atti regolamentari ed ai
piani regionali e subregionali di cui alla precedente lettera a);
d) le attivita' di allevamento zootecnico di tipo non intensivo, nei
limiti degli atti regolamentari e dei piani regionali e subregionali
di cui alla precedente lettera a);
e) le attivita' escursionistiche e del tempo libero compatibili con
le finalita' di tutela naturalistica e paesaggistica.
9. L'eventuale attraversamento dei terreni di cui al presente
articolo da parte di linee di comunicazione viaria e ferroviaria, di
impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei
reflui, di sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle
materie prime e/o dei semilavorati, di linee telefoniche, di impianti
di risalita, e' subordinato alla loro esplicita previsione mediante
strumenti di pianificazione nazionali, regionali od infraregionali,
che ne verifichino la compatibilita' con le disposizioni del presente
Piano o, in assenza, alla valutazione di impatto ambientale secondo
procedure eventualmente previste dalle leggi vigenti.
L'attraversamento dei terreni di cui al presente articolo da parte
dei predetti impianti di rilevanza meramente locale, in quanto al
servizio della popolazione di non piu' di un Comune, ovvero di parti
della popolazione di due Comuni confinanti, e' subordinato alla
esplicita previsione degli strumenti di pianificazione comunali od
intercomunali per quanto riguarda le linee di comunicazione e gli
impianti di risalita, ed a specifico provvedimento abilitativo
comunale che ne verifichi la compatibilita' con gli obiettivi di
tutela negli altri casi, fermo restando che gli impianti di risalita
ed i sistemi tecnologici per il trasporto di energia o di materie
prime e/o di semilavorati possono essere consentiti esclusivamente al
servizio di attivita' preesistenti e confermate dagli strumenti di
pianificazione. In ogni caso le suindicate determinazioni devono
essere corredate dalla esauriente dimostrazione sia della necessita'
delle determinazioni stesse, sia della insussistenza di alternative,
ferma restando la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale
delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni
comunitarie, nazionali o regionali.
10. Le opere di cui al nono comma, nonche' quelle di cui alla lettera
a) dell'ottavo comma, non devono comunque avere caratteristiche,
dimensioni e densita' tali per cui la loro realizzazione possa
alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico,
naturalistico e geomorfologico dei terreni interessati. In
particolare le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco
e di servizio forestale non devono avere larghezza superiore a 3,5
metri lineari ne' comportare l'attraversamento in qualsiasi senso e
direzione di terreni con pendenza superiore al 60% per tratti
superiori a 150 metri. Qualora interessino proprieta' assoggettate a
piani economici ed a piani di coltura e conservazione ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, le piste di esbosco e di servizio
forestale possono essere realizzate soltanto ove previste in tali
piani regolarmente approvati.
11. Nei boschi ricadenti nelle zone di salvaguardia della morfologia
costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile, nelle zone
di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua,
nelle zone di tutela naturalistica, indicate e delimitate come tali
nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, devono
essere osservate le seguenti direttive:
a) nei boschi governati ad alto fusto e' vietato il trattamento a
taglio a raso su superfici accorpate superiori a 5.000 mq.; la
contiguita' e' interrotta dal rilascio di una fascia arborata di
larghezza superiore a 100 metri; le aree vicine possono essere
assoggettate al medesimo trattamento con le medesime limitazioni
allorche' siano trascorsi almeno 10 anni e la rinnovazione, naturale
od artificiale si sia stabilmente affermata; gli interventi
selvicolturali devono favorire le specie vegetali autoctone;
b) nei boschi cedui che non abbiano subito il taglio per un numero di
anni uguale o superiore ad una volta e mezzo la durata del turno
minimo stabilito dalle prescrizioni di massima e di polizia
forestale, sono favoriti i tagli di conversione all'alto fusto; le
utilizzazioni del bosco ceduo in quanto tale sono autorizzate e
disciplinate dagli Enti delegati di cui all'articolo 16 della L.R. 4
settembre 1981, n. 30, in seguito a puntuale istruttoria tecnica, da
eseguirsi in relazione agli strumenti di pianificazione forestale
previsti dal Programma di sviluppo nel settore forestale della
Regione Emilia-Romagna 1989-96 e dal comma 6 del presente articolo.
Art. 11
Sistema delle aree agricole
1. Per le aree aventi una destinazione agricola, a norma degli
strumenti di pianificazione regionali e/o subregionali valgono gli
indirizzi di cui ai successivi secondo e terzo comma.
2. Le indicazioni delle aree da conservare o destinare alla
utilizzazione agricola dettate dagli atti di pianificazione agricola
devono essere rispettate da qualsiasi strumento di pianificazione e/o
di programmazione subregionale. In ogni caso le determinazioni degli
strumenti di pianificazione regionali o subregionali che comportino
utilizzazioni diverse da quelle a scopo colturale di suoli ricadenti
nelle zone agricole, ovvero che siano suscettibili di compromettere
l'efficiente utilizzazione a tale scopo dei predetti suoli, sono
subordinate alla dimostrazione dell'insussistenza di alternative
ovvero della loro maggiore onerosita', in termini di bilancio
economico, ambientale e sociale complessivo, rispetto alla
sottrazione di suoli all'utilizzazione a scopo colturale od alla
compromissione dell'efficienza di tale utilizzazione.
3. Gli strumenti di pianificazione infraregionale provvedono ad
individuare gli elementi caratterizzanti il paesaggio agrario e a
dettare le relative prescrizioni atte a perseguirne la tutela, il
ripristino e la valorizzazione.
Art. 12
Sistema costiero
(modificato dal PTCP di Rimini,
deliberazione GR 11/5/1999, n. 656)
1. Il sistema costiero, come indicato e delimitato nelle tavole
contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, in relazione al
diverso livello di trasformazione antropica e' suddiviso in costa
nord e costa sud, come indicato nella tavola contrassegnata dal
numero 4 del medesimo presente Piano. Gli strumenti di pianificazione
e di programmazione regionali e subregionali, sono tenuti a
promuovere il recupero e la riqualificazione dei territori ricompresi
in detto sistema uniformandosi, in ragione delle rispettive
specificita', agli indirizzi seguenti:
a) deve essere perseguita la conservazione della conformazione
naturale dei territori meno interessati da processi insediativi
antropici, mentre in quelli piu' interessati da tali processi deve
essere promossa e favorita, anche mediante interventi di
sperimentazione, la ricostituzione di elementi di naturalita';
b) deve essere promosso e favorito il recupero dei complessi edilizi
meritevoli di tutela, nonche' degli spazi liberi di loro pertinenza,
con la definizione di destinazioni d'uso che privilegino le attivita'
culturali e per il tempo libero;
c) le strutture per la balneazione devono essere organizzate sulla
base di progetti complessivi attraverso la redazione dei piani degli
arenili cosi' come definiti all'art. 13. Nell'ambito di tali piani e'
necessario prevedere la razionalizzazione delle strutture esistenti
promuovendo operazioni di accorpamento e di arretramento rispetto
alla linea della battigia e il riuso delle strutture edilizie
esistenti;
c.bis) e' favorita la pedonalizzazione del lungomare per permettere
la continuita' fra la spiaggia e l'edificato retrostante. A tal fine
il traffico veicolare dovra' essere trasferito su tracciati
alternativi arretrati, anche mediante la realizzazione di tratti di
viabilita' sotterranea, prevista la realizzazione di aree adeguate di
parcheggi a raso o interrati in punti strategici di accesso alla
spiaggia e perseguita la specializzazione dei traffici nel rispetto
di quanto stabilito dagli articoli 13 e 14 delle presenti norme. Tali
interventi non dovranno comunque impedire il normale deflusso delle
acque meteoriche ne' interferire negativamente con gli equilibri
idrici nel sottosuolo;
d) devono essere mantenuti e, ove possibile, ripristinati varchi tra
l'entroterra ed il mare, tali da consentire l'accesso alla fascia
balneare, la continuita' visuale tra la campagna ed il mare,
l'interruzione della continuita' edilizia con elementi naturali, la
fruizione di spazi vegetati per le attivita' di tempo libero;
e) le previsioni relative ad attrezzature e ad impianti di interesse
sovracomunale devono essere, al massimo del possibile, coerenti con
obiettivi di riqualificazione e di decongestionamento della fascia
costiera, e, salvo che si tratti di strutture portuali, commerciali
e/o industriali, di interesse nazionale, o con le medesime connesse,
contemplare nuove realizzazioni esclusivamente ove siano direttamente
finalizzate a tali obiettivi;
f) la valorizzazione del sistema dei porti e degli approdi di
interesse regionale e subregionale, e delle attrezzature connesse,
deve avvenire prioritariamente mediante la tutela e l'adeguamento dei
porti esistenti, evitando le opere suscettibili di provocare
ulteriori fenomeni di erosione ed in ogni caso esclusivamente in
coerenza con la pianificazione e programmazione regionale di
settore;
g) i nuovi manufatti edilizi ad uso residenziale, turistico-ricettivo
e di servizio, eventualmente necessari in aggiunta a quelli
esistenti, ove sia dimostrata la indispensabilita' della loro
localizzazione all'interno degli ambiti territoriali di cui al
presente articolo, devono essere localizzati prioritariamente in aree
gia' urbanizzate;
g.bis) deve essere perseguito il decongestionamento della fascia
costiera favorendo la riqualificazione del tessuto urbano esistente
attraverso interventi di recupero e reperimento al suo interno degli
standard per servizi, arredo e realizzazione di parchi urbani;
h) gli interventi di difesa dai fenomeni erosivi e di ingressione
marina devono essere effettuati prioritariamente in forma di
ricostituzione dell'apparato morfologico e vegetazionale della duna,
ovvero di ripascimento artificiale protetto, anche mediante barriere
soffolte, potendosi altresi' prevedere la sostituzione di queste
ultime alle esistenti scogliere artificiali, anche allo scopo di
migliorare le condizioni di ricambio d'acqua nelle zone di
balneazione comprese tra la battigia e le esistenti scogliere
artificiali.
2. Nell'ambito del sistema di cui al primo comma, fermo sempre
restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal
presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la
sua delimitazione, vale la prescrizione per cui la realizzazione di
infrastrutture ed attrezzature comprese fra quelle appresso indicate
e' subordinata alla loro previsione mediante strumenti di
pianificazione nazionali, regionali od infraregionali o, in assenza,
alla valutazione di impatto ambientale secondo le procedure
eventualmente previste dalle leggi vigenti, nonche' la sottoposizione
a valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia
richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali:
a) linee di comunicazione viaria, ferroviaria anche di tipo
metropolitano, idroviaria, nonche' aereoporti, porti commerciali ed
industriali, strutture portuali ed aeroportuali di tipo diportistico,
attrezzature connesse;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di
collegamento, nonche' impianti a rete e puntuali per le
telecomunicazioni;
c) impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei
reflui e dei rifiuti solidi;
d) sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie
prime e/o dei semilavorati;
e) opere temporanee per attivita' di ricerca nel sottosuolo che
abbiano carattere geognostico.
3. La subordinazione alle determinazioni di tipo pianificatorio di
cui al secondo comma non si applica alla realizzazione di strade,
impianti per l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei
reflui e per le telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il
trasporto dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in
quanto al servizio della popolazione di non piu' di un comune, ovvero
di parti della popolazione di due comuni confinanti.
4. Nell'ambito del sistema di cui al primo comma, fermo sempre
restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal
presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la
sua delimitazione, possono comunque essere previsti e consentiti:
a) soppressa;
b) soppressa;
c) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attivita' di
allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva
qualora di nuovo impianto, nonche' la realizzazione di strade
poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri
lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre
strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle
esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori
agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali
ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei
familiari;
d) la realizzazione di infrastrutture tecniche di difesa del suolo,
di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonche' le
attivita' di esercizio e di manutenzione delle stesse;
e) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entita', quali
cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di
pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e
simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di
larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate
dalla necessita' di migliorare la gestione e la tutela dei beni
forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento
degli incendi, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione
delle predette opere.
5. Le opere di cui alle lettere d) ed e) nonche' le strade poderali
ed interpoderali di cui alla lettera c) del quarto comma non devono
in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densita' tali per
cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto
idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli
ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e
di servizio forestale, qualora interessino proprieta' assoggettate a
piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove
previste in tali piani regolarmente approvati.
Art. 13
Zone di riqualificazione della costa e dell'arenile
(modificato dal PTCP di Rimini
approvato con deliberazione della GR 11/5/1999, n. 656;
dalla variante al PTCP di Rimini
approvata con deliberazione della GR 12/3/2001, n. 2377)
1. Gli strumenti di pianificazione e di attuazione della
pianificazione, comunali od intercomunali, definiscono l'assetto, le
trasformazioni prescritte e quelle consentite, gli usi ammissibili,
delle zone di riqualificazione della costa, interessanti l'arenile
nei tratti piu' fortemente compromessi da utilizzazioni
turistico-balneari e le adiacenti aree prevalentemente non edificate,
o scarsamente edificate, contigue ad aree fortemente urbanizzate, e
come tali indicate e delimitate nelle tavole contrassegnate dal
numero 1 del presente Piano, nel rispetto delle direttive seguenti:
a) deve essere favorita la ricostruzione e la fruizione degli
elementi naturali;
b) soppressa;
c) deve essere promosso l'accorpamento dei manufatti ed il loro
distanziamento dalla battigia;
c bis) deve essere perseguito il miglioramento dell'immagine
turistica e della qualita' della costa;
c ter) deve essere perseguito il riordino tipologico e distributivo
delle strutture per la balneazione funzionale all'apparato ricettivo
turistico anche attraverso il disimpegno della fascia retrostante
dell'arenile da usi ed elementi incongrui;
d) soppressa;
e) soppressa;
f) soppressa;
g) soppressa.
