DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 4 febbraio 2002, n. 126
Legge 18 maggio 1989, n. 183, art. 17, comma 6 - Disposizioni regionali concernenti l'attuazione del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico del fiume Po (PAI)
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
(omissis)
su proposta dell'Assessore regionale alla Difesa del suolo e della
costa - Protezione civile;
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di approvare, ai sensi dell'art. 17, comma 6, della Legge 18
maggio 1989, n. 183, la direttiva in allegato "Disposizioni regionali
concernenti l'attuazione del Piano stralcio per l'assetto
idrogeologico per il bacino idrografico del fiume Po (PAI)", parte
integrante e sostanziale della presente deliberazione;
2) di pubblicare per estratto la presente deliberazione nel
Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
Disposizioni regionali concernenti l'attuazione del Piano stralcio
per l'assetto idrogeologico per il bacino idrografico del fiume Po
(PAI)
(art. 17, comma 6 della Legge 18 maggio 1989, n. 183)
Indice
Premessa
Rapporti tra il PAI e gli strumenti della pianificazione urbanistica
comunale
1) Dissesti
1.1) Disposizioni immediatamente vincolanti
1.2) Adeguamento degli strumenti urbanistici
1.2.1) Esonero
1.3) Disposizioni transitorie
1.4) Disposizioni a regime
2) Fasce fluviali
2.1) Ambito di riferimento
2.2) Fasce fluviali A e B (artt. 29 e 30 delle Norme del Pai)
2.3) "B di progetto"
2.4) Aree classificate come fascia A e B ricadenti all'interno dei
centri edificati
2.5) Aree ricadenti in fascia C
3) Aree a rischio idrogeologico molto elevato (ex PS267)
Rapporti tra il PAI e i piani territoriali di coordinamento
provinciale
Appendice 1 Procedure per l'aggiornamento della Carta Inventario del
Dissesto in scala 1:10.000 Allegato 1 Elenco dei Comuni nei quali
ricade un "dissesto condiviso" Allegato 2 Elenco dei Comuni nei quali
ricade un'area a rischio idrogeologico molto elevato (ex PS267)
Allegato 3 Corsi d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce
fluviali Allegato 4 Comuni interessati dalle fasce fluviali Allegato
5 Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei
territori della fascia C, delimitati con segno grafico indicato come
"limite di progetto tra la fascia B e la fascia C" Allegato 6
Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei
territori classificati come fascia A e B ricadenti all'interno dei
centri edificati
Premessa
Con deliberazione n. 18/01 del 26 aprile 2001, pubblicata sul
Supplemento Straordinario della Gazzetta Ufficiale n. 166 del 19
luglio 2001, il Comitato istituzionale dell'Autorita' di Bacino del
fiume Po ha adottato il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico
(PAI), successivamente approvato con DPCM del 4 maggio 2001,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 183 dell'8 agosto 2001. La
suddetta deliberazione prevede, per avviare il processo di attuazione
del Piano, alcuni adempimenti da parte della Regione e dei Comuni
interessati, che in sintesi riguardano l'obbligo da parte dei Comuni
di adeguamento del proprio strumento urbanistico alle disposizioni
del PAI e la trasmissione di eventuali proposte di aggiornamento
della cartografia deldissesto del Piano (Elaborato 2 del PAI "Atlante
dei rischi idraulici ed idrogeologici - Inventario dei centri abitati
montani esposti a pericolo") risultanti dalle varianti di adeguamento
adottate dai Comuni ai sensi dell'art. 18 delle Norme di attuazione.
La Regione Emilia-Romagna ha ritenuto opportuna una rilettura dei
principali disposti della deliberazione alla luce della normativa
regionale, rispetto alla quale anche le Province sono parte attiva
nel processo pianificatorio in quanto soggetti della pianificazione
territoriale a cui sono attribuite in particolare funzioni che
attengono alla cura degli interessi sovracomunali o che non possono
essere efficacemente svolti a livello comunale.
Alla luce di quanto richiesto a Regione e Comuni, si e' infatti reso
opportuno individuare un percorso che conduca all'aggiornamento della
cartografia del dissesto del PAI della quale, anche in fase di
osservazione ed espressione del parere regionale, sono stati
evidenziati limiti e problematiche.
Tale aggiornamento deve pero' essere condotto con un processo
governato unitariamente in modo da ottenere in tempi comunque non
lunghi risultati omogenei tra loro e con la banca dati originale.
Al fine di giungere ad un quadro omogeneo utilizzabile a larga scala,
la Regione Emilia-Romagna ha predisposto la presente direttiva
contenente anche le linee-guida per l'aggiornamento del quadro
conoscitivo relativo al dissesto, anche alla luce del ruolo che le
Province hanno nella pianificazione regionale.
Il quadro di riferimento iniziale non puo' che essere la Carta
dell'Inventario del Dissesto (ed. 1996) elaborata dall'Ufficio
Geologico regionale, assunta a riferimento dallo stesso PAI, dai PTCP
fino ad ora approvati o dai documenti preliminari dei PTCP in
itinere.
Per l'aggiornamento di detta Carta e' stato avviato un percorso di
stretta collaborazione con le Province le quali a loro volta hanno il
compito di attivare la collaborazione dei Comuni del proprio
territorio.
La nuova Carta Inventario del Dissesto rappresentera' un quadro
conoscitivo condiviso e aggiornato che le stesse Province assumeranno
come base di riferimento, secondo le modalita' gia' previste
dall'art. 26, comma 2 delle norme del PTPR.
A scala regionale e di bacino, la banca dati cartografica cosi'
realizzata avra' i necessari requisiti di omogeneita' e di immediata
validabilita'.
Per quanto riguarda i Comuni, bisogna considerare che l'adeguamento
richiesto dalla norma, al di la' della complessa casistica che si
cerchera' in seguito di illustrare, e' di due tipi: conoscitivo e
normativo.
Relativamente al primo aspetto, l'elaborazione di un quadro
conoscitivo condiviso da parte di Regione e Province puo' costituire
senza dubbio un utile supporto per i Comuni, per molti dei quali la
revisione del quadro dei dissesti all'interno del proprio territorio,
imposta dall'esterno e non programmata, rappresenterebbe comunque un
pesante onere.
