DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 21 novembre 2000, n. 2002
Direttiva per il funzionamento delle Conferenze sanitarie territoriali
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
(omissis)
su proposta dell'Assessore alla Sanita';
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di approvare, quale parte integrante e sostanziale della presente
deliberazione l'allegata direttiva;
2) di pubblicare il presente atto nel Bollettino della Regione
Emilia-Romagna.
Proposta di direttiva concernente il funzionamento delle Conferenze
sanitario territoriali
1) Premessa
La valorizzazione ed il potenziamento del ruolo degli Enti locali nel
governo della sanita' si realizza attraverso la loro partecipazione a
tutti i livelli della programmazione, sia regionale sia, e
soprattutto, locale; tale partecipazione deve essere garantita
secondo forme e modalita' disciplinate dalla Regione.
La L.R. 19/94, cosi' come modificata dai recenti interventi normativi
regionali di attuazione sia del DLgs 112/98 di riforma del sistema
regionale e locale sia del DLgs 229/99 di riforma del sistema
sanitario, provvede a ridisegnare un nuovo modello di relazioni tra
Regione Enti locali ed Aziende sanitarie basato sul pieno
coinvolgimento di ciascun livello di governo al processo decisionale
e su di una effettiva cooperazione/collaborazione tra ogni attore del
sistema. Tale modello mira, anche attraverso l'introduzione di
stabili sedi di collaborazione, ad una razionalizzazione dei rapporti
tra i livelli di governo che consenta di adottare politiche pubbliche
coordinate negli obiettivi, nei mezzi, nei tempi.
In questa ottica, l'art. 11 della L.R. 19/94 e successive
modificazioni istituisce la Conferenza sanitaria territoriale: tale
Organo rappresenta dunque l'innesto del sistema degli Enti
territoriali e della loro capacita' di esprimere le esigenze delle
collettivita' rappresentate nel governo del sistema sanitario o piu'
specificamente l'innesto nella valutazione e verifica del grado di
coerenza della politica dei servizi alla politica di salute.
D'altro canto lo stesso Piano sanitario regionale riconosce un ruolo
di primo piano agli Enti locali chiamati a dare un contributo
fondamentale in termini di definizione della politica di salute e
conseguentemente in termini di impegno e responsabilita' nel
raggiungimento degli obiettivi di salute, selezionati come prioritari
per la popolazione del territorio di riferimento. La Conferenza
sanitaria territoriale, infatti, e' la sede di coordinamento, guida e
costruzione di uno dei processi chiave di pianificazione
multisettoriale e interdisciplinare a livello locale, vale a dire il
Piano per la salute: avvalendosi del contributo tecnico delle Aziende
sanitarie, coordina l'apporto di tutti i settori e soggetti
interessati, interni ed esterni al sistema sanitario; verifica la
compatibilita' con la programmazione regionale e garantisce la
copertura degli eventuali maggiori oneri in caso di decisioni che
comportino livelli aggiuntivi rispetto a quelli garantiti dalla
programmazione medesima. Il Piano per la salute costituisce, dunque,
lo strumento di scelta e definizione dei bisogni di salute della
popolazione locale, fornendo un fondamentale contributo alla
individuazione delle risposte di assistenza sanitaria e di mezzi in
termini di organizzazione dei servizi. Il Piano annuale di attivita',
infatti, dovra' comprendere sia le azioni previste dalla normale
programmazione aziendale che quelle coerenti e necessarie alla
attuazione degli impegni assunti nei Piani per la salute.
Ai sensi del comma 3 dell'art. 11 della L.R. 19/94 e successive
modificazioni, la Giunta regionale disciplina gli aspetti
strettamente operativi della Conferenza sanitaria territoriale,
individuando altresi' le funzioni dell'esecutivo della medesima.
