DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 10 dicembre 2001, n. 2767
Modifiche ed integrazioni alla deliberazione di Giunta regionale 26/7/1999, n. 1367 recante "Prime indicazioni per la realizzazione degli Sportelli unici per le attivita' produttive"
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Premesso:
- che l'art. 20 della Legge 15 marzo 1997, n. 59, Allegato 1, nn. 26,
42, 43, 50 ha elencato tra i procedimenti da semplificare quelli in
materia di impianti produttivi;
- che tra le innovazioni piu' rilevanti introdotte dal DLgs 31 marzo
1998, n. 112 recante: "Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali, in
attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59" va
sicuramente annoverata la previsione di cui agli artt. 23 e 24
relativa all'istituzione dello Sportello unico per le attivita'
produttive inteso come struttura unica, facente capo al Comune in
forma singola o associata, responsabile del procedimento di
autorizzazione all'insediamento delle attivita' produttive e deputata
anche all'attivita' di assistenza e informazione alle imprese;
- che correlata al conferimento ai Comuni delle funzioni concernenti
lo Sportello unico per le attivita' produttive vi e' la previsione,
contenuta nel successivo art. 25 del medesimo DLgs 112/98, della
disciplina regolamentare del procedimento amministrativo in materia
di autorizzazione all'insediamento delle attivita' produttive;
- che in tale contesto si colloca il DPR 20 ottobre 1998, n. 447:
"Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di
autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la
ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per
l'esecuzione di opere interne ai fabbricati nonche' per la
determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a
norma dell'art. 20, comma 8 della Legge 15 marzo 1997, n. 59";
- che il DPR 7 dicembre 2000, n. 440 "Regolamento recante modifiche
ed integrazioni al DPR 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di
Sportelli unici per gli impianti produttivi", ha introdotto con
decorrenza immediata rilevanti e consistenti novita' sul piano della
disciplina dell'istituto dello Sportello unico;
rilevato:
- che la Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della L.R. 21 aprile
1999, n. 3 "Riforma del sistema regionale e locale", ha inteso
dettare una disciplina attuativa degli artt. 23 e 24 del DLgs 112/98
sia per quanto riguarda le funzioni conferite agli Enti locali, ferma
restando la titolarita' comunale in ordine alla istituzione degli
Sportelli unici, sia per quanto riguarda le funzioni regionali;
- che con la deliberazione della Giunta regionale 26 luglio 1999, n.
1367 "Prime indicazioni per la realizzazione degli Sportelli unici
per le attivita' produttive" e' stato predisposto un atto di
indirizzo al fine di orientare le iniziative degli Enti locali con
indicazioni non vincolanti ma che hanno costituito un utile punto di
riferimento nella fase di coordinamento e realizzazione dello
Sportello unico;
considerato:
- che la L.R. n. 3 del 1999, art. 70, ha espressamente previsto per i
Comuni la possibilita' di istituire gli Sportelli unici anche in
forma associata "secondo le modalita' dell'art. 23 della L.R.
medesima" e cioe' organizzando l'esercizio delle relative funzioni in
ambito sovracomunale attraverso forme associative strutturate e
stabili di collaborazione, individuate nelle Unioni di Comuni, nelle
Comunita' Montane e nelle Associazioni intercomunali;
- che tali forme associative, la cui disciplina e' ora rinvenibile
nella L.R. n. 11 del 2001, sono preordinate a dotare gli Enti locali
di strumenti organizzativi utili per facilitare la gestione associata
di funzioni e servizi in ambiti territoriali adeguati, nell'intento
di conseguire livelli di maggiore efficacia dell'azione
amministrativa;
- che attraverso tali forme associative i Comuni possono mettersi in
condizione di esercitare anche quelle funzioni che, svolte
singolarmente, risulterebbero assai gravose e difficilmente gestibili
per l'Ente o che comunque possono piu' efficacemente essere
organizzate a livello sovracomunale, in coerenza con i principi di
sussidiarieta' ed adeguatezza ora espressamente sanciti dalla
Costituzione a seguito della Legge costituzionale n. 3 del 2001;
- che la Regione incentiva i Comuni a realizzare, attraverso tali
forme associative, una piu' efficace organizzazione delle funzioni a
livello sovracomunale e, nell'ambito del programma di riordino
territoriale disciplinato nel Capo IV della citata L.R. n. 11 del
2001, prevede l'erogazione di contributi collegati all'effettivo
esercizio in associazione delle piu' rilevanti funzioni comunali e
tra queste viene espressamente prevista anche la gestione associata
delle funzioni di Sportello unico (cfr. delibera della Giunta
regionale n. 1113 del 2001, parte II, paragrafo 5);
- che in base ai dati ora disponibili risulta che i Comuni che hanno
organizzato in forma associata le funzioni di Sportello unico
conferendole ad una delle forme associative richiamate sono circa 75,
organizzati in 17 forme associative e precisamente in 10 Associazioni
intercomunali, 5 Comunita' Montane e 2 Unioni variamente dislocate
nell'intero territorio regionale;
considerato:
- che, in particolare, ai sensi dell'art. 14 della L.R. 3/99, al fine
di garantire un unitario sviluppo del sistema delle autonomie occorre
indicare linee omogenee di indirizzo per l'attivita' autorizzativa in
capo agli Sportelli unici, precisando altresi' aspetti di difficile
applicazione e di coordinamento con procedimenti previsti da leggi
regionali;
- che occorre apportare alcune modifiche ed integrazioni all'atto di
indirizzo adottato dalla Giunta regionale con la deliberazione n.
1367 del 1999 a seguito delle modifiche normative sopravvenute con il
DPR n. 440 del 2000;
- che sulle richiamate modifiche che si intendono proporre la
Conferenza Regione - Autonomie locali ha espresso parere favorevole
nella seduta del 29 ottobre 2001;
- che i diversi profili applicativi della nuova disciplina potranno,
comunque, essere oggetto di ulteriori valutazioni ed approfondimenti
anche attraverso la costituzione di un apposito gruppo tecnico presso
la competente Direzione generale Attivita' produttive, Commercio,
Turismo con la partecipazione di rappresentanti delle Autonomie
locali;
visto l'art. 3 della L.R. 19 novembre 1992, n. 41 come modificata
dalla L.R. 4 agosto 1994, n. 31;
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 2541 del 4/7/1995,
esecutiva, avente per oggetto: "Direttive della Giunta regionale per
l'esercizio delle funzioni dirigenziali";
dato atto del parere favorevole espresso dal Direttore generale alle
Attivita' produttive, dott. Uber Fontanesi e dal Direttore generale
Affari istituzionali e legislativi, dott.ssa Filomena Terzini in
merito alla legittimita' e regolarita' tecnica del presente
provvedimento, ai sensi dell'art. 4, comma 6 della L.R. 19 novembre
1992, n. 41 e della delibera della Giunta regionale 2541/95;
su proposta dell'Assessore alle Attivita' produttive, Armando
Campagnoli e dell'Assessore alla Innovazione amministrativa ed
istituzionale. Autonomie locali, Luciano Vandelli;
a voti unanimi e palesi, delibera:
a) di adottare, per le ragioni esposte in premessa, come parte
integrante e sostanziale della presente deliberazione l'allegato
atto: "Modifiche ed integrazioni alla deliberazione della Giunta
regionale 26 luglio 1999, n. 1367 recante prime indicazioni per la
realizzazione degli Sportelli unici per le attivita' produttive";b)
di stabilire che l'atto di cui al punto a) concerne, alla luce delle
modifiche introdotte dal DPR n. 440 del 2000, in particolare, il
ruolo e le competenze del Comune nella procedura autorizzatoria, il
ruolo del responsabile del procedimento; le spese istruttorie; il
raccordo tra la disciplina del procedimento in materia di Sportello
unico per le attivita' produttive e alcune normative regionali di
settore (urbanistica, ambiente, commercio);
c) di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale
della Regione.
Modifiche ed integrazioni alla deliberazione della Giunta regionale
26 luglio 1999, n. 1367 recante "Prime indicazioni per la
realizzazione degli Sportelli unici per le attivita' produttive"
Come e' noto il DPR 7 dicembre 2000, n. 440 "Regolamento recante
modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica
20 ottobre 1998, n. 447, in materia di Sportelli unici per gli
impianti produttivi", entrato in vigore il 24 febbraio 2001, ha
introdotto con decorrenza immediata rilevanti e consistenti novita'
sul piano della disciplina dell'istituto dello Sportello unico, tali
da comportare il necessario adeguamento di alcuni aspetti degli
indirizzi applicativi in materia predisposti dalla Regione con la
deliberazione n. 1367 del 26 luglio 1999.
Ambito di applicazione
La modifica apportata dal DPR 440/00 con l'introduzione del comma
1-bis all'articolo 1, relativa alla specificazione dell'ambito di
operativita' dello Sportello unico, ha in maniera esplicita definito
il novero dei soggetti titolati a ricorrere allo Sportello stesso,
suscitando, tuttavia, alcuni problemi interpretativi. Il suddetto
comma, infatti, prevede che tra gli impianti di cui al comma 1
"rientrano quelli relativi a tutte le attivita' di produzione di beni
e servizi, ivi incluse le attivita' agricole, commerciali e
artigiane, le attivita' turistiche ed alberghiere, i servizi resi
dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di
telecomunicazioni".
Si sottolinea che l'elencazione contenuta nel comma 1-bis e' di tipo
esemplificativo e non tassativo e cio' che risulta rilevante e' la
previsione esplicita della competenza dello Sportello a gestire i
procedimenti che riguardano gli impianti relativi a tutte le
attivita' di produzione di beni e servizi.
Con particolare riferimento alle attivita' commerciali, espressamente
incluse nell'elenco contenuto al comma 1-bis, puo' farsi, sin d'ora,
richiamo all'orientamento gia' espresso nella citata deliberazione n.
1367 del 1999 secondo cui la formulazione dell'art. 1 del
regolamento, laddove fa salvo quanto previsto dal DLgs 31 marzo 1998,
n. 114 "e' da intendersi nel senso che per quanto riguarda le
attivita' commerciali si applica la disciplina procedimentale
contenuta nel DLgs 114 del 1998, ma il procedimento di autorizzazione
per l'esercizio di attivita' commerciali di cui all'art. 4, commi 1,
2 e 3 del DLgs 114/98, laddove previsto, si avvia con la
presentazione dell'istanza allo Sportello unico. Il quale provvede di
conseguenza".
Piu' in generale, in merito alla competenza dello Sportello unico ad
occuparsi oltre che delle autorizzazioni relative ad impianti e/o
opere, anche delle autorizzazioni relative all'esercizio
dell'attivita' che implicano, invero, la necessaria esistenza delle
opere e degli impianti e dell'eventuale collaudo ove cio' sia
richiesto per la natura dell'impianto o in base a disposizioni
normative, si osserva che tali autorizzazioni non possono essere
rilasciate in via preventiva rispetto all'approvazione del progetto
dell'impianto o delle opere.
Tale interpretazione, e' peraltro sostenuta da disposizioni normative
gia' contenute nel DLgs 112/98, in particolare, dall'articolo 23 che
fa riferimento agli "impianti" e dall'art. 25 che fa riferimento
"all'insediamento di attivita' produttive" nella cui accezione puo'
essere ricompreso tutto cio' che riguarda un progetto relativo ad
opere ed impianti.
