DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 11 marzo 2002, n. 329
Approvazione Linee guida per la predisposizione e l'approvazione dei Piani di zona 2002/2003 in attuazione di delibera del Consiglio regionale 246/01
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA
Vista la deliberazione del Consiglio regionale n. 246 del 25
settembre 2001, avente per oggetto "Programma degli interventi ed
individuazione dei criteri di ripartizione del Fondo regionale
socio-assistenziale e del Fondo nazionale per le politiche sociali
per l'anno 2001 - L.R. 2/85 e Legge 328/00", con la quale vengono
ripartite le risorse indistinte previste dal Fondo sociale nazionale
per il 2001 e vengono definite le principali linee di indirizzo, in
modo coerente agli obiettivi di politica sociale individuati a
livello nazionale e regionale, in anticipazione del Piano sociale
regionale;
ricordato che la citata deliberazione da' atto che l'utilizzo dei
fondi oggetto del Programma si colloca in una fase di transizione dal
sistema regionale dell'assistenza sociale attualmente regolato dalla
L.R. 2/85 al nuovo sistema, che verra' definito con l'approvazione
della riforma regionale dell'assistenza ora oggetto d'esame del
Consiglio regionale;
richiamati in particolare i punti 3) e 4) dell'allegato alla
deliberazione consiliare citata che prevedono:
- l'elaborazione dei Piani di zona come strumenti fondamentali
attraverso i quali i Comuni, con il concorso di tutti i soggetti
attivi nella progettazione, disegnano il sistema integrato di
interventi e servizi sociali, con riferimento agli obiettivi
strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare;
- la predisposizione da parte dei Comuni di Piani di zona a carattere
sperimentale, da approvare mediante sottoscrizione di uno specifico
accordo di programma;
- un ruolo rilevante delle Province di promozione, informazione e
piu' in generale di supporto informativo e tecnico ai Comuni, e di
raccordo e sintesi nei confronti della Regione nel processo di
elaborazione e approvazione dei Piani di zona;
- la costituzione di un Tavolo tecnico Regione-Province finalizzato a
monitorare la fase di avvio della predisposizione dei Piani di zona,
nonche' a garantire la necessaria omogeneita' al processo avviato;
viste:
- la determinazione del Direttore generale Sanita' e Politiche
sociali n. 9923 del 5 ottobre 2001, con la quale vengono assegnati e
concessi finanziamenti ai Comuni destinati alla predisposizione e
attuazione dei Piani di zona in attuazione della citata delibera di
Consiglio regionale 246/01, provvedendo contestualmente a subordinare
la erogazione del 30% dei finanziamenti stessi alla presentazione
entro il 15 aprile 2002, da parte dei Comuni stessi, del Piano di
zona di ambito distrettuale, approvato mediante sottoscrizione di un
accordo di programma in data non successiva al 24 marzo 2002;
- la determinazione del Direttore generale Sanita' e Politiche
sociali n. 333 del 25 gennaio 2002 con la quale si e' provveduto a
prorogare i termini, rispettivamemte per la sottoscrizione
dell'accordo di Programma al 24 maggio 2002, e per la presentazione
dei Piani di zona per l'erogazione dell'ulteriore 30% dei
finanziamenti al 15 giugno 2002;
- la determinazione del Direttore generale Sanita' e Politiche
sociali n. 12396 del 16 novembre 2001 con la quale si e' istituito il
Tavolo tecnico Regione-Province, sopra citato, in attuazione della
delibera di Consiglio regionale 246/01;
considerato che dal Tavolo tecnico Regione-Province e' emersa la
necessita' - anche a fronte di un quadro normativo non ancora
completamente definito - di sostenere con azioni di indirizzo
l'impegno dei Comuni e degli altri soggetti istituzionali nella
costruzione dei Piani di zona, soprattutto in questa prima fase
sperimentale, in particolare per orientare e armonizzare percorsi,
organizzare dati, focalizzare nuclei di attenzione sul piano della
metodologia e delle procedure, ricorrendo allo strumento di
specifiche Linee guida per la programmazione, e cio' anche per dare
una prospettiva piu' ampia temporalmente ai primi Piani di zona
sperimentali;
vista la deliberazione della Giunta n. 2762 del 10 dicembre 2001, con
la quale si e' provveduto ad affidare un incarico di prestazione
d'opera intellettuale all'Istituto per la ricerca sociale di Milano
relativo a una consulenza tecnica e metodologica per la
programmazione sociale regionale, consulenza articolata in quattro
azioni, la prima delle quali relativa alla elaborazione di Linee
guida per la predisposizione dei Piani sperimentali di zona;
preso atto del lavoro istruttorio svolto dalle diverse aree di lavoro
dell'Assessorato Politiche sociali, con il concorso e il supporto
tecnico dell'Istituto per la ricerca sociale di Milano, al fine di
costruire tali Linee guida in modo congruente rispetto alle
specificita' di procedure e di metodologie proprie dei diversi
settori;
visto il documento allegato al presente atto e parte integrante dello
stesso, avente ad oggetto "Linee guida per la predisposizione e
l'approvazione dei Piani di zona (2002/2003)", contenente indirizzi
metodologici per l'avvio della procedura, per la valutazione dei
bisogni e dell'offerta esistente, per la definizione delle scelte
strategiche e dei programmi operativi riferiti ad aree di bisogno e a
obiettivi strategici di zona;
richiamato il carattere orientativo e di supporto metodologico che
tali Linee assumono come schema guida per la definizione dei Piani di
zona di ambito distrettuale;
considerato che all'interno delle Linee-guida di cui al presente atto
e' previsto l'avvio di un percorso programmatorio di carattere
sperimentale relativo al biennio 2002/2003, attraverso la
predisposizione di un Piano di zona relativo al biennio e articolato
in due Programmi attuativi annuali;
dato atto che la delibera consiliare piu' volte citata prevede che i
Piani di zona vengano adottati mediante accordi di programma ai sensi
dell'art. 34 del DLgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli Enti locali), sottoscritti d'intesa con il
Direttore generale dell'Azienda Unita' sanitaria locale di
riferimento per gli interventi socio-sanitari, ivi compresi quelli
connotati da elevata integrazione sanitaria previsti anche dal
Programma delle attivita' territoriali;
sottolineato in particolare che il Piano di zona, da presentare alla
Regione entro il 15 giugno 2002, come previsto dalla determinazione
dirigenziale n. 333 su citata, dovra' fare riferimento agli Obiettivi
regionali di priorita' sociale indicati dalla delibera di Consiglio
regionale 246/01 e comprendere, cosi' come indicato nelle stesse
Linee guida, il primo Programma attuativo, mentre il secondo
Programma attuativo dovra' essere predisposto e adottato nei termini
previsti per l'approvazione dei bilanci comunali per l'esercizio
finanziario 2003;
dato atto, infine, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, quarto
comma della L.R. 43/01 e della deliberazione della Giunta regionale
n. 2774 del 10 dicembre 2001:
- del parere favorevole espresso dal Responsabile del Servizio
Pianificazione e Sviluppo dei Servizi sociali e socio-sanitari
Graziano Giorgi, in merito alla regolarita' tecnica;
- del parere favorevole espresso dal Direttore generale alla Sanita'
e Politiche sociali Franco Rossi, in merito alla legittimita';
su proposta dell'Assessore alle Politiche sociali, Immigrazioni,
Progetto giovani, Cooperazione internazionale Gianluca Borghi;
a voti unanimi e palesi, delibera:
a) di approvare per le motivazioni citate in premessa, l'allegato
parte integrante al presente atto "Linee guida per la predisposizione
e l'approvazione dei Piani di zona (2002/2003)", come schema guida
per la definizione sul piano metodologico dei Piani di zona di ambito
distrettuale;
b) di stabilire che i Piani di zona, da presentare alla Regione entro
il 15 giugno 2002 come stabilito dall'atto di proroga dei termini
citato in premessa, dovranno fare riferimento agli Obiettivi
regionali di priorita' sociale indicati dalla delibera di Consiglio
regionale 246/01 e comprendere, cosi' come indicato nelle stesse
Linee guida, il primo Programma attuativo, mentre il secondo
Programma attuativo dovra' essere predisposto e adottato nei termini
previsti per l'approvazione dei bilanci comunali per l'esercizio
finanziario 2003;
c) di pubblicare il presente atto nel Bollettino Ufficiale della
Regione per darne adeguata diffusione.
LINEE GUIDA PER LA PREDISPOSIZIONE E L'APPROVAZIONE DEI PIANI DI ZONA
2002/2003
Indice
Premessa
1) Avvio del processo
1.1) I Comuni e l'ambito distrettuale
1.2) La Provincia
2) Costruzione della base conoscitiva
2.1) Analisi dei bisogni e del sistema di interventi e servizi
2.2) Rilevazione delle risorse e delle modalita' di finanziamento dei
servizi e degli interventi presenti 2.2.1) Obiettivi della
rilevazione 2.2.2) Strumenti: le schede di rilevazione 2.2.3)
Risultati attesi della rilevazione e utilizzabilita' dei dati
3) Le scelte strategiche e di priorita'
3.1) Percorso decisionale
3.2) Scelte strategiche prioritarie 3.2.1) Definizione degli
obiettivi di priorita' sociale e dei programmi di intervento del
sistema integrato 3.2.2) Integrazione delle strategie, degli
interventi, dei servizi 3.2.3) Integrazione con altre politiche
3.2.4) Integrazione socio-sanitaria 3.2.5) Regole da armonizzare e
servizi da unificare 3.2.6) Formazione e aggiornamento 3.2.7) La
gestione del Piano e la valutazione 3.2.8) Indirizzi generali per
l'allocazione delle risorse
3.3) Scelte strategiche su cui avviare attivita' sperimentali, di
monitoraggio e ricerca 3.3.1) Modalita' di produzione dei servizi
3.3.2) Modalita' di gestione dei servizi 3.3.3) Modalita' di
esternalizzazione 3.3.4) Sistema di accreditamento
4) Programmazione per diverse aree di utenza e strategie di
intervento
4.1) Griglie per la costruzione del Programma attuativo dell'ambito
distrettuale
5) La valutazione dei Piani di zona
5.1) Valutazione come processo
5.2) Valutazione di piano 5.2.1) Il disegno di valutazione 5.2.2) Le
fasi e i ruoli 5.2.3) Valutazione e costruzione della base
conoscitiva
5.3) Valutazione dei servizi e sviluppo della qualita'
6) La stesura del Piano di zona 2002/2003 e del Programma attuativo
2002
Allegati:
1) Nota metodologica: la progettazione partecipata.