A questo proposito e' opportuno che le Province, nel processo di
"costruzione" del quadro conoscitivo, svolgano attivamente il ruolo
di coordinamento loro assegnato in modo da rendere i Comuni partecipi
dell'elaborazione della cartografia eventualmente modificabile anche
sulla base di dati piu' recenti in loro possesso.
In questo modo i Comuni possono giungere in maniera "assistita"
all'adeguamento cartografico e procedere autonomamente all'eventuale
adeguamento normativo degli strumenti urbanistici.
Si illustrano di seguito i diversi casi di adeguamento degli
strumenti urbanistici, e le relative modalita', previsti dal PAI.
RAPPORTI TRA IL PAI E GLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
COMUNALE
1) Dissesti
1.1) Disposizioni immediatamente vincolanti
Si applicano alle aree in dissesto di cui all'art. 3 della
deliberazione del CI n. 18 del 26 aprile 2001.
Si tratta dei dissesti cosiddetti "condivisi" che si riferiscono alle
delimitazioni di aree in dissesto risultanti dalle modifiche
cartografiche relative alle osservazioni accolte.
Tali dissesti sono delimitati ed indicati con una bandierina di
colore giallo nell'Allegato 4 (perimetrazione delle aree in dissesto
- cartografia in scala 1:25.000) e nell'allegato 4.2 (perimetrazione
delle aree in dissesto - cartografia in scala 1:10.000/5.000)
dell'elaborato n. 2 "Atlante dei rischi idraulici ed idrogeologici -
Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo" del PAI.
I Comuni nei quali ricade un dissesto condiviso sono tenuti da subito
ad applicare su di esso gli articoli 9, 10, 11, 19, 19-bis e 22 delle
Norme del PAI, con particolare riferimento all'articolo 9.
Tali Comuni sono individuati nell'allegato 1 alle presenti
disposizioni.
1.2) Adeguamento degli strumenti urbanistici
La Regione Emilia-Romagna, sulla base di quanto disposto dall'art. 18
delle Norme del PAI e dall'art. 6 della deliberazione del CI n.
18/01, ha definito in accordo con le Province il seguente percorso di
adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.
Considerati i limiti e le problematiche della cartografia del
dissesto di cui all'elaborato 2 del PAI e la conseguente necessita'
di aggiornamento, la Regione ritiene opportuno che questo
aggiornamento sia effettuato in maniera omogenea su tutto il
territorio regionale attraverso un processo governato unitariamente.
stato pertanto individuato un percorso, descritto analiticamente
nell'Appendice 1, che coinvolge Regione, Province e Comuni al fine di
pervenire ad una cartografia del dissesto aggiornata e condivisa.
In questo percorso di aggiornamento della cartografia, al quale
seguira' l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, sono
coinvolti tutti i Comuni, anche quelli interessati dai dissesti
cosiddetti "condivisi", in quanto questi ultimi riguardano solo
porzioni del territorio comunale.
Alla luce di quanto detto, la variante di adeguamento che i Comuni
devono effettuare riguarda sia l'aspetto cartografico sia quello
normativo.
I Comuni pertanto provvederanno a recepire le delimitazioni delle
aree di dissesto cosi' come individuate nella Carta Inventario del
Dissesto in scale 1:10.000 predisposta dalla Regione Emilia-Romagna
con le procedure di cui all'Appendice 1.
L'adeguamento dello strumento urbanistico comunale consistera'
nell'effettuare una variante ai sensi dell'art. 41, comma 2 della
L.R. 24 marzo 2000, n. 20, applicando sulle aree in dissesto,
contenute nella Carta Inventario del Dissesto in scala 1:10.000,
norme compatibili con le prescrizioni dell'art. 9 delle Norme del
PAI.
1.2.1) Esonero
L'art. 18, comma 1, delle Norme del PAI prevede che la Regione,
all'atto di emanazione della presente direttiva, possa esonerare
dall'adeguamento dello strumento urbanistico al PAI quei Comuni che
abbiano tale strumento gia' adeguato alle condizioni di dissesto
presenti sul territorio. Poiche' la Regione Emilia-Romagna si e'
assunta, unitamente alle Province emiliane, l'onere di aggiornare la
cartografia del dissesto su tutto il territorio (si ricorda che
l'aggiornamento della cartografia costituisce il primo passo
dell'adeguamento degli strumenti urbanistici) non si ritiene
opportuno procedere in questa sede all'individuazione di Comuni
esonerati.
Tale individuazione, ed il conseguente esonero, saranno eventualmente
effettuati sulla base delle risultanze dell'aggiornamento
cartografico condotto dalla Regione e dalle Province.
1.3) Disposizioni transitorie
Fino all'adeguamento dello strumento urbanistico, da effettuarsi
entro diciotto mesi dall'8 agosto 2001, data di entrata in vigore del
Piano, i Comuni sono tenuti a rispettare i disposti dell'art. 6 della
deliberazione di adozione del PAI, sulle linee individuate nella
cartografia del dissesto dell'elaborato n. 2 del Piano.
In particolare, non possono essere rilasciate concessioni,
autorizzazioni, nullaosta o atti equivalenti, relativi ad attivita'
di trasformazione e di uso del territorio, in assenza di una previa e
documentata valutazione della compatibilita' dell'intervento con le
condizioni del dissesto, effettuata a cura del richiedente, sulla
base di idonea documentazione tecnica.
Questa documentazione deve essere redatta sulla base dei contenuti di
cui al DM 11/3/1988, lettera h).
Il Comune competente dovra' tenere conto della valutazione di
compatibilita' dell'intervento in sede di rilascio dei provvedimenti
suddetti, in modo da garantire la sicurezza dei singoli interventi
edilizi ed infrastrutturali e il non aggravio del dissesto
idrogeologico e del rischio presente.
Del rilascio dei provvedimenti il Comune da' comunicazione alla
Provincia territorialmente competente.
