COMUNICATO DEL DIFENSORE CIVICO REGIONALE
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2000 (art. 11 della L.R. 21 marzo 1995, n. 15)
Signor Presidente, Signori Consiglieri regionali,
sottopongo all'attenzione delle SS.LL. questa Relazione, che invio
come disposto dalla legge regionale n. 15 del 1995 quale momento di
riflessione e confronto sull'opera svolta dal Difensore civico
regionale nell'anno 2000.
Gli elementi conoscitivi riportati in questo documento, in forma
necessariamente sintetica, hanno lo scopo di fornire un quadro
dell'attivita' svolta nell'ambito del servizio di difesa civica
offerta ai cittadini e agli altri soggetti privati, senza tacere nel
contempo le difficolta' e i contrattempi che talvolta possono essersi
verificati nel corso dello svolgimento di tale attivita'.
Completo questa mia Relazione con l'indicazione in dettaglio delle
osservazioni, proposte e suggerimenti che provvedo a sintetizzare
nell'apposito paragrafo, e che, del resto, accompagnano, volta per
volta, l'esposizione dei singoli interventi.
1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Come gia' ho sostenuto nelle precedenti Relazioni, sarebbe
auspicabile che l'attivita' di difesa civica fosse istituzionalizzata
a livello nazionale, in maniera da poter disporre di un solido quadro
normativo generale, e cosi' da estenderla anche la' dove non vi hanno
gia' provveduto i vari Enti territoriali.
Invece, nell'anno 2000 non si e' realizzata l'attesa approvazione del
testo unificato di varie proposte di legge, diretto ad istituire la
figura del Difensore civico nazionale (Progetto di legge n. 619
Camera, avente ad oggetto "Norme in materia di difensore civico").
Tale proposta, approvata dalla Prima Commissione Affari
costituzionali della Camera il 15/9/1998, non ha avuto seguito, ne'
puo' oramai essere approvata nel corso della presente legislatura,
giunta ormai al suo termine.
E' da rilevare al riguardo che, al di la' delle divergenti opinioni
circa l'opportunita' della istituzione della figura del Difensore
civico nazionale - figura che potrebbe confliggere con l'autonomia
regionale e degli Enti locali - la proposta stessa ha il pregio di
costituire un sistema organico di difesa civica ai vari livelli
istituzionali e di dettare norme di principio valevoli per tutti gli
enti, cosi' da superare la frammentarieta' e la disomogeneita' delle
attribuzioni dei diversi difensori civici.
Appunto per tali considerazioni l'auspicio mio e dei colleghi
Difensori civici regionali, provinciali e comunali e' che il nuovo
Parlamento si faccia carico, alla ripresa dell'attivita'
parlamentare, dell'esame di questo testo e, effettuate - se ritenute
necessarie - le opportune modifiche ed integrazioni, giunga
finalmente ad una sua sollecita approvazione.
Nel frattempo, il Parlamento invece ha completato l'iter normativo
della proposta di legge n. 4375, contenente disposizioni per la
delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti
amministrativi.
Tale Legge, la n. 340 del 24 novembre 2000, intitolata "Disposizioni
per la delegificazione di norme e per la semplificazione di
procedimenti amministrativi", contiene, tra le altre, una norma che
ha attribuito al Difensore civico una nuova competenza in materia di
accesso alle documentazioni amministrative, con cio' modificando il
comma 4 dell'art. 25 della Legge 241/90.
Grazie alla nuova norma, il soggetto cui la pubblica Amministrazione
ha negato, esplicitamente o implicitamente, l'accesso ai documenti,
puo' oggi rivolgersi al Difensore civico competente, in alternativa
al ricorso al TAR.
In sintesi viene prevista questa procedura: di fronte ad una
richiesta del privato di riesaminare il diniego disposto
dall'Amministrazione, il Difensore civico, qualora ritenga
illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica
all'Amministrazione che non ha provveduto o che ha negato l'accesso.
Se questa non emana nei trenta giorni successivi un provvedimento
confermativo motivato, l'accesso e' consentito.
E' importante sottolineare che la richiesta di accesso presentata nei
termini al Difensore civico interrompe il termine per presentare
ricorso al TAR.
Se da un lato questa nuova attribuzione appare sintomatica di un
interesse da parte del legislatore alla valorizzazione della figura
del Difensore civico, per un altro verso e' pero' da osservare che,
nella sostanza, la procedura sopra sommariamente descritta appare
troppo complessa e scarsamente incisiva: essa, infatti, non sembra
idonea a fornire un significativo risultato nell'ipotesi in cui
l'Amministrazione si limiti a controbattere le motivazioni esposte
nella comunicazione del Difensore civico, con cio' confermando la
determinazione originaria.
Solamente nell'ipotesi che cio' non avvenga, o che il provvedimento
confermativo non sia motivato, il procedimento porta ad un risultato,
vale a dire al perfezionamento del meccanismo di silenzio assenso.
Anche in quest'ultima ipotesi, peraltro, qualora l'Amministrazione
persista nel proprio inadempimento, resta impregiudicato il problema,
sostanziale, dei possibili rimedi offerti al soggetto per far valere
in concreto il proprio diritto, senza doversi rivolgere al TAR.
Al riguardo puo' soccorrere, peraltro limitatamente agli Enti locali,
il disposto dell'art. 136 del DLgs 18 agosto 2000, n. 267 "Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali". La predetta
norma, reiterando il contenuto dell'art. 17, comma 45, della Legge n.
127 del 1997, attribuisce al Difensore civico regionale il potere
sostitutivo in caso di ritardo od omissione nel compimento di atti
obbligatori per legge da parte degli Enti locali, da esercitare
attraverso la nomina di un commissario ad acta.
E' anche da sottolineare che nella materia del diritto di accesso la
Regione Emilia-Romagna - dimostrandosi anche in questo caso
all'avanguardia - ha adottato da molti anni una propria normativa, la
L.R. n. 32 del 1993.
L'art. 10 di questa legge prevede che la comunicazione di diniego o
il differimento dell'accesso da parte del responsabile del
procedimento equivalgano a rifiuto. Contro di essi l'interessato
puo', entro trenta giorni, ricorrere al Presidente della Giunta
regionale il quale decide nei quindici giorni successivi ordinando,
in caso di accoglimento, l'esibizione dei documenti richiesti.
E' appena il caso di sottolineare il diverso e ben piu' rilevante
potere cogente del provvedimento del Presidente della Giunta, il
quale ordina ad un proprio collaboratore l'esibizione dei documenti
richiesti - rispetto alla determinazione che promana dal Difensore
civico.
Tutto cio' comporta, in concreto, che il soggetto al quale e' stato
negato l'accesso ad un atto della Regione Emilia-Romagna, qualora non
intenda rivolgersi fin dall'inizio al TAR, optera' per la strada piu'
efficace del ricorso al Presidente della Giunta, e non certo per
quella della richiesta di riesame al Difensore civico.
Altra puo' essere la prospettiva per quanto concerne il diritto di
accesso nei confronti di atti delle Amministrazioni periferiche dello
Stato aventi sede nel territorio regionale (pur con le dovute
eccezioni), per le quali, in effetti, il rimedio offerto dalla L.R.
32/93 non e' applicabile.
La normativa introdotta in tema di accesso e' peraltro suscettibile
di accrescere le sperequazioni esistenti nel settore della tutela dei
cittadini, a fronte della quasi generalizzata assenza di Difensore
civico negli enti ai vari livelli istituzionali.
Infatti, l'innovazione legislativa introdotta con l'art. 15 della
Legge 340/00 e' applicabile in concreto solamente nei confronti degli
Enti che hanno provveduto all'istituzione o alla nomina del proprio
Difensore civico.
Non e' invece applicabile per tutti i procedimenti di accesso rivolti
a pubbliche Amministrazioni sprovviste di tale figura, introducendo
con cio' un'ulteriore discriminazione quanto alla possibilita' di
avvalersi in concreto del nuovo strumento di tutela.
L'ampiezza dell'esclusione e' notevole, poiche' il Difensore civico
e' assente in un certo numero di Regioni (con conseguente mancanza di
tutela anche nei confronti dei relativi enti sub-regionali e delle
Amministrazioni periferiche dello Stato), ma, soprattutto, nella
stragrande maggioranza dei Comuni e delle Province.
La rilevata situazione di svantaggio a danno di una parte
considerevole dei cittadini dello Stato, derivante dalla lacunosita'
della nuova normativa, e' poi aggravata da due circostanze:
- in primo luogo, mentre la richiesta di riesame al Difensore civico
e' totalmente gratuita ed informale, l'eventuale ricorso al TAR (che,
in mancanza del Difensore civico competente resta nella maggior parte
dei casi l'unica soluzione praticabile) comporta le spese di bollo,
nonche' l'assoggettamento ad una procedura che - benche' la legge
consenta al ricorrente di stare in giudizio di persona - indurra'
probabilmente molti soggetti, in particolare i piu' deboli ed
impreparati, alla rinuncia o al ricorso al patrocinio di un legale,
con conseguenti spese;
- in secondo luogo, come ho gia' sottolineato, nei casi di
persistente inottemperanza da parte di Amministrazioni comunali e
provinciali e' ipotizzabile l'intervento sostitutivo di un
"commissario ad acta", a norma dell'art. 136 del citato Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali.
Ma il presupposto per superare la situazione di inottemperanza
attraverso lo strumento del commissario ad acta si puo' concretare
solamente allorquando in quella pubblica Amministrazione sia presente
il proprio Difensore civico.
E', al contrario, improponibile di fatto nei confronti degli Enti che
ne sono sprovvisti, in quanto non e' possibile fare scattare il
meccanismo del silenzio-assenso e richiedere successivamente
l'intervento sostitutivo del Difensore civico regionale.
Ho ritenuto mio preciso dovere rappresentare queste stesse
considerazioni al Ministro della Funzione pubblica, al quale ho
scritto nel dicembre scorso (senza peraltro ottenere riscontro)
auspicando l'adozione di una norma di chiusura, rivolta ad
individuare un Difensore civico competente in materia di accesso nei
confronti di tutte le amministrazioni pubbliche sprovviste di tale
figura.
2. IPOTESI DI DISCIPLINA REGIONALE DEL DIRITTO ALL'ACCESSO
Parto dalla considerazione, innegabile, che l'istituto del Difensore
civico trae la propria origine nel nostro Paese dall'iniziativa delle
Regioni le quali via via, a partire dagli anni '70, hanno dimostrato
la propria sensibilita' per la difesa civica, introducendo questo
istituto innovativo nei rispettivi ordinamenti.
Anche la circostanza che la Legge n. 142 del 1990 ha dato agli Enti
locali la facolta' di istituire il proprio Difensore civico non muta
la realta' di una figura che trae la propria esistenza e la propria
connotazione dall'esplicazione di autonomia degli Enti territoriali
locali.
In questa prospettiva, mi parrebbe auspicabile l'adozione di
un'apposita normativa da parte della Regione Emilia-Romagna che,
quantomeno a livello regionale, giungesse ad unificare ad un livello
superiore di tutela le posizioni soggettive dei singoli.
Si tratterebbe di disciplinare il potere di intervento, in via
generale, del Difensore civico regionale nei confronti degli atti di
tutti gli Enti locali ubicati nella regione, qualora sprovvisti di un
proprio Difensore civico.
In tal modo verrebbe riconosciuto a tutti i soggetti il diritto di
avvalersi della difesa civica per tutelare le proprie posizioni
soggettive nei confronti di tutte le pubbliche Amministrazioni
presenti sul territorio regionale, consentendo, tra l'altro, agli
stessi di esercitare il proprio diritto di accesso agli atti
promananti dalle predette Amministrazioni senza dover necessariamente
ricorrere al TAR.
In questo senso ha legiferato, del resto, la Regione Liguria, con
cio' dando una soluzione positiva all'assenza di un Difensore civico
presso numerosi Comuni e Provincie di quel territorio: infatti, con
L.R. n. 14 del 14 marzo 2000, la stessa ha attribuito alla competenza
del Difensore civico regionale "l'intervento sull'attivita' degli
uffici ... e degli Enti locali e di quelli destinatari di deleghe da
parte della Regione presso i quali non siano operanti difensori
civici" (art. 1, comma 7).
Un ulteriore problema connesso all'applicazione della normativa in
materia di accesso agli atti sopra citata, che potrebbe (e dovrebbe)
essere risolto a livello di normativa regionale, e' collegato alla
individuazione del "Difensore civico competente".
Si deve osservare, infatti, che l'individuazione del Difensore civico
competente non e' sempre agevole laddove l'atto o il provvedimento
per i quali si chiede l'accesso sono riferibili ad una funzione
amministrativa delegata dalla Regione agli Enti locali.
In linea di principio, laddove la richiesta di accesso si riferisce
ad un atto adottato da un Ente locale nell'esercizio delle funzioni
amministrative a lui delegate dalla Regione, e' da ritenere che la
richiesta stessa debba essere presentata al Difensore civico
regionale (e non al Difensore civico dell'Ente locale), cui la Legge
della Regione Emilia-Romagna n. 15 del 1995 attribuisce uno specifico
potere di intervento (cfr. art. 2, comma 1, lett. d).
Tale soluzione determina peraltro notevoli difficolta'
nell'individuazione dell'organo di difesa civica competente ad
intervenire, non essendo sempre facilmente distinguibili gli atti
adottati dall'Ente locale a titolo di competenza propria da quelli
adottati nelle materie delegate.
Essa inoltre mortifica la figura del Difensore civico comunale, al
quale non verrebbe riconosciuto alcun potere di intervento in
numerosi settori di attivita' dell'ente da cui promana.
La stessa soluzione, infine, appare suscettibile di creare
difficolta' e disagi nei cittadini nell'individuazione del Difensore
civico competente, e questo tantopiu' sembra negativo sol che si
pensi che la richiesta di riesame deve essere rivolta al Difensore
civico competente entro termini perentori, a pena di decadenza.
Puo' allora porsi in proposito il problema di una piu' precisa, ed
equilibrata, distribuzione di compiti tra Regione ed autonomie
locali.
Una soluzione - del resto coerente anche con il principio di
sussidiarieta' nella ripartizione delle competenze tra le istituzioni
pubbliche - potrebbe essere quello di modificare il disposto
dell'art. 2, comma 1, lettera d), della L.R. n. 15 del 1995,
escludendo dalle attribuzioni di carattere generale del Difensore
civico regionale gli interventi relativi alle funzioni amministrative
delegate dalla Regione agli Enti locali.
La Regione Toscana, appunto, sembra intenzionata ad adottare una
soluzione analoga a quella sopra evidenziata, e allo scopo sta
predisponendo una proposta di legge che, nel disciplinare
l'applicazione delle disposizioni sull'accesso di cui all'art. 15
della Legge 340/00, fa un'opportuna chiarezza nei rapporti reciproci
dei vari Difensori civici.
La citata proposta, in particolare, da un lato muove nella direzione
di limitare la competenza del Difensore civico regionale alle
richieste di accesso che investano funzioni proprie della Regione, di
Aziende o Enti regionali, nonche' di uffici periferici di
Amministrazioni statali; dall'altro lato, amplia la competenza in
materia di accesso oggi attribuita al Difensore civico regionale,
riconoscendogli il potere di intervento anche nei confronti degli
Enti locali sprovvisti di Difensore civico.