2) Griglia per la rilevazione dei dati sul bisogno e sull'offerta.
3) Monitoraggio sulle attivita' comunali in materia di ISE.
4) Griglia di rilevazione della spesa sociale dei Comuni.
5) Griglia di rilevazione della spesa sociale dei Distretti sanitari.
Premessa
Il Piano di zona (Pdz) ha la finalita' di definire i sistemi locali
dei servizi sociali a rete che garantiscono i livelli essenziali
delle prestazioni sociali. Il Programma degli interventi ed
individuazione dei criteri di ripartizione del Fondo regionale
socio-assistenziale e del Fondo nazionale per le politiche sociali
per l'anno 2001, approvato con delibera del Consiglio regionale n.
246 del 25 settembre 2001 afferma che "Il Piano di zona e' lo
strumento fondamentale attraverso il quale i Comuni, con il concorso
di tutti i soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare il
sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento
agli obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse
da attivare".
In attuazione di quanto previsto dalla delibera 246/01, queste Linee
guida sono indirizzate alle Province, ai Comuni e agli altri soggetti
istituzionali coinvolti nella costruzione dei Piani di zona per
sostenerli nel loro impegno e per orientare e armonizzare percorsi,
punti di focalizzazione, organizzazione dei materiali, redazione dei
testi.
Il Piano va pensato, costruito, implementato e valutato al fine di
realizzare un sistema integrato in grado di assicurare nuove e
sostenibili risposte al bisogno di interventi e servizi della
collettivita'. Tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente,
concorrono con scelte, indirizzi, sostegno alla realizzazione del
Pdz, assumono questa finalita' come criterio di azione e di giudizio,
ne valorizzano il potenziale innovativo, andando oltre l'ottica del
Pdz come mero momento distributivo di risorse.
L'ambito delle politiche sociali e' per sua natura caratterizzato da
mutevolezza degli scenari e dei bisogni; molteplicita', varieta' e
conseguenti possibili tensioni fra attori, sia istituzionali che
sociali; incertezza delle diverse risorse; limitata conoscenza di
soluzioni di efficacia certa; conseguente evoluzione degli
interventi. Pertanto una programmazione efficace e aderente alla
realta' operativa si trova a fare i conti con una complessita' che
richiede di assumere una logica incrementale, flessibile, aperta
all'imprevisto, oltreche' fortemente partecipativa.
La "realizzazione" del sistema integrato di interventi e servizi
sociali va quindi intesa in senso dinamico, come processo continuo di
sviluppo, segnato da mete che vanno conseguite con l'apporto di piu'
soggetti, a certe scadenze.
In questo quadro appare rilevante ed opportuno, per realizzare
attraverso il Pdz una programmazione efficace, considerare il primo
Pdz come sperimentale. Il concetto di sperimentazione non deve essere
usato per giustificare lavori e prodotti non sistematici, ma va
assunto in senso proprio, cioe' nel duplice significato di:
- individuazione di una ipotesi di sviluppo e realizzazione di una
prima tappa, limitata nelle sue articolazioni, ma finalizzata a
conseguire comunque cambiamenti e risultati definiti;
- assunzione di una logica in cui metodologie, percorsi e strategie,
vengono valutati, selezionati e ridefiniti al fine di un continuo
miglioramento.
Il primo Pdz in Emilia-Romagna ha quindi carattere strategico e un
orizzonte temporale biennale (anni 2002 e 2003), e si declina in
programmi attuativi annuali: il primo Programma attuativo e' da
predisporre contestualmente al Piano di zona da inoltrare in Regione
entro il 15 giugno 2002, mentre il secondo Programma attuativo dovra'
essere predisposto entro i termini previsti per l'approvazione dei
bilanci comunali per l'esercizio finanziario 2003.
Anche valorizzando le indicazioni emergenti dai Piani di zona, la
Regione predisporra' il Piano sociale regionale, in tempo utile per
orientare la preparazione del secondo Pdz, con orizzonte triennale
(2004-2006).
Il Pdz e' un'esperienza nuova che, nella nostra regione, raccoglie
l'eredita' di precedenti esperienze programmatorie realizzate con il
coordinamento tra piu' soggetti, quali quelle gia' realizzate in
campo sociale in base alla Legge 285/97, alla Legge 286/98, alla
Legge 45/99, alla L.R. 1/00. Tali esperienze non debbono andare
assolutamente disperse, ma richiamate e valorizzate (nelle loro
metodologie sperimentate, nelle reti attivate, nelle analisi e nelle
scelte progettuali, nelle sperimentazioni condotte) all'interno degli
stessi Piani di zona.
In considerazione del carattere sperimentale che questa prima
edizione del Pdz assume, queste Linee guida si propongono di offrire
non solo uno schema complessivo per l'organizzazione dei suoi
contenuti, ma anche di suggerire un approccio, una metodologia, un
percorso e alcuni contenuti ritenuti essenziali.
La delibera n. 246 del Consiglio regionale, sopra citata, prevede
l'adozione del Piano di zona tramite l'Accordo di programma (Adp),
come pure il Progetto di legge di riforma del welfare regionale.
Accordo di programma e Piano di zona sono atti diversi, e pur essendo
strettamente complementari, rispondono a logiche distinte.
Il Piano di zona e' il documento che contiene decisioni, strategie e
strumenti per la programmazione integrata dei servizi e degli
interventi e per il governo complessivo del sistema.
L'Accordo di programma e' lo strumento con il quale le diverse
Amministrazioni interessate all'attuazione del Piano coordinano i
rispettivi interventi per il raggiungimento degli obiettivi comuni,
determinando il ruolo e gli impegni di ogni soggetto, i sistemi di
regolazione interna delle relazioni reciproche, i tempi, il
finanziamento e gli adempimenti necessari alla realizzazione degli
obiettivi.
L'Accordo di programma viene sottoscritto dai soggetti istituzionali
del territorio - Comuni, Aziende sanitarie e Province - in attuazione
della delibera n. 246, punto 3) del Programma allegato parte
integrante, che prevede le Province come soggetti promotori
dell'Accordo, ai sensi dell'art. 34 del DLgs 267/00.
Altri soggetti istituzionali - quali Provveditorati agli Studi,
Centri per la giustizia minorile, ecc. - possono essere individuati
nei diversi ambiti territoriali a seconda delle specificita' degli
obiettivi e degli interventi e servizi programmati nell'ambito del
Pdz.
Per quanto riguarda i soggetti non istituzionali, ferma restando la
necessita' di coinvolgere e favorire l'apporto di tutti i soggetti
attivi nella progettazione e comunque in grado di dare apporti in tal
senso, si prevede la loro adesione all'Accordo in qualita' di
soggetti che aderiscono agli obiettivi del Pdz e dichiarano la
propria volonta' di concorrere alla loro realizzazione. Questi ultimi
saranno quindi i soggetti che, a livello locale, saranno
prioritariamente coinvolti nei processi di valutazione e verifica
della realizzazione degli obiettivi.
Si distinguera' quindi tra soggetto sottoscrittore dell'Accordo e
soggetto aderente all'Accordo, per sottolineare la responsabilita'
dei soggetti istituzionali nella realizzazione del sistema locale dei
servizi sociali a rete, e la necessaria valorizzazione e
coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore e degli altri soggetti
interessati alla costruzione del sistema, fin dalla fase della
programmazione.
Data la complessita' della prima sperimentazione del Pdz la funzione
di governo del processo impegna piu' livelli istituzionali:
- il livello regionale con produzione di regole, distribuzione di
risorse e azioni di orientamento (Linee guida), sostegno,
monitoraggio e valutazione;
- il livello provinciale con iniziative di promozione,
accompagnamento, coordinamento, con consulenze e interventi
formativi, e, nel caso, anche azioni di supplenza funzionali a
favorire l'attivazione e lo sviluppo del processo, sia durante la
fase di programmazione che in quella della implementazione del
sistema;
- il livello comunale e di zona che impegna risorse ed energie dei
Comuni appartenenti a ciascun ambito distrettuale, in una funzione di
produzione, regia e gestione del Piano in una dimensione
effettivamente zonale e integrata che, superando localismi e
settorialismi, consenta di farlo divenire strumento efficace e
dinamico per la programmazione sociale.
I capitoli che seguono declinano operativamente le fasi metodologiche
indicate dalla delibera di Consiglio regionale 246/01 per la
realizzazione dei Piani di zona sperimentali:
- attivazione della procedura, prevedendo fin dall'inizio del
processo il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, cosi'
come indicati al comma 4 dell'art. 1 della Legge 328/00, e la
definizione dei singoli ruoli (punto 1);
- ricostruzione della "base conoscitiva", ai fini dell'analisi dei
bisogni e della conoscenza dell'esistente (punto 2);
- individuazione degli obiettivi strategici (punto 3);
- precisazione dei contenuti (punti 4, 5, 6).
1) Avvio del processo
La delibera di Consiglio regionale 246/01 che ha approvato il
Programma degli interventi ed individuazione dei criteri di
ripartizione del Fondo regionale socio-assistenziale e del Fondo
nazionale per le politiche sociali per l'anno 2001, individua come
prima fase metodologica per la predisposizione dei Piani di zona
sperimentali "l'attivazione della procedura prevedendo il
coinvolgimento e la definizione dei ruoli di tutti i soggetti
interessati".. Le azioni per realizzare questa fase dovranno tenere
in conto tre passaggi essenziali:
- l'attivazione di organismi politici e tecnici a livello di ambito
distrettuale per l'elaborazione e la gestione dei Piani di zona;
- l'individuazione ed il coinvolgimento dei soggetti che
parteciperanno in forme diverse al Piano di zona; si sottolinea
l'importanza, cosi' come d'altra parte previsto nel Programma
regionale citato, di attivare azioni per il coinvolgimento in
particolare dei soggetti del terzo settore fin da questa primissima
fase di avvio;
- l'attivazione della rete dei soggetti chiamati alla gestione
integrata degli interventi e dei servizi.