Il ruolo e le competenze della Regione e delle Province nella
realizzazione dello Sportello unico alla luce del quadro normativo
statale e regionale
Tali profili sono esaminati ala lettera A) della deliberazione della
Giunta regionale n. 1367 del 1999 che resta, sul punto, immutata. La
Regione Emilia-Romagna ha infatti dettato, con la L.R. 3/99 recante
"Riforma del sistema regionale e locale" (artt. 70-71), la disciplina
attuativa dei principi sanciti dagli articoli 23 e ss. del DLgs
112/98, individuando chiaramente il ruolo e le competenze dei diversi
soggetti coinvolti nella realizzazione dell'istituto, in particolare
quelli della Regione, della Provincia e del Comune.
Il ruolo e le competenze del Comune: profili interpretativi e
applicativi della normativa sullo Sportello unico
Questo aspetto della disciplina dello Sportello unico, come
sviluppato, sul piano interpretativo, alla lettera B) della succitata
delibera della Giunta regionale, deve essere necessariamente oggetto
di integrazioni e modifiche alla luce delle recenti innovazioni
introdotte.
Il DPR 440/00 determina, in primo luogo, la necessita' di individuare
chiaramente il ruolo dell'Amministrazione comunale all'interno della
procedura autorizzatoria unificata, la natura dell'atto conclusivo
del procedimento, nonche' quella degli atti posti in essere dalle
altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento unico.
Di particolare rilievo e', infatti, la nuova formulazione
dell'articolo 4, comma 1 del regolamento che prevede che: "per gli
impianti e i depositi di cui all'articolo 27 del DLgs 112/98, nonche'
nei casi di cui all'articolo 1, comma 3, ovvero quando il richiedente
non intenda avvalersi del procedimento mediante autocertificazione di
cui all'articolo 6, il procedimento e' unico e ha inizio con la
presentazione di un'unica domanda alla struttura la quale adotta
direttamente, ovvero chiede alle Amministrazioni di settore o a
quelle di cui intende avvalersi, ai sensi dell'articolo 24, comma 4,
del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, gli atti istruttori ed i pareri
tecnici comunque denominati dalle normative vigenti. Le
Amministrazioni sono tenute a far pervenire tali atti e pareri entro
un termine non superiore a novanta giorni decorrenti dal ricevimento
della documentazione. Il provvedimento conclusivo del procedimento
e', ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione
dell'intervento richiesto".
Come rilevato, l'attuale formulazione della norma, per effetto delle
innovazioni introdotte dal DPR 440/00, pone alcune problematiche da
risolvere:
- l'eventuale venir meno delle competenze attribuite sulla base di
norme legislative alle Amministrazioni diverse dal Comune per
volonta' di quest'ultimo, cui sembrerebbe rimessa la facolta' di
scegliere se acquisire gli atti istruttori o i pareri tecnici delle
competenti Amministrazioni o se adottarli direttamente;
- la natura dell'atto conclusivo del procedimento adottato dal Comune
e, per esso, dal Responsabile dello Sportello unico:
- la natura degli atti delle altre pubbliche Amministrazioni
eventualmente acquisiti nell'ambito del procedimento, le relazioni
tra questi ultimi ed il provvedimento autorizzativo ed il conseguente
regime delle responsabilita' dei diversi Enti o soggetti coinvolti
nella procedura.
In relazione alla prima questione si rileva che la nuova formulazione
della medesima disposizione presenta, senza alcun dubbio, una valenza
fortemente innovativa rispetto a quella precedente, che individuava
nel Comune il soggetto cardine del procedimento unificato ma in una
accezione strettamente organizzativa. In tal senso, infatti, la
richiamata delibera della Giunta regionale prevede che, in base ai
contenuti del Regolamento n. 447 del 1998, la portata del
conferimento deve essere intesa nel senso che il Comune gestisce
unitariamente il procedimento autorizzativo ed e' responsabile
organizzativo del procedimento medesimo istituendo, a tal fine, lo
Sportello unico. Pertanto, come si evince testualmente dal richiamato
provvedimento, "mentre rimane immutata la titolarita' dei poteri di
autorizzazione in capo ai diversi Enti ai sensi della vigente
normativa sostanziale, si modifica invece la natura degli atti di
tali Amministrazioni. Questi ultimi divengono atti endoprocedimentali
che producono i loro effetti nei confronti dell'atto autorizzatorio
unico finale di competenza del Comune".
Rispetto a tale orientamento interpretativo e' necessario apportare
alcune modifiche in relazione ai contenuti del novellato articolo 4
del DPR 447/98. La nuova formulazione, infatti, sulla base del dato
letterale sembra implicare una scelta discrezionale da parte della
struttura competente per lo Sportello unico, ad avvalersi o meno
delle Amministrazioni istituzionalmente preposte alla tutela di
interessi pubblici generali. La precedente formulazione del comma 1
dell'articolo 4 sul punto affermava, invece, che "la struttura invita
ogni Amministrazione competente a far pervenire gli atti
autorizzatori o di consenso comunque denominati ..".
In buona sostanza l'innovazione introdotta con il DPR 440/00
prevedendo la competenza diretta - "adotta direttamente" - della
struttura preposta alla procedura di Sportello unico, potrebbe far
ritenere superato un ruolo della stessa a carattere meramente
organizzativo, rivolto soltanto al coordinamento delle funzioni e dei
compiti delle Amministrazioni settorialmente competenti.
Una prima lettura della nuova previsione normativa potrebbe, non
correttamente indurre a concludere che, mentre in passato la
struttura comunale o intercomunale era tenuta ad acquisire
obbligatoriamente, nell'ambito di uno specifico procedimento, gli
atti di competenza di altre Amministrazioni, oggi avrebbe una mera
facolta' di acquisirli potendo direttamente sostituirsi ad esse,
adottandoli direttamente, senza in alcun modo sentirle.
Si rileva, al riguardo, che la Legge 340/00 ("Disposizioni per la
delegificazione di norme per la semplificazione di procedimenti
amministrativi") all'articolo 6, "Attivita' istruttorie in materia di
Sportello unico delle imprese", definisce espressamente l'attivita'
delle Amministrazioni settorialmente competenti come attivita'
istruttorie nell'ambito del procedimento unico. Quanto alla natura
degli atti posti in essere dalle Amministrazioni coinvolte nella
procedura autorizzatoria, si osserva che, sulla base delle
innovazioni introdotte, gli stessi non sono piu' qualificabili come
endoprocedimenti bensi' come atti istruttori in quanto tali privi di
un'autonoma rilevanza esterna.
Tuttavia, si ritiene che l'interpretazione delle norme richiamate non
possa certamente spingersi fino a sostenere che il DPR 440/00
comporti uno sconvolgimento delle funzioni che compongono la materia,
attribuendo al Comune la competenza diretta su tutti gli atti
istruttori che costituiscono il procedimento autorizzatorio per
l'insediamento delle attivita' produttive. Cio' implicherebbe,
infatti, una ricaduta a cascata sull'assetto delle competenze degli
Enti locali definito dalle leggi attuative del DLgs 112/98, in
particolare la L.R. 3/99, nonche' dalla normativa regionale di
settore, con un effetto modificativo del quadro delle funzioni del
sistema locale assolutamente inaccettabile proprio perche' operato da
un regolamento.
In tal senso, del resto, depone il dato letterale; il novellato comma
1 dell'articolo 4 distingue, infatti, quanto ai soggetti diversi dal
Comune che intervengono nel procedimento, tra Amministrazioni di
settore e Amministrazioni di cui la struttura intende avvalersi ai
sensi dell'articolo 24, comma 4 del DLgs 112/98, il quale prevede che
"gli Enti locali possano avvalersi, nelle forme concordate, di altre
Amministrazioni ed Enti pubblici, cui possono anche essere affidati
singoli atti istruttori del procedimento".
Considerato che l'inciso "di cui intende avvalersi" risulta riferito
solo a queste ultime Amministrazioni - configurandosi una mera
facolta' del Comune in tal senso - la corretta ricostruzione della
previsione normativa sul punto sara' quella per cui:
- resta ferma la competenza di natura istruttoria o tecnica delle
singole Amministrazioni di settore, ove prevista dalla specifica
normativa disciplinante il singolo procedimento;
- relativamente all'assunzione di ulteriori atti istruttori non
rimessi espressamente dalla normativa alla competenza di altra P.A.,
e' facolta' della struttura comunale di adottarli direttamente oppure
di avvalersi dell'apporto di altri Enti.
Quest'ultima fattispecie trova ulteriore specificazione all'articolo
8 del DPR n. 447 ove si prevede che "fermo quanto disposto dal
presente regolamento, la struttura di cui all'articolo 3, comma 1,
puo' affidare, mediante convenzione, .. specifiche fasi e attivita'
istruttorie a ..".
Quella sopra prospettata appare l'unica lettura del comma 1
dell'articolo 4 compatibile con il dato costituzionale.
L'accoglimento di una contraria soluzione interpretativa, infatti,
determinerebbe il venir meno - ad opera di un regolamento governativo
e, tra l'altro, implicitamente - di competenze attribuite dalla fonte
legislativa ad Amministrazioni diverse dalla struttura comunale.
Per suffragare ulteriormente la tesi esposta, occorre considerare che
la finalita' prima delle modifiche apportate al comma 1 dell'articolo
4 resta quella di affermare l'unicita', quale titolo per la
realizzazione dell'intervento richiesto, del "provvedimento
conclusivo del procedimento", di competenza della struttura
individuata dal Comune.
Del resto, la stessa relazione di accompagnamento al DPR 440/00,
nell'illustrare le modifiche apportate al comma 1 dell'articolo 4, le
riconduce non ad un nuovo disegno di ridistribuzione delle competenze
tra gli Enti, bensi' alla necessita' di "rendere piu' esplicito lo
schema organizzativo", e quindi ad esigenze di siffatta natura. La
medesima relazione richiama inoltre l'attenzione sulla previsione
relativa alla "possibilita' da parte della struttura comunale di
avvalersi di altre Amministrazioni, cui affidare anche singoli atti
istruttori".
Pertanto, l'aspetto innovativo del citato comma 1 dell'articolo 4 e'
legato anzitutto alla facolta' della struttura comunale di avvalersi
di altre P.A. anche per il compimento di singoli atti istruttori,
altrimenti di propria competenza. In tale contesto, resta fermo
l'obbligo della struttura comunale di acquisire atti istruttori e
pareri tecnici, comunque denominati, attribuiti espressamente dalla
fonte legislativa alla competenza di altre P.A.
In conclusione, si ribadisce come il DPR 440/00 non debba essere
interpretato nel senso di configurare il Comune come unico titolare
di tutte le funzioni autorizzative relative agli insediamenti
produttivi, attribuendo alla struttura competente in materia di
Sportello unico l'esercizio di un potere discrezionale che, nel
momento in cui le consente di scegliere se avvalersi o meno delle
diverse Amministrazioni fino ad allora preposte alla tutela degli
interessi pubblici di settore e' in grado di alterare l'assetto delle
competenze definito dal legislatore regionale.
Sul piano interpretativo si deve, piuttosto, optare per la soluzione
che consente di demandare al Comune le sole funzioni istruttorie ad
esso spettanti sulla base della normativa vigente, con il conseguente
obbligo di rivolgersi alle Amministrazioni settorialmente competenti
per le funzioni che esulano da quelle comunali, nell'ambito unitario
del procedimento autorizzatorio.
Provvedimento conclusivo ed altri atti acquisiti nel procedimento.
Natura giuridica
Al punto precedente si sono affrontati alcuni profili interpretativi
posti dalle previsioni di cui al comma 1 dell'articolo 4 del DPR
447/98, nel testo novellato dal DPR 440/00. Dalle considerazioni
svolte si evince la natura autorizzatoria del provvedimento
conclusivo del procedimento in esame, nonche' quella meramente
istruttoria degli altri atti acquisiti al procedimento medesimo.