Sono escluse da queste disposizioni transitorie i dissesti cosiddetti
"condivisi", di cui al precedente paragrafo 1.1.
I Comuni e le Province che intendono formare, nel periodo transitorio
dei diciotto mesi, i propri strumenti di pianificazione urbanistica e
territoriale sono tenuti ad anticipare in essi i contenuti
conoscitivi che fanno parte dell'aggiornamento da realizzarsi con le
modalita' di cui all'Appendice 1.
Gli strumenti cosi' realizzati costituiranno di fatto
un'anticipazione del processo di aggiornamento.
I contenuti conoscitivi dovranno discendere da valutazioni espresse,
a seguito di confronto con la cartografia regionale "Carta Inventario
del Dissesto 1:10.000" fornita dalla Regione, in una relazione
geologica e geotecnica, redatta ai sensi del DM 11 marzo 1988, lett.
h), avente i seguenti contenuti:
- rilievo geologico e idrogeologico alla scala 1:5.000 di un'ampia
zona che comprenda tutta l'estensione del fenomeno franoso e del
versante interessato. In sede di rilievo dovranno essere cartografati
tutti gli elementi idonei ad una adeguata interpretazione del
fenomeno. La relazione dovra' dare particolare rilievo all'analisi
dei fattori geologici, morfologici ed idrogeologici predisponenti il
movimento franoso;
- ricerca storica documentale, cartografica e fotografica del
fenomeno franoso;
- analisi dei fattori antropici interessanti l'area oggetto di
approfondimento (modifiche morfologiche, scavi e movimenti di terra,
appesantimenti dei versanti, azioni di disboscamento, modifica al
regime delle acque superficiali e sotterranee, ecc.);
- descrizione degli eventuali interventi di
sistemazione/consolidamento realizzati o da realizzare per la
stabilita' dei pendii;
- caratterizzazione geometrica areale ed in profondita' della forma e
del tipo di movimento franosi, da eseguirsi con appropriate indagini
ed eventualmente con monitoraggio inclinometrico dell'area
interessata, per congruo periodo;
- caratterizzazione geotecnica dei terreni investigati e valutazione
dei valori critici della resistenza al taglio;
- verifiche di stabilita' dell'area oggetto di studio e del versante
interessato, anche con riguardo alla sismicita' della zona.La
conformita' al PAI delle varianti agli strumenti urbanistici vigenti,
di cui all'art. 41 della L.R. 20/00, e' accertata dalla Provincia
all'interno delle procedure previste dal medesimo articolo.
Per quanto riguarda gli strumenti urbanistici formati ai sensi della
L.R. 20/00, la conformita' al PAI e' accertata dalla Giunta
provinciale in sede di espressione di riserve di cui al comma 7
dell'art. 32 della succitata legge e nell'ambito dell'eventuale
intesa di cui al comma 10 del medesimo art. 32.
Per quanto riguarda infine gli strumenti territoriali formati ai
sensi della L.R. 20/00, la conformita' al PAI e' accertata dalla
Regione all'interno delle procedure previste dall'art. 27 della legge
medesima.
1.4) Disposizioni a regime
Fermo restando quanto definito al paragrafo 1.2) sulle varanti di
adeguamento al PAI, ai sensi dell'art. 18, comma 4 delle Norme del
PAI, all'atto di approvazione dei successivi strumenti urbanistici o
di loro varianti, le delimitazioni delle aree in dissesto e le
previsioni urbanistiche ivi comprese possono modificare
perimetrazione e classificazione della cartografia del dissesto del
PAI, cosi' come aggiornata dalla nuova Carta Inventario del Dissesto
della Regione Emilia-Romagna.
Vale in ogni caso l'art. 9 delle Norme del PAI come quadro di
riferimento delle trasformazioni d'uso del territorio possibili
sull'area in dissesto e delle condizioni a cui si possono verificare
le stesse trasformazioni.
2) Fasce fluviali
2.1) Ambito di riferimento
L'ambito territoriale di riferimento e' costituito dal sistema
idrografico dell'asta del Po e dei suoi affluenti. Questi ultimi, per
la parte non considerata nel primo Piano stralcio delle fasce
fluviali, sono inseriti nell'Allegato 1 al Titolo II del Piano "Corsi
d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali" (vedi allegato
3 alle presenti disposizioni).
Per i corsi d'acqua di cui all'Allegato 1 del Piano, la delimitazione
territoriale delle fasce fluviali e' individuata e rappresentata
nella cartografia del Piano e riguarda i territori dei comuni
elencati nell'Allegato 2 al Titolo II del Piano "Comuni interessati
dalle fasce fluviali" (vedi allegato 4 alle presenti disposizioni).
2.2) Fasce fluviali A e B
Riguardano le aree classificate come fascia fluviale A e B e
delimitate da apposito segno grafico nelle Tavole dell'Elaborato 8
(Tavole di delimitazione delle fasce fluviali in scala 1:50.000,
1:25.000 e 1:10.000) del PAI.
Dall'8 agosto 2001, data di entrata in vigore del DPCM di
approvazione del PAI, valgono le disposizioni dell'art. 27, comma 1,
ovvero i Comuni nei quali ricadono dette fasce sono tenuti da subito
ad applicare su di esse l'art. 1, commi 5 e 6; art. 29, comma 2; art.
30, comma 2, art. 32, commi 3 e 4; art. 38; art. 38 bis; art. 39,
commi 1, 2, 3, 4, 5, 6; art. 41 delle Norme del PAI, che dettano
prescrizioni riguardo alle trasformazioni d'uso del territorio
possibili in relazione agli obiettivi di sicurezza idraulica del
Piano.
Fermo il carattere immediatamente vincolante delle prescrizioni di
cui al citato art. 27, comma 1, gli Enti territorialmente interessati
dal Piano, ai sensi dell'art. 17, comma 6, della Legge 183/89, hanno
l'obbligo di adeguare i propri strumenti urbanistici entro nove mesi
dalla pubblicazione dell'atto di approvazione del Piano.
In particolare, per i Comuni nei quali ricadono aree classificate
come fascia fluviale A e B, tale adempimento comportera' le seguenti
attivita':
- Tracciamento delle fasce fluviali alla scala dello strumento
urbanistico comunale.
