COMUNICATO
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2001 (art. 11 della L.R. 21 marzo 1995, n. 15)
Signor Presidente del Consiglio, signori consiglieri regionali
In attuazione della previsione dell'art. 11, comma 1 della L.R. 21
marzo 1995, n. 15, invio la relazione sull'attivita' da me svolta
nell'anno 2001, cosi' da consentire a codesto consesso di effettuare
gli adempimenti di competenza di cui al comma 4 della stessa norma,
il quale prevede: "Il Consiglio regionale, su proposta dell'Ufficio
di Presidenza, esamina e discute la relazione; tenuto conto delle
osservazioni in essa formulate, adotta le determinazioni di propria
competenza che ritenga opportune e invita i componenti degli Organi
statutari della Regione ad adottare le ulteriori misure necessarie".
Il presente documento rappresenta pertanto il bilancio di un anno di
esercizio delle funzioni di difesa civica, ed ha la finalita' di
mettere a disposizione ogni utile elemento di conoscenza e
valutazione circa l'adeguatezza delle attivita' e delle iniziative
poste in essere dal Difensore civico, ma e' finalizzato soprattutto a
fornire a codesto Consiglio spunti di riflessione sulle iniziative
piu' opportune da adottare per promuovere ulteriormente la diffusione
e il consolidamento della difesa civica.
A tale scopo la relazione si articola in diverse parti, distinte in
titoli secondo i loro contenuti.
Nel primo titolo "Quadro normativo di riferimento" viene illustrato
il complesso di norme, statali e regionali, che disciplinano gli
ambiti di intervento del Difensore civico e i possibili rimedi
offerti ai richiedenti, cittadini e formazioni sociali.
Nel secondo titolo "Dati statistici" vengono fornite le informazioni
riepilogative dell'attivita' svolta nell'anno, evidenziandone gli
aspetti piu' significativi.
Nel terzo titolo "Attivita' e strategie operative" vengono
evidenziati i problemi organizzativi e gestionali dell'ufficio, le
difficolta' incontrate e i traguardi conseguiti nei rapporti con le
Amministrazioni destinatarie e con l'utenza, gli incontri e le
iniziative adottate in ambito regionale e fuori del territorio
regionale.
Nel quarto titolo "Casistica di taluni interventi effettuati nei
confronti delle strutture regionali nonche' degli Enti, Istituti,
Consorzi e Aziende di cui all'art. 2, comma 1, lettere b), c) e d)
della L.R. n. 15 del 1995", sono evidenziati taluni interventi posti
in essere nella mia veste di Difensore civico regionale, ai sensi del
comma 1 dell'art. 2, L.R. 15/95.
Nel quinto titolo "Casistica di alcuni degli interventi piu'
significativi svolti nei confronti delle Amministrazioni periferiche
dello Stato ai sensi dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n.
127", sono illustrate le funzioni, surrogatorie in quanto svolte in
sostituzione del costituendo Difensore civico nazionale, esplicate
nei confronti degli uffici periferici delle Amministrazioni statali e
degli enti pubblici.
Nel sesto titolo "Alcuni degli interventi piu' significativi posti in
essere nei confronti di altre pubbliche Amministrazioni ed enti
diversi", sono evidenziati gli interventi attuati in esecuzione del
principio di collaborazione con tutte le pubbliche Amministrazioni
previsto dall'art. 2, comma 2 della L.R. 15/95.
Nel settimo titolo "Conclusioni" sono illustrate alcune
considerazioni conclusive che mi permetto di sottoporre a codesto
Consiglio, chiamato a valutare ed operare, con scelte lungimiranti e
tempestive, tutte le misure piu' adeguate per consolidare e
sviluppare il sistema di difesa civica regionale.
1. Quadro normativo di riferimento
Mentre da un lato si assiste ad una progressiva modifica della
cornice politico-istituzionale nella quale opera la pubblica
Amministrazione, attraverso una evoluzione ed una presa di coscienza,
da parte della societa' civile, dell'esigenza di tutelare in maniera
piu' incisiva i soggetti e le diverse categorie esponenti di
formazioni sociali, dall'altro e' mancato il riconoscimento a livello
nazionale del ruolo della difesa civica da parte del Parlamento, con
l'approvazione del testo unificato di varie proposte di legge diretto
ad istituite la figura del Difensore civico nazionale (Progetto di
legge n. 619 Camera, avente ad oggetto "Norme in materia di Difensore
civico").
Tale progetto e' infatti ormai decaduto con la scadenza naturale
della XIII Legislatura.
Peraltro, altre proposte di legge sono state prontamente presentate
nel corso della presente legislatura, ed alcune di esse appaiono
particolarmente significative e foriere di sviluppi futuri.
Mi riferisco, in special modo, all'Atto Camera n. 878, contenente una
proposta di legge costituzionale avente ad oggetto "Modifiche alla
Costituzione concernenti il Difensore civico e i diritti elettorali
nelle elezioni comunali per i cittadini di Paesi appartenenti
all'Unione Europea".
da rammentare al riguardo che nel corso dei lavori della Commissione
bicamerale era gia' stato esperito un tentativo di fornire un
fondamento costituzionale all'istituto della difesa civica; nel testo
originariamente predisposto a modifica dell'art. 111, veniva
disciplinata la possibilita' di istituire per legge l'ufficio del
Difensore civico quale organo di garanzia nei rapporti tra il
cittadino e la pubblica Amministrazione.
Tale previsione, che non ha avuto seguito per le note vicende della
Commissione stessa, aveva il difetto di prevedere tale istituto
solamente come facoltativo.
Al contrario, la proposta di Legge n. 878 individua l'istituto come
obbligatorio. Infatti, l'art. 1 della predetta proposta, intitolato
"Difensore civico", cosi' recita:
"Dopo l'art. 113 della Costituzione e' inserito il seguente:
Art. 113 bis - E' istituito il Difensore civico come alto
rappresentante, eletto dal Parlamento, per la difesa dei diritti dei
cittadini, in particolare nei confronti della pubblica
Amministrazione e dei pubblici poteri.
La legge definisce le modalita' di scelta e le funzioni del Difensore
civico.".
Attraverso questa previsione il legislatore ha riconosciuto la
necessita' di individuare, a livello costituzionale, un principio di
tutela alternativo alla giurisdizione, quale quello offerto dalla
difesa civica, che si ispira ai principi di democrazia e buona
amministrazione in quanto rappresenta uno strumento di facile
accesso, gratuito e in grado di sopperire, almeno in parte, ai
ritardi della giustizia italiana.
peraltro da sottolineare che la formulazione dell'art. 1 della citata
proposta e' comunque circoscritta, in quanto si limita a prevedere
una tutela solamente nei confronti delle pubbliche Amministrazioni
centrali, alle quali fanno bensi' capo rilevantissimi poteri e
funzioni che coinvolgono interessi e rapporti per tutto il territorio
nazionale, lasciando peraltro irrisolto il problema di un sistema
complessivo di difesa civica esteso a tutti i livelli e nei confronti
di tutte le pubbliche Amministrazioni.
Sarebbe invece auspicabile una previsione costituzionale che
ricomprendesse una visione organica dell'istituto della difesa
civica, con una indicazione a tutto campo dell'esigenza di dare
effettivita' al diritto alla buona amministrazione previsto dalla
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Cio' significherebbe riconoscere, tra le funzioni individuate come
fondamentali dal nostro ordinamento, l'esigenza dell'istituto della
difesa civica, esteso a tutti i livelli e munito del carattere
dell'obbligatorieta', cosi' da assicurare un sistema generalizzato ed
organico di difesa civica, quale esiste oramai in tutti i Paesi
dell'Unione Europea.
L'auspicio e', pertanto, che nel corso dell'iter parlamentare, l'atto
n. 878 trovi una piu' puntuale enunciazione della necessita' della
difesa civica, cosi' da divenire un principio al quale dovranno
attenersi i diversi enti nella loro attivita' normativa.
Un'altra significativa modifica al sistema di difesa civica e'
scaturita da una Legge nazionale, la n. 212 del 2000, la quale ha
trovato puntale applicazione nella nostra regione solamente durante
il corso dell'anno 2001.
Tale legge, che reca disposizione in materia di statuto dei diritti
del contribuente, all'art. 13 prevede la nuova figura del Garante del
contribuente.
Il Garante e' un organo collegiale che deve essere istituito presso
ogni Direzione regionale delle Entrate, presso la quale ha sede ed
opera in piena autonomia nei confronti dell'Amministrazione
finanziaria per rimuovere disfunzioni, irregolarita', scorrettezze,
prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro
comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra
cittadini e Amministrazione.
In sostanza, il Garante funziona allo stesso modo di un Difensore
civico che opera nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, ed
ha il compito di segnalare le disfunzioni e le incongruenze
riscontrate nell'attivita' della stessa Amministrazione; il Garante
e' peraltro sprovvisto, come del resto il Difensore civico, di poteri
operativi o tantomeno coercitivi.
L'introduzione di tale organismo ha comportato che tutti gli
interventi in materia fiscale aperti presso questo ufficio sono stati
inviati per competenza all'ufficio del Garante, con l'unica eccezione
di quelli oramai in fase di conclusione.
Ho ritenuto peraltro opportuno richiedere al Garante un cenno di
notizia in ordine alla conclusione delle pratiche inviate, anche al
fine di fornire eventualmente delucidazioni agli interessati che a
suo tempo si erano rivolti a me.
Viceversa, ho ritenuto di non dover inviare al Garante le pratiche in
materia di tributi locali, in quanto la norma che individua la
competenza del predetto organo e' limitata alle fattispecie nella
quali e' controinteressata l'Amministrazione centrale o le agenzie
fiscali, e non puo', conseguentemente, ricomprendere le fattispecie
che interessano gli Enti locali.
Nei confronti di questi ultimi, infatti, lo statuto prevede solamente
un dovere di adeguare i propri ordinamenti ai principi contenuti
nello statuto: diritti di informativa, di interpello, di difesa, di
trasparenza, di chiarezza, di semplificazione, di tutela
dell'integrita' patrimoniale, nonche' i divieti di turbativa per la
richiesta di documenti gia' in possesso ovvero per l'accesso
immotivato presso la sede del contribuente (art. 1, comma 4, ma anche
art. 17, comma 1).
In tale convincimento sono stata confortata da un recente parere
dell'Avvocatura dello Stato, interpellata al riguardo dal Garante del
Veneto. Di contrario avviso e' l'organismo di coordinamento dei
Garanti, il quale ritiene che, "in tempi in cui il federalismo
fiscale prevede progressivamente il passaggio dagli organi centrali
dello Stato alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, se si
escludesse la competenza del Garante da un parte si priverebbe
ingiustificatamente il contribuente di un possibile aiuto rispetto ad
alcuni tributi, dall'altra si avrebbe una condanna del Garante stesso
ad estinguersi perche' si vedrebbe escluso da ambiti importanti
dell'attivita' impositiva rispetto alla quale il contribuente deve
invece rapportarsi".
Questa prospettazione a mio avviso non coglie il cuore del problema:
infatti, l'attribuzione al Garante del contribuente della competenza
ad intervenire nella materia dei tributi locali sarebbe forse idonea
a tutelare il contribuente, ma costituirebbe sicuramente una lesione
al potere dell'Ente locale di prevedere un suo proprio Difensore
civico al quale demandare, tra le altre materie, appunto quella, di
notevole peso, relativa al contenzioso tributario.
Sarebbe infatti in contrasto con i principi dell'autonomia e del
federalismo il negare alle Regioni e agli Enti locali che hanno
istituito o che istituiranno il proprio Difensore civico la
possibilita' di demandare allo stesso una competenza naturale quale
quella di risoluzione dei conflitti concernenti i propri tributi.
La soluzione piu' aderente ai principi del federalismo e', pertanto,
quella di rendere obbligatoria l'istituzione del Difensore civico da
parte di tutte le pubbliche Amministrazioni, e non certo quella di
spostare la competenza sui tributi locali ad un organo statale.
Mi preme inoltre segnalare un provvedimento di notevole peso, che nel
corso dell'anno 2001 ha dato attuazione alla previsione normativa in
materia di miglioramento delle comunicazioni con i cittadini da parte
del Servizio sanitario regionale, contenuta negli artt. 15 e 16 della
L.R. n. 19 del 1994, attraverso forme di partecipazione attiva delle
organizzazioni di tutela e volontariato dei cittadini all'attivita'
di miglioramento della qualita' del servizio reso all'utente, anche
attraverso la costituzione di Comitati consultivi misti.
In tale ottica, la Giunta regionale, con deliberazione n. 320 del
2000, aveva individuato un sistema di gestione dei reclami in linea
con la necessita' non solo di risolvere il singolo caso quanto
piuttosto di pervenire ad un miglioramento generale del Servizio.
Nell'ambito delle procedure indicate in tale documento,
l'Amministrazione regionale individuava, quale strumento di
intervento ancora piu' incisivo e rappresentativo, un organismo
avente composizione mista, costituito da rappresentanti delle
categorie interessate - Aziende sanitarie e ospedaliere e
associazioni di volontariato e di tutela dei diritti del malato - e
presieduto da un soggetto "super partes", ad esempio il Difensore
civico.
In linea con tale previsione, l'Azienda Unita' sanitaria locale di
Bologna Sud nel marzo 2001 ha istituito un'apposita Commissione
conciliativa mista, presieduta da un rappresentante del Difensore
civico, avente il compito di valutare, in sede di riesame, i reclami,
le osservazioni e le opposizioni presentate dai soggetti utenti dei
servizi erogati dall'Azienda contro atti o comportamenti ritenuti
lesivi.
Si tratta di un importante precedente che appare idoneo a migliorare
la qualita' della comunicazione tra operatori ed utenti ed a
migliorare la qualita' dei servizi offerti agli utenti stessi.
La Commissione ha avviato la sua attivita' nel corso del 2001,
prendendo in esame e concludendo un caso di reclamo, ed
evidenziandosi come strumento idoneo a garantire i cittadini nei
confronti delle strutture sanitarie, in special modo attraverso la
prassi di sentire personalmente gli stessi in ordine agli episodi
segnalati.
2. Dati statistici
Nell'anno 2001 e' proseguito il trend di incremento delle richieste
da parte di cittadini ed associazioni, a riprova concreta del
sentimento di attenzione della popolazione nei confronti
dell'istituto e dell'apprezzamento per le iniziative poste in essere
a loro tutela.
Evidenzio di seguito l'incremento degli interventi svolti nel corso
degli ultimi cinque anni, che ha portato pressoche' al raddoppio
delle istanze: e' la riprova che l'istituto viene avvertito dalla
popolazione come necessario, ma che e' altrettanto necessario un
ulteriore sforzo, da parte dell'Amministrazione regionale, per far
conoscere ai cittadini l'esistenza e le caratteristiche operative di
questo strumento, ponendo in essere specifiche iniziative di
informazione e con il potenziamento della struttura:
Difesa civica ultimi cinque anni Interventi
1997 738
1998 776
1999 1218
2000 1243
2001 1409
da sottolineare al riguardo che l'incremento di casi esaminati
nell'anno 2001 e' stato, rispetto all'anno 2000, del 13,35%.
anche da sottolineare che questo incremento sarebbe stato
presumibilmente maggiore se il posto di Dirigente dell'Ufficio non
fosse risultato vacante, a seguito del collocamento a riposo,
avvenuto con decorrenza primo aprile 2001, del dott. Vittorio
Bernini, Dirigente dell'Ufficio il quale si era costantemente
dimostrato un prezioso collaboratore ed un riferimento indispensabile
per tutte le attivita' ed iniziative poste in essere.
In effetti, la struttura ha risentito pesantemente di tale assenza,
nonostante l'impegno ulteriore profuso da tutto il personale, in
primis dalla dott.ssa Gloria Guicciardi, ed e' stato giocoforza
rinunciare a talune iniziative di collaborazione e di informazione
che pur erano gia' state programmate per l'anno 2001.
Le richieste sono pervenute con queste modalita':
Tipologia Richieste
di persona 640
posta ordinaria 248
e-mail 34
telefono 335
fax 84
linea verde su territorio regionale 59
iniziativa d'ufficio 9
Alle suddette (1409) istanze devono essere aggiunte le richieste
telefoniche piu' semplici, che si sono concretate in un colloquio
telefonico conclusosi con una semplice informazione (indicativamente
una decina al giorno).
In relazione agli enti destinatari, le richieste di intervento
possono essere cosi' suddivise:
Enti destinatari Interventi
Regione/Enti regionali/Aziende USL 236
Amministrazioni periferiche dello Stato 291
Aziende erogatrici di servizi pubblici 46
Comuni convenzionati con la RER 371
Comuni non convenzionati 196
Sono altresi' pervenute richieste e reclami delle seguenti tipologie:
Altre richieste e reclami Interventi
Richieste di nomina di "Commissario ad acta" 3
Procedimenti trasmessi per competenza ad altro Difensore civico o
ad altra autorita' 37
Archiviati per inammissibilita': 229
riferivano problematiche di diritto privato e rapporto di impiego
con pubbliche Amministrazioni
Nell'anno 2001 e' pervenuta, nella mia qualita' di Difensore civico
del Comune di Ravenna, una richiesta di controllo eventuale ai sensi
del combinato disposto dell'art. 127 del DLgs n. 267 del 2000 - TU
delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali - e dell'art. 33 della
L.R. n. 7 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni.
Trattandosi di una fattispecie particolarmente significativa, ritengo
opportuno illustrare, sia pur per sommi capi, il contenuto della
richiesta stessa.
Alcuni consiglieri comunali richiedevano, con nota in data 20 luglio
2001, il controllo di legittimita' su una deliberazione del Consiglio
comunale di Ravenna avente ad oggetto "Rinnovo dei contratti rep. n.
2660 del 1996 e n. 2912 del 1997, relativi rispettivamente alle Fasi
1 e 2 di riconversione del SIC in ambiente Unix Client-Server, ad
Akros Informatica Srl di Ravenna".
Con successiva comunicazione datata 21 luglio 2001, pervenuta a
questo ufficio il 24 dello stesso mese (ed alla Segreteria generale
del Comune di Ravenna il 25 dello stesso mese), i predetti
consiglieri comunali inoltravano, facendola propria, una nota redatta
dal consigliere Ancisi, ad integrazione della precedente richiesta.
Valutate le istanze pervenute, rilevavo che, mentre la richiesta di
controllo in data 20 luglio risultava presentata entro il termine e
dal numero di consiglieri comunali previsti dal comma 1 dell'art. 127
del DLgs 18 agosto 2000, n. 267, al contrario la nota in data 21
luglio non poteva essere presa in esame in quanto era pervenuta oltre
i dieci giorni dall'affissione all'Albo pretorio della citata
deliberazione (in quanto l'affissione stessa e' stata effettuata il
12 luglio 2001). Oltre a cio', rilevavo che le riserve in essa
indicate circa l'illegittimita' della deliberazione impugnata non
concernevano rilievi gia' posti con la richiesta di controllo
presentata in data 20 luglio 2001, ma afferivano invece a circostanze
ed elementi nuovi e non contenuti nell'originaria richiesta.