La realizzazione di tali passaggi in questa prima sperimentazione dei
Piani di zona avviene con il concorso tanto dei Comuni,
nell'esercizio di una competenza loro specifica, quanto delle
Province, specificamente chiamate in tale occasione ad un'azione di
stimolo e di supporto. Di seguito si declinano, quindi, le
indicazioni rivolte ai Comuni e alle Province per l'attuazione del
processo programmatorio della delibera di Consiglio regionale 246/01,
tenendo presente anche i contenuti del Progetto di legge regionale
per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione
del sistema integrato di interventi sociali, approvato dalla Giunta e
ora all'esame del Consiglio regionale.
1.1) I Comuni e l'ambito distrettuale
I Comuni, per le loro competenze istituzionali, costituiscono il
fulcro del nuovo sistema integrato di interventi e servizi sociali
cosi' come tracciato nel Progetto di legge regionale attualmente in
discussione.
Per una efficace progettazione di tale sistema integrato di
interventi, e' essenziale presidiare la fase di attivazione della
rete, perche' questa segnera' fortemente tutto il percorso
successivo. Tanto piu' i Comuni di un ambito distrettuale riusciranno
ad esprimere una posizione condivisa verso l'esterno e nei confronti
degli altri soggetti, maggiore sara' l'autorevolezza e l'efficacia
nell'attivare una funzione di regia per la definizione e l'attuazione
dei Piani. Tale funzione di regia, dovendo agire su un ambito
distrettuale, va adeguatamente presidiata a questo livello, sia per
le funzioni politiche che per quelle tecniche. In questo senso i
Comuni appartenenti ad un ambito distrettuale sono chiamati a dar
vita a:
- un Coordinamento politico di ambito distrettuale, che coincide di
norma con il Comitato di distretto e che presiede alle diverse fasi
della predisposizione e poi della gestione del Pdz e dell'Adp,
provvedendo a precisare le proprie funzioni, nonche' a individuare il
Comune capofila, i suoi compiti, e la composizione e i compiti di un
organismo tecnico che supporta il Coordinamento politico
nell'elaborazione, gestione e valutazione del Pdz (vedi punto
successivo);
- un Tavolo tecnico per il Piano di zona, con funzioni di regia
operativa del processo di elaborazione del Piano, di coordinamento
operativo dei diversi attori in campo, di presidio della funzione di
realizzazione e attuazione del Piano e delle connesse attivita' di
monitoraggio e valutazione, oltreche' con compiti di istruttoria
tecnica e di supporto decisionale al Coordinamento politico di
distretto.
Questi due organismi lavoreranno in sinergia per realizzare le azioni
necessarie all'avvio di un processo programmatorio con carattere
fortemente partecipativo, di cui si sottolineano alcuni passaggi
essenziali:
- l'individuazione degli interlocutori. Si tratta di un passaggio
cruciale che e' necessario approfondire nelle sue diverse dimensioni.
Definire gli interlocutori di un Piano di zona comporta:
- individuare i soggetti presenti sul territorio a diverso titolo
coinvolti nella espressione dei bisogni e nel sistema di offerta dei
servizi, con riferimento all'obiettivo, proprio del sistema
integrato, di promozione della solidarieta' sociale e di
valorizzazione di iniziative di singoli, di famiglie e di
organizzazioni del Terzo settore;
- prefigurare il possibile ruolo dei diversi soggetti
nell'impostazione complessiva dei servizi del territorio o nella
trattazione di specifiche tematiche;
- predisporre occasioni e strumenti di rappresentanza dei diversi
soggetti, per consentire a tutti di esprimere il proprio contributo;
- identificare il ruolo necessario e decisionale o volontario e di
adesione partecipativa di ogni soggetto all'interno dell'Accordo di
programma.
Per quanto riguarda il tema delle dipendenze, va valorizzata ed
utilizzata l'esperienza di integrazione tra pubblico e privato,
denominata "sistema dei servizi per le tossicodipendenze" (delibera
di Giunta regionale 722/95), che ha la sua espressione tecnica nel
coordinamento tecnico territoriale (CTT) al quale partecipano i SERT,
gli Enti locali, gli Enti ausiliari (le cosiddette "comunita'
terapeutiche") e il volontariato.
- L'attivazione della rete. Il Piano di zona e' lo strumento che la
legislazione indica per l'attivazione di una "rete" di servizi
integrati, il che presuppone che diversi soggetti, portatori di
storie, interessi, bisogni e ruoli diversi, si coordinino tra loro.
Cio' implica:
- la definizione di un quadro di riferimento e di un sistema di
obiettivi condiviso, in cui ciascun soggetto della rete possa
riconoscersi e vedere se stesso e gli altri come portatori di risorse
che possono concorrere e integrarsi. Questo significa esplicitare le
ragioni per cui ogni soggetto decide di far parte del processo
programmatorio, collaborando per la riuscita dello stesso;
- idonee iniziative concrete di informazione, sensibilizzazione,
contatto, coinvolgimento, appropriate al ruolo partecipativo
prefigurato per i diversi interlocutori;
- l'organizzazione della rete, attraverso la definizione di due
elementi essenziali per il suo funzionamento: la struttura di
coordinamento e le modalita' di gestione delle risorse.
Operativamente un importante passaggio e' la convocazione di una
Conferenza dei servizi a livello di ambito distrettuale finalizzata
ad avviare il processo programmatorio e a costituire e valorizzare la
dimensione dell'ambito distrettuale, o zona, come dimensione
territoriale e organizzativa del processo programmatorio.
1.2) La Provincia
Le Province, in particolare in questa fase transitoria e delicata del
processo di riforma, dovranno svolgere un ruolo forte di raccordo fra
gli ambiti distrettuali e la Regione. La delibera di Consiglio
246/01, infatti, indica un ruolo di "promozione, informazione e
supporto informativo e tecnico nei confronti dei soggetti impegnati
nella definizione dei Piani di zona da una parte, e di raccordo e
sintesi nei confronti della Regione dall'altra parte, per permettere
di ricostruire a livello provinciale e regionale il quadro
complessivo". E' operativo un Tavolo tecnico Regione-Province con
l'obiettivo di contribuire alla definizione di questo ruolo
strategico di raccordo e integrazione fra Ambiti distrettuali e
Regione. Ovviamente le modalita' piu' efficaci per realizzare queste
funzioni saranno individuate a seconda dei caratteri specifici dei
territori e delle loro tradizioni amministrative, e potranno quindi
differenziarsi da area ad area.
Le precedenti esperienze di programmazione, pur se a livello
provinciale e di carattere piu' settoriale, come i Piani per
l'infanzia e l'adolescenza dalla Legge 285/97, i Piani per
l'immigrazione della Legge 286/98, i Piani per la tossicodipendenza
della Legge 5/99, i Piani infanzia della L.R. 1/00, indicano gia'
alcune modalita' poste in essere per la realizzazione di processi di
pianificazione sociale con caratteristiche simili a quelle dei Piani
di zona. Le Province, infatti, in quelle occasioni hanno attivato
percorsi di promozione, informazione e facilitazione delle
progettazioni territoriali che possono essere riproposte per i Pdz,
assicurando uno stretto raccordo tra la programmazione per le
tossicodipendenze e i programmi per gli adolescenti previsti dalla
Legge 285/97. Si richiamano quindi modalita' e strumenti che possono
essere utilmente adottate:
- conferenze di livello provinciale, coinvolgendo tutti i soggetti,
istituzionali e non istituzionali interessati al processo, volte ad
avviare l'iniziativa di programmazione;
- tavoli provinciali di confronto e coordinamento interdistrettuale,
in cui ricercare e confrontare linee strategiche di programmazione,
individuare priorita' e interventi di livello interdistrettuale e
provinciale, condividere i percorsi di attuazione a livello
distrettuale;
- coordinamenti a livello provinciale fra referenti dei tavoli
tecnici di zona, finalizzati a definire i diversi aspetti
dell'accompagnamento e del sostegno ai processi locali, quali
attivita' di formazione, operazioni istruttorie, predisposizione di
strumenti comuni e modulistica omogenea, azioni di supporto o
supplenza, ecc. La Provincia e', infatti, in questa prima fase
sperimentale del Pdz, chiamata ad assicurare un rilevante supporto
formativo e informativo rivolti al territorio, per accompagnarne
tanto la elaborazione dei Piani di zona come la loro implementazione.
Il carattere sperimentale di questi primi Piani di zona rappresenta
una grande opportunita' per tutti gli attori che a livello
distrettuale e provinciale concorrono alla realizzazione dei Piani
stessi di offrire contributi di idee e di esperienze alla prossima
elaborazione del Piano sociale regionale.
2) Costruzione della base conoscitiva
2.1) Analisi dei bisogni e del sistema di interventi e servizi
II Piano nazionale degli interventi prevede tra le fasi metodologiche
per la realizzazione dei Piani di zona "la ricostruzione della base
conoscitiva ai fini dell'analisi dei bisogni e della conoscenza
dell'esistente".
Tale Piano inoltre individua tra le direttrici per l'innovazione
l'analisi dei bisogni: "La conoscenza dei bisogni e' indispensabile
sia per una adeguata programmazione degli interventi sia per il
monitoraggio e la valutazione delle politiche. Percio' i diversi
livelli di governo, oltre a partecipare al sistema informativo
(..), si dotano di strumenti di verifica periodica dei bisogni
della popolazione e della adeguatezza delle risposte ad essa
forniti".
La Regione Emilia-Romagna dispone di un ricco sistema informativo
delle politiche sociali in grado di fornire informazioni
relativamente alla conoscenza dei bisogni sociali e del sistema
integrato degli interventi e dei servizi. Tra i suoi obiettivi vi e'
quello della razionalizzazione delle rilevazioni per ottenere
informazioni utili alla programmazione comunale, distrettuale,
provinciale e regionale evitando inutili duplicazioni.