Le conclusioni raggiunte trovano, del resto, conferma alla luce delle
previsioni normative che rilevano in materia. Si richiamano, in
particolare:
- il comma 1 dell'articolo 4 che prevede che "il provvedimento
conclusivo del procedimento e', ad ogni effetto, titolo unico per la
realizzazione dell'intervento richiesto" e afferma la natura di "atti
istruttori" e "pareri tecnici", a prescindere dalla denominazione
data ad essi dalla normativa vigente, degli atti eventualmente
acquisiti da altre P.A. nell'ambito del procedimento;
- il comma 2 dell'articolo 4 ai sensi del quale, qualora una delle
altre P.A. coinvolte nel procedimento si pronunci negativamente, "la
pronuncia e' trasmessa dalla struttura al richiedente entro tre
giorni e il procedimento si intende concluso", fatta salva la
possibilita' di richiedere a detta struttura la convocazione di una
Conferenza di servizi "al fine di eventualmente concordare quali
siano le condizioni per ottenere il superamento della pronuncia
negativa";
- il comma 2-bis dell'articolo 4, in base al quale eventuali "atti
autorizzatori, nulla-osta, pareri o atti di consenso anche a
contenuto negativo, comunque denominati", qualora eventualmente
rilasciati "operano esclusivamente all'interno del procedimento
unico";
- il comma 5 dell'articolo 4, secondo cui la Conferenza dei servizi,
convocata (ai sensi del comma 4) in presenza di mancata adozione
degli atti di competenza da parte dei soggetti diversi dal Comune
coinvolti nel procedimento, "procede all'istruttoria del progetto ai
fini della formazione di un verbale che tiene luogo degli atti
istruttori e dei pareri tecnici comunque denominati, previsti dalle
norme vigenti o ritenuti necessari";
- il comma 6 dell'articolo 4, ai sensi del quale il verbale recante
le determinazioni assunte dalla Conferenza dei servizi "tiene luogo
del provvedimento amministrativo conclusivo del procedimento".
L'unicita' del procedimento autorizzatorio
Si rileva che proprio l'unicita' del procedimento autorizzatorio deve
essere particolarmente valorizzata nel recepimento delle modifiche
alla disciplina dello Sportello unico. Quest'orientamento e' stato,
del resto, puntualmente ribadito nel parere del 3 agosto 2000,
espresso dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni sul
regolamento di modifica al DPR 447/98 in cui si rileva "l'importanza
dell'unicita' del procedimento autorizzatorio e la relativa
titolarita' del Comune, attraverso la struttura individuata come
responsabile, fermo restando le responsabilita' delle altre
Amministrazioni interessate dal procedimento relativamente alle
diverse fasi procedimentali in cui sono coinvolte".
L'obbligatorieta' dello Sportello unico
Per quanto attiene al meccanismo introdotto dal nuovo regolamento per
imporre l'obbligatorieta' dell'istituto, si rileva che l'articolo 4,
comma 2 bis dispone che "Ove sia gia' operante lo Sportello unico le
domande devono essere presentate esclusivamente alla struttura. Le
altre Amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento non
possono rilasciare al richiedente atti autorizzatori, nulla osta,
pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque
denominati. Tali atti, qualora eventualmente rilasciati, operano
esclusivamente all'interno del procedimento unico. In ogni caso le
Amministrazioni hanno l'obbligo di trasmettere, senza ritardo e
comunque entro cinque giorni, eventuali domande ad esse presentate
relative a procedimenti disciplinati dal presente regolamento, alla
struttura responsabile del procedimento, allegando gli atti
istruttori gia' compiuti e dandone comunicazione al richiedente".
La ratio della norma, come si evince anche dalla relazione di
accompagnamento al nuovo regolamento, e' quella di superare le
difficolta' istruttorie che nella prassi applicativa del DPR 447/98
si sono effettivamente riscontrate. In sostanza, il nuovo comma 2 bis
introdotto all'articolo 4, nel ribadire l'inutilizzabilita' degli
atti autorizzatori rilasciati da Amministrazioni diverse da quella
responsabile del procedimento, e' finalizzato a "salvare", sulla base
del principio generale dell'economia dei mezzi giuridici, l'attivita'
svolta dalle menzionate Amministrazioni su richiesta dell'impresa,
recuperandola al procedimento unico presso lo Sportello.
La nozione di "operativita'" dello Sportello unico
Il comma 2-bis, introdotto all'articolo 4 dal DPR 440/00, prevede che
"Ove sia gia' operante lo Sportello unico, le domande devono essere
presentate esclusivamente alla struttura".La norma prende atto che
non si e' ancora pienamente compiuta la realizzazione della rete
degli Sportelli sul territorio nazionale e che, ove lo Sportello non
sia operante, le singole Amministrazioni non possono rifiutare le
istanza inoltrate dalle imprese in attesa che lo Sportello funzioni.
Tuttavia il concetto di operativita', in assenza di una puntuale
definizione normativa, pone alcuni dubbi interpretativi circa i
presupposti in base ai quali lo Sportello possa dirsi "operante".
Si osserva come l'operativita' non possa farsi coincidere con la mera
istituzione; infatti mentre quest'ultima consegue all'adozione di un
apposito atto amministrativo, l'operativita' sembra richiedere
qualcosa di ulteriore, ovvero l'effettivo esercizio delle funzioni
proprie della struttura, la previa individuazione del Responsabile,
l'attribuzione delle risorse e la predisposizione dell'archivio
informatico di cui al comma 2 dell'articolo 3 del DPR 447/98.
Al fine di evitare incertezze in ordine al concetto di operativita',
si reputa che il Comune presso cui la struttura e' istituita debba
individuare la data da cui la struttura stessa sara' operativa e
prestera' il servizio, dandone preventiva comunicazione, anche ai
fini di cui al comma 2-bis dell'articolo 4 del DPR 447/98, alle altre
Amministrazioni interessate ed alla potenziale utenza.
Occorre parimenti ricordare che la realizzazione della struttura
rappresenta, ai sensi del comma 4 dell'articolo 3, un obbligo per i
Comuni che doveva essere attuato entro novanta giorni dall'entrata in
vigore del regolamento governativo, data entro cui l'Ente era tenuto
non solo ad istituire struttura e Sportello - dando cosi' una
risposta in termini meramente formalistici alla previsione di legge
-, bensi' a "realizzarli", termine che si ritiene sostanzialmente
assimilabile a quello di operativita'.
Sportello unico ed aggravamento del procedimento amministrativo
L'istituzione dello Sportello unico per le attivita' produttive
risponde alla finalita' di garantire la semplificazione e
l'accelerazione dei procedimenti, volendo individuarsi un unico
interlocutore dell'utente/cliente, cui fara' capo l'intero
procedimento e cui competera' l'acquisizione di ogni eventuale atto
di competenza di altre P.A.
In realta', si e' rilevato come l'intervento dello Sportello unico
nei procedimenti ove e' prevista l'adozione di un solo atto da parte
di un'unica P.A., produrrebbe effetti contrari rispetto a quelli
appena descritti, comportando un allungamento dei tempi del
procedimento stesso. Alcuni casi concreti sono costituiti, ad
esempio, dall'istanza relativa al parere di conformita' del progetto
di competenza dei Vigili del Fuoco ai sensi del DPR n. 689 del 1959,
All. A e B, o dal rinnovo di autorizzazioni gia' rilasciate come
accade per il rinnovo del certificato di prevenzione incendi che e'
sempre di competenza dei Vigili del Fuoco.
In tali ipotesi, infatti, l'istanza non andrebbe presentata alla P.A.
competente per materia - che potrebbe cosi' procedere al rilascio
dell'atto - bensi' allo Sportello unico che, a sua volta, dovrebbe
acquisire l'atto dalla stessa P.A., per poi assumere il provvedimento
conclusivo del procedimento.
Pertanto, occorre chiarire se, nelle predette ipotesi, sia possibile
presentare l'istanza direttamente alla P.A. competente per materia e
se quest'ultima possa rilasciare direttamente l'atto avente valenza
esterna, a prescindere dall'intervento nel procedimento dello
Sportello unico.
Sul punto, qualora ricorra una delle fattispecie di cui all'articolo
1 del DPR 447/98, tale fonte normativa non sembrerebbe lasciare
spazio ad una procedura che escluda le competenze dello Sportello
unico, tant'e' che il successivo comma 2-bis dell'articolo 4 afferma
testualmente che "Ove sia gia' operante lo Sportello unico, le
domande devono essere presentate esclusivamente alla struttura. Le
altre Amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento non
possono rilasciare al richiedente atti autorizzatori, nulla-osta,
pareri o atti di consenso anche a contenuto negativo, comunque
denominati. Tali atti qualora eventualmente rilasciati, operano
esclusivamente all'interno del procedimento unico".Si puo', tutt'al
piu', concepire la presentazione dell'istanza alla P.A. competente
per materia, anziche' allo Sportello unico, fermo restando che l'atto
da quella adottato avrebbe natura meramente endoprocedimentale, con
necessita' comunque, di assunzione del provvedimento conclusivo da
parte dello Sportello stesso. Tale soluzione risulterebbe meramente
finalizzata ad accelerare il procedimento nella sua prima fase,
evitando la trasmissione dell'istanza da parte dello Sportello unico
alla P.A. competente per materia.
Una diversa lettura delle citate disposizioni - tale da consentire di
evitare il ricorso allo Sportello unico, legittimando l'adozione
dell'atto conclusivo del procedimento, con valenza esterna,
direttamente da parte della P.A. settorialmente competente, ove sia
l'unica interessata nell'ambito di quel procedimento - sembra
unicamente potersi ricollegare al comma 2 dell'articolo 1 della Legge
241/90, in tema di divieto di aggravamento del procedimento
amministrativo.
Si ricorda come il comma suddetto preveda che "la pubblica
Amministrazione non puo' aggravare il procedimento se non per
straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento
dell'istruttoria". In realta' tale previsione normativa e' volta ad
evitare l'aggravamento imposto al procedimento dalla P.A. e quindi
per effetto di una scelta effettuata dalla singola Amministrazione
nell'esercizio della propria attivita', mentre nel caso considerato
l'aggravamento deriverebbe da una scelta effettuata dal legislatore.
L'individuazione del Responsabile della struttura e del responsabile
del procedimento
Il comma 1 dell'articolo 3 - rimasto sul punto immutato - prevede che
i Comuni esercitino, anche in forma associata, le funzioni ad essi
attribuite dall'articolo 23 del DLgs 112/98, "assicurando che ad
un'unica struttura sia affidato l'intero procedimento"; si prevede
altresi' che la struttura si doti di uno "Sportello unico per le
attivita' produttive". Ai sensi del successivo comma 4 "i Comuni
realizzano la struttura e nominano il responsabile del procedimento";
"il Funzionario preposto alla struttura e' responsabile dell'intero
procedimento".
La delibera della Giunta regionale n. 1367 del 1999 definisce le
competenze del Responsabile dello Sportello unico anche alla luce
dell'accordo quadro sancito in sede di Conferenza unificata
dell'1/7/1999 che in proposito attribuisce a tale soggetto: poteri di
impulso relativamente agli atti istruttori affidatigli che debbono
confluire nel provvedimento adottato dal Comune; poteri di diffida e
messa in mora per l'inadempimento o il ritardato adempimento; il
potere di convocare la Conferenza dei servizi.