In attuazione di quanto previsto dal legislatore, la presente
direttiva stabilisce le modalita' di funzionamento delle Conferenze
sanitarie territoriali, operando nel contempo una ricognizione delle
funzioni assegnate a tali organi dalla legge medesima, specificate
nel Piano sanitario regionale ed ulteriormente definite nei
successivi atti amministrativi attuativi di quest'ultimo.
Disciplinare infatti, modalita' di funzionamento, regole decisionali,
ed organizzazione di un organo concepito quale sede di rappresentanza
degli Enti territoriali nella quale avviene, con l'apporto di tutti i
soggetti coinvolti ed in coerenza con gli indirizzi regionali, la
specificazione locale degli obiettivi di salute e la partecipazione
alla definizione degli indirizzi, alla verifica ed alla vigilanza
delle attivita' delle Aziende sanitarie, richiede una
rappresentazione - per quanto possibile sistematica ed organica -
delle funzioni attribuite.
In altri termini, se e' vero che la regolamentazione degli aspetti
sopra citati va operata in funzione del ruolo assegnato alla
Conferenza sanitaria territoriale e che tale ruolo nasce dai poteri
che le sono riconosciuti, e' anche vero che questi ultimi sono
molteplici e complessi.
Dall'esame dell'articolo 11, comma 2 della L.R. 19/94 e successive
modificazioni emergono, infatti, compiti di indirizzo (lett. a ed in
parte b); di proposta (in parte b; e); di vigilanza (lettere d e g) e
consultive (lettere c e d), cui si aggiungono, in determinati casi
veri e propri poteri di amministrazione attiva, come accade per
l'approvazione del PAL.
Ora, nel determinare il regime di queste funzioni, e' necessario
considerare che per alcune di queste e' preponderante il profilo
della rappresentativita' (concorso alla programmazione) mentre per
altre e' indispensabile garantire condizioni di operativita'
(vigilanza, amministrazione attiva), e dunque tempestivita' e
certezza del loro esercizio.
Sulla base di tali considerazioni, si ritiene di affidare alla
Conferenza sanitaria territoriale (intesa come plenum dei propri
componenti), l'adozione degli atti di maggiore significato
istituzionale (es. approvazione PAL, PPS) mentre le altre
determinazioni possono essere assolte dallo stesso organo con quorum
meno impegnativi o essere adottate dall'esecutivo.
Resta fermo il fatto che il compimento degli atti incidenti sulla
amministrazione attiva deve essere in ogni caso garantito attraverso
l'iniziativa e l'impulso dello stesso esecutivo della Conferenza
sanitaria territoriale ed anche, in seconda istanza, dalla Regione,
che potra' essa stessa svolgere un compito di sollecitazione e
supporto per l'assunzione di tali atti fino a provvedere in via
sostitutiva, se si rivelano infruttuose tutte le iniziative assunte.
Va infine chiarito che tutta la restante disciplina (convocazioni,
ordini del giorno, adunanze, processo verbale, modalita' di
intervento, deposito e consultazione atti, discussione,
partecipazione e attivita' conoscitive ecc..) va riservata a
determinazioni degli organi interessati nel rispetto delle
indicazioni del presente atto.
Da ultimo, si precisa che la presente direttiva non concerne la
Conferenza sanitaria regione Area metropolitana di Bologna, istituita
e disciplinata dall'art. 18 della L.R. 19/94 cosi' come modificata
dalla L.R. 3/99.
2) Funzioni
L'esame delle funzioni assegnate dal legislatore regionale alla
Conferenza sanitaria territoriale suggerisce l'idea di un organo
costruito sia come sede di consultazione/impulso degli Enti locali
sia come sede di partecipazione dei medesimi ai processi decisionali
(della programmazione e della valutazione dei risultati) delle
Aziende sanitarie locali: due modi diversi di realizzare il principio
di "collaborazione" fra livelli di governo.