Fra le varie banche dati del sistema informativo, l'archivio SIPS
(banca dati dei presidi e dei servizi) oltre a raccogliere dati sugli
Enti e i relativi presidi che offrono i servizi nei diversi contesti
territoriali, contiene dati relativi alla capacita' di accoglienza,
la capacita' di risposta, le attivita' organizzate all'interno dei
presidi, il personale, le prestazioni erogate, la tipologia di
assistiti per classe di eta', provenienza, se stranieri, se con retta
a loro carico, ore di assistenza ricevute, le entrate, le
rette/tariffe o i contributi ricevuti, le spese.
I dati del SIPS sono articolati per aree tematiche:
1) minori;
2) adulti in difficolta';
3) disabili;
4) anziani;
5) immigrati;
6) multiutenza.
L'articolazione corrisponde quasi completamente a quella prevista dal
Piano nazionale degli interventi e dagli obiettivi regionali di
priorita' sociale indicati nel Programma approvato dal Consiglio
regionale: nell'ambito delle linee guida si adottera' pertanto la
formulazione piu' coerente al Piano nazionale e al Programma
regionale, includendo anche la voce "Responsabilita' familiari" non
ancora prevista dal SIPS. Queste rilevazioni verranno integrate con i
dati provenienti da altri archivi ed osservatori presenti a livello
regionale, tra i quali l'Osservatorio regionale per le dipendenze
nonche' le rilevazioni provenienti da altri settori dell'Ente.
L'articolazione adottata sara' pertanto la seguente:
1) area responsabilita' familiari;
2) area diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
3) area disabilita';
4) area anziani;
5) area immigrazione;
6) area contrasto all'esclusione, poverta', dipendenze.
Si sottolinea che i dati relativi all'obiettivo regionale "Sostegno
della domiciliarita'" sono rilevati all'interno delle aree "diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza", "disabilita'" e "anziani".
Una proposta di analisi dei bisogni e del sistema di offerta da
inserire nel Piano di zona
Il Piano di zona pone al centro delle attivita' programmatorie il
territorio con i suoi fattori di rischio e le sue fragilita', ma
anche con i suoi punti di forza e le sue potenzialita' che devono
quindi essere messe in luce:
- attraverso una griglia descrittiva del territorio comune per tutti
gli ambiti che viene qui allegato;
- attraverso l'attivazione di "gruppi di lavoro" che con il
coinvolgimento dei testimoni privilegiati del territorio riflettano
sui suoi punti di forza e le sue criticita' valorizzando tutti gli
strumenti conoscitivi, le ricerche e le analisi gia' condotte a
livello locale.
Questa seconda operazione e' da considerare di particolare rilievo
perche' e' quella che puo' offrire i maggiori apporti conoscitivi sia
in merito ai bisogni specifici della popolazione di ciascun
territorio a cui il sistema dei servizi e' chiamato a rispondere, sia
relativamente alle specifiche carenze e criticita' che il sistema di
offerta presenta a livello locale.
Criteri metodologici alla base dell'analisi dei bisogni
L'analisi dei bisogni presentata all'interno del Piano di zona svolge
una doppia funzione:
- da un lato si propone di offrire un quadro conoscitivo delle
specificita' della popolazione residente nel territorio, delle sue
problematiche e dell'articolazione del sistema di offerta;
- dall'altro si propone di effettuare una valutazione "di quello che
si sta facendo", ovvero di avviare un percorso di valutazione della
capacita' del sistema di offerta di rispondere ai bisogni della
popolazione residente.
Grazie al sistema informativo molti dati sono gia' oggi disponibili
ad un livello di disaggregazione comunale e/o distrettuale. Si
intende pertanto valorizzare tutto quanto gia' oggi e' reperibile
senza costi e oneri aggiuntivi, offrendo ai territori il necessario
supporto ad un corretto utilizzo di informazioni che altrimenti
rischiano di rimanere fini a se stesse.Si tratta pertanto di
impostare:
- una griglia dei dati da rilevare periodicamente che utilizzi i dati
disponibili;
- un percorso di lavoro e formazione che nel corso della durata del
Piano di zona possa portare i distretti, prima della seconda edizione
del Piano, a programmare utilizzando al meglio le fonti informative
disponibili. Nel percorso di accompagnamento alla stesura dei Piani
di zona e' importante dunque introdurre una attivita' formativa
rivolta ai "programmatori" a livello comunale e distrettuale, volta a
creare una maggiore consapevolezza rispetto all'uso dei dati e delle
informazioni e alle potenzialita' di una programmazione che parte dai
bisogni e dalle diverse percezioni che di essi hanno le varie realta'
del territorio.
La raccolta di dati, informazioni, percezioni che costituisce la base
informativa:
- verso l'interno (per i programmatori) serve per istruire l'azione
programmatoria e per valutare le performance delle politiche
realizzate implementando pertanto elementi culturali nuovi nella
presa delle decisioni politiche. Al fine di evitare che questa parte
del Piano di zona rimanga puro adempimento formale e' importante
formare i "programmatori" ad utilizzare gli esiti dell'analisi dei
bisogni nella presa delle decisioni;
- verso l'esterno favorisce la trasparenza, la comunicazione
nell'ambito della comunita' locale, offrendo informazioni ai diversi
attori del sistema.
La base informativa non e' costituita solamente da "dati": essi
infatti restituiscono uno sguardo solamente parziale e "freddo" della
realta' di ogni territorio. Per superare questa parzialita' e'
opportuno utilizzare strumenti di analisi della realta' diversi,
collegando "gli sguardi tra di loro", usando tutti i dati a
disposizione ma dando un senso e una interpretazione alle
informazioni disponibili attraverso il confronto con chi
quotidianamente si occupa delle specifiche problematiche nell'ambito
dell'erogazione dei servizi o del volontariato.
Dato che la fonte dei dati sono gli operatori del pubblico, del
privato sociale e di mercato e del volontariato del territorio,
perche' i dati vengano raccolti con tempestivita' e precisione e'
essenziale che anche i fornitori dei dati possano beneficiare dei
risultati e possano contribuire alla riflessione che essi generano.
Ciascun operatore e ciascun servizio pertanto offre informazioni e
contemporaneamente riceve informazioni utili alla sua attivita'
programmatoria interna.
Della raccolta e dell'aggiornamento dei dati e della effettuazione
degli incontri con i testimoni privilegiati si occupa la Provincia,
che tra i suoi compiti istituzionali ha proprio l'analisi della
domanda e dell'offerta. Essa pertanto realizza per tutti i distretti
del suo territorio la rilevazione dei dati sulla domanda e l'offerta
messi a disposizione dal SIPS o da altri archivi regionali e offre il
supporto alle attivita' di analisi e interpretazione dei risultati.
Gli incontri con gli operatori e i testimoni privilegiati vengono
condotti a livello di distretto sulla base delle priorita'
identificate annualmente.
Tappe per l'implementazione del sistema informativo nell'ambito del
primo Piano di zona
Il primo Piano di zona contiene una analisi dei bisogni da realizzare
con gli strumenti informativi immediatamente disponibili e una
specificazione di come integrare ed arricchire tale quadro
informativo.
L'avvio di una attivita' programmatoria sperimentale nell'ambito del
primo Piano di zona consente infatti di evidenziare carenze nei
flussi informativi esistenti a livello centrale e locale e di
individuare la necessita' di supporto alla lettura dei dati da parte
degli operatori distrettuali.
A livello regionale verranno pertanto impostati ed attivati i flussi
di dati ritenuti necessari di cui si e' rilevata la carenza, i cui
risultati saranno utilizzati nel corso della durata del Piano, e
verra' anche impostato un percorso formativo rivolto ai
"programmatori" dei distretti regolato e gestito attraverso le
Province.
Operazioni da svolgere in preparazione del primo Piano di zona (entro
maggio)
Esse sono cosi' sintetizzabili:
- stesura del capitolo del Piano di zona relativo all'analisi dei
bisogni contenente i dati rilevati attraverso il SIPS e le altre
fonti gia' oggi disponibili sulla base della griglia predisposta
dalla Regione: ogni ambito distrettuale presenta i dati relativi al
proprio territorio e il raffronto con il dato medio provinciale;
- il primo Piano di zona comprende anche una prima individuazione dei
bisogni del territorio (suddivisi per area di intervento) rilevabili
attraverso indagini, ricerche, analisi gia' condotte a livello locale
(ad esempio per la progettazione 285/2000) e una prima raccolta di
valutazioni dei testimoni privilegiati del territorio;
- i dati, le informazioni e le percezioni raccolte vengono utilizzati
per riflettere sulle scelte, anche politiche, operate;
- presso i Comuni, con il supporto dei tavoli di zona, effettuazione
delle seguenti rilevazioni:
- rilevazione dell'applicazione dell'ISE;
- aggiornamento della rilevazione delle deleghe degli interventi
socio-assistenziali (definire interventi e chi li gestisce).
Primo programma attuativo del Piano di zona (anno 2002)
Il primo programma attuativo indica le operazioni da effettuare entro
la fine del 2002 per arricchire l'analisi presentata nel primo Piano
di zona implementando nuovi apporti conoscitivi:
- aggiornamento dei dati rilevati attraverso il SIPS e le altre fonti
gia' oggi disponibili sulla base della griglia predisposta dalla
Regione;
- avvio del processo di confronto sistematico con i testimoni
privilegiati del territorio per mettere in luce caratteristiche,
specificita' e fabbisogni nell'ambito delle priorita' conoscitive
identificate.
I dati, le informazioni e le percezioni raccolte vengono utilizzati
per riflettere sulle scelte operate nel corso del primo anno di
attuazione del Piano di zona : prende dunque avvio l'attivita' di
valutazione della capacita' del sistema di offerta di rispondere ai
bisogni della popolazione residente.
Secondo programma attuativo del Piano di zona (anno 2003)
Il secondo programma attuativo comprendera':
- l'aggiornamento dei dati rilevati attraverso il SIPS e le altre
fonti gia' disponibili sulla base della griglia predisposta dalla
Regione;
- la presentazione dei dati gia' disponibili relativamente alle nuove
rilevazioni;
- la presentazione degli esiti dell'attivita' di valutazione della
capacita' del sistema di offerta di rispondere ai bisogni della
popolazione residente.
I dati, le informazioni e le percezioni raccolte verranno utilizzati
per riflettere sulle scelte, anche politiche, operate nel corso del
secondo anno di attuazione del Piano.