Il ruolo del responsabile del procedimento ha indubbiamente ricevuto,
alla luce delle modifiche introdotte dal regolamento n. 440 del 2000,
una maggiore incisivita' e rilevanza proprio per le funzioni
concretamente esercitate.
In primo luogo viene demandata al Responsabile dello Sportello unico
la competenza su alcuni atti che, secondo la precedente formulazione,
risultavano invece attribuiti al Sindaco (l'emanazione di un
provvedimento di tipo negativo, allorche' il progetto dell'intervento
risulti in contrasto con lo strumento urbanistico; le funzioni di
convocazione della Conferenza dei servizi nelle ipotesi di avvio del
sub-procedimento per variazione di strumenti urbanistici ovvero a
seguito dell'inutile decorso del termine di novanta giorni previsto
per l'acquisizione degli atti istruttori dagli Enti esterni).
L'articolo 3 del DPR 447/98 non pone problemi in ordine alla corretta
individuazione del responsabile del procedimento nell'ambito
dell'Ente locale, con particolare riferimento alla qualifica o
categoria che detto soggetto deve rivestire.
Sorgono, invece, alcune difficolta' interpretative in relazione alle
previsioni dell'articolo 6, comma 11 del regolamento, che stabilisce
che il "Responsabile della struttura" e' individuato ai sensi degli
articolo 107, comma 3 e 109, comma 2 del DLgs 267/00. Le funzioni del
Responsabile vengono qui espressamente ricondotte alle attribuzioni
di spettanza dirigenziale, fermo restando che gli stessi compiti, nei
Comuni privi di personale con tale qualifica, possono essere
attribuiti ai Responsabili degli Uffici o dei Servizi, a seguito di
provvedimento motivato del Sindaco.
La nuova formulazione del richiamato comma 11 genera alcuni dubbi
interpretativi circa l'estensione del relativo ambito di
applicazione. Occorre chiarire se, stante la specifica collocazione
della disposizione e la puntualita' delle previsioni in essa
contenute, la norma debba ritenersi circoscritta alla sola
fattispecie in essa contemplata (l'ipotesi della riduzione in
pristino conseguente all'accertata falsita' delle autocertificazioni
prodotte, con contestuale trasmissione degli atti alla Procura della
Repubblica), ovvero se alla stessa vada riconosciuta portata generale
coerentemente con il criterio dell'unicita' della funzione del
Responsabile della struttura.
Inoltre, l'espresso richiamo all'individuazione del Responsabile
della struttura "ai sensi degli articoli 107, comma 3 e 109, comma 2"
del Testo unico sulle Autonomie locali pone il problema se nei Comuni
dotati di dirigenti il responsabile del procedimento, di cui
all'articolo 3, possa essere individuato o meno in un soggetto privo
della qualifica dirigenziale.
Al riguardo occorre, in primo luogo, considerare che il comma 11
dell'articolo 6, nel richiamare gli artt. 107, comma 3 e 109, comma 2
del DLgs 267/00, assume a riferimento non la figura del responsabile
del procedimento, bensi' quella del "Responsabile della struttura".
Trattasi, peraltro, dell'unico riferimento espresso, nell'ambito del
DPR, a tale ultima figura, essendo in ogni altro caso rinvenibili
solo espliciti richiami al "responsabile del procedimento", oppure
genericamente alla "struttura" o allo "Sportello unico".
Pertanto, le due figure non debbono per forza ritenersi coincidenti.
Infatti, se e' vero che ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 4 i
Comuni affidano l'intero procedimento ad un'unica struttura e che il
funzionario preposto alla struttura e' responsabile dell'intero
procedimento, e' altrettanto vero che, ai sensi del comma 1
dell'articolo 5 della Legge 241/90, "il Dirigente di ciascuna Unita'
organizzativa provvede ad assegnare a se' o ad altro dipendente
addetto all'unita' la responsabilita' dell'istruttoria e di ogni
altro adempimento inerente il singolo procedimento nonche',
eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale".
Ne consegue che non necessariamente la responsabilita' di tutti i
procedimenti di competenza dello Sportello unico deve far capo al
Responsabile della struttura, rientrando nella discrezionalita' dello
stesso l'individuazione dei responsabili dei singoli procedimenti in
altri dipendenti addetti alla struttura. Inoltre, posto che il
Responsabile della struttura debba rivestire la qualifica
dirigenziale nei Comuni dotati di personale con tale qualifica, non
altrettanto vale per i responsabili dei singoli procedimenti.
Resta fermo che in virtu' della previsione di cui al comma 11
dell'articolo 6, sussiste una specifica competenza, tra quelle
proprie del Responsabile della struttura, che sembra non rientrare
tra quelle attribuibili ad un responsabile del procedimento diverso
dal soggetto suindicato, rientrando per espressa previsione di legge
tra quelle ad esso riservate in via esclusiva.
Va, tuttavia, rilevato che la fattispecie di cui al comma 11
dell'articolo 6 concreta un procedimento diverso rispetto al
procedimento autorizzativo gia' conclusosi ed avente ad oggetto
l'adozione di un'ordinanza di riduzione in pristino con spese a
carico dell'impresa, qualora quest'ultima abbia dato corso a lavori
per la realizzazione dell'impianto sulla base di autocertificazioni
di cui venga accertata la falsita'.
Alla luce delle considerazioni svolte si ritiene che il responsabile
del procedimento di autorizzazione disciplinato dal DPR 447/98, come
modificato dal DPR 440/00, non debba necessariamente rivestire la
qualifica dirigenziale.
Alle medesime conclusioni si puo' giungere anche in riferimento al
"Responsabile della struttura". Infatti il richiamo agli artt. 107,
comma 3 e 109, comma 2, DLgs 267/00 - operato dal comma 11
dell'articolo 6 - risulta espressamente riferito all'adozione di uno
specifico atto.
Occorre altresi' considerare che l'articolo 8 del Contratto
collettivo nazionale di lavoro sul nuovo ordinamento professionale
del personale del comparto Regioni-Autonomie locali ha introdotto
l'area delle posizioni organizzative, individuando i contenuti delle
stesse nell'assunzione di "elevata responsabilita' di prodotto e di
risultato". Si potrebbe, pertanto, ipotizzare che, nell'ambito
dell'esercizio della propria autonomia organizzativa il singolo Ente
locale, seppure dotato di personale con qualifica dirigenziale, possa
preporre alla struttura un incaricato di posizione organizzativa
piuttosto che un dipendente con qualifica dirigenziale. Cio' in
quanto le competenze delineate dal citato articolo 8 del Contratto
collettivo nazionale di lavoro risultano del tutto equiparabili,
relativamente a contenuti e responsabilita', a quelle proprie del
personale con qualifica dirigenziale ed anche in quanto lo stesso
comma 3 dell'articolo 107, DLgs 267/00 fa riferimento non alla
"qualifica dirigenziale" bensi' ai "Dirigenti".
Del resto, relativamente ad una fattispecie analoga a quella di cui
al comma 11 dell'art. 6 (ovvero il provvedimento di riduzione in
pristino a spese dell'impresa, in presenza di certificato di collaudo
non conforme all'opera ovvero a quanto disposto dalle vigenti norme)
il comma 4 del successivo articolo 9 non richiede espressamente che
il Responsabile della struttura possieda qualifica dirigenziale,
limitandosi a richiamare i provvedimenti necessari assunti dalla
struttura.
In conclusione:
- non necessariamente Responsabile della struttura e responsabile del
procedimento devono identificarsi in un unico soggetto, potendo
quest'ultimo essere individuato dal primo anche in altro dipendente
purche' assegnato alla struttura;
- l'unica competenza riservata in via esclusiva in capo al
Responsabile della struttura sembra essere quella di cui al comma 11
dell'articolo 6;
- anche il richiamo di cui al comma 11 dell'articolo 6, in ordine
all'individuazione del "Responsabile della struttura" ai sensi del
comma 3 dell'articolo 107 del DLgs 267/00, va inteso come riferito al
"Dirigente" in termini atecnici (preposizione alla direzione di una
struttura di particolare complessita', con elevato grado di autonomia
gestionale ed organizzativa), anche alla luce del comma 4
dell'articolo 3 e del Contratto collettivo nazionale di lavoro sul
nuovo ordinamento professionale del personale del comparto, con
particolare riferimento all'art. 8 (che ha introdotto l'area delle
posizioni organizzative).
Il procedimento mediante autocertificazione
Il DPR 440/00 e' intervenuto sulle disposizioni relative al
procedimento unico mediante autocertificazione, oltre che per
apportare alcune correzioni e rettifiche al testo previgente, allo
scopo di incrementare il grado di efficienza ed efficacia dell'azione
amministrativa che si estrinseca nel procedimento unico.
Prescindendo, in questa sede, dalle modifiche che si sostanziano in
mere correzioni lessicali (vedi articolo 1, comma 1, lettera l), DPR
440/00), ovvero in rettifiche di errori materiali presenti nel
vecchio testo normativo (vedi articolo 1, comma 1, lettera m), DPR
440/00), di seguito si segnalano gli elementi di sostanziale
innovazione introdotti dal regolamento.
Come noto, la caratteristica essenziale del procedimento mediante
autocertificazione consiste nella formazione del silenzio-assenso. Il
DPR 440/00, ha sensibilmente abbreviato i termini per il prodursi del
silenzio, riducendoli da 60 a 45 giorni per gli impianti a struttura
semplice e da 90 a 60 giorni per gli altri impianti (articolo 6,
commi 6 e 8).
Inoltre, la nuova formulazione del comma 8 dell'articolo 6 e' tesa a
precisare che, anche nell'ambito del procedimento per
autocertificazione, il rilascio (o il diniego) della concessione
edilizia, ove necessaria, deve comunque intervenire - con
provvedimento espresso - entro il previsto termine conclusione del
procedimento.
In altre parole, la richiesta del provvedimento concessorio, se
prevista, non viene ad incidere sulla durata del procedimento unico,
come fissata dal nuovo regolamento.Ad analoghe esigenze di chiarezza
risponde la soppressione del comma 9 dell'articolo 6, che prevedeva
espressamente l'applicazione degli articoli 16 e 17 della Legge
241/90 in caso di acquisizione di pareri di soggetti non appartenenti
all'Amministrazione comunale o regionale. Infatti, come precisato
nella relazione di accompagnamento al DPR 440/00, l'abrogazione del
comma 9 viene introdotta per rendere piu' esplicito il nuovo schema
organizzatorio e procedimentale, risultando comunque applicabili le
disposizioni della Legge 241/90.
Mediante integrazione al testo del comma 11 dell'articolo 6, viene
chiarito che il Responsabile della struttura - cui compete disporre
la riduzione in pristino in caso di accertata falsita' di alcuna
delle autocertificazioni prodotte - e' individuato ai sensi degli
articoli 107, comma 3 e 109, comma 2 del DLgs 267/00 (Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali).
Circa i dubbi interpretativi connessi alla nuova formulazione del
comma 11 e riconducibili alle questioni concernenti l'esatta
individuazione della qualifica propria del Responsabile della
struttura e del responsabile del procedimento, si rimanda alle
considerazioni svolte al punto precedente.