A tal fine si ricorda che:
1) il limite di cui tenere conto per il tracciamento delle fasce
sulla cartografia comunale e' costituito del bordo interno del segno
grafico (come specificato nella legenda delle tavole delle fasce
fluviali);
b) laddove la fascia A e la fascia B coincidono si applicano le norme
di fascia A; in tali casi viene indicato il segno grafico
corrispondente al limite di fascia B;
c) l'art. 27, comma 3 prevede che gli strumenti di pianificazione
provinciali e comunali possono fare coincidere i limiti delle fasce
A, B e C con elementi fisici rilevabili alla scala di maggior
dettaglio della cartografia dei citati piani rispettandone comunque
l'unitarieta'. Le modifiche consentite da tale articolo devono
pertanto limitarsi a variazioni di modesta entita' e che rispondano
alle condizioni previste da tale normativa, ossia: - discendano
unicamente da una valutazione di maggior dettaglio degli elementi
morfologici del territorio che costituiscano un rilevato idoneo a
contenere la piena di riferimento (non sono pertanto ammesse
modifiche conseguenti a studi idrologico-idraulici di maggior
dettaglio); - siano riferite a elementi morfologici non rilevabili
alla scala della cartografia del PAI (pertanto se un elemento
morfologico e le relative quote sono correttamente rilevabili dalla
cartografia del PAI non deve ritenersi consentita la modifica della
fascia); - venga mantenuta l'unitarieta' delle fasce, con particolare
riguardo all'andamento delle stesse al confine amministrativo dei
territori comunali.
- Recepimento, nelle norme dello strumento urbanistico, delle Norme
del PAI riguardanti le fasce fluviali, con particolare riguardo a
quanto stabilito dai seguenti articoli: art. 1, commi 5 e 6; art. 29,
comma 2; art. 30, comma 2; art. 32, commi 3 e 4; art. 38; art. 38
bis; art. 39, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6; art. 41.
- Modifica delle previsioni dello strumento urbanistico in contrasto
con la delimitazione delle fasce fluviali e le relative norme del
PAI, al fine di renderle compatibili.
2.3) "B di progetto"
Ai sensi dell'art. 31, comma 5 delle Norme di attuazione e dell'art.
11 della deliberazione del CI n. 18 del 26 aprile 2001, i Comuni nei
quali ricadono aree ricomprese tra il limite della fascia B di
progetto e il limite della fascia C, in sede di adeguamento degli
strumenti urbanistici sono tenuti a valutare le condizioni di rischio
e, al fine di minimizzare le stesse, ad applicare anche parzialmente,
fino alla avvenuta realizzazione delle opere, gli articoli delle
norme relative alla fascia B.
Nell'allegato 5 alle presenti disposizioni sono indicate le modalita'
con cui individuare le aree a rischio di esondazione tra il limite di
progetto della fascia B e il limite della fascia C.
Per le aree individuate secondo le modalita' dell'allegato 5:
- i Comuni, nel caso in cui abbiano utilizzato il Metodo di tipo
semplificato, dovranno applicare, fino alla avvenuta realizzazione
delle opere di contenimento o di regimazione idraulica, gli articoli
delle Norme di attuazione del PAI relativi alla fascia B al fine di
minimizzare o non incrementare le condizioni di rischio;
- i Comuni, nel caso in cui abbiano individuato l'andamento della
fascia B secondo il Metodo di approfondimento, possono applicare la
procedura prevista dall'art. 39, comma 2, anche se l'area non ricade
all'interno del centro edificato, in maniera tale da applicare la
norma di fascia B alle sole aree soggette a rischio idraulico piu'
elevato.
2.4) Aree classificate come fascia A e B ricadenti all'interno dei
centri edificati
L'art. 39, comma 2 delle Norme di attuazione dispone che, qualora
all'interno dei centri edificati (cosi' come definiti dal comma 1,
lett. c del medesimo articolo) ricadano aree comprese nelle fasce A
e/o B, il Comune e' tenuto a valutare, d'intesa con la Provincia
territorialmente competente, le condizioni di rischio, provvedendo,
qualora necessario, a modificare lo strumento urbanistico con le
procedure ordinarie della pianificazione, al fine di minimizzare tali
condizioni di rischio.
A tal fine, l'intesa deve essere perfezionata secondo le modalita'
definite dai singoli ordinamenti comunali e provinciali.Fino a che la
valutazione di rischio non e' stata effettuata, si applicano anche
all'interno dei centri edificati le Norme del PAI per la fasce A e B.
Nell'allegato 6 alle presenti disposizioni sono indicate le modalita'
con cui effettuare la valutazione delle condizioni di rischio.
2.5) Aree ricadenti in fascia C
Per tali aree l'art. 31 delle Norme di attuazione stabilisce che
compete agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica
regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti.
Gli Enti competenti hanno pertanto facolta' di definire le norme
d'uso del suolo per tali aree in sede di informazione o variante dei
propri strumenti di pianificazione.
3) Aree a rischio idrogeologico molto elevato (ex PS267)
Si tratta delle aree delimitate nella cartografia di cui all'Allegato
4.1 (perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato
- cartografia in scala 1:10.000/1:5.000) dell'elaborato n. 2 del
Piano che ricomprende le perimetrazioni contenute nel "Piano
Straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
(PS267)" approvato, ai sensi della Legge 267/98 e successive
modifiche ed integrazioni, con deliberazione del CI n. 14/99 del 20
ottobre 1999.
Attraverso il PS267 per queste aree erano state adottate misure di
salvaguardia ai sensi dell'art. 17, comma 6 bis della Legge 183/89 e
dunque aventi validita' sino all'approvazione del Piano di bacino. Il
PAI recepisce le perimetrazioni e le sottopone alle Norme di cui al
Titolo IV, che riprende integralmente i contenuti delle misure di
salvaguardia.
I Comuni nei quali ricade un'area a rischio idrogeologico molto
elevato sono tenuti da subito ad applicare su di essa gli articoli di
cui al Titolo IV delle Norme del PAI.