Nella richiesta di controllo pervenuta in termini, inoltre, non erano
state menzionate le norme violate, come invece previsto dal comma 1
dell'art. 127 del DLgs 267/00; nella richiesta stessa, difatti, i
consiglieri si erano limitati ad evidenziare una serie di
osservazioni e perplessita' nel merito dei contenuti del
provvedimento.
In conclusione, dichiaravo inammissibile il reclamo proposto con nota
in data 21 luglio 2001, mentre rigettavo il reclamo proposto con nota
in data 20 luglio 2001 in quanto nel reclamo non erano state indicate
violazioni specifiche di norme.
Con nota del 3 agosto 2001, il consigliere Ancisi presentava le
proprie obiezioni argomentando con le seguenti considerazioni:
"La Legge (art. 127 del TU sull'ordinamento degli Enti locali) non
dice che i reclami di cui trattasi debbano pervenire al Difensore
civico entro dieci giorni dall'affissione all'Albo pretorio della
deliberazione contestata, bensi' che i consiglieri reclamanti ne
facciano richiesta scritta nei termini predetti;
la nota non ammessa alI'esame e' stata "fatta" il 21 luglio 2001,
entro i dieci giorni successivi all'affissione all'Albo pretorio
della deliberazione contestata;
non e' stata trasmessa il giorno stesso a codesto Ufficio perche' era
un giorno di sabato, in cui gli uffici comunali di Ravenna sono
chiusi, cosi' come codesto stesso Ufficio; e' stata trasmessa il
primo giorno utile, cioe' il 24 luglio, essendo state festive le
giornate del 22 (domenica) e del 23 (Santo patrono di Ravenna); la
trasmissione e' avvenuta via fax, dietro suggerimento dell'impiegata
del Comune di Ravenna addetta a codesto Ufficio;
e' appena logico che i dieci giorni concessi dalla legge per
esaminare la deliberazione, riscontrare i motivi di illegittimita' e
indicare esattamente le norme di legge violate, scrivere il testo del
reclamo, raccogliere un consistente numero di firme di consiglieri
comunali non facilmente reperibili per la natura del loro incarico
presso la residenza municipale, devono essere concessi per intero al
netto di festivita' che riducessero il termine finale a 9, 8 o al
limite anche meno giorni;
e' prassi diffusa che scadenze di legge coinvolgenti obblighi dei
cittadini verso lo Stato siano prorogate al primo giorno non festivo
quando coincidenti con una festivita';
nel dubbio interpretativo, dovrebbe essere adottata la soluzione che
piu' va verso gli obiettivi della legge (nel caso, il controllo
dell'atto in presenza di dubbi di legittimita') e non in direzione
contraria (nessun controllo su un atto di cui si contesta la
legittimita');
e' cosi' avvenuto che la parte del ricorso piu' stringente e
attinente la violazione di precise norme di legge, puntualmente
menzionate, e' caduta nel vuoto, consentendo alla deliberazione di
evitare un controllo piu' difficilmente rigettabile: questo
risultato, anche se valutabile solo in sede politica, senza alcun
addebito a nessuna volonta' produce amarezza anche considerando che i
casi assoggettabili a controllo eventuale sono minimi e quasi mai
sollevati dai consiglieri di questo Comune".
Dopo avere esaminato attentamente le argomentazioni contenute nella
lettera citata ho risposto prendendo preliminarmente in esame
l'interpretazione data all'inciso "ne facciano richiesta scritta",
utilizzato dal legislatore per indicare il termine entro il quale i
consiglieri possono richiedere il controllo previsto dall'art. 127
del DLgs 267/00.
Un chiarimento al riguardo si rende a mio avviso indispensabile, e
cio' non tanto per quanto concerne il controllo sulla deliberazione
del Consiglio comunale di Ravenna PG n. 35494 del 5/7/2001, quanto
piuttosto per evitare fraintendimenti in relazione a future,
eventuali richieste di controllo.
Innanzitutto e' da osservare che l'iniziativa dei consiglieri di
sottoporre a controllo le deliberazioni della Giunta e del Consiglio
deve essere disposta per il tramite del Segretario comunale, al quale
quindi va presentata la relativa istanza, ai sensi dell'art. 23 della
L.R. 7/92 e successive modificazioni e integrazioni.
Inoltre, tale iniziativa, qualora si riferisca a provvedimenti
rientranti nell'elencazione di cui all'art. 127, costituisce una
facolta' ed un onere per gli stessi, nonche' condizione
imprescindibile affinche' il Difensore civico (o il Comitato
regionale di controllo) intervengano per l'esame di loro competenza.
La mancanza di tale iniziativa nei limiti previsti dalla relativa
disciplina determina, al contrario, l'efficacia del provvedimento
stesso.
L'iniziativa in questione si configura pertanto come atto recettizio,
in quanto produce i suoi effetti nella sfera del destinatario,
attivando l'esame di competenza del Difensore civico solamente
allorche' quest'ultimo ne sia messo a conoscenza tempestivamente.
A conclusione di quanto sopra segnalo che, nel gennaio 2002, mi e'
stata comunicata l'approvazione in Consiglio comunale di una
deliberazione con la quale e' stato disposto, da un lato il ritiro,
in sede di autotutela, della delibera approvata il 5 luglio, e
dall'altro la definizione delle linee di indirizzo per l'espletamento
della gara dei servizi informatici, con l'adozione di un'asta
pubblica per affidare all'esterno il servizio di gestione e
manutenzione per la durata di 4 anni del sistema informatico
comunale.
Tale decisione e' stata adottata in seguito alla presentazione, da
parte del consigliere Ancisi per il Gruppo consiliare "Lista per
Ravenna", di un ricorso contro la delibera del 5 luglio 2001 alla
Comunita' Europea che l'ha ammesso all'esame, secondo il diritto
comunitario.
Infine, e' da segnalare che nell'anno 2001 sono state presentate n.
35 richieste di intervento per accesso agli atti ed alle informazioni
giacenti presso uffici della pubblica Amministrazione.
Di tali richieste, la gran parte relative atti e documenti di Enti
locali, alcune sono risultate particolarmente significative in
quanto, in una materia che pur riscontra frequenti ed esaustive
pronunce giurisprudenziali, si e' spesso resa necessaria un'opera di
convincimento e di spiegazioni in relazione a fattispecie di non
corretta applicazione della normativa da parte dell'Amministrazione.
Si forniscono di seguito i dati relativi a tali istanze:
Istanze archiviate perche' inammissibili n. 7
Istanze trattate n. 21
Istanze trattate come consulenze n. 5
Istanze non coltivate dall'interessato n. 2
Totale n. 35
Delle n. 21 istanze trattate, n. 7 sono state concluse con il
seguente esito:
- positivo: n. 6 di cui:
- per n. 2, l'Amministrazione ha collaborato alla definizione o ha
fornito spiegazioni;
- per n. 4, e' stata accolta la tesi proposta dal Difensore civico
- negativo: n. 1, l'Amministrazione, pur motivando, ha provveduto in
modo difforme da quanto sostenuto dal Difensore civico.
E' da precisare al riguardo che, delle n. 21 istanze trattate, n. 11
si sono concretate in altrettante richieste di riesame ai sensi
dell'art. 25 della Legge n. 241 del 1990.
Come e' noto, al Difensore civico e' stata attribuita, con l'art. 15
della Legge n. 340 del 24 novembre 2000, una nuova competenza in
materia di accesso alla documentazione amministrativa, con cio'
modificando il comma 4 dell'art. 25 della Legge n. 241 del 1990.
Nella mia precedente relazione manifestavo le mie perplessita' circa
l'efficacia di tale attribuzione, posto che non esiste alcun potere
del Difensore civico, una volta esaurito con esito infruttuoso il
procedimento, di costringere l'Amministrazione a dare corso
all'adempimento: in tal caso resta infatti al richiedente solamente
la strada del ricorso al TAR.
Significativamente, in almeno due episodi di richiesta di riesame,
nei quali mi sono ritrovata impotente di fronte a dinieghi di accesso
manifestamente ingiustificati, ho avuto conferma della fondatezza
delle mie preoccupazioni.
In relazione agli enti destinatari, le richieste di intervento
possono essere cosi' suddivise:
- Attivita' svolta nei confronti dell'Amministrazione regionale, di
Enti o Istituti, Consorzi ed Aziende dipendenti o sottoposti a
vigilanza o controllo (236):
Enti Interventi
Ambiente 22
Arstud 12
Beni culturali 2
Consorzi bonifica 22
Concorsi 4
Contributi regionali 6
Differimento accesso atti, diritto all'informazione, rilascio
documenti 11
Edilizia residenziale 47
Formazione 1
Opere e lavori pubblici 2
Procedimento amministrativo 2
Sanita'/Aziende USL e Ospedaliere 76
Servizi sociali 9
Urbanistica 1
Altre materie 19
- Attivita' svolta nei confronti di Enti locali non convenzionati
(196):
Materia Interventi
Ambiente 21
Anagrafe 5
Autocertificazione 15
Cimiteri 3
Commercio 5
Concorsi 2
Contributi pubblici 2
Cultura 1
Differimento accesso atti, diritto accesso atti, diritto
all'informazione 5
Edilizia pubblica 3
Invalidi civili 2
Lavori opere pubbliche 9
Scuole pubbliche 7
Traffico e Polizia municipale 26
Servizi sociali 12
Strade comunali 2
Tributi locali 34
Urbanistica 26
Altre materie 16
- Attivita' svolta nei confronti di Enti e Amministrazioni
periferiche dello Stato nonche' nei confronti di Aziende erogatrici
di Servizi pubblici (325):
Enti Interventi
ANAS 7
Agenzia del territorio 8
Aeroporto 2
Aziende erogatrici Servizi pubblici (SEABO, Telecom, ENEL, FFSS,
URAR, etc.) 56
Beni culturali (Soprintendenza) 6
Commissioni tributarie TAR e tribunali ordinari 71
Corte Conti 2
Corte Appello 1
Capitaneria Porto 1
Demanio 5
Diritto all'informazione, accesso atti, rilascio documenti 10
Garante contribuente 6
Immigrazione/Consolati 3
Societa' Autostrade 2
Ministero Difesa 4
Ministero Istruzione 20
Ministero Finanze 32
Ministero Trasporti 4
Monopoli di Stato 1
Polizia statale 25
PRA 1
Previdenza/INPS-INPDAP - altre 30
Prefettura 8
Provincia di Bologna e altre 14
Questura 4
Universita' 2Nel corso dell'anno 2001 e' proseguita l'attivita' di
difesa civica nei confronti delle Amministrazioni comunali
convenzionate: Bologna, Ravenna, Imola, Castel San Pietro Terme,
Borgo Tossignano, Budrio, Casalecchio di Reno, Casalfiumanese, Castel
del Rio, Castel Guelfo, Crevalcore, Dozza, Fontanelice, Mordano,
Pieve di Cento, Sant'Agata Bolognese, Zola Predosa.
Gli interventi posti in essere nei confronti delle predette
Amministrazioni comunali, in numero di 371, sono cosi' ripartiti:
- Comuni convenzionati con la Regione Emilia-Romagna :
Comuni Interventi
Bologna 145
Ravenna 154
Budrio 8
Casalecchio 15
Crevalcore 1
Sant'Agata Bolognese 2
Zola Predosa 7
Imola 27
Castel San Pietro Terme 9
Castel Guelfo 0
Borgo Tossignano 0
Castel del Rio 0
Fontanelice 0
Mordano 0
Dozza 2
Castelfiumanese 0
Pieve di Cento 1
- I suddetti hanno interessato le seguenti materie:
Materia Interventi
Ambiente, Tutela e difesa del suolo 21
Anagrafe 10
Artigianato 5
Autocertificazione 5
Cimiteri 8
Commercio 9
Concorsi locali 6
Contributi pubblici 12
Cultura, Sport, Spettacolo 10
Diritto accesso atti e all'informazione 8
Edilizia residenziale pubblica 18
Immigrazione 4
Parchi e giardini, Tutela verde pubblico 12
Opere e lavori pubblici 20
Scuole comunali 15
Servizi pubblici (erogazione acque, elettricita', trasporti, etc.)
27
Servizi sociali 38
Strade comunali 9
Tributi locali 42
Urbanistica ed edilizia 24
Viabilita', circolazione e piani traffico 26
Violazione Codice strada, Polizia amministrativa locale 30
Altre materie 12
Non e' invece ancora giunta a conclusione la convenzione con la
Provincia di Bologna la quale, pur essendo stata deliberata da
entrambi gli Enti, necessita di ulteriori approfondimenti.
Si tratta di una convenzione che prevede l'affidamento al Difensore
civico regionale dello svolgimento delle funzioni di difesa civica
provinciale, con facolta' per la Provincia stessa di stipulare
apposite convenzioni con i Comuni del proprio territorio, per
estendere anche a questi ultimi l'utilizzo della difesa civica
regionale.
Una simile previsione appare particolarmente invitante per gli Enti
locali, soprattutto per quelli di ridotte dimensioni, atteso anche
che l'impegno economico richiesto sarebbe particolarmente ridotto.
intuibile che l'approvazione della convenzione in esame costituira'
un precedente significativo e non ancora attuato in altre regioni,
tale da assicurare un'ampia tutela dei componenti la comunita'
provinciale e da incrementare in maniera sensibile l'impegno di
questo ufficio. Nel corso del 2001, sono stati conclusi 1159
procedimenti con i seguenti esiti:
Positivo (310)
- 52 con l'accoglimento della raccomandazione del Difensore civico
- 251 con la collaborazione della PA
Negativo (92)
- 67 accertata infondatezza dopo istruttoria
- 21 con dissenso motivato dalla PA e non condiviso dal Difensore
civico
- 4 per mancata collaborazione
Archiviato (649)
- 52 per infondatezza del reclamo
- 20 per rapporto di lavoro con la PA
- 90 per controversia tra privati o Enti privati
- 19 trasmessi ad altra autorita' per competenza
- 79 per rinuncia al reclamo da parte degli interessati
389 casi in cui e' stata prestata consulenza, forniti consigli e date
le delucidazioni agli interessati.
3. Attivita' e strategie operative
Come ho evidenziato sopra, l'attivita' dell'ufficio ha grandemente
risentito del collocamento a riposo del dirigente dell'ufficio del
Difensore civico, a decorrere dall'1 aprile 2001: per nove mesi la
scrivente e tutta la struttura si sono trovate in condizioni di dover
far fronte all'espletamento di funzioni non di propria competenza,
sottraendo tempo ed energie alle attivita' proprie, con conseguente
impossibilita' di fornire sempre risposte adeguate alle esigenze
dell'utenza, e cio' nonostante fosse stato affidato ad interim
l'incarico ad altro dirigente regionale, peraltro avente la propria
sede di servizio altrove ed oberato dei propri molteplici impegni.
Tutto cio' e' avvenuto in un momento nel quale la richiesta di difesa
civica si trovava in una fase di espansione, in relazione alla quale
avevo reiteratamente ed inutilmente sollecitato un adeguamento
dell'organico alla accresciuta mole di interventi e all'incremento di
competenze via via attribuite dal legislatore nazionale e regionale.
da sottolineare al riguardo che l'organico di questo ufficio e'
rimasto invariato dalla sua istituzione; sono al contrario
decuplicate le richieste di intervento, mentre sono state attivate
ben 17 convenzioni con altrettante Amministrazioni comunali,
convenzioni che prevedono il ricevimento del pubblico in loco da
parte di funzionari dell'ufficio a cadenza settimanale o mensile, con
la conseguenza che il predetto personale viene sottratto sempre in
maggior misura all'ordinaria attivita' presso questa sede.
Emblematica al riguardo e' la richiesta di incrementare il numero
delle presenze mensili pervenuta nell'anno 2001 da parte del Comune
di Imola, Amministrazione con la quale esiste dal 1998 una
convenzione per l'esercizio della difesa civica.
La convenzione attualmente in essere prevede infatti una sola
presenza mensile presso quella sede; per il resto, le richieste di
intervento vengono inviate o direttamente dagli interessati o per via
telematica attraverso l'Ufficio Relazioni con il pubblico di
quell'ente, e vengono trattate presso questa sede regionale.
Si trattava di una richiesta del tutto condivisa dalla scrivente, in
considerazione della notevole affluenza di pubblico nel giorno di
ricevimento e anche al fine di evitare di disperdere i frutti degli
sforzi intrapresi per valorizzare l'attivita' svolta.
In tal senso ho pertanto evidenziato all'Ufficio di Presidenza
l'esigenza di corrispondere a tale richiesta, tenuto peraltro
presente che, stante l'aggravio di lavoro e di missioni da parte del
personale, si rendeva contestualmente indispensabile un adeguamento
dell'organico, da me gia' reiteratamente richiesto in precedenza.
A tale richiesta purtroppo non e' stato dato riscontro.
Scendendo all'esame delle attivita' piu' significative svolte nel
corso dell'anno, e' da segnalare che sono proseguiti anche nell'anno
2001 gli incontri serali con la popolazione dei Comuni convenzionati,
allo scopo di promuovere anche nei loro confronti una migliore
conoscenza dell'istituto.
Numerose sono state anche le occasioni di incontro con i soggetti
istituzionali dei vari enti ed Amministrazioni, in connessione con le
problematiche di difesa civica: si citano, a titolo esemplificativo,
il corso di formazione tenuto presso il Servizio immigrazione del
Comune di Bologna, al quale hanno partecipato numerosi operatori
coinvolti in vario modo nelle problematiche proprie dei soggetti
extracomunitari presenti nell'hinterland bolognese, e il seminario
con alcune classi di studenti degli istituti superiori tenutosi
presso il Consiglio regionale.
La scrivente ha inoltre partecipato a numerosi convegni e conferenze,
tra i quali particolarmente impegnativo il Seminario che si e' tenuto
a Bruxelles dal 19 al 21 settembre, avente ad oggetto "The ombudsmen
against discrimination", al quale hanno partecipato pressoche' tutti
i Difensori civici nazionali e regionali presenti nel territorio
dell'Unione Europea.
Si e' trattato di una occasione di incontro e di scambio di notizie e
di opinioni ad alto livello, che ha indubbiamente contribuito ad
approfondire il ruolo del Difensore civico nella tutela dei diritti
fondamentali dell'uomo presentati in modo globale, cioe' sia quelli
"classici" che quelli "della seconda generazione".
In questa occasione, il Mediatore europeo ha illustrato
l'introduzione di un Codice di buona condotta amministrativa, redatto
a seguito di un'indagine svolta presso organismi e istituzioni
comunitarie al fine di assicurare regole comuni di disciplina del
comportamento dei pubblici funzionari nei loro rapporti con il
pubblico.
Nell'allegare alla presente relazione una copia del predetto codice,
segnalo che si tratta di un documento di particolare rilevanza per il
buon andamento delle istituzioni pubbliche, sul quale mi permetto di
richiamare l'attenzione delle SS.LL.
Pur essendo una risoluzione, priva come tale di valore cogente, la
sua adozione da parte di codesta Amministrazione potra' essere di
grande utilita' per i dirigenti e i collaboratori, in quanto un utile
strumento per evitare molti casi di cattiva amministrazione
attraverso un miglioramento delle relazioni tra i soggetti privati e
strutture amministrative.