2.2) Rilevazione delle risorse e delle modalita' di finanziamento
dei servizi e degli interventi presenti
2.2.1) Obiettivi della rilevazione
La conoscenza delle risorse complessivamente impiegate per la
realizzazione di interventi e servizi territoriali e' una delle
premesse alla realizzazione dei Piani di zona. La ricomposizione
dell'entita' e dei flussi dei finanziamenti pubblici a livello
distrettuale, evitando duplicazioni di conteggio, e' importante per
conoscere l'ammontare netto delle risorse di cui possono beneficiare
le famiglie dei Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale in
termini di servizi e prestazioni. Per ottenere un quadro della
situazione al momento della definizione dei Piani di zona occorre
rilevare le risorse economiche che ogni Comune destina a interventi e
servizi sociali, ma anche conoscere quante di queste risorse sono
messe a disposizione dal Comune stesso e quante invece sono fornite
da specifici finanziamenti esterni (Stato, Regione, Azienda Unita'
sanitaria locale), quante provengono dal finanziamento di altri
soggetti istituzionali nonche' dalla compartecipazione alla spesa dei
destinatari di prestazioni ed utenti dei servizi.
Molti dei soggetti pubblici a vario titolo coinvolti nel
finanziamento degli interventi e dei servizi sociali territoriali
possiedono dati di spesa relativi alle attivita' socio-assistenziali
di cui sono responsabili o che finanziano; tuttavia i dati hanno
spesso struttura disomogenea, sono difficilmente confrontabili e non
consentono un'immediata ricostruzione della spesa consolidata a
livello territoriale.
Pertanto, per l'attuazione dei Piani di zona sperimentali, si e'
optato per una rilevazione ad hoc della spesa dei Comuni e dei
Distretti sanitari, che rappresenta il dato basilare e di maggior
rilievo. Le modalita' di rilevazione tengono conto di una duplice
necessita'. In primo luogo occorre che gli strumenti utilizzati
permettano di acquisire dati sufficienti a costituire una base
conoscitiva attendibile ed utile in fase di progettazione degli
interventi a livello distrettuale e definizione-ridefinizione delle
modalita' di finanziamento. In secondo luogo e' necessario che si
tratti di strumenti di rilevazione sufficientemente semplici da
essere impiegati correttamente e rapidamente. A questo fine sono
state predisposte due schede di rilevazione, la prima da utilizzare
per i singoli Comuni, la seconda per i Distretti sanitari, di cui si
dira' oltre.
Per altri soggetti coinvolti nella gestione di servizi (IPAB,
Fondazioni, ecc.) non si intende procedere a rilevazioni
generalizzate affidando una rilevazione al livello locale,
limitatamente a risorse proprie di questi enti (non derivanti quindi
da finanziamenti specifici a destinazione sociale loro erogati dagli
enti pubblici prima citati), che essi intendono coinvolgere nel
sistema programmatorio zonale.
La prima rilevazione, pertanto, realizzata in vista della
predisposizione dei Piani di zona, pur rischiando di risultare
imprecisa ed incompleta in alcune parti, e' un primo passo verso la
costruzione di un sistema di rilevazione e monitoraggio piu'
strutturato. Essa potra' successivamente essere completata a livello
locale e distrettuale con specifiche rilevazioni e stime degli
apporti di altri soggetti.
La partecipazione economica degli utenti al costo dei servizi e' un
dato di importanza rilevante perche' puo' evidenziare situazioni
anche fortemente differenziate, con conseguenti problemi di
equilibrio ed equita' all'interno degli ambiti. Sara' quindi rilevata
e analizzata, sia per i servizi gestiti direttamente da Comuni ed
Aziende sanitarie che per quelli gestiti in economia o
esternalizzati, facendo affidamento sui dati esistenti nel SIPS
(residenze per anziani), e inoltre sui dati eventualmente resi
disponibili dai Comuni e dalle Aziende sanitarie. Per altri servizi
non finanziati da risorse pubbliche, non si intende per ora rilevare
il dato, in quanto ha un diverso significato.
Va chiarito che questa prima ricostruzione delle risorse destinate
agli interventi e servizi sociali e sociosanitari di Comuni ed
Aziende Usl e' volta soprattutto a favorire una situazione di
trasparenza e consapevolezza fra i diversi soggetti, istituzionali e
sociali, che partecipano all'elaborazione del Pdz, su questo versante
cruciale, per evidenziare fonti dei finanziamenti e livelli di
impegno dei diversi enti, distribuzione fra le diverse aree di
intervento, rapporti fra livelli di costo e entita' e qualita' delle
prestazioni, entita' delle compartecipazioni richieste agli utenti.
La ricostruzione dell'insieme dei finanziamenti e delle spese e'
finalizzata quindi da un lato a evidenziare le omogeneita' e le
differenze fra enti ed aree per livello di impegno economico e per
distribuzione delle risorse fra aree di intervento, per prime
considerazioni anche in termini di costi e benefici.
Sulla base di questa analisi si potranno progettare sviluppi
convergenti per realizzare, ove possibile e opportuno, maggiori
omogeneita', e quindi facilitare collaborazione e integrazione fra
interventi e servizi, sia tradizionali che nuovi. Le risorse
aggiuntive che affluiscono ai Comuni potranno agevolare tali
sviluppi, cosi' come sostenere l'organizzazione integrata di servizi
a livello di ambito (in particolare l'informazione, l'accesso,
l'emergenza), e la sperimentazione di istituti nuovi, in particolare
di contrasto alla poverta' e all'emarginazione, quali il reddito
minimo di inserimento, secondo le indicazioni del Piano sociale
nazionale.
La ricostruzione dei finanziamenti e delle spese serve anche a
controllare il rispetto di criteri quali il carattere aggiuntivo, e
assolutamente non sostitutivo, dei nuovi finanziamenti statali e
regionali rispetto alla spesa storica di ogni Comune in campo socio
assistenziale.
Tale ricostruzione offre infine la necessaria base conoscitiva alle
negoziazioni fra Comuni ed Azienda Usl relativamente alla
ripartizione della spesa per interventi e servizi sociosanitari.
2.2.2) Strumenti: le schede di rilevazione
La scheda di rilevazione relativa ai Comuni fornisce informazioni
dettagliate relativamente alla presenza di specifici servizi ed
interventi, alla loro modalita' di gestione ed alle spese sostenute
per la gestione, oltre che alle entrate relative e alla gestione di
ciascun servizio o intervento. Ciascun Comune compilera' la scheda
facendo riferimento ai servizi ed agli interventi presenti nel
proprio territorio. I dati di spesa (e di entrata) rilevati si
riferiscono sia al conto consuntivo relativo all'anno 2000, sia alle
previsioni definitive per l'anno 2001. (1)
Occorre inoltre sottolineare che le grandezze economico-finanziarie
considerate riguardano unicamente le risorse destinate alla gestione
dei servizi e non, invece, agli investimenti in ambito
socio-assistenziale. Per la rilevazione di spese per investimenti e
di eventuali necessita' economico-finanziarie in tal senso si dovra'
ricorrere ad una specifica rilevazione con strumenti diversi.
La scheda relativa ai Distretti, strutturata in maniera analoga,
fornisce informazioni sulle spese sociali e sanitarie sostenute e
livello distrettuale. (2)
Entrambe le schede sono suddivise in aree di intervento, coincidenti
con le aree previste dal Piano nazionale degli interventi e dei
servizi sociali 2001-2003 (3):
1) area responsabilita' familiari;
2) area diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
3) area disabilita';
4) area anziani;
5) area immigrazione;
6) area contrasto all'esclusione, poverta', dipendenze;
7) area servizi generali ed altro.
A ciascuna area appartengono gli interventi ed i servizi attivi nel
territorio dei Comuni e del Distretto previsti dalle norme regionali
in vigore, secondo la ripartizione definita dalle schede di
rilevazione.
A ciascun servizio puo' essere attribuita, inoltre, una diversa
funzione svolta nel sistema di welfare. In particolare appare utile
distinguere e raggruppare servizi ed interventi sulla base della
seguente tipologia (4):
a) servizi ed interventi territoriali di orientamento e prevenzione;
b) servizi ed interventi domiciliari e di sostegno familiare;
c) servizi ed interventi diurni - semiresidenziali;
d) servizi ed interventi comunitari e residenziali;
e) servizi ed interventi di emergenza.
L'attribuzione dei servizi e degli interventi rilevati a livello
comunale e distrettuale alle diverse aree di intervento ed alle
diverse funzioni svolte consente di ricostruire un quadro ragionato
dell'offerta di servizi presenti nel territorio.
La matrice ottenuta in questo modo fornisce il quadro complessivo dei
servizi e degli interventi attivati a livello territoriale a partire
dalla rilevazione effettuata dai Comuni e dai Distretti. Tale matrice
puo' essere costruita sia per il singolo Comune, sulla base
dell'offerta di servizi e prestazioni nell'ambito del territorio
comunale, sia, soprattutto, per l'intero ambito territoriale
aggregando i dati relativi ai servizi comunali.
L'esempio seguente fa riferimento ai possibili servizi presenti nel
territorio per area di intervento e per funzione nel sistema di
welfare, sulla base delle voci previste dalle schede di rilevazione.
Nello specifico dovra' essere compilata una analoga matrice per
ciascun ambito distrettuale ed eventualmente per ciascun Comune. In
tal modo sara' resa immediatamente visibile la presenza e la
diversificazione dell'offerta di servizi in ciascun ambito
territoriale e la sua articolazione all'interno dell'ambito
territoriale.
Note:
1) La scheda di rilevazione comunale e' preceduta da una breve
illustrazione degli obiettivi e dei criteri da seguire nella
compilazione da parte dei responsabili di ciascun Comune.
2) Anche in questo caso per informazioni piu' precise sui criteri di
rilevazione si fa riferimento alla scheda predisposta per i Distretti
3) L'area 6 e' piu' ampia di quella prevista dal Piano e l'area 7 e'
stata aggiunta per evidenziare le spese di carattere generale e non
attribuibili alle singole aree.
4) L'articolazione e' stata individuata a partire da quella prevista
dal Piano della Regione Umbria.