Infine, la suddetta proposta ribadisce la competenza del Difensore
civico regionale a sanzionare l'omissione o il ritardo
dell'Amministrazione locale a norma dell'art. 136 del DLgs 267/00.
3. IPOTESI DI MODIFICA DELLA NORMA DELLO STATUTO REGIONALE SUL
DIFENSORE CIVICO REGIONALE
Il tema, pur non strettamente attinente alla presente Relazione, e'
emerso lo scorso anno in sede di coordinamento dei Difensori civici
regionali, nell'ambito delle riflessioni sulla configurazione del
ruolo da attribuire alla difesa civica in fase di elaborazione dei
nuovi Statuti regionali.
Il coordinamento dei Difensori civici regionali ha infatti posto
l'accento sull'esigenza di offrire il proprio specifico contributo
nella predisposizione delle disposizioni statutarie che regolano
l'istituto del Difensore civico, ed in tal senso ho manifestato a suo
tempo la mia piu' ampia disponibilita'.
L'esperienza maturata in questi anni ha infatti evidenziato la sempre
piu' avvertita necessita' di superare una disposizione statutaria che
si limiti a prevedere questa figura, per pervenire ad una statuizione
che tenga conto dell'evoluzione dell'istituto e delle potenzialita'
che lo stesso possiede nel senso di contribuire a restituire
centralita' sostanziale alla persona e al cittadino come
interlocutori del sistema istituzionale.
Di qui l'esigenza di una collocazione delle disposizioni in materia
di Difensore civico nella prima parte del nuovo Statuto regionale,
laddove sono contenute norme in materia di tutela dei diritti e di
cittadinanza, piuttosto che nel Titolo che disciplina
l'Amministrazione regionale.
Occorre inoltre che le disposizioni statutarie sul Difensore civico
riconoscano la difesa civica regionale come funzione necessaria, e
percio' l'autonomia e l'indipendenza del Difensore civico, ed anche
l'autonomia organizzativa e funzionale dell'istituto stesso.
4. DATI STATISTICI
L'anno 2000 puo' essere considerato un periodo di consolidamento dei
risultati eccezionali conseguiti nel 1999.
A riprova di cio', evidenzio l'incremento degli interventi svolti nel
corso degli ultimi quattro anni:
1997 N. 738
1998 N. 776
1999 N. 1218
2000 N. 1243
Cio' significa che e' indispensabile proseguire nell'attivita' di
informazione e sensibilizzazione della popolazione circa gli
strumenti di tutela offerti dalla difesa civica, con tutti i mezzi
che si rendano disponibili.
Si tratta di iniziative che devono rinnovarsi periodicamente, al fine
di non vanificare i risultati di visibilita' ottenuti.
Nel periodo considerato si sono presentati di persona al mio ufficio
per chiedere il mio intervento o suggerimenti e valutazioni 670
soggetti, molti dei quali come esponenti di associazioni o comitati.
Le istanze pervenute per posta sono ammontate a 350, per fax a 48 e
27 via e-mail.
Inoltre, le richieste telefoniche formalizzate sono state 97, oltre a
40 attraverso la linea telefonica verde. Ad esse devono essere
aggiunte le richieste telefoniche piu' semplici, che si sono
concretate in un colloquio telefonico conclusosi con un'informazione,
non determinabili con esattezza come numero, e che possono essere
quantificate, in via indicativa, almeno in una decina ogni giorno.
Infine, gli interventi posti in essere d'ufficio sono stati 11.
In relazione agli enti destinatari, le richieste di intervento
possono essere cosi' suddivise:
Regione/Enti regionali/Aziende USL N. 262
Comuni convenzionati N. 344
Amministrazioni periferiche dello Stato/ Aziende erogatrici di
servizi pubblici N. 342
Comuni non convenzionati N. 171
Inoltre sono stati trasmessi per competenza ad altro Difensore civico
o ad altre autorita' n. 26 reclami.
Infine, sono stati archiviati, perche' inammissibili, n.90 reclami
che si riferivano a problematiche di diritto privato, non senza aver
fornito agli interessati ogni utile suggerimento ed informazione.
Nell'anno 2000 non e' pervenuta alcuna richiesta di controllo
eventuale ai sensi del combinato disposto dell'art. 127 del DLgs n.
267 del 2000 - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti
locali, e dell'art. 33 della L.R. n. 7 del 1992, come sostituito
dall'art. 36, comma 10, della L.R. n. 3 del 1999.
Sono infine pervenute n. 8 richieste di nomina di "commissario ad
acta", ai sensi del combinato disposto dell'art. 136 del Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali e dell'art. 32 della
L.R. n. 7 del 1992, come sostituito dall'art. 36, comma 9, della L.R.
n. 3 del 1999.
Di queste, 5 richieste provenivano dall'Agenzia autonoma per la
gestione dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali - Sezione
regionale dell'Emilia-Romagna, ed erano rivolte nei confronti di
altrettante Amministrazioni comunali che non avevano provveduto, nei
termini di legge, alla copertura della propria Segreteria con un
funzionario titolare.
In questi casi la mia attivita', dopo la diffida adottata dal
Comitato regionale di controllo, e' stata rivolta preliminarmente a
cercare di rimuovere la causa effettiva di tale ritardo: si trattava
infatti di Amministrazioni comunali di ridotte dimensioni
territoriali, non in grado di sopportare il sensibile costo derivante
dalla presenza di un Segretario comunale.
Ho pertanto valutato le motivazioni che mi venivano esposte
concedendo, benche' non espressamente previsto dalla legge, uno o
piu' termini fino a quando le Amministrazioni stesse sono state in
grado di perfezionare apposite convenzioni con i Comuni limitrofi per
l'esercizio del servizio in forma associata.
Una richiesta di analogo tenore e' anche pervenuta dall'Agenzia
autonoma per la gestione dell'Albo dei Segretari comunali e
provinciali di Roma. Si trattava, peraltro, di una fattispecie nella
quale non era inequivocabilmente chiara la sussistenza del
presupposto che legittimava la nomina di commissario ad acta, vale a
dire la mancata attivazione, da parte del Sindaco, del provvedimento
di sua competenza per pervenire alla nomina del Segretario titolare.
Stante la contemporanea proposizione di numerosi ricorsi avanti a
diversi giudici, del lavoro e amministrativi, relativi a taluni
aspetti della vicenda, ho ritenuto indispensabile sospendere ogni
determinazione ed attendere la definizione del contenzioso.
E' inoltre pervenuta una richiesta di nomina di un commissario ad
acta perche' provvedesse, in via sostitutiva dell'Ente locale
interessato, a dare esecuzione all'ordinanza 249/99 del Tribunale
amministrativo per l'Emilia-Romagna - Sezione di Parma.
La richiesta non e' stata accolta poiche', nel caso di specie, la
nomina di un commissario ad acta si sarebbe sostanziata in
un'illegittima ingerenza del Difensore civico nell'ambito delle
competenze che l'ordinamento giuridico ha riservato al giudice
amministrativo. Difatti, pur in assenza di una specifica previsione
normativa, da tempo il Consiglio di Stato, affrontando il problema
relativo alla mancata esecuzione dei provvedimenti cautelari da parte
dell'amministrazione convenuta, aveva riconosciuto la possibilita'
per il ricorrente di rivolgersi nuovamente al Tribunale
amministrativo competente, chiedendo che questo disponesse tutti i
provvedimenti idonei ad assicurare gli effetti del provvedimento
cautelare emanato.
Oggi tale previsione e' stata formalizzata dal legislatore con l'art.
3 della Legge 21 luglio 2000, n. 265, che ha introdotto i commi da 8
a 15 nell'art. 21 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
In un ultimo caso si trattava di una richiesta chiaramente
inammissibile perche' esorbitante le mie competenze: infatti, del
caso di specie un cittadino chiedeva la nomina del commissario ad
acta nei confronti di un'Amministrazione comunale al fine di adottare
provvedimenti sostitutivi quali il risarcimento per asseriti danni
subiti, l'annullamento di assunzioni di precari ritenute illegittime,
e la modifica nell'intestazione di beni immobili.
Proseguendo nell'esame statistico dell'attivita' svolta, evidenzio
che i procedimenti posti in essere nei confronti dell'Amministrazione
regionale, di Enti o Istituti, consorzi ed Aziende dipendenti o
sottoposti a vigilanza o controllo, possono essere suddivisi per
materia come segue:
Ambiente/difesa/tutela 23
Diritto allo studio 9
Autocertificazione 1
Sanita' 96
Commercio 3
Concorsi 6
Consorzi bonifica 12
Diritto accesso atti 23
Edilizia residenziale 34
Inquinamento 11
Formazione - scuola 11
Patrimonio regionale 1
Procedimento amministrativo 4
Responsabilita' della pubblica Amministrazione 3
Servizi sociali 9
Urbanistica 2
Altre materie 14
Allo stesso modo, i procedimenti posti in essere nei confronti di
Enti e Amministrazioni periferiche dello Stato nonche' nei confronti
di Aziende erogatrici di servizi pubblici, possono essere cosi'
suddivisi per materia:
ANAS 4
Aziende erogatrici servizi pubblici 30
Commissioni tributarie 19
Demanio 5
Esproprio pubblica utilita' 2
Immigrazione 4
Lavoro 25
Ministero Beni culturali 1
Ministero delle Finanze 12
Ministero dei Trasporti 1
Ministero dell'Industria 1
Ministero della Difesa 1
Polizia statale 11
Prefettura 3
Previdenza 61
Provincia 19
Pubblica istruzione 17
Questioni militari 4
Questioni tributarie 63
Questura 19
Sanzioni amministrative 19
Altre 21
Infine, anche i procedimenti posti in essere nei confronti di Enti
locali non convenzionati possono essere cosi' classificati per
materia come segue:
Ambiente - Igiene pubblica 6
Alloggi comunali 3
Anagrafe 2
Artigianato 1
Calamita' naturali 1
Cimiteri 3
Commercio 1
Concorsi locali 1
Concessioni aree pubbliche 2
Diritto accesso atti 10
Espropriazioni 2
Giardini pubblici 1
Opere lavori pubblici 25
Polizia municipale - Traffico 38
Responsabilita' della pubblica Amministrazione 5
Servizi sociali 8
Tributi locali 23
Urbanistica 14
Viabilita' 10
Altre materie 15
I procedimenti conclusi nell'anno 2000, pari a n.1048, hanno dato i
seguenti esiti:
- positivi 307
- 56 con accoglimento della raccomandazione del Difensore civico
- 251 con la collaborazione della pubblica Amministrazione
- negativi 92
- 67 accertata infondatezza dopo istruttoria
- 21 con dissenso motivato dalla pubblica Amministrazione e non
condiviso dal Difensore civico
- 4 per mancata collaborazione
- archiviati 649
- 52 per infondatezza del reclamo
- 20 per rapporto di lavoro con la pubblica Amministrazione
- 90 per controversia tra privati o Enti privati
- 19 trasmessi ad altra autorita' per competenza
- 79 per rinuncia al reclamo da parte degli interessati
- 389 casi in cui e' stata prestata consulenza, forniti consigli e
date le delucidazioni agli interessati.
Nel periodo considerato e' proseguita l'attivita' di difesa civica
nei confronti delle Amministrazioni comunali con le quali esiste
apposita convenzione, e precisamente:
Bologna, Borgo Tossignano, Budrio, Casalecchio, Casalfiumanese,
Castel del Rio, Castel Guelfo, Castel San Pietro Terme, Crevalcore,
Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano, Pieve di Cento, Ravenna,
Sant'Agata Bolognese, Zola Predosa.
Le convenzioni con la Provincia di Rimini e con il Comune di San
Lazzaro di Savena, per le quali erano stati avviati i relativi
procedimenti nel corso del 1999, non si sono concluse per decisioni
assunte dalle due Amministrazioni interessate, le quali hanno
ritenuto di modificare, al riguardo, gli orientamenti manifestati in
precedenza.
Una nuova convenzione, con la Provincia di Bologna, che sara'
operativa entro l'anno 2001, e' stata definitivamente approvata. La
stessa prevede la possibilita' di nuovi convenzionamenti con altri
Comuni del territorio provinciale.
5. ATTIVITA' E STRATEGIE OPERATIVE
Nell'ambito di un approfondimento sulle tematiche connesse alla
difesa civica, si e' tenuto il 21 gennaio 2000 presso il Consiglio
regionale un Convegno avente ad oggetto "Nuove forme di tutela del
cittadino nei confronti della pubblica Amministrazione - Riflessioni
sull'esperienza del Difensore civico nella realta'
dell'Emilia-Romagna".
Dopo la mia relazione di carattere generale, di riflessione sullo
specifico contributo offerto dall'istituto della difesa civica
all'attuale fase di riforma e di modernizzazione della pubblica
Amministrazione, sono stati approfonditi temi specifici da parte del
prof. Roberto Nania, Ordinario di diritto costituzionale
dell'Universita' di Bologna, dal prof. Ennio Fortuna, all'epoca
Procuratore della Repubblica in Bologna e Docente di diritto penale,
e dal Sindaco del Comune di Ravenna e Presidente dell'ANCI regionale,
signor Widmer Mercatali.
Il dibattito che e' seguito, di ottimo livello e particolarmente
interessante, ha costituito un momento di confronto e di incontro
stimolante e fecondo di proposte.
Ho inoltre partecipato, in qualita' di relatrice, ad un Convegno
organizzato dal Comune di Fiorenzuola d'Arda, sul tema "Realta' e
prospettive future del Difensore civico", e sono intervenuta a
svariate manifestazioni e convegni attinenti la mia attivita', oltre
che a numerose cerimonie pubbliche.
Ho anche avuto incontri con i Difensori civici comunali e locali per
il necessario coordinamento tra la mia attivita' e la loro, ai sensi
dell'art. 13 della L.R. n. 15 del 1995, per ricercare forme e
modalita' di collaborazione dirette a migliorare il servizio reso ai
cittadini emiliano-romagnoli.
Allo stesso modo, ho ripetutamente incontrato i Difensori civici
regionali nell'ambito del Coordinamento nazionale per discutere, tra
le altre, delle iniziative da adottare per valorizzare il ruolo e le
prospettive della difesa civica nella elaborazione dei nuovi statuti
regionali, quale contributo al rafforzamento dei diritti e degli
interessi della persona e del cittadino e ad un rapporto piu'
avanzato tra istituzioni e societa' civile.
Ho anche ricercato e promosso incontri con gli studenti delle scuole
della provincia di Bologna, cicli di seminari con addetti ai lavori
(ad esempio, con gli appartenenti al Corpo di Polizia municipale del
Comune di Casalecchio di Reno), incontri serali con la popolazione
dei Comuni convenzionati per l'esercizio della difesa civica, e cosi'
via.
Nel corso dell'anno numerose sono state le occasioni di incontri con
i soggetti istituzionali dei vari Enti ed Amministrazioni, connessi a
problemi inerenti l'attivita' di difesa civica.