Sottolineo inoltre l'opportunita' che ai contenuti di questa carta
venga conferito un carattere di obbligatorieta', o recependoli in un
Regolamento o mediante altre modalita' idonee a prescrivere al
personale dipendente l'obbligo di attenersi puntualmente ad esso.
In tal modo codesta Amministrazione dara' applicazione anche al
decreto del Dipartimento della Funzione pubblica 28 novembre 2000 -
Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
Amministrazioni - il quale, al comma 3, art. 1, dispone che le
previsioni degli artt. 3 e seguenti dello stesso decreto possono
essere integrate o specificate dai Codici adottati dalle singole
Amministrazioni, ai sensi dell'art. 58 bis, comma 5 del DLgs 3
febbraio 1993, n. 29.
Quest'ultima disposizione consente alle pubbliche Amministrazioni di
dettare, nel rispetto dei principi espressi dal decreto, autonome
norme del comportamento dei propri dipendenti modulate sulle diverse
esigenze espresse dalle singole realta'.
Nel corso dell'anno ho avuto ripetuti incontri con i Difensori civici
delle altre regioni nell'ambito del Coordinamento nazionale, al fine
di concordare ed individuare le opportune iniziative, ai vari
livelli, per rafforzare il ruolo e l'attivita' della difesa civica in
Italia.
Similmente ho avuto svariati incontri con i Difensori civici locali
presenti nella regione, per coordinare le rispettive aree di
attivita'.
A tale proposito evidenzio che, dopo un ampio dibattito, nella
riunione del 30 novembre 2001 i Difensori civici presenti hanno
approvato lo statuto della Conferenza dei Difensori civici
dell'Emilia-Romagna. La predetta Conferenza, istituita allo scopo di
dare concreta attuazione alle indicazioni contenute nell'art. 13
della L.R. n. 15 del 1995, si prefigge la promozione di una piu'
efficace tutela dei diritti fondamentali della persona in rapporto
all'evoluzione della tutela non giurisdizionale a livello locale,
regionale e nazionale, attraverso scambi, collegamenti e
collaborazioni varie con gli interlocutori istituzionali e non.
Infine, il 27 marzo si e' insediata presso questo ufficio la
Commissione per i procedimenti referendari e d'iniziativa popolare -
della quale la scrivente e' Presidente di diritto - istituita ai
sensi degli artt. 40 e seguenti della L.R. n. 34 del 1999 con il
compito di giudicare l'ammissibilita' delle proposte di iniziativa
popolare e delle richieste di referendum abrogativi.
Nell'espletamento della propria attivita' la predetta Commissione ha
predisposto, come primo adempimento, il Regolamento interno per la
disciplina del proprio funzionamento.
Nel corso dell'anno 2001 sono stati sottoposti all'esame della
Commissione due quesiti referendari, oltre ad una proposta di legge
d'iniziativa del Consiglio provinciale di Piacenza.
Attesa la rilevanza e la delicatezza dei quesiti proposti, e in
considerazione della necessita' di procedere all'audizione degli
incaricati a rappresentare i promotori dei referendum o della
proposta di legge, la Commissione si e' fatta carico di tenere
numerose riunioni al fine di fornire una approfondita ed esaustiva
valutazione circa la fondatezza di essi.
Passando all'esame di specifici aspetti dell'attivita' posta in
essere nel periodo di riferimento, desidero segnalare che sono
pervenute, come del resto gia' in passato, numerose attestazioni di
riconoscimento per i risultati conseguiti, sia da parte di privati
che di associazioni.
L'ampiezza e la frequenza di tali apprezzamenti rappresenta uno degli
aspetti che giustificano maggiormente la mia attivita', nella
consapevolezza che, in ogni caso, tali atteggiamenti sono solo un
aspetto della medaglia.
Pur essendo, ovviamente, pervenute anche valutazioni negative, e a
volte anche offensive, sulla qualita' del nostro operato, e' comunque
sempre un sollievo constatare l'apprezzamento della concreta utilita'
della nostra azione e percepire la soddisfazione di coloro ai quali
e' stato prestato aiuto, spesso persone deboli e non sempre in grado
di sostenere l'onere della parcella di un legale, o cittadini che, in
buona fede, sono incapaci di comprendere che la loro pretesa non puo'
trovare accoglimento perche' in contrasto con normative vincolanti.
Anche per l'anno 2001 ho riscontrato come una gran parte delle
disfunzioni lamentate e' risultata dipendere dalla irrazionale
organizzazione interna degli uffici o dalla farraginosita' delle
prassi operative seguite da questi ultimi, spesso funzionali
solamente alle loro esigenze, ma incapaci di fornire ai cittadini il
doveroso ed adeguato riconoscimento delle loro aspettative.
Al riguardo ho sempre ribadito, e lo faccio con decisione anche in
questa sede, che la struttura pubblica esiste per servire il
cittadino nella maniera piu' adeguata, piu' agile, piu' aperta, piu'
disponibile.
Non corrispondere a tale esigenza significa non svolgere a fondo il
proprio compito, non aiutando ma vessando il cittadino, e venendo
quindi meno alla finalita' assegnata.
Devo sottolineare con compiacimento che anche nell'anno 2001 e'
proseguita una proficua collaborazione tra il mio ufficio e i
responsabili delle strutture regionali e delle altre Amministrazioni,
con cio' rendendo piu' veloce ed efficace il mio operato e di
conseguenza la soddisfazione degli utenti.
Solamente in alcuni casi marginali ho dovuto procedere, dopo alcune
infruttuose sollecitazioni, alla convocazione del responsabile del
procedimento.
Nella presente relazione ho evidenziato, al sesto titolo, gli
interventi attuati in esecuzione del principio di collaborazione con
tutte le pubbliche Amministrazioni previsto al comma 2 dell'art. 2
della L.R. 15/95.
Si tratta di richieste rivolte ad Enti ed Amministrazioni pubbliche
nei confronti delle quali, pur non esistendo una mia diretta
competenza ad intervenire, ho sollecitato una collaborazione
attraverso la proposta di quesiti o il suggerimento di rimedi in
forma ufficiosa, nel presupposto che, diversamente, irregolarita' o
disservizi da esse cagionati a danno dei cittadini non sarebbero
state rilevate e corrette.
I risultati di questo tipo di intervento sono stati diversi a seconda
della diversa sensibilita' istituzionale e del temperamento dei
soggetti preposti ai singoli uffici, ma complessivamente ho ricevuto
una buona collaborazione e una attenzione sensibile alle questioni da
me prospettate.
Da ultimo, prima di passare alla casistica di alcuni tra gli
interventi piu' significativi, sento il dovere di precisare, come ho
gia' fatto per le precedenti relazioni, che le fattispecie segnalate
si riferiscono ad episodi di ritardi, cattivo funzionamento o
irregolarita', attesa appunto la finalita', propria della difesa
civica, di strumento per superare le situazioni di cattiva
amministrazione.
Tale circostanza, peraltro, non puo' essere interpretata come una
valutazione negativa sulla complessiva attivita' dell'ente, in quanto
non e' dato desumere, da un singolo episodio isolato, un giudizio di
siffatto genere sull'intera attivita' dell'ente stesso.
4. Casistica di taluni interventi effettuati nei confronti delle
strutture regionali nonche' degli Enti, Istituti, Consorzi o Aziende
di cui all'art. 2, comma 1, lettere b), c) e d) della L.R. n. 15 del
1995
Vengono descritti qui di seguito alcuni interventi, tra quelli posti
in essere nell'anno 2001, che appaiono piu' significativi e
rappresentativi dell'attivita' svolta nei confronti delle strutture
regionali e degli Enti, Istituti, Consorzi e Aziende di cui all'art.
2, comma 1, lettere b), c) e d) della L.R. n. 15 del 1995.
- Regione Emilia-Romagna - Assessorato alla Programmazione
territoriale, Politiche abitative e Riqualificazione urbana
n. 416/2001
Il Difensore civico di Parma mi evidenziava i gravissimi danni
derivanti ai portatori di handicap dalla scarsita' di finanziamenti
statali per contributi alle opere di superamento ed eliminazione
delle barriere architettoniche.
A riprova di cio' mi segnalava il caso di un invalido parziale, il
quale non riusciva ad ottenere il contributo pur essendo in lista
d'attesa da anni, poiche' da un lato la Legge 13/89 da' la priorita'
alle richieste di invalidi totali con difficolta' di deambulazione e
dall'altro l'insufficienza di finanziamenti non consente di coprire
tutte le richieste.
Nel segnalare alla Direzione generale Programmazione e Pianificazione
urbanistica questa situazione, evidenziavo come dalla stessa poteva
derivare agli interessati un ulteriore, irreparabile danno: infatti,
l'inadeguato finanziamento per anni della Legge 13/89, correlato con
l'orientamento della predetta Direzione generale di ritenere che il
diritto al contributo si perde qualora, nel frattempo, l'invalido sia
deceduto, portava alla conseguenza aberrante che quest'ultimo
rischiava non solo di ottenere con molto ritardo quanto a lui
spettante, ma addirittura di perdere il rimborso per opere gia'
eseguite e gia' utilizzate.
Ho successivamente appreso con soddisfazione che in proposito si e'
attivato l'Assessore regionale competente, con la presentazione al
Consiglio regionale di una proposta di istituzione di un apposito
fondo regionale, quale sostegno finanziario degli interventi della
Legge 13/89 per l'ipotesi in cui le somme attribuite dallo Stato alla
Regione non fossero sufficienti a coprire l'intero fabbisogno.
La predetta proposta ha trovato piena attuazione attraverso lo
stanziamento di un miliardo disposto con l'art. 56 della Legge
finanziaria regionale 27/01.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Agricoltura
n. 399/2001
Un'azienda agricola, volendo beneficiare dei contributi per
investimenti in agricoltura previsti dal Piano regionale di sviluppo
rurale, ed avendo i propri terreni ubicati parte in provincia di
Ravenna e parte di Bologna, aveva presentato un unico piano di
investimento, indirizzandolo alle due Province per quanto di
rispettiva competenza.
Mentre la Provincia di Ravenna, a conclusione dell'istruttoria, aveva
accolto positivamente il piano, altrettanto non aveva fatto la
Provincia di Bologna, in base al rilievo che la spesa indicata
dall'azienda nel piano stesso non raggiungeva il minimo di
investimenti richiesto dal Piano regionale.
Inutilmente la Federazione regionale Coltivatori diretti
dell'Emilia-Romagna aveva fatto presente alla Provincia di Bologna
l'iniquita' di tale esclusione.
Esaminata la questione, ho ritenuto piu' rilevante e significativa
un'azione nei confronti della struttura regionale competente, cioe'
la Direzione generale Agricoltura, giacche' il problema prospettato
non sembrava isolato, bensi' con una valenza di carattere generale.
Verificato poi che il Piano regionale non conteneva alcuna previsione
al riguardo, prospettavo alla citata Direzione generale
l'opportunita' di integrare il Piano stesso con l'indicazione delle
modalita' operative da seguire in simili casi, ad evitare il rischio
che Province e Comunita' montane esercitassero le funzioni loro
spettanti con modalita' divergenti a fronte di situazioni analoghe.
D'altra parte, l'attribuzione di competenza alle Province in cui e'
localizzata l'area oggetto dell'investimento, frutto di una scelta
operativa, non poteva avere come conseguenza l'esclusione o la
riduzione del beneficio in relazione allo spezzettamento burocratico
ed artificiale degli investimenti, non corrispondente alla realta'
concreta.
L'integrazione appariva poi particolarmente opportuna tenuto conto
sia della rilevanza e dell'importanza del settore agricolo, e sia in
quanto l'operativita' delle indicazioni contenute nel Piano si
protraeva fino all'anno 2005.
In ogni caso, rilevavo che gia' ora gli enti territoriali interessati
sarebbero potuti pervenire ad una soluzione equa del caso
prospettato: infatti, a fronte della presentazione di un'unica
domanda indirizzata ai due Enti, la relativa istruttoria doveva
essere esperita da entrambe le Province interessate, possibilmente
attraverso la Conferenza di servizi prevista dalla Legge 241/90,
unica essendo l'azienda e identici i requisiti richiesti come
condizione di ammissibilita'.
La Direzione generale Agricoltura invitava allora la Provincia di
Bologna a riesaminare il proprio diniego, riservandosi di studiare il
problema da me prospettato.
Infine, con deliberazione di Giunta n. 2001/1459, l'Amministrazione
regionale provvedeva a disciplinare la fattispecie relativa alla
presentazione di piani di investimento per interventi da realizzare
in territori di competenza di piu' enti, individuando a tal fine un
apposito iter procedurale fondato sul coordinamento e la
collaborazione di tutti gli enti coinvolti.
La Provincia di Bologna allora si adeguava alle indicazioni regionali
e concedeva il finanziamento alla ditta.
- Regione Emilia-Romagna - Servizio provinciale Difesa del suolo di
Bologna
n. 620/2001
Un gruppo di cittadini mi segnalava il potenziale pericolo di
cedimento dell'argine sinistro del canale Navile, conseguente al
crollo di un canale di scolo.
In precedenza gli stessi avevano informato di cio' sia il Servizio
regionale Difesa del suolo che il Consorzio della Bonifica Renana,
affinche' intervenissero di conseguenza.
In risposta alle mie sollecitazioni, il Servizio regionale Difesa del
suolo faceva presente di aver avuto notizia del crollo attraverso il
proprio personale tecnico addetto alla sorveglianza della zona, e di
aver trasmesso una relazione al Consorzio della Bonifica Renana, in
quanto ritenuto competente ad intervenire.
Pertanto, mentre il Servizio regionale non aveva ritenuto di dover
adottare alcun provvedimento in quanto convinto della competenza del
Consorzio di Bonifica, quest'ultimo allo stesso modo non aveva
adottato alcuna iniziativa in quanto si riteneva incompetente.
A questo punto pero' il Servizio Difesa del suolo, consapevole della
gravita' sella situazione, decideva di accantonare per il momento il
problema dell'individuazione dell'ente obbligato a provvedere, e
richiedeva alla Direzione generale Ambiente della Regione
Emilia-Romagna un finanziamento straordinario per intervenire con
procedure d'urgenza o di somma urgenza.
Pertanto, nelle more della definizione della competenza a provvedere,
ed in considerazione della situazione di pericolosita' per
l'incolumita' pubblica, venivano predisposti gli interventi di messa
in sicurezza dell'arginatura.
- Regione Emilia-Romagna - Assessorato Programmazione e
Pianificazione urbanistica
n. 381/1999
giunta a soluzione positiva una vicenda che si trascinava dal 1998 -
su cui mi sono diffusamente soffermata nelle precedenti relazioni -
la quale, per l'ampiezza dei potenziali destinatari, aveva assunto
una rilevanza di carattere generale.
Si trattava del problema dell'accollo agli assegnatari di alloggi di
edilizia residenziale pubblica delle spese di trasloco anche
nell'ipotesi che quest'ultimo fosse stato determinato dall'esigenza
dell'Istituto di ristrutturare il relativo immobile.
Nel silenzio della L.R. n. 12 del 1984 e successive modificazioni ed
integrazioni, l'Istituto autonomo case popolari di Bologna aveva
assunto la determinazione di accollare tali spese all'assegnatario
qualora il trasloco fosse definitivo.
Tale impostazione, a mio avviso, era in contrasto con l'obbligo,
assunto dall'Istituto in sede di sottoscrizione del contratto di
assegnazione, di consentire il godimento dell'alloggio senza poter
modificare in senso deteriore tale situazione: conseguentemente
l'Istituto, pur avendo il diritto di chiedere all'assegnatario di
consentire al cambio di alloggio, non poteva, nel silenzio della
legge, far gravare su quest'ultimo gli oneri derivanti dal trasloco.
Dopo uno scambio di corrispondenza ed un incontro con il Direttore
della Direzione generale Programmazione e Pianificazione urbanistica,
avevo ricevuto assicurazioni circa l'inserimento di una norma in tal
senso nel progetto di legge regionale in materia di edilizia
residenziale pubblica e riforma degli IACP.
Nel corso dell'anno 2001, con L.R. 8 agosto 2001, n. 24, l'obiettivo
e' stato raggiunto: infatti la stessa, all'art. 28, prevede che, in
caso di mobilita' per esigenze di ristrutturazione, le spese di
trasloco nell'alloggio provvisorio e quelle per il rientro in quello
originario siano a carico del Comune.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Politiche sociali
n. 2/2000
Nella relazione sull'attivita' svolta nell'anno 2000 davo conto di un
intervento diretto a far riconoscere che la pensione di invalidita'
civile e l'assegno di accompagnamento non sono computabili tra gli
emolumenti che concorrono a formare il reddito degli utenti disabili
assistiti dai presidi socio-sanitari.
Questi i fatti. Con una direttiva risalente al 1993, la Regione
Emilia-Romagna aveva fornito agli Enti locali i criteri per la
determinazione del concorso alla spesa da parte degli utenti disabili
assistiti nei presidi socio-sanitari, includendo tra gli emolumenti
che concorrevano a formare il reddito degli stessi anche la pensione
di invalidita' civile e l'assegno di accompagnamento: in tal modo, un
beneficio riconosciuto a fronte di patologie invalidanti
particolarmente gravi, che impediscono la mobilita' e l'espletamento
delle quotidiane attivita' fisiche, veniva vanificato e addirittura
determinava la penalizzazione degli utenti piu' bisognosi di fruire
del servizio.
Manifestavo allora all'Amministrazione l'esigenza di modificare con
la massima sollecitudine la Direttiva 875/93, quantomeno per
adeguarla alle normative intervenute nel frattempo nella materia,
dapprima con DLgs n. 109 del 1998, come modificato ed integrato dal
DLgs n. 130 del 2000, e successivamente con Legge n. 328 del 2000 -
Legge quadro sull'assistenza.
Nell'aprile 2001 la Giunta regionale approvava la nuova direttiva,
recante il n. 474/2001, stabilendo in via transitoria che la
valutazione della situazione reddituale degli utenti venisse
effettuata, da parte degli enti erogatori, con esclusione
dell'assegno di accompagnamento e della pensione di invalidita'
civile.La citata direttiva lasciava peraltro irrisolto, nonostante le
mie sollecitazioni al riguardo, il problema del rimborso agli aventi
diritto di quanto pagato in precedenza a tale titolo.
Sul punto, a tutt'oggi non ho avuto una risposta soddisfacente dal
Servizio regionale competente.
Dal momento che l'Amministrazione regionale ha riconosciuto la
fondatezza delle mie argomentazioni per il futuro, non si comprende
per quali motivi non abbia adottato ancora alcuna determinazione per
quanto concerne il periodo pregresso, quantomeno con decorrenza
dall'entrata in vigore del DLgs 31 marzo 1998, n. 109, il quale ha
espressamente escluso tali emolumenti dai criteri di valutazione
della situazione economica dei richiedenti.
Purtroppo, nell'inerzia dell'Amministrazione regionale gli Enti
locali erogatori del servizio si sono comportati in maniera
diversificata: risulta che alcuni abbiano provveduto al rimborso
delle somme versate in precedenza a titolo di contribuzione sul costo
della prestazione, e che altri invece abbiano sospeso ogni
determinazione, in attesa di formulare un apposito quesito
all'Amministrazione regionale sulla possibilita' di reintrodurre
apposite quote di contribuzione.