Tali Comuni sono individuati nell'allegato 2 alle presenti
disposizioni.
RAPPORTI TRA IL PAI E I PIANI TERRITORIALI DI COORDINAMENTO
PROVINCIALE
L'art. 1, comma 11 delle Norme individua nel Piano Territoriale di
Coordinamento Provinciale (PTPC) lo strumento che attua il PAI
specificandone ed articolandone i contenuti ai sensi dell'art. 57 del
DLgs 31 marzo 1998, n, 112 e delle relative disposizioni regionali di
attuazione, nell'ambito di un'intesa Provincia-Regione-Autorita' di
Bacino.
I contenuti dell'intesa definiscono gli approfondimenti di natura
idraulica e geomorfologica relativi alle problematiche di sicurezza
idraulica e di stabilita' dei versanti trattate dal PAI, coordinate
con gli aspetti ambientali e paesistici proprio del PTCP, al fine di
realizzare un sistema di tutela sul territorio non inferiore a quello
del PAI, basato su analisi territoriali non meno aggiornate e non
meno di dettaglio.
L'assunzione di efficacia del PTCP per il quale e' stata raggiunta
l'intesa implica che l'adeguamento al PAI degli strumenti
urbanistici, previsto dall'art. 17 della Legge 183/89, sia effettuato
nei riguardi del solo strumento provinciale.
Sono condizioni essenziali per il conseguimento dell'intesa:
- l'assunzione, da parte delle Regioni, di atti legislativi inerenti
la materia, ai sensi dell'art. 57 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, che
definiscano i ruoli che la stessa Regione e le Province interessate
devono ricoprire (questa condizione e' soddisfatta dalla L.R. 20/00);
- la definizione dei contenuti del PTCP che lo caratterizzano come
approfondimento ed attuazione del PAI, sulla base dei seguenti
requisiti minimi:
Fasce fluviali
- congruenza con il "Metodo di delimitazione delle fasce fluviali"
descritto all'allegato 3 al Titolo II delle Norme del PAI;
- conformita' a quanto previsto dalla Direttiva "Piena di Progetto"
approvata con deliberazione n. 18 del 26 aprile 2001 dell'Autorita'
di Bacino del fiume Po;
- utilizzo di rilievi topografici piu' recenti e di maggior
dettaglio, rispetto a quelli utilizzati dall'Autorita' di Bacino.
Dissesti
- fino all'avvenuto aggiornamento della cartografia del dissesto di
cui all'Appendice 1, il quadro di dettaglio dei dissesti dovra'
essere paragonabile a quello del PAI;
- successivamente all'aggiornamento, la cartografia condivisa sara'
recepita dall'Autorita' di Bacino e, venendo contemporaneamente
acquisita come quadro conoscitivo dai PTCP, si intendera' con questo
soddisfatta la condizione di requisito minimo.
Norme
- sistema della tutela del territorio e dei vincoli paragonabile alle
Norme di attuazione del PAI e, in ogni caso, non meno restrittivo.
Qualora sia verificato nel PTCP il rispetto dei requisiti minimi e si
decida dunque di giungere all'intesa di cui al piu' volte citato art.
57, questa potra' essere conseguita tenuto conto delle peculiarita'
di ogni Provincia e del relativo PTCP.
L'intesa puo' essere raggiunta qualora lo stato di definizione del
PTCP sia giunto alla conclusione del proprio iter. Tale iter si
ritiene concluso:
- alla pubblicazione dell'avviso di deposito nel Bollettino Ufficiale
regionale, per le varianti che seguono le procedure di cui alla L.R.
6/95. In questo caso, la verifica dei contenuti ai fini dell'intesa
e' condotta in sede di istruttoria;
- alla pubblicazione dell'avviso di approvazione nel Bollettino
Ufficiale regionale, per gli strumenti che seguono le procedure di
cui alla L.R. 20/00. In questo caso, la verifica dei contenuti ai
fini dell'intesa e' condotta in sede di conferenza di pianificazione.
APPENDICE 1
Procedure per l'aggiornamento della Carta Inventario del Dissesto in
scala 1:10.000
Allo stato attuale esiste una copertura completa della parte emiliana
del bacino del fiume Po rappresentata dalla Carta Inventario del
Dissesto in scala 1:25.000.
Tale carta e' derivata dal ridisegno a scala 1:25.000 delle coperture
provenienti dai rilevamenti 1:10.000 per la carta geologica
dell'Appennino emiliano-romagnolo, con alcune parziali modifiche e
aggiornamenti e con le semplificazioni dovute al cambio di scala. La
sua realizzazione nasceva dalla necessita' di anticipare la
produzione di una carta del dissesto in attesa del completamento e
della digitalizzazione delle carte di base a scala 1:10.000.
Poiche' attualmente risulta completato il rilevamento geologico di
tutto l'Appennino, la cui digitalizzazione sara' completata entro
gennaio e' possibile ottenere un prodotto piu' dettagliato in cui
sono integralmente conservate le coperture dei rilevamenti originali
1:10.000 e mantenute le modifiche e gli aggiornamenti effettuati
dall'Ufficio Geologico regionale nel corso degli ultimi anni.
Gia' da ora e' possibile quindi visionare la cartografia in scala
1:10.000 su tutto il settore di bacino del fiume Po ricadente in
Emilia-Romagna.
Al fine di ottenere un prodotto il piu' possibile aggiornato, e'
comunque necessario che il patrimonio conoscitivo in possesso delle
Province, dei Servizi provinciali Difesa del suolo e degli Enti
locali sia condiviso e trasferito nella cartografia in corso di
predisposizione.
Sono pertanto previste le seguenti fasi organizzative.