Infatti, come gia' ho evidenziato nelle scorse Relazioni, ho ritenuto
utile promuovere, laddove ve ne era spazio, il rapporto personale con
i titolari o i dirigenti delle varie Amministrazioni per verificare
direttamente le reali possibilita' di soluzione del caso prospettato
o di miglioramento delle prassi amministrative.
In questi incontri, come del resto in tutte le occasioni, ho ribadito
il convincimento che e' principio fondamentale di buona
amministrazione e di democrazia l'applicazione costante del criterio
di interpretazione delle disposizioni normative nell'accezione piu'
favorevole al soggetto privato.
Alla luce della esperienza acquisita in questi tre anni quale
Difensore civico regionale ho altresi' maturato il convincimento che,
fino a quando l'attivita' del Difensore civico non sara' preventiva,
tesa cioe' a risolvere i problemi dall'origine, rimuovendo le
disfunzioni, i ritardi o le irregolarita' o le situazioni di
incomunicabilita' che possono determinarsi con le pubbliche
amministrazioni, l'intervento a favore del cittadino sara' sempre
marginale e limitato a taluni episodi, appunto quelli nei quali
l'interessato - che e' al corrente dell'esistenza e delle
possibilita' offerte dal servizio di difesa civica - ricorre a questo
istituto per risolvere il proprio problema.
Questa azione preventiva, d'altro canto, deve intervenire con
sistematicita', rinnovarsi continuamente, a fronte di un evolversi
delle situazioni in costante divenire.
La convinzione sopra evidenziata puo' apparire un'estensione di fatto
del ruolo del Difensore civico, con l'appropriazione di un compito
non specificamente previsto dalla legge regionale, la quale si limita
a prevedere che il Difensore civico corredi la sua Relazione annuale
al Consiglio regionale con osservazioni e suggerimenti.
Sara' successivamente il Consiglio che, laddove condivida le
osservazioni ed i suggerimenti, si fara' parte diligente nei
confronti della propria struttura per promuovere quelle iniziative e
modifiche organizzative idonee a superare gli inconvenienti
lamentati, al fine di adeguarla ad un modello piu' moderno e
funzionale.
Al riguardo auspico che le mie Relazioni annuali siano oggetto di
attenta considerazione e produttive di ogni possibile utilita'.
Ho notato infine, con viva soddisfazione, che i rapporti con talune
Amministrazioni si sono evoluti verso un'effettiva, reciproca
collaborazione, con cio' dandomi conferma che l'ente ha compreso lo
spirito dei miei interventi, mai preconcetto o ostile, ma piuttosto
diretto ad una collaborazione fattiva al fine di superare le
difficolta' oggettive e le reciproche incomprensioni e risolvere nel
modo migliore i problemi prospettati.
Formulo l'auspicio per il futuro che questo clima di comprensione
reciproca possa instaurarsi con tutti i destinatari dei miei
interventi.
Ho inoltre notato con compiacimento che e' aumentata la
disponibilita' e la sensibilita' dei responsabili delle
Amministrazione e degli enti destinatari dei miei interventi nel
corrispondere prontamente e puntualmente alle mie richieste: cio' non
significa necessariamente che l'indicazione fornita dal Difensore
civico sia stata sempre seguita, ma piuttosto che le risposte sono
state tempestive, adeguate e condivisibili.
A mio avviso tale circostanza e' indice di una cultura organizzativa
piu' aperta e di un rapporto con l'esterno piu' disponibile.
Un'ultima precisazione, del resto presente anche nelle precedenti
Relazioni, riguarda lo spirito con il quale deve essere valutata la
casistica degli interventi contenuta nel punto seguente.
Atteso che l'attivita' di difesa civica e' rivolta ad evidenziare le
situazioni di disfunzioni o inadeguatezza degli enti e delle
pubbliche Amministrazioni, e' stato giocoforza citare, nella quasi
totalita', casi di ritardi, di irregolarita' o di cattivo
funzionamento: questa circostanza, peraltro, non puo' e non deve
essere interpretata come una valutazione negativa, in linea generale,
dell'attivita' complessiva o della struttura organizzativa di
quell'ente o quella Amministrazione.
6. CASISTICA DI TALUNI INTERVENTI EFFETTUATI NEI CONFRONTI DELLE
STRUTTURE REGIONALI NONCHE' DEGLI ENTI, ISTITUTI, CONSORZI E AZIENDE
DI CUI ALL'ART. 2, COMMA 1, LETTERE B), C) E D) DELLA L.R. N. 15 DEL
1995
Ritengo utile far seguire la descrizione di alcuni interventi, che mi
appaiono significativi e rappresentativi dell'azione svolta,
effettuati nell'anno 2000 nei confronti delle strutture regionali
nonche' degli Enti, istituti, consorzi e aziende di cui all'art. 2,
comma 1, lettere b), c) e d) della L.R. n. 15 del 1995.
Regione Emilia-Romagna - Assessorato al Bilancio e Patrimonio
A seguito della morte del proprio marito, la vedova chiedeva
all'Ufficio Tributi della Regione Emilia-Romagna il rimborso della
tassa di concessione regionale versata dal defunto per ottenere il
tesserino venatorio.
L'Ufficio regionale Tributi negava il rimborso ritenendolo non
dovuto, dal momento che il tesserino era stato rilasciato il 14
agosto 1997, cioe' prima della morte dell'interessato, avvenuta il 20
dello stesso mese.
Facevo allora presente all'Ufficio che tale circostanza non
precludeva, in linea di principio, la possibilita' di rimborso.
Infatti, il rilascio del tesserino non comporta l'automatica
possibilita' di svolgere l'attivita' venatoria, che resta invece
subordinata all'apertura, fissata per legge, della caccia.
Nel caso di specie, l'interessato non aveva potuto certamente
usufruire del tesserino, essendo deceduto prima della data fissata
per l'apertura della stagione venatoria.
L'Ufficio ha riconosciuto la correttezza di questa tesi ed ha
prontamente restituito alla vedova la somma capitale a suo tempo
versata dal defunto, maggiorata degli interessi legali.
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Politiche sociali
Alcuni soggetti mi segnalavano la prassi, seguita da alcuni Comuni
della regione, di richiedere agli utenti disabili assistiti nei
presidi socio-sanitari, titolari di un reddito mensile superiore al
milione, il pagamento di una quota per vitto e trasporto. Gli stessi
ricorrenti eccepivano che, nella determinazione del reddito, veniva
incluso anche l'assegno di accompagnamento, emolumento a loro avviso
non computabile a tal fine.
Facevo allora presente ai Comuni interessati che tale assegno esula,
per sua natura, dalla nozione di reddito, e chiedevo di escluderlo
dal computo per la determinazione della situazione economica dei
soggetti.
Mi veniva replicato al riguardo che l'Amministrazione comunale si
atteneva alle indicazioni contenute nella direttiva regionale 875/93,
la quale include nel reddito degli utenti in argomento le indennita'
a qualunque titolo percepite.
Presi in esame i contenuti della citata direttiva, ritenevo
necessario verificare presso il Servizio regionale Servizi
Socio-Sanitari se esistessero i presupposti per un suo aggiornamento.
E' cosi' iniziato un carteggio con il predetto Servizio regionale,
attraverso il quale le posizioni iniziali si sono via via
sensibilmente avvicinate.
A mio avviso, infatti, la direttiva 875/93 non era piu' in linea con
la recente normativa (dettata con il DLgs 109/98, come modificato ed
integrato dal DLgs 130/00), tesa ad omogeneizzare e razionalizzare i
criteri di valutazione della situazione economica dei soggetti che
richiedono prestazioni sociali agevolate.
Anche prima dell'entrata in vigore del DLgs 109/98, peraltro, cioe'
anche prescindendo dalle modifiche introdotte dal citato
provvedimento normativo, non era legittimo fare riferimento ad una
nozione di reddito diversa da quella prevista ai fini della
tassazione IRPEF. Conseguentemente, non era, e non e', legittimo
ricomprendere nella nozione di reddito a qualsiasi fine (a meno che
non esista una previsione specifica per quel certo settore)
emolumenti diversi da quelli espressamente indicati nella relativa
normativa fiscale.
Infine, osservavo che il servizio mensa doveva essere fornito
gratuitamente ai disabili (indipendentemente, quindi, dalle loro
condizioni economiche) in applicazione di un complesso di norme (in
primis il DL 786/81, convertito nella Legge 51/82) le quali escludono
i portatori di handicap dall'obbligo di contribuire ai servizi
pubblici a domanda individuale qualora tali servizi siano finalizzati
al loro inserimento sociale.
Il Servizio regionale riconosceva che, alla luce dei principi
introdotti dal DLgs 109/98, l'indennita' di accompagnamento non
doveva piu' essere computata tra i redditi dell'assistito, pur
ritenendo inevitabile che l'Ente erogatore differenziasse la
posizione di coloro che percepiscono tale indennita' da coloro che ne
sono privi. In ogni caso, lo stesso Servizio sosteneva che
l'applicazione in concreto della normativa dettata dal DLgs 109/98
doveva essere rinviata in attesa dell'emanazione dei provvedimenti
attuativi previsti dallo stesso testo normativo.
Quanto al concorso dei disabili nella spesa per i pasti, il citato
Servizio sosteneva che la direttiva regionale 875/93 era rivolta ad
omogeneizzare i comportamenti delle Amministrazioni comunali,
fornendo indicazioni in merito alla quantificazione della quota a
carico degli utenti laddove i Comuni intendessero avvalersi della
facolta' di richiederla. Infatti, il Servizio riteneva che la
normativa dettata in proposito esonerasse le Amministrazioni comunali
dall'obbligo di richiedere un contributo ai disabili, senza tuttavia
vietarne la possibilita'.
Di fronte a queste argomentazioni, antitetiche rispetto a quelle da
me espresse, e non potendo rinunziare al mio intervento stante la
delicatezza e l'importanza della questione, la cui definizione non
appariva ulteriormente procrastinabile, ancora una volta ho invitato
il Servizio regionale a prospettare all'organo competente la
necessita' di una modifica della direttiva regionale.
Ho anche fatto presente il mio preciso intendimento, se cio' non
fosse avvenuto sollecitamente, di attivarmi direttamente presso gli
Enti locali della regione, fornendo loro le indicazioni necessarie,
lasciando quindi alla loro discrezionalita' e responsabilita' le
determinazioni di competenza. Sarebbe stata inoltre mia cura fornire
le stesse precisazioni alle associazioni di categoria dei disabili ed
ai soggetti che a suo tempo avevano richiesto il mio intervento.
A questo riguardo il Servizio mi ha dato assicurazione che e' in
corso di predisposizione un provvedimento di generale
riconsiderazione della modalita' di accesso e di compartecipazione al
costo dei servizi socio-sanitari e assistenziali rivolti ai disabili,
anche alla luce dei contenuti della Legge quadro sull'assistenza
328/00.
Nel comunicare l'apprezzamento per questa iniziativa, ho manifestato
la mia disponibilita' a fornire ogni utile contributo in sede di
elaborazione delle nuove direttive.
Regione Emilia-Romagna - Assessorato Programmazione e Pianificazione
urbanistica
Si tratta di un intervento posto in essere d'ufficio, a seguito della
necessita' di acquisire dalla Regione Emilia-Romagna un autorevole
parere in ordine alla divergenza di interpretazione che si era
evidenziata tra la scrivente e l'Istituto autonomo per le case
popolari della Provincia di Bologna.
La divergenza si ricollegava ad un intervento illustrato nella mia
Relazione per l'anno 1998, e riguardava la determinazione
dell'Istituto di accollare agli assegnatari di alloggi di edilizia
residenziale pubblica le spese di trasloco anche nell'ipotesi che il
trasloco fosse stato determinato dall'esigenza dell'Istituto di
ristrutturare il relativo immobile.
A mio avviso, tali spese, conseguenti ad esclusive necessita'
dell'Ente, dovevano gravare su quest'ultimo, in mancanza di una norma
che legittimasse l'accollo agli assegnatari e in applicazione del
principio generale di cui all'art. 2043 del Codice civile.
Nella Relazione per l'anno 1998 avevo evidenziato l'intendimento
dell'Istituto di formulare al riguardo uno specifico quesito alla
Regione Emilia-Romagna, in relazione alla funzione normativa e di
indirizzo di competenza di quest'ultima in materia.
Nel corso dell'anno 1999, avuta copia del quesito, avevo ritenuto
necessario scrivere al Servizio regionale Qualita' edilizia
integrando con alcune mie considerazioni la prospettazione data
dall'Istituto.
Dopo alcuni mesi, avendo sollecitato l'Istituto per avere notizie al
riguardo, apprendevo che il predetto Servizio aveva risposto al
quesito (senza peraltro inviare anche a me copia della risposta),
avallando in sostanza l'orientamento seguito dall'Istituto stesso.
Tale risposta, peraltro, nella sua genericita' non mi sembrava
esaustiva.
Ritenevo allora indispensabile una valutazione in proposito della
Direzione generale Programmazione e Pianificazione urbanistica, e in
tal senso scrivevo al Direttore generale.
Il Direttore generale ha prontamente ed esaurientemente risposto,
evidenziando in quali casi l'ente gestore deve farsi carico degli
oneri per il trasloco e in quali, potendosi ravvisare anche un
interesse dell'assegnatario al cambio di alloggio, quest'ultimo deve
farsi carico delle relative spese.
La vicenda si e' praticamente conclusa con l'assicurazione dello
stesso Direttore generale di aver proposto l'inserimento - nel
progetto di legge regionale in materia di edilizia residenziale
pubblica e riforma degli IACP - di disposizioni in ordine al rimborso
agli assegnatari delle spese di trasloco sostenute in occasione delle
ristrutturazioni, con onere da imputarsi ai costi degli interventi
edilizi.
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Programmazione e
Pianificazione urbanistica
Alcuni acquirenti di alloggi realizzati con il contributo in conto
capitale concesso dalla Regione Emilia-Romagna, lamentavano che
l'impresa costruttrice aveva loro accreditato un contributo di
importo inferiore a quello spettante.
Al riguardo occorre precisare che le disposizioni in materia
prevedono che i contributi in argomento vengano concessi ai soggetti
operatori, i quali sono tenuti a trasferirli integralmente ai
destinatari finali degli alloggi.
Gli acquirenti avevano quindi richiesto l'intervento della Regione
Emilia-Romagna, ma quest'ultima, nonostante le numerose
sollecitazioni, non aveva ottenuto alcuna spiegazione al riguardo da
parte del costruttore.
Gli interessati avevano anche avviato procedure civili e penali nei
confronti del costruttore, con esito prevedibilmente lontano nel
tempo.
Infine, gli stessi si sono rivolti, come "extrema ratio", al
Difensore civico.
Il mio intervento e' stato diretto prioritariamente a conoscere quali
iniziative l'Amministrazione regionale intendesse porre in essere al
fine di verificare la corretta utilizzazione dei contributi,
trattandosi di denaro pubblico sulla corretta destinazione del quale
sussistevano posizioni divergenti.