La gran parte degli Enti locali per i quali sono intervenuta in
questa materia sono tuttora in attesa delle indicazioni che
l'Amministrazione regionale fornira' al riguardo.
Gli interessati, di conseguenza, subiscono trattamenti diversificati
che non trovano alcuna giustificazione logica o giuridica.
Il mio auspicio e' pertanto che la situazione si risolva al piu'
presto, poiche' e' inammissibile che su un problema di tale rilievo e
di cosi' palese sperequazione non si sia provveduto con la massima
celerita'.
- Azienda Unita' sanitaria locale Citta' di Bologna
n. 286/2001
Il tecnico di un condominio presentava istanza al Comune di Bologna
per ottenere l'autorizzazione all'installazione di un ascensore in un
immobile nel quale abitavano alcune persone anziane, in particolare
un invalido civile con gravi difficolta' di deambulazione e con
complicanze cardiopatiche che non gli permettevano di salire fino al
proprio appartamento, posto al quinto piano.
Il Settore Igiene edilizia e Urbana dell'Azienda Unita' sanitaria
locale Citta' di Bologna esprimeva parere contrario in quanto
l'intervento costituiva un peggioramento della situazione
preesistente rispetto alla sicurezza e alla tutela dell'incolumita'
delle persone, ai sensi della normativa vigente.
Richiesta di intervenire, facevo allora presente al Responsabile del
predetto Settore la necessita' di una motivazione del parere piu'
puntuale, attesa la sua genericita' e l'assenza delle ragioni
concrete in base alle quali il progetto non era attuabile.
Replicava lo stesso ribadendo le medesime generiche motivazioni che
erano state poste alla base del parere negativo, cioe' che nel
momento in cui si riduce la larghezza di rampa della scala,
l'intervento costituisce un peggioramento della situazione
preesistente rispetto alla sicurezza e la tutela dell'incolumita'
delle persone, ai sensi dell'art. 47 del Regolamento edilizio (senza
peraltro precisare da un lato i limiti minimi previsti dalla
normativa, e dall'altro le dimensioni cui si sarebbero ridotte le
scale a seguito dell'installazione dell'ascensore).
Altrettanto poco significativo appariva il richiamo, dallo stesso
operato, alla circolare comunale 1/97, circolare che, al contrario,
e' rivolta a sottolineare l'importanza di agevolare il piu' possibile
gli interventi di realizzazione di strumenti tesi al superamento
delle barriere architettoniche.
L'unico elemento nuovo fornito dal predetto Settore era peraltro
l'indicazione che, nel caso di specie, l'intervento edilizio
richiesto era praticabile attraverso una richiesta al Sindaco di
concessione in deroga, munita del nulla osta del Comando provinciale
dei Vigili del Fuoco.
Nel consigliare all'interessato di attivarsi in tal senso, ho preso
atto con soddisfazione della conclusione positiva della vicenda. Devo
peraltro ribadire il mancato rispetto, da parte del citato Settore,
dell'obbligo di una motivazione puntuale (soprattutto in presenza di
un provvedimento negativo), e sottolineare che, comunque, lo stesso
Settore poteva (e a mio avviso doveva) fornire immediatamente al
richiedente l'informazione sulla possibilita' di richiedere la
concessione in deroga.
- Azienda Unita' sanitaria locale Citta' di Bologna
n. 682/2001
Una signora si era vista negare il contrassegno auto per portatori di
handicap nonostante le sue condizioni di invalidita' accertata e di
salute in generale.
La stessa soffriva di una serie di patologie che, pur non
interessando direttamente gli arti inferiori, apparivano limitare in
maniera considerevole la sua capacita' di deambulazione (obesita'
grave con sovraccarico della volta plantare conseguente a numerosi,
reiterati cicli di radiazioni rese necessarie da ben tre diverse
manifestazioni tumorali in altrettanti organi; discopatia lombare e
protrusioni discali; svariate patologie di notevole gravita' e di
diversa natura).
poi da sottolineare che l'interessata chiedeva il contrassegno
soprattutto per poter usufruire delle molteplici cure a lei
indispensabili con il minore dispendio di energia e secondo le
modalita' piu' consone alla sua grave situazione, nonche' per
continuare a svolgere la sua attivita' lavorativa, nonostante i gravi
mali che l'affliggevano.
Gia' lo scorso anno avevo avuto occasione di occuparmi di due casi di
diniego di rilascio di contrassegno opposto dal Servizio di Medicina
legale ad altrettanti invalidi, poi risolti positivamente.
In questa occasione ho pertanto ritenuto necessario non solo
evidenziare la specificita' della situazione rappresentata, quanto
soprattutto pervenire ad una definizione dell'interpretazione da dare
alla previsione normativa di "capacita' di deambulazione
sensibilmente ridotta" di cui all'art. 381 del DPR 495/92 e all'art.
12 del DPR 503/96.
A mio avviso, infatti, tale caratteristica non puo' e non deve essere
riconosciuta solamente nei confronti di quegli invalidi che
presentano una situazione di quasi totale incapacita' di
deambulazione ma, al contrario, puo' in ipotesi essere riconosciuta
anche a coloro che, per le patologie che presentano, vedano comunque
sensibilmente ridotta la loro capacita' di muoversi e di percorrere
considerevoli percorsi con le loro gambe.
La pratica in argomento e' stata recentemente definita con esito
favorevole e con grande soddisfazione dell'interessata.
Nell'occasione ho apprezzato la disponibilita' del Direttore dell'UO
Medicina legale il quale, per agevolare i soggetti interessati, ha
dato disposizioni affinche' i Presidenti delle Commissioni invalidi
civili, ciechi e sordomuti e Legge 104/92, gia' nell'ambito della
visita di invalidita' e qualora la situazione clinica dell'utente lo
consenta, compilino il certificato relativo al rilascio del
contrassegno in argomento.
In tal modo, oltre a "semplificare" la vita per gli interessati, tale
procedura determinera' un risparmio per gli stessi, essendo gratuita
la visita medica presso le predette Commissioni invalidi.
- Azienda Unita' sanitaria locale Citta' di Bologna
n. 616/2001
Il Centro per i diritti del malato presso l'Ospedale
Sant'Orsola-Malpighi mi segnalava il diniego a concedere l'assegno di
cura ad una suora di 97 anni, opposto dal Servizio sociale del
Quartiere di residenza in quanto l'anziana era alloggiata e seguita
in un convento del suo ordine religioso.
Chiedevo allora delucidazioni al Settore coordinamento Servizi
sociali del Comune di Bologna apprendendo, con sorpresa, che il
diniego era fondato sulla deliberazione contenente i criteri
operativi per l'erogazione degli assegni di cura adottata
dall'Azienda Unita' sanitaria locale Citta' di Bologna: tale
documento prevede che "l'assegno non e' erogabile in favore di
anziano che vive in collettivita'. Infatti sia la finalita'
dell'intervento sia il requisito di ammissibilita' non lo
permettono.".Questa disposizione, a mio avviso, era in contrasto con
i principi contenuti nella L.R. n. 5 del 1994, come puntualizzati
nella direttiva regionale n. 1377 del 1999: quest'ultima, in
particolare, da un lato individua come destinatari del contributo
economico "altri soggetti che con l'anziano intrattengono consolidati
e verificabili rapporti di cura, anche se non legati da vincoli
familiari", e dall'altro fa espresso divieto alle Aziende Unita'
sanitarie locali di fissare criteri di esclusione aggiuntivi rispetto
a quelli indicati dalla normativa regionale.
Ritenevo pertanto necessario acquisire l'interpretazione sul punto
del Servizio regionale Servizi socio-sanitari, ricevendo ampia ed
esaustiva assicurazione circa l'ammissibilita' della concessione del
beneficio.
Il predetto Servizio invitava inoltre l'Azienda Unita' sanitaria
locale e i Servizi sociali del Comune di Bologna ad assicurare una
tempestiva attivazione degli interventi in favore dell'anziana suora,
suggerendo altresi' l'opportunita' di adeguare il proprio regolamento
alle considerazioni di principio esposte.
Finalmente, dopo alcune sollecitazioni, l'Azienda Unita' sanitaria
locale assicurava sia l'attivazione dell'iter procedurale di propria
competenza e sia anche l'adeguamento del proprio regolamento alle
indicazioni fornite dal Servizio regionale.
- Azienda Unita' sanitaria locale Bologna Nord
n. 76/2001
Un cittadino segnalava al Dipartimento Prevenzione e Salute
dell'abitato dell'Azienda Unita' sanitaria locale Bologna Nord e al
Comune di Budrio la situazione di inquinamento determinata dai gas
nocivi e dagli scarichi di una lavanderia posta nello stabile da lui
abitato.
Non avendo ottenuto alcun riscontro dalle predette Amministrazioni,
lo stesso provvedeva a segnalare l'episodio a questo ufficio.
Chiedevo allora ai responsabili dei rispettivi enti di conoscere le
risultanze delle verifiche effettuate.
Dalle ispezioni prontamente effettuate dal Dipartimento Prevenzione e
Salute dell'abitato emergeva che non tutte le opere ed accorgimenti
prescritti a suo tempo in sede di concessione edilizia erano stati
eseguiti, e che conseguentemente occorreva approntare con urgenza gli
opportuni interventi.
Il Comune di Budrio emetteva allora ordinanza con la quale imponeva
alla ditta l'effettuazione degli interventi.
- Azienda Unita' sanitaria locale Bologna Nord
n. 725/2001
Il Distretto di San Giorgio di Piano della Azienda Unita' sanitaria
locale Bologna Nord aveva rigettato la richiesta di assegno di cura a
favore di un'anziana, presentata dai suoi familiari nel 1994, nel
presupposto che la stessa percepiva l'indennita' di accompagnamento.
Nel 1998 analoga richiesta era stata respinta per lo stesso motivo.
In proposito, nel gennaio 2000 il Servizio regionale Servizi
socio-sanitari aveva fatto presente al Distretto che, mentre
inizialmente l'assegno di accompagnamento era considerato motivo di
esclusione per l'erogazione dell'assegno di cura, le direttive
regionali intervenute dal 1995 in poi avevano chiarito che la
percezione di tale indennita' comportava solamente una riduzione
dell'assegno di cura.
Il Distretto allora aveva comunicato al Servizio regionale Servizi
socio-sanitari che, "e' stato avviato . . . un percorso atto a
definire nuove procedure, criteri e modalita' di gestione del
contributo alle famiglie, nel rispetto delle indicazioni della
direttiva regionale (la 1377/99). Alla luce dei contenuti che saranno
definiti in questa sede, sara' cura di questa Azienda riprendere in
considerazione il caso . . .".
Ciononostante, nel luglio 2000 un familiare dell'anziana chiedeva il
mio intervento per sbloccare la pratica. Invitavo allora il Distretto
a provvedere al riguardo, in quanto era oramai trascorso troppo
tempo.
Dopo alcuni solleciti, apprendevo che solo nell'agosto 2000 era stato
elaborato il regolamento aziendale contenente la disciplina
applicabile al caso in esame e che, sulla base di quest'ultimo,
l'invalida era stata sottoposta agli accertamenti prescritti e le era
stato riconosciuto l'assegno di cura per sei mesi, peraltro solamente
a decorrere dal settembre 2001.
A conclusione del predetto intervento non posso fare a meno di
sottolineare che il comportamento tenuto dall'Azienda dal 1995 (o
quantomeno dal 1998, data della seconda istanza) fino al 2001, ha
comportato un sensibile danno per l'interessata: infatti, il mancato
assoggettamento dell'anziana alle verifiche finalizzate alla
corresponsione del beneficio ha comportato la perdita del beneficio
per tutti quegli anni, cosi' come del resto e' avvenuto nei confronti
di tutti gli anziani che in quel periodo si trovavano in analoga
situazione.
- Azienda Unita' sanitaria locale Bologna Sud
n. 278/2001
Insoddisfatta del medico pediatra attualmente incaricato di seguire
il proprio figlio, una signora richiedeva l'assegnazione di un
diverso pediatra.
L'operatore del CUP non accoglieva tale richiesta in quanto tutti i
pediatri operanti su quel territorio avevano raggiunto il numero
massimo di assistiti. L'interessata pertanto era invitata a
sceglierne uno operante presso un comune vicino.
Non convinta di tale soluzione, per lei disagevole, la signora
richiedeva l'intervento di questo ufficio.
Una rapida presa di contatto ha cosi' permesso di individuare un
pediatra che nel frattempo aveva ridotto il numero dei propri
assistiti e che godeva della fiducia della signora, con cio'
risolvendo felicemente la pratica.
da precisare al riguardo che l'interessata non aveva mai espresso
critiche sull'operato degli operatori CUP, quanto piuttosto sulla
scarsa disponibilita' di pediatri in quel certo ambito territoriale.
- Azienda Unita' sanitaria locale di Imola
n. 230/2001
Richiedeva il mio intervento un medico psichiatra con cittadinanza
italo-albanese residente ad Imola il quale, nel gennaio 2000, aveva
presentato domanda di ammissione all'avviso - per soli titoli e per
la posizione funzionale di Dirigente medico Psichiatra - indetto
dall'Azienda Unita' sanitaria locale di Imola.
L'interessato riteneva infatti, per la sua qualita' di cittadino
profugo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, di aver
diritto all'assunzione obbligatoria in attuazione della Legge n. 763
del 1981 - Normativa organica per i profughi.
Replicava l'Azienda facendo presente che il diritto all'assunzione
obbligatoria e' previsto solamente in relazione alle procedure
concorsuali per la copertura definitiva di posti vacanti, e non per
un avviso pubblico diretto ad ovviare a future necessita' di
assunzioni temporanee.
In ogni caso, osservava l'Azienda che, per poter beneficiare
dell'assunzione obbligatoria in qualita' di Medico Dirigente,
l'interessato sarebbe dovuto risultare in possesso, oltre che dei
requisiti generali di ammissione al pubblico impiego, anche dei
requisiti specifici previsti dal Regolamento concorsuale per il
personale dirigente del Servizio sanitario nazionale: sul punto, non
essendovi convergenza interpretativa con lo stesso, l'Azienda aveva
formulato un quesito al Ministero della Sanita', senza peraltro
ottenere alcun riscontro nonostante i ripetuti solleciti.
L'Azienda faceva inoltre presente che era infondata l'ulteriore
pretesa dell'interessato di essere assunto anche in soprannumero, in
attuazione dell'art. 14 della Legge 763/81, norma che prevede tale
facolta' solamente in favore del personale insegnante.
Verificata la normativa richiamata dall'Azienda a fondamento della
propria decisione, non riscontravo alcuna censura nel suo operato:
conseguentemente provvedevo a comunicare tutto cio' all'interessato,
facendogli inoltre presente che avrei provveduto alla chiusura della
pratica.Quale risposta, lo stesso si presentava ripetutamente
nell'ufficio di Imola e in quello di Bologna esibendo un insieme di
leggi, regolamenti e circolari che, a suo avviso, smentivano il mio
convincimento e, pretendendo di avere subi'to un ulteriore torto da
parte mia, insisteva e contestava il mio operato, non sempre in
maniera urbana.
A questo punto ritenevo indispensabile riaprire la pratica e, dopo un
approfondimento di tutti gli aspetti della fattispecie, inviavo
all'Azienda Unita' sanitaria locale di Imola, e per conoscenza
all'interessato, una nota riepilogativa della situazione complessiva.
Preliminarmente eccepivo all'Azienda che non appariva conforme ai
principi di buona amministrazione il rinvio della determinazione (di
sua esclusiva competenza) circa il possesso o meno, da parte del
richiedente, dei requisiti specifici per l'assunzione a Dirigente
medico, in attesa del parere del Ministero della Sanita'.
I tempi di conclusione del procedimento amministrativo sono, infatti,
disciplinati dalla legge e dai relativi regolamenti, e non possono
essere dilatati sine die in attesa di un parere facoltativamente
richiesto.
A distanza di nove mesi dalla richiesta, e nel silenzio del Ministero
della Sanita' circa il termine entro il quale intendeva rendere il
parere, ritenevo che l'Azienda potesse e dovesse decidere
autonomamente, anche in applicazione analogica del termine di cui al
comma 2 dell'art. 16 della Legge n. 241 del 1990.
In ogni caso, a prescindere dal problema della sussistenza dei
requisiti specifici in capo al predetto, mi sembrava corretto l'iter
argomentativo seguito dall'Azienda per escludere che lo stesso avesse
titolo per l'assunzione obbligatoria sulla base della Legge n. 68 del
1999.
In realta', non ritenevo che alla fattispecie fosse applicabile
quella normativa.
L'interessato infatti aveva presentato istanza di ammissione
all'avviso pubblico in data 16 gennaio 2000, quando era ancora in
vigore la precedente normativa, vale a dire l'art. 13 della Legge n.
763 del 1981.
Le disposizioni della Legge 12 marzo 1999, n. 68, (abrogative della
preesistente normativa) entravano in vigore - tranne alcune norme che
qui non interessavano - solamente dopo 300 giorni dalla data di
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: e poiche' la Legge n. 68 del
1999 era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 marzo 1999,
le sue disposizioni entravano in vigore il 17 gennaio 2001.
Tutto cio' a prescindere dalla ulteriore circostanza che la data alla
quale occorreva fare riferimento era, piu' esattamente, quella
dell'avviso pubblico per la copertura del posto di Dirigente medico,
sicuramente antecedente al 16 gennaio 2001. In tale data pertanto era
fuori discussione che fossero ancora vigenti le disposizioni
dell'art. 13 della Legge n. 763 del 1981, che rinviavano
all'applicazione dei benefici previsti dalla Legge n. 482 del 1968.
Purtroppo per l'interessato, non apparivano a lui applicabili neppure
le disposizioni della Legge n. 482 del 1968, in quanto le stesse
erano dirette a coloro che non avevano superato i 55 anni di eta',
mentre egli al 16 gennaio 2000 aveva gia' ampiamente superato tale
limite.
Sulla base di tutte queste considerazioni, ribadivo il mio
convincimento circa la correttezza dell'operato posto in essere
dall'Azienda nei confronti del richiedente.
- Azienda Unita' sanitaria locale di Ravenna
n. 300/2001
La richiesta di assegno di cura a favore di un'anziana non
autosufficiente, in quanto affetta da morbo di Alzheimer e diabete,
era respinta con la motivazione: "E' gia' titolare di IDA e non
rientra nei casi di Ass. di cura di tipo A".
Il marito della signora chiedeva allora il mio intervento in primo
luogo perche' non comprendeva le ragioni del rifiuto, ed anche per
vedere riconosciuto tale beneficio.
Convenivo con il richiedente che la motivazione del diniego non
appariva ne' chiara ne' esaustiva, e mi attivavo presso l'Azienda per
avere un puntuale e circostanziato approfondimento del provvedimento
in parola.
Osservavo inoltre che, qualora la sigla IDA significasse "indennita'
di accompagnamento", andava tenuto presente che, a parte l'oggettiva
oscurita' di tale indicazione, la direttiva regionale in materia
considerava questa indennita' come motivo di riduzione del beneficio,
e non certo causa di esclusione.