(segue allegato fotografato)
2.2.3) Risultati attesi della rilevazione e utilizzabilita' dei dati
La rilevazione effettuata attraverso le schede sopra descritte
rendera' disponibili numerose informazioni relative alla presenza di
servizi, alla loro modalita' di gestione ed alle spese sostenute dai
Comuni, dalle AUSL e da altri soggetti per la realizzazione degli
interventi attivati. Sara' pertanto possibile procedere ad opportune
aggregazioni ed elaborazioni sia per area di intervento, sia per
ambito territoriale di riferimento, che consentano una migliore
comprensione del contesto di riferimento e delle risorse iniziali
disponibili per la realizzazione degli interventi sociali.
La modalita' di raccolta dati predisposta consente sia l'elaborazione
dei dati a livello comunale, ove possibile e rilevante, sia
l'elaborazione a livello distrettuale grazie all'aggregazione delle
informazioni rilevate all'interno di ciascun ambito territoriale dai
singoli Comuni che vi appartengono.
In particolare per ogni area di intervento potranno essere
evidenziate le spese complessive sostenute con l'indicazione dei
diversi soggetti che vi contribuiscono (Comuni, AUSL e altri
soggetti) e sulla base della tipologia di interventi realizzati.
Come indicato dalla seguente tabella di esempio (Tavola 2), per ogni
area sono indicate le spese complessivamente sostenute da parte di
ciascun soggetto (Comuni, AUSL, altri). La spesa sostenuta dai Comuni
e' data dalla differenza tra le spese complessive da questi indicati
e le entrate di varia natura. La voce "altri" fa riferimento sia al
contributo degli utenti al costo dei servizi sia al contributo di
altri soggetti istituzionali. La struttura semplificata delle schede
di rilevazione non consente, infatti, una disaggregazione di tale
voce evidenziandone le altre eventuali componenti (contributi da
altri Enti pubblici e privati).
Inoltre, sulla base di quanto previsto dalla matrice precedentemente
presentata (Tavola 1) la spesa sostenuta per i singoli interventi e
servizi e' riconducibile alle diverse forme di intervento sociale
(servizi territoriali di orientamento e prevenzione, servizi
domiciliari e di sostegno familiare, servizi diurni e
semiresidenziali, servizi comunitari e residenziali ed infine servizi
di emergenza).
(segue allegato fotografato)
Analoga tabella potra' essere predisposta
per ciascuna delle sette aree di intervento precedentemente definite.
Inoltre sara' possibile sia costruire uno schema identico per
evidenziare le spese rilevate in ciascun Comune, sia realizzare una
sintesi relativa all'ambito distrettuale per ciascuna area di
intervento.
Tali elaborazioni consentiranno di evidenziare in modo sintetico ed
immediatamente leggibile le risorse disponibili in ambito
distrettuale per la realizzazione degli interventi in ogni area e con
ogni modalita' di intervento. Inoltre potranno essere osservate le
differenze presenti in ciascun ambito territoriale.Sempre a partire
dalla medesima base dati, ottenuta grazie alle schede di rilevazione
comunali e distrettuali, all'interno di ciascuna area di intervento
si potranno ricavare informazioni sulle risorse disponibili in
relazione alle modalita' di gestione dei servizi. In particolare si
potranno evidenziare le spese sostenute per servizi gestiti dai
Comuni (direttamente ed indirettamente) e per servizi gestiti dalle
AUSL (direttamente ed indirettamente).
L'esempio seguente relativo all'assistenza domiciliare nell'area
anziani, puo' essere generalizzato agli altri servizi della stessa
area o di altre aree.
(segue allegato fotografato)
Anche in questo caso le aggregazioni
possibili sono molteplici: a livello comunale e distrettuale, per
singolo servizio, per area di intervento e per la totalita' degli
interventi realizzati.
Si ritiene che le informazioni cosi' elaborate possano rappresentare
una base conoscitiva adeguata alla fase di avvio della pianificazione
di zona per ciascun ambito distrettuale. A livello territoriale si
potranno effettuare eventuali ulteriori elaborazioni, nonche'
predisporre specifiche rilevazioni per una piu' puntuale definizione
e comprensione della situazione a partire dalla quale ha luogo la
realizzazione dei Piani di zona.
La valutazione delle risorse disponibili negli anni 2000-2001 e la
distribuzione della spesa all'interno dei diversi ambiti territoriali
e tra le differenti aree di intervento, consentira' di affrontare con
maggiore consapevolezza le fasi successive della programmazione.
3) Le scelte strategiche e di priorita'
Nella fase del processo di costruzione dei Piani di zona si
definiscono gli indirizzi generali relativi sia al sistema di governo
e di gestione, sia alle diverse aree di intervento e ai relativi
servizi. Su tali indirizzi verranno poi declinate le linee operative.
opportuno richiamare ancora che questo processo programmatorio ha
come finalita' definita dal legislatore la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali nell'ambito distrettuale
considerato. Si deve quindi ricercare e sviluppare una dimensione di
analisi e di intervento zonale, che non si risolve nella semplice
sommatoria di interventi e di scelte fatte dai diversi Comuni
singoli. La frammentazione territoriale o per area di intervento va
infatti gradualmente superata per assumere una visione strategica,
che abbraccia cioe' il territorio e il sistema dei servizi nel loro
insieme e in una prospettiva di sviluppo integrata.
A partire dalle priorita' tematiche di ogni Comune, e di ogni suo
settore di intervento, cosi' come dalle specifiche modalita'
gestionali e scelte organizzative, occorre costruire un percorso che
deve poi andare oltre, evidenziare e discutere omogeneita',
convergenze e divergenze, mirare a costruire comuni criteri di
valutazione e orientamento anche sulla dimensione e modalita'
ottimale per trattare diversi problemi e organizzare e gestire i
relativi interventi e servizi.
Il Piano di zona e' infatti l'occasione per effettuare scelte di
cambiamento e sviluppo nella direzione indicata, a partire dal
sistema di servizi esistente, ma prefigurandone un'evoluzione, una
riorganizzazione e un miglioramento, sulla base di analisi e
valutazioni specifiche. Un tale percorso programmatorio attraverso
metodologie e pratiche partecipative, il confronto con le evidenze
empiriche e con le differenti posizioni, la conseguente negoziazione,
deve tendere a maturare scelte il piu' possibile condivise dai
diversi soggetti istituzionali e sociali.
Un elemento specifico del percorso al quale prestare attenzione e'
l'informazione e comunicazione ai cittadini sul Piano come nuovo
strumento programmatorio delle politiche sociali, sia prima della sua
definizione analitica, al momento dell'avvio, che successivamente per
la diffusione dei suoi contenuti principali. Anche la comunicazione
pubblica, intesa come individuazione di modalita' e canali agevoli e
fruibili da tutti si presenta come una scelta strategica "forte"
nella definizione di nuove politiche per la promozione dei diritti di
cittadinanza sociale.
Di seguito si individuano alcuni temi che devono essere affrontati in
modo concertato, per valorizzare tutti gli apporti e per poter
cominciare a costruire il necessario consenso attorno ad un disegno
di sistema integrato di interventi e di servizi che si concorre via
via a meglio definire. Tali temi comportano sia scelte gestionali e
organizzative, sia scelte relative allo sviluppo del sistema di
interventi e servizi nel suo insieme e nelle sue aree di azione.
Naturalmente non tutti i temi di seguito presentati possono essere
affrontati e definiti nei ristretti tempi di elaborazione del primo
Pdz. E' bene pero' tenere fin dall'inizio una prospettiva ampia che
potra' definirsi e articolarsi in scelte operative successive e
graduali. Il processo programmatorio si estende oltre le scadenze di
presentazione del documento di Piano e il Piano stesso puo' definire
fasi e tempi diversificati. Alcune scelte vanno pero' necessariamente
assunte ed esplicitate nel Piano di zona o nell'Accordo di programma,
perche' condizionano la stessa possibilita' di esistere ed operare
del sistema. Ci si riferisce, ad esempio:
- alle caratteristiche e funzioni del coordinamento politico;
- alla composizione e attivita' del tavolo tecnico per il Pdz;
- alla allocazione delle risorse annuali;
- alla armonizzazione di alcune regole sul piano organizzativo e
gestionale;
- ai servizi che si intendessero cominciare ad unificare a livello di
ambito;
- alle sperimentazioni su problemi emergenti che si intendessero
attivare.
Altre questioni potranno essere affrontate in tempi piu' lunghi, e
nel Pdz si potranno indicare percorsi, modalita' e scadenze per la
loro trattazione, ed assumere nel caso delle soluzioni provvisorie.
3.1) Percorso decisionale
Per la elaborazione delle scelte strategiche ovviamente in ogni
ambito distrettuale si definira' un proprio percorso e proprie
modalita'. Si ritiene qui opportuno suggerire al coordinamento
politico di ambito distrettuale un percorso decisionale articolato in
alcuni passaggi, che potranno poi essere combinati in modi diversi,
rispondenti alle esigenze locali.
Il coordinamento politico di ambito:
- ricerca e definisce primi indirizzi generali condivisi per il
sistema integrato di interventi e servizi che intende sviluppare per
rispondere adeguatamente alle esigenze di fronteggiamento dei bisogni
e di sviluppo sociale del territorio, utilizzando anche le
informazioni e conseguenti valutazioni via via prodotte con le
operazioni previste nella fase 2;
- individua le questioni che richiedono una specifica istruttoria
tecnica e ne affida lo svolgimento al tavolo tecnico o a specifici
uffici o funzionari, che dovranno ad esso riferire;
- affida ai tecnici una prima redazione delle indicazioni espresse
con una verifica delle relative implicazioni, anche in termini di
compatibilita' tecniche e finanziarie, con la realizzazione in sede
tecnica di istruttorie e simulazioni operative delle linee auspicate;
- analizza le istruttorie, discute le loro implicanze o conseguenze e
formula ipotesi, le confronta, negozia fino ad arrivare a delineare
delle scelte strategiche.
Sia il livello tecnico che quello politico nel realizzare questo
processo decisionale attiveranno opportunita' di coinvolgimento
partecipativo dei soggetti sociali del territorio e potranno contare
sul sostegno e l'accompagnamento della Provincia.