La Regione sta provvedendo a dare diffusione alle Province e ai
Servizi provinciali Difesa del suolo del materiale relativo alla
cartografia del dissesto, in scala 1:10.000, costituito da:
- fotocopie a colori degli originali d'autore non ancora
digitalizzati;
- carte digitalizzate in formato shapefile (shp) ove disponibili,
inserite in CD suddivisi per provincia.Si e' deciso di anticipare la
fornitura del materiale, sia pure in due formati, per consentire una
maggiore durata della fase di analisi da parte dei Servizi
provinciali Difesa del suolo e delle Province che dovranno attivarsi,
tramite verifiche di dettaglio e/o attraverso il recupero di studi ed
indagini specifiche, al fine di proporre eventuali modifiche alla
cartografia.
Le Province dovranno inoltre provvedere al coinvolgimento dei Comuni
ricadenti nel territorio di propria competenza nel processo di
aggiornamento, al fine di pervenire ad una cartografia del dissesto
condivisa.
Entro febbraio 2002, la Regione procedera' a fornire tutte le sezioni
definitive e informatizzate dalla Carta Inventario del Dissesto in
scala 1:10.000, in formato shp.
Le Province e i Servizi provinciali Difesa del suolo procederanno ad
effettuare materialmente le proposte di modifica alla cartografia.
Tali modifiche, dal punto di vista operativo, devono essere
effettuate su copia cartacea derivata da plottaggi della cartografia
informatizzata fornita dalla Regione, facendo riferimento alla
simbologia della Carta Inventario del Dissesto della Regione
(edizione 1996). L'informatizzazione di queste modifiche sara'
effettuata dalla Regione.
Le modifiche devono essere apportate tenendo presente che il prodotto
finale, che la Regione trasmettera' all'Autorita' di Bacino del fiume
Po, sara' realizzato tenendo presente anche la classificazione del
dissesto contenuta nel PAI.
Per facilitare il compito delle Province, si riporta in Tabella 1 la
corrispondenza della classificazione dei dissesti contenuta negli
elaborati di seguito elencati in relazione alla legenda
dell'elaborato 2 del PAI:
- Carta Inventario del Dissesto della Regione (edizione 1996);
- Cartografie di analisi contenuta nel PTCP di Piacenza;
- Cartografie di analisi contenuta nel PTCP di Reggio Emilia;
- Cartografie di analisi contenuta nel PTCP di Modena;
- Cartografie di analisi contenuta nel Documento preliminare del PTCP
di Parma.
Per quanto concerne, in linee generali, la corrispondenza tra la
legenda dell'elaborato 2 del PAI e quella dell'Inventario del
Dissesto della Regione, si fa osservare quanto segue:
- gli Scivolamenti di blocchi (sb), categoria che nell'Inventario
regionale del Dissesto descrive scivolamenti in massa planari o
rotazionali, si riconducono piu' coerentemente alla categoria "Area
di frana quiescente (Fq)" dell'elaborato 2 del PAI;
- per quanto riguarda i Conoidi alluvionali delimitati
nell'Inventario regionale del Dissesto, si invitano le Province ad
un'attenta valutazione che potra' condurre all'inserimento di alcune
aree di conoide in una categoria differente da quella proposta in
Tabella 1 o al loro definitivo stralcio dalla cartografia del
dissesto del PAI;
- per quanto riguarda i Depositi di versante s.l. (a3) e i Depositi
glaciali (c4), categorie che nell'Inventario del Dissesto della
Regione sono classificate come "Zone caratterizzate da potenziale
instabilita'", non si e' ritenuto opportuno proporre una univoca
corrispondenza con la classificazione del PAI.
All'interno di queste categorie sono infatti individuati sia accumuli
di detrito in senso stretto che fenomeni di dissesto coinvolgenti
depositi di versante o glaciali.
Le Province, nel corso della verifica, dovranno quindi procedere ad
un'attenta valutazione di queste aree che potra' condurre:
a) a verificare l'effettiva presenza di un fenomeno di dissesto
all'interno di queste aree e, in tal caso, il dissesto dovra' essere
ricondotto alla categoria "Area di frana attiva (Fa)", "Area di frana
quiescente (Fq)" o "Area di frana stabilizzata (Fs)" in base al grado
di attivita' del fenomeno;
b) in caso contrario, l'area in esame non sara' rappresentata nella
cartografia del dissesto del PAI;
- per quanto riguarda le "Aree a pericolosita' molto elevata per
esondazioni e dissesti morfologici", individuate nella cartografia
del PAI con le sigle Ee, Eb ed Em, la correlazione proposta in
Tabella 1 si basa esclusivamente su considerazioni di carattere
morfologico.
Considerata la necessita' di aggiungere al criterio morfologico anche
opportune valutazioni di carattere idraulico, si invitano le Province
ad un'attenta verifica sulla base di studi di dettaglio eventualmente
in loro possesso o da promuovere nell'ambito dell'aggiornamento della
cartografia.
Per quanto concerne, nello specifico, la corrispondenza tra la
legenda dell'elaborato 2 del PAI e quella della Cartografia di
analisi contenuta nel PTCP di Modena, si fa osservare quanto segue:
- per le Aree potenzialmente instabili o aree instabili per altre
cause (art. 27), delimitate nella cartografia del dissesto del PTCP
di Modena, non si ritiene possibile a priori una univoca
corrispondenza con la classificazione del PAI.
La Provincia, nel corso della verifica, dovra' quindi procedere ad
un'attenta valutazione di queste aree che potra' condurre al loro
inserimento nella categoria "Area di frana attiva (Fa)", "Area di
frana quiescente (Fq)" o "Area di frana stabilizzata (Fs)" in base al
grado di attivita' del fenomeno.
Infine, per quanto concerne la corrispondenza tra la legenda
dell'elaborato 2 del PAI e quella della Cartografia di analisi
contenuta nel Documento preliminare del PTCP di Parma, si fa
osservare quanto segue:
- per la categoria "Area calanchiva e subcalanchiva" contenuta nella
cartografia del dissesto del PTCP di Parma, non si ritiene possibile
a priori proporre una univoca corrispondenza con la classificazione
del PAI.
La Provincia, nel corso della verifica, dovra' quindi procedere ad
un'attenta valutazione di queste aree che potra' portare
all'individuazione di eventuali zone in frana le quali saranno
inserite nella categoria "Area di frana attiva (Fa)" della
cartografia del PAI.