Non potevo pertanto ritenere accettabile la risposta fornita al
riguardo dall'Azienda che - stante il limite delle risorse assegnate
- in base al regolamento interno adottato dal Direttore generale, la
precedenza nell'erogazione dell'assegno di cura era riconosciuta (con
eccezione per i casi rientranti nel livello A) all'anziano non
beneficiario di indennita' di accompagnamento o di consimili benefici
economici.
In tal modo, osservavo allora, quella che l'Amministrazione regionale
ha indicato come circostanza suscettibile di ridurre l'importo del
contributo, diveniva causa di esclusione del contributo stesso, in
violazione del punto 3) della citata circolare, che non consente di
prevedere criteri di esclusione aggiuntivi rispetto a quelli indicati
dalla normativa regionale.
Invitavo pertanto l'Azienda a riesaminare la previsione contenuta nel
proprio regolamento interno e conseguentemente anche la richiesta del
signore in argomento.
Con grande celerita' il Direttore generale dell'Azienda dava ampie
assicurazioni di aver disposto l'adeguamento in tempi rapidi del
regolamento aziendale e di aver disposto per l'erogazione
dell'assegno di cura in favore della richiedente.
- Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico Sant'Orsola-Malpighi
n. 249/2001
Il Centro per i Diritti del malato presso l'Ospedale
Sant'Orsola-Malpighi segnalava la prassi seguita dalle Unita'
operative di oculistica di quel nosocomio di richiedere, tra gli
esami preparatori all'intervento di cataratta, anche l'accertamento
dell'eventuale presenza di virus HIV.
Aderendo alla mia segnalazione, la Direzione medica ospedaliera
provvedeva ad invitare immediatamente le UUOO di Oculistica al
rispetto della Legge 135/90.
Inoltre, la predetta Direzione medica trasmetteva a tutti i
Dipartimenti e Unita' operative dell'Azienda stessa una circolare con
la quale, richiamandosi ad una nota dell'Assessorato regionale alla
Sanita' di analogo contenuto, ribadiva che l'esecuzione di esami HIV,
HBC, HCV, non trova alcuna giustificazione epidemiologica, se non
espressamente finalizzata alla cura della singola persona, e che
l'accertamento e' illegittimo se effettuato senza il consenso del
paziente.
- Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna
n. 914/2001
Un minore proveniente da Modica (Ragusa), dopo essere stato
sottoposto ad alcune visite di controllo presso l'Istituto Ortopedico
Rizzoli, aveva ricevuto la comunicazione di ricovero programmato per
un certo giorno, con invito a trasmettere tempestiva comunicazione in
caso di impedimento.
Recandosi presso l'Istituto alla data indicata insieme al padre, il
ragazzo apprendeva solo allora che l'intervento doveva essere
spostato di una settimana in quanto erano presenti in reparto, con
ricovero programmato, diversi pazienti in attesa di intervento.
Interessata dal genitore del ragazzo - che, insoddisfatto delle
spiegazioni fornite dall'Istituto circa l'assenza di un tempestivo
preavviso dell'impedimento, aveva rinunciato al ricovero ed era
tornato a casa - chiedevo di conoscere il motivo per il quale la
famiglia non era stata avvertita tempestivamente del rinvio del
ricovero, programmato alla pari di quelli che erano citati a
giustificazione del rinvio ("all'atto del ricovero del figlio erano
presenti in reparto, con ricovero programmato, diversi pazienti in
attesa di intervento").
Quanto poi alla circostanza che nel reparto potevano essere
ricoverati pazienti che necessitavano di intervento chirurgico
urgente e non differibile, si trattava di un'eventualita' da tenere
presente ai fini della programmazione degli interventi, ma che non
spostava i termini della questione.
Nel caso di specie, infatti, era indubitabile che l'utente si era
trovato a subire il carico delle problematiche organizzative interne,
con cio' sostenendo costi aggiuntivi notevoli per spese alberghiere e
di aereo.
L'Istituto mi chiariva peraltro che la lettera inviata a suo tempo
all'interessato fissava una data di ricovero, e non di intervento e
che, mentre solitamente il periodo di attesa dell'intervento si
attesta sui 2/3 giorni dal ricovero, nella circostanza si erano
verificate numerose urgenze che avevano determinato lo slittamento
dei tempi per l'intervento chirurgico.
Pur non potendo addebitare all'Istituto alcuna omissione, a
conclusione di questo intervento ritengo di dover segnalare che,
evidentemente, a monte non e' stata data un'informazione
sufficientemente chiara delle modalita' di ricovero e di intervento,
cosicche' il minore, in buona fede, si e' sentito oggetto di
un'ingiustizia da parte dell'Amministrazione.
Sarebbe pertanto opportuno, per il futuro, che l'Istituto valutasse
l'opportunita' di rivedere le proprie modalita' di informazione sul
punto.
- Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di
Bologna
n. 33/2001
Anche in relazione all'anno accademico 2000/2001 mi e' stato
prospettato il problema del rispetto dei termini per ricorrere contro
la graduatoria provvisoria per la concessione di borse di studio.
Si tratta di un problema gia' affrontato nel corso dell'anno 2000 ed
evidenziato nella relazione sull'attivita' da me svolta in
quell'anno.
Questi i fatti. Ad uno studente universitario fuori sede veniva
comunicata l'esclusione dalla concessione della borsa di studio, in
quanto la sua domanda era priva dei dati relativi al patrimonio
mobiliare.
La comunicazione del rifiuto, spedita con lettera ordinaria in data
16 novembre, era pervenuta all'interessato il 20 dello stesso mese,
termine ultimo per proporre ricorso, e cio' gli aveva reso
impossibile ogni tutela della propria posizione soggettiva.
Al riguardo l'interessato mi faceva presente che, contestualmente
alla proposizione della domanda di concessione della borsa di studio,
egli aveva trasmesso all'Azienda una dettagliata informazione sulla
situazione economica della propria famiglia, dalla quale si poteva
evincere la sussistenza dei requisiti necessari per l'attribuzione
del predetto beneficio.
Egli si doleva infine di aver richiesto ripetutamente un colloquio
con il responsabile dell'ufficio competente senza peraltro ottenerlo.
In risposta alla mia richiesta di notizie, l'Azienda evidenziava che,
nel caso in questione, non si trattava di un difetto di comunicazione
che poteva aver pregiudicato l'esercizio di un diritto: infatti,
"anche un ricorso ad integrazione del dato inizialmente omesso non
avrebbe potuto sanare l'incompletezza della domanda presentata. Per
questo motivo la comunicazione relativa alla posizione nelle
graduatorie provvisorie era stata spedita allo studente . . . piu'
tardi rispetto a quelle inoltrate agli studenti respinti per
motivazioni diverse dall'incompletezza. Per lo stesso motivo non e'
stato accordato il colloquio da parte del Dirigente dell'Ufficio, in
quanto nulla avrebbe potuto sanare la posizione in questione.".
Le argomentazioni dell'Azienda circa l'insussistenza dei requisiti
economici mi sembrano corrette e convincenti.
Non altrettanto posso dire quanto al ritardo nell'invio della
comunicazione della mancata ammissione alla borsa di studio.
da precisare al riguardo che il bando non prevedeva, tra le modalita'
di comunicazione dell'esito della selezione, l'invio di una lettera
agli interessati: il bando prevedeva solamente che il ricorso avverso
la graduatoria provvisoria per la concessione della borsa di studio
potesse essere presentato entro 20 giorni dalla pubblicazione della
graduatoria stessa. A sua volta, la data indicativa di pubblicazione
della graduatoria provvisoria era fissata al 30 ottobre 2000, ma
poteva subire variazioni in dipendenza del numero di domande
presentate.
In assenza della fissazione a priori di una data certa di
pubblicazione, bene aveva operato l'Azienda provvedendo ad inviare
agli interessati anche una comunicazione individuale, ma solo in
quanto tale comunicazione fosse tale da assolvere all'obbligo di
portare a conoscenza degli stessi la notizia dell'esclusione in tempo
utile.
In caso contrario, non si comprende la finalita' della predetta
comunicazione: se essa era necessaria, avrebbe dovuto essere inviata
in tempo utile; in caso contrario, non esisteva alcuna
giustificazione all'utilizzo di denaro pubblico per effettuare quella
certa attivita', il cui esborso poteva trovare una giustificazione
solamente nella sua utilita'.
Inoltre, nel momento in cui l'Azienda non ha inviato contestualmente
tutte le comunicazioni, e cio' sulla base di una propria valutazione
ex ante della fondatezza dei possibili ricorsi, si e' posta in
contrasto con il sistema di garanzie attribuite a tutti i soggetti
che si trovano in quella certa situazione.
- Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di
Ferrara
n. 421/2001
Il Difensore civico di Mirandola segnalava il caso di uno studente
presso l'Universita' di Ferrara al quale nell'anno accademico
2000/2001, diversamente dagli anni precedenti, l'Azienda per il
diritto allo studio di Ferrara non aveva erogato la borsa di studio
per superamento dei limiti di reddito.
da osservare al riguardo che l'interessato, venuto a conoscenza
dell'esclusione dalla graduatoria provvisoria degli idonei, aveva
inviato all'Azienda le sue osservazioni, anche se fuori dei termini
previsti in quanto si trovava all'estero con il Programma Erasmus.
Ho allora richiesto all'Azienda un riesame della domanda dello
studente, con un'indicazione piu' puntuale delle ragioni di fatto e
di diritto che avevano determinato l'esclusione.
Ho ricevuto prontamente una cortese risposta, con la quale l'Azienda
mi comunicava che, operata una verifica della posizione reddituale
dell'interessato, aveva riscontrato che lo stesso non era stato
dichiarato idoneo per ragioni tecniche dovute al programma
informatico utilizzato (indicatore delle condizioni economiche
inferiore alla meta' dell'importo massimo, pertanto al limite), ma
che a questo punto la posizione dello studente era stata recuperata
ed era in fase di adozione il pagamento della borsa di studio.
Il comportamento dell'Azienda mi ha confermato ancora una volta nel
convincimento che la pubblica Amministrazione, se lo vuole, ha gli
strumenti per operare con duttilita' ed efficacia, soprattutto
attraverso l'adeguamento delle proprie regole organizzative
all'esigenza di tutelare le situazioni giuridiche dei cittadini,
mentre quando cio' non avviene, questo dipende dall'ottica di
privilegiare le problematiche interne di gestione rispetto alla
qualita' del servizio reso ai cittadini.
- Istituto autonomo per le case popolari della provincia di Bologna
n. 289/2001
Un gruppo di assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica
segnalavano ripetutamente all'Istituto autonomo per le case popolari
della provincia di Bologna lo stato di degrado nel quale si trovavano
gli stabili nei quali erano alloggiati, con crepe profonde dalle
quali filtrava l'acqua piovana fino ai garage, e con pregiudizio per
la stabilita' dell'immobile.
Numerose lagnanze inoltre concernevano la tenuta delle aree verdi
condominiali, sporche e invase dalle deiezioni canine, le scale
spesso ostruite da masserizie fuori uso, i parcheggi condominiali
abusivamente utilizzati da terzi estranei, i numerosi autoveicoli
abbandonati da anni con pericolo per l'incolumita' pubblica, gli
ascensori spesso fuori uso e ancora sprovvisti della messa a norma
prevista dalla legge, le cantine occupate da abusivi. Chiedevo
allora all'Istituto di disporre le opportune verifiche.
L'Istituto precisava di aver disposto sopralluoghi e accertamenti per
una serie di comportamenti irregolari. Peraltro non gli era possibile
adottare iniziative piu' incisive nei confronti dei trasgressori in
quanto il proprio regolamento d'uso e' sprovvisto di sanzioni (e al
riguardo sottolineo che e' indispensabile che venga provveduto con
celerita').
Infine, per quanto concerne le infiltrazioni, si trattava di una
questione sulla quale poteva intervenire solamente il Comune di
Bologna, proprietario degli immobili in questione e tenuto a mettere
a disposizione dell'Istituto le risorse finanziarie occorrenti allo
scopo.
Dal mio intervento nei confronti delle strutture del Comune di
Bologna non e' sortito alcun effetto sostanziale, in primo luogo per
il rimpallo di competenza operato tra i vari settori, ma soprattutto
in quanto, pur riconoscendo che le infiltrazioni di acqua in
corrispondenza di alcuni garage rappresentano un inconveniente grave,
mi e' stato risposto che non vi sono finanziamenti sufficienti per
eliminare tali inconvenienti, poiche' tutte le risorse finanziarie
disponibili vengono finalizzare ad interventi atti a garantire la
sicurezza degli utenti.
- Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale
n. 559/2001
Un signore mi esprimeva il suo sconcerto per il diniego oppostogli
dal Consorzio di Bonifica per la Romagna Occidentale di accettare una
dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi dell'art. 47 del DPR 445/00,
al fine di documentare la vendita di un immobile.
Provvedevo allora a chiedere precisazioni al Consorzio, facendo
altresi' presente che, in base ad una recente normativa, i Consorzi
di Bonifica sono autorizzati ad accedere gratuitamente alle
Conservatorie dei pubblici registri immobiliari, per prendere visione
degli atti ed ottenere la relativa certificazione.
Apprendevo dal Consorzio che in realta' le cose non stavano
esattamente come riferitomi dal privato (situazione che a volte
purtroppo si verifica nella trattazione dei reclami che pervengono):
infatti, di norma gli uffici dell'ente accettano le dichiarazioni
sottoscritte dagli interessati qualora le stesse non siano generiche
ma rechino gli elementi essenziali per sostituire l'atto di
trasferimento: estremi catastali dell'immobile, dati anagrafici e
domicilio degli acquirenti, estremi dell'atto di trasferimento della
proprieta'.
Quanto alla facolta' di svolgere ricerche presso le Conservatorie,
l'ente puntualizzava che, in via di massima, tale modalita' non e'
utilizzata per non dover sostenere gli oneri del personale addetto,
con cio' contenendo gli oneri contributivi a carico dei consorziati.
- Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno
n. 630/2001
Una signora mi rappresentava il suo disagio di fronte al silenzio che
il Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno
opponeva alla sua richiesta, risalente a circa un anno addietro.
In quell'epoca l'interessata aveva informato il Consorzio che, a
seguito della morte del marito, aveva appreso che allo stesso erano
state addebitate fin dal 1974 quote consortili relative ad un altro
contribuente. Aveva pertanto chiesto il rimborso di quanto pagato
senza titolo, oltre agli interessi.
Verificavo allora che, in realta', al Consorzio non era pervenuta
alcuna richiesta in tal senso, e ricevevo assicurazione che lo stesso
avrebbe provveduto con sollecitudine alla restituzione
all'interessata delle somme spettanti.
5. Casistica di alcuni degli interventi piu' significativi svolti nei
confronti delle Amministrazioni periferiche dello Stato ai sensi
dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n. 27
Vengono riportati alcuni degli interventi piu' significativi svolti
nei confronti delle Amministrazioni periferiche dello Stato, ai sensi
dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n. 127.
- Ministero dell'Interno - Sezione Polizia Stradale di Bologna
n. 926/2001
Il Distaccamento Polizia Stradale di Imola aveva elevato
contravvenzione per mancata utilizzazione della cintura di sicurezza
a carico di una signora che viaggiava a fianco del conducente di una
autovettura, benche' la stessa avesse fatto presente all'agente
accertatore che tale omissione era da ricollegare ad un importante
operazione chirurgica subita dieci giorni prima.
La signora chiedeva allora il mio intervento esibendomi copia della
dichiarazione in tal senso resa dall'Ospedale.
Provvedevo allora ad inviare tale documentazione al Distaccamento di
Imola, chiedendo di valutare l'opportunita' di annullare in via di
autotutela il verbale di contravvenzione.
Il Distretto di Imola interessava per competenza il Comando Polizia
Stradale di Bologna, esprimendosi in favore dell'annullamento del
verbale.
Viceversa, il Comando Polizia Stradale di Bologna non riteneva di
aderire a tale richiesta in quanto l'art. 172, comma 2, lett. f) del
Codice della strada esenta dall'obbligo di indossare le cinture di
sicurezza i soggetti che risultino affetti da patologie tali che
costituiscono controindicazione specifica all'uso delle cinture di
sicurezza, documentate con certificazione sanitaria da esibire su
richiesta degli Organi di Polizia.
Sotto l'aspetto meramente formale la decisione appare ineccepibile:
l'interessata doveva esibire la certificazione al momento
dell'accertamento; la sufficienza della tardiva produzione del
certificato sanitario avrebbe potuto costituire oggetto di
valutazione solamente in sede di eventuale ricorso.
A me e' restata la perplessita' circa l'adeguatezza di tale
comportamento, una volta che l'Autorita' competente aveva verificato
che non era stata violata la finalita' che informa il precetto, in
quanto sussistevano i presupposti per escludere l'obbligo di
indossare le cinture di sicurezza.
Mi sarebbe sembrato infatti piu' equo dare la prevalenza alla
sostanza della fattispecie, e non al dato formale, costringendo il
privato a fare ricorso per vedere riconosciute le proprie ragioni,
tanto piu' nel caso di specie in cui si trattava di una cittadina
extracomunitaria, presumibilmente non a conoscenza delle nostre
regole.
- Ministero dei Trasporti - Ufficio Motorizzazione civile di Bologna
n. 874/2001
Dopo alcuni mesi nei quali, nonostante le sue insistenze, non aveva
potuto ottenere dall'Ufficio Motorizzazione di Bologna la
trascrizione della vendita di un'autovettura a favore di un cittadino
extracomunitario, un signore mi chiedeva di risolvere tale
incresciosa situazione.
Poiche' il diniego era motivato dall'ufficio con la circostanza che
lo straniero, in possesso di permesso di soggiorno al momento della
vendita, attualmente risultava irreperibile, facevo presente
all'Ufficio Motorizzazione che, essendo stata la vendita regolarmente
effettuata, esso era tenuto ad adottare i provvedimenti di
competenza.
Pur non avendo ricevuto alcuna risposta dal predetto ufficio - in
violazione di un preciso obbligo sancito dal combinato disposto
dell'art. 4 della L.R. n. 15 del 1995 e dell'art. 16 della Legge n.
127 del 1997 - ho appreso dall'interessato dell'avvenuta trascrizione
della vendita.
- Ministero della Giustizia - Corte d'Appello di Bologna - Ufficio
unico Notificazioni Esecuzioni e Protesti
n. 161/2001
Un cittadino destinatario di un atto giudiziario mi segnalava
l'incongruenza della prassi seguito dall'Ufficio Notificazioni di
Bologna per la notifica dello stesso.
Infatti, sia l'avviso di deposito presso il Comune sia la successiva
raccomandata recavano l'indicazione che "l'atto verra' depositato
presso il Comune di domicilio", senza indicare esattamente
l'ubicazione dell'ufficio, telefono ed orario di apertura dello
stesso, l'eventuale delega predisposta e quant'altro potesse
risultare utile al cittadino.