Infine, a seguito delle modifiche apportate ai commi 1 e 3
dell'articolo 7 - che, in relazione a quanto autodichiarato dagli
interessati, individua gli elementi oggetto di controllo - si
ripropone la questione relativa al coinvolgimento, nel procedimento
unico, delle altre Amministrazioni interessate. Nella nuova
formulazione, infatti, il comma 1 demanda l'attivita' di verifica
(circa la conformita' delle autocertificazioni agli strumenti
urbanistici, il rispetto dei piani paesistici e territoriali nonche'
la insussistenza di vincoli sismici, idrogeologici, forestali ed
ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico e
archeologico incompatibili con l'impianto) alla struttura e alle
"altre Amministrazioni di cui intenda avvalersi", mentre il comma 3
interviene a precisare che "il decorso del termine di cui
all'articolo 6, comma 8, non fa venire meno le funzioni di controllo,
da parte del Comune e degli altri Enti interessati".
Riguardo a tale profilo si rinvia a quanto gia' osservato in
relazione al novellato articolo 4 e, particolarmente, alle
considerazioni circa l'inaccettabilita' di una interpretazione che si
spinga fino a ricondurre in capo al Comune tutte le funzioni
autorizzatorie relative agli insediamenti produttivi, con inevitabili
ripercussioni sull'attuale assetto delle competenze.
La Conferenza dei servizi
Come noto, la Legge 340/00, recante "Disposizioni per la
delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti
amministrativi", ha sostituito gli articoli 14, 14-bis, 14-ter e
14-quater della Legge 241/90 ed ha disciplinato in modo puntuale il
funzionamento della Conferenza dei servizi. A tale disciplina si fa
rimando.
Preme, tuttavia, rammentare che il rinvio operato dal DPR 447/98 -
nel testo novellato - alla disciplina della Conferenza di servizi,
mediante espresso richiamo delle disposizioni di cui alla Legge
241/90 come modificata ad opera della Legge 127/97, e' da intendersi
ovviamente riferito alle nuove previsioni, relative all'istituto
medesimo, introdotte dalla citata Legge 340/00.
Decorrenza dei termini
Particolari dubbi interpretativi sono legati all'individuazione del
momento da cui computare la decorrenza dei termini previsti dal DPR
447/98, ovvero se si debba considerare il momento in cui l'istanza
perviene all'Ente locale, e quindi al protocollo dello stesso, oppure
il momento in cui l'istanza giunge alla struttura competente. Tali
riferimenti temporali, infatti, non sempre coincidono, risultando
anzi, in taluni casi, notevolmente diversi.
Sul punto non vi e' alcun dubbio che i termini dovranno decorrere dal
momento in cui l'istanza perviene al Comune, a nulla rilevando le
disfunzioni organizzative interne che non consentano alla struttura
di venire a conoscenza in tempi celeri dell'istanza e
conseguentemente di attivarsi.Occorrera', pertanto, che ciascun
Comune valuti le misure organizzative piu' idonee a garantire il
rispetto dei tempi procedimentali, ad esempio, tramite:
- interventi di riorganizzazione e razionalizzazione interni all'Ente
locale, con particolare riguardo a tempi e procedure di
protocollazione degli atti e di trasmissione agli uffici competenti;
- la definizione, da parte del singolo Comune, nell'ambito dei
termini previsti dal regolamento, di un'ulteriore articolazione, in
modo da individuare con certezza i tempi a disposizione delle diverse
strutture appartenenti all'Ente locale, coinvolte nel procedimento
(come ad esempio l'Unita' operativa "Protocollo") e le conseguenti
responsabilita'.
Quanto sopra, peraltro, potrebbe evidenziare la necessita' di
estendere l'analisi, nell'ambito del singolo Ente locale, al ruolo ed
ai tempi di azione dell'Unita' operativa "Protocollo", alle categorie
di atti assoggettati a protocollazione, ai tempi di trasmissione
degli atti dal Protocollo alle altre strutture interne (e viceversa),
con conseguente trasmissione all'esterno, e piu' in generale alle
modalita', ai tempi ed agli effetti delle comunicazioni interne tra
le diverse strutture dell'Ente.
Si comprende che l'adeguamento dell'organizzazione della struttura
comunale, imposto dall'istituzione della struttura unica e dello
Sportello unico, si rende necessario, considerate le realta'
specifiche, anche per tutte le altre Amministrazioni coinvolte nel
procedimento unico, al fine di rispettare i termini procedimentali e
di non vanificare l'intento di semplificazione e snellimento delle
procedure previsto nell'istituto dello Sportello unico.
Per ovviare ai problemi pratici relativi alla protocollazione,
sarebbe opportuno che lo Sportello disponesse di un protocollo
autonomo (collegato al protocollo generale) tale da permettere alle
domande inoltrate di ricevere una numerazione progressiva specifica.
In tal modo, alla ricezione dell'istanza lo Sportello provvederebbe
ad assegnare un numero di pratica determinato in modo univoco e con
criteri identici per tutte le Amministrazioni coinvolte.
Sarebbe, pertanto, consigliabile sottoscrivere protocolli o
convenzioni con le Amministrazioni coinvolte nel procedimento unico,
al fine di defnire in maniera uniforme, unitamente ad altre
problematiche, la questione relativa alla protocollazione degli atti
e i relativi tempi.
Spese
La questione attiene alla riscossione delle spese e dei diritti,
previsti da disposizioni di legge statali e regionali vigenti, da
parte della struttura responsabile del procedimento unico e al
conseguente versamento dei diritti e delle spese riscosse alle
Amministrazioni che abbiano svolto attivita' istruttoria (articolo
10, DPR 440/00).
Si ritiene che la soluzione possa consistere nell'individuazione di
un "Agente contabile" all'interno dello Sportello unico, formalmente
individuato e tenuto alla resa del conto al termine dell'esercizio.
La formale individuazione, infatti, consente all'incaricato di
maneggiare denaro e gli impone di rendere il conto della propria
gestione, divenendo anche soggetto, a seguito dell'approvazione del
conto stesso, alla giurisdizione della Corte dei Conti secondo le
norme e le procedure previste dalle leggi vigenti (articolo 93, comma
2, DLgs 267/00).
L'Agente contabile dovra' rendere il conto della propria gestione
all'Ente locale, in conformita' ai modelli approvati con il DPR
194/96 (Mod. 21), entro due mesi dal termine dell'esercizio
finanziario (articolo 233, comma 1, DLgs 267/00).
Si puo' ipotizzare, per la gestione transitoria delle risorse,
l'utilizzo di un conto corrente intestato al Comune, a disposizione
dell'Agente contabile. Si ritiene che debbano essere previsti momenti
in cui l'Agente contabile provvede a versare al Tesoriere del proprio
Ente i diritti di competenza di quest'ultimo, con periodiche
chiusure, anche informali, dei conti. La periodicita' della resa dei
conti sara' definita in base al flusso delle istanze presentate allo
Sportello unico.L'Agente contabile dovra' organizzare la propria
attivita' sulla base di un regolamento improntato alla massima
trasparenza della gestione, da adottare ad opera di ogni Ente sul
modello di quello esistente per la gestione dell'economato.
Nel caso in cui l'ufficio debba affrontare spese in misura superiore
a quanto richiesto a titolo di acconto (si fa riferimento, in
particolare, alle tariffe tempo/orario, non quantificabili ab
origine), si potrebbe prevedere il recupero a conguaglio dell'esatto
importo o, per supplire ad eventuali carenze temporanee, si potrebbe
ipotizzare di dotare l'Agente contabile di un'anticipazione
all'inizio dell'esercizio, da restituire al 31/12 di ogni anno.
Si ritiene che sia da escludere dall'ambito di attivita' dell'Agente
contabile la riscossione degli oneri di urbanizzazione, in quanto si
tratta generalmente di importi elevati, che seguono un percorso
vincolato e che sono gestiti direttamente, in modo esclusivo dal
Comune.
Si ritiene opportuno che il ruolo di Agente contabile sia rivestito
dal Responsabile di Sportello o da altro dipendente assegnato alla
struttura, od eventualmente, nei Comuni di minori dimensioni,
dall'economo.
Una soluzione alternativa a quella dell'Agente contabile
consisterebbe nel fare entrare in bilancio, nel rispetto del
principio dell'universalita' sancito all'articolo 162 del Testo unico
sull'ordinamento degli Enti locali, la contabilita' relativa alla
gestione dello Sportello unico. Cio' comporterebbe, tuttavia, un
aggravio dei tempi procedimentali previsti dal DPR 440/00, in quanto
per ogni Ente che interviene in istruttoria, si dovrebbe procedere
alla determina di impegno, alla liquidazione e all'emissione del
mandato di pagamento per le attivita' svolte.
Alla luce delle considerazioni esposte si ritiene pertanto opportuno
ricorrere alla figura dell'Agente contabile.
In merito alla riscossione dei diritti, si pone un problema specifico
relativamente ai diritti ARPA, in quanto le prestazioni dell'Agenzia
regionale per l'ambiente sono soggette ad IVA. Occorre valutare la
possibilita' che l'ARPA possa direttamente fatturare all'utente
l'IVA, con conseguente possibilita' di quest'ultimo di scaricarla.
Con specifico riguardo al procedimento in materia di valutazione di
impatto ambientale si ritiene che debba trovare applicazione il
disposto dell'articolo 10 del DPR 447/98.
Nel caso della Provincia di Bologna, poi, si e' presentato un
ulteriore aspetto critico, legato alla sottoscrizione di un
Protocollo d'intesa tra Provincia ed Enti esterni, avente come
oggetto la riduzione a sessanta giorni dei termini per l'emanazione
degli atti autorizzatori, pareri e nulla osta da parte delle
Amministrazioni esterne. L'articolo 10 del DPR 440/00 dispone che,
qualora le Amministrazioni di cui lo Sportello intende avvalersi, non
rispettino i tempi previsti (90 giorni ai sensi dell'articolo 4), non
si da' luogo al rimborso. A tal proposito non risulta chiaro se
l'Amministrazione esterna debba considerarsi inadempiente allo
scadere del novantesimo giorno, come da legge, o allo scadere del
sessantesimo giorno, come da Protocollo d'intesa.
Si ritiene opportuno risolvere la questione siglando una nuova
convenzione, che preveda il rilascio degli atti entro sessanta
giorni, per non modificare un accordo migliorativo gia' siglato in
precedenza, ma l'applicazione della sanzione (mancato rimborso agli
Enti esterni) soltanto allo scadere del novantesimo giorno, come
previsto dalla Legge.
In ogni caso si ritiene gia' sin d'ora, anche a prescindere da ogni
modifica alla convenzione, che la sanzione non possa che applicarsi
decorso il novantesimo giorno, in virtu' del fatto che il DPR,
all'articolo 10, richiama il termine previsto da quella fonte.
Il raccordo tra la disciplina del procedimento in materia di
Sportello unico per le attivita' produttive ed alcune normative
regionali di settore
Appare opportuno fornire alcune indicazioni in ordine al raccordo tra
la disciplina del procedimento unico ed alcune normative regionali di
settore rispetto alle quali e' stata particolarmente evidenziata
l'esigenza di un indirizzo interpretativo.
I) Disciplina urbanistica degli insediamenti produttivi e relative
indicazioni per gli Sportelli unici
necessario premettere che, in materia di pianificazione territoriale
ed urbanistica, convivono attualmente due differenti discipline:
quella introdotta dalla L.R. 24 marzo 2000, n. 20 e quella contenuta
nella previgente L.R. 47/78, modificata ed integrata, che continua a
regolare, in via transitoria ed entro limiti stabiliti, l'attivita'
urbanistica comunale.
Pertanto, al fine di orientare l'attivita' degli Sportelli unici
attinente ai profili urbanistici, le presenti indicazioni considerano
sia la nuova disciplina sull'uso e la tutela del territorio che
quella previgente.