Il Servizio regionale Programmi edilizi mi precisava allora di aver
fornito con sollecitudine agli interessati tutte le spiegazioni
utili; faceva inoltre presente che, in ogni caso, l'unico
provvedimento ipotizzabile a carico del costruttore, cioe' un
eventuale provvedimento di decadenza dal contributo, avrebbe potuto
solo danneggiare ulteriormente i soggetti beneficiari, in tal modo
privati della quota di contributo loro riconosciuta.
D'altro canto, dalle verifiche amministrative effettuate non erano
emerse anomalie nello svolgimento delle procedure di legge per la
concessione dei contributi: infatti, dalla documentazione
regolarmente inoltrata dall'impresa, in particolare dagli atti
notarili integrativi stipulati successivamente alla liquidazione del
contributo regionale, non risultavano irregolarita'.
L'Amministrazione si dichiarava comunque disponibile, se chiamata nel
giudizio instaurato dagli acquirenti a carico del costruttore, a
fornire tutte le delucidazioni atte a definire la controversia.
Esprimevo allora il mio convincimento che fosse preciso obbligo
dell'Amministrazione accertare inequivocabilmente la corretta
utilizzazione dei contributi, valutando inoltre le possibili azioni
giudiziarie al riguardo, in quanto la vertenza coinvolgeva il
corretto utilizzo di denaro pubblico.
A mio avviso infatti, contrariamente a quanto sostenuto finora dal
Servizio regionale, la documentazione agli atti dell'Amministrazione
regionale non era idonea a comprovare l'integrale trasferimento dei
contributi agli aventi diritto. Anche la strada della revoca del
contributo, d'altro canto, non appariva adeguata ed efficace ai fini
della verifica della corretta utilizzazione dei contributi in parola,
risolvendosi solamente in un danno per i privati incolpevoli.
La pratica e' stata ampiamente dibattuta anche in un incontro con il
Responsabile del Servizio regionale Programmi edilizi ed un legale
del Servizio Affari legislativi e legali, senza peraltro pervenire ad
individuare una soluzione soddisfacente.
Nei giorni scorsi la vicenda si e' conclusa, almeno per quanto
concerne il mio intervento: infatti, l'impresa si e' incontrata con
alcuni dirigenti regionali ed ha fornito la propria ricostruzione
della vicenda.
A suo dire, le somme stornate dal contributo regionale
corrisponderebbero agli importi dovuti dagli acquirenti per lavori e
forniture extra capitolato.
Non vi e' pertanto alcun elemento per ritenere che l'Amministrazione
regionale debba adottare alcuna iniziativa, dal momento che si tratta
di controversie private, relative ai rapporti interni intercorsi tra
impresa ed acquirenti, rimesse alla valutazione del giudice.
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Cultura e Turismo
Una societa' proprietaria di un albergo-ristorante-pizzeria lamentava
l'interruzione dei contributi su un mutuo, concessi per interventi
sull'immobile ai sensi delle Leggi regionali 19/78 e 38/84.
L'interruzione era avvenuta a seguito del fallimento dell'originaria
societa' e del trasferimento del complesso, con le relative ragioni
di credito, all'attuale istante.
Il Servizio regionale Turismo e Qualita' aree turistiche aveva
motivato il rifiuto di corrispondere il residuo contributo con la
circostanza che la compravendita aveva avuto come oggetto l'immobile
e non l'azienda; a suo avviso, destinatario del beneficio restava
quindi l'originario proprietario e non l'attuale. Il citato Servizio
riteneva inoltre che con la compravendita fosse stato ceduto anche il
contributo regionale, anche se di cio' non vi era menzione dell'atto;
in ogni caso, l'eventuale cessione era comunque nulla e non vincolava
l'Amministrazione regionale in quanto non preventivamente
autorizzata.
Il mio intervento si e' fondato su di una motivazione giuridica, che
cioe' il contributo era accompagnato da un vincolo di destinazione
d'uso dell'immobile per dieci anni, e cio' faceva ritenere che il
contributo stesso fosse destinato non tanto a favorire lo sviluppo di
quella certa azienda quanto piuttosto al mantenimento e allo sviluppo
dell'offerta turistica nell'interesse generale dell'economia
regionale.
Esso ineriva, pertanto, all'impianto, e non all'impresa.
Non era chiaro, d'altro canto, in base a quale norma di legge
l'Amministrazione avesse disposto la sospensione del contributo, dato
che nella normativa regionale in materia non si riscontravano ne'
ipotesi di sospensione del contributo, ne' tantomeno conseguenze
negative in caso di vendita dell'immobile, sempre che beninteso fosse
rispettato il vincolo di destinazione.
Ne', d'altro canto, si rinveniva nella stessa normativa alcuna
previsione di sanzioni o decadenza derivanti dalla mancata
comunicazione all'Amministrazione dell'eventuale passaggio di
proprieta' dell'immobile in parola.
In conclusione, ho ritenuto di poter argomentare che per la
concessione del contributo e, di conseguenza, anche per la cessione
dello stesso, non dovessero essere tenute in considerazioni
particolari qualita' soggettive del richiedente, cosi' da qualificare
il contributo medesimo come concesso ad personam.
La pratica si e' conclusa dopo alcuni mesi e svariati solleciti: il
Servizio regionale ha reiterato le proprie posizioni, senza peraltro
confutare in alcun modo le argomentazioni da me sviluppate, ma
ribadendo le considerazioni svolte a suo tempo nella risposta
all'esponente.
Premesso che la questione coinvolge una diversa interpretazione delle
norme regionali in materia, e non compete alla scrivente valutare la
bonta' della stessa, ritengo necessario una osservazione in ordine al
metodo seguito dal Servizio regionale. Quello che a mio avviso appare
censurabile non e' la conclusione alla quale lo stesso e' giunto
(come dicevo sopra, entrambe le interpretazioni sembrano ugualmente
praticabili), quanto piuttosto il ritardo nel fornire le proprie
risposte e l'inadeguatezza della modalita' seguita, vale a dire
l'invio di una risposta che concretava la mera ripetizione di
argomenti gia' trattati, a fronte di nuove e diverse argomentazioni
prospettate.
E cio', sia ben chiaro, a prescindere dalla circostanza che le
argomentazioni suddette provenissero dal Difensore civico o da
chicchessia.
Sottolineo inoltre la prassi, utilizzata in questo caso dal predetto
Servizio, ma seguita da altri Servizi regionali, di richiedere un
parere al Servizio regionale Affari legislativi.
Poiche' il Servizio Affari legislativi, oberato da molteplici
adempimenti, non puo' spesso corrispondere alla richiesta con
sollecitudine ma solamente dopo svariati mesi, questo ulteriore
passaggio, al quale in alcuni casi si ricorre anche per questioni
semplici, rallenta indebitamente la definizione del procedimento.
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna
Il proprietario di un appartamento chiedeva al Dipartimento di
Prevenzione dell'Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di
Bologna un sopralluogo per verificare l'impianto di erogazione del
gas in un altro appartamento dello stesso stabile, ritenendolo
obsoleto e pericoloso per l'intero condominio.
Non ottenendo riscontro nonostante i numerosi solleciti,
l'interessato ricorreva al Difensore civico, il quale segnalava la
situazione alla Azienda.
Nel giro di 4 giorni dal ricevimento della richiesta, l'Azienda
effettuava il sopralluogo rilevando anomalie e carenze che, peraltro,
a suo avviso, non comportavano pericoli per i condomini ma solamente
per coloro che abitavano nello stesso appartamento.
Non era dello stesso avviso il Settore Salute e Qualita' della vita
del Comune di Bologna il quale, dando atto della sussistenza di un
grave rischio per la sicurezza degli occupanti lo stabile, emetteva
un'ordinanza sindacale a carico del proprietario al fine di garantire
le necessarie condizioni di sicurezza.
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna
Una signora mi segnalava che fin dal 1998 aveva inutilmente
sollecitato l'Azienda affinche' prevedesse, tra le altre modalita' di
consegna dei referti di analisi, anche quella dell'invio per posta,
qualora i pazienti lo richiedessero.
Si trattava, del resto, di una procedura gia' in uso presso altri
Distretti sanitari.
E' allora intercorsa una nutrita corrispondenza tra il mio ufficio e
l'Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna, per
tentare di risolvere un problema che, a mio avviso, non presentava
particolari controindicazioni e che, al contrario, poteva essere
sommamente utile per gli utenti abitanti fuori citta' o
impossibilitati a presentarsi allo sportello negli orari fissati.
Finalmente, nel gennaio 2001, a distanza di circa un anno dal mio
primo intervento, l'Azienda mi ha comunicato l'attivazione di una
fase sperimentale di invio a domicilio di tutta la documentazione
sanitaria richiesta.
Dapprima questa modalita' verra' applicata solamente presso il
Presidio Ospedaliero Bellaria-Maggiore, ma successivamente verra'
estesa a tutta la citta' metropolitana.
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna - Distretto
Savena - Santo Stefano
Sono intervenuta in una gravissima situazione familiare, in aiuto di
una signora che non riusciva piu' a gestire adeguatamente in ambito
familiare la convivenza con il proprio figlio, affetto da
"schizofrenia".
La signora, separata, aveva assoluta necessita' di mantenere il
proprio posto di lavoro, dovendo provvedere al mantenimento della
famiglia, ed inoltre doveva assistere i genitori molto anziani e
provvedere ad un'altra figlia minore.
Era quindi estremamente problematico per lei far fronte a tutte le
necessita' del ragazzo, ventenne e dotato di una forza notevole, il
quale non accettava di alzarsi, vestirsi, frequentare il centro
diurno ne', d'altra parte, poteva essere lasciato solo in casa per la
sua totale mancanza di padronanza di se'.
La signora aveva quindi chiesto con insistenza l'inserimento in una
struttura a carattere residenziale del figlio, sia in funzione delle
esigenze di quest'ultimo, bisognoso di socializzare con i propri
coetanei, sia per la serenita' dell'altra figlia e sia anche per
superare la propria quotidiana stanchezza fisica e mentale.
Il Distretto Savena - Santo Stefano, che gia' da tempo seguiva
attentamente la situazione complessiva della famiglia, con il
supporto domiciliare di un educatore per alcune ore del giorno e
un'attivita' continuativa di terapia psichiatrica al ragazzo, oltre
ad un supporto psicologico alla madre, tardava a fornire una risposta
definitiva in quanto la possibilita' di inserimento in una struttura
residenziale era limitata a soggetti fortemente compromessi sul piano
dell'autonomia e con risorse familiari giudicate molto critiche.
Pur comprendendo l'ottica nella quale la citata Struttura era tenuta
ad operare, insistevo fortemente sulla necessita' di inserire il
ragazzo in una struttura residenziale, anche per toglierlo da un
ambiente familiare che non offriva piu' le condizioni indispensabili
per una serena convivenza, oltre che per salvaguardare la situazione
emotiva e psicologica dell'altra figlia minore.
Il Direttore del Distretto in questi giorni ha riconsiderato la mia
richiesta, disponendo l'inserimento del ragazzo in lista d'attesa per
una struttura ad hoc.
Anche se questa non e' ancora la soluzione definitiva, per la
famiglia si tratta di un passaggio molto importante, che le
consentira' entro tempi ragionevoli di ritrovare una nuova serenita',
anche nella consapevolezza che l'inserimento produrra' effetti
benefici sul comportamento e sulla psiche del ragazzo.
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna - Servizio di
Medicina Legale
Un invalido al 70% con gravissima riduzione della capacita' di
deambulare aveva chiesto il rilascio del "contrassegno invalidi",
indispensabile per poter proseguire nella sua attivita' lavorativa.
Gli accertamenti medici necessari per verificare la sussistenza dei
presupposti avevano dato esito negativo, nonostante l'interessato
fosse munito della certificazione di tre specialisti del settore
operanti in strutture ospedaliere della regione.
Sono intervenuta in questa vicenda non per porre in discussione la
discrezionalita' tecnica che compete alla Commissione medica, quanto
piuttosto per sottolineare l'evidente incompatibilita' delle
diagnosi, atteso che tutta la certificazione medica posseduta
dall'interessato accertava un quadro clinico piuttosto complesso ed
irreversibile, del quale non era forse agevole prendere conoscenza in
una visita occasionale.
Mentre ancora attendevo una risposta alla mia lettera, si presentava
nel mio ufficio la figlia di una signora centenaria e invalida al
100%, alla quale ugualmente era stato negato lo stesso "contrassegno
invalidi".
Poiche' le modalita' con le quali si era svolta la visita della
signora erano le stesse lamentate dall'invalido di cui sopra, ho
diffusamente rappresentato all'Azienda Unita' sanitaria locale della
Citta' di Bologna che, secondo quanto riferitomi autonomamente da ben
due soggetti, la Commissione medica non aveva adottato procedure di
verifica complete e adeguate. Infatti la stessa, contrariamente a
quanto certificato nel proprio parere, non aveva preso in esame la
documentazione esibita dagli interessati, adducendo motivi di
rispetto della privacy; inoltre, l'unico accertamento compiuto era
consistito nel far camminare i pazienti per i pochi metri esistenti
tra la scrivania del medico e la porta dell'ambulatorio.
Da ultimo segnalavo l'irregolarita' contenuta nel modello con il
quale veniva espresso il parere circa la sussistenza, o meno, dei
requisiti per il rilascio del contrassegno. La dizione generica
contenuta in tale documento, infatti ("Avverso tale parere, ai sensi
della vigente normativa puo' essere inoltrato ricorso, entro 60
giorni dalla notifica, presso le sedi opportune"), costituiva
violazione dell'obbligo di indicare l'autorita' cui e' possibile
proporre ricorso, come prescritto dall'art. 3 della Legge n. 241 del
1990.
Successivamente ho appreso che, dopo alcuni giorni dalla mia
segnalazione, l'invalido e' stato sottoposto a nuova visita
medico-legale ed ha ottenuto il contrassegno, cosi' come la signora
centenaria.
Questo esito positivo mi e' sembrato tanto piu' significativo in
quanto non era in discussione solamente l'ottenimento di quel certo
beneficio quanto piuttosto le modalita' operative seguite da una
struttura pubblica nei confronti di una categoria di soggetti
particolarmente deboli.
Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico Ospedaliero
Sant'Orsola-Malpighi
A seguito di un intervento chirurgico, un paziente aveva avuto
necessita' di esami e controlli clinici.
Secondo quanto riferito dall'interessato, al termine della prima
visita di controllo gli era stato consegnato un foglio con
l'indicazione di un numero di telefono al quale richiedere
l'ulteriore appuntamento, senza doversi recare al CUP.
Dopo essersi munito dell'impegnativa, l'interessato si era recato
alla visita e al termine di essa aveva appreso, con sua grande
sorpresa, che si trattava di una visita a pagamento, trattandosi di
prestazione in regime libero professionale.
Vani erano i suoi tentativi di chiarire l'equivoco e di ottenere il
rimborso di quanto versato.
L'Ufficio Pubbliche relazioni dell'Azienda Unita' sanitaria locale
sosteneva infatti che, sia all'atto della prenotazione che all'atto
della visita, il paziente era stato pienamente edotto della
circostanza che, per poter avere la certezza di essere visitato da
quel certo professionista, egli doveva optare per la visita in regime
libero professionale.