Inoltre, una volta appurata l'ubicazione dell'ufficio, l'interessato
notava che l'atto giaceva aperto presso l'ufficio comunale, con
possibilita' per chiunque di prenderne visione.
Si trattava, nel caso, di questione inerente il diritto alla salute,
ed i dati in esso riportati erano strettamente riservati ex Lege
675/96.
Prospettavo allora al Dirigente dell'Ufficio Notificazioni
l'opportunita' di adottare interventi atti ad eliminare gli
inconvenienti segnalati, principalmente al fine di assicurare il
puntuale rispetto del diritto alla tutela dei dati personali.
Quale risposta, il predetto richiamava il disposto dell'art. 140
Codice procedura civile, che prevede l'affissione dell'avviso di
deposito alla porta dell'abitazione, per argomentare che l'ufficio
notificatore aveva tenuto un lodevole comportamento di riservatezza.
D'altro canto, egli sosteneva, non appariva eccessivamente
problematico appurare ove l'atto era stato depositato, in quanto si
trattava del Comune di domicilio.
Infine, per quanto attiene alla riservatezza del contenuto dell'atto,
faceva presente che gli operatori comunali, che sono tenuti al
rispetto del segreto d'ufficio, devono apporre sull'atto stesso il
timbro del giorno ed il protocollo, attivita' tutte precluse nel caso
in cui questo fosse depositato in busta chiusa.
Le argomentazioni di cui sopra non mi sono apparse convincenti.
Ho pertanto ribadito il mio convincimento che, poiche' il Comune di
Bologna si articola in un elevato numero di uffici sparsi su tutto il
territorio cittadino, occorre dare un'informazione piu' precisa circa
l'ufficio presso cui l'atto e' depositato, con relativo indirizzo,
numero telefonico e orari di ricevimento. Tali indicazioni, pur non
previste dalle norme di procedura civile, appaiono esplicazione dei
principi generali di trasparenza e semplificazione delle procedure
amministrative.
Per quanto concerne inoltre il diritto alla privacy, ho riconfermato
il mio avviso che gli atti giudiziari debbano essere trasmessi in
forma chiusa, il che non preclude all'operatore di aprirli per
espletare le doverose operazioni di protocollazione, salvo
reinserirli subito dopo nella relativa busta.
- Ministero della pubblica Istruzione - Scuola Media "R. de'
Passeggeri" - Bologna
n. 426/2001
I genitori di alcuni bambini mi segnalavano le loro perplessita'
circa i criteri disposti per l'iscrizione degli alunni presso la
Scuola media "R. de' Passeggeri" di Bologna: gli stessi lamentavano
in particolare che la mancata conoscenza di tali criteri all'atto
dell'iscrizione (i criteri stessi infatti erano stati adottati in
epoca successiva) aveva loro precluso la possibilita' di optare anche
per altre scuole.
Interpellato in proposito, il Dirigente scolastico mi faceva presente
che, essendo le domande di iscrizione in numero superiore ai posti,
il Consiglio di Istituto, Organo preposto alla definizione dei
criteri, aveva stabiliti criteri aggiuntivi: dall'applicazione di
questi ultimi era conseguita la mancata ammissione degli alunni in
questione.
L'esame della documentazione inviatami evidenziava che nell'anno
scolastico 1996/1997 erano stati adottati alcuni criteri di
iscrizione, peraltro del tutto generici e tali da non consentire
alcuna selezione in presenza di richieste eccedenti.
Nel modulo standard predisposto dalla scuola per la domanda di
iscrizione non era contenuto alcun richiamo ad essi.
Criteri selettivi erano stati adottati dal Consiglio di Istituto
solamente nel marzo 2001, quando ormai erano scaduti i termini per
l'iscrizione degli alunni. Tali criteri aggiuntivi, inoltre,
apparivano in parte contrastanti con quelli precedenti e tali da
penalizzare gli alunni appartenenti al flusso della scuola.
Facevo allora presente al Dirigente scolastico che l'eccedenza di
richieste rispetto all'accoglienza di una scuola e' un evento
probabile, che comporta la necessita' di aver gia' predisposti i
criteri per formulare una graduatoria: pertanto sarebbe stato preciso
obbligo della scuola adottare, prima della data di presentazione
delle domande di iscrizione, i criteri per la gestione delle
possibili eccedenze, dandone adeguata pubblicita'.
Sul piano giuridico tale ritardo appariva censurabile sia perche' in
contrasto con i principi in materia di procedure selettive, e sia in
quanto non idoneo ad escludere che tale definizione potesse essere
influenzata dalla cognizione della posizione dei singoli alunni.
Sul piano sostanziale, poi, la circostanza aveva recato un danno agli
interessati in quanto aveva loro precluso la valutazione circa la
possibilita' o meno di accoglimento delle loro domande, circostanza
che, al contrario, essi avrebbero potuto valutare adeguatamente
solamente qualora i suddetti criteri fossero stati tempestivamente
adottati e portati a conoscenza.
- Ministero della pubblica Istruzione - Istituto Comprensivo n. 6 di
Imola (Bologna)
n. 505/2001
Alcuni Consiglieri comunali formulavano taluni rilievi circa
l'illogicita' dei criteri utilizzati nella formazione delle
graduatorie per l'ammissione al primo anno di una scuola elementare
di Imola.
Alcuni criteri attribuivano 30 punti a ciascun genitore
lavoratore/lavoratrice, con cio' apparendo eccessivamente
penalizzanti per le famiglie monoreddito o per quelle nelle quali la
moglie aveva scelto di accudire direttamente i propri figli; altri -
che attribuivano tout court 30 punti al figlio di genitori stranieri,
in Italia da meno di 3 anni - sembravano discriminatori verso le
famiglie italiane residenti nel comune; altri infine - che
attribuivano 10 punti ad alunni conviventi con un solo genitore per
separazione legale o divorzio - potevano portare a soluzioni inique
nei confronti di famiglie bensi' unite ma non fruenti, ad esempio,
della presenza di nonni o di altre persone disponibili.
indubbio che le questioni poste si riferivano ad un settore nel quale
il principio di solidarieta' sociale deve costituire il criterio
primario di riferimento per le scelte che l'Amministrazione va ad
adottare, sempre peraltro operando un bilanciamento di interessi e
sacrifici tra le varie categorie.
In risposta alla mia richiesta di notizie, la Dirigente scolastica
evidenziava che i criteri adottati, in analogia con quelli utilizzati
dalle altre istituzioni scolastiche del territorio, erano stati
preliminarmente discussi tra le varie componenti ed approvati con
deliberazione della Giunta comunale.
Nel merito, la stessa obbiettava che, anche qualora si fosse
addivenuti ad una modifica degli stessi, ugualmente alcune categorie
sarebbero state agevolate a discapito di altre, e vi sarebbero sempre
stati soggetti esclusi e insoddisfatti.
In ogni caso, dal momento che le richieste per quella scuola erano
sempre superiori ai posti disponibili, e questi ultimi erano
ricollegabili alla capienza dell'istituto, il Consiglio di Istituto
aveva deliberato di destinare i posti in organico solamente alla
formazione delle classi.
In tal modo, con grande disponibilita' l'Istituzione perveniva al
risultato ottimale attraverso l'attivazione di una classe prima
aggiuntiva, con cio' consentendo anche ai bambini inizialmente
esclusi di frequentare la prima classe presso la scuola richiesta.
- Ministero della pubblica Istruzione - Istituto Comprensivo di
Ceretolo (Bologna)
n. 458/2001
Numerosi genitori di alunni non ammessi a frequentare la prima
elementare presso l'Istituto Comprensivo di Ceretolo mi sollecitavano
ad intervenire per valutare l'adeguatezza dei criteri in base ai
quali era stata stilata la graduatoria di ammissione.
A dire dei predetti, infatti, a seguito di presentazione di alcuni
ricorsi, la Direzione della scuola aveva stabilito di non applicare i
criteri stabiliti inizialmente ma di ricorrere all'estrazione a
sorte.
In tal modo, oltre a determinare una ingiustificata modificazione
nelle aspettative degli interessati, le ammissioni degli alunni
sarebbero dipese dal puro caso, senza alcuna valutazione di ordine
sociale ne' alcun bilanciamento di interessi e sacrifici tra
situazioni diverse.Al mio intervento ha risposto prontamente il
Dirigente scolastico facendo presente che la scuola si era attenuta
ai criteri predisposti dal Consiglio di Istituto e che, in ogni caso,
la questione doveva intendersi superata con l'accoglimento di tutte
le domande di ammissione presentate.
- Ministero della pubblica Istruzione - Istituto Comprensivo San
Biagio - Ravenna
- n. 766/2001
I genitori di una minore, gia' iscritta per l'anno scolastico
2001/2002 alla prima elementare di un Istituto statale, avevano
presentato domanda al Dirigente scolastico di nulla-osta per cambio
di Istituto, essendo essi intenzionati ad iscrivere la figlia in una
scuola elementare piu' vicina a quella frequentata dal fratello
maggiore e piu' prossima alla loro abitazione.
Gli interessati si erano rivolti al mio Ufficio manifestandomi la
loro preoccupazione circa l'accoglimento della domanda.
Con mia nota di intervento, evidenziavo al Dirigente scolastico che i
genitori in questione mi avevano riferito che la possibilita' di
iscrivere la figlia ad una scuola logisticamente piu' rispondente
alle loro esigenze si era concretizzata solamente dopo la scadenza
del termine per la preiscrizione (21 gennaio 2001), in quanto essi
erano venuti a conoscenza dell'ubicazione dell'Istituto nel quale
erano intenzionati ad iscrivere la figlia solo dopo tale data.
Evidenziavo, inoltre, come le ragioni del cambio di scuola a mio
avviso legittimassero la richiesta di nulla osta, suggerendo nel
contempo agli interessati di esplicitare con chiarezza anche al
Dirigente scolastico gli effettivi motivi del cambio di Istituto.
Qualche giorno dopo il Dirigente interpellato mi comunicava, con nota
inviatami per conoscenza, la concessione del nulla osta richiesto, in
accoglimento dei motivi addotti dai genitori interessati.
- Agenzia delle Entrate - Centro di Servizio Imposte dirette e
indirette di Bologna
n. 129/2001
Un contribuente romagnolo in attesa del rimborso IRPEF 1993, volendo
conoscere i tempi di liquidazione delle sue spettanze, nel gennaio
2001 aveva interpellato il Sistema informativo dell'anagrafe
tributaria, apprendendo che il suo rimborso era stato sospeso dal
liquidatore.
Chiedeva allora il mio intervento in quanto non era in grado di
comprendere le motivazioni di tale provvedimento.
Interpellato in proposito, il Centro di Servizio IIDD e DD di Bologna
replicava che nella dichiarazione dei redditi Modello 740/94
l'interessato non aveva richiesto alcun rimborso, per cui nulla gli
era dovuto, a meno che non allegasse l'attestato di versamento di un
importo pari a quanto richiesto.
Il contribuente faceva allora presente che il suo diritto ad ottenere
quel certo rimborso discendeva da una sentenza pronunciata dalla
Commissione Tributaria provinciale di Ravenna fin dal maggio 1997.
A questo punto il Centro di Servizio replicava chiedendomi, per
l'avvenire, di fornirgli tutti i dati utili e le informazioni
complete relativi ai singoli casi, in modo da evitare equivoci e
risposte inadeguate.
Poiche' tale ultima circostanza mi era stata comunicata
dall'interessato solo in quel momento, facevo allora presente cio' al
predetto Centro di Servizio, precisando che comunque gia' nel 1997 il
contribuente aveva informato l'ufficio fiscale di Ravenna della
pronuncia a lui favorevole.
Facevo anche presente che - appunto in relazione alla criticita'
della situazione dei rimborsi a seguito di sentenze in carico al
Centro di Servizio - nel novembre del 2000 la Direzione regionale
delle Entrate dell'Emilia-Romagna aveva sottolineato la necessita' di
porre in essere un'efficiente azione di coordinamento tra gli uffici
periferici ed il Centro di Servizio, "poiche' gli uni sono in
possesso del fascicolo processuale quali parti nel processo
tributario . . . e l'altro deve provvedere al pagamento del rimborso,
adempimento essenziale alla definitiva conclusione del
procedimento".La vertenza si e' felicemente conclusa nell'ottobre
2001.
- Agenzia delle Entrate - Sezione staccata di Ferrara
n. 546/2001
Un contribuente lamentava che, dopo aver ottenuto il riconoscimento
del proprio diritto sia dalla Commissione Tributaria di primo grado
che dalla Commissione Tributaria regionale, non riusciva ad ottenere
dal Centro di Servizio Imposte dirette ed indirette di Bologna
notizie circa i tempi presumibili di rimborso della maggior somma
pagata nel 1986 a titolo di imposte di registro, ipotecarie e
catastali.
Verificato che la competenza spettava alla Sezione staccata di
Ferrara, chiedevo informazioni, ottenendo un'assicurazione del tutto
generica.
A questo punto, preso atto che il credito risaliva a molti anni
addietro e che, per veder riconosciuto il proprio diritto, il
contribuente aveva dovuto sostenere le spese necessarie per un
duplice grado di giudizio, ho interessato l'ufficio del Garante per
il Contribuente affinche' le legittime aspettative dell'interessato
trovassero al piu' presto una conclusione positiva.
- Agenzia delle Entrate - Ufficio di Bologna 1
n. 190/2001
Nell'anno 1989 la Commissione di primo grado di Bologna accoglieva il
ricorso di un contribuente concernente un rimborso IRPEF 1981. La
decisione era confermata nel 1996 dalla Commissione Tributaria di
secondo grado.
Nel frattempo quest'ultimo moriva.
Nel 1999, dopo oltre tre anni senza aver ricevuto ne' alcuna
comunicazione ne' tantomeno il rimborso, la figlia ed erede chiedeva
al primo Ufficio Entrate di Bologna l'esecuzione del giudicato.
Non ottenendo alcun riscontro, si rivolgeva a me.
Alle mie pressanti sollecitazioni l'Ufficio si limitava a comunicare
il proprio intendimento di dar corso al rimborso.
- Agenzia del Demanio - Filiale di Bologna
n. 65/2001
Nel lontano 1976 un agricoltore della provincia di Bologna presento'
istanza all'allora Intendenza di Finanza - Ufficio Reno, per ottenere
l'accessione di un terreno demaniale antistante un altro terreno da
tempo concessogli.
Nonostante i numerosi solleciti, l'interessato non aveva mai ricevuto
alcuna risposta.
Sono allora intervenuta a supporto della richiesta dell'interessato,
chiedendo alla Filiale di Bologna dell'Agenzia del Demanio di
conoscere le ragioni di tale silenzio, nonche' i termini entro i
quali la pratica sarebbe stata definita.
Quale risposta, l'Agenzia mi faceva presente che, a seguito di
un'ennesima sollecitazione pervenuta dal privato nel 1997, aveva
provveduto a richiedere (nel 1999|) il parere al Servizio provinciale
Difesa del suolo.
L'Agenzia pero' non mi dava alcun ragguaglio circa il seguito di tale
richiesta.
La nota della stessa Agenzia concludeva precisando che, a seguito
dell'emanazione del DPCM attuativo del DLgs 112/98, stava per essere
completato il passaggio dei fascicoli riguardanti la materia del
demanio idrico alla Regione Emilia-Romagna, alla quale dovevo
pertanto rivolgere ogni ulteriore richiesta di informazioni sulla
pratica in argomento.
Nel concludere il mio intervento (almeno nei confronti dell'Agenzia),
ho ritenuto di dover esprimere le mie piu' ampie riserve circa
l'efficacia e la tempestivita' dell'attivita' posta in essere, atteso
che l'istruttoria di questa pratica si e' protratta - inutilmente -
per oltre venti anni.
- Agenzia del Territorio - Ufficio provinciale di Bologna
n. 142/2001
Resosi conto che il reddito catastale attribuito al proprio
appartamento non era conforme alle dimensioni dello stesso, nel 1993
un cittadino si era recato all'Ufficio tecnico Erariale di Bologna
con il suo tecnico di fiducia, e aveva constatato l'errore nel quale
era incorso l'ufficio stesso.
Su suggerimento del tecnico, aveva compilato e presentato un modulo
di correzione.
Nel 2000, con sua grande sorpresa, l'interessato riceveva dal Comune
ove e' ubicato l'immobile un avviso di liquidazione di maggiore
imposta ICI, e cosi' scopriva che l'ex UTE non aveva dato alcun corso
alla sua richiesta di correzione.
Il mio intervento si e' articolato in due direzioni: immediatamente
ho chiesto al Sindaco del Comune interessato di sospendere, fino alla
definizione della rettifica in parola, la riscossione della maggior
imposta liquidata.
Al Direttore dell'Agenzia del Territorio - Ufficio provinciale di
Bologna ho invece richiesto di dar corso alla rettifica.
Cosi' e' stato fatto, con grande sollievo dell'interessato.
- Istituto nazionale Previdenza sociale - Direzione regionale
dell'Emilia-Romagna
n. 886/2001
L'ex portiere di uno stabile di proprieta' dell'INPS fin dal 1996
aveva chiesto alla Direzione regionale dell'Istituto la rivalutazione
monetaria e gli interessi sugli arretrati a lui corrisposti.
Anche l'intervento in tal senso di un legale non aveva sortito alcun
esito concreto.
In seguito alle mie sollecitazioni si e' chiarito che la competenza
era della IGEI SpA di Roma: quest'ultima ha prontamente assicurato
che erano in fase di elaborazione i relativi conteggi.
- Istituto nazionale Previdenza sociale - Direzione provinciale di
Bologna
n. 953/2001
Un cittadino richiedeva il mio intervento per ottenere l'accesso agli
atti nei confronti dell'INPS, ai sensi dell'art. 25, comma 4, della
Legge 241/90 e successive modificazioni ed integrazioni.
Questi i fatti. Nella sua qualita' di condomino, l'interessato aveva
dapprima chiesto all'Istituto di effettuare accertamenti in ordine
alla posizione previdenziale di alcuni soggetti che, su richiesta
dell'amministratore, avevano prestato la propria opera a favore del
condominio, e successivamente aveva richiesto all'Istituto l'esame e
la copia degli atti istruttori e dei verbali ispettivi.
da premettere al riguardo che il soggetto richiedente l'accesso aveva
citato avanti il Tribunale di Bologna il condominio, nella persona
del suo amministratore, in ordine alla legittimita' della
deliberazione assembleare in cui erano stati deliberati i lavori
oggetto della richiesta di ispezione da parte dell'INPS, per i quali
contestava la correttezza dell'operato dell'amministratore.
L'Istituto aveva negato l'accesso in quanto - a suo dire - il proprio
Regolamento in materia sottrae all'accesso gli atti istruttori
relativi a verbali ispettivi; l'Ente faceva peraltro presente che,
comunque, il verbale sarebbe stato notificato a breve
all'amministratore del condominio.
Con il ricorso presentato in termini a questo ufficio, l'interessato
eccepiva che il rifiuto dell'Istituto violava la normativa in materia
di accesso e comunque appariva carente di motivazione.