2. Nelle aree di cui al presente articolo sono ammesse trasformazioni
urbanistiche ed edilizie finalizzate al perseguimento degli obiettivi
definiti al precedente comma e nel rispetto delle seguenti
prescrizioni:
a) la nuova edificazione e' ammessa solo nelle porzioni piu'
arretrate delle aree connesse all'arenile ed esclusivamente come
trasferimento di volumi da aree incongrue rappresentate dalla zona
ricompresa tra la battigia e la prima strada ad essa parallela e dai
varchi a mare. In tali casi e' ammesso un incremento del volume
trasferito pari al 5% purche' venga assicurata la rigenerazione
ambientale delle aree dismesse;
b) qualora il trasferimento si realizzi nell'ambito delle "zone
urbanizzate in ambito costiero" e' ammesso un incremento di volume
pari al 10% del volume trasferito purche' venga assicurata la
rigenerazione ambientale delle aree dismesse;
c) gli edifici esistenti possono essere oggetto di interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, di ristrutturazione nonche'
di adeguamento ai requisiti di legge. Per gli edifici ricadenti in
zona incongrua (cosi' come definiti al punto a) e' ammessa solamente
la manutenzione ordinaria e straordinaria e l'adeguamento ai
requisiti obbligatori di legge;
d) per gli edifici esistenti dedicati ai servizi ospedalieri,
sanitari e di cura sono comunque ammessi interventi di miglioramento
tecnologico e strutturale ai fini del miglioramento degli standard di
servizio e dell'adeguamento alle normative di sicurezza e igienico
sanitarie previste dalla legislazione comunitaria, nazionale e
regionale. Cio' non dovra' comunque comportare incrementi del numero
dei posti letto;
e) nelle aree incongrue non devono essere previsti nuovi parcheggi,
nuovi percorsi per mezzi motorizzati ne' a raso ne' interrati ed in
genere interventi comportanti un aumento complessivo della
impermeabilizzazione dei suoli. Deve essere inoltre limitato il
numero dei percorsi e incentivata la conversione in percorsi pedonali
e ciclabili delle strade carrabili.
3) Il riordino e la riqualificazione dei servizi e delle strutture
per la balneazione si attua mediante la redazione dei piani degli
arenili ai sensi dell'art. 33 della L. R. 47/78 e successive
modificazioni.
I Comuni in forma singola o associata redigono tali piani, anche su
proposta di soggetti privati, nel rispetto degli obiettivi del
presente articolo.
In particolare deve essere perseguita:
a) la riconoscibilita' dei caratteri distintivi locali mediante
adeguate tipologie di intervento;
b) la permeabilita' visuale tra la spiaggia e l'edificato
retrostante;
c) il riordino della spiaggia anche attraverso il disimpegno della
fascia direttamente retrostante le strutture per la balneazione da
usi ed elementi incongrui;
d) il contenimento delle altezze dei manufatti.
Nella redazione dei piani di cui sopra i Comuni devono perseguire
l'accorpamento dei manufatti precari esistenti dedicati alla
balneazione ed il loro distanziamento dalla battigia prevedendo la
riduzione della superficie coperta in una percentuale pari almeno al
10% dell'esistente. Contestualmente, suddetti piani possono prevedere
interventi di diversificazione dell'offerta di attrezzature e servizi
balneari e per la vita di spiaggia innovativi e di congrua dimensione
e capacita' attrattiva ed al servizio di ampie porzioni di arenile e
di aree ad esse connesse. In assenza dei piani di cui al primo
capoverso e' consentita esclusivamente la manutenzione ordinaria
delle strutture esistenti. Nei tratti di arenile privi di strutture
per la balneazione e' possibile intervenire nel rispetto degli
obiettivi e dei principi di cui alle precedenti lettere a) e b)
attraverso gli strumenti indicati al primo capoverso. Qualora in
corrispondenza degli edifici delle citta' delle colonie marine la
spiaggia fosse interessata da fenomeni di forte erosione, deve essere
favorito l'utilizzo delle aree di pertinenza degli edifici come
arenile e degli edifici stessi come contenitori per servizi e
strutture complementari alla balneazione coerentemente a quanto
definito al successivo art. 16.
4. Nelle zone di cui al presente articolo non devono essere previsti
nuovi complessi turistici all'aperto. Per i complessi esistenti deve
essere perseguita la massima compatibilizzazione attraverso
interventi di riassetto che comprendano la limitazione degli
interventi di impermeabilizzazione del suolo e il massimo
distanziamento dalla battigia delle attrezzature di base e dei
servizi. Deve essere inoltre perseguito il trasferimento dei
complessi ricadenti nelle aree in corrispondenza dei varchi a mare e
previsto il trasferimento dei complessi ricadenti nelle aree in
corrispondenza degli sbocchi a mare dei corsi d'acqua.
Art. 14
Zone urbanizzate in ambito costiero
e ambiti di qualificazione dell'immagine turistica
(modificato dal PTCP di Rimini
approvato con deliberazione della GR 11/5/1999, n. 656;
dal PTCP di Forli'-Cesena
approvato con deliberazione della GR 31/7/2001, n. 1595;
dalla variante al PTCP di Rimini
approvata con deliberazione della GR 12/11/2001, n. 2377)
1. Le zone di salvaguardia della morfologia costiera ineriscono ad
ambiti gia' fortemente urbanizzati e sono individuate come tali nelle
tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano.
2. Conformemente a quanto stabilito dall'art. 12 le trasformazioni
consentite nelle zone di cui al presente articolo devono garantire il
perseguimento dei seguenti obiettivi:
- riduzione della occupazione delle aree;
- valorizzazione delle aree libere residue come elementi strategici
per la qualificazione del tessuto edificato esistente e per un
globale miglioramento della qualita' urbana;
- diversificazione degli usi e delle funzioni;
- realizzazione delle dotazioni territoriali di cui al Capo A-V della
L.R. 20/00;
- realizzazione di spazi e di percorsi pedonali in continuita' con le
aree di pertinenza dell'arenile e con il sistema ambientale di
penetrazione con l'entroterra.
3. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al precedente comma
valgono le seguenti direttive:
a) nelle aree di cui al presente articolo e' da incentivare
l'accorpamento degli edifici a destinazione ricettiva-turistica
finalizzato al recupero ed incremento di spazi comuni di soggiorno
all'aperto, verde privato, servizi di pubblico interesse e/o pubblico
all'interno di progetti di riqualificazione del tessuto urbano. I
Comuni potranno prevedere un incremento del volume esistente comunque
non superiore al 20%, ponderato da cinque criteri valutativi: -
condizioni urbane di fatto; - grado di riqualificazione richiesto
all'intervento privato; - relazione inversa alla densita' edilizia
esistente; - relazione diretta alla dimensione dell'area oggetto
dell'intervento; - grado di coordinamento e rapporto con progetti e
programmi di arredo urbano e miglioramento della mobilita';
b) la previsione di nuova edificazione e' consentita attraverso le
previsioni degli strumenti urbanistici generali, comunali ed
intercomunali, esclusivamente allo scopo di concorrere alla
qualificazione del tessuto urbano. Tale obiettivo dovra' essere
verificato all'interno delle zone di cui al presente articolo ovvero
nell'ambito di previsioni coordinate che potranno investire anche
zone di cui al precedente articolo 13 nel rispetto delle disposizioni
del medesimo articolo;
c) le aree libere intercluse ricadenti nelle zone urbanizzate in
ambito costiero aventi carattere di continuita' con superficie
inferiore a 8.000 mq possono essere destinate esclusivamente a: -
verde di quartiere; - percorsi e spazi di sosta ciclo-pedonali; -
zone alberate e radure destinate ad attivita' per il tempo libero; -
dotazioni territoriali di cui al Capo A-V della L.R. 20/00, con
priorita', di norma, per gli interventi e funzioni rivolte all'utenza
turistica e con limitate esigenze edificatorie;
d) nelle aree libere intercluse ricadenti nelle zone urbanizzate in
ambito costiero aventi carattere di continuita' con superficie
superiore a 8.000 mq sono consentiti interventi di nuova edificazione
comprensivi di eventuali quote derivanti da operazioni di
trasferimenti di volumi ricadenti in aree incongrue di cui al
precedente articolo 13 o in altre aree di cui al presente articolo.
La superficie complessivamente investita dagli interventi non potra'
essere comunque superiore al 40% dell'intera area destinando la
rimanente superficie alla realizzazione di dotazioni territoriali di
cui al Capo A-V della L.R. 20/00, con priorita', di norma, per gli
interventi e funzioni con limitate esigenze edificatorie. Il Comune
potra' consentire l'utilizzo del sottosuolo dell'area destinata a
dotazione territoriale per interventi di iniziativa privata purche'
convenzionati e volti ad ampliare o articolare l'offerta dei servizi
assicurati alla generalita' dei cittadini in riferimento a quanto
disposto all'art. A-6, L.R. 20/00;
d.bis) nelle aree individuate dai PTCP come "ambiti di qualificazione
dell'immagine turistica" sono consentiti interventi di nuova
edificazione purche' ricompresi in programmi generali riferiti a
sezioni territoriali strategiche, localizzate in punti di
discontinuita' dell'edificato costiero. Tali programmi devono
perseguire l'obiettivo fondamentale di garantire la continuita' tra
il sistema del verde trasversale e l'arenile e la valorizzazione dei
centri costieri attraverso la ridefinizione funzionale e morfologica
delle frange e dei margini urbani in continuita' con il sistema
ambientale;
d.ter) i programmi di cui alla precedente lettera d.bis) definiscono
aree da sottoporre a progettazione unitaria stabilendo le modalita'
di intervento relativamente all'assetto ambientale, insediativo e
relazionale di tutto il comparto applicando criteri di perequazione
territoriale ai sensi dell'art. 15 della L.R. 20/00; per tali
programmi potra' essere prevista l'attuazione anche mediante stralci
funzionali. In particolare la nuova edificazione deve essere
realizzata in coerente continuita' con l'aggregato urbano circostante
e purche' comporti una occupazione del suolo non superiore al 40%
dell'area, comprensivo del 10% per trasferimento di cui alla
precedente lettera b) e garantisca l'utilizzo del restante 60% per
servizi pubblici e ad uso pubblico. Le quote di volume derivanti da
operazioni di trasferimento, accorpamento o demolizione possono
essere utilizzate nel rispetto delle disposizioni di cui agli
articoli 13 e 16 del presente Piano;
d.quater) i programmi di cui alla precedente lettera d.bis possono
essere proposti anche da soggetti privati e devono essere assunti
attraverso un accordo di programma cui partecipano la Provincia e i
Comuni interessati;
e) per l'edificazione esistente sono ammessi gli interventi definiti
ammissibili dal Piano regolatore generale in conformita' alla L.R. 7
dicembre 1978, n. 47.
4) soppresso.
Art. 15
Zone di tutela della costa e dell'arenile
1. Per le zone di tutela della costa e dell'arenile, le quali
interessano parti del sistema costiero presentanti caratteri di
naturalita' o di seminaturalita', ovvero costituenti residui di
arenile e di terreni retrostanti sostanzialmente liberi da
edificazione, e che sono come tali indicate e delimitate nelle tavole
contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, valgono le
prescrizioni di cui ai successivi commi secondo e quinto, e le
direttive di cui ai successivi commi terzo e quarto.
2. Nelle zone di cui al primo comma possono essere previsti e/o
consentiti esclusivamente:
a) conservazione e/o il ripristino della conformazione naturale, con
particolare riferimento all'apparato morfologico e vegetazionale
della duna;
b) gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei
manufatti edilizi esistenti, nonche' ogni altro intervento su tali
manufatti edilizi qualora definito ammissibile dal piano regolatore
generale in conformita' alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47; in
particolare sulle strutture ricettive esistenti sono consentiti
interventi di ristrutturazione e riqualificazione;
c) la realizzazione di attrezzature mobili di servizio, con densita'
non superiore ad una attrezzatura ogni 1000 metri lineari di arenile,
salva diversa specifica previsione di strumenti di pianificazione
regionali o provinciali;
d) l'esercizio di attivita' alieutiche in conformita' alla specifica
disciplina.
3. Relativamente alle zone di cui al primo comma, le pubbliche
Autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri, nonche' le strade poderali ed interpoderali e le piste di
esbosco e di servizio forestale, e' consentito solamente per i mezzi
necessari alle attivita' agricole, zootecniche e forestali, nonche'
per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione
di opere pubbliche e di pubblica utilita', posti di ristoro, annessi
rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti
raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle
funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di
protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e
veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi autorizzati nei
sentieri, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di
esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al pubblico mediante
l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche Autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
3. I Comuni, mediante i propri strumenti di pianificazione, nel
rispetto delle eventuali indicazioni degli strumenti di
pianificazione infraregionale, individuano:
a) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui
al primo comma del presente articolo, che devono essere trasferiti in
aree esterne a tali zone, essendo comunque tali quelli insistenti su
aree esondabili, o soggette ad ingressione marina e/o a fenomeni
erosivi;
b) le aree idonee per la nuova localizzazione dei complessi turistici
all'aperto di cui alla precedente lettera a), potendosi, se del caso,
procedere ai sensi dell'articolo 24 della L.R. 7 dicembre 1978, n.
47, e successive modificazioni ed integrazioni;
c) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui
al primo comma del presente articolo, che, in conseguenza
dell'insussistenza di aree idonee alla loro rilocalizzazione, possono
permanere entro le predette zone di cui al primo comma,
subordinatamente ad interventi di riassetto;
d) gli interventi volti a perseguire la massima compatibilizzazione
dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera c)
con gli obiettivi di tutela delle zone cui ineriscono, dovendo essere
in ogni caso previsti: il massimo distanziamento dalla battigia delle
aree comunque interessate dai predetti complessi, e, al loro interno,
delle attrezzature di base e dei servizi; l'esclusione dalle aree
interessate dai predetti complessi degli apparati dunosi e degli
altri elementi di naturalita', anche relitti, eventualmente
esistenti; il divieto della nuova realizzazione, o del mantenimento,
di manufatti che non abbiano il carattere della precarieta', e/o che
comportino l'impermeabilizzazione del terreno, se non nei casi
tassativamente stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge;
e) gli interventi, da effettuarsi contestualmente ai trasferimenti,
od ai riassetti, di cui alle precedenti lettere, di sistemazione
delle aree liberate, e volti alla loro rinaturalizzazione;
f) le caratteristiche dimensionali, morfologiche e tipologiche, sia
dei complessi turistici all'aperto di nuova localizzazione ai sensi
delle precedenti lettere a) e b), che di quelli sottoposti a
riassetto ai sensi delle precedenti lettere c) e d);
g) i tempi entro i quali devono aver luogo le operazioni di
trasferimento, ovvero quelle di riassetto, fermo restando che essi: -
non devono eccedere i cinque anni dall'entrata in vigore delle
indicazioni comunali, salva concessione da parte dei Comuni di un
ulteriore periodo di proroga, non superiore a due anni, in relazione
all'entita' di eventuali investimenti effettuati per l'adeguamento
dei complessi in questione ai requisiti minimi obbligatori richiesti
dalla relativa disciplina, per i complessi insistenti in aree facenti
parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, della
Regione, della Provincia o del Comune; - sono definiti, non dovendo
comunque eccedere i dieci anni, tramite specifiche convenzioni, da
definirsi contestualmente alle indicazioni comunali, e da stipularsi
tra i Comuni ed i soggetti titolari dei complessi, per i complessi
insistenti su aree diverse da quelle di cui sopra.
5. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni comunali di cui al
precedente quarto comma, nei complessi turistici all'aperto
insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo
sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, nonche' quelli
volti ad adeguare i complessi stessi ai requisiti minimi obbligatori
richiesti dalla relativa disciplina.
Art. 16
Colonie marine
(modificato dal PTCP di Rimini
approvato con deliberazione della GR 11/5/1999, n. 656;
dal PTCP di Forli'-Cesena
approvato con deliberazione della GR. 31/7/2001, n. 1595;
dalla variante al PTCP di Rimini
approvata con deliberazione della GR 12/11/2001, n. 2377)
1. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano
indicano:
a) gli edifici delle colonie marine e le rispettive aree di
pertinenza;
b) i perimetri degli ambiti territoriali caratterizzati da una
rilevante concentrazione di edifici di colonie marine denominati
citta' delle colonie.
2. Gli ambiti di cui alla lettera b) del primo comma del presente
articolo sono i seguenti:
1) Misano
2) Riccione
3) Marano
4) Bellaria-Igea Marina
5) Cesenatico Sud
6) Cesenatico Nord
7) Pinarella di Cervia Sud
8) Pinarella di Cervia Nord
9) Milano Marittima.
3. Gli obiettivi da perseguire mediante gli interventi sulle colonie
e sulle citta' delle colonie sono rivolti a:
a) conservare le testimonianze storico-architettoniche, con
riferimento agli edifici di maggior pregio;
b) consolidare, riqualificare e ripristinare i varchi a mare e
l'arenile;
c) favorire e valorizzare la fruizione compatibile degli edifici e
delle aree di pertinenza per dotare di servizi e qualita'
turistico-abitativa l'attuale conurbazione costiera.
4. Le direttive di cui ai commi 3, 6, 7, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17
relative agli edifici delle colonie marine di interesse
storico-testimoniale ed alle rispettive aree di pertinenza, hanno
l'efficacia di cui al terzo comma dell'articolo 4 delle norme del
presente Piano.
5. Le disposizioni di cui al successivo comma 10 costituiscono
prescrizioni ai sensi e per gli effetti di cui al quarto comma
dell'articolo 4 delle norme del presente Piano.
5bis. Per i progetti relativi agli edifici delle colonie marine deve
essere acquisito il parere della competente Soprintendenza per i Beni
ambientali e architettonici nei casi previsti dall'art. 5 del DLgs
490/99.
6. Gli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale
di complessivo pregio architettonico sono i seguenti:
1) Le Navi Cattolica
2) Ferrarese, Cattolica
3) Reggiana, Riccione
4) Novarese, Rimini
5) Ferrovieri OPAFS, Bellaria
6) AGIP, Cesenatico
7) Varese, Cervia
8) Monopoli di Stato ex Montecatini, Cervia
9) Croce Rossa, Ravenna
10) Burgo, Riccione
11) Bolognese, Rimini
12) Murri, Rimini
13) Comasco-De Orchi, Rimini
14) Patronato scolastico, Rimini
15) Forlivese, Rimini
16) Soresinese, Rimini
17) Fratelli Baracca/Bergamasca, Cesenatico
18) Veronese, Cesenatico
19) Centro climatico marino, Cervia.
Gli interventi ammessi per gli edifici di cui al presente comma
devono essere coerenti con i criteri e i metodi del restauro
finalizzati a mantenere l'integrita' materiale, ad assicurare la
tutela e conservazione dei valori culturali e la complessiva
funzionalita' dell'edificio, nonche' a garantire il suo miglioramento
strutturale in riferimento alle norme sismiche.
7. Gli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale
di limitato pregio architettonico sono i seguenti:
20) Fusco, Misano
21) Bertazzoni, Rccione
22) Primavera, Riccione
23) Adriatica Soliera-Carpi, Riccione
24) OPAFS Ferrovieri, Riccione
25) Villa Margherita, Rimini
26) ENEL, Rimini
27) Villaggio Ragazzi Bresciana, Rimini
28) soppresso
29) Lanerossi, Gatteo
30) Opera Bonomelli, Cesenatico
Per gli edifici delle colonie di cui al presente comma il progetto
deve individuare gli elementi architettonici di pregio che devono
essere conservati, attraverso il loro restauro, in rapporto spaziale
e volumetrico coerente con l'assetto originario dell'edificio.
8. Gli edifici delle colonie marine privi di interesse
storico-testimoniale incompatibili o scarsamente compatibili con le
caratteristiche dell'ambito territoriale cui ineriscono, sono i
seguenti:
31) Villa Il Germoglio, S. Mauro
32) S. Monica, Cesenatico
33) Casa del Mare, Cif di Parma, Cesenatico
34) Madre di Dio, Cesenatico
35) Ministero degli Interni, Cesenatico
36) Don Bosco, Cesenatico
37) Mediterranea, Cervia.
9. Gli edifici delle colonie marine privi di interesse
storico-testimoniale, compatibili con le caratteristiche degli ambiti
territoriali cui ineriscono sono tutti gli edifici delle colonie
marine esistenti, diversi da quelli elencati ai precedenti commi.
10. Gli strumenti di pianificazione comunale precisano le modalita'
di intervento sugli edifici e le aree di pertinenza delle colonie
marine di complessivo e di limitato pregio architettonico di cui ai
precedenti commi, con riferimento alle specifiche caratteristiche
degli immobili ubicati nel proprio territorio, nel rispetto delle
seguenti direttive:
a) il progetto ed il conseguente intervento dovranno riguardare sia
l'edificio che la sua area di pertinenza secondo una visione
unitaria, e dovra' essere assicurata la conservazione o il ripristino
di tutti gli elementi archittettonici, interni ed esterni, che
abbiano valore storico, artistico o documentario;
b) fino all'approvazione di tali strumenti comunali sugli edifici
delle colonie marine di complessivo e di limitato pregio
architettonico sono ammessi esclusivamente interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria;
c) sono compatibili con le caratteristiche degli edifici delle
colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo
pregio e di limitato pregio architettonico le utilizzazioni per: -
attivita' ricettive specialistiche, intese come le attivita' volte a
rispondere alla domanda di soggiorno temporaneo, in strutture a
gestione unitaria; - attivita' ricettive ordinarie, intese come
attivita' volte a rispondere alla domanda indifferenziata di
soggiorno temporaneo in strutture a gestione unitaria ed a rotazione
d'uso, ed articolate in: alberghi, hotel, pensioni e locande,
residenze turistico-alberghiere, ostelli, cliniche della salute; -
abitazioni collettive, intese come le abitazioni volte principalmente
a dare alloggiamento ed a consentire lo svolgimento di peculiari
attivita' a determinate comunita' o gruppi, quali collegi, convitti,
studentati, ospizi e ricoveri; - strutture culturali e per il tempo
libero, comprensive di ogni attrezzatura complementare, di servizio e
di supporto, articolate in centri di ricerca e di documentazione,
scuole, musei, sedi espositive, biblioteche, archivi, cinema
multisala, scuole di vela, palestre, piscine, centri giovanili per
scambi internazionali; - attrezzature complementari alla balneazione
anche commerciali e servizi di terziario avanzato di supporto
all'attivita' turistica;
d) l'attivazione di una delle utilizzazioni definite compatibili alla
precedente lettera c) e' comunque subordinata all'apprestamento e/o
alla disponibilita' di spazi per il ricovero od il parcheggio di
autovetture nella misura prescritta dalle vigenti disposizioni in
relazione alla specifica utilizzazione proposta;
e) nel caso di eliminazione di superfetazioni o di edifici incongrui
le relative volumetrie potranno essere recuperate destinandole alla
realizzazione di servizi, spazi accessori e pertinenze mancanti
secondo soluzioni coerenti con le caratteristiche complessive delle
strutture esistenti.
11. Le trasformazioni fisiche nelle aree di pertinenza degli edifici
delle colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo
pregio e di limitato pregio architettonico, sono prioritariamente
rivolte alla conservazione e/o al ripristino in quanto tali aree
costituiscono elemento connotante ed inscindibile dalle preesistenze
edilizie. Nel rispetto di tale principio generale e nell'ambito di
una progettazione unitaria comprendente l'edificio e l'intera area di
pertinenza cosi' come storicamente documentata ed individuata, in
tali aree sono ammessi interventi aventi carattere di integrazione
funzionale rispetto alla destinazione d'uso principale dell'edificio.
Sono consentiti, fermo restando la non alterazione del deflusso
complessivo delle acque meteoriche nel sottosuolo:
- percorsi per mezzi motorizzati nella misura strettamente
indispensabile a servire gli esistenti edifici delle colonie marine
di interesse storico-testimoniale, con tracciati che evitino al
massimo del possibile di interessare arenili;
- parcheggi, anche interrati, per veicoli, nel rispetto delle vigenti
disposizioni in relazione alla specifica utilizzazione proposta per
l'edificio e che non sia possibile reperire mediante diverse
soluzioni o mediante diverse ubicazioni. In ogni caso i parcheggi
interrati non devono mai interessare arenili o apparati dunosi
esistenti o ricostituibili;
- elementi di arredo, amovibili e/o precari.
12. Negli ambiti denominati citta' delle colonie ogni trasformazione,
fisica e/o funzionale e' subordinata alla formazione di programmi
unitari di qualificazione e/o di diversificazione dell'offerta
turistica, anche attraverso il recupero dell'identita' e della
riconoscibilita' locale. Tali programmi devono perseguire, nel
rispetto delle disposizioni dettate dal presente piano per il sistema
o le zone cui eventualmente ineriscono gli ambiti interessati, la
generale finalita' del ripristino della conformazione naturale delle
aree comprese nei perimetri degli ambiti, con particolare riferimento
per quelle prossimali alla battigia, e/o interessanti arenili od
apparati dunosi o boschivi esistenti o ricostituibili.
13. I programmi di cui al precedente comma dovranno definire:
l'assetto generale dell'area tenendo conto dell'inserimento nel
contesto in termini di accessibilita', servizi e aspetti
paesaggistico-ambientali; gli edifici delle colonie marine e delle
rispettive aree di pertinenza, nonche' di eventuali ulteriori aree ed
edifici ricadenti all'interno delle citta' delle colonie, oggetto di
intervento; i soggetti pubblici e/o privati che partecipano al
programma ed i reciproci impegni. Per gli edifici, che non siano
colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo
pregio e di limitato pregio architettonico, originariamente compresi
nel perimetro delle citta' delle colonie ma non ricomprese nel
programma valgono le previsioni del piano regolatore in conformita' a
quanto disposto dalla normativa di zona del presente piano.
14. Al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al precedente
comma 12 e nella redazione dei programmi unitari di cui al precedente
comma 13, le colonie marine prive di interesse storico - testimoniale
e gli eventuali altri edifici non classificati come colonie e facenti
parte del progetto possono essere oggetto di:
a) accorpamento in loco di 2 o piu' edifici all'interno del sedime
originario a parita' di volume;
b) demolizione senza ricostruzione in loco ma al di fuori delle zone
di cui all'art.13 con un incremento di volume pari al 15%;
c) demolizione con trasferimento all'interno dell'art. 13, ad
esclusione delle aree incongrue ricomprese fra la battigia e la prima
strada parallela al mare, del volume dismesso con un incremento del
5% per interventi di ristrutturazione dei volumi esistenti o per
nuova costruzione.
15. Prima dell'approvazione definitiva da parte del Comune il
Programma e' inviato alla Provincia per un parere sugli aspetti ed
argomenti di rilevanza sovracomunale.
16. In assenza dei programmi di cui ai precedenti commi 12 e 13 non
e' consentita alcuna trasformazione, fisica e/o funzionale, degli
edifici classificati come colonie, che non siano classificate di
interesse storico-testimoniale di complessivo pregio e di limitato
pregio architettonico, ad eccezione della manutenzione ordinaria e
della demolizione senza ricostruzione.
17. Gli strumenti programmatici relativi agli ambiti di cui al
presente articolo possono prevedere motivate rettifiche dei perimetri
di tali ambiti, sia per portarli a coincidere con suddivisioni reali
rilevabili sul terreno, ovvero su elaborati cartografici in scala
maggiore, sia per includervi ulteriori immobili ove cio' consenta di
meglio perseguire le finalita' e gli obiettivi di cui al precedente
comma 12.
Art. 17
Zone di tutela dei caratteri ambientali
di laghi, bacini e corsi d'acqua
(modificato dal PTCP di Forli'-Cesena
approvato con deliberazione della GR 31/7/2001, n. 1595)
1. Le disposizioni di cui al presente articolo valgono:
a) per le zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e
corsi d'acqua individuate e perimetrate come tali nelle tavole
contrassegnate dal numero 1 del presente Piano;
b) relativamente alle aste principali dei corsi d'acqua lungo i quali
tali zone sono indicate nelle predette tavole, nei tratti dove le
medesime zone non sono perimetrate, compresi tra la sorgente del
corso d'acqua interessato e l'inizio delle perimetrazioni delle
predette zone, per una larghezza di 150 metri lineari dai limiti
degli invasi ed alvei di piena ordinaria; qualora tali fasce laterali
interessino altre zone individuate, delimitate e disciplinate dal
presente Piano, valgono comunque le prescrizioni maggiormente
limitative delle trasformazioni e delle utilizzazioni.
2. Gli strumenti di pianificazione subregionale di cui all'art. 12
della L.R. 5 settembre 1988, n. 36, provvedono ad articolare le zone
di cui alla precedente lettera a) nonche' a definire
cartograficamente le zone di tutela per i tratti di cui alla lettera
b), fermo restando che qualora le relative perimetrazioni vengano ad
interessare altre zone individuate, delimitate e disciplinate dal
presente Piano, valgono comunque le prescrizioni maggiormente
limitative delle trasformazioni e delle utilizzazioni.