Sta di fatto che, di fronte alle divergenti ricostruzioni dei fatti,
risultava un unico elemento oggettivo, cioe' che in quella
circostanza era stato utilizzato il modulo solitamente usato per le
visite presso gli ambulatori divisionali, e non quello per le
prestazioni libero professionali, e cio' appariva idoneo ad
ingenerare nel paziente il convincimento della gratuita' della
prestazione.
Peraltro, atteso che entrambe le parti permanevano nelle rispettive
posizioni, entrambe plausibili, non ho potuto fare altro che chiudere
il procedimento senza alcun risultato apprezzabile.
Azienda Unita' sanitaria locale di Imola (Bologna)
Venivo a conoscenza che presso il Presidio Ospedaliero di Imola -
Servizio di Radiologia, era prassi allegare alla consegna dei referti
radiologici un modello informativo sull'esecuzione di indagini
radiologiche in regime di libera professione, completo dei recapiti
telefonici di riferimento.
Tale circostanza, da un lato appariva idonea ad ingenerare una certa
confusione nei cittadini che, avendo gia' eseguito l'esame
radiologico, non ne comprendevano la funzione, dall'altro determinava
perplessita' anche fra il personale medico che aveva optato per
l'esercizio della professione intra muraria.
Alla mia richiesta di conoscere le motivazioni di questa scelta
organizzativa, l'Azienda ha risposto che la distribuzione del
depliant in argomento e' stata di recente soppressa per ragioni di
opportunita', tenuto conto che si verificava una non chiara
comprensione dell'informazione da parte degli utenti.
Azienda Unita' sanitaria locale di Ferrara
Ho ricevuto dal Tribunale per i diritti del malato di Ferrara la
segnalazione di un episodio occorso ad un cittadino che,
nell'esecuzione di indagini di laboratorio, per un disguido
dell'addetto era stato sottoposto a tre diversi prelievi di sangue in
giorni diversi.
Cio' aveva determinato un comprensibile disagio all'interessato e la
necessita' di assentarsi ripetutamente dalla propria attivita'
artigianale, con inevitabile danno per la stessa.
In risposta alla mia richiesta di notizie sia sull'episodio che
sull'eventualita' di riconoscere all'interessato il ristoro per i
danni subiti, l'Azienda Unita' sanitaria locale di Ferrara ha
espresso le proprie scuse per l'incidente occorso ed ha prospettato
la possibilita' di corrispondere un risarcimento per l'inabilita'
temporanea e per il danno morale subiti dal cittadino.
Opera Pia dei Poveri Vergognosi di Bologna
Gli inquilini di uno stabile di proprieta' dell'Opera Pia dei Poveri
Vergognosi mi hanno segnalato che, con intuibile loro angoscia e
disagio, avevano ricevuto dall'Ente una formale disdetta dai
rispettivi contratti di locazione.
Chiedevo allora all'Opera Pia di conoscere i motivi di tale disdetta,
la futura destinazione che l'ente intendeva dare agli alloggi, e,
infine, le possibili soluzioni per la sistemazione alloggiativa degli
interessati, tutte persone molto anziane che desideravano restare
vicini in quanto si aiutavano reciprocamente nelle rispettive
necessita'.
L'Opera mi faceva allora presente che la disdetta era finalizzata a
conseguire un reddito superiore dall'immobile, ma che non era
assolutamente sua intenzione creare difficolta' di sorta agli attuali
conduttori. Essa aveva quindi assicurato agli interessati la ricerca
di una soluzione idonea, che poteva essere il trasferimento presso
una nuova struttura o presso una casa protetta, o anche una diversa
soluzione abitativa presso un altro immobile di proprieta' dell'Ente.
A questo punto dovevo prendere atto che non esisteva un obbligo
positivo dell'Opera Pia di mantenere in essere quelli che si
configuravano puri e semplici contratti di locazione.
Mi sembrava peraltro opportuno ed utile che l'Ente - che, quale
Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza non puo' perseguire
fini di lucro - prima di adottare la determinazione di disdetta dai
contratti di locazione, avesse definito l'assegnazione agli
interessati di un adeguato alloggio, a canone compatibile con quello
attualmente corrisposto e con la loro situazione reddituale.
Al riguardo richiamavo comunque i disagi, anche traumatici, che
subiscono le persone anziane allorche' sono sottoposte a
trasferimenti di residenza non desiderati, ma anzi fieramente
avversati.
Sulla vicenda nel frattempo si riscontrava un intervento
dell'Assessore ai Servizi sociali del Comune di Bologna, il quale
chiedeva all'Opera Pia di mantenere gli anziani nell'attuale
situazione di locatari, senza procedere a trasferimenti se non su
richiesta degli interessati e senza procedere ad aumenti del canone
di locazione, in considerazione delle precarie condizioni economiche
nelle quali gli stessi si trovavano.
A questo punto l'Opera Pia prendeva atto della situazione e, dando
prova di grande sensibilita', assicurava che, non essendo stata fin
dall'inizio sua intenzione di forzare le cose, stante la propria
funzione assistenziale nei confronti degli anziani, aveva deciso di
soprassedere allo sfratto per giungere ad un nuovo contratto con gli
attuali inquilini a canone concordato, ai sensi della Legge n. 431
del 1998.
Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di Bologna
Alcuni studenti universitari mi hanno chiesto di intervenire nei
confronti dell'Azienda regionale per il diritto allo studio
universitario di Bologna, in relazione al ritardo con il quale erano
loro pervenute le comunicazioni dell'esclusione dalla graduatoria
provvisoria per le borse di studio per l'anno accademico 2000-2001.
Infatti, nonostante tutte le comunicazioni recassero la data del
31/10/2000, alcune di esse erano pervenute a ridosso della scadenza
del 20 novembre 2000, termine previsto per ricorrere; addirittura in
un caso la comunicazione era pervenuta all'interessato il 30/11/2000,
cioe' dopo dieci giorni dalla scadenza del termine stesso.
Esaminata la disciplina contenuta nel bando di concorso, rilevavo che
l'art. 10 dello stesso, relativo all'ammissione alle borse di studio
in oggetto, prevedeva:
- che, avverso la graduatoria provvisoria, era possibile presentare
ricorso improrogabilmente entro 20 giorni dalla pubblicazione della
stessa;
- che la data indicativa di pubblicazione della graduatoria
provvisoria era il 30 ottobre 2000, ma questa data poteva subire
variazioni dipendenti dal numero di domande presentate.
Richiedevo allora all'Azienda di formulare le proprie considerazioni
in ordine alle rimostranze a me pervenute.
L'ARSTUD cosi' replicava: ...
"Il bando di concorso per l'anno accademico 2000/2001, all'art. 10
delle Norme generali, prevede espressamente che il termine per la
presentazione dei ricorsi decorra dalla data di pubblicazione delle
graduatorie. Il bando riportava altresi' la data di pubblicazione
che, nel caso delle graduatorie per borse di studio era fissato per
il giorno 30 ottobre 2000.
L'Azienda ha effettivamente pubblicato le graduatorie il 30 ottobre,
quindi da quella data gli studenti potevano prenderne visione.
Inoltre per facilitare la conoscenza, le graduatorie sono state
pubblicate anche sul nostro sito Internet.
La comunicazione personalizzata di cui si lamenta il ritardo di
spedizione e' un'ulteriore forma di informazione che l'Azienda adotta
soprattutto nei confronti della famiglia degli studenti, ma non
costituisce, come sopra richiamato, il termine a quo per la
presentazione dei ricorsi.
Ritengo, dunque, che le norme del bando e le modalita' operative
adottate per la loro applicazione siano perfettamente coerenti con la
normativa in materia di informazione sui provvedimenti amministrativi
che riguardino un alto numero di destinatari, espressamente
contemplati dalla Legge 241/90, e che non si possa ravvisare
irregolarita' nel procedimento che abbiano pregiudicato il diritto a
presentare ricorso.".
Rispondevo allora all'Azienda cosi' puntualizzando i termini della
questione:
"... In realta', il bando di concorso relativo alle borse di studio
in oggetto prevedeva all'art. 10, sub 3) che Le date indicative di
pubblicazione delle graduatorie provvisorie sono le seguenti, ma
potranno subire variazioni dipendenti dal numero di domande
presentate ... borse di studio: 30 ottobre 2000.
Cio' significa che le date erano puramente indicative, come del resto
espressamente previsto e che, quindi, gli interessati non potevano
fare affidamento ne' su di esse ne' sul termine per i reclami, che
era condizionato dalle stesse.
D'altra parte, non vi era nessuna indicazione nel bando che gli
interessati dovessero farsi parte diligente per conoscere la data
effettiva di pubblicazione della graduatoria provvisoria, a parte
l'ovvia considerazione che un obbligo di questo genere risulterebbe
particolarmente gravoso per studenti provenienti da tutte le parti
d'Italia.
E' poi estremamente lodevole che codesta Azienda abbia ritenuto di
pubblicare le suddette graduatorie su apposito sito Internet, ma cio'
non era ne' previsto ne' indicato nel bando di concorso, ragion per
cui gli interessati non potevano saperlo. Una comunicazione generica
di questo tipo, inoltre, non puo' tener luogo di comunicazioni
dirette se non previsto in questo senso.
Osservo inoltre che non tutti gli studenti, specie quelli di piu'
modesta condizione economia che aspirano a borse di studio, sono
collegati con Internet.
D'altra parte, non sembra ragionevole che codesta Azienda provvedesse
a costose comunicazioni individuali tramite lettera raccomandata se
questo adempimento non fosse stato necessario, come appunto era.
Percio' il comportamento concludente tenuto da codesta Azienda
nell'inviare le comunicazioni individuali ben si presta ad essere
interpretato come consapevolezza di quest'obbligo.
In questo modo si e' peraltro realizzata in via di fatto, anche se
certo involontariamente, una situazione di disparita' di trattamento
non ragionevole ne' giustificabile tra i diversi soggetti
destinatari, alcuni dei quali hanno ricevuto la comunicazione in
tempo utile, e sono quindi stati posti in condizioni di presentare
ricorso, se lo ritenevano.
Al contrario, non sono stati posti in grado di tutelare i propri
eventuali diritti coloro che la hanno ricevuta dopo il 20 novembre,
termine improrogabilmente fissato per presentare il ricorso (ad
esempio la signorina (omissis) ha ricevuto la comunicazione il 30
novembre), o con termini troppo ridotti (ad esempio il signor
(omissis) ha ricevuto la comunicazione l'11 novembre).
Tanto precisato, mi permetto di suggerire, nell'ambito di quello
spirito di collaborazione che e' sempre stato alla base dei miei
interventi, che i prossimi bandi di concorso prevedano puntualmente,
nell'interesse degli studenti destinatari ma anche di codesta
Azienda, tutte le forme e le modalita' di pubblicizzazione e
comunicazione delle graduatorie.".
La risposta fornita dall'Azienda e' stata del seguente tenore:
"... Le precisiamo che la data di pubblicazione delle graduatorie
provvisorie riportata nel bando di concorso e' sempre stata
rispettata dall'Azienda e gli studenti ne sono edotti perfettamente,
come dimostra il fatto che nei giorni di pubblicazione si verifica un
enorme afflusso agli sportelli e continui contatti telefonici. Anche
il numero di ricorsi presentati dimostra che gli studenti respinti
hanno avuto modo di conoscere l'esito delle graduatorie provvisorie e
di presentare eventuale ricorso entro i termini previsti dal bando.
Non crediamo che sia per gli studenti un onere particolarmente
gravoso verificare l'avvenuta pubblicazione delle graduatorie, in
quanto per tale informazione non e' neppure necessario recarsi presso
i nostri sportelli, ma e' sufficiente un semplice contatto
telefonico. Le graduatorie vengono poi pubblicate ad anno accademico
pienamente avviato, quando, cioe', la permanenza presso la sede del
corso universitario e' normale anche per gli studenti fuori sede.
Gli studenti sanno che l'Azienda utilizza anche Internet e non solo
come canale informativo, tant'e' che e' possibile anche presentare
domanda di benefici tramite questo strumento. Precisiamo comunque al
riguardo che, se e' vero che nel bando di concorso non viene
annoverato il sito Internet tra le forme di pubblicizzazione delle
graduatorie, non vengono neppure citate le comunicazioni personali e
quindi e' chiaro che la decorrenza dei termini per presentare ricorso
e' esclusivamente quella dell'affissione. E' sufficiente quindi una
"normale diligenza" per ottemperare alle disposizioni previste.
Venendo poi ai casi citati degli studenti (omissis), trattasi di due
situazioni completamente diverse.
Infatti, nel caso della studentessa (omissis) la domanda e' respinta
perche' incompleta del dato relativo al patrimonio mobiliare,
essenziale per la valutazione della condizione economica familiare.
Pertanto, anche qualora avesse presentato ricorso, sarebbe stata
comunque respinta, in quanto il bando prevede che non sono ammesse
integrazioni successive alla scadenza di presentazione della domanda.
Proprio alla luce di questa considerazione le lettere per gli
studenti che avevano presentato domanda incompleta sono state spedite
piu' tardi rispetto a quelle degli altri respinti. Infatti, un
eventuale ricorso ad integrazione del dato inizialmente omesso
sarebbe stato sicuramente respinto.
Per quanto poi riguarda (omissis), respinto in quanto il nucleo
familiare possiede un patrimonio complessivo, mobiliare e
immobiliare, superiore alla soglia prevista dal bando, riteniamo che
avendo ricevuto la raccomandata in data 11 novembre avrebbe potuto
tranquillamente presentare ricorso entro il termine del 20 novembre,
anche in considerazione del fatto che lo studente risiede a San
Lazzaro di Savena e quindi non si puo' ritenere che sarebbe stato per
lui particolarmente gravoso presentare ricorso personalmente agli
sportelli rispettando i termini previsti.".
La vicenda, che per la sua rilevanza di carattere generale ho
riportato diffusamente, non ha avuto seguito in quanto dalla risposta
fornitami dall'Azienda non ho riscontrato margini per un ulteriore
confronto.
Il mio auspicio in ogni caso e' che, nel bando di concorso relativo
alle provvidenze erogate per il prossimo anno accademico, l'Azienda
preveda puntualmente tutte le forme e le modalita' di
pubblicizzazione e comunicazione delle graduatorie e, qualora ritenga
di fissare una data prestabilita dalla quale far decorrere i termini
per proporre ricorso avverso la graduatoria provvisoria, tale data
sia fissata nel bando stesso non in via indicativa ma in maniera
precisa ed inequivocabile.
Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Bologna
Una cittadina ha chiesto l'intervento del Difensore civico nei
confronti dell'Istituto autonomo case popolari di Bologna affinche'
quest'ultimo provvedesse all'esecuzione degli interventi necessari
per la raccolta dell'acqua piovana proveniente da un immobile di
proprieta' dell'Istituto, confinante con il proprio.
Infatti, a causa della mancanza di un adeguato sistema di raccolta,
le acque piovane provenienti dall'edificio dello IACP defluivano
nell'adiacente terreno di sua proprieta', cagionando pericolose
infiltrazioni nella struttura del fabbricato sovrastante.
I predetti lavori erano stati richiesti, ma inutilmente, fin dal
1998.