Acquisito il Regolamento adottato dall'INPS in materia di accesso,
constatavo che quest'ultimo inserisce "gli atti e documenti relativi
alla procedura di accertamento ispettivo" tra quelli per i quali
l'accesso e' differito (e non escluso) per tutta la durata delle
relative procedure. In applicazione di tale disposizione, pertanto,
era da ritenere ammissibile una comunicazione di differimento
dell'esercizio dell'accesso, ma non il diniego opposto.
Rilevavo inoltre che non era stata fornita alcuna motivazione circa
la mancata applicazione, nel caso di specie, dell'art. 17, n. 3, del
citato Regolamento, che prevede la deroga al vincolo di riservatezza,
consentendo la semplice visione degli atti amministrativi la cui
conoscenza sia indispensabile per curare e difendere gli interessi
giuridici del richiedente o del suo rappresentato.
Nel caso di specie, come gia' detto sopra, l'interessato aveva
ricorso al giudice eccependo la correttezza dei lavori oggetto
dell'ispezione.
Chiedevo allora all'Istituto di farmi conoscere le proprie deduzioni
in proposito.
Quest'ultimo replicava sostenendo che, al momento della richiesta,
non era consentito accedere alla documentazione relativa alla
procedura di accertamento ispettivo in atto, e che il richiamo al
diritto di accesso differito appariva inconferente in quanto
l'accesso diretto a tutela del proprio interesse non appariva
indispensabile, ben potendo il condomino richiedere tale atto
all'amministratore del condominio, cui compete istituzionalmente
l'obbligo di rendere edotti i condomini di cio'.
Ribadivo allora all'Istituto il mio dissenso su una procedura a mio
avviso non rispettosa del diritto all'accesso: la circostanza che il
Regolamento aziendale inserisca gli atti e documenti relativi alla
procedura di accertamento ispettivo tra quelli per i quali l'accesso
e' differito, e non escluso, per tutta la durata della procedura
stessa, comportava l'obbligo per l'Istituto di consentire l'accesso a
favore del richiedente nei tempi previsti.
Una volta che non era stata contestata la legittimazione del
richiedente, inoltre, non rientrava infatti tra i poteri
dell'Istituto quello di formulare un giudizio circa la necessita' e/o
indispensabilita' della documentazione giuridica richiesta.
Ritenute pertanto fondate le argomentazioni addotte dall'istante,
invitavo formalmente l'Istituto al rilascio della documentazione
richiesta.
Quale risposta, l'istituto mi eccepiva un'argomentazione del tutto
estranea sia alle motivazioni addotte per il diniego sia alle mie
richieste, basata sul suo convincimento che l'istanza di accesso
avrebbe dovuto essere rivolta non solamente all'INPS ma anche
all'INAIL, in quanto il verbale ispettivo era stato elevato
congiuntamente dalle due strutture.
L'Istituto inoltre riteneva che l'istanza dell'interessato fosse
stata motivata con la tutela di interessi diversi da quelli cui e'
finalizzata la relativa normativa e che, in ogni caso, ben potendo
egli acquisire la documentazione dall'amministratore, cui il verbale
era stato notificato in quanto unico destinatario dello stesso,
l'Istituto non era tenuto ad aderire alla richiesta di accesso.
A questo punto la norma non mi consentiva alcun intervento, pur
permanendo nel convincimento che il diniego dell'Istituto fosse
illegittimo e che le argomentazioni addotte dall'Istituto fossero del
tutto inconferenti.
Al privato restava, pertanto, solamente la possibilita' di ricorrere
al TAR dell'Emilia-Romagna.
A conclusione del procedimento, sento il dovere di evidenziare che il
caso in esame conferma le riserve, da me gia' evidenziate nella
Relazione sull'attivita' da me svolta nell'anno 2000, sulla bonta' ed
efficacia dell'attribuzione al Difensore civico di un potere privo di
contenuti sostanziali.
- Istituto nazionale Previdenza sociale - Direzione provinciale di
Bologna
n. 537/2001
La figlia ed erede di una pensionata deceduta nel 1999 mi faceva
presente che, pur avendo richiesto all'INPS ripetutamente notizie
sugli arretrati gia' spettanti alla propria madre, e nonostante
l'intervento in tal senso di un Patronato, non aveva ottenuto alcun
riscontro.
Ho allora sensibilizzato al riguardo l'Istituto, ricevendo dallo
stesso l'assicurazione che quella parte degli arretrati non ancora
stati corrisposti alla signora causa un disguido tecnico, sarebbero
stati pagati a breve.
- Istituto nazionale Previdenza sociale - Direzione provinciale di
Bologna
n. 381/2001
Richiedeva il mio intervento una signora alla quale l'Istituto
nazionale Previdenza sociale - Direzione provinciale di Bologna aveva
notificato una cartella esattoriale per omesso versamento dei
contributi per il Servizio sanitario nazionale dell'anno 1985,
relativi all'attivita' commerciale dalla stessa esercitata in
quell'epoca.
L'interessata aveva contestato inutilmente presso gli sportelli
dell'INPS la legittimita' della cartella nella convinzione che,
stante il lungo tempo trascorso, fosse ormai prescritta qualsiasi
pretesa.
Interpellata al riguardo, la Direzione provinciale INPS di Bologna
faceva presente che nel 1992 l'Istituto aveva emesso i bollettini di
pagamento dei contributi in questione e nel 1997 aveva inviato un
sollecito di pagamento degli stessi.
L'interessata al contrario ribadiva di non aver ricevuto ne' i
bollettini di pagamento dei contributi ne' il sollecito.
Da un esame approfondito della fattispecie ho verificato che il
termine di prescrizione dei contributi per il Servizio sanitario
nazionale, fissato in dieci anni con la Legge 33/80, era stato
ridotto a cinque dalla Legge 335/95.
Nel 1990 la Corte Costituzionale aveva riconosciuto che l'adozione di
meccanismi di riscossione nuovi (non piu' a mezzo ruoli ma attraverso
bollettini di conto corrente postali gia' predisposti dall'Istituto)
comportava il passaggio all'Istituto della competenza sulla
riscossione dei contributi maturati fin dall'1/1/1981.
Una volta ricostruita la fattispecie giuridica, occorreva verificare
se l'Istituto avesse compiuto qualche atto interruttivo della
prescrizione.
Non poteva essere considerato tale l'invio dei bollettini di
pagamento nel 1992, a mezzo posta ordinaria, in quanto sprovvisto
delle caratteristiche di cui all'art. 2943 Codice civile.
L'unico documento avente tali caratteristiche formali appariva il
sollecito di pagamento inviato con raccomandata nel 1997 quando
ormai, a 12 anni dal momento in cui era sorta l'obbligazione,
qualsivoglia diritto a richiedere il pagamento dei contributi doveva
ritenersi prescritto.
Vano pertanto appariva il richiamo dell'Istituto alla pronuncia della
Corte Costituzionale dell'aprile 1990, la quale era operativa dalla
data del suo deposito (e avrebbe legittimato una richiesta di
pagamento entro l'anno 1995), ma che non consentiva (ne' ne avrebbe
comunque avuto la forza) di far decorrere ex novo i termini di
prescrizione.
Inconferenti risultavano anche le argomentazioni opposte
dall'Istituto circa la portata di alcune circolari della Direzione
centrale INPS del 1990 e del 1992, le quali a suo dire avrebbero
legittimato la riapertura dei termini di prescrizione, peraltro in
assenza di specifica normativa al riguardo e in contrasto con i
principi generali dell'ordinamento in materia di prescrizione.
- Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Bologna
n. 189/2001
Una signora bolognese lamentava che la sede di Bologna dell'INPDAP
non le aveva corrisposto la tredicesima mensilita' sulla pensione di
reversibilita' per gli anni 1998/1999 e 2000 in quanto essa era
dipendente di un Ente pubblico.
L'Istituto riteneva infatti di dover applicare il divieto previsto
dall'art. 97 del DPR n. 1092 del 1973, di cumulo di due tredicesime
mensilita' in caso di concorso della pensione con altra prestazione
retribuita.
Il mio intervento e' stato diretto a richiamare la sentenza della
Corte Costituzionale n. 232 del 1992, con la quale la predetta Corte
aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 97, "nella
parte in cui non determina la misura della retribuzione, oltre la
quale non compete la tredicesima mensilita'".La Corte aveva infatti
affermato che "mentre e' ragionevole che il legislatore tenga conto
del maggior introito percepito dalla persona titolare di pensione che
presti opera retribuita, la decurtazione del trattamento
pensionistico complessivo non puo' essere disposta senza stabilire il
limite minimo dell'emolumento dell'attivita' esplicitata, oltre il
quale la decurtazione diventa operante".
Secondo la Corte, spettava pertanto al legislatore (che a tutt'oggi
non vi ha ancora provveduto) la determinazione di detto limite e le
connesse statuizioni, compresa quella concernente la decorrenza.
Sull'interpretazione da dare alla predetta pronuncia costituzionale
si erano espresse, con sentenza n. 25 del 1998, le Sezioni riunite
della Corte dei Conti, le quali avevano affermato che, in assenza di
un intervento del legislatore, doveva ritenersi insussistente alcun
divieto di cumulo di due tredicesime mensilita', e che tali assegni
spettavano conseguentemente al pensionato.
Nonostante tutto cio', nel gennaio 2001 l'INPDAP di Bologna
comunicava all'interessata che "ai sensi dell'art. 97 del DPR 1092/73
non spetta la tredicesima mensilita' al pensionato che presta opera
retribuita alle dipendenze di un Ente pubblico".
Alla mia sollecitazione ad applicare i principi sopra accennati,
l'Istituto ribadiva che l'estensione erga omnes della pronuncia
costituzionale resta subordinata all'intervento del legislatore, al
quale e' espressamente demandata la determinazione del limite minimo
oltre il quale e' consentito il cumulo dell'emolumento.
In tal modo, l'Istituto continua a dare applicazione ad una norma
dichiarata incostituzionale, quasi che la pronuncia di
incostituzionalita' valesse solamente a favore del soggetto che ha
attivato il ricorso alla Corte Costituzionale.
- ENEL SpA - Direzione Distribuzione Zona di Ferrara - ANAS di
Bologna
n. 16/2001
Chiedeva il mio intervento un cittadino ferrarese il quale, da oltre
quattro mesi, aveva richiesto inutilmente all'ENEL di Ferrara gli
allacciamenti per la fornitura di energia elettrica e all'AGEA di
Ferrara quello per la fornitura di gas metano, cosi' da potersi
trasferire nella casa di sua proprieta'.
In assenza di tali allacciamenti, la sua famiglia, composta da
quattro persone, viveva accampata in una casa fatiscente ed
inadeguata.
Con viva soddisfazione ho potuto verificare l'utilita' del mio
intervento, in quanto dopo soltanto una settimana l'ENEL ha
installato il contatore per l'utenza.
Anche l'AGEA ha provveduto in pochi giorni ai lavori di sua
spettanza, dopo aver finalmente ricevuto l'autorizzazione dall'ANAS
ad effettuare l'allacciamento di 5 metri di tubo per il gas metano
dalla sede della linea principale, posta lungo la strada statale
Porrettana.
- ENEL SpA - Zona di Bologna
n. 296/2001
Un signore mi segnalava di aver inutilmente richiesto all'ENEL - Zona
di Bologna - di spostare una linea elettrica aerea posizionata,
contro la sua volonta' precedentemente espressa, sopra la sua
proprieta'.
La questione, risalente all'anno 1999, non era stata risolta in
quanto l'ENEL, pur dichiarandosi disponibile allo spostamento qualora
la linea stessa fosse risultata incompatibile con lavori, costruzioni
o altro, non provvedeva a quanto richiesto, anzi insisteva per
conoscere le ragioni che rendevano necessario lo spostamento stesso.
Ho allora fatto presente all'Ente che appariva ingiustificata la
richiesta di motivazioni sulla necessita' dello spostamento, posto
che la tutela del diritto di proprieta' non e' subordinata
all'esplicitazione di alcuna motivazione, e che nel caso di specie si
verteva in una vera e propria intromissione in una proprieta'
privata, da rimuovere prontamente.Recentemente l'ENEL ha richiesto un
incontro con l'interessato per tentare di definire una possibile
soluzione del problema.
6. Alcuni degli interventi piu' significativi posti in essere nei
confronti di altre pubbliche Amministrazioni ed enti diversi
Ho qui evidenziato alcuni degli interventi attuati in esecuzione del
principio di collaborazione con tutte le pubbliche Amministrazioni
previsto al comma 2 dell'art. 2 della L.R. 15/95.
- Comune di Sasso Marconi (Bologna)
n. 61/2001
Una azienda della zona chiedeva il mio intervento in relazione al
comportamento tenuto dal Comune di Sasso Marconi in occasione
dell'affidamento in appalto di alcuni servizi.
Infatti, inizialmente l'Amministrazione aveva adottato un bando di
gara indicativo, contenente i requisiti per concorrere e la
precisazione che il bando di gara sarebbe stato pubblicato all'Albo
pretorio e nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
Inopinatamente pero' l'Amministrazione aveva stabilito di non dare
seguito alla gara, ed aveva deciso di procedere ad un incarico
fiduciario.
Tale determinazione, di per se' ineccepibile, non era stata pero'
pubblicata nel Bollettino regionale, cosicche' l'azienda, che aveva
focalizzato la propria attenzione sulla pubblicazione nel Bollettino
regionale, aveva perso i termini per concorrere all'affidamento.
Con il mio intervento ho ottenuto dall'Amministrazione comunale una
ricostruzione della situazione, ed ho preso atto che purtroppo ormai
il danno non era piu' rimediabile.
Pertanto ho ritenuto necessario richiamare l'Amministrazione ad un
maggior rispetto per le aspettative dei destinatari dell'attivita'
che gli uffici pongono in essere: nel caso prospettato, infatti, il
modo di procedere dell'Amministrazione aveva violato il ragionevole
affidamento che i soggetti interessati all'avviso indicativo di gara
avevano riposto in ordine alle modalita' di selezione per
l'affidamento dell'incarico, privando nel contempo l'Amministrazione
stessa della possibilita' di ricevere ulteriori offerte rispetto a
quelle pervenute .
- Comuni di Sorbolo e Mezzani (Parma) - Servizio associato di Polizia
Municipale
n. 361/2001
Perveniva una richiesta, ai sensi e per gli effetti dell'art. 25,
comma 4, della Legge n. 241 del 1990, di riesame del diniego di
accesso agli atti operato dal Servizio associato di Polizia
Municipale dei Comuni di Sorbolo e Mezzani.
Rispondevo all'interessato che, trattandosi di procedimento di
competenza del Difensore civico dell'Ente comunale, non mi era
possibile adottare alcun provvedimento, neppure come Difensore civico
regionale. Prospettavo allo stesso, come unico rimedio praticabile,
il ricorso al Tribunale Amministrativo regionale, esperibile nel caso
di specie senza necessita' di ricorrere ad un legale.
Successivamente l'interessato mi scriveva per conoscere quale fosse
la normativa che disciplina il patrocinio nel rito speciale
dell'accesso, e prontamente provvedevo ad inviargliela.
Ritenevo pertanto conclusa la pratica, e allo scopo scrivevo
all'interessato - e per conoscenza al Responsabile del Servizio
associato dei predetti Comuni - precisando le conclusioni alle quali
ero pervenuta.
Quale risposta mi perveniva una lunga lettera con la quale il
privato, con argomentazioni sarcastiche, mi contestava "l'inatteso
aiuto fornito" all'ufficio e altre consimili affermazioni che
ponevano in dubbio la mia equidistanza.
Ho allora ritenuto necessario controbattere puntualmente le sue
affermazioni, rivendicando la mia correttezza e la disponibilita'
prestata dal mio Ufficio nei suoi confronti.
- Comune di San Benedetto Val di Sambro (Bologna)
n. 31/2001
Due immobili tra loro saldamente connessi appartenevano a due diversi
proprietari: il primo era un vecchio fabbricato di tipo rurale, in
stato di sostanziale abbandono e non dotato di servizi; il secondo,
di maggiore consistenza, era in buone condizioni ed abitato.
L'edificio A), quello fatiscente, era posto ad un dislivello
inferiore di ben 3,50 metri rispetto all'edificio B), agendo quindi
da sostegno di quest'ultimo, cosicche' si puo' affermare che
funzionalmente i due edifici costituissero un unico complesso
strutturale.
Nel 1995 il proprietario dell'edificio A) aveva chiesto al Comune la
concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione del proprio
immobile in altra posizione. Peraltro lo stesso, mentre realizzava la
costruzione del nuovo edificio non dava inizio ai lavori di
demolizione di quello fatiscente nonostante la diffida dell'Ufficio
Tecnico comunale, motivando con l'affermazione, suffragata da perizia
tecnica, che questa demolizione avrebbe determinato l'insorgere di
possibili gravissimi danni alla proprieta' B).
Il mio intervento e' stato richiesto dal proprietario del secondo
edificio, il quale lamentava che nel 2000 il Comune di San Benedetto,
invece di pretendere la demolizione dell'edificio fatiscente, aveva
autorizzato controparte a compiere lavori di ripristino e chiusura
delle finestre dello stesso.
A seguito di mia richiesta l'Ufficio Tecnico comunale prendeva in
esame il contenuto delle perizie con le quali la proprieta' A)
tendeva dimostrare gli effetti negativi derivanti alla proprieta' B)
dalla demolizione dell'edificio stesso, e proponeva la soluzione di
consolidare e chiudere l'edificio stesso, rendendolo inabitabile e
non piu' utilizzabile.
La presente vicenda si e' conclusa con l'adozione da parte del Comune
di una soluzione frutto di buon senso ed equita', consistente nel
mantenimento dell'attuale edificio, consolidato e reso decoroso ma
dichiarato inagibile, e con la cancellazione dello stesso dalle mappe
catastali nonche' con l'inserimento di apposita clausola normativa
nel Piano regolatore comunale.
- Comune di Pianoro (Bologna)
n. 789/2001
L'Ufficio Scuola del Comune di Pianoro negava ai genitori di un
minore la riduzione della retta scolastica per l'utilizzo del
servizio di refezione.
In sede di riesame, a seguito di richiesta degli stessi, questo
diniego veniva reiterato dal Coordinatore dell'area sociale.
A questo punto gli interessati richiedevano il mio intervento
ritenendo di essere nelle condizioni per poter usufruire del
beneficio.
Verificavo allora che il Regolamento sui servizi scolastici del
Comune prevede che "le famiglie con redditi al di sotto del minimo
vitale possono chiedere riduzioni sulle rette dovute, sino al 50%,
presentando apposita istanza all'Ufficio e contattando l'Assistente
sociale che, qualora lo ritenga opportuno, segnalera' il caso
all'Ufficio Scuola dopo aver effettuato una valutazione complessiva
della situazione socio economica del nucleo familiare".
In base a tale formulazione ed alla valutazione della situazione
socio economica della famiglia effettuata dall'Assistente sociale
dell'Azienda Unita' sanitaria locale Bologna Sud, era da ritenere che
sussistessero i requisiti di reddito che legittimavano i richiedenti
ad accedere al beneficio.