3. Non sono peraltro soggette alle disposizioni di cui ai successivi
commi del presente articolo, ancorche' ricadenti nelle zone di cui
alla lettera a), ovvero nelle fasce laterali di cui alla lettera b),
del primo comma, le previsioni dei PRG vigenti alla data di adozione
del presente Piano, ricomprese nei seguenti casi:
a) le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come
tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47; i Comuni, ove non
siano dotati di tale perimetrazione, possono definirla con specifica
propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai
commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della L.R. 7 dicembre 1978,
n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di
completamento, nonche' in zone aventi le caratteristiche proprie
delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della
L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del DM 2
aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali
di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
c) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla
data di adozione del presente Piano, in zone aventi le
caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in zone F ai
sensi dell'articolo 2 del DM 2 aprile 1968, n. 1444;
d) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa
pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani
delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di
recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del
presente Piano;
e) le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata,
vigenti alla data di adozione del presente Piano;
f) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata
ai sensi dell'articolo 25 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in
piani di lottizzazione ai sensi della Legge 6 agosto 1967, n. 765, e
successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle
relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di
adozione del presente Piano.
4. Per le aree ricadenti nelle zone di cui alla lettera a), ovvero
nelle fasce laterali di cui alla lettera b) del primo comma, diverse
da quelle di cui al terzo comma, trovano applicazione le prescrizioni
di cui ai successivi commi quinto, sesto, settimo, ottavo, nono,
decimo, undicesimo e quattordicesimo e le direttive di cui ai
successivi commi dodicesimo, tredicesimo e quindicesimo.
5. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
a) linee di comunicazione viaria, ferroviaria anche se di tipo
metropolitano ed idroviaria;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di
collegamento nonche' impianti a rete e puntuali per le
telecomunicazioni;
c) invasi ad usi plurimi;
d) impianti per l'approvvigionamento idrico nonche' quelli a rete per
lo scolo delle acque e opere di captazione e distribuzione delle
acque ad usi irrigui;
e) sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie
prime e/o dei semilavorati;
f) approdi e porti per la navigazione interna;
g) aree attrezzabili per la balneazione;
h) opere temporanee per attivita' di ricerca nel sottosuolo che
abbiano carattere geognostico sono ammesse nelle aree di cui al
quarto comma qualora siano previste in strumenti di pianificazione
nazionali, regionali o provinciali. I progetti di tali opere dovranno
verificarne oltre alla fattibilita' tecnica ed economica, la
compatibilita' rispetto alle caratteristiche ambientali e
paesaggistiche del territorio interessato direttamente o
indirettamente dall'opera stessa, con riferimento ad un tratto
significativo del corso d'acqua e ad un adeguato intorno, anche in
rapporto alle possibili alternative. Detti progetti dovranno essere
sottoposti alla valutazione di impatto ambientale, qualora prescritta
da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
6. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti
di pianificazione di cui al quinto comma non si applica alle strade,
agli impianti per l'approvvigionamento idrico e per le
telecomunicazioni, agli impianti a rete per lo smaltimento dei
reflui, ai sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia, che
abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della
popolazione di non piu' di un comune ovvero di parti della
popolazione di due comuni confinanti. Nella definizione dei progetti
di realizzazione, di ampliamento e di rifacimento delle
infrastrutture lineari e degli impianti di cui al presente comma si
deve comunque evitare che essi corrano parallelamente ai corsi
d'acqua. Resta comunque ferma la sottoposizione a valutazione di
impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da
disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
7. La pianificazione comunale od intercomunale, sempre alle
condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre
disposizioni del presente Piano, puo' localizzare nelle aree di cui
al quarto comma:
a) parchi le cui attrezzature siano amovibili e/o precarie, con
l'esclusione di ogni opera comportante impermeabilizzazione di
suoli;
b) percorsi e spazi di sosta pedonali per mezzi di trasporto non
motorizzati;
c) corridoi ecologici e sistemazioni a verde destinabili ad attivita'
di tempo libero;
d) chioschi e costruzioni amovibili e/o precarie per la balneazione
nonche' depositi di materiali e di attrezzi necessari per la
manutenzione di tali attrezzature, esclusivamente nelle aree di cui
alla lettera g) del quinto comma del presente articolo;
e) infrastrutture ed attrezzature aventi le caratteristiche di cui al
precedente sesto comma.
8. Nelle aree di cui al quarto comma, fermo restando quanto
specificato ai commi quinto, sesto e settimo, sono comunque
consentiti:
a) qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora
definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformita'
alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
b) gli interventi nei complessi turistici all'aperto eventualmente
esistenti, che siano rivolti ad adeguarli ai requisiti minimi
richiesti;
c) il completamento delle opere pubbliche in corso, purche'
interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
d) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attivita' di
allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva
qualora di nuovo impianto, nonche' la realizzazione di strade
poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri
lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre
strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo e alle
esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori
agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali
ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei
familiari;
e) la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e
di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica
e simili, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione delle
stesse;
f) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entita', quali
cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di
pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e
simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di
larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate
dalla necessita' di migliorare la gestione e la tutela dei beni
forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento
degli incendi, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione
delle predette opere.
9. Le opere di cui alle lettere e) ed f) nonche' le strade poderali
ed interpoderali di cui alla lettera d) dell'ottavo comma non devono
in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densita' tali per
cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto
idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli
ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e
di servizio forestale, qualora interessino proprieta' assoggettate a
piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove
previste in tali piani regolarmente approvati.
10. Nelle aree esondabili e comunque per una fascia di 10 metri
lineari dal limite degli invasi ed alvei di piena ordinaria dei
laghi, bacini e corsi d'acqua naturali e' vietata la nuova
edificazione dei manufatti edilizi di cui alle lettere d) ed f)
dell'ottavo comma, l'utilizzazione agricola del suolo, i
rimboschimenti a scopo produttivo e gli impianti per l'arboricoltura
da legno, al fine di favorire il riformarsi della vegetazione
spontanea e la costituzione di corridoi ecologici, nonche' di
consentire gli accessi tecnici di vigilanza, manutenzione ed
esercizio delle opere di bonifica, irrigazione e difesa del suolo.
11. Sui complessi industriali e sulle loro pertinenze funzionali, ove
i detti complessi ricadano, anche parzialmente, nelle aree di cui al
quarto comma, e fossero gia' insediati in data antecedente al 29
giugno 1989, sono consentiti interventi di ammodernamento, di
ampliamento, e/o di riassetto organico, sulla base di specifici
programmi di qualificazione e sviluppo aziendale, riferiti ad una
dimensione temporale di medio termine. Tali programmi specificano gli
interventi previsti di trasformazione strutturale e di processo, ivi
compresi quelli volti ad adempiere a disposizioni e/o ad obiettivi di
tutela dell'ambiente, nonche' i conseguenti adeguamenti di natura
urbanistica ed edilizia, facendo riferimento ad ambiti circostanti
gli impianti esistenti. Previa approvazione da parte del Consiglio
comunale dei suddetti programmi, il Sindaco ha facolta' di rilasciare
i relativi provvedimenti abilitativi in conformita' alla disciplina
urbanistica ed edilizia comunale ed in coerenza con i medesimi
suddetti programmi.
12. Nelle zone di cui al presente articolo, gli strumenti di
pianificazione dei Comuni possono, previo parere favorevole della
Provincia, prevedere ampliamenti degli insediamenti esistenti
limitatamente all'ambito collinare e montano, ove si dimostri
l'esistenza di un fabbisogno locale non altrimenti soddisfacibile e
l'assenza di rischio idraulico, purche' le nuove previsioni non
compromettano elementi naturali di rilevante valore e risultino
organicamente coerenti con gli insediamenti esistenti.
13. I Comuni, mediante i propri strumenti di pianificazione, nel
rispetto delle eventuali indicazioni degli strumenti di
pianificazione infraregionale individuano:
a) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui
al primo comma del presente articolo, che devono essere trasferiti in
aree esterne a tali zone, essendo comunque tali quelli insistenti su
aree esondabili, o soggette a fenomeni erosivi;
b) le aree idonee per la nuova localizzazione dei complessi turistici
all'aperto di cui alla precedente lettera a) potendosi, se del caso,
procedere ai sensi dell'articolo 24 della L.R. 7 dicembre 1978, n.
47, e successive modificazioni ed integrazioni;
c) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui
al primo comma del presente articolo, che, in conseguenza
dell'insussistenza di aree idonee alla loro rilocalizzazione, possono
permanere contro le predette zone di cui al primo comma,
subordinatamente ad interventi di riassetto;
d) gli interventi volti a perseguire la massima compatibilizzazione
dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera c)
con gli obiettivi di tutela delle zone cui ineriscono, dovendo essere
in ogni caso previsti: il massimo distanziamento dalla battigia o
dalla sponda delle aree comunque interessate dai predetti complessi,
e, al loro interno, delle attrezzature di base e dei servizi;
l'esclusione dalle aree interessate dai predetti complessi degli
elementi di naturalita', anche relitti, eventualmente esistenti; il
divieto della nuova realizzazione, o del mantenimento, di manufatti
che non abbiano il carattere della precarieta', e/o che comportino
l'impermeabilizzazione del terreno, se non nei casi tassativamente
stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge;
e) gli interventi, da effettuarsi contestualmente ai trasferimenti,
od ai riassetti, di cui alle precedenti lettere, di sistemazione
delle aree liberate, e volti alla loro rinaturalizzazione;
f) le caratteristiche dimensionali, morfologiche e tipologiche, sia
dei complessi turistici all'aperto di nuova localizzazione ai sensi
delle precedenti lettere a) e b), che di quelli sottoposti a
riassetto ai sensi delle precedenti lettere c) e d);
g) i tempi entro i quali devono aver luogo le operazioni di
trasferimento, ovvero quelle di riassetto, fermo restando che essi: -
non devono eccedere i cinque anni dall'entrata in vigore delle
indicazioni comunali, salva concessione da parte dei Comuni di un
ulteriore periodo di proroga, non superiore a due anni, in relazione
all'entita' di eventuali investimenti effettuati per l'adeguamento
dei complessi in questione ai requisiti minimi obbligatori richiesti
dalla relativa disciplina, per i complessi insistenti in aree facenti
parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, della
Regione, della Provincia o del Comune; - sono definiti, non dovendo
comunque eccedere i dieci anni, tramite specifiche convenzioni, da
definirsi contestualmente alle indicazioni comunali, e da stipularsi
tra i Comuni ed i soggetti titolari dei complessi, per i complessi
insistenti su aree diverse da quelle di cui sopra.
14. Dalla data di entrata in vigore del presente Piano a quella di
entrata in vigore delle disposizioni comunali di cui al precedente
comma, nei complessi turistici all'aperto insistenti entro le zone di
cui al primo comma del presente articolo sono consentiti
esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria, nonche' quelli
volti ad adeguare i complessi stessi ai requisiti minimi obbligatori
richiesti dalla relativa disciplina.
15. Relativamente alle aree di cui al quarto comma, le pubbliche
autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso di mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed
interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, e'
consentito solamente per i mezzi necessari alle attivita' agricole,
zootecniche e forestali, nonche' per l'esecuzione, l'esercizio,
l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di
pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture
per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non
siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per
l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di
incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di
assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
Art. 18
Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua
1. Negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, indicati
come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente
Piano, valgono le prescrizioni di cui ai successivi commi.
2. Sono ammesse esclusivamente, nel rispetto di ogni altra
disposizione di legge o regolamentare in materia, e comunque previo
parere favorevole dell'ente od ufficio preposto alla tutela
idraulica:
a) la realizzazione delle opere connesse alle infrastrutture ed
attrezzature di cui ai commi quinto, sesto e settimo nonche' alle
lettere c), e) ed f) dell'ottavo comma, del precedente articolo 17,
fermo restando che per le infrastrutture lineari e gli impianti, non
completamente interrati, puo' prevedersi esclusivamente
l'attraversamento in trasversale;
b) il mantenimento, la ristrutturazione e la rilocalizzazione di
capanni ed altre attrezzature per la pesca ovvero per il ricovero
delle piccole imbarcazioni, purche' amovibili e realizzate con
materiali tradizionali, solamente qualora previste e disciplinate da
strumenti di pianificazione provinciali o comunali od intercomunali,
relativi in ogni caso all'intera asta fluviale interessata dalla loro
presenza, in maniera da evitare ogni alterazione o compromissione del
corso ordinario delle acque, ogni interruzione della normale risalita
verso monte del novellame, ogni intralcio al transito dei natanti ed
ogni limitazione al libero passaggio di persone e mezzi di trasporto
sui coronamenti, sulle banchine e sulle sponde;
c) la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria, nonche' di restauro e di risanamento conservativo, dei
manufatti edilizi isolati aventi interesse storico-artistico o
storico-testimoniale, che siano definiti ammissibili dal piano
regolatore generale in conformita' alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
d) l'effettuazione di opere idrauliche, sulla base di piani,
programmi e progetti disposti dalle autorita' preposte.
3. Le estrazioni di materiali litoidi negli invasi ed alvei di laghi,
bacini e corsi d'acqua sono disciplinati dall'art. 2 della L.R. 18
luglio 1991, n. 17. Sono fatti salvi gli interventi necessari al
mantenimento delle condizioni di sicurezza idraulica ed a garantire
la funzionalita' delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione.
L'Autorita' preposta puo' disporre che inerti eventualmente rimossi,
vengano resi disponibili per i diversi usi produttivi, unicamente in
attuazione di piani, programmi e progetti finalizzati al mantenimento
delle condizioni di sicurezza idraulica conformi al criterio della
massima rinaturalizzazione del sistema delle acque superficiali,
anche attraverso la regolarizzazione plano-altimetrica degli alvei,
la esecuzione di invasi golenali, la rimozione di accumuli di inerti
in zone sovralluvionate, ove non ne sia previsto l'utilizzo per opere
idrauliche e sia esclusa ogni utilita' di movimentazione in alveo
lungo l'intera asta fluviale.
Art. 19
Zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale
(modificato dal PTCP di Forli'-Cesena
approvato con deliberazione della GR 31/7/2001, n. 1595)
1. Non sono soggette alle disposizioni di cui ai successivi commi del
presente articolo, ancorche' ricadenti nelle zone di particolare
interesse paesaggistico-ambientale, individuate e perimetrate come
tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano le
previsioni dei PRG vigenti alla data di adozione del presente Piano,
ricomprese nei seguenti casi:
a) le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come
tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, i Comuni, ove non
siano dotati di tale perimetrazione, possono definirla con specifica
propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai
commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della L.R. 7 dicembre 1978,
n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di
completamento, nonche' le zone aventi le caratteristiche proprie
delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della
L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del DM 2
aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali
di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
c) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla
data di adozione del presente Piano, in zone aventi le
caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in zone F ai
sensi dell'articolo 2 del DM 2 aprile 1968, n. 1444;
d) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa
pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani
delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di
recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del
presente Piano;
e) le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata,
vigenti alla data di adozione del presente Piano;
f) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata
ai sensi dell'articolo 25 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in
piani di lottizzazione ai sensi della Legge 6 agosto 1967, n. 765, e
successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle
relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di
adozione del presente Piano.