Alla sollecitazione proveniente da questo ufficio l'Istituto ha
risposto con la massima tempestivita', assicurando di essersi gia'
attivato per la realizzazione dei pozzetti di raccolta delle acque
piovane.
Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale
Dopo aver venduto la propria abitazione nel 1992, due coniugi avevano
comunicato al Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale
l'avvenuta cessione dell'immobile, allegando i documenti occorrenti
per le opportune variazioni.
Ciononostante, puntualmente tutti gli anni i signori ricevevano
l'avviso di pagamento e tutti gli anni erano costretti a recarsi
presso gli uffici del Consorzio per fare presente la propria
estraneita' al tributo.
Nel settembre 2000 veniva loro notificato l'ennesimo avviso di
pagamento del tributo, con relativa mora.
A questo punto gli interessati, disperati, hanno richiesto il mio
intervento.
Desidero sottolineare con soddisfazione che il Consorzio ha
riconosciuto prontamente l'errore nel quale era incorso, ed ha
provveduto al rimborso agli interessati.
Spiace solo dover constatare che la conclusione positiva di una
pratica assolutamente banale e' intervenuta solamente dopo
l'intervento di questo ufficio.
7. CASISTICA DI ALCUNI DEGLI INTERVENTI PIU' SIGNITIFICATIVI SVOLTI
NEI CONFRONTI DELLE AMMINISTRAZIONI PERIFERICHE DELLO STATO AI SENSI
DELL'ART. 16 DELLA LEGGE 15 MAGGIO 1997, N. 127
Ministero dell'Interno - Prefettura di Ferrara
E' stato richiesto il mio intervento nei confronti dell'Ufficio
Invalidi della Prefettura di Ferrara, il quale aveva revocato la
pensione e l'indennita' di accompagnamento quale cieca assoluta ad
una signora per accertata insussistenza dei requisiti sanitari.
L'invalida peraltro, senza altri mezzi di sostentamento e in eta'
avanzata, chiedeva il mio intervento perche' venisse accelerato per
quanto possibile il procedimento di concessione della pensione
ridotta, a lei spettante in quanto il suo residuo visivo non era
superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale
correzione.
Sono allora intercorse tra questo ufficio e l'Ufficio Invalidi della
Prefettura numerose telefonate, dapprima per verificare la
sussistenza dei presupposti di legge per la concessione della
provvidenza, e successivamente per accelerare quanto possibile i
tempi.
L'Ufficio Invalidi ha definito con la massima celerita' l'importo
delle spettanze, consentendone il pagamento nel giro di qualche
settimana.
Ministero dell'Interno - Questura di Bologna
L'Ufficio Relazioni con il pubblico del Comune di Imola mi chiedeva
di conoscere l'orientamento della Questura di Bologna circa i
requisiti necessari per l'ottenimento della carta di soggiorno da
parte del coniuge o dei figli minori che si erano ricongiunti al
capofamiglia extra-comunitario gia' titolare di carta.
Risultava infatti che alcune Questure della regione concedono
automaticamente la carta agli stranieri che si ricongiungono con un
altro straniero gia' in possesso, della stessa, mentre altre esigono
il requisito di cinque anni di residenza nel territorio nazionale.
E' da sottolineare al riguardo che il possesso di questa carta
comporta il riconoscimento di alcuni rilevanti benefici, quale
l'assegno di maternita' per ogni figlio nato successivamente all'1
luglio 2000.
Ho pertanto prospettato alla Questura di Bologna il problema che, a
mio avviso, doveva essere risolto riconoscendo al coniuge o ai figli
minori conviventi la concessione immediata della carta di soggiorno,
senza attendere il quinquennio di residenza, in ragione del vincolo
familiare esistente nei confronti della persona con la quale questi
ultimi si ricongiungono.
Questa del resto risultava essere l'interpretazione fornita
dall'Ufficio Immigrazione istituito presso il Ministro degli Affari
sociali.
La Questura di Bologna faceva peraltro presente che, a suo avviso,
anche per i familiari e figli a carico del capofamiglia era
necessario il possesso dell'effettiva residenza per piu' di cinque
anni sul territorio nazionale.
Peraltro, per dirimere ogni dubbio interpretativo, la stessa aveva
formulato un quesito al Ministro dell'Interno - Servizio
Immigrazione.
Di recente la Questura di Bologna mi ha comunicato che il Ministero
dell'Interno ha ritenuto accoglibili le richieste di concessione di
carta di soggiorno anche in favore dei familiari di stranieri non in
possesso del requisito del soggiorno quinquennale nel Paese, ed in
tal senso l'Ufficio ha pertanto adeguato le proprie procedure.
Ministero dell'Interno - Questura di Bologna
Ha chiesto l'intervento del Difensore civico un cittadino che, avendo
subito il furto della propria autovettura (regolarmente denunciato
presso una Stazione Carabinieri), dopo cinque mesi circa aveva
ricevuto la comunicazione, da parte della Questura di Bologna, che il
mezzo era stato ritrovato.
Peraltro l'interessato veniva a sapere che l'autovettura era stata
rinvenuta dalla polizia il giorno successivo al furto (senza che gli
fosse stato comunicato alcunche'), e che era stata portata presso la
locale concessionaria del servizio di deposito.
Da tutto cio' gli era derivato una serie di conseguenze negative: la
necessita' di reperire un nuovo mezzo di locomozione, indispensabile
per la sua attivita' lavorativa privata e per sopperire all'auto
rubata; il deterioramento dell'auto a causa della prolungata
inattivita' e della cattiva custodia; ed infine le spese per
l'avvenuta annotazione al Pubblico Registro Automobilistico della
perdita di possesso.
Ho allora chiesto alla Questura di Bologna le motivazioni di questo
disguido.
La predetta faceva allora presente che, al momento del ritrovamento,
l'autovettura non risultava nell'elenco delle auto rubate esistente
presso il Centro Elaborazione Dati, ne' d'altro canto era stato
possibile rintracciare l'intestatario in quanto privo di utenza
telefonica.
Solamente in occasione di un controllo dei fascicoli inevasi era
stato possibile ricostruire gli avvenimenti ed invitare il
proprietario a ritirare l'autovettura, senza peraltro addebitargli le
spese di custodia.
Le argomentazioni addotte dall'Ufficio spiegano solo in parte
l'episodio.
Al riguardo si suggerisce per l'avvenire di porre in essere ulteriori
accorgimenti per prevenire simili inconvenienti. A titolo di esempio,
sarebbe utile la comunicazione formale dell'avvenuto rinvenimento
all'intestatario e, in ogni caso, sarebbe opportuno procedere alla
ripetizione del controllo al CED.
Ministero delle Finanze - Ufficio delle Entrate di Bologna 2
Ad una contribuente e' stata contestata la deducibilita', ai fini
dell'imposta sull'incremento di valore degli immobili, delle spese
effettuate prima del 1973, in quanto prive di documentazione
giustificativa.
Ho allora fatto presente all'Ufficio delle Entrate di Bologna 2 che
la riforma fiscale del 1972 prevedeva l'obbligo di fornire
documentazione giustificativa solamente per le spese effettuate dopo
l'entrata in vigore del DPR 643/72, e che anche la giurisprudenza
delle Commissioni Tributarie era concorde nell'escludere l'obbligo
del contribuente di conservare ed esibire in sede contenziosa la
documentazione relativa alle spese effettuate prima del 1973.
L'Ufficio invece ribadiva il proprio convincimento che il
contribuente "... pur non avendo alcun obbligo di conservare o
esibire fatture inerenti alle spese sostenute prima del 1973, debba
comunque dimostrare all'ufficio la effettiva sussistenza delle spese
sostenute, anche attraverso l'esibizione di documentazione generica,
quali concessioni edilizie rilasciate dal Comune, contratti di
appalto o fornitura, documentazione commerciale di qualsiasi tipo.".
A mio avviso la questione non andava neppure sollevata: era infatti
sufficiente che l'Ufficio considerasse che l'obbligo della
documentazione delle opere incrementative e' stato stabilito in un
tempo successivo a quello in cui le stesse sono state effettuate.
In ogni caso, l'interpretazione data dall'ufficio esula completamente
dal dettato legislativo e ne altera il significato in danno del
contribuente.
La discutibilita' di tale interpretazione e' aggravata dalla
difficolta' della prova che si richiede alla persona obbligata, la
quale, a distanza di quasi 30 anni, avrebbe dovuto reperire atti
dimostrativi di migliorie effettuate prima del 1973, pena la mancata
deducibilita' delle stesse.
In buona sostanza, sembra di capire che l'amministrazione
finanziaria, partendo dall'assunto che il contribuente puo' essere un
evasore, ritiene di conseguenza giustificata una propria
interpretazione che va ben oltre la portata della norma, quasi
sostituendosi al legislatore nell'individuare - come nel caso di
specie - presupposti e finalita' della stessa.
La signora quindi, per veder riconosciute le sue buone ragioni, e'
stata costretta ad inoltrare ricorso alla Commissione Tributaria
competente.
Ministero delle Finanze - Centro di Servizio Imposte dirette ed
indirette di Bologna
Sono intervenuta su richiesta di un contribuente che desiderava
notizie circa i tempi presumibili di accoglimento della sua richiesta
di rimborso ILOR anno 1990, presentata nel 1991.
In risposta l'Ufficio competente mi comunicava, in analogia a quanto
comunicato in simili fattispecie, che "il rimborso sara' effettuato
compatibilmente all'ordine cronologico e alla disponibilita' dei
fondi".
Di fronte a questa risposta di routine, che non forniva assolutamente
elementi ne' certi ne' indicativi di alcunche', ho ritenuto
necessario interessare personalmente il Ministro delle Finanze, con
una nota nella quale evidenziavo come il contribuente, a distanza di
9 anni dalla presentazione dell'istanza di rimborso, non poteva
considerarsi soddisfatto di una risposta di questo tenore la quale,
inoltre, di fatto vanificava ogni possibile intervento del Difensore
civico.
Questa situazione, che si ripete ogni volta in cui il Difensore
civico richiede ai vari Uffici fiscali informazioni circa i tempi di
rimborso di tributi vari, comporta l'impossibilita' di qualsiasi
tentativo di risolvere il problema della mancanza di un'informazione
adeguata sui tempi entro i quali il contribuente potra' riscuotere le
somme dovutegli.
Al riguardo ho infine sottolineato al Ministro delle Finanze che
questa situazione non appare conforme ai principi di efficacia ed
efficienza ai quali deve essere improntata l'azione della pubblica
Amministrazione, e in particolare dell'Amministrazione finanziaria.
E' con viva soddisfazione per il contribuente che ho finalmente
ricevuto dall'Ufficio Fiscale una comunicazione nella quale si
forniscono indicazioni che, pur non esaustive, contengono tutti gli
elementi circa i tempi e le modalita' della liquidazione delle
spettanze.
Ministero delle Finanze - Direzione regionale delle Entrate - Sezione
staccata di Ravenna
Ho segnalato a vari Uffici finanziari, tra cui la Sezione staccata di
Ravenna, l'irregolarita' della procedura da essi seguita nel rimborso
di imposte dirette ed indirette senza la contestuale corresponsione
dei relativi interessi.
Questi ultimi venivano poi corrisposti con sensibile ritardo.
Gli Uffici d'altro canto respingevano le richieste dei contribuenti
di ottenere anche gli interessi legali sugli interessi non percepiti
al momento del rimborso della somma capitale, con la motivazione che
la normativa speciale dell'ordinamento tributario italiano non
configura la percezione degli interessi sugli interessi.
I miei interventi sono stati rivolti a chiarire la ratio dell'art.
1283 del Codice civile, che stabilisce il divieto di anatocismo,
evidenziando che la stessa prevede anche, se pur con numerose cautele
e limiti, la capitalizzazione degli interessi su una somma, al fine
di renderli produttivi di altri interessi.
L'applicazione di tale principio, del resto, puo' costituire una
remora al ritardo nel pagamento delle somme dovute a titolo di
interessi principali da parte del debitore, come sovente avviene per
gli Uffici finanziari e, per altro verso, costituisce un ristoro per
la parte privata che abbia atteso, spesso per molto tempo, il
pagamento di quanto dovuto.
I miei interventi hanno sempre avuto un esito negativo: anche in
questi ultimi giorni ho ricevuto una nota della Agenzia delle Entrate
- Direzione regionale dell'Emilia-Romagna, con la quale la stessa
ribadisce la propria posizione contraria al riconoscimento degli
interessi anatocistici, anche se, molto opportunamente, invita gli
Uffici a provvedere al piu' presto a corrispondere gli interessi
spettanti e maturati al momento del pagamento del capitale
rimborsato.
Ministero delle Finanze - Primo Ufficio delle Entrate di Bologna
Appare superato il problema che gia' era stato evidenziato nelle
Relazioni degli anni precedenti, relativo alla richiesta da parte
degli uffici finanziari di provvedere al pagamento di tributi dovuti
da un soggetto deceduto, rivolta ai familiari che avevano rinunciato
all'eredita' del de cuius.
Nel caso di specie, la vedova di un professionista deceduto si e'
vista recapitare alcune cartelle esattoriali intestate al marito,
relative a pendenze di natura fiscale e contributiva dello stesso.
A nulla e' valsa la sua dimostrazione di essere estranea alla
successione del defunto.
Il Difensore civico si e' limitato a richiedere con urgenza
all'Ufficio fiscale delucidazioni sulla fattispecie.
Il predetto Ufficio ha esaminato con la massima tempestivita' la
situazione ed ha inviato i provvedimenti di sgravio per errore
nell'iscrizione a ruolo.
Sono da sottolineare al riguardo sia i tempi rapidi entro i quali e'
stata completata la pratica e sia, soprattutto, la disponibilita' e
l'efficienza evidenziati dall'Ufficio.
Ministero delle Finanze - Centro di Servizio delle Imposte dirette ed
indirette di Bologna
Il Centro di Servizio Imposte dirette ed indirette di Bologna si
rifiutava di reiterare alcuni rimborsi IRPEF, non riscossi
dall'interessato a causa del mancato recapito dei vaglia relativi,
emessi ed inviati al suo indirizzo negli anni '90, in quanto
sosteneva essere intervenuta la prescrizione dei relativi crediti.
Inutilmente il contribuente aveva fatto presente che i vaglia in
argomento erano stati inviati ad un indirizzo inesistente, e che
dalle dichiarazioni dei redditi degli anni in contestazione risultava
evidente il suo esatto indirizzo.
Ho allora sollecitato l'Ufficio a rivedere il proprio rifiuto,
trattandosi di un disguido non certo imputabile al privato. A mio
avviso, infatti, l'Amministrazione finanziaria era tenuta alla
riemissione dei titoli non soltanto in applicazione di un principio
di correttezza e buona amministrazione, ma anche con riferimento alla
previsione dell'art. 2935 Codice civile, secondo cui la prescrizione
inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo' essere fatto
valere.
Nel caso di specie, infatti, nessuna notizia era pervenuta
all'interessato circa l'emissione dei vaglia di rimborso; in tal modo
egli non era stato posto in condizione di esercitare il suo diritto a
riscuoterli.
L'Ufficio si e' sollecitamente attivato ed ha disposto per la
riemissione dei rimborsi, con notevole soddisfazione
dell'interessato.