Individuazione delle aree da destinare agli insediamenti produttivi
1) Art. 2 del DPR 447/98 e L.R. 20/00
La legge regionale ammette e riconosce nel territorio urbano, sia in
quello gia' costruito che in quello destinato a nuovi insediamenti,
la compresenza e l'equilibrata integrazione tra la funzione
residenziale e le altre funzioni sociali ed economiche tra cui anche
quella produttiva, purche' compatibile con l'uso abitativo.
Per le attivita' produttive incompatibili con la residenza, la legge
prevede una specifica disciplina degli ambiti ad uso prevalentemente
produttivo che sono assoggettati ad un diverso regime di
pianificazione in relazione all'impatto territoriale che producono.
La legge in particolare assoggetta alla pianificazione provinciale,
con l'intesa dei Comuni interessati, gli ambiti produttivi (di nuova
previsione, da riqualificare e da ampliare) che hanno effetti
territoriali ed ambientali sovracomunali, ed in questo caso il Piano
territoriale di coordinamento provinciale e' sostitutivo (ha cioe' il
valore e gli effetti) del Piano strutturale comunale.
La medesima disciplina e' prevista per i cosiddtti poli funzionali,
che l'art. A-14 della L.R. 20/00 definisce come ambiti caratterizzati
da una forte concentrazione e specializzazione delle funzioni
insediate e da una forte attrattivita', e nella cui nozione rientrano
talune delle attivita' produttive soggette allo Sportello unico,
quali i centri commerciali.
Agli strumenti urbanistici comunali e' assegnato invece il compito di
pianificare gli ambiti produttivi esistenti e quelli che hanno
effetti limitati al territorio del solo comune.
A questa disciplina sostanziale, si affianca un sistema di
pianificazione basato sulla flessibilita' degli strumenti.
Il Piano strutturale comunale e' il piano generale, di validita'
temporale indefinita, che individua le parti destinate ad essere
preservate da sostanziali modificazioni (ad esempio per ragioni
ambientali, storico-culturali) e che, sotto il profilo previsionale,
definisce le parti da urbanizzare e da riqualificare (anche in
relazione agli insediamenti produttivi). La flessibilita' dello
strumento di pianificazione deriva dal fatto che, in relazione alle
nuove previsioni di trasformazione, il PSC si limita a individuare
l'ambito, le caratteristiche funzionali ed urbanistiche, le
dotazioni, le prestazioni di qualita' urbana, lasciando al Piano
operativo comunale, il compito di individuare le aree per gli
insediamenti, di disciplinare le trasformazioni del territorio, di
disegnare l'assetto urbanistico e di stabilire gli indici urbanistici
ed edilizi e le destinazioni d'uso.
La L.R. 20/00 ha previsto che il procedimento di individuazione delle
aree da destinare ad insediamenti produttivi, di cui all'art. 2 del
DPR 447/98, sia assunto dai Comuni attraverso la predisposizione
dello strumento urbanistico operativo (POC) o delle sue varianti. In
tal modo la procedura individuata all'art. 2 del DPR e' stata
ricondotta dalla legge regionale all'interno dell'ordinario
procedimento di approvazione del Piano urbanistico (POC).Tale scelta,
contenuta al comma 13 dell'art. 30 della L.R. 20/00, soddisfa infatti
l'esigenza di semplificazione richiesta dall'art. 2 del DPR 447/98,
in quanto il POC e' elaborato ed approvato dal Comune attraverso un
modulo procedimentale essenziale disciplinato dall'art. 34 della L.R.
20/00.
Al fine di coordinare le disposizioni del regolamento statale con le
disposizioni legislative regionali, si ritiene che la Conferenza dei
servizi, prevista dall'art. 2 del medesimo DPR per acquisire l'intesa
di altre Amministrazioni eventualmente competenti, possa essere
convocata anche per assumere le valutazioni che la Provincia che e'
tenuta a formulare sui contrasti tra piano operativo e il piano
strutturale o le prescrizioni di piani sovracomunali sopravvenuti
(art. 30, commi 3 e 6 della L.R. 20/00).
Sotto il profilo della accelerazione del procedimento, occorre
rilevare che in sede di individuazione delle aree produttive il
Comune puo' anche disciplinare l'ulteriore pianificazione attuativa
prevista dall'art. 2, comma 2 del DPR 447/98. Infatti il POC puo'
assumere i contenuti di un piano attuativo, e pertanto avere il
valore e gli effetti anche del piano per gli insediamenti produttivi,
di cui all'art. 27 della Legge 865/71.
infine il caso di accennare agli interventi sul patrimonio edilizio
esistente (completamento, modifica funzionale, manutenzione e
ammodernamento, con esclusione della ristrutturazione urbanistica e
della riqualificazione) che vengono disciplinati dal regolamento
urbanistico ed edilizio e sono attuati direttamente attraverso il
rilascio della concessione edilizia o altro titolo abilitativo.
2) Art. 2 del DPR 447/98 e periodo transitorio regolato dalla
previgente legislazione regionale
La L.R. 20/00 ha regolato le ipotesi in cui l'attivita' urbanistica
comunale continua ad essere disciplinata secondo i contenuti e le
procedure della previgente L.R. 47/78 ed in coerenza con i principi
della L.R. 20/00. Quindi fino all'adeguamento della pianificazione
comunale alla recente legge regionale per l'individuazione delle aree
produttive valgono le disposizioni transitorie ivi contenute.
Si premette che e' garantito (art. 41 della L.R. n. 20) il principio
della piena attuazione delle previsioni dei vigenti PRG secondo la
citata L.R.47/78, fino all'approvazione della nuova strumentazione di
pianificazione, prevista secondo i termini previsti dall'art. 43
della L.R. 20/00; mentre la possibilita' di adottare un nuovo PRG o
variante generale (art. 42, comma 2 della L.R. 20/00, come modificato
dalla L.R. 34/00), e' venuta meno dall'11 aprile 2001.
Le ipotesi di variazione degli attuali PRG, attraverso le quali i
Comuni possono individuare nuove aree da destinare ad impianti
produttivi, sono regolate dall'art. 41, della L.R. 20/00.
A) Strumenti urbanistici che possono essere assunti dai Comuni dotati
di PRG approvati dopo l'entrata in vigore della L.R. 6/95
Entro cinque anni dall'entrata in vigore della L.R. 20/00 (11/4/2005)
i Comuni dotati di PRG approvati dopo l'entrata in vigore della L.R.
6/95 (18/2/1995) possono apportarvi modifiche adottando varianti
specifiche, con le modalita' di cui alla previgente legislazione
regionale, tra cui le varianti di cui all'art. 14 della L.R. 47/78
che sono approvate dalla Provincia. Tali varianti devono essere
assunte in conformita' con la pianificazione sovraordinata e in
coerenza con i principi stabiliti dalla L.R. n. 20.
B) Strumenti urbanistici che possono essere assunti dai Comuni dotati
di PRG approvati prima dell'entrata in vigore della L.R. 6/95
Fino all'approvazione dei nuovi strumenti e comunque entro tre anni
(11/4/2003) dall'entrata in vigore della L.R. n. 20 possono essere
adottate ed approvate varianti specifiche ai vigenti PRG - con le
modalita' della previgente L.R. 47/78 - che non introducano modifiche
sostanziali al piano e riguardino limitati incrementi della capacita'
insediativa e delle zone produttive D.I limitati incrementi si devono
considerare aggiuntivi rispetto a quelli consentiti per tutti i PRG
dal comma 2 dell'art. 41 della L.R. 20/00 e di cui al successivo
punto C).
C) Strumenti urbanistici che possono essere assunti da tutti i Comuni
dotati di PRG
Fino all'approvazione della nuova pianificazione comunale possono
essere adottate ed approvate limitate modifiche alle vigenti
previsioni urbanistiche consistenti secondo l'art. 41, comma 2, della
L.R. 20/00:
- nelle varianti ai piani particolareggiati come previsti all'art. 3
della L.R. 46/88;
- nelle varianti ai PRG cosidette minori definite nei contenuti
all'art. 15, commi 4 e 7, della L.R. 47/78, tra cui appaiono
significative, ai fini della individuazione di nuove aree produttive
e dell'approvazione dei progetti in variante agli strumenti
urbanistici, le ipotesi di incremento del dimensionamento delle aree
produttive fino al 3% e al 6% in relazione alla superficie delle aree
produttive esistenti e quelle gia' previste;
- nelle varianti previste dalla programmazione negoziata;
- nelle varianti di recepimento di previsioni di piani sovraordinati.
Attraverso tale ultima ipotesi il Comune puo' dare attuazione alle
aree produttive sovracomunali ed ai poli funzionali individuati dal
Piano territoriale di coordinamento provinciale.
Progetto comportante la variazione di strumenti urbanistici
Mentre la disposizione dell'art. 2 del DPR 447/98, appena esaminata
attiene all'attivita' di pianificazione comunale, la disposizione
dell'art. 5 attiene all'attivita' dello Sportello unico e prevede uno
speciale procedimento che puo' comportare la variazione degli
strumenti urbanistici vigenti.
Tale procedimento opera con riguardo ai Comuni dotati di piani
approvati sia ai sensi della recente L.R. 20/00 sia ai sensi della
legislazione previgente.
Si procede al punto 1) ad un esame di detto procedimento e nei punti
successivi si considerano le interazioni di detto procedimento
rispetto alle due differenti discipline regionali.
Art. 5 del DPR 447/98
Il progetto non conforme alle previsioni del Piano regolatore
generale o alle previsioni di un piano attuativo puo' dar luogo e due
soluzioni alternative: al rigetto della domanda oppure alla
convocazione di una Conferenza dei servizi per variare il piano
urbanistico qualora il progetto stesso soddisfi alcune condizioni.
Il rigetto dell'istanza, sotto l'aspetto procedurale, puo' produrre
gli stessi effetti della pronuncia negativa di cui all'art. 4, comma
2 del DPR in questione. Pertanto il responsabile del procedimento
trasmette entro tre giorni la pronuncia negativa (formulata sulla
base dell'istruttoria degli Uffici Tecnici comunali) all'impresa. Nel
caso in cui si prospetti la possibilita' di ricondurre il progetto
alla conformita' urbanistica, l'impresa puo' richiedere alla
struttura la convocazione di una Conferenza di servizi per concordare
le modifiche necessarie per rendere detto progetto conforme allo
strumento urbanistico e per svolgere l'esame dello stesso ai fini del
rilascio dell'autorizzazione.
Il responsabile del procedimento puo' motivatamente attivare lo
speciale procedimento di variante urbanistica, di cui all'art. 5 del
DPR, qualora sussistano precise condizioni:
- che il progetto presentato sia conforme alle norme in materia
ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro;
- che il contrasto con gli strumenti urbanistici derivi dal fatto che
gli stessi non individuano aree destinate ad impianti produttivi
oppure che le aree previste siano insufficienti rispetto al progetto
presentato.
Il procedimento di variante in questione, quindi, puo' avere inizio
solo nell'ipotesi di non conformita' urbanistica per totale carenza o
insufficienza di aree aventi destinazione produttiva; mentre ogni
altro contrasto con le previsioni del PRG e la difformita' del
progetto rispetto alla pianificazione sovraordinata, o alla
pianificazione paesistica, o a quella di bacino o delle aree naturali
protette non consente l'applicabilita' del procedimento.
necessario che l'attivazione del procedimento sia innanzitutto
preceduta dalla necessaria istruttoria tesa ad accertare l'esistenza
delle condizioni appena ricordate (conformita' alle norme in materia
ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro e la carenza di
previsioni di piano), e sia supportata da una istruttoria del
responsabile del procedimento in merito alle ragioni che inducono
l'Amministrazione a scegliere l'avvio del procedimento di variazione.
