REGIONE EMILIA-ROMAGNA

ORDINANZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 31 gennaio 2001, n. 500

CORTE COSTITUZIONALE Ordinanza n. 500 Reg. ordinanze 2001. Ordinanza emessa il 18 ottobre 2000 (pervenuta alla Corte Costituzionale il 21/5/2001) dal TAR per l'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da HIT SpA c/ Regione Emilia-Romagna ed altre

Il Tribunale Amministrativo per l'Emilia-Romagna - Sezione I,                   
composto dai signori: prof. Guido Meale, Presidente; dott. Aldo                 
Scola, consigliere rel. est.; dott. Giorgio Calderoni, consigliere              
ha pronunciato la seguente                                                      
ORDINANZA                                                                       
sul ricorso n. 851/1999, proposto dalla HIT - Holding Italiana                  
Turismo SpA, in persona dell'Amministratore delegato dr. C. Baratta,            
rappresentata e difesa dagli avv.ti M. Burghignoli, G. Silingardi e             
A. Corrado, elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo in             
Bologna, Via Marsala n. 28;                                                     
contro                                                                          
Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta in               
carica, non costituita;                                                         
Provincia di Bologna, in persona del Presidente della Giunta                    
provinciale, rappresentata e difesa dall'avv. Emilia Neri                       
dell'Ufficio legale della Provincia, domiciliata in Bologna, Strada             
Maggiore n. 80;                                                                 
Provincia di Ferrara, in persona del Presidente della Giunta                    
provinciale, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Baraldi,                
domiciliata presso la Segreteria del TAR - Strada Maggiore n. 53,               
Bologna;                                                                        
per l'annullamento                                                              
- della nota raccomandata 24/5/1999 della Provincia di Bologna prot.            
n. 56283, con la quale si rigetta la richiesta di permesso di operare           
nella provincia di Bologna "anche senza il rispetto di tutti gli                
adempimenti previsti dalla L.R. 23/97 per le filiali di agenzie di              
viaggio";                                                                       
- della nota 19/5/1999 della Provincia di Ferrara prot. n. 21043, con           
la quale si formula analogo rifiuto;                                            
- nonche' di eventuali atti presupposti, collegati o successivi.                
Visto il ricorso con i relativi allegati;                                       
visti gli atti tutti della causa;                                               
designato relatore il Consigliere Aldo Scola;                                   
uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000, gli             
avv.ti A. Corrado e E. Neri;                                                    
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:                      
FATTO                                                                           
La ricorrente esponeva quanto segue.                                            
La ricorrente esercita l'attivita' di agenzia di viaggi sull'intero             
territorio nazionale, essendo a cio' autorizzata con provvedimento              
rilasciato in data 28/1/1999 dalla Provincia di Parma.                          
Come e' noto, la sentenza 6/11/1998, n. 362 della Corte                         
costituzionale ha recentemente determinato l'efficacia "nazionale"              
dell'autorizzazione all'esercizio dell'agenzia di viaggi e, di                  
conseguenza, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale della               
Legge della Regione Lombardia 16/9/1996, n. 27, in tutti i punti nei            
quali condizionava l'esercizio di filiali e succursali di agenzie di            
viaggio e turismo autorizzate da altre Regioni ad un'ulteriore                  
autorizzazione ed al versamento di altra tassa di concessione e di              
altra cauzione, nonche' all'assunzione di altro direttore tecnico.              
Conseguentemente, con lettere consegnate a mano in data 22/3/1999               
alle competenti Province, la ricorrente, rappresentando la propria              
intenzione di continuare a gestire le proprie filiali in Bologna e              
Ferrara, comunicava altresi' di non essere piu' in alcun modo tenuta,           
per esercitare la propria attivita' mediante le succitate filiali, a            
munirsi di ulteriore autorizzazione, ne' a versare un ulteriore                 
deposito cauzionale, ne' a corrispondere una ulteriore tassa di                 
concessione, ne' ad assumere, o mantenere, un direttore tecnico                 
esclusivamente addetto alle menzionate filiali.                                 