Entro marzo 2002, la Regione predisporra' tavoli di lavoro a livello
provinciale ai quali parteciperanno le Province e i Servizi
provinciali Difesa del suolo al fine di valutare, sulla base di
un'istruttoria tecnica, le modifiche proposte.
I risultati dell'attivita' istruttoria saranno sottoposti all'esame
del Nucleo Tecnico amministrativo del Comitato di coordinamento dei
sottobacini del fiume Po al fine del recepimento formale delle
modifiche accolte.
Entro aprile 2002, la Regione provvedera' ad informatizzare le
modifiche accolte e a restituire, su supporto informatico, la
versione definitiva della Carta Inventario del Dissesto cosi'
aggiornata.
Il Comitato di Coordinamento dei sottobacini del fiume Po provvedera'
alla validazione della cartografia, da sottoporre successivamente
all'approvazione della Giunta regionale.
Aggiornamento periodico della Carta Inventario del Dissesto
Successivamente al primo aggiornamento della Carta Inventario del
Dissesto, effettuato con le procedure descritte al precedente
paragrafo, la Regione provvede ad aggiornare periodicamente tale
cartografia.
Le Province concorrono all'aggiornamento della Carta Inventario del
Dissesto relativa al proprio territorio attraverso specifiche
revisioni o in conseguenza dell'approvazione degli strumenti
urbanistici comunali e dei relativi quadri conoscitivi del dissesto
redatti sulla base della metodologia indicata al precedente
paragrafo.
La Regione recepisce tali aggiornamenti nella propria Carta
Inventario del Dissesto secondo modalita' da concordarsi.
(segue allegato fotografato)
ALLEGATO 5
Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei
territori della fascia C, delimitati con segno grafico indicato come
"limite di progetto tra la fascia B e la fascia C"
Le fasce fluviali lungo il reticolo idrografico principale di pianura
e lungo l'asta del fiume Po sono state individuate tramite
l'applicazione del "Metodo di delimitazione delle fasce fluviali"
(All. 3 al Titolo II delle Norme del PAI). La delimitazione delle
fasce fluviali non si limita tuttavia alla rappresentazione dello
stato di fatto, ma definisce la localizzazione delle nuove opere
idrauliche per il controllo delle piene. In particolare, laddove
abitati, infrastrutture ed attivita' esistenti risultano a rischio,
cioe' non adeguatamente protetti da eventi della piena di
riferimento, il Piano prevede di contenere l'esondazione entro limiti
definiti da opere di nuova realizzazione o da interventi di
adeguamento delle opere esistenti; in tal caso compare nella
delimitazione delle fasce il cosiddetto "limite di progetto tra la
fascia B e la fascia C" contrassegnato con apposito segno grafico.
Particolare rilevanza assume la valutazione delle attuali condizioni
di pericolosita' e rischio o in tali porzioni di territorio poiche'
tali ambiti, fino al completamento delle opere previste permangono in
condizioni di rischio molto maggiori di quelle previste per l'assetto
definitivo.
I paragrafi che seguono forniscono indirizzi per l'individuazione
delle aree inondabili con tempo di ritorno pari a 200 anni a tergo
del "limite di progetto tra la fascia B e la fascia C".
In considerazione del limitato tempo a disposizione per
l'effettuazione delle verifiche in questione si ritiene di fornire
due metodologie. La prima, di tipo semplificato, costituisce il
livello minimo di approfondimento, da effettuare obbligatoriamente in
fase di adeguamento dello strumento urbanistico al PAI e pertanto
entro il termine ultimo di nove mesi dalla pubblicazione del DPCM di
approvazione del PAI, avvenuta l'8 agosto 2001. La seconda
costituisce il livello di approfondimento considerato ottimale, che
potra' essere sviluppato anche in tempi successivi.
a) Metodo di tipo semplificato
Per l'applicazione di tale metodo si dovranno impiegare le sezioni di
calcolo, reperibili presso l'Autorita' di bacino, e i livelli di
piena utilizzati per il tracciamento delle fasce fluviali del PAI
(contenuti nella Direttiva "Piena di Progetto", consultabile
direttamente sul sito www.adbpo.it dell'Autorita' di Bacino) o i dati
derivanti da studi di maggior dettaglio eventualmente effettuati per
approfondimenti o per la formulazione di osservazioni al PAI che sono
disponibili presso il Servizio Programmazione Difesa del suolo della
Regione
Il tempo di ritorno della piena di riferimento deve essere lo stesso
utilizzato per il tracciamento della fascia B.
Una volta acquisiti i dati relativi alla piena di riferimento, si
dovranno effettuare le seguenti operazioni:
1) riportare tali livelli di piena sulla cartografia di dettaglio a
scala dello strumento urbanistico comunale. Tale operazione si
presenta quanto mai delicata e non priva di incertezze. In
particolare si dovra' prestare attenzione alle possibili incongruenze
fra le quote del rilievo delle sezioni del PAI e la cartografia
comunale, a causa dell'utilizzo di diversi capisaldi nonche' del
diverso grado di precisione delle cartografie utilizzate. A tal
proposito particolarmente utile potra' essere il confronto fra le
quote delle sezioni del PAI in corrispondenza di manufatti che non
abbiano subito modifiche successive al rilievo (quali ponti, briglie,
soglie, ecc.) e le quote dei medesimi manufatti ripetute nella
cartografia comunale. Laddove le caratteristiche del rilievo non
consentano tale operazione, sara' necessario effettuare un rilievo
topografico in sito per acquisire le quote di punti significativi che
consentano di collegare il rilievo stesso con la cartografia
comunale. L'eventuale scarto tra i due valori consentira' di
trasformare il livello di piena contenuto nella Direttiva "Piena di
Progetto" o negli studi sopraindicati, nel livello da confrontare con
la cartografia comunale;
2) tracciamento delle aree inondabili della piena di riferimento,
ottenute riportando orizzontalmente le quote del pelo libero
individuale al precedente punto 1, fino ad incontrare le quote di
piano campagna o di rilevati atti contenere la piena, o comunque fino
al limite della fascia C;
3) confronto critico fra la delimitazione delle aree ottenute al
precedente punto 2 con le informazioni disponibili relative a
eventuali eventi di piena precedenti e con le informazioni di
carattere geomorfologico desumibili dall'analisi del territorio.