Ministero della Pubblica istruzione - Liceo scientifico "N.
Copernico" di Bologna
Un comitato di genitori di alunni che frequentavano il locale Liceo
scientifico "N. Copernico" di Bologna chiedeva il mio intervento in
merito ad una vicenda particolarmente delicata.
I predetti genitori mi esprimevano le loro perplessita' su di un
provvedimento con il quale la scuola, a seguito di una breve
occupazione, aveva punito tutti i ragazzi in modo generalizzato,
sopprimendo gli scambi con l'estero, le visite guidate, i viaggi di
istruzione.
Mi rivolgevo allora alla Preside dell'Istituto per richiamare
l'attenzione di essa e del Collegio dei docenti sulla necessita' di
ripristinare un confronto dialettico tra docenti e studenti, fatti
salvi ovviamente i dovuti provvedimenti disciplinari a carico degli
autori di azioni meritevoli di sanzioni.
La decisione di sospendere le visite guidate, i viaggi di istruzione
e gli scambi educativi poteva essere interpretata come una misura
sanzionatoria per i fatti verificatisi, tanto piu' iniqua in quanto
non vi era un rapporto logico fra i disordini in occasione
dell'occupazione e la revoca dei programmi, e, soprattutto, la stessa
sanzione colpiva indiscriminatamente anche coloro, presumibilmente la
maggioranza, che non avevano compiuto gli atti illeciti.
Tale misura, d'altro canto, non appariva efficace ai fini del
perseguimento del ripristino del confronto dialettico, oltre a
precludere agli studenti la possibilita' di esperienze indubbiamente
utili alla loro formazione.
Con mio grande rammarico, nonostante sia stata ripetutamente
sollecitata, la Preside dell'Istituto non ha ritenuto di fornire
alcun cenno di riscontro al mio appello.
Ministero della Pubblica istruzione - Conservatorio di musica "G.B.
Martini" di Bologna
Una impiegata amministrativa che alcuni anni addietro aveva prestato
servizio presso il Conservatorio di musica "G.B. Martini" di Bologna
aveva richiesto alla predetta istituzione ripetutamente, dal novembre
1999 all'ottobre 2000, una dichiarazione relativa ad alcuni
emolumenti corrispostile in tale periodo.
Non ottenendo alcuna risposta, aveva chiesto il mio intervento.
Preliminarmente ho fatto presente all'interessata che l'intervento
del Difensore civico era limitato alla questione dell'accesso agli
atti, posto che non mi e' consentito occuparmi di problematiche
inerenti rapporti di pubblico impiego.
Dopo qualche mese di inutili solleciti all'Ente affinche' fornisse
una risposta all'interessata, ho appreso dalla stessa che
l'Istituzione le aveva inviato la documentazione richiesta.
Nessuna risposta, al contrario, e' stata fornita dal Conservatorio
alle sollecitazioni del Difensore civico, in violazione dell'obbligo
di collaborare sancito anche a carico delle Amministrazioni statali
periferiche dall'art. 16 della Legge n. 127 del 1997.
Istituto nazionale Previdenza sociale - Sede di Bologna
Nel luglio 2000 l'INPS di Bologna aveva inviato ad una cittadina
emiliano-romagnola un invito a pagare il contributo per il Servizio
sanitario nazionale per l'anno 1986.
L'interessata contestava la richiesta in quanto, a distanza di tanti
anni, riteneva di non essere piu' tenuta a cio'.
Inutilmente aveva fatto presente all'Istituto che una prima richiesta
di regolarizzazione contributiva non le era mai pervenuta perche'
inviata all'indirizzo della sua azienda che, da epoca precedente,
aveva mutato titolare.
A seguito della mia segnalazione, la Sede INPS mi ha comunicato che,
esperiti i necessari e puntuali approfondimenti, nulla era dovuto
dall'interessata per avvenuta prescrizione del debito.
Istituto nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul
lavoro - Sede di Bologna
Nel 1999 la sede INAIL di Bologna respingeva la richiesta di
riconoscimento di una malattia professionale, presentata nel 1995 da
un lavoratore, in quanto era ormai trascorso il termine di legge per
esperire l'azione giudiziaria diretta a conseguire la prestazione.
Il lavoratore chiedeva allora il mio intervento ritenendo un simile
provvedimento illegittimo ed iniquo: infatti, la scadenza del termine
sopra indicato non era certamente addebitabile a lui, bensi'
all'ente, il quale aveva smarrito la documentazione sanitaria
prodotta a suo tempo.
Tale circostanza aveva costretto l'interessato a produrre nuovamente
nel 1997 la stessa documentazione.
Chiedevo pertanto all'Istituto di riesaminare il caso e di valutare
nel merito le condizioni sanitarie del lavoratore.
Dopo numerose insistenze, l'Istituto aderiva alla mia richiesta,
anche alla luce delle ultime pronunce della Cassazione in ordine alla
prescrizione dell'azione giudiziaria, e disponeva il riesame della
documentazione medica a suo tempo prodotta dall'interessato.
Purtroppo nel frattempo (erano ormai trascorsi cinque anni
dall'inizio della vicenda) l'interessato e' deceduto senza aver avuto
il tempo di ricorrere contro la reiterazione del diniego
dell'Istituto di riconoscergli la malattia professionale.
Istituto nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul
lavoro - Sede di Bologna
A seguito di una sentenza della Corte di Cassazione, un lavoratore
vedeva riconosciuto il proprio diritto ad ottenere dall'INAIL una
rendita superiore a quella gia' attribuitagli.
La sentenza stessa prevedeva peraltro il rinvio ad altro giudice del
lavoro per la definizione concreta del danno subito.
Poiche' la vertenza legale si trascinava fin dal 1991, l'interessato
ha allora chiesto al Difensore civico di attivare una mediazione con
l'INAIL per pervenire ad una soluzione consensuale della controversia
sulla base dei principi enunciati dalla sentenza della Cassazione.
La proposta in tal senso e' stata inoltrata in quanto ritenevo che un
intervento, benche' extra ordinem, fosse tanto piu' opportuno al fine
di evitare al lavoratore un ulteriore defatigante iter processuale
dinanzi al nuovo giudice.
L'INAIL ha prontamente assicurato la sua disponibilita' a tentare
ogni possibile soluzione extragiudiziale della vertenza, ovviamente
nei limiti delle legittime aspettative riconosciute al privato dalla
pronuncia della Suprema Corte.
Ente nazionale per le strade - Compartimento viabilita' per
l'Emilia-Romagna
Nel febbraio 2000 la titolare di esercizio commerciale ubicato in un
comune dell'Emilia-Romagna mi segnalava che la sua richiesta di
autorizzazione all'installazione di due insegne luminose, inoltrata
all'ANAS nel marzo 1999, non aveva ottenuto alcun riscontro.
Sollecitavo allora l'Ente a concludere il relativo procedimento.
Il nulla osta e' stato rilasciato nel maggio 2000.
L'interessata e' stata costretta ad attendere oltre un anno per una
pratica di ordinaria amministrazione.
8. ALCUNI DEGLI INTERVENTI PIU' SIGNIFICATIVI POSTI IN ESSERE NEI
CONFRONTI DI ALTRE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI ED ENTI DIVERSI
Ministero della Sanita' - Dipartimento professioni Sanitarie Umane e
Tecnologiche in Sanita' e Assistenza sanitaria di competenza statale
- Roma
Ho posto in essere questo intervento pur essendo pienamente
consapevole di non avere titolo a farlo in quanto, come e' noto,
l'attuale quadro normativo lascia i soggetti sprovvisti del rimedio
della difesa civica nei confronti degli uffici centrali delle
Amministrazioni statali.
Peraltro, trattandosi di una semplice sollecitazione al Ministro
della Sanita' affinche' fornisse una risposta ad un'istanza dopo che
i termini previsti dalla legge erano abbondantemente trascorsi, ho
ritenuto conforme ad equita' tentare di risolvere il problema
segnalatomi.
Si trattava di una cittadina italo-argentina, laureata in Medicina,
la quale nel novembre 1999 aveva chiesto al Ministero della Sanita',
ai sensi dell'art. 49 del DPR n. 394 del 1999, il decreto di
riconoscimento della propria specializzazione medica, dichiarata
equipollente da un'Universita' italiana.
Ai sensi dell'art. 12, comma 5 del DLgs n. 115 del 1992, il
provvedimento in questione doveva essere emesso dal Ministero nel
termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda o dalla sua
integrazione.
Nonostante le numerose telefonate dell'interessata, l'Ufficio
ministeriale non aveva mai dato notizie sui tempi di emissione del
provvedimento.
Dal maggio 2000 il mio ufficio, unitamente al Difensore civico del
Lazio, ha ripetutamente sollecitato il Ministero della Sanita',
purtroppo sempre inutilmente.
Ministero dei Lavori pubblici - Roma
Ho segnalato d'ufficio al Ministero dei Lavori pubblici, con riserva
di proporre analogo quesito al Ministero dei Trasporti e al Ministero
della Giustizia, il problema costituito dalla previsione della
sanzione di cui all'art. 126, comma 7 del Codice della strada come
modificato dall'art. 19, comma 3 del DLgs 30/12/1999, n. 507.
Mi sono infatti pervenuti numerosi reclami con i quali i cittadini
rilevavano che la sanzione accessoria del fermo amministrativo del
veicolo per due mesi, applicabile all'infrazione commessa da chi
circoli con patente scaduta, suscita qualche dubbio di legittimita'
costituzionale per contrasto con il principio di eguaglianza sancito
dall'art. 3.
La disposizione contenuta nel citato art. 126, comma 7, infatti,
appare sproporzionata per eccesso se la si raffronta con quella del
successivo art. 128: quest'ultima norma infatti dispone che chi
circola senza essersi sottoposto agli accertamenti o esami disposti
dall'autorita', o in violazione dell'accertamento sanitario di
idoneita' alla guida, soggiace ad una sanzione pecuniaria inferiore a
quella prevista dal citato art. 126, comma 7, ed inoltre senza la
previsione della misura accessoria del fermo amministrativo
dell'autoveicolo.
D'altro canto, nella generalita' dei casi la guida con patente
scaduta configura un fatto colposo, derivante dalla pura e semplice
dimenticanza della scadenza di validita' della patente. Ben diverso
e' invece l'elemento psicologico nel caso di colui che coscientemente
si mette alla guida di un autoveicolo ben sapendo di mancare dei
prescritti requisiti, e ponga con cio' in essere con dolo un
comportamento illecito.
Il mio intervento, che non ha ancora avuto una risposta, era diretto
ad abbreviare i tempi necessari per addivenire ad una modifica della
norma in questione: infatti, la stessa questione e' stata da piu'
parti sollevata davanti alla Corte Costituzionale, con esito a mio
avviso scontato.
Poste Italiane SpA - Direzione regionale per l'Emilia-Romagna
A seguito di segnalazione informale pervenutami da numerosi
cittadini, ho sollevato un problema connesso con l'applicazione della
sentenza della Corte Costituzionale 346/98, relativa alle modalita'
di notificazione di atti a mezzo posta nei confronti di destinatari
assenti.
Come e' noto, la Corte ha ritenuta illegittima la norma che, nel
disciplinare le notificazioni di atti a mezzo posta, non prevedeva
che fosse data notizia all'interessato del deposito stesso con
raccomandata a.r., e anzi ne prevedeva la restituzione al mittente
dopo dieci giorni dal deposito presso l'Ufficio postale.
Le Poste Italiane hanno attuato tale previsione, in via generale,
inviando al destinatario assente, gia' dal giorno successivo, una
ulteriore raccomandata a.r. per informarlo dell'avvenuto deposito
della prima raccomandata.
Il giorno successivo, come e' noto, e' anche il primo momento utile
per ritirare la raccomandata oggetto dell'avviso di deposito.
In tal modo, l'interessato, anche se si reca all'ufficio postale
tempestivamente, e' costretto a pagare il costo della seconda
raccomandata.
Ho pertanto segnalato alla Direzione regionale delle Poste italiane
l'opportunita' di inviare la seconda raccomandata solamente dopo il
decorso di un ragionevole lasso di tempo, tale da consentire
all'interessato di media diligenza di ritirare la stessa, sempre nel
rispetto dei dieci giorni previsti per la restituzione al mittente.
Peraltro la stessa Direzione regionale non ha ritenuto di aderire al
mio suggerimento in quanto questa modalita' operativa e' disciplinata
da una circolare interna, diffusa a livello nazionale dalle Poste
italiane agli uffici dipendenti, e sottoposta preventivamente
all'esame del Ministero della Giustizia.
Preso atto della circostanza per cui la Direzione regionale e' tenuta
a conformarsi alle direttive superiori, non posso tuttavia esimermi
dal rilevare come, ancora una volta, la struttura cui e' affidato il
pubblico servizio abbia recepito le innovazioni nel modo meno
favorevole al cittadino a vantaggio del quale sono state introdotte.
A tutto cio' va aggiunto poi che, nella societa' odierna, i
componenti delle famiglie sono assenti dalla loro abitazione, per
ragioni di lavoro o di studio, pressoche' tutte le mattine, appunto
quando avviene la consegna della posta.
Questa circostanza sembra essere sfuggita a coloro che hanno
predisposto una circolare la quale, pur essendo stata adottata per
rispettare il principio di difesa del soggetto privato, non appare
rispondente a principi di ragionevolezza ed equita', in quanto si
ripercuote negativamente sul cittadino indipendentemente dalla sua
diligenza e tempestivita'.
Comune di San Lazzaro di Savena (Bologna)
Nel 1990 una cooperativa edificatrice richiese al Comune di San
Lazzaro di Savena il rilascio del certificato di abitabilita'
relativo ad un edificio da lei costruito, allegando la documentazione
richiesta.
Nel febbraio 2000, a distanza di quasi dieci anni dall'istanza
originaria, gli acquirenti dei rispettivi alloggi sollecitarono
l'Amministrazione affinche' venisse rilasciato il predetto
certificato.
Non avendo avuto alcun riscontro, gli interessati hanno chiesto il
mio intervento.
In risposta al mio intervento l'Amministrazione ha rilevato che, nel
frattempo, era intervenuta una nuova disciplina dell'autorizzazione
all'abitabilita', applicabile anche a tutti i procedimenti non ancora
definiti.
Dato che la nuova normativa prevede la produzione di ulteriori
documenti, non richiesti dalla precedente disciplina, da predisporre
a cura di un tecnico abilitato, l'Amministrazione faceva presente
che, per potere ottenere l'autorizzazione, i proprietari avrebbero
dovuto presentare questi nuovi documenti.
Anche in questo caso non ho potuto fare altro che prendere atto della
determinazione dell'ente, in quanto non era configurabile una
definizione diversa del procedimento rispetto a quella prospettata
dall'Amministrazione.
Comune di San Lazzaro di Savena (Bologna)
Questa pratica e' stata trattata esclusivamente per telefono e
tramite colloqui diretti.
E' stata prescelta questa modalita' per la complessita' della
situazione trattata, circostanza che presumibilmente avrebbe
allungato a dismisura il carteggio in un infinito incrociarsi di
lettere.