In particolare occorre dare una prima valutazione circa la
convergenza tra l'interesse dell'impresa e gli altri interessi
pubblici e privati coinvolti, tra cui l'interesse pubblico ad un
corretto uso del suolo.
Inoltre, poiche' l'assenso alla proposta di variante da esprimere in
sede di Conferenza di servizi e' propria del Consiglio comunale, in
quanto organo istituzionalmente competente in materia di
pianificazione urbanistica, la struttura unica potra' acquisire detta
determinazione consiliare non soltanto prima della conclusione della
Conferenza dei servizi, ma anche preliminarmente alla sua apertura,
per le evidenti esigenze di economia dell'azione amministrativa.
La convocazione della Conferenza dei servizi che da' inizio al
procedimento deve essere pubblicizzata per garantire il diritto di
intervento a coloro che potrebbero subire un pregiudizio dalla
realizzazione dell'intervento.
Qualora la decisione della Conferenza comporti la variazione
urbanistica, il verbale conclusivo costituisce adozione di variante e
pertanto dovra' essere depositato unitamente agli elaborati
costitutivi della variante; del deposito dovra' esser dato pubblico
avviso nel Bollettino Ufficiale della Regione e sulla stampa.
Gli atti sono soggetti ad osservazioni da parte di tutti i cittadini
nei termini e secondo le modalita' previste nella legge regionale.
Terminate le fasi del deposito e scaduti i termini per la
presentazione delle osservazioni, il Consiglio comunale entro i
successivi 60 giorni deve pronunciarsi definitivamente sulla
variante, tenendo conto delle osservazioni pervenute.
Il recente DPR 440/00, modificando il DPR 447/98, ha chiarito alla
fine del comma 2 dell'art. 5 che per detta pronuncia definitiva sulla
variante non e' richiesta l'approvazione da parte del livello
sovraordinato, rappresentato nella nostra Regione dalla Provincia, la
quale e' chiamata ad esprimere le proprie valutazioni nell'ambito
della Conferenza dei servizi.
In proposito occorre accennare alla recente pronuncia della Corte
Costituzionale n. 206 del 2001 che ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g) del DLgs 112/98
"nella parte in cui prevede che, ove il progetto di insediamento
contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico, la
determinazione della Conferenza di servizi costituisce, anche
nell'ipotesi di dissenso della Regione, proposta di variante sulla
quale si pronuncia definitivamente il Consiglio comunale.".
La Corte ha rilevato infatti che la norma censurata comporta una
lesione della competenza regionale (in Emilia-Romagna della
Provincia) in materia urbanistica, che non viene salvaguardata dalle
regole generali che disciplinano la Conferenza dei servizi.
Detta pronuncia sembra pertanto precludere che la Conferenza possa
concludersi positivamente nell'ipotesi di dissenso della Provincia.
Art. 5 del DPR 447/98 e L.R. 20/00
Secondo l'art. 30, comma 13 della L.R. 20/00, il procedimento
relativo al progetto comportante la variazione di strumenti
urbanistici trova applicazione qualora il contrasto abbia riguardo
alle previsioni contenute nel Piano operativo comunale, diversamente,
nel caso di contrasto del progetto con le previsioni del Piano
strutturale comunale (e con le previsioni dei piani territoriali
sovraordinati, come sopra detto), l'istanza presentata ai sensi
dell'art. 5 del DPR 447/98 deve essere senz'altro rigettata.Rispetto
alla nuova disciplina regionale, non hanno rilievo le questioni
relative al rispetto della competenza sovraordinata di approvazione
dei piani (e di cui alla sentenza appena citata), tenuto conto che il
procedimento attiene alla variazione di uno strumento urbanistico
adottato ed approvato esclusivamente dal Comune.
Si pone in evidenza tuttavia che alla Conferenza dei servizi,
prevista ai fini della proposta di variazione urbanistica, deve
partecipare la Provincia chiamata ad esprimere riserve esclusivamente
sulla conformita' della variante contenuta nel progetto al Piano
strutturale comunale e alle prescrizioni di piani sovracomunali
sopravvenuti.
3) Art. 5 del DPR 447/98 e periodo transitorio regolato dalla
previgente legislazione regionale
Si ritiene che il procedimento in questione possa essere avviato
durante il periodo transitorio, cioe' fino all'adeguamento della
pianificazione territoriale ed urbanistica alla L.R. 20/00.
Per il suo carattere di specialita', allo stesso non sono applicabili
le limitazioni previste dall'art. 41 della L.R. 20/00, fermi restando
i limiti della variazione che puo' interessare solo gli strumenti
urbanistici e la sussistenza delle condizioni come sopra detto.
II) Procedimento per l'autorizzazione alla costruzione e
all'esercizio di linee elettriche
Il procedimento in materia di autorizzazione alla costruzione e
all'esercizio di linee e impianti elettrici, inizialmente
disciplinato dalla L.R. 10/93 e' stato modificato dalla L.R. 3/99,
artt. 90 e ss., al fine di semplificare la materia.
In estrema sintesi il nuovo procedimento, che nella prassi
applicativa sta dando dei buoni risultati, prevede la presentazione
della domanda alla Provincia, cui compete il rilascio dell'atto
autorizzativo, unitamente alla richiesta dei necessari pareri, che
devono essere inviati direttamente dagli Enti competenti alla
Provincia. L'attuale durata del procedimento e' prevista
ordinariamente nel termine massimo di 75 giorni.
Lo spostamento del procedimento sullo Sportello unico comporta,
innanzitutto, una dilatazione della tempistica per il rilascio dei
pareri che passerebbe da 45 a 90 giorni e una durata complessiva del
procedimento che potrebbe passare da 45 giorni a 5 mesi.
Occorre, inoltre, considerare le caratteristiche degli impianti e
delle linee elettriche oggetto di autorizzazione che, come noto,
attraversano il territorio di diversi comuni; da cio' consegue che se
lo Sportello di ogni Comune dovesse istruire la richiesta di
autorizzazione per la parte di competenza territoriale si avrebbe una
moltiplicazione delle istruttorie e dei pareri con un evidente
aggravamento del procedimento amministrativo in violazione del
divieto sancito dal comma 2 dell'art. 1 della Legge 241/90 in base al
quale la pubblica Amministrazione non puo' aggravare il procedimento
se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo
svolgimento dell'istruttoria.
Inoltre, l'eccessiva frammentazione dell'istruttoria comporterebbe
inevitabilmente la perdita della valutazione e visione tecnica
unitaria della linea elettrica. Del resto, volendo mantenere
l'istruttoria a livello unitario si pone il problema
dell'individuazione di un unico Sportello competente, visto che
l'Associazione dei Comuni ai fini della creazione di uno Sportello
unico e' una scelta volontaria e non puo' essere espletata caso per
caso ai fini di espletare singole istruttorie. Non e', d'altra parte,
facilmente individuabile un criterio sulla base del quale stabilire
la competenza di uno Sportello unico di un Comune rispetto ai vari
Enti coinvolti. Tale criterio non e', infatti, mutuabile in via
analogica dalla previsione dell'art. 90, comma 9 della L.R. 3/99 che
prevede che nel caso in cui le opere interessino il territorio di due
o piu' province, il rilascio dell'autorizzazione spetta alla
Provincia nel cui territorio si sviluppa la porzione maggiore
dell'impianto, acquisito il parere delle Province interessate stante
il diverso ambito di competenza territoriale.
Si ritiene, pertanto, opportuno confermare l'applicazione della
vigente procedura per l'autorizzazione alla costruzione e
all'esercizio di linee elettriche, ai sensi degli artt. 90 e ss.
della L.R. 3/99 senza attribuirla allo Sportello unico.
III) Impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti
necessario verificare se l'istanza di autorizzazione alla
realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti
deve essere inoltrata allo Sportello unico, in quanto attivita' di
servizio svolta in forma di impresa, pur essendo di esclusiva
competenza delle Province.
Il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di impianti di
smaltimento e recupero di rifiuti, cosi' come disciplinata dall'art.
27 del DLgs 22/97 prevede in capo alla Regione - Provincia a seguito
della L.R. 3/99 - la competenza all'emanazione dell'atto e il
coordinamento e la raccolta dei pareri necessari tramite una
Conferenza di servizi alla quale partecipano i soggetti coinvolti tra
cui il Comune. L'atto autorizzativo sostituisce ad ogni effetto tutti
gli atti di assenso costituendo variante agli strumenti urbanistici
comunali.
Anche la localizzazione degli impianti che precede logicamente il
procedimento autorizzatorio in oggetto, compete alla Provincia in
fase di pianificazione di settore.
Poiche' e' gia' individuato dal legislatore statale un soggetto sul
quale insiste la responsabilita' unitaria sin dalle primissime fasi
dei vari procedimenti collegati, soggetto che e', pertanto, in grado
di gestire il procedimento con massima competenza e necessaria
visione d'insieme e considerato, inoltre, che il procedimento e'
disciplinato in modo analogo a quello previsto per lo Sportello
unico, risulta opportuno mantenere il procdimento in capo all'Ente
provinciale senza trasferirlo sullo Sportello unico.
IV) Procedimento per il rilascio dell'autorizzazione per gli impianti
fissi di telefonia mobile
opportuno fornire alcune precisazioni, in merito al rispetto dei
termini procedimentali, con riferimento al procedimento
autorizzatorio per gli impianti fissi di telefonia mobile di cui alla
L.R. 30/00 ed alla relativa direttiva applicativa adottata con
deliberazione della Giunta regionale n. 197 del 20 febbraio 2001.
Le autorizzazioni di cui trattasi sono rilasciate dal Comune a
seguito della presentazione, da parte dei gestori di rete, del
Programma annuale delle installazioni fisse da realizzare (art. 8,
comma 1 della L.R. 30/00). Il Programma annuale, comprensivo della
domanda di autorizzazione, deve essere presentato allo Sportello
unico ed il relativo procedimento e' disciplinato dalle norme del DPR
447/98 (artt. 8 e 21 della L.R. 30/00; punto 8.1 della direttiva).
La citata direttiva regionale fissa al 30 settembre di ogni anno il
termine entro il quale, di norma, i gestori presentano il Programma
medesimo.
Al fine di ridurre l'impatto ambientale, nonche' di favorire una
razionale distribuzione degli impianti fissi di telefonia mobile, il
riordino delle installazioni esistenti e l'utilizzo delle medesime
strutture impiantistiche nella realizzazione di reti indipendenti, il
Comune deve assumere idonee iniziative di coordinamento delle
richieste di autorizzazione dei diversi gestori, subordinando a
questi obiettivi il rilascio delle medesime (art. 8, comma 7 della
L.R. 30/00).
L'autorizzazione deve essere rilasciata entro 90 giorni dalla
presentazione del Programma (art. 8, comma 4 della L.R. 30/00).
Sembrano configurabili alcune incongruenze normative derivanti dalla
circostanza che, da un lato, i gestori hanno la facolta' di
presentare il programma entro un termine massimo (30 settembre di
ogni anno) senza che sia fissato un termine "minimo"; dall'altro, il
Comune deve rilasciare l'autorizzazione entro 90 giorni dalla
presentazione dell'istanza, dovendo pero' contestualmente assolvere
ai propri compiti di coordinamento in relazione alle richieste di
autorizzazione dei diversi gestori. Potrebbe, quindi, verificarsi
l'ipotesi che il Comune sia tenuto al rilascio dell'autorizzazione ad
un gestore, prima che i piani di altri gestori siano presentati.Alla
luce di tali considerazioni e' necessario chiarire se il termine di
90 giorni previsto per il rilascio da parte del Comune,
dell'autorizzazione per gli impianti fissi (articolo 8, L.R. 30/00)
debba interpretarsi come decorrente dal 30 settembre, data ultima per
la presentazione dei Programmi.