Con le note di cui in premesse le Province interpellate rigettavano             
nella sostenza le predette comunicazioni, richiamando a fondamento              
del rigetto le disposizioni, ancora vigenti della L.R. 26/7/1997, n.            
23 le quali, in sostanza, assoggettano ad autorizzazione regionale              
anche l'apertura di filiali di agenzie principali gia' autorizzate,             
non importa se dalla stessa o da altra Regione.      giocoforza                 
ritenere che, vincolate a quanto affermato a cosi' chiare lettere, le           
Province si stiano accingendo a procedere ai sensi dell'art. 16,                
irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie (da 3 a 18 milioni),            
ma soprattutto ai sensi dell'art. 17 ter del TULPS (RD 18/6/1931, n.            
773, come modificato dal DLgs 480/94 e dal DL 29/3/1995, n. 97,                 
convertito in Legge 30/5/1995, n. 203), ordinando la sospensione                
dell'attivita' ed inviando rapporto al PM per la contravvenzione di             
cui all'art. 650 Codice penale.                                                 
Gli atti impugnati appaiono quindi:                                             
- presupposti dell'applicazione delle sanzioni;                                 
- costituenti un pregiudizio diretto per la ricorrente, perche' esse            
dovrebbero adempiervi e conseguentemente astenersi dalla propria                
attivita', ovvero assoggettarsi ai vincoli previsti dalla L.R.                  
26/7/1997, n. 23, benche' dichiarati illegittimi dalla citrata                  
sentenza n. 362/1998 della Corte Costituzionale.                                
Da cio' deriva in modo incontestabile l'interesse a ricorrere,                  
sollevando le qui descritte eccezioni di illegittimita'                         
costituzionale delle norme indicate come fondamento giuridico dei               
provvedimenti impugnati:                                                        
1) incostituzionalita' degli artt. 5, commi 1; 6, comma 1, lett. g e            
comma 3; 8, commi 4 e 6 della L.R. 26/7/1997, n. 23, per violazione             
dell'art. 9 della Legge "quadro" 17/5/1983, n. 217, e quindi                    
dell'art. 117, Cost.;                                                           
2) incostituzionalita' degli artt. 5, comma 1; 6, comma 1, lett. g, e           
comma 3; 8, commi 4 e 6 della L.R. 26/7/1997, n. 23, per violazione             
degli artt. 41 e 120 della Costituzione;                                        
3) ulteriore questione di costituzionalita' per violazione degli                
artt. 11 e 117, Cost., in relazione alla violazione degli artt. 52 e            
59 (ed eventualmente dell'art. 30) del trattato;                                
4) inapplicabilita' delle norme censurate. Rilevanza dei profili.               
Le due Province intimate si costituivano con memoria.                           
Veniva respinta un'istanza cautelare.                                           
La ricorrente depositava memoria illustrativa.                                  
La vicenda passa in decisione.                                                  
DIRITTO                                                                         
Analogamente a quanto e' stato deciso con riguardo alle disposizioni            
della Legge regionale lombarda n. 27 del 1996, le sottoindicate norme           
della Legge regionale emiliana n. 23 del 1997 incorrono in censure              
d'incostituzionalita' identiche a quelle favorevolmente decise dalla            
Corte. Il Collegio intende riferirsi agli artt. 5, comma 1; 6, comma            
1, lett. g e comma 3; 8, commi 4 e 6 della L.R. 26/7/1997, n. 23, per           
violazione dell'art. 9 della Legge "quadro" 17/5/1983, n. 217, e                
quindi dell'art. 117, Cost. degli artt. 41 e 120 della Costituzione e           
degli artt. 52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del Trattato UE.            
Ora, in modo del tutto analogo alla Legge lombarda, dichiarata                  
incostituzionale per i motivi accennati, la L.R. 26/7/1997, n. 23               
dell'Emilia-Romagna incorre nelle medesime censure illustrate                   
partitamente in riferimento alle norme censurate, alla loro                     
disciplina, alla loro applicabilita' al caso di specie, ai rispettivi           
profili e motivi di incostituzionalita'.                                        
L'art. 5, commi 1, 2, 3, assoggetta ad autorizzazione anche le                  
filiali, in aperto conflitto con la sentenza n. 362/1998 della Corte            
Costituzionale.                                                                 
L'art. 6, comma 1, legg. g, prevede che nell'autorizzazione venga               
annotato il carattere di agenzia principale, ovvero di filiale o                
succursale. La norma e' incostituzionale per violazione dell'art. 41,           
Cost. per le medesime ragioni espresse dalla Corte a proposito                  
dell'analogo art. 5, comma 1 della Legge lombarda 27/96.                        