Oltre a cio', accertavo che la procedura seguita nella gestione della
pratica appariva lacunosa in quanto il diniego originario era
assolutamente sprovvisto di motivazione (limitandosi ad enunciare "la
Commissione non ha accolto la Vostra domanda di esenzione"), ed anche
il diniego opposto alla richiesta di riesame appariva carente di
motivazione, in quanto si limitava ad enunciare considerazioni
extragiuridiche piuttosto che rifarsi ai parametri di valutazione
contenuti nel Regolamento.
Invitavo allora l'Amministrazione a rivalutare il proprio operato in
via di autotutela, ottenendo infine una assicurazione positiva.
- Comune di Cotignola (Ravenna)
n. 431/2001
Ad un automobilista veniva notificata la violazione del limite di
velocita' dei 50 km. orari, accertata a mezzo autovelox alle ore
19,28 di lunedi' 13 novembre 2000.
Al riguardo l'interessato mi faceva presente che l'infrazione non gli
era stata contestata, nonostante la sua velocita' fosse contenuta (71
km. orari) e il tratto stradale fosse illuminato, circostanze queste
in contrasto con la motivazione contenuta nell'accertamento: "la
violazione non e' stata immediatamente contestata causa
impossibilita' tecnica in ora notturna di intimare l'arresto di un
veicolo che ha superato il limite di velocita' e di fermarlo in tempo
utile e nei modi regolamentari".
Nella corrispondenza intercorsa con il Comando Polizia Municipale e'
stato affermato che l'episodio si inquadrava in una serie di servizi
organizzati per contrastare il noto e triste fenomeno delle stragi
notturne che coinvolge gli utenti di giovane eta'.
Al riguardo va evidenziato che il giorno e l'ora in cui e' avvenuto
il fatto (alle ore 19,28 di un lunedi') escludevano a priori la
possibilita' di inquadrare il servizio in tale contesto.
Appare piu' oggettivo invece parlare di un normale servizio di
controllo.
Posti piu' correttamente i limiti dell'episodio, e' poi da osservare
che non appaiono convincenti le argomentazioni addotte dalla Polizia
Municipale per motivare l'omessa contestazione immediata. A dire di
quest'ultima, infatti, nel tratto di strada dove era stato accertato
l'illecito non sarebbe possibile fermare i conducenti in quanto non
esistono piazzole idonee per poter fermare in sicurezza i veicoli che
superano la velocita' massima consentita, perche' la strada e'
costeggiata da piste ciclabili protette da cordonatura rialzata;
d'altro canto tale conformazione, afferma la stessa Polizia
Municipale, non e' motivo per omettere i controlli, anche al fine di
evitare di creare, in tale zona, una sorta di impunita' a favore
degli automobilisti indisciplinati.
Dopo aver replicato brevemente sui vari punti, ho ritenuto non piu'
produttivo insistere nel mio intervento, non senza peraltro far
presente al Comandante della Polizia Municipale che, in ogni caso, le
motivazioni addotte successivamente non apparivano in linea con
quelle indicate nel verbale e che lasciava perplessi la
determinazione di organizzare servizi di vigilanza con modalita' tali
da escludere, a priori e con valenza di carattere generale, l'obbligo
della contestazione immediata.
- Comune di Coli (Piacenza)
n. 714/2001
Il Difensore civico del Comune di Piacenza chiedeva il mio intervento
in quanto il Comune di Coli non aveva risposto alle sue
sollecitazioni dirette a trovare una soluzione per una richiesta di
concessione edilizia in sanatoria risalente al 1995.
Ho allora segnalato al Sindaco di quel Comune l'inammissibile ritardo
verificatosi per quella situazione e, finalmente, mi e' pervenuta
l'assicurazione circa l'esito positivo della relativa pratica.
- Comunita' Montana Valle del Santerno
n. 893/2001
La titolare di un'azienda agricola si era vista negare dalla
Comunita' Montana Valle del Santerno il contributo comunitario
previsto per i giovani agricoltori a causa del superamento del limite
di eta' previsto dal bando (40 anni).
La signora mi faceva rilevare che la sua domanda di contributo,
risalente al 1997, era stata dichiarata ammissibile in quanto
all'epoca non aveva ancora compiuto i quaranta anni; peraltro, in
quel momento la Comunita' Montana non aveva potuto corrisponderle il
contributo per carenza di fondi.
Per tale motivo la stessa Comunita' aveva inserito l'istanza nel
Programma di Sviluppo rurale 2000/2006 e in quella sede le aveva
eccepito il superamento del limite di eta'.In proposito osservavo
all'Ente che se l'istanza presentata nel 1997 legittimava
l'interessata a concorrere anche ai contributi previsti nel
successivo Programma regionale 2000/2006, la sussistenza del
requisito dell'eta' non poteva piu' essere oggetto di valutazione,
dovendosi piuttosto fare riferimento al momento della presentazione
della relativa istanza.
La situazione trovava una soluzione con l'intervento di una delibera
regionale che, recependo le modifiche contenute in un Regolamento CE,
prevedeva che il requisito dell'eta' non fosse piu' riferito alla
data di presentazione dell'istanza di aiuto comunitario ma alla data
dell'insediamento agricolo.
In tal modo la Comunita' Montana poteva riesaminare la richiesta e
concedere il contributo.
- Ministero della Salute - Roma
n. 55/2001
Nel marzo 2000 il Ministero della Sanita' comunicava ad un cittadino
bolognese l'avvenuto riconoscimento del nesso di causalita' tra la
propria infermita' e una trasfusione di sangue infetto, nonche' la
concessione dell'indennizzo previsto dalla Legge 25 febbraio 1992, n.
210.
Successivamente l'interessato interpellava piu' volte
l'Amministrazione senza peraltro ottenere un'informazione, neppure in
via presuntiva, circa la data della riscossione dell'indennizzo in
parola.
Sollecitavo allora il Difensore civico della Regione Lazio ad
attivarsi presso il Ministero della Sanita' e, dopo alcuni mesi,
ottenevo l'assicurazione che la relativa pratica era stata trasmessa,
per il seguito di competenza, all'Assessorato alla Sanita' della
Regione Emilia-Romagna.
Quest'ultima completava con sollecitudine l'informazione assicurando
che il pagamento dell'indennizzo dovuto era gia' stato effettuato
dall'Azienda Unita' sanitaria locale competente.
- Regione Puglia - Settore Provveditorato Economato Contratti Appalti
n. 437/2001
La proprietaria di un immobile concesso in locazione alla Regione
Puglia mi chiedeva di intervenire in quanto quella Amministrazione,
nonostante la sua opposizione ampiamente motivata, le aveva ridotto
d'imperio il canone del 20% a partire dall'1 gennaio 2001.
La signora, residente in un comune emiliano, si rivolgeva a me per
conoscere i motivi della riduzione.
Dal canto mio, ritenevo di aver competenza ad intervenire sulla base
della previsione di cui all'art. 2, comma 2 della Legge n. 15 del
1995, il quale prevede che "Il Difensore civico puo' altresi'
segnalare eventuali disfunzioni riscontrate presso altre pubbliche
Amministrazione, sollecitandone la collaborazione, per il
perseguimento delle finalita' di imparzialita' e buon andamento della
pubblica Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.".
Innanzitutto, verificavo che la normativa richiamata dall'Ente per
disporre tale decurtazione era l'art. 62, comma 5, della Legge
finanziaria per l'anno 2001, il quale prevede che "Entro il 31
dicembre 2001 le Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato,
nonche' le altre pubbliche Amministrazioni, devono pervenire al
conseguimento di risparmi pari ad almeno il 20 per cento della spesa
annua per affitti e locazioni".
Appariva pertanto evidente che il precetto contenuto nella citata
normativa era diretto alle pubbliche Amministrazioni, e non certo ai
privati contraenti i quali, in base ad un contratto stipulato in
regime privato, avevano concesso in locazione i loro immobili per le
esigenze di quell'Amministrazione. Le Amministrazioni pubbliche erano
tenute pertanto a porre in essere una diversa organizzazione delle
proprie strutture, cosi' da conseguire adeguati risparmi nelle spese
per locazioni. I proprietari privati potevano essere coinvolti
nell'operazione di conseguimento dei predetti risparmi, ma solamente
nei limiti della loro disponibilita' a rinegoziare le clausole
contrattuali preesistenti.Apprendevo inoltre che la Regione Puglia
aveva applicato tale interpretazione nei confronti di tutte le
locazioni passive in essere e che, di fronte alle numerose
contestazioni dei proprietari, la stessa aveva proposto un quesito al
Ministero del Tesoro.
Mi attivavo allora nei confronti del Ministero, chiedendo di fornire
con urgenza una risposta chiarificatrice alla Regione Puglia della
quale contestavo la correttezza dell'operato.
Dopo alcuni solleciti senza esito, rispondeva il Ministero
dell'Economia e delle Finanze il quale, senza entrare nel merito del
quesito, si limitava ad assicurare la disponibilita' della locale
Agenzia del Demanio al fine di razionalizzare gli spazi adibiti a
pubblici uffici.
Nel frattempo mi ero rivolta al Dirigente della Regione Puglia che
aveva adottato la determinazione dirigenziale in contestazione,
esprimendogli tutto il mio sconcerto per una interpretazione davvero
singolare, e tale comunque da determinare vertenze legali con i
proprietari, facendogli anche presente che altre Regioni, quali
l'Emilia-Romagna e la Toscana, ben altra interpretazione avevano dato
a quella normativa, cercando piuttosto una rinegoziazione delle
clausole contrattuali con i proprietari.
Il Dirigente replicava sostenendo che la perentorieta' delle
disposizioni non permetteva l'adozione di misure incisive diverse da
quelle adottate.
A suo dire, se la signora che mi aveva posto la questione avesse
richiesto ed ottenuto il rilascio dell'immobile . . . "non restera'
che attivarsi per avviare le previste procedure atte ad addivenire,
nei tempi previsti, all'acquisizione di altro immobile ove trasferire
il proprio ufficio".
Di fronte all'illogicita' di tale posizione, tentavo da ultimo la
strada dell'interpello del Presidente della Giunta regionale e
dell'Assessore agli Affari generali, Contratti e Appalti, senza
peraltro ottenere dagli stessi alcuna risposta.
A questo punto facevo presente all'interessata l'inutilita' di
proseguire l'intervento.
La stessa allora mi comunicava di aver dato mandato al proprio legale
per ottenere una sentenza di sfratto per morosita'.
- Agenzia delle Entrate - Ufficio distrettuale delle Imposte dirette
di Napoli 1
n. 227/2001
L'erede di un contribuente deceduto a Napoli nel 1995 mi chiedeva di
intervenire per ottenere il rimborso delle somme gia' spettanti al
padre, relative all'IRPEF 1990.
Poiche' lo stesso non aveva allegato alcun documento, l'intervento
veniva formulato in termini generici.
Con mia grande soddisfazione, l'Ufficio distrettuale delle Imposte
dirette Napoli 1 rispondeva con la massima sollecitudine assicurando
l'emissione, nel giro di pochi mesi, dei relativi vaglia bancari.
- Comune di Roma
n. 409/2001
Nel gennaio 2000 un extracomunitario proveniente da Roma chiedeva
all'Ufficio Anagrafe del Comune di Bologna il trasferimento della
propria residenza.
L'ufficio, verificata la sussistenza dei presupposti per
l'iscrizione, chiedeva al Settore Servizi Demografici del Comune di
Roma le notizie di competenza, senza ottenere riscontro.
Al riguardo e' da precisare che il Regolamento anagrafico prevede un
termine di 20 giorni entro cui il Comune di provenienza deve operare
la cancellazione dall'anagrafe; trascorso tale periodo, l'Ente di
provenienza dovrebbe precisare le ragioni del ritardo e fissare un
termine.
Nonostante i ripetuti solleciti dell'Ufficio Anagrafe di Bologna, con
lettera, a mezzo fax e per telefono, i Servizi Demografici di Roma
non davano alcuna risposta.
Nel marzo 2001 l'Ufficio Anagrafe di Bologna chiedeva un intervento
della Prefettura di Roma, anche in questo caso pero' senza esito.In
aprile l'interessato mi ha chiesto di intervenire, in quanto gli
sembrava che un ritardo di ben 14 mesi per definire una pratica
banale fosse assolutamente ingiustificato.
Ho allora sensibilizzato il Commissario straordinario del Comune di
Roma, ricevendo finalmente assicurazione (agosto 2001) che la pratica
era stata definita.
La motivazione addotta a giustificazione di un ritardo cosi'
clamoroso e' la circostanza che, successivamente al cambiamento di
residenza, l'interessato era stato dichiarato irreperibile, e poiche'
la procedura informatizzata non consentiva la regolare definizione
della pratica, e' stato necessario attendere la predisposizione di un
programma ad hoc.
- Comune di Torino
n. 254/2001
Un signore di 84 anni riceveva dal Corpo di Polizia Municipale di
Torino un verbale di contravvenzione per divieto di sosta nel
territorio di quel comune.
L'interessato si presentava allora nel mio ufficio e, con molta
urbanita', esprimeva la propria preoccupazione non tanto per
l'importo, invero modesto, che doveva pagare, quanto piuttosto per la
possibile esistenza di due targhe uguali, possibile fonte di
responsabilita' in avvenire.
Da un lungo colloquio con il predetto emergevano elementi e
circostanze tali che, uniti alla personalita' del soggetto (il quale,
nonostante l'eta', trascorreva la gran parte delle sue giornate a
prestare assistenza ad un disabile, cosi' come il giorno in cui e'
stata elevata la contravvenzione) mi facevano fortemente dubitare
della fondatezza dell'infrazione contestagli.
Ho allora fatto presente il mio convincimento al Comandate della
Polizia municipale di Torino il quale, dimostrando grande
sensibilita', ha provveduto ad annullare il verbale.
- Comune di Francavilla di Sicilia (Messina)
n. 188/2001
Una cittadina italiana nata in Svizzera, attualmente residente in un
comune emiliano, aveva difficolta' ad ottenere dall'Ufficiale di
Stato civile del Comune di Francavilla il rilascio di un certificato
che attestasse il suo esatto prenome: infatti i certificati
rilasciati dalle Autorita' svizzere riportava due prenomi, mentre nei
documenti anagrafici italiani, cosi' come in taluni certificati e
titoli di studio, era riportato solamente il primo dei due.
Prima di intervenire direttamente ritenevo opportuno cercare di
risolvere il problema aiutando l'interessata a predisporre una
istanza circostanziata, a firma della stessa, con la quale chiarire
la situazione.
Dopo alcuni giorni la signora ha ricevuto il certificato a lungo e
inutilmente richiesto.
7. Conclusioni
Dai dati statistici esposti al Titolo II e dall'ampiezza e varieta'
degli interventi evidenziati nelle varie parti della presente
relazione emerge come nell'anno trascorso l'attivita' posta in essere
da questo ufficio sia stata intensa e molteplice, tale da coinvolgere
tutte le migliori forze della scrivente e dei suoi collaboratori.
A fronte della tendenza che si e' evidenziata - di un sempre maggior
numero di soggetti che richiedono il nostro intervento e del
perdurare di comportamenti irregolari da parte delle pubbliche
Amministrazioni - il che rappresenta la conferma dell'esigenza
dell'istituto nella nostra realta', non si e' verificato quel
potenziamento della struttura del Difensore civico regionale che
invece era auspicabile e che aveva formato oggetto di mie reiterate
richieste.
In questa situazione e' giocoforza sottolineare che ulteriori
iniziative dirette a promuovere la domanda di difesa civica
incontreranno l'ostacolo, insormontabile, delle risorse umane
presenti presso questa struttura, con la conseguenza ulteriore di
dover operare una inversione di tendenza nella ricerca di modalita' e
settori di intervento sempre piu' adeguati e rispondenti alle
esigenze di fasce di domanda ancora sommersa.
La scrivente si e' sempre resa disponibile a porre in essere ogni
intervento richiesto, anche se non rientrante strettamente nella
propria competenza intesa in senso formale, nella consapevolezza
dell'esigenza di incentivare un sistema globale di difesa civica:
peraltro, quando rischiano di mancare le condizioni positive per
l'esercizio della funzione, occorre operare una scelta dolorosa,
limitando gli interventi agli ambiti di stretta competenza e
accettando giocoforza un rallentamento dei tempi di definizione delle
pratiche.
La riprova delle mie affermazioni puo' essere desunta dai dati
statistici: infatti, il numero di interventi posti in essere
nell'anno 2001 si e' incrementato, rispetto all'anno 2000 del 13,35%,
rimanendo invariati i collaboratori a disposizione e pur in assenza,
per ben nove mesi, del dirigente.
Addirittura, l'incremento intervenuto tra l'anno precedente alla mia
elezione (1997) e il 2001 e' stato del 91% circa, mentre similmente
e' rimasta invariata la struttura organizzativa.
Atteso che la disponibilita' manifestata da tutto il personale non
puo' ovviare in maniera indeterminata alla scarsezza numerica di
unita' a disposizione, rebus sic stantibus non ha senso proseguire,
come ho fatto ripetutamente in passato, ad ideare nuove forme di
pubblicizzazione dell'istituto o a richiedere all'Amministrazione
regionale l'attivazione di iniziative di comunicazione, alle quali la
struttura non potrebbe corrispondere adeguatamente e con
soddisfazione degli interessati.
E cio' nonostante, posso dire con serenita' che nel corso dell'anno
2001 si sono raggiunti risultati eccellenti, grazie soprattutto
all'abnegazione dei collaboratori, cosi' come sento il dovere di
sottolineare che migliori risultati si sarebbero potuti ottenere se
un incremento di organico avesse bilanciato l'accresciuta mole di
lavoro.
L'orizzonte delle mie considerazioni conclusive non e' certamente
negativo, in quanto evidenzia con soddisfazione la prosecuzione di
una collaborazione pressoche' costante con molti dei responsabili
degli Enti e pubbliche Amministrazioni interpellati; solamente in
pochi casi marginali le osservazioni formulate dal Difensore civico
sono state interpretate come indebita interferenza nella competenza
dell'Ente e rifiutate, magari con argomenti di scarso significato,
mai comunque frapponendo un silenzio alle mie richieste.
Dal canto mio, ho cercato il colloquio piuttosto che lo scontro,
consapevole che il Difensore civico e' organo di persuasione e di
mediazione, il quale deve riuscire a raggiungere un sistema di
collaborazione con l'Amministrazione, pena l'incapacita' di tutelare
adeguatamente i rapporti tra i cittadini e i pubblici poteri.
Desidero concludere questa relazione elogiando tutti i miei
collaboratori i quali, pur nella difficolta' di sopperire alla
modestia dell'organico e all'assenza del dirigente per nove mesi,
hanno assolto con competenza, prontezza e elevatissimo spirito di
abnegazione i compiti loro demandati, evidenziando una disponibilita'
e una preparazione professionale meritevole di elogio e di
riconoscenza.
Un ringraziamento va anche all'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale, alle Autorita' alle quali e' diretta la presente
relazione, ai funzionari e dirigenti regionali e degli enti
destinatari dei miei interventi, per l'attenzione e la collaborazione
evidenziate nei miei confronti e indirettamente in quelli dei
soggetti da me tutelati.
Bologna, 27 marzo 2002
IL DIFENSORE CIVICO
Paola Gallerani
(segue allegato fotografato)