La lettura integrata dell'art. 11, comma 2 della L.R. 19/94 e
successive modificazioni e del Piano sanitario regionale evidenzia,
infatti, come spettino alla Conferenza sanitaria territoriale
funzioni (esercitate, peraltro, anche per il tramite dell'esecutivo
secondo quanto previsto al successivo punto 3.3):
- consultive: esprime un parere - obbligatorio - sul Piano
programmatico delle Aziende sanitarie, sul bilancio pluriennale di
previsione, sul bilancio economico preventivo e sul bilancio di
esercizio, sugli accordi tra Aziende sanitarie e Universita',
attuativi dei protocolli di intesa tra Regione e Universita' (lett.
c; d; f; art. 11, legge regionale cit.) e sul piano delle azioni. La
Conferenza sanitaria territoriale nelle materie sopraelencate esprime
parere entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali la Regione ne
prescinde; cio' vale anche nel caso del parere sulla valutazione
dell'operato del Direttore generale, che va ad inserirsi nel
procedimento (regionale) di conferma del Direttore generale con
riguardo ai risultati conseguiti rispetto agli obiettivi della
programmazione sanitaria (art. 3 bis, comma 6, DLgs 502/92 e
successive modificazioni). Il coinvolgimento nella valutazione
dell'operato dei Direttori generali e', peraltro, collegato
strettamente al coinvolgimento della Conferenza nella verifica dei
risultati dell'Azienda (rispetto al parametro individuato dalla
programmazione regionale) e piu' in particolare nella valutazione
della funzionalita' dei servizi e della loro razionale distribuzione
sul territorio. Tale funzione si realizza, come di seguito
evidenziato, attraverso la formulazione di osservazioni e proposte;
- propulsive (di impulso/controllo/proposta): promuove e coordina,
sulla base di appositi indirizzi regionali anche in attuazione
dell'art. 3-septies del DLgs 502/92 e successive modificazioni e
integrazioni, la stipula di intese tra Comuni e Aziende sanitarie
per la integrazione socio sanitaria (lett. e), formula proposte nelle
ipotesi di verifica periodica delle attivita' delle Aziende sanitarie
(parte della lett. b) richiede alla Regione la revoca del Direttore
generale o la non conferma nel caso di manifesta inattuazione del PAL
(art. 3 bis, comma 7, DLgs 502/92 e successive modificazioni);
- di amministrazione attiva: adotta, su proposta e di concerto con i
Direttori generali, i provvedimenti di individuazione dei distretti o
di modificazione della loro delimitazione territoriale (art. 9, comma
3, legge cit.); designa un componente del Collegio sindacale
dell'azienda sanitaria di riferimento (art. 3 ter, comma 3 del DLgs
502/92 e successive modificazioni); approva, secondo le indicazioni
date dal Piano sanitario regionale, il Piano attuativo locale
elaborato dalle Aziende sanitarie; elabora, con il supporto tecnico
dell'Azienda sanitaria, i piani per la salute, specificazione locale
degli obiettivi di salute. I piani per la salute rappresentano la
formalizzazione della funzione di indirizzo e di programmazione
generale riconosciuta alla Conferenza sanitaria territoriale,
funzione che si esprime anche nella elaborazione di indirizzi in
materia di integrazione sociosanitaria nel rispetto di quanto
definito dalla Regione.
Da ultimo, si precisa che la Legge regionale di riforma
dell'assistenza, di prossima approvazione, potra' individuare
ulteriori funzioni delle Conferenze sanitarie territoriali.
3) Funzionamento e organizzazione
All'atto dell'insediamento la Conferenza sanitaria territoriale
elegge il Presidente e il Vicepresidente. La Conferenza sanitaria
territoriale si riunisce su convocazione del Presidente e comunque
almeno due volte l'anno. Il Presidente e' tenuto altresi' a convocare
la Conferenza ogniqualvolta ne facciano richiesta un numero di
Sindaci che rappresenti almeno un quarto dei Comuni compresi
nell'ambito territoriale di riferimento.
Sono fatti salvi gli atti compiuti dalle Conferenze sanitarie che
risultano gia' insediate alla data di adozione della presente
direttiva.