In merito a tale questione si precisa che detto termine non puo' che
ritenersi decorrente, per tutte le richieste di autorizzazione a
prescindere dalla data di presentazione del Programma, dal 30
settembre di ogni anno.
Una diversa lettura delle disposizioni di cui trattasi, infatti,
renderebbe arduo il concreto espletamento della funzione di
coordinamento e valutazione delle domande e delle osservazioni che il
Comune e' espressamente chiamato a svolgere.
Procedimento per il rilascio dell'autorizzazione per grandi strutture
di vendita
In relazione al procedimento di autorizzazione per l'apertura, il
trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di grandi
strutture di vendita occorre chiarire se sussista incompatibilita'
tra la normativa che regola lo svolgimento della Conferenza di
servizi preposta all'esame delle domande per il rilascio della
predetta autorizzazione commerciale e la disciplina sul funzionamento
della Conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della
Legge 241/90 (nel testo novellato dalla Legge 340/00).
Nel caso di specie, il quadro normativo di riferimento appare
abbastanza articolato.
Ai sensi dell'articolo 9 del DLgs 114/98, l'apertura, il
trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di una grande
struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal
Comune (comma 1).
La relativa domanda e' sottoposta all'esame di una Conferenza di
servizi, indetta dall'Amministrazione comunale, alla quale
partecipano i rappresentanti della Regione, della Provincia e del
Comune territorialmente interessati. La conferenza decide, a
maggioranza dei componenti, entro 90 giorni dalla sua convocazione,
in base alla conformita' dell'insediamento alle normative vigenti. Il
rilascio dell'autorizzazione e' comunque subordinato al parere
favorevole del rappresentante della Regione (comma 3).
Al legislatore regionale e' demandata l'adozione della disciplina
relativa al procedimento autorizzatorio - incluse le disposizioni
atte ad assicurare la trasparenza e la snellezza dell'azione
amministrativa e la partecipazione al procedimento stesso - nonche'
l'individuazione del termine, comunque non superiore a 120 dalla data
di convocazione della predetta Conferenza di servizi, entro il quale
devono ritenersi accolte qualora non sia comunicato il provvedimento
di diniego (comma 5).
Con la L.R. 14/99, la Regione Emilia-Romagna ha provveduto a dettare
le "Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione
del DLgs 31 marzo 1998, n. 114". Secondo quanto previsto
dall'articolo 11 la domanda di apertura di una grande struttura di
vendita e' presentata al Comune competente ed inviata in copia alla
Provincia e alla Regione.
Nel rispetto dei termini e degli adempimenti previsti ai commi 2 e 3
del medesimo articolo 11, il Comune indice la Conferenza di servizi
di cui all'articolo 9 del DLgs 114/98 fissandone lo svolgimento non
prima di 15 e non oltre 60 giorni (comma 4).
Se nel termine di 120 giorni dalla data di convocazione della
Conferenza non interviene la comunicazione dell'eventuale
provvedimento di diniego, la domanda deve ritenersi accolta (comma
7).
Qualora sia necessario il rilascio di apposita concessione edilizia,
l'interessato deve farne richiesta contestualmente alla domanda per
l'apertura dell'esercizio. Il relativo provvedimento e' emanato
contestualmente, ove possibile, ovvero successivamente al rilascio
dell'autorizzazione all'apertura (comma 8).
Come premesso, occorre valutare se sussistono problemi di
coordinamento tra la disciplina appena descritta e le disposizioni
della Legge 241/90 che regolano il funzionamento della Conferenza dei
servizi. Piu' precisamente, la questione si pone con riferimento
all'ipotesi in cui il procedimento di cui trattasi venga a
"transitare" attraverso la struttura unica: rispetto a tale
eventualita' e' necessario chiarire se sussistano profili di
incompatibilita' tra le disposizioni appena richiamate e la normativa
relativa di procedimento unico, particolarmente per quanto concerne
la disciplina introdotta dai nuovi articoli 14 e seguenti della Legge
241/90 (cui il DPR 447/98 fa, in piu' occasioni, espresso richiamo).
Al fine di verificare se - e secondo quali modalita' - il
procedimento in oggetto "transiti" attraverso la struttura unica,
occorre muovere dalla considerazione che lo Sportello unico per le
attivita' produttive risponde alla finalita' di garantire la
semplificazione ed accelerazione dei procedimenti, anzitutto
attraverso l'individuazione di un unico interlocutore del cittadino,
cui fa capo l'intero procedimento e cui compete l'acquisizione di
ogni eventuale atto di competenza di altre Amministrazioni.
Coerentemente con tali finalita', qualora ricorra una delle
fattispecie di cui all'articolo 1 del DPR 447/98, la stessa fonte
normativa non sembra lasciare spazio ad una procedura che escluda le
competenze dello Sportello unico. Una diversa lettura del DPR 447/98,
tale da giustificare il mancato ricorso alle procedure dallo stesso
previste, potrebbe forse ricollegarsi all'articolo 1, comma 2 della
Legge 241/90 in tema di divieto di aggravamento del procedimento
amministrativo. E' innegabile, infatti, che laddove l'intervento
dello Sportello unico comportasse un aggravio procedimentale, si
produrrebbero effetti contrari a quelli voluti dal regolamento di cui
trattasi. Occorre, tuttavia, considerare che le citate previsioni
della Legge 241/90 risultano, in realta', tese ad evitare
qualsivoglia aggravamento che sia imposto al procedimento per
iniziativa dell'Amministrazione procedente, mentre nell'ipotesi
considerata l'aggravamento deriverebbe da una scelta propria dello
stesso legislatore.
Come noto, con il DPR 440/00 viene specificato il campo di
applicazione della disciplina sullo Sportello unico. Il nuovo
regolamento, infatti assoggetta espressamente a tale disciplina anche
gli impianti "relativi a tutte le attivita' di produzione di beni e
servizi", ivi incluse, a titolo meramente esemplificativo, le
attivita' agricole, commerciali e artigiane, le attivita' turistiche
ed alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari
finanziari, i servizi di telecomunicazioni (articolo 1, comma 1 bis,
DPR 447/98 come inserito dal DPR 440/00). Tale previsione, tesa a
superare eventuali interpretazioni restrittive, fa proprio
l'orientamento gia' prevalente in dottrina e fatto proprio dalla
circolare PCM dell'8 luglio 1999, recante i criteri per
l'applicazione delle disposizioni in materia di Sportello unico per
le attivita' produttive.
Occorre tuttavia precisare che anche la predetta specificazione
interessa esclusivamente il momento della realizzazione
(ristrutturazione, ampliamento, ecc.) dell'impianto adibito ad uso
commerciale, non operando invece in relazione alla fase di esercizio
dell'attivita' commerciale. Cio' conformemente a quanto previsto
dall'articolo 1, comma 1 del DPR 447/98 che circoscrive l'ambito di
applicazione del regolamento alla localizzazione degli impianti
produttivi di beni e servizi, alla loro realizzazione,
ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e
riconversione dell'attivita' produttiva, nonche' all'esecuzione di
opere interne ai fabbricati adibiti ad uso di impresa, facendo salvo
quanto previsto dal DLgs 114/98, recante la disciplina relativa al
settore del commercio.
Nel caso di specie, pertanto, le modalita' procedimentali indicate
dal DPR 447/98, come da ultimo modificato, andrebbero seguite in
ordine alla realizzazione dell'impianto (o agli altri interventi di
cui al citato articolo1, comma 1), mentre dovrebbe farsi esclusivo
riferimento alle procedure previste dal DLgs 114/98 per cio' che
riguarda l'autorizzazione allo svolgimento dell'attivita'
commerciale.
Fermo restando quanto fin qui osservato, risulta evidente che la
soluzione alla questione emersa in relazione al procedimento di cui
trattasi (ossia, se, e secondo quali modalita', esso "transiti"
attraverso la struttura unica) andra' ricercata sulla base di
un'attenta analisi circa l'impatto della nuova disciplina del
procedimento unico sulla relativa normativa di settore.
Attualmente l'iter del procedimento in oggetto risulta cosi'
articolato:
- normalmente il richiedente presenta al Comune due distinte domande
(art. 11 della L.R. 14/99), l'una rivolta al Settore Attivita'
produttive e tesa ad ottenere l'autorizzazione (commerciale)
all'apertura di una grande struttura di vendita, l'altra rivolta al
Settore Urbanistica e tesa ad ottenere l'emanazione della concessione
edilizia (ovvero, preliminarmente, l'approvazione del piano
particolareggiato d'iniziativa privata, laddove gia' non ve ne sia
uno d'iniziativa pubblica);
- il Comune, verificata la contestuale presentazione di entrambe le
domande e compiuti gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3
dell'articolo 11 della L.R. 14/99, da' corso tanto alla procedura per
il rilascio dell'autorizzazione commerciale (convocazione della
Conferenza di servizi prevista dall'articolo 9 del DLgs 114/98 ed
emanazione del relativo provvedimento, ovvero silenzio-assenso
decorsi 120 giorni dalla data di convocazione della Conferenza),
quanto alle procedure relative agli aspetti urbanistici, fermo
restando che il provvedimento autorizzatorio deve intervenire
preliminarmente, ovvero contestualmente, rispetto a quello
concessorio.
In tale contesto, puo' accadere che sia individuata come competente a
ricevere le domande la struttura comunale preposta allo Sportello
unico: trattasi tuttavia di una scelta puramente organizzativa in
quanto non e' comunque previsto il ricorso alle procedure di cui al
DPR 447/98, fungendo qui la struttura unica da mero "collettore"
delle domande.
Assumendo invece la competenza dello Sportello unico in relazione al
procedimento di cui trattasi:
- il richiedente dovrebbe presentare un'unica domanda alla struttura
competente, a fronte delle due distinte domande attualmente
necessarie: cio' potrebbe rappresentare un punto di effettiva
semplificazione anche a vantaggio dell'Amministrazione procedente che
non dovrebbe piu' fronteggiare situazioni - segnalate nella pratica -
nelle quali alla presentazione della domanda di provvedimento
autorizzatorio non si accompagni la contestuale richiesta di quello
concessorio, ancorche' necessaria;
- per quanto concerne l'autorizzazione alla vendita, la struttura
comunale preposta allo Sportello unico provvederebbe alla indizione
della Conferenza di servizi prevista dall'articolo 9 del DLgs 114/98,
che - per le ragioni esposte in precedenza - resterebbe comunque
assoggettata alla disciplina per essa appositamente dettata: non si
porrebbero pertanto i supposti problemi di coordinamento normativo
sopra evidenziati;
- per quanto concerne i profili urbanistici, la struttura comunale
preposta allo Sportello unico provvederebbe a dare corso alle
procedure previste dagli articolo 4 e seguenti del DPR 447/98:
trattasi di un aspetto da valutare con particolare attenzione tenuto
conto della tempistica e delle peculiari modalita' procedimentali
introdotte dalla disciplina in oggetto. In tale contesto, peraltro,
altra questione da valutare con particolare attenzione risulta essere
quella attinente all'unicita' del provvedimento finale.