2. Nelle aree ricadenti nelle zone di particolare interesse
paesaggistico-ambientale diverse da quelle di cui al precedente primo
comma valgono le prescrizioni dettate dai successivi commi terzo,
quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono, e le direttive di cui
al successivo decimo comma.
3. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
a) linee di comunicazione viaria, nonche' ferroviaria anche se di
tipo metropolitano;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di
collegamento, nonche' impianti a rete e puntuali per le
telecomunicazioni;
c) impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei
reflui e dei rifiuti;
d) sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie
prime e/o dei semilavorati;
e) impianti di risalita e piste sciistiche nelle zone di montagna;
f) opere temporanee per attivita' di ricerca nel sottosuolo che
abbiano carattere geognostico sono ammesse nelle aree di cui al
secondo comma qualora siano previste in strumenti di pianificazione
nazionali, regionali e provinciali ovvero, in assenza di tali
strumenti, previa verifica della compatibilita' rispetto alle
caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio
interessato. I progetti delle opere dovranno in ogni caso rispettare
le condizioni ed i limiti derivanti da ogni altra disposizione, del
presente Piano ed essere sottoposti alla valutazione di impatto
ambientale, qualora prescritta da disposizioni comunitarie, nazionali
e regionali.
4. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti
di pianificazione e/o di programmazione di cui al terzo comma non si
applica alla realizzazione di strade, impianti per
l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei reflui e per le
telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il trasporto
dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al
servizio della popolazione di non piu' di un comune, ovvero di parti
della popolazione di due comuni confinanti, ferma restando la
sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le
quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o
regionali.
5. Nelle aree di cui al precedente secondo comma, solamente a
strumenti di pianificazione regionali o provinciali compete, alle
condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre
disposizioni del presente Piano, l'eventuale previsione di:
a) attrezzature culturali, ricreative e di servizio alle attivita'
del tempo libero;
b) rifugi e posti di ristoro;
c) campeggi, nel rispetto delle norme regionali in materia.
6. Soltanto qualora gli edifici esistenti nelle zone considerate non
siano sufficienti o idonei per le esigenze di cui alle lettere a) e
b) del quinto comma, gli strumenti di pianificazione regionali o
provinciali possono prevedere la edificazione di nuovi manufatti,
esclusivamente quali ampliamenti di edifici esistenti, ovvero quali
nuove costruzioni accorpate con quelle preesistenti, e comunque nel
rispetto delle caratteristiche morfologiche, tipologiche, formali e
costruttive locali.
7. La pianificazione comunale od intercomunale, sempre alle
condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre
disposizioni del presente Piano, puo' definire nelle aree di cui al
secondo comma interventi volti a consentire la pubblica fruizione dei
valori tutelati attraverso la realizzazione di:
a) parchi le cui attrezzature, ove non preesistenti, siano mobili od
amovibili e precarie;
b) percorsi e spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non
motorizzati;
c) zone alberate di nuovo impianto ed attrezzature mobili od
amovibili e precarie in radure esistenti, funzionali ad attivita' di
tempo libero.
8. Nelle aree di cui al precedente secondo comma, fermo restando
quanto specificato ai commi terzo, quarto, quinto e settimo, sono
comunque consentiti:
a) qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora
definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformita'
alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
b) il completamento delle opere pubbliche in corso, purche'
interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
c) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attivita' di
allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva
qualora di nuovo impianto, nonche' la realizzazione di strade
poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri
lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre
strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle
esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori
agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali
ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei
familiari;
d) la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e
di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica
e simili, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione delle
stesse;
e) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entita', quali
cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di
pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e
simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di
larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate
dalla necessita' di migliorare la gestione e la tutela dei beni
forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento
degli incendi, nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione
delle predette opere.
9. Le opere di cui alle lettere d) ed e) nonche' le strade poderali
ed interpoderali di cui alla lettera c) dell'ottavo comma non devono
in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densita' tali per
cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto
idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli
ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e
di servizio forestale, qualora interessino proprieta' assoggettate a
piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove
previste in tali piani regolarmente approvati.
10. Relativamente alle aree di cui al secondo comma, le pubbliche
autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed
interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, e'
consentito solamente per i mezzi necessari alle attivita' agricole,
zootecniche e forestali, nonche' per l'esecuzione, l'esercizio,
l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di
pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture
per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non
siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per
l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di
incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di
assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche Autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
11. Nelle zone di cui al presente articolo possono essere
individuate, previo parere favorevole dell'ente infraregionale
competente, da parte degli strumenti di pianificazione comunali od
intercomunali, ulteriori aree a destinazione d'uso extragricola
diverse da quelle di cui al settimo comma, oltre alle aree di cui al
primo comma, solamente ove si dimostri l'esistenza e/o il permanere
di quote di fabbisogno non altrimenti soddisfacibili, nonche' la
compatibilita' delle predette individuazioni con la tutela delle
caratteristiche paesaggistiche generali dei siti interessati e con
quella di singoli elementi fisici, biologici, antropici di interesse
culturale in essi presenti.
Art. 20
Particolari disposizioni di tutela di specifici elementi
1. Sono stabiliti per gli strumenti di pianificazione subregionali i
seguenti indirizzi:
a) devono essere tutelati i crinali, anche non ricadenti nella
delimitazione di cui al primo comma del precedente articolo 9,
dettando specifiche disposizioni volte a salvaguardarne il profilo ed
i coni visuali nonche' i punti di vista;
b) devono essere individuati gli elementi caratterizzanti particolari
modalita' di infrastrutturazione del territorio (strade, ponti,
canali, argini, terrazzamenti e simili), ove presenti nei sistemi,
nelle zone e negli elementi di cui al presente titolo, e dettate le
relative disposizioni di tutela;
c) devono essere definite le caratteristiche costruttive, tipologiche
e formali coerenti con le tradizioni locali, nel cui rispetto devono
essere effettuati gli interventi previsti o consentiti nei sistemi,
nelle zone e negli elementi di cui al presente titolo.
2. Fino all'entrata in vigore di strumenti di pianificazione
subregionale che provvedano ad individuare i dossi di pianura che,
per rilevanza storico-testimoniale e consistenza fisica,
costituiscono elementi di connotazione degli ambienti vallivi e di
pianura, dettando specifiche disposizioni volte a tutelare le
funzioni idrauliche, funzionali e testimoniali, sui dossi di pianura,
indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del
presente Piano, vale la prescrizione per cui sono vietate le
attivita' che possano alterare negativamente le caratteristiche
morfologiche ed ambientali in essere, essendo comunque escluse le
attivita' estrattive.
3. Sui calanchi, indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal
numero 3 del presente Piano, sono consentite esclusivamente le opere
e le attivita' volte al miglioramento dell'assetto idrogeologico, ove
non in contrasto con eventuali aspetti naturalistici e paesaggistici,
e quelle volte alla conservazione di tali aspetti. La conservazione
degli aspetti naturalistici e paesaggistici e' comunque preminente e
prioritaria per i calanchi ricadenti nel sistema collinare, nelle
zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale e nelle zone
di tutela naturalistica. Le Province possono provvedere, nell'ambito
dei propri strumenti di pianificazione, ad individuare tra i calanchi
indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del
presente Piano quelli che, per caratteristiche riscontrate e
puntualmente motivate, non debbano essere soggetti alle prescrizioni
di cui al presente comma.
TITOLO IV
ZONE ED ELEMENTI DI SPECIFICO INTERESSE STORICO O NATURALISTICO
Art. 21
Zone ed elementi di interesse storico-archeologico
1. Le disposizioni di cui al presente articolo sono finalizzate alla
tutela dei beni di interesse storico-archeologico, comprensivi sia
delle presenze archeologiche accertate e vincolate ai sensi di leggi
nazionali o regionali, ovvero di atti amministrativi o di strumenti
di pianificazione dello Stato, della Regione, di enti locali, sia
delle presenze archeologiche motivatamente ritenute esistenti in aree
o zone anche vaste, sia delle preesistenze archeologiche che hanno
condizionato continuativamente la morfologia insediativa.
2. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano
delimitano le zone e gli elementi di cui al primo comma, indicandone
l'appartenenza alle seguenti categorie:
a) complessi archeologici, cioe' complessi di accertata entita' ed
estensione (abitati, ville, nonche' ogni altra presenza archeologica)
che si configurano come un sistema articolato di strutture;
b1) aree di accertata e rilevante consistenza archeologica, cioe'
aree interessate da notevole presenza di materiali, gia' rinvenuti
ovvero non ancora toccati da regolari campagne di scavo, ma
motivatamente ritenuti presenti, le quali si possono configurare come
luoghi di importante documentazione storica;
b2) aree di concentrazione di materiali archeologici o di
segnalazione di rinvenimenti; aree di rispetto o integrazione per la
salvaguardia di paleo-habitat, aree campione per la conservazione di
particolari attestazioni di tipologie e di siti archeologici; aree a
rilevante rischio archeologico;
c) zone di tutela della struttura centuriata, cioe' aree estese ed
omogenee in cui l'organizzazione della produzione agricola e del
territorio segue tuttora la struttura centuriata come si e'
confermata o modificata nel tempo;
d) zone di tutela di elementi della centuriazione, cioe' aree estese
nella cui attuale struttura permangono segni, sia localizzati sia
diffusi, della centuriazione.
3. Per le zone e gli elementi appartenenti alle categorie di cui alle
lettere a), b1) e b2) del secondo comma valgono gli indirizzi di cui
ai successivi commi quarto, quinto e sesto, le prescrizioni di cui ai
successivi commi settimo, ottavo e nono e le direttive di cui al
successivo decimo comma.
4. Le zone e gli elementi di cui al terzo comma possono essere
inclusi in parchi regionali o provinciali o comunali, volti alla
tutela e valorizzazione sia dei singoli beni archeologici che del
relativo sistema di relazioni, nonche' di altri valori eventualmente
presenti, ed alla regolamentata pubblica fruizione di tali beni e
valori.
5. Le misure e gli interventi di tutela e valorizzazione delle zone e
degli elementi di cui al terzo comma, nonche' gli interventi
funzionali allo studio, all'osservazione, alla pubblica fruizione dei
beni e dei valori tutelati, sono definiti da piani o progetti
pubblici di contenuto esecutivo, formati dagli enti competenti,
previa consultazione con la competente Soprintendenza archeologica,
ed avvalendosi della collaborazione dell'Istituto per i beni
artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna. Tali
piani o progetti possono prevedere, oltre alle attivita' ed agli
interventi di cui al settimo comma, alle condizioni ed ai limiti
eventualmente derivanti da altre disposizioni del presente Piano, la
realizzazione di attrezzature culturali e di servizio alle attivita'
di ricerca, studio, osservazione delle presenze archeologiche e degli
eventuali altri beni e valori tutelati, nonche' di posti di ristoro e
percorsi e spazi di sosta, ed altresi' la realizzazione di
infrastrutture tecniche e di difesa del suolo, nonche' di impianti
tecnici di modesta entita'.
6. I piani o progetti di cui al quinto comma possono motivatamente, a
seguito di adeguate ricerche, variare la delimitazione delle zone e
degli elementi appartenenti alle categorie di cui alle lettere a) e
b) del secondo comma, sia nel senso di includere tra le zone e gli di
cui alla lettera a) zone ed elementi indicati dal presente Piano
appartenenti alle categorie di cui alle lettere b), sia nel senso di
riconoscere che zone ed elementi egualmente indicati dal presente
Piano appartenenti alle categorie di cui alle lettere b) non
possiedono le caratteristiche motivanti tale appartenenza e non sono
conseguentemente soggetti alle relative disposizioni.
7. Fino all'entrata in vigore dei piani o progetti di cui al quinto
comma, nelle zone e negli elementi compresi nella categoria di cui
alla lettera a) del secondo comma sono ammesse soltanto le attivita'
di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici,
nonche' gli interventi di trasformazione connessi a tali attivita',
ad opera degli enti o degli istituti scientifici autorizzati.
8. Fino alla data di cui al precedente comma, nelle zone e negli
elementi compresi nella categoria di cui alla lettera b1) del secondo
comma, oltre alle attivita' e trasformazioni ora indicate, e ferme
comunque restando eventuali disposizioni piu' restrittive dettate
dalla competente Soprintendenza archeologica, sono ammessi
solamente:
a) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo, secondo gli
ordinamenti colturali in atto all'entrata in vigore del presente
Piano ovvero in conformita' agli atti di cui al secondo comma del
precedente articolo 11 e fermo restando che ogni escavo o aratura dei
terreni a profondita' superiore a 50 cm deve essere autorizzato dalla
competente Soprintendenza archeologica;
b) gli interventi sui manufatti edilizi esistenti, ivi inclusi quelli
relativi alle opere pubbliche di difesa del suolo, di bonifica e di
irrigazione, fermo restando che, ove e fino a quando gli strumenti di
pianificazione comunali non abbiano definito gli interventi
ammissibili sulle singole unita' edilizie esistenti in conformita'
all'articolo 36 e/o al dodicesimo comma dell'articolo 40 della L.R. 7
dicembre 1978, n. 47, sono consentiti unicamente gli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e risanamento
conservativo.
9. Fatta salva ogni ulteriore disposizione dei piani o progetti di
cui al quinto comma, nelle zone e negli elementi appartenenti alla
categoria di cui alla lettera b2) del secondo comma possono essere
attuate le previsioni dei vigenti strumenti urbanistici comunali,
fermo restando che ogni intervento e' subordinato all'esecuzione di
sondaggi preliminari, svolti in accordo con la competente
Sopraintendenza archeologica, rivolti ad accertare l'esistenza di
materiali archeologici e la compatibilita' dei progetti di intervento
con gli obiettivi di tutela, anche in considerazione della necessita'
di individuare aree di rispetto o di potenziale valorizzazione e/o
fruizione.
10. Relativamente alle zone ed agli elementi di cui al terzo comma,
le pubbliche autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro tre
mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed interpoderali
e le piste di esbosco e di servizio forestale, e' consentito
solamente per i mezzi necessari alle attivita' agricole, zootecniche
e forestali, nonche' per l'esecuzione, l'esercizio,
l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di
pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture
per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non
siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per
l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di
incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di
assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
11. Gli elementi caratterizzanti l'impianto storico della
centuriazione di cui alle lettere c) e d) del secondo comma sono: le
strade; le strade poderali ed interpoderali; i canali di scolo e di
irrigazione disposti lungo gli assi principali della centuriazione; i
tabernacoli agli incroci degli assi; le case coloniche; le piantate
ed i relitti dei filari di antico impianto orientati secondo la
centuriazione, nonche' ogni altro elemento riconducibile attraverso
l'esame dei fatti topografici alla divisione agraria romana.