Analogamente, il comma 3 non potra' regolare le modificazioni                   
dell'autorizzazione rilasciata alle filiali.                                    
L'art. 8, commi 4 e 5, prevede che il direttore tecnico debba                   
prestare la propria opera professionale alle dipendenze di una sola             
agenzia o filiale o succursale. La norma e' incostituzionale per le             
medesime ragioni ritenute dalla Corte a proposito dell'analogo art.             
14.4 della Legge lombarda 27/96.                                                
Le disposizioni censurate costituiscono - anche - un evidente                   
ostacolo al libero esercizio di una professione, che non trova                  
giustificazione in valori egualmente protetti dalla Costituzione.               
Nella specie, l'unica limitazione ammessa consisterebbe nel disposto            
del II e III comma dell'art. 41, Cost.: "utilita' sociale", che nel             
caso in oggetto non ricorre.                                                    
La piu' volte citata sentenza n. 362/1998 della Corte costituzionale            
ha ravvisato nell'obbligo autorizzativo per filiali e succursali una            
violazione degli artt. 41, 117 e 120 della Costituzione.                        
Si solleva in questa sede un'ulteriore questione di                             
incostituzionalita' per violazione degli artt. 11 e 117, Cost.,                 
dipendente dalla violazione della disciplina comunitaria da parte               
della normativa dell'Emilia-Romagna.                                            
Nel caso delle autorizzazioni amministrative per le agenzie di                  
viaggio, difettano, infatti, almeno tre requisiti che, ad avviso                
della Corte di Giustizia CEE (vedi sentenza 19/93) renderebbero                 
conforme al Trattato la regolamentazione nazionale di accesso                   
all'esercizio dell'attivita' di agente di viaggi: in un precedente              
relativo all'autorizzazione per l'esercizio dell'attivita' di guida             
turistica, a suo tempo richiesta dall'Italia, dalla Francia e dalla             
Grecia, che ha dato luogo ad altrettante procedure di infrazione,               
cosi' ha deciso la Corte di Giustizia (vedi sentenza 180/91): "Le               
limitazioni introdotte devono peraltro essere proporzionate rispetto            
all'obiettivo di tutela perseguito, non potendosi ritenere tali                 
quelle introdotte, nella fattispecie, dalla Repubblica Italiana, che            
subordina la prestazione di servizi di guide turistiche, con gruppi             
di turisti provenienti da altro Stato membro, al possesso di                    
un'abilitazione professionale ai sensi della normativa nazionale                
italiana".                                                                      
La violazione degli artt. 52 e 59 del Trattato UE da parte della                
Legge regionale si traduce, come e' noto, nella violazione indiretta            
degli artt. 11 e 117 della Costituzione (Corte Costituzionale                   
10/11/1994, n. 384).                                                            
Nel caso di specie, la violazione degli artt. 52 e 59 del Tratto UE             
si realizza in due modi:                                                        
A) mediante la fissazione di regole di accesso non rispondenti alle             
quattro condizioni gia' descritte, riassumibili nei criteri di                  
ragionevolezza e proporzionalita';                                              
B) mediante la realizzazione di spazi commerciali separati e non                
comunicanti, all'interno delle singole regioni. Cio' a cagione del              
disconoscimento di efficacia delle autorizzazioni amministrative rese           
dalle altre Regioni.                                                            
Sotto questo secondo profilo, puo' ravvisarsi, anche, una "misura di            
effetto equivalente" alle restrizioni quantitative all'importazione,            
con ulteriore violazione dell'art. 30 del Trattato.                             