b) Metodo di approfondimento
Tale metodo prevede i seguenti passaggi:
1) realizzazione di un nuovo rilievo topografico, avendo cura di
collegarsi alla stessa rete di capisaldi utilizzata per il rilievo
dell'Autorita' di Bacino;
2) simulazione in moto permanente (o se ritenuto necessario in moto
vario) utilizzando le portate individuate dall'Autorita' di Bacino
nella Direttiva "Piena di Progetto" per il tracciamento della fascia
B e secondo le metodologie di calcolo della Direttiva "Criteri per la
valutazione della compatibilita' idraulica delle infrastrutture
pubbliche e di interesse pubblico all'interno delle fasce A e B"
adottata con deliberazione n. 2/99 dell'11 maggio 1999 dal Comitato
Istituzionale dell'Autorita' di Bacino del fiume Po;
3) confronto dei tiranti idraulici ottenuti con la morfologia del
territorio e tracciamento delle aree inondabili dalla piena di
riferimento;
4) confronto critico fra la delimitazione delle aree ottenute al
precedente punto 3 con le informazioni disponibili relative a
eventuali eventi di piena precedenti e con le informazioni di
carattere geomorfologico desumibili dall'analisi del territorio.
ALLEGATO 6
Indirizzi per la valutazione delle condizioni di rischio nei
territori classificati come fascia A e B ricadenti all'interno dei
centri edificati
Preliminarmente andra' redatto uno studio idraulico secondo le
indicazioni dell'Allegato 5.
Sulla base di tale studio si dovra' quindi procedere a differenziare
l'area inondabile in funzione dei diversi livelli di rischio, per la
cui quantificazione si puo' fare riferimento alle quattro classi
definite nel PAI:
- moderato (R1): per il quale sono possibili danni sociali ed
economici marginali;
- medio (R2): per il quale sono possibili danni minori agli edifici e
alle infrastrutture che non pregiudicano l'incolumita' delle persone,
l'agibilita' degli edifici e lo svolgimento delle attivita'
socio-economiche;
- elevato (R3): per il quale sono possibili problemi per
l'incolumita' delle persone, danni funzionali agli edifici e alle
infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi e
l'interruzione delle attivita' socio-economiche, danni al patrimonio
culturale;
- molto elevato (R4): per il quale sono possibili la perdita di vite
umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici e alle
infrastrutture, danni al patrimonio culturale.
La quantificazione del rischio dovra' essere riferita non solo alle
condizioni insediative attuali ma anche a quelle previste dallo
strumento urbanistico.
La delimitazione delle aree a diverso rischio sara' riportata sulla
cartografia dello strumento urbanistico comunale.
Le aree caratterizzate da un livello di rischio R1 o R2 possono
ritenersi generalmente in condizioni di compatibilita'.
Le aree caratterizzate dai livelli di rischio pari a R3 ed R4 sono da
ritenersi in condizioni di non compatibilita' e in suddette aree
dovranno essere applicate le Norme del PAI che disciplinano le fasce
A e B, e/o dovranno essere individuate e attuate le misure di
mitigazione del rischio necessarie per rendere compatibili le
previsioni urbanistiche con la situazione di dissesto. Tali
prescrizioni dovranno essere recepite nelle norme tecniche di
attuazione dello strumento urbanistico.
Se l'approfondimento dello studio lo consente, potranno essere
individuate le condizioni di rischio in funzione del tirante idrico,
h (m), e della velocita' della corrente, U (m/s), al margine (lato
fiume) della zona di interesse. Qualora il calcolo idraulico non
consenta di differenziare il valore della velocita' nelle diverse
porzioni della sezione, si considerera' la velocita' media nella
sezione.
Di seguito si elencano, a titolo di esempio e senza pretesa di
esaustivita', alcuni dei possibili accorgimenti che dovranno essere
presi in considerazione per la mitigazione del rischio e da indicare
quali prescrizioni al fine di garantire la compatibilita' degli
interventi di trasformazione territoriale:
A) Misure per evitare il danneggiamento dei beni e delle strutture:
A1) realizzare le superfici abitabili, le aree sede di processi
industriali, degli impianti tecnologici e degli eventuali depositi di
materiali sopraelevate rispetto al livello della piena di
riferimento, evitando in particolare le realizzazioni di piani
interrati; A2) realizzare le aperture degli edifici situate al di
sotto del livello di piena di riferimento a tenuta stagna; disporre
gli ingressi in modo che non siano perpendicolari al flusso
principale della corrente; A3) progettare la viabilita' minore
interna e la disposizione dei fabbricati cosi' da limitare
allineamenti di grande lunghezza nel senso dello scorrimento delle
acque, che potrebbero indurre la creazione di canali di scorrimento a
forte velocita'; A4) progettare la disposizione dei fabbricati in
modo da limitare la presenza di lunghe strutture trasversali alla
corrente principale; A5) favorire il deflusso/assorbimento delle
acque di esondazione, evitando interventi che ne comportino
l'accumulo.
B) Misure atte a garantire la stabilita' delle fondazioni:
B1) opere drenanti per evitare le sottopressioni idrostatiche nei
terreni di fondazione; B2) opere di difesa per evitare i fenomeni di
erosione delle fondazioni superficiali; B3) fondazioni profonde per
limitare i fenomeni di cedimento o di rigonfiamento di suoli coesivi.
C) Misure per facilitare l'evacuazione di persone e beni in caso di
inondazione: C1) uscite di sicurezza situate sopra il livello della
piena centennale aventi dimensioni sufficienti per l'evacuazione di
persone e beni verso l'esterno o verso i piani superiori; C2) vie di
evacuazione situate sopra il livello di piena centennale.
D) Utilizzo di materiali e tecnologie costruttive che permettano
alle strutture di resistere alle pressioni idrodinamiche.
E) Utilizzo di materiali per costruzione poco danneggiabili al
contatto con l'acqua.