12. Non sono soggette alle prescrizioni di cui ai successivi commi
tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo ancorche' ricadenti nelle
zone di cui alle lettere c) e d) del secondo comma:
a) le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come
tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47; i Comuni, ove non
siano dotati di tale perimetrazione possono definirla con specifica
propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai
commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della L.R. 7 dicembre 1978,
n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di
completamento, nonche' le zone aventi le caratteristiche proprie
delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della
L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del DM 2
aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali
di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
c) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla
data di adozione del presente Piano, in zone aventi le
caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in zone F ai
sensi dell'articolo 2 del DM 2 aprile 1968, n. 1444;
d) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa
pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani
delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di
recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del
presente Piano;
e) le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata,
vigenti alla data di adozione del presente Piano;
f) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata
ai sensi dell'articolo 25 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in
piani di lottizzazione ai sensi della Legge 6 agosto 1967, n. 765, e
successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle
relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di
adozione del presente Piano.
13. Le aree ricadenti nelle zone di cui alle lettere c) e d) del
secondo comma, diverse da quelle di cui al dodicesimo comma, hanno di
norma destinazione d'uso agricola e sono conseguentemente
assoggettate alle prescrizioni relative alle zone agricole dettate
dalle leggi regionali e dalla pianificazione regionale, provinciale,
comunale, con le ulteriori prescrizioni seguenti:
a) nelle zone di tutela della morfologia centuriata e' fatto divieto
di alterare le caratteristiche essenziali degli elementi di cui al
comma 11; qualsiasi intervento di realizzazione, ampliamento e
rifacimento di infrastrutture viarie e canalizie deve possibilmente
riprendere gli analoghi elementi lineari della centuriazione e
comunque essere complessivamente coerente con l'organizzazione
territoriale;
b) nelle zone di tutela di elementi della centuriazione valgono le
medesime prescrizioni fino a quando gli strumenti di pianificazione
provinciale o comunale non abbiano esattamente individuato gli
elementi di cui al comma 11 e dettato le prescrizioni per la loro
tutela;
c) ove e fino a quando gli strumenti di pianificazione comunali non
abbiano definito gli interventi ammissibili sulle singole unita'
edilizie esistenti, in conformita' all'articolo 36 e/o all'articolo
40 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, sono consentiti unicamente gli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e
risanamento conservativo;
d) gli interventi di nuova edificazione, sia di annessi rustici che
di unita' edilizie ad uso abitativo funzionali alle esigenze di
addetti all'agricoltura, eventualmente previsti, devono essere
coerenti con l'organizzazione territoriale e di norma costituire
unita' accorpate urbanisticamente e paesaggisticamente con
l'edificazione preesistente.
14. Nell'ambito delle aree di cui al precedente tredicesimo comma
sono comunque consentiti:
a) qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora
definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformita'
alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
b) il completamento delle opere pubbliche in corso, purche'
interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
c) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attivita' di
allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva
qualora di nuovo impianto, nonche' la realizzazione di strade
poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri
lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre
strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle
esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori
agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali
ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei
familiari;
d) la realizzazione di infrastrutture tecniche di difesa del suolo,
di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonche' le
attivita' di esercizio e di manutenzione delle stesse;
e) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entita', quali
cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di
pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile e simili
nonche' le attivita' di esercizio e di manutenzione delle predette
opere. Sono inoltre ammesse opere temporanee per attivita' di ricerca
nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico.
15. Le opere di cui alle lettere d) ed e) nonche' le strade poderali
ed interpoderali di cui alla lettera c) del quattordicesimo comma non
devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densita' tali
per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto
idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli
ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e
di servizio forestale, qualora interessino proprieta' assoggettate a
piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della
L.R. 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove
previste in tali piani regolarmente approvati.
16. Nelle zone di cui alle lettere c) e d) del secondo comma possono
essere individuate, previo parere dell'ente infraregionale
competente, da parte di strumenti di pianificazione comunali od
intercomunali ulteriori aree a destinazione d'uso extra agricola,
oltre a quelle di cui al dodicesimo comma, solamente ove si dimostri
che l'assetto delle aree interessate risulta:
a) essere coerenti con l'organizzazione territoriale storica qualora
le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di
cui alla lettera c) del secondo comma;
b) garantire il rispetto delle disposizioni dettate a tutela degli
individuati elementi della centuriazione, qualora le aree interessate
ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla lettera d.
del secondo comma.
17. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
a) linee di comunicazione viaria, nonche' ferroviaria anche se di
tipo metropolitano;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di
collegamento, nonche' impianti per le telecomunicazioni;
c) impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei
reflui e dei rifiuti solidi;
d) sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie
prime e/o dei semilavorati;
sono ammesse nelle zone di cui alle lettere c) e d) del secondo
comma, qualora siano previste in strumenti di pianificazione
nazionali, regionali o provinciali e si dimostri che gli interventi:
a) sono coerenti con l'organizzazione territoriale storica, nel caso
in cui le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella
categoria di cui alla lettera c) del secondo comma;
b) garantiscono il rispetto delle disposizioni dettate a tutela degli
individuati elementi della centuriazione nel caso in cui le aree
interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla
lettera d. del secondo comma.
Art. 22
Insediamenti urbani storici
e strutture insediative storiche non urbane
1. L'elenco delle localita' descritte nell'allegato di cui alla
lettera i) dell'articolo 3 ed indicate con appositi simboli nelle
tavole contrassegnate con il numero 1 del presente Piano costituisce
un primo inventario di elementi del sistema insediativo storico del
territorio regionale. Per tali localita' valgono gli indirizzi di cui
al successivo secondo comma, le direttive di cui ai successivi commi
terzo, quarto e quinto, le prescrizioni di cui al successivo comma
sesto.
2. I Comuni sono tenuti ad approfondire l'analisi del sistema
insediativo storico del proprio territorio, dettando una specifica
disciplina in conformita' alle disposizioni degli articoli 33 e 36
della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.
3. I Comuni nel cui ambito ricadono localita' indicate nell'elenco di
cui al primo comma, ove non le abbiano gia' individuate, definendone
l'esatta perimetrazione, nel proprio piano regolatore generale, ai
sensi dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, provvedono
ad approfondire lo studio del proprio territorio, assumendo le
indicazioni fornite dal predetto elenco, al fine di verificare la
sussistenza degli insediamenti urbani storici, ovvero delle strutture
insediative storiche non urbane, ivi indicate, e procedendo,
coerentemente a dette verifiche, alla conseguente perimetrazione,
anche avvalendosi della collaborazione dell'Istituto per i beni
artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.
4. I medesimi Comuni, ove non siano dotati di piano regolatore
generale entrato in vigore in data successiva al 26 dicembre 1978, e
comunque con riferimento agli insediamenti urbani storici e/o alle
strutture insediative storiche non urbane individuate e perimetrate a
norma del precedente comma per le quali non sia gia' vigente la
disciplina particolareggiata di cui all'articolo 36 della L.R. 7
dicembre 1978, n. 47, provvedono a dettare, esclusivamente attraverso
il proprio PRG od attraverso variante generale dello stesso, la
predetta disciplina particolareggiata. Gli interventi di cui alla
lettera A4 dell'articolo 36 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47,
possono essere previsti soltanto se coerenti con le regole
dell'urbanizzazione storica, come desumibili dalla cartografia
storica e dalla lettura critica del tracciato dei lotti, degli
isolati, della rete stradale e degli altri elementi testimoniali.
5. I provvedimenti di definizione delle perimetrazioni richiesti dal
terzo comma, costituendo varianti al PRG, sono approvati ai sensi
dell'art. 14 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.
6. Fino a quando non siano stati approvati i provvedimenti richiesti
dal terzo comma, nelle localita' di cui al primo comma, con
riferimento all'intero perimetro dei centri abitati interessati, sono
consentiti unicamente gli interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria e di restauro e risanamento conservativo, ed i
mutamenti d'uso consentiti devono essere in ogni caso autorizzati,
non valendo quanto disposto dall'articolo 26 della Legge 28 febbraio
1985, n. 47. Successivamente all'approvazione della perimetrazione le
medesime limitazioni valgono all'interno della perimetrazione stessa
fino a quando non sia vigente la disciplina particolareggiata di cui
al quarto comma.
Art. 23
Zone di interesse storico-testimoniale
1. Quali zone di interesse storico-testimoniale il presente Piano
disciplina:
a) il sistema dei terreni interessato dalle "partecipanze"
individuate e delimitate come tali nelle tavole contrassegnate dal
numero 1 del presente Piano;
b) le aree interessate alle "partecipanze" anche se non individuate e
delimitate nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente
Piano;
c) i terreni agricoli interessati da bonifiche storiche di pianura;
d) le aree assegnate alle universita' agrarie, comunalie, comunelli e
simili e le zone gravate da usi civici, non individuate e delimitate
nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano.
2. Le Province ed i Comuni provvedono con i propri strumenti di
pianificazione a disciplinare le aree ed i terreni di cui al primo
comma previa perimetrazione di quelli di cui alle lettere b), c) e
d), nel rispetto dei seguenti indirizzi:
a) le aree ed i terreni predetti sono di norma assoggettati alle
disposizioni relative alle zone agricole dettate dalle leggi
regionali e dalla pianificazione regionale, provinciale, comunale,
alle condizioni e nei limiti derivanti dalle ulteriori disposizioni
seguenti;
b) va evitata qualsiasi alterazione delle caratteristiche essenziali
degli elementi dell'organizzazione territoriale; qualsiasi intervento
di realizzazione di infrastrutture viarie, canalizie e tecnologiche
di rilevanza non meramente locale deve essere previsto in strumenti
di pianificazione e/o programmazione nazionali, regionali o
provinciali e deve essere complessivamente coerente con la predetta
organizzazione territoriale;
c) gli interventi di nuova edificazione devono essere coerenti con
l'organizzazione territoriale e di norma costituire unita' accorpate
urbanisticamente e paesaggisticamente con l'edificazione
preesistente.
Art. 24
Elementi di interesse storico-testimoniale
1. Sono stabiliti gli indirizzi di cui ai seguenti commi.
2. E' fatto obbligo agli strumenti di pianificazione, di attuazione
della pianificazione, di programmazione, regionali e subregionali, di
individuare e di sottoporre a specifiche prescrizioni di tutela la
viabilita' storica. Si considera viabilita' storica quella che
risulta individuata nella cartografia del primo catasto dello stato
nazionale per la parte piu' propriamente urbana, nonche' quella
individuata nella cartografia IGM di primo impianto per la parte
extraurbana. Detta viabilita', comprensiva degli slarghi e delle
piazze urbane, non puo' essere soppressa ne' privatizzata o comunque
alienata o chiusa salvo che per motivi di sicurezza e di pubblica
incolumita'. La viabilita' storica urbana, comprensiva degli slarghi
e delle piazze, ricadente nelle zone A e B dei piani regolatori
generali, e' regolata dalla disciplina particolareggiata prevista nei
medesimi piani per le zone storiche, con particolare riferimento alla
sagoma ed ai tracciati. La viabilita' storica extraurbana va tutelata
sia per quanto concerne gli aspetti strutturali sia per quanto
attiene l'arredo e le pertinenze.
3. E' fatto altresi' obbligo agli strumenti di pianificazione, di
attuazione della pianificazione, di programmazione, regionali e
subregionali, di individuare la viabilita' panoramica e di definire
le relative misure di protezione da osservarsi nella edificazione al
di fuori del perimetro dei centri abitati. In via di prima
applicazione il presente Piano individua, quale viabilita' panoramica
di interesse regionale, i tratti indicati nell'elenco di cui alla
lettera h) del precedente articolo 3.
4. E' fatto obbligo ai Comuni di individuare nei propri piani
regolatori generali e di sottoporre a specifiche prescrizioni, ove
rivestano interesse storico-testimoniale, strutture quali: teatri
storici; sedi comunali; giardini e ville comunali; stazioni
ferroviarie; cimiteri; ville e parchi; sedi storiche, politiche,
sindacali o associative, assistenziali, sanitarie e religiose;
colonie e scuole; negozi, botteghe e librerie storiche; mercati
coperti; edicole; fontane e fontanelle; edifici termali ed
alberghieri di particolare pregio architettonico; architetture
tipiche della zona; opifici tradizionali; architetture contadine
tradizionali; fortificazioni; ponti e navili storici; manufatti
idraulici quali chiuse, sbarramenti, molini, centrali idroelettriche,
lavorieri, acquedotti, argini, canali e condotti; alvei abbandonati.
Art. 25
Zone di tutela naturalistica
1. Le zone di tutela naturalistica, indicate e delimitate come tali
nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, devono
essere disciplinate dagli strumenti di pianificazione provinciali o
comunali, con l'osservanza degli indirizzi di cui al successivo
secondo comma. Valgono inoltre per tali zone le direttive di cui al
successivo quinto comma e le prescrizioni di cui ai successivi commi
terzo e quarto.