3.2) Scelte strategiche prioritarie
Di seguito si indicano alcune tematiche di particolare rilevanza, che
devono trovare spazio in questa fase di elaborazione dei Piani di
zona sperimentali.
Su alcuni di questi temi e' necessario che con il Pdz si assumano le
debite scelte: l'organizzazione che l'ambito distrettuale vuole darsi
in merito alle priorita', gli indirizzi, le integrazioni con altre
politiche, la funzione della zona come ambito territoriale specifico,
la gestione e la valutazione del Piano, i programmi di formazione e
aggiornamento, l'allocazione delle risorse.
Ci sono poi una serie di temi altrettanto rilevanti, quali le
modalita' di produzione dei servizi integrati, le modalita' di
gestione dei servizi, il sistema di accreditamento, per i quali le
scelte strategiche sono legate anche ad atti conseguenti
all'approvazione della legge regionale di riforma. Rispetto a queste
scelte e' importante cogliere il carattere sperimentale del Piano
come opportunita' per avviare, oltre a possibili iniziative
sperimentali, un monitoraggio della situazione esistente, delle
modalita' organizzative che i Comuni di un dato ambito distrettuale
si sono dati, delle riflessioni emergenti e degli indirizzi che si
ritiene auspicabili assumere. Queste informazioni offriranno elementi
importanti per la elaborazione del Piano sociale regionale.
3.2.1) Definizione degli obiettivi di priorita' sociale e dei
programmi di intervento del sistema integrato
Il programma regionale degli interventi approvati con delibera del
Consiglio 246/01 fa propri gli obiettivi di priorita' sociale del
Piano nazionale, ed individua sei programmi, con l'indicazione delle
relative azioni, a livello promozionale, di consolidamento e di
sviluppo:
- valorizzazione e sostegno delle responsabilita' familiari e delle
capacita' genitoriali;
- rafforzare i diritti dei minori;
- potenziamento degli interventi a contrasto della poverta';
- sostegno della domiciliarita';
- prevenzione delle dipendenze;
- azioni per l'integrazione sociale degli immigrati.
Per quanto riguarda il programma "prevenzione delle dipendenze" si
sottolinea l'opportunita' di salvaguardare una dimensione provinciale
della programmazione degli interventi socio-sanitari (interventi di
strada, percorsi a bassa soglia, programmi ai luoghi del
divertimento).
Gli interventi di prevenzione primaria vanno invece ricondotti ai
Piani di zona e vanno programmati coinvolgendo tutti i soggetti
facenti parte del "sistema dei servizi per le tossicodipendenze".
Le linee di indirizzo relative al Pdz sperimentale sollecitano una
particolare attenzione ai programmi di:
- contrasto alla poverta', con integrazione dei redditi familiari e
promozione di inserimento sociale;
- sostegno della domiciliarita', con un'offerta articolata e
flessibile di interventi e servizi.
Alla luce dell'analisi della domanda e dell'offerta esistente, con
gli strumenti di cui al punto 2, a livello complessivo e poi per
ciascun programma vanno precisati gli obiettivi strategici,
esplicitando in che direzione e dimensione si intende consolidare, in
che direzione e dimensione si intendono sviluppare servizi, in che
direzione e dimensione si intendono sperimentare soluzioni nuove.
Va ricordato infine che il Pdz rappresenta anche una sintesi di
quanto gia' programmato recentemente a livello di settori specifici.
In questo senso si richiameranno nel Pdz i principali elementi
derivanti da questi altri atti di programmazione.
3.2.2) Integrazione delle strategie, degli interventi, dei servizi
Occorre prestare particolare attenzione perche' i programmi sopra
indicati, e ancor piu' le tradizionali articolazioni per aree di
utenza e organizzative non inducano, anche nell'attivita'
programmatoria, a logiche e conseguenti azioni settorialistiche.
quindi necessario che gia' nella riflessione strategica si
considerino tali rischi, introducendo correttivi, sia con una analisi
e valutazione complessiva e integrata della situazione sociale e del
sistema dei servizi, per cogliere le connessioni e le interdipendenze
fra le diverse situazioni e problemi, sia con la introduzione di
forme organizzative e modalita' operative che, per le loro
caratteristiche, possano promuovere un'integrazione che ha il suo
fulcro nei cittadini e nelle famiglie.
A titolo esemplificativo si puo' richiamare un'organizzazione
unitaria degli accessi, che possa ricomporre bisogni e interventi
rispetto alle famiglie e al territorio, la individuazione del
responsabile del caso, forme di presa in carico del nucleo familiare
come tale, forme di uso polivalente delle risorse strutturali e
operative, forme di monitoraggio dell'utilizzo dei servizi centrate
anche sul singolo cittadino e la singola famiglia, ecc.
3.2.3) Integrazione con altre politiche
Il progetto di legge regionale richiama l'importanza che riveste il
tema dell'integrazione e del coordinamento fra i diversi settori
della vita sociale e fra le diverse politiche dedicate, per mettere
in atto una politica sociale che faccia della promozione e della
prevenzione uno dei suoi cardini.
Nel Piano di zona devono trovare una prima sistemazione le
riflessioni circa i modi operativi per mettere in atto tale
integrazione, partendo da una valutazione delle esperienze gia' in
corso e individuando una progettualita' in grado di avviare forme di
integrazione fra le politiche sociali, sanitarie, educative e
formative, del lavoro, culturali, urbanistiche ed abitative.
In questo contesto di riferimento va tenuto in considerazione il
nuovo impulso dato dalla Commissione Europea alle politiche sociali:
con l'entrata in vigore dell'Agenda 2000 e con l'approvazione da
parte del Consiglio Europeo della Agenda sociale europea (Nizza -
dicembre 2000) la coesione sociale viene considerata cardine
fondamentale delle politiche europee. Tale impostazione si sostanzia
nella nuova programmazione dei fondi strutturali (Obiettivi 2 e 3),
nelle iniziative comunitarie (Equal e Interreg III), nei Piani di
Azione Comunitaria (programma sull'esclusione sociale,
discriminazione, pari opportunita') e infine in programmi comunitari
gestiti dalle Direzioni generali competenti (Dafne, Socrates, ecc).
3.2.4) Integrazione socio-sanitaria
Una questione rilevante da considerare fin dalla fase di impostazione
nell'elaborazione dei Piani di zona e' l'integrazione
socio-sanitaria.
Gia' la delibera di programma, piu' volte citata, prevede che per gli
interventi socio-sanitari e ad elevata integrazione socio-sanitaria
ci sia coincidenza tra le indicazioni del Piano di zona e quelle del
Programma delle attivita' territoriali del distretto, e che l'Accordo
di programma che approva i Piani sia sottoscritto anche dal Direttore
generale dell'AUSL.
Inoltre i Piani di zona devono tener conto delle indicazioni e delle
elaborazioni contenute nei Piani per la salute, nonche' del DPCM
29/11/2001 "Definizione dei livelli essenziali di assistenza", in
particolare punto 5 del disposto, cosi' come recepito dalla delibera
della Giunta regionale n. 295 del 25/2/2002.
3.2.5) Regole da armonizzare e servizi da unificare
Uno degli aspetti piu' rilevanti da considerare riguarda la scelta
delle regole che si intendono armonizzare e delle attivita' che si
intendono integrare in un'unica organizzazione produttiva di ambito,
sia che vengano gestite direttamente sia che vengano esternalizzate.
Si tratta di un nodo importante perche' dalle soluzioni adottate
dipendera' il raggiungimento di sinergie significative, e dunque
della maggiore efficienza ed efficacia che, insieme ad obiettivi di
ricomposizione, con l'integrazione si vuole raggiungere.
Anche in questo caso il problema e' complesso, per diversi motivi:
- ogni regola armonizzata o uniformata e ogni servizio unificato puo'
far sorgere problemi interni agli enti che registrano un cambiamento
o una dismissione;
- non sempre uniformare le regole e unificare le attivita' comporta
maggiore efficienza. La scelta deve quindi dipendere, per ogni
intervento, da una attenta analisi di vantaggi e svantaggi;
- esiste sempre il rischio che i diversi soggetti abbiano approcci ai
problemi tra loro troppo diversi per poter efficacemente armonizzare
alcune regole o unificare alcuni servizi senza esiti disfunzionali;
- la centralizzazione delle attivita' pone il problema della
rappresentanza nella gestione, specie per i Comuni piccoli; e'
evidente che le risorse che i Comuni possono mettere in campo
dipendono direttamente dalle loro dimensioni, ragion per cui e'
probabile che i Comuni piu' grandi mettano maggiori risorse umane per
la gestione integrata di alcune funzioni, il che puo' alimentare
timori di iniquita' distributiva;
- integrare organizzativamente un'attivita' di produzione puo' essere
un passo indispensabile per creare economie di scala e sinergie, ed
anche per mantenere un orientamento comune nel caso di procedure
complesse (si pensi alla predisposizione delle gare d'appalto); non
e' pero' opportuno quando e' necessario mantenere uno stretto
contatto con il territorio, a livello di lettura dei bisogni o di
immediatezza di intervento; questo significa che potra' risultare
opportuno mantenere funzioni a livello decentrato.
Nella considerazione complessiva di questo tema occorre valutare
l'opportunita' di prevedere fasi e "gradazioni" dell'armonizzazione,
partendo magari da aree e ambiti circoscritti da sperimentare.
Inoltre e' opportuno riflettere anche considerando il punto di vista
degli utenti, analizzando cioe' i vantaggi che i cittadini verrebbero
ad avere con una gestione unificata o decentrata delle funzioni
considerate.
In linea generale appare prioritario cominciare ad avvicinare certe
regole (ISEE, criteri e priorita' all'accesso, compartecipazione ai
costi, ad esempio) e accentrare alcune funzioni di front office,
relative all'informazione, all'orientamento, all'accesso ai servizi
sociali e sociosanitari, oltreche' la funzione di emergenza e pronto
intervento sociale.
3.2.6) Formazione e aggiornamento
Come il progetto di legge regionale ribadisce, la formazione e'
strumento fondamentale per realizzare un sistema integrato di
interventi e servizi di qualita' ed efficace. I Piani di zona
dovranno quindi contenere una prima riflessione e analisi sulle
esigenze di formazione, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo
strategico dei Piani, nonche' le prime indicazioni operative.