Il Collegio intende, infine, riferirsi alla voce n. 23 della tariffa            
allegata al DLgs 22 giugno 1991, n. 230, nella parte in cui viene               
stabilito che le filiali, anche con gestione non autonoma, delle                
agenzie di viaggio aventi la sede principale in altra regione, siano            
tenute a munirsi di distinta licenza con conseguente pagamento della            
relativa tassa di concessione regionale.                                        
Cosi' fissati i termini della questione da sottoporre alla Corte                
Costituzionale, non appare inutile ripetere che le disposizioni della           
Costituzione che si assumono violate sono gli artt. 41, 117 (in                 
relazione all'art. 9 della Legge quadro n. 217 del 1983) e 120, per             
motivi identici a quelli evidenziati dalla Corte Costituzionale con             
la sentenza n. 362 del 1998.                                                    
Sulla rilevanza, si e' gia' detto circa la prevedibile necessita' di            
applicare le norme suindicate per poter definire l'odierno giudizio.            
Si e' gia' detto, cioe', che i Servizi Turismo delle Amministrazioni            
provinciali di Bologna e Ferrara, nell'adottare gli atti impugnati,             
hanno dato per presupposta, ai fini dell'apertura di una nuova                  
filiale o del cambio di titolarita' e denominazione di filiale di               
agenzia esistente, la necessita' di osservare le seguenti                       
prescrizioni, stabilite, appunto, dalla Legge regionale n. 23 del               
1997:                                                                           
a) l'obbligo di una specifica autorizzazione anche per l'apertura di            
una filiale;                                                                    
b) la necessita' di assicurare le prestazioni del direttore tecnico             
in ciascuna singola filiale a tempo pieno e con carattere di                    
continuita' ed esclusivita';                                                    
c) la necessita' di annotare, nell'autorizzazione, il carattere di              
agenzia principale, ovvero di filiale, dell'impresa;                            
d) l'obbligo, per esercitare la propria attivita' mediante l'apertura           
di una filiale, di versare un'ulteriore somma di denaro a titolo di             
deposito cauzionale;                                                            
e) l'obbligo di provvedere al pagamento di una ulteriore tassa di               
concessione regionale.                                                          
In conclusione, assorbiti gli ulteriori profili d'incostituzionalita'           
addotti dalle ricorrenti, ribadita la non manifesta infondatezza -              
oltre che, come si e' appena visto, la rilevanza - della questione di           
legittimita' costituzionale surriferita, dev'essere sospeso il                  
giudizio in corso e disposto l'immediato invio degli atti alla Corte            
Costituzionale.                                                                 
P.Q.M.                                                                          
Il Tribunale amministrativo per l'Emilia-Romagna, Bologna, Sezione I;           
visto l'art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, sospende il                   
giudizio in corso e solleva questione di legittimita' costituzionale            
degli artt. 5, comma 1; 6, comma 1, lett. g, e comma 3; 8, commi 4 e            
6 della L.R. 26/7/1997, n. 23, per violazione dell'art. 9 della                 
Legge-quadro 17/5/1983, n. 217, e quindi dell'art. 117 Cost., degli             
artt. 41 e 120 della Costituzione, degli artt. 52 e 59 (ed                      
eventualmente dell'art. 30) del Trattato UE della Legge Regione                 
Emilia-Romagna 26 luglio 1997, n. 23, oltre che della voce 23 della             
tariffa allegata al DLgs 22 giugno 1991, n. 230, nelle parti                    
specificate in motivazione, in riferimento agli artt. 11, 41, 117 (in           
relazione all'art. 9 della Legge n. 217 del 1983) e 120 della                   
Costituzione.                                                                   
Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente                 
ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente              
del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Giunta regionale               
dell'Emilia-Romagna, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera              
dei Deputati, del Senato della Repubblica e del Consiglio regionale             
dell'Emilia-Romagna.                                                            
Dispone inoltre che la Segreteria della Sezione trasmetta gli atti              
processuali alla Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, Roma.            
Cosi' deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 18 ottobre               
2000.                                                                           
PRESIDENTE  CONSIGLIERE REL. EST.                                               
Guido Meale  Aldo Scola                                                         
Depositata in Segreteria in data 31 gennaio 2001                                
Bologna, li' 31 gennaio 2001                                                    
IL SEGRETARIO                                                                   
(firma illeggibile)                                                             

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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