2. Le disposizioni degli strumenti di pianificazione di cui al primo
comma sono finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo,
delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e
la ricostituzione di tali componenti e degli equilibri naturali tra
di essi, nonche' attraverso il mantenimento delle attivita'
produttive primarie compatibili ed una controllata fruizione
collettiva per attivita' di studio, di osservazione, escursionistiche
e ricreative. A tal fine i predetti strumenti individuano,
nell'ambito di dette zone, le aree di maggior valenza naturalistica,
da destinare a riserve naturali e/o ad aree protette, e quelle in cui
l'attivita' agricola e la presenza antropica sono esistenti e
compatibili, e definiscono:
a) gli interventi e le attivita' finalizzate alla conservazione od al
ripristino delle componenti naturali e dei relativi equilibri;
b) le infrastrutture e le attrezzature finalizzate alla vigilanza ed
alla fruizione collettiva delle predette componenti, quali percorsi e
spazi di sosta, individuando quelli eventualmente utilizzabili da
mezzi di trasporto motorizzati, rifugi e posti di ristoro, nonche' i
limiti e le condizioni di tale fruizione; l'installazione delle
predette attrezzature, sia fisse che amovibili o mobili, puo' essere
prevista solamente ove sia compatibile con le finalita' di
conservazione, sia strettamente necessaria all'esplicazione delle
funzioni di vigilanza ovvero alla tutela dei fruitori, e gli edifici
e le strutture eventualmente esistenti, di cui non si debba prevedere
la demolizione a scopi ripristinatori, e da destinarsi
prioritariamente a tali utilizzazioni, siano assolutamente
insufficienti;
c) le opere strettamente necessarie al soddisfacimento dei fabbisogni
idropotabili;
d) le aree appositamente attrezzate in cui sono consentiti il bivacco
e l'accensione di fuochi all'aperto;
e) gli interventi ammissibili sugli edifici esistenti, che non
debbano essere demoliti a scopi ripristinatori, in conformita' alla
L.R. 7 dicembre 1978, n. 47; tali edifici possono essere destinati
all'esplicazione delle funzioni di vigilanza nonche' a funzioni
ricettive connesse con la fruizione collettiva della zona;
f) l'eventuale esercizio dell'ordinaria utilizzazione del suolo a
scopo colturale, delle attivita' zootecniche ed itticole, di tipo non
intensivo qualora di nuovo impianto, delle attivita' di produzione di
sale marino;
g) l'eventuale nuova edificazione di manufatti edilizi, anche ad uso
abitativo, strettamente funzionale allo svolgimento delle attivita'
di cui alla precedente lettera f), e comunque nel rispetto delle
tipologie costruttive locali prevalenti e nei limiti derivanti dalla
conformazione morfologica dei luoghi e dal prioritario obiettivo
della salvaguardia dei beni tutelati;
h) le infrastrutture strettamente necessarie allo svolgimento delle
attivita' di cui alla precedente lettera f), individuando i percorsi
e gli spazi di sosta eventualmente utilizzabili da mezzi di trasporto
motorizzati, e dettando per questi ultimi le disposizioni volte a
garantire le opportune limitazioni e/o regolamentazioni
all'utilizzazione da parte di tali mezzi di trasporto;
i) la gestione dei boschi e delle foreste, nel rispetto di quanto
disposto all'undicesimo comma dell'articolo 10, salva la
determinazione di prescrizioni piu' restrittive;
j) le forme, le condizioni ed i limiti della raccolta e
dell'asportazione delle specie floristiche spontanee, ivi compresi i
cosiddetti prodotti del sottobosco;
k) le forme, le condizioni ed i limiti dell'esercizio dell'attivita'
venatoria, fermo restando che non deve essere comunque previsto
l'aumento dell'entita' delle aree, comprese nelle zone di cui al
presente articolo, in cui fosse consentito a qualsiasi titolo
l'esercizio di tale attivita' alla data di adozione del presente
Piano;
l) interventi per l'adeguamento ed il consolidamento di
infrastrutture di bonifica, di irrigazione e di difesa del suolo
esistenti, nonche' interventi di miglioramento e adeguamento in sede
per le infrastrutture stradali e ferroviarie esistenti. Eventuali
modifiche di tracciato dettate da motivi di sicurezza e/o per la
salvaguardia della salute da elevati tassi di inquinamento acustico
ed atmosferico potranno essere consentite subordinatamente alla
predisposizione di progetti di inserimento paesaggistico e
minimizzazione degli impatti che prevedano anche la possibilita' di
recupero ambientale dei tratti dismessi.
3. Fino all'entrata in vigore degli strumenti di pianificazione di
cui al primo comma, nelle zone di cui al presente articolo sono
consentite esclusivamente le attivita' e le trasformazioni seguenti:
a) le attivita' di vigilanza e quelle di ricerca scientifica, studio
ed osservazione finalizzate alla formazione degli strumenti di
pianificazione;
b) gli interventi di manutenzione ordinaria nonche' quelli volti ad
evitare pericoli di crollo imminente sui manufatti edilizi
esistenti;
c) i mutamenti dell'uso di manufatti edilizi esistenti volti ad
adibirli all'esplicazione delle funzioni di vigilanza, ovvero a
funzioni di ricerca scientifica, studio ed osservazione;
d) la manutenzione ed il ripristino, se del caso anche secondo
tracciati parzialmente diversi e piu' coerenti con le caratteristiche
da tutelare dei siti interessati, delle infrastrutture indispensabili
al proseguimento dell'utilizzazione degli edifici e degli altri
manufatti edilizi esistenti nonche' delle infrastrutture di bonifica,
di irrigazione e di difesa del suolo;
e) l'esercizio dell'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e
dell'attivita' zootecnica sui suoli gia' adibiti a tali
utilizzazioni, essendo comunque vietati i cambiamenti di destinazione
produttiva che comportino la conversione del bosco, dei prati pascoli
e dei prati stabili in altre qualita' di coltura, nonche' gli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di
ristrutturazione degli edifici esistenti connessi all'attivita'
agricola;
f) l'esercizio delle attivita' itticole nonche' delle attivita' di
produzione di sale marino, esclusivamente entro i limiti dei siti in
cui tali attivita' siano gia' in atto alla data di adozione del
presente Piano;
g) la gestione dei boschi e delle foreste, nel rispetto di quanto
disposto all'undicesimo comma dell'articolo 10;
h) la raccolta e l'asportazione delle specie floristiche spontanee,
nelle forme, nelle condizioni e nei limiti stabiliti dalle vigenti
norme legislative e regolamentari;
i) l'esercizio dell'attivita' venatoria entro i limiti delle aree in
cui fosse consentito alla data di adozione del presente Piano; e'
comunque fatto divieto di modificare in riduzione, revocare o non
rinnovare le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di
riproduzione della fauna istituite, alla medesima data, ai sensi
delle vigenti disposizioni regionali per la disciplina dell'attivita'
venatoria;
j) le attivita' escursionistiche;
k) gli interventi di spegnimento degli incendi e fitosanitari.
4. Nelle zone di cui al primo comma, non possono in alcun caso essere
consentiti o previsti l'esercizio di attivita' suscettibili di
danneggiare gli elementi geologici o mineralogici, ne' l'introduzione
in qualsiasi forma di specie animali selvatiche e vegetali spontanee
non autoctone.
5. Relativamente alle zone di cui al presente articolo, le pubbliche
Autorita' competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti
amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi
i sentieri e le mulattiere, nonche' le strade poderali ed
interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, e'
consentito solamente per i mezzi necessari alle attivita' agricole,
zootecniche e forestali, nonche' per l'esecuzione, l'esercizio,
l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di
pubblica utilita', di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture
per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non
siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per
l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di
incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di
assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei
sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali,
nelle piste di esbosco e di servizio forestale, e' reso noto al
pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche autorita' competenti possono altresi' disporre
l'installazione di apposite chiudende, purche' venga garantito il
passaggio ai soggetti aventi diritto.
PARTE III
PARTICOLARI TUTELE DELL'INTEGRITA' FISICA DEL TERRITORIO
TITOLO V
LIMITAZIONI DELLE ATTIVITA' DI TRASFORMAZIONE
E D'USO DERIVANTI DALL'INSTABILITA'
O DALLA PERMEABILITA' DEI TERRENI
Art. 26
Zone ed elementi caratterizzati
da fenomeni di dissesto e instabilita'
1. Le prescrizioni di cui ai commi quarto e seguenti del presente
articolo si riferiscono a zone ed elementi indicati e delimitati, con
le denominazioni di seguito riportate, nelle tavole contrassegnate
dal numero 3 del presente Piano, e sono immediatamente operanti.
2. Le delimitazioni delle zone e degli elementi caratterizzati da
fenomeni di dissesto e instabilita' effettuate da strumenti di
pianificazione subregionali relativi a tutto l'ambito di competenza
dell'ente pubblico territoriale interessato, e basate su adeguate
analisi geologiche che, tra l'altro, abbiano specificamente motivato
le difformita' dalle delimitazioni di cui alle tavole contrassegnate
dal numero 3 del presente Piano, sostituiscono, dal momento della
loro entrata in vigore, le predette delimitazioni di cui alle tavole
contrassegnate dal numero 3 del presente Piano.
3. I progetti di opere pubbliche, nazionali, regionali e
subregionali, eventualmente difformi dalle prescrizioni di cui al
primo comma, devono essere suffragati da specifiche analisi
geologiche comprovanti l'insussistenza delle condizioni di dissesto e
di instabilita' evidenziate dalle tavole contrassegnate dal numero 3
del presente Piano.
4. Nelle zone individuate come frane recenti, frane di crollo, colate
di fango recenti, non e' consentito alcun intervento di nuova
edificazione, ivi compresa la realizzazione di infrastrutture. In
tali zone sono consentiti gli interventi di sistemazione, bonifica e
regimazione delle acque superficiali e sotterranee, volti al
consolidamento delle aree in dissesto. Le pratiche colturali
eventualmente in atto devono essere coerenti con il riassetto
idrogeologico delle aree interessate ed essere corredate dalle
necessarie opere di regimazione idrica superficiale.
5. Sugli edifici eventualmente esistenti nelle aree individuate come
frane attive in movimento sono consentite esclusivamente opere
temporanee di consolidamento strutturale di emergenza degli edifici
lesionati, a soli fini di salvaguardia della pubblica incolumita'.
6. Le prescrizioni di cui ai commi quarto e quinto sono estese a
tutte le zone di possibile ulteriore evoluzione del fenomeno franoso,
cioe' al perimetro sotteso alla zona di accumulo, nonche' al limite
di eventuale massima invasione di blocchi rocciosi per frane di
crollo.
7. Nelle zone individuate come frane antiche valgono le medesime
prescrizioni di cui al quarto comma, fatta eccezione per quelle gia'
interessate da insediamenti urbani stabili e da infrastrutture
extraurbane o rurali. In tali zone sono ammessi interventi di
completamento, nonche' nuove edificazioni di modesta entita' ed opere
pubbliche di cui sia dimostrata la necessita' o l'impossibilita' di
alternative. Tutti i nuovi interventi sono subordinati ad una
verifica complessiva volta a dimostrare la non influenza negativa
sulle condizioni di stabilita' del versante e di rischio per la
pubblica incolumita'.
8. In adiacenza alle scarpate di terrazzi fluviali ed alle scarpate
rocciose non e' consentito alcun intervento di nuova edificazione,
ivi compresa la realizzazione di infrastrutture, a partire dall'orlo
superiore delle scarpate e per una fascia di larghezza non inferiore
all'altezza delle scarpate sottese. In presenza di terreni incoerenti
o di rocce intensamente fratturate la larghezza della fascia deve
essere estesa da due a tre volte l'altezza delle scarpate sottese e
comunque rapportata alle condizioni fisico-meccaniche e di giacitura
delle litologie presenti. In particolare tali prescrizioni, per le
zone classificate sismiche, valgono fino all'emanazione dei criteri
ed indirizzi di cui alle lettere e) ed f) dell'articolo 6 ed
all'articolo 10 della L.R. 19 giugno 1984, n. 35.
Art. 27
Zone ed elementi caratterizzati
da potenziale instabilita'
1. Per le aree a potenziale movimento di massa, indicate come tali
nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano, valgono
i seguenti indirizzi:
a) l'utilizzazione di tali aree a scopo di nuova edificazione, ivi
compresa la realizzazione di infrastrutture, anche ove le aree
interessate non presentino tracce evidenti di movimenti franosi, e'
da evitare a causa della fragilita' strutturale intrinseca o indotta
dei versanti;
b) ogni previsione degli strumenti di pianificazione che interessi
tali aree, direttamente od indirettamente, deve essere specificamente
e dettagliatamente motivata.
2. Le delimitazioni delle aree a potenziale movimento di massa di cui
alle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano possono
essere modificate con le medesime modalita' di cui al secondo comma
del precedente articolo 26.
Art. 28
Zone di tutela dei corpi idrici
superficiali e sotterranei
1. Nelle zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei,
caratterizzate da elevata permeabilita' dei terreni con ricchezza di
falde idriche, ricomprese nel perimetro definito nelle tavole
contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, od in tale perimetro
intercluse, vale la prescrizione per cui, fermi restando i compiti di
cui al DPR 24 maggio 1988, n. 236, sono vietati:
a) gli scarichi liberi sul suolo e nel sottosuolo di liquidi e di
altre sostanze di qualsiasi genere o provenienza con la sola
eccezione della distribuzione agronomica del letame e delle sostanze
ad uso agrario, nonche' dei reflui trattati provenienti da civili
abitazioni, o da usi assimilabili che sono consentiti nei limiti
delle relative disposizioni statali e regionali;
b) il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici al di
fuori di appositi lagoni di accumulo impermeabilizzati con materiali
artificiali, i quali ultimi sono comunque esclusi nelle zone di
tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua;
c) la ricerca di acque sotterranee e l'escavo di pozzi, nei fondi
propri od altrui, ove non autorizzati dalle pubbliche autorita'
competenti ai sensi dell'articolo 95 del RD 11 dicembre 1933, n.
1775;
d) la realizzazione e l'esercizio di nuove discariche per lo
smaltimento dei rifiuti di qualsiasi genere e provenienza, con
l'esclusione delle discariche di prima categoria e di seconda
categoria tipo a), di cui al DPR 10 settembre 1982, n. 915, nonche'
di terre di lavaggio provenienti dagli zuccherifici, nel rispetto
delle disposizioni statali e regionali in materia;
e) l'interramento, l'interruzione o la deviazione delle falde
acquifere sotterranee, con particolare riguardo per quelle
alimentanti acquedotti per uso idropotabile.
2. Gli strumenti di pianificazione subregionali sono tenuti ad
individuare le zone interessate da sorgenti naturali, da risorgive, o
da acquiferi carsici ed a dettare le relative disposizioni volte a
tutelarne l'integrita' e gli aspetti ambientali e vegetazionali.
Art. 29
Abitati da consolidare o da trasferire
1. Per gli abitati dichiarati da consolidare ai sensi della Legge 9
luglio 1908, n. 445, compresi nell'elenco di cui alla lettera l) del
precedente articolo 3, elenco che si intende aggiornato alle
modifiche introdotte da specifici provvedimenti regionali, e per
tutti gli abitati, non rientranti in tale elenco, ma interessati da
interventi pubblici di consolidamento, valgono le prescrizioni di cui
ai successivi commi secondo, terzo e quarto.
2. Per gli abitati di cui al primo comma, l'ambito di consolidamento
e' definito mediante una perimetrazione, approvata dalla Regione, che
comprende: le zone dissestate, le zone di possibile ulteriore
evoluzione dei dissesti, le aree contermini costituenti fasce di
rispetto. Con tale perimetrazione vanno altresi' definiti gli
utilizzi ammissibili e le limitazioni relative agli interventi
edilizi e alle pratiche agricolo-forestali.