In particolare e' importante individuare in modo distinto, da un
lato, la domanda di aggiornamento degli operatori occupati nelle
diverse aree di intervento e servizi, e dall'altro il fabbisogno di
nuove figure/funzioni, anche in relazione a riconversioni di servizi
esistenti, creazione di servizi unificati o innovativi e
sperimentali. Le indicazioni eventualmente emergenti potranno
costituire elementi di valutazione per gli specifici indirizzi da
assumere nel Piano sociale regionale, oltreche' input per
l'allocazione di risorse dedicate all'interno dello stesso Piano di
zona, o per il raccordo con la programmazione delle Province
nell'ambito della formazione professionale.
opportuno che nell'individuare la domanda di formazione e nel
delineare le risposte adeguate si tenga conto di alcuni aspetti
specifici:
- l'esigenza di realizzare l'integrazione socio-sanitaria anche sul
piano delle professionalita', sociali e sanitarie, spesso operanti
negli stessi servizi;
- l'opportunita' di sostenere la qualificazione delle attivita' e
degli operatori dei diversi soggetti del terzo settore, nonche' la
formazione e il supporto di cittadini e famiglie, nell'ottica della
promozione di azioni di auto-aiuto e di solidarieta' sociale, anche
non mediata da organizzazioni;
- il raccordo da attivare, nell'ambito di progetti destinati a
soggetti in situazione o a rischio di esclusione sociale, tra
interventi di assistenza e reinserimento sociale e azioni formative e
di inserimento e accompagnamento lavorativo;
- si potrebbero inoltre individuare momenti di coordinamento tecnico
zonale tra responsabili di tipologie analoghe di servizi o di servizi
dello stesso settore (anziani, disabili, immigrati, ecc.), in modo da
costruire una rete di confronti e scambi che sostenga e valorizzi
l'azione tecnica e faccia emergere nel tempo elementi per i Piani di
zona oltreche' specifiche esigenze formative degli operatori.
Infine all'interno dei Piani di zona potrebbero essere individuate
anche azioni formative specifiche di supporto all'elaborazione e alla
gestione dei Piani stessi - da realizzare preferibilmente in ambito
provinciale - rivolte a tecnici dei settori pubblici e privati,
riguardanti le modalita' di gestione dei servizi, la valutazione dei
programmi e progetti, e altri temi connessi alle priorita'
territoriali.
3.2.7) La gestione del Piano e la valutazione
Il Pdz deve indicare ruoli, funzioni e modalita' per una sua efficace
gestione, con particolare riferimento al ruolo e alla responsabilita'
del coordinamento politico e del tavolo tecnico. Dovra' anche
prevedere un sistema di valutazione in itinere ed ex post, funzionale
ad un riorientamento progressivo delle politiche previste ed alla
riprogettazione (vedi punto 5).
3.2.8) Indirizzi generali per l'allocazione delle risorse
Le scelte per tradursi in atto necessitano di risorse adeguate. Il
Pdz deve, proprio nella fase di definizione delle scelte strategiche,
a partire dalla ricognizione di cui al punto 2, procedere ad un primo
disegno di allocazione delle risorse, finanziarie, operative,
strutturali e strumentali coerente con le scelte strategiche
effettuate, per verificarne tanto la sostenibilita', quanto le
compatibilita' interne ed esterne.
3.3) Scelte strategiche su cui avviare attivita' sperimentali, di
monitoraggio e ricerca
Di seguito si indicano gli altri temi strategici per la creazione del
sistema integrato dei servizi e degli interventi, sui quali possono
essere avviate iniziative sperimentali e deve essere comunque
iniziata una riflessione e un monitoraggio in ordine alla situazione
esistente, in modo da disporre di informazioni e di apporti per le
decisioni regionali e da avviare uno scambio fra ambiti territoriali
e Regione.
3.3.1) Modalita' di produzione dei servizi
Per poter sviluppare un sistema integrato di servizi a livello
territoriale occorre istruire delle scelte relativamente alle
modalita' di produzione, e cioe' ricercare dei criteri condivisi sul
se e sul quando orientarsi verso una produzione diretta dei servizi
oppure verso una produzione affidata a terzi. Non si tratta di una
scelta semplice, poiche' e' necessario tenere in considerazione
alcuni nodi critici, che qui si riportano in forma sintetica:
- ogni Comune avra' sperimentato diverse forme di produzione, cui
tendera' a rimanere legato;
- in ogni contesto locale saranno presenti consolidate relazioni con
soggetti terzi cui si sono affidati i servizi esternalizzati, questo
potra' comportare pressioni per il mantenimento della situazione
pregressa;
- la decisione sul gestire direttamente o affidarsi a terzi dipende
strettamente dalle dimensioni del Comune, dal tipo di servizio,
dall'entita' del bisogno cui dare risposta: questo comporta che per
poter decidere insieme sara' necessario affrontare in modo globale i
problemi, valutando le potenzialita' delle diverse opzioni
considerate in modo integrato. E' anche necessario valutare in che
misura diverse modalita' di produzione possano continuare a
convivere. In gioco si pone da un lato la autonomia di scelta di ogni
Ente locale o dell'Azienda sanitaria nel produrre i servizi nel modo
ritenuto piu' opportuno, dall'altro l'esigenza di evitare
frammentazioni cosi' accentuate da snaturare il significato
dell'integrazione. E' opportuno pesare i due aspetti e trovare un
accordo che sia vantaggioso in termini di efficienza ed efficacia per
tutti i soggetti coinvolti.
3.3.2) Modalita' di gestione dei servizi
Per i servizi per i quali si individua l'Ente pubblico come
produttore e' necessario considerare le diverse possibili forme
gestionali evidenziando per ognuna i vantaggi offerti, i costi di
implementazione, gli aspetti critici.
Una questione da trattare riguarda il grado e le forme di
integrazione organizzativa cui i diversi soggetti vorranno giungere.
3.3.3) Modalita' di esternalizzazione
Qualora si puntasse a mantenere e sviluppare il ricorso al
contracting out, e' opportuno considerare il problema della
esternalizzazione ricercando forme e modalita' di affidamento il piu'
possibile omogeneo. Questo significa confrontarsi per individuare
indirizzi condivisi da seguire per le gare, che tengano conto degli
obiettivi che i diversi soggetti si pongono attraverso il ricorso
all'esternalizzazione.
3.3.4) Sistema di accreditamento
Il progetto di legge all'esame del Consiglio regionale disciplina
l'accreditamento come strumento per promuovere lo sviluppo e la
qualita' delle prestazioni e facilitare i rapporti fra soggetti
erogatori di servizi ed i cittadini. L'accreditamento e' una
disciplina complessa, che prevede una serie di decisioni molto
rilevanti che possono essere prese solamente avendo chiaro il quadro
complessivo dei servizi. Accreditare comporta infatti anche
considerare il tema della libera scelta degli utenti tra i servizi,
della introduzione di buoni servizi o voucher, degli strumenti per
orientare e accompagnare la scelta dei soggetti piu' fragili, del
sistema di valutazione ex ante in grado di valutare il possesso dei
requisiti di qualita' nei soggetti da accreditare. Temi sui quali la
Regione ha avviato un lavoro istruttorio con Enti locali e Enti
gestori rispetto alla specifica direttiva da emanare, ma sui quali,
come si e' detto, un monitoraggio e una prima riflessione a livello
locale e' opportuna, anche per offrire un contributo del territorio
alle scelte regionali.
4) Programmazione per diverse aree di utenza e strategie di
intervento
In questa fase si costruiscono i passaggi fondamentali e si
articolano in contenuti le linee strategiche individuate in
precedenza.
Si tratta di una fase "di cerniera" poiche' si opera in stretta
connessione con le precedenti attivita' di analisi dei bisogni e del
sistema d'offerta e di definizione di priorita' e strategie, rispetto
alle quali non ci potra' essere una rigida distinzione temporale,
senza rinvii e ritorni.
Mentre la definizione di priorita' e strategie e' condotta
essenzialmente dai politici, questa fase e' quella condotta dai
tecnici. Qui occorre utilizzare:
- informazioni: tutto cio' che proviene dall'analisi dei bisogni e
dell'offerta disponibile di cui al punto 2), riportandolo nelle
diverse aree di bisogno;
- potenzialita'/criticita': elementi, frutto di un confronto tra chi
compone il Tavolo tecnico di coordinamento ed eventuali altri attori
consultati, su cosa nei diversi settori funziona, cosa non funziona,
i limiti (quantitativi e qualitativi), le criticita', le
potenzialita' ecc. dei diversi servizi nelle diverse aree.
Si puo' ipotizzare di promuovere degli incontri (per settore di
intervento), in cui il Tavolo tecnico invita su determinate
tematiche/problemi/servizi interlocutori e testimoni particolarmente
significativi.
In tale fase ci si propone dapprima di produrre una istruttoria che
consenta di tradurre, verificare e ridiscutere le ipotesi adottate
con la definizione delle scelte strategiche, per trasformarle
successivamente in scelte operative che, una volta assunte a livello
politico, costituiranno il Programma attuativo 2002 dell'ambito in
esame.
Per costruire gli scenari e realizzare le istruttorie tecniche, utili
per prendere le decisioni strategiche, il percorso metodologico si
puo' pertanto sviluppare secondo i seguenti passaggi logici:
1) dall'analisi dei bisogni all'obiettivo strategico;
2) definizione di un programma operativo di interventi coerenti con
gli obiettivi strategici;
3) definizione di un programma delle azioni di supporto;
4) definizione del "bilancio" del Pdz.
Compito del Tavolo tecnico di coordinamento in questa fase e'
pertanto di presentare ai decisori gli scenari e le alternative
possibili e facilitare la presa di decisioni operative. Lo strumento
suggerito sono le griglie presentate di seguito per ciascuna area di
bisogno, che conterranno lo stato dell'arte relativo ad analisi di
domanda ed offerta e le diverse possibilita' che i decisori hanno di
fronte a loro. Non si tratta pertanto di griglie finalizzate a
descrivere la situazione dei servizi esistente, bensi' a prefigurare
gli scenari futuri, previsti dal Piano di zona.
(segue allegato fotografato)