Si trattava del caso di un residente del Comune di San Lazzaro di
Savena il quale a suo tempo aveva fatto domanda per ottenere i
contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione,
allegando un contratto cointestato a se' e ad un'altra persona.
Peraltro, poiche' quest'ultima non abitava piu' nell'alloggio,
essendosi trasferita nel 1999 in un'altra regione, su suggerimento
del funzionario addetto egli aveva prodotto una autocertificazione
che attestava questa nuova circostanza.
Il cittadino si doleva perche' la richiesta di contributo non era
risultata utilmente collocata nella graduatoria: cio' era dipeso
dalla circostanza che, ai fini del conteggio, il canone di locazione
era stato dimezzato, proprio in considerazione della intestazione del
contratto anche ad un'altra persona, la quale non aveva manifestato
la volonta' di recedere.
Inutilmente l'interessato aveva fatto presente che, di fronte alla
sua disponibilita' a predisporre e presentare un nuovo contratto di
locazione intestato solamente a lui, era stato il funzionario
comunale a suggerirgli di seguire la strada dell'autocertificazione.
In seguito ad alcune telefonate e all'incontro tra alcuni funzionari
dell'ufficio del Difensore civico, il Dirigente del Settore comunale
competente ha modificato il precedente provvedimento di diniego,
riconoscendo valore probante all'autocertificazione sia ai fini
dell'ammissione al contributo che ai fini del calcolo dello stesso.
L'inesistenza di una seconda persona nell'alloggio in questione era
stata del resto anche confermata dalla cancellazione anagrafica della
stessa e, per effetto di tale cancellazione, l'ex convivente non
avrebbe potuto essere destinataria del contributo.
Non sarebbe pertanto sembrato equo che, da tutto questo insieme di
circostanze, venisse danneggiato il cittadino richiedente.
Comune di San Lazzaro di Savena (Bologna)
E' stato richiesto il mio intervento per un'annosa vicenda che vede
contrapposta le proprietarie di un immobile e l'Amministrazione
comunale di San Lazzaro di Savena.
Da molti anni, pur in assenza di un formale atto di esproprio, il
Comune aveva occupato una porzione di terreno di pertinenza di un
fabbricato risalente al 1800 e di interesse storico ambientale,
avendola asfaltata al fine di ampliare la sede stradale, che cosi'
era stata portata a ridosso del fabbricato stesso.
Questa situazione aveva determinato svariati inconvenienti, quali
l'insorgenza di gravi dissesti statici dovuti alle vibrazioni
trasmesse dagli autoveicoli, l'inquinamento acustico determinato
dall'intenso traffico, la separazione fisica delle diverse parti
dell'area cortiliva, con una conseguente situazione di rischio per le
persone che vivevano nel fabbricato, costrette ad attraversare la
pubblica via per passare da una parte all'altra della stessa area
cortiliva.
La proprieta' piu' volte aveva fatto presente all'Amministrazione
comunale l'anomalia della situazione, cercando comunque di giungere
ad una soluzione conciliativa.
Nel 1998, in sede di adozione di una variante al PRG,
l'Amministrazione stabiliva di adeguare le previsioni di PRG alla
situazione di fatto.
Le proprietarie dell'area peraltro, in sede di osservazioni alla
variante, richiedevano (senza ottenerlo) alla stessa Amministrazione
quantomeno di arretrare la viabilita' ad almeno un metro di distanza
dal fabbricato, dichiarandosi disponibili a cedere gratuitamente
l'area rimanente.
Le verifiche tecniche predisposte dalla stessa Amministrazione nel
1999 accertavano che l'erosione dei confini catastali, avvenuta con
successivi ampliamenti del piano stradale fino a rasentare
l'immobile, aveva provocato il dissesto statico dello stesso.
Ciononostante, l'Amministrazione si limitava a proporre la
realizzazione di un marciapiede di larghezza media di 75 cm. a
protezione del fabbricato.
Alle mie richieste di informazioni sulla vicenda, ed in particolare
sulle modalita' operative seguite per l'occupazione del terreno,
l'Amministrazione si e' limitata a precisare che in occasione
dell'ultima variante al PRG era stato stabilito che la sede stradale
si sarebbe distaccata dall'immobile di una misura variabile dai 60 ai
100 centimetri, e che l'Amministrazione avrebbe realizzato a proprie
spese un marciapiede.
Preso atto delle precisazioni, mi auguro che le determinazioni
adottate dal Comune siano ritenute dalla proprieta' idonee a giungere
ad una definitiva soluzione della vicenda, e come tali possano
rivelarsi soddisfacenti per la stessa.
Comune di San Pietro in Casale (Bologna)
A seguito di procedura espropriativa conclusasi con la bonaria
cessione dell'area, nel 1982 il Comune di San Pietro in Casale
acquisiva dai proprietari un terreno destinato alla costruzione
dell'impianto di depurazione.
L'Amministrazione comunale, peraltro, non aveva mai provveduto alla
realizzazione della strada di collegamento tra il depuratore e la
viabilita' ordinaria, come convenuto in sede di acquisto, e,
nonostante le diffide degli interessati, faceva transitare i propri
mezzi attraverso la proprieta' dei venditori.
Gli interessati, dopo una serie molteplice di diffide, chiedevano al
Difensore civico di attivarsi per ottenere il rispetto degli impegni
assunti contrattualmente, in modo da porre fine al disagio e ai
danni, ripetutamente segnalati nel corso degli anni, che derivavano
alla loro proprieta' dal passaggio dei mezzi Seabo.
A seguito dell'invito del Difensore civico a provvedere alla
realizzazione dell'accesso al depuratore, l'Amministrazione comunale
si e' impegnata a risolvere il problema nel corso dell'anno, e ha
motivato il precedente comportamento omissivo con la circostanza che,
a seguito dell'affidamento del servizio a SEABO, aveva cercato
inutilmente di ottenere una partecipazione della stessa alle spese di
sistemazione dell'accesso al depuratore.
Comune di Monte San Pietro (Bologna)
Chiedeva l'intervento del Difensore civico un invalido civile il
quale asseriva di essere risultato primo nella graduatoria di un
concorso bandito dall'Amministrazione comunale di Monte San Pietro,
ma di non riuscire ad ottenere notizie circa la presumibile data di
assunzione in servizio presso quell'Amministrazione.
Ritenendo mio preciso dovere intervenire in favore del predetto
lavoratore in quanto la situazione, cosi' come prospettata, rientrava
nella fattispecie di cui all'art. 2, comma 2, della L.R. n. 15 del
1995, sollecitavo la collaborazione dell'Amministrazione stessa,
chiedendo di acquisire le informazioni del caso e di indicare i tempi
presumibili di definizione del procedimento.
Nonostante che alla richiesta iniziale siano seguiti ben cinque
solleciti, l'Amministrazione non ha fornito alcun cenno di riscontro.
Comune di Cesenatico (Forli'-Cesena)
Ho interessato la Polizia municipale del Comune di Cesenatico su
richiesta di un automobilista che aveva ricevuto una cartella di
pagamento per una contravvenzione elevata nell'anno 1996.
L'interessato eccepiva di non essere piu' possessore dell'autovettura
da data precedente all'infrazione e comunque di non aver mai ricevuto
il verbale di contestazione della stessa.
In realta', contrariamente a quanto da lui sostenuto, e' risultato
che la Polizia municipale aveva a suo tempo regolarmente provveduto
alla notifica del verbale di contravvenzione, e che il privato, dal
canto suo, non si era attivato in alcun modo per fare presente la sua
estraneita' all'autovettura.
Cio' nonostante, va dato atto alla Polizia municipale della
disponibilita' e della professionalita' dimostrate in questa
circostanza, dal momento che, pur non essendo strettamente tenuta a
cio' in quanto erano ormai trascorsi tutti i termini per contestare
la fondatezza della contravvenzione, essa ha disposto con
sollecitudine il discarico amministrativo del ruolo a carico
dell'automobilista.
Comune di Massalombarda (Ravenna)
Uno studio legale di Bologna mi ha segnalato una situazione nella
quale, a suo avviso, il mio intervento poteva rivelarsi piu' celere
ed efficace rispetto al ricorso alla magistratura.
Si trattava del caso di un cittadino del Comune di Massalombarda
nella cui abitazione veniva erogata energia elettrica con sbalzi di
tensione molto superiori ai limiti di legge.
Tale situazione aveva comportato il deterioramento (ed in alcuni casi
il guasto) delle apparecchiature alimentate ad elettricita', oltre ad
un consumo abnorme di energia elettrica.
L'Azienda intercomunale erogatrice del servizio ammetteva
l'inconveniente: faceva peraltro presente che, per superarlo,
occorreva potenziare la linea, ma che questo sarebbe stato possibile
solamente dopo che il Comune di Massalombarda avesse proceduto
all'esproprio del terreno sul quale fare passare i cavi.
Per la verita', l'interessato avrebbe risolto i propri problemi se si
fosse potuto collegare ad un trasformatore dell'ENEL, ubicato di
fronte alla propria abitazione, ma questa soluzione non era
praticabile perche' in quella zona l'erogazione dell'energia
elettrica era riservata all'Azienda intercomunale.
Inizialmente sembrava che fosse stato raggiunto un risultato
attraverso l'installazione di un regolatore di tensione;
successivamente si riscontrava peraltro che la situazione si era
addirittura aggravata e che si imponeva una soluzione definitiva.
Pertanto il Comune, sensibilizzato anche dal Difensore civico di
quell'Ente, d'intesa con l'Azienda approvava sollecitamente la
procedura di asservimento delle aree necessarie alla realizzazione
del progetto di potenziamento della rete di distribuzione
dell'energia.
L'esecuzione delle opere necessarie a rimuovere il problema veniva
rallentata dall'opposizione della proprieta' dell'area da asservire;
peraltro, respingendo questa opposizione, il Comune ha deliberato
l'occupazione d'urgenza e l'Azienda ha infine concluso le opere
necessarie al potenziamento della linea elettrica.
Consorzio di Bonifica Terre d'Apulia - Bari
Un cittadino emiliano, avendo alienato nel 1994 un immobile ubicato
nella regione Puglia, aveva comunicato al Consorzio di bonifica Terre
d'Apulia gli estremi dell'atto di vendita, facendo presente che non
era piu' tenuto a corrispondere i contributi per gli anni successivi.
Nonostante cio', continuavano a pervenirgli le cartelle esattoriali,
gravate degli interessi e della mora; ultimamente era stato
minacciato addirittura di esecuzione forzata se non avesse provveduto
al pagamento delle stesse.
Disperato, si e' rivolto a me prima di ricorrere ad un legale.
In risposta alla mia segnalazione il Consorzio ha confermato che il
pagamento non era dovuto, e che si era trattato di un disguido da
imputarsi ad un errore del centro elaborazione dati che aveva
attribuito circa 300 bollettini a ex titolari di partite catastali, i
quali avevano invece provveduto a segnalare la vendita delle loro
proprieta'.
Il Consorzio, comunque, mi ha assicurato che avrebbe provveduto al
rimborso delle somme non dovute.
CONCLUSIONI
L'anno trascorso e' stato contrassegnato da un impegno sempre
crescente, da parte mia e dell'ufficio che mi ha validamente
coadiuvato, per far fronte all'incremento di richieste di intervento
e soprattutto per migliorare la qualita' del servizio offerto,
affinando gli interventi, dando visibilita' all'istituto della difesa
civica, assicurando in ogni modo ai soggetti privati uno strumento di
tutela adeguato alle loro esigenze.
Si e' trattato di un impegno costante per ottenere, in primo luogo,
la massima chiarezza nell'informazione ai cittadini da parte delle
Amministrazioni, tanto in quella diretta al pubblico che nelle
comunicazioni individuali.
Ho infatti avuto modo di rilevare molto spesso che le situazioni di
disagio o di conflitto derivano da incomprensioni dovute a carenze
nella comunicazione.
Devo purtroppo riproporre la raccomandazione circa la necessita', da
parte degli Enti ed Amministrazioni, di risposte piu' tempestive ai
miei interventi.
Al riguardo rammento che l'art. 4, comma 3, della L.R. n. 15 del 1995
pone a carico del responsabile del procedimento l'obbligo di fornire
entro 30 giorni le informazioni, i chiarimenti e i documenti
richiesti.
Nella realta', spesso occorre sollecitare le risposte anche piu'
volte prima di ottenerle.
Le rimostranze dei cittadini sul punto sono pienamente fondate.
Poiche' escludo ogni ipotesi di scarsa attenzione ai miei interventi,
devo concludere che e' necessario ridurre i tempi dei vari passaggi
burocratici.
Sono certa che, in proposito, l'Amministrazione regionale sapra'
trovare i rimedi piu' opportuni: sul punto auspico di poter rendere
conto nella mia prossima Relazione.
Desidero ribadire, ancora una volta, che nell'espletamento della mia
funzione ho costantemente ricercato il dialogo e la sensibilizzazione
dei responsabili ai vari livelli in merito alla necessita' di fornire
risposte adeguate e complete sulle questioni loro sottoposte.
Al riguardo devo dare atto, con soddisfazione, che anche lo scorso
anno mi e' stata pressoche' costantemente assicurata una
collaborazione diretta a ricercare una soluzione dei problemi
prospettati.
Di tutto cio' devo ringraziare i responsabili delle Amministrazioni
ed Enti, i quali hanno compreso lo spirito di servizio con il quale
sono stati posti in essere i miei interventi.
Desidero anche sottolineare che, nell'esercizio della funzione, ho
utilizzato le esperienze acquisite, attingendo altresi' alle analoghe
esperienze maturate dai colleghi Difensori civici, ai fini della
trattazione dei casi simili e quale traccia per eventuali future
modifiche migliorative di procedure e regolamenti.
Come per gli anni precedenti, ho altresi' ritenuto mio preciso dovere
ovviare all'assenza di Difensore civico ai vari livelli: di
conseguenza, sono costantemente intervenuta anche nei confronti delle
pubbliche amministrazioni sprovviste di questa figura, ivi comprese
le Amministrazioni pubbliche centrali.
In questa mia complessiva attivita' ho trovato un validissimo
supporto in tutti i miei collaboratori, che si sono impegnati senza
risparmio e con intelligenza al fine di rendere il servizio sempre
piu' efficiente ed accessibile all'utenza. Non sarebbe stato infatti
assolutamente possibile svolgere l'intenso lavoro che quotidianamente
grava sull'ufficio senza l'ausilio della disponibilita' e della
professionalita':
- del Dirigente, dott. Vittorio Bernini, il cui collocamento a riposo
e' purtroppo imminente;
- dei funzionari, sia quelli presenti presso questa struttura da
anni, e sia di coloro che recentemente e felicemente sono qui
approdati;
- di tutti i collaboratori, nessuno escluso, che hanno contribuito in
maniera determinante a svolgere un servizio nei confronti di
un'utenza spesso difficile e problematica.
Un particolare e sentito ringraziamento va all'Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale, dal quale ho sempre ottenuto massima
attenzione e aiuto per le necessita' che si sono manifestate in
questa struttura.
Bologna, 30 marzo 2001 IL DIFENSORE CIVICO
Paola Gallerani Monaci