3. All'interno della perimetrazione, compatibilmente con gli utilizzi
ammissibili e le limitazioni di cui al secondo comma, nonche' con le
condizioni geomorfologiche e con le esigenze di riassetto
idrogeologico del sito, nel rispetto delle prescrizioni e degli
indirizzi di cui ai precedenti articoli 26 e 27, nonche' secondo le
vigenti procedure e norme tecniche di cui alla Legge 2 febbraio 1974,
n. 64, e successive modifiche ed integrazioni, gli strumenti di
pianificazione comunale, nell'ambito di un quadro organico di
destinazioni d'uso ammissibili, possono prevedere solo interventi
di:
a) consolidamento strutturale, manutenzione ordinaria e
straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione,
nonche' ampliamento non superiore al 20% del volume esistente;
b) nuova edificazione in singoli lotti di completamento, ricompresi
all'interno del perimetro del territorio urbanizzato come definito
all'art. 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, e/o come tali
classificati dallo strumento urbanistico, purche' strettamente
contigui a centri o nuclei esistenti, e nuova edificazione di edifici
a servizio dell'attivita' agricola.
4. Negli abitati dichiarati da consolidare ai sensi della Legge 9
luglio 1908, n. 445, fino all'approvazione della perimetrazione con
relative norme di cui al secondo comma, sono ammessi solo gli
interventi di cui alla lettera a) del terzo comma, purche' non in
contrasto con le prescrizioni di cui all'articolo 26.
5. Negli abitati dichiarati da trasferire ai sensi della Legge 9
luglio 1908, n. 445, compresi nell'elenco di cui alla lettera l) del
precedente articolo 3, elenco che si intende aggiornato dalle
modifiche introdotte da specifici provvedimenti regionali, sono
ammesse esclusivamente opere temporanee di consolidamento strutturale
di emergenza degli edifici lesionati, ai soli fini di salvaguardia
della pubblica incolumita'.
PARTE IV
DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E FINALI
TITOLO VI
SPECIFICHE MODALITA' DI GESTIONE
E VALORIZZAZIONE
Art. 30
Parchi nazionali e regionali
1. Il presente Piano recepisce i parchi nazionali e indica, nelle
tavole contrassegnate dal numero 1:
a) le perimetrazioni dei parchi regionali istituiti per effetto del
primo comma dell'articolo 3 della L.R. 2 aprile 1988, n. 11, e della
L.R. 2 luglio 1988, n. 27;
b) le perimetrazioni di altre aree da destinarsi a parchi regionali e
di alcune aree da destinare a riserve naturali, ai sensi della
lettera b) del primo comma dell'articolo 4 della citata L.R. 2 aprile
1988, n. 11;
c) possono essere istituite altre riserve naturali secondo le
procedure della L.R. 2 aprile 1988, n. 11 qualora presentino
caratteristiche e contenuti ambientali, ecologici e naturalistici di
importanza regionale.
2. I piani territoriali dei parchi devono espletare i compiti di cui
all'art. 6 della L.R. 2 aprile 1988, n. 11 ed in tale senso possono
prevedere motivate modifiche delle perimetrazioni di cui al primo
comma del presente articolo, nonche' degli azzonamenti al loro
interno contenuti, nel rispetto dei complessivi obiettivi e finalita'
di tutela e di fruizione controllata degli ambiti interessati.
Fino all'approvazione dei piani territoriali dei parchi nell'ambito
dei perimetri di cui al presente articolo si applicano gli indirizzi,
le direttive e le prescrizioni del presente Piano relativi ai
sistemi, alle zone ed agli elementi in detti ambiti ricompresi.
Art. 31
Gestione di zone ed elementi
di interesse storico-archeologico
non comprese in parchi regionali
1. La Regione, le Province ed i Comuni, singoli od associati, possono
prevedere di gestire la tutela e l'utilizzazione delle zone e degli
elementi di interesse storico-archeologico appartenenti alle
categorie di cui alle lettere a) e b1) del secondo comma del
precedente articolo 21, non compresi negli ambiti di cui all'articolo
30, nel rispetto delle prescrizioni del presente Piano, sia
direttamente sia attraverso enti od istituti pubblici od a
partecipazione pubblica, sia stipulando apposite convenzioni con
associazioni od organizzazioni culturali. In tale ultimo caso le
predette convenzioni devono definire, tra l'altro, le modalita' di
gestione con particolare riferimento ai modi ed ai limiti di
fruizione dei beni interessati da parte della collettivita',
garantendosi comunque che tali limiti siano posti in esclusiva
funzione della tutela dei beni suddetti nonche' all'assolvimento
degli obblighi di conservazione e vigilanza.
Art. 32
Progetti di tutela, recupero
e valorizzazione ed "aree studio"
1. La Regione, le Province ed i Comuni provvedono a definire,
nell'ambito delle rispettive competenze, mediante i propri strumenti
di pianificazione, o di attuazione della pianificazione, progetti di
tutela, recupero e valorizzazione riferiti, in prima istanza ed in
via esemplificativa, agli ambiti territoriali a tal fine perimetrati
nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano ed in
genere a: parchi fluviali e lacustri; sistemi delle dune dei
paleoalvei fluviali; parchi-museo didattici delle tecniche di
coltivazione e della civilta' contadina; parchi-museo didattici dei
sistemi idraulici derivati e dell'archeologia industriale; il
complesso delle aree demaniali; le aree gravate da usi civici; il
recupero delle aree verdi; aree ed edifici delle colonie marine; il
recupero di strutture insediative storiche non urbane.
2. I progetti relativi agli ambiti di cui al comma precedente possono
prevedere motivate modifiche dei perimetri di tali ambiti e
provvedono, tra l'altro, a specificare le disposizioni dettate dal
presente Piano per le zone e gli elementi che ricadono nei perimetri
predetti.
3. La Regione provvede, con atti riferiti alle vigenti disposizioni
di legge nazionali e regionali, alla piu' precisa individuazione dei
criteri, delle modalita' e delle risorse per la definizione e
l'attuazione dei progetti di cui al primo comma.
4. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano
perimetrano altresi' delle "aree studio" ritenute meritevoli di
approfondita valutazione in funzione degli obiettivi di cui al
precedente articolo 1. Gli strumenti di pianificazione infraregionali
e/o comunali, qualora l'area ricada interamente nel territorio di
competenza, sono tenuti ad analizzare con particolare attenzione le
caratteristiche delle predette aree, ed a dettare per esse
disposizioni coerenti con le predette finalita' ed i predetti
obiettivi.
TITOLO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 33
Divieto di installazioni pubblicitarie
1. Nel sistema forestale e boschivo, nelle zone di salvaguardia della
morfologia costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile,
nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e
corsi d'acqua, negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi
d'acqua, nelle zone di particolare interesse
paesaggistico-ambientale, nelle zone ed elementi di interesse
storico-archeologico, nelle zone di tutela naturalistica, vale la
prescrizione per cui e' vietata, all'esterno della perimetrazione del
territorio urbanizzato di cui al numero 3) del secondo comma
dell'articolo 13 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, l'installazione
di pannelli pubblicitari, permanenti o provvisori, ad eccezione delle
insegne e delle indicazioni segnalabili relative alle attivita'
produttive e ai servizi pubblici e privati ivi esistenti, nonche'
delle indicazioni segnalabili aventi finalita' turistica locale.
2. I Comuni provvedono, anche attraverso appositi piani di arredo
urbano, a disciplinare l'installazione delle insegne nonche' dei
cartelli stradali e pubblicitari.
Art. 34
Tutela dei corsi d'acqua
non interessati dalle delimitazioni del presente Piano
1. Le disposizioni relative alle zone di tutela dei caratteri
ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, di cui al precedente
articolo 17, valgono altresi', per le aste principali dei corsi
d'acqua enumerati nell'elenco di cui alla lettera m) del precedente
articolo 3:
a) nelle fasce di rispetto delimitate, ai sensi dell'articolo 33
della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, in piani comprensoriali stralcio
approvati od adottati;
b) le fasce laterali, per una larghezza di 50 metri nel territorio
delle Comunita' montane e di 100 metri nei restanti territori, dalle
relative sponde o piedi degli argini, laddove non siano state
delimitate, ai sensi dell'articolo 33 della L.R. 7 dicembre 1978, n.
47, le relative fasce di rispetto in piani comprensoriali stralcio
approvati.
2. Quanto disposto al primo comma vale fino alla data di approvazione
di strumenti di pianificazione subregionale, di cui all'articolo 12
della L.R. 5 settembre 1988, n. 36, che definiscano le fasce di
tutela dei corsi d'acqua.
3. Le disposizioni relative agli invasi ed alvei di laghi, bacini e
corsi d'acqua, di cui al precedente articolo 18, valgono altresi' per
gli ambienti, chiaramente individuabili come tali in conseguenza
delle loro caratteristiche fisiche distintive, relativi a tutti i
corsi d'acqua classificati fiumi, torrenti - ricomprendendo in tale
dizione anche i rii e canali, della carta tecnica regionale. Gli
strumenti di pianificazione subregionali provvedono, in occasione
della loro formazione o del loro adeguamento, a perimetrare
esattamente gli ambiti predetti.
4. La Regione, entro un anno dall'entrata in vigore del presente
Piano, sentite le Provincie, il Circondario di Rimini e le Assemblee
dei Comuni corrispondenti agli ambiti territoriali n. 23 e n. 39 di
cui alla L.R. 29 agosto 1979, n. 28, provvede all'individuazione ed
alla classificazione del sistema della idrografia superficiale del
territorio regionale.
Art. 35
Particolari prescrizioni
relative alle attivita' estrattive
1. Nelle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, nelle
zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela
della costa e dell'arenile, nelle zone di interesse storico-
archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a) e b1)
del secondo comma dell'art. 21, nelle zone di tutela naturalistica,
nonche' nel sistema forestale e boschivo nei casi in cui il bosco
presenti le caratteristiche di cui al secondo comma, lettera g),
dell'articolo 31 della L.R. 18 luglio 1991, n. 17, non sono ammesse
attivita' estrattive.
2. I piani infraregionali delle attivita' estrattive di cui
all'articolo 6 della L.R. 18 luglio 1991, n. 17, disciplinano
l'attivita' estrattiva nel rispetto delle finalita' e delle
disposizioni del presente Piano, nonche' della direttiva per cui
soltanto qualora sia documentatamente e motivatamente valutato non
altrimenti soddisfacibile lo stimato fabbisogno dei diversi materiali
i predetti strumenti di pianificazione possono prevedere attivita'
estrattive nel sistema dei crinali, eccettuati comunque i terreni
siti ad altezze superiori ai 1.200 metri, nelle zone di tutela dei
caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, nelle zone di
particolare interesse paesaggistico-ambientale, nelle zone di
interesse storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui
alle lettere c) e d) del secondo comma dell'articolo 21, nelle zone
di interesse storico-testimoniale di cui al primo comma dell'articolo
23. Tali piani possono altresi' prevedere attivita' estrattive di
tipo artigianale relative alla pietra da taglio per la realizzazione
di bozze, lastre ed elementi architettonici nelle zone di tutela
naturalistica e nei terreni siti a quote superiori a 1200 metri, a
condizione che sia motivatamente dichiarato non altrimenti
soddisfacibile lo stimato fabbisogno del sopracitato materiale e che
tali scelte pianificatorie siano corredate da uno specifico studio di
bilancio ambientale ai sensi dei commi 6 e 7 della L.R. 18 luglio
1991, n. 17.
3. Nelle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, nelle
zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela
della costa e dell'arenile, nelle zone di interesse
storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere
a) e b1) del secondo comma dell'articolo 21, nelle zone di tutela
naturalistica, nonche' comunque nei terreni siti ad altezze superiori
ai 1.200 metri, vale la prescrizione per cui non possono essere
rilasciate autorizzazioni ai sensi dell'articolo 7 della Legge 29
giugno 1939, n. 1497 relative a nuove concessioni minerarie per
attivita' di ricerca ed estrazione ai sensi del RD 29 luglio 1927, n.
1443, ad esclusione della ricerca e della estrazione delle acque
minerali e termali disciplinata dalla L.R. 17 agosto 1988, n. 32;
sono fatte salve le concessioni minerarie esistenti, le relative
pertinenze, i sistemi tecnologici e gli adeguamenti funzionali al
servizio delle stesse; alla scadenza, le concessioni minerarie
possono essere prorogate per un periodo non superiore a tre anni in
funzione della sistemazione ambientale finale.
Art. 36
Equivalenza di strumenti di pianificazione
1. Per gli effetti di cui ai precedenti articoli, agli strumenti di
pianificazione provinciali e/o infraregionali in essi citati sono
equiparati i piani di cui all'articolo 12 della L.R. 5 settembre
1988, n. 36, redatti ed adottati dal Circondario di Rimini e dalle
Assemblee di Comuni corrispondenti agli ambiti territoriali n. 23 e
n. 39 di cui alla L.R. 29 agosto 1979, n. 28.
Art. 37
Disposizioni transitorie
1. I Comuni sono tenuti ad adeguare la propria strumentazione
urbanistica alle disposizioni del presente Piano entro cinque anni
dalla data della sua entrata in vigore.
2. Fino all'adeguamento di cui al primo comma e comunque per non piu'
di cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente Piano,
gli strumenti urbanistici comunali vigenti e le loro varianti si
considerano compatibili con il Piano stesso, salvo quanto di seguito
specificato:
a) gli strumenti approvati in conformita' alla L.R. 7 dicembre 1978,
n. 47 e prima del 29/6/1989 si intendono compatibili ad eccezione
delle loro previsioni che siano in contrasto con quanto disposto
dagli articoli 13, 15, 16, 18, 21, lettera a) e b.1) e 25 delle norme
del presente Piano;
b) gli strumenti approvati in data anteriore all'entrata in vigore
della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47 si intendono compatibili ad
eccezione delle loro previsioni che siano in contrasto con quanto
disposto dagli articoli 13, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 22 e 25 delle
norme del presente Piano.3. I Piani regolatori generali comunali e
loro varianti, trasmessi alla Regione per l'approvazione prima della
data di entrata in vigore del presente Piano, possono essere
approvati dalla Giunta regionale purche' rispondenti alle
disposizioni degli articoli 13, 15, 16, 17, 18, 19, 21 e 25 delle
norme del presente Piano.
Appendice
(soppressa dal PTCP di Rimini, deliberazione GR 11/5/1999, n. 656)
Allegati
(omissis)