La Conferenza sanitaria territoriale disciplina con proprio atto le
modalita' di convocazione e di svolgimento delle sedute.
3.1. Regole di funzionamento (quorum funzionale)
Particolare rilievo assumono le regole relative alla validita' delle
sedute. Al riguardo le sedute sono valide quando sono presenti i
Sindaci dei Comuni o loro delegati individuati nell'ambito delle
rispettive Giunte, che rappresentano il 50% + 1 dei voti attribuiti
complessivamente ai componenti della Conferenza come determinati nel
punto 3.2.
Ogni Conferenza disciplina le ulteriori modalita' del rispettivo
funzionamento con apposito atto interno.
3.2. Regole decisionali (quorum strutturale)
Allo scopo di assicurare, non solo la funzionalita' dell'organo, ma
anche e soprattutto una equilibrata presenza e partecipazione di
tutti gli Enti rappresentati, si ritiene opportuno indicare puntuali
regole di decisione al cui rispetto ogni Conferenza sanitaria
territoriale e' tenuta. L'esigenza di formalizzare tali regole nasce
dalla considerazione che la Conferenza e' organo deliberante (anche
l'espressione di pareri e' una attivita' formale che presuppone un
processo deliberativo e regole decisionali) nell'ambito del quale e'
necessario garantire il contemperamento del criterio della
rappresentativita' con la necessita' di assicurare la massima
funzionalita' all'organo. La soluzione di "pesare" il voto in ragione
della popolazione soddisfa la forte esigenza di bilanciamento,
garantendo una tendenziale equita' nelle condizioni di partecipazione
decisionale.
Per tali ragioni ad ogni Comune e' attribuito un voto ed ulteriori
voti in ragione di 1 ogni 10.000 abitanti (quali risultano al
31/12/1999) o frazione di 10.000 superiore a 5.000, mentre alla
Provincia deve essere attribuito un voto piu' un numero di voti non
inferiore a un decimo di quelli complessivamente attribuiti ai Comuni
e comunque non superiore a quello attribuito al Comune capoluogo.
Le deliberazioni sono validamente assunte con la maggioranza dei voti
favorevoli espressi dai presenti in base ai voti di cui sono
detentori.
La Conferenza sanitaria territoriale puo' optare per l'attribuzione
di un voto ad ogni singolo Comune quale regola decisionale, ma tale
decisione deve essere assunta con la maggioranza assoluta dei voti
attribuiti complessivamente ai Comuni facenti parte della conferenza
medesima secondo il criterio sopradescritto del "voto pesato". Puo'
optare, inoltre, per maggioranze qualificate per l'assunzione di
determinate decisioni (PAL, individuazione distretti, valutazione
Direttori generali), prevedendo, ad esempio, che per l'adozione di
tali decisioni sia necessaria la maggioranza assoluta dei voti
rappresentata dalla maggioranza assoluta dei Sindaci o almeno il 40%
dei Sindaci.
3.3. Organizzazione
1) L'art. 11, comma 3 della L.R. 19/94 e successive modificazioni
stabilisce che le funzioni che la Conferenza sanitaria territoriale
svolge tramite una rappresentanza - denominata esecutivo -, sono
stabilite dal presente atto. L'esecutivo e' composto dal Presidente
della Provincia, o suo delegato facente parte della Giunta
provinciale, e da non piu' di 5 membri individuati dalla Conferenza
al proprio interno.
Entro il numero massimo fissato dalla legge, l'assemblea della
Conferenza determina il numero dei componenti dell'esecutivo tenendo
conto dell'articolazione distrettuale, in modo da assicurare la
partecipazione allo stesso del Sindaco del Comune capoluogo, o suo
delegato individuato nell' ambito della Giunta, e dei Sindaci dei
Comuni capo-distretto o di altro Comune facente parte del distretto,
o loro delegati individuati nell'ambito delle rispettive Giunte.
Fino alla rideterminazione degli ambiti territoriali dei distretti
effettuata, ai sensi dell'art. 9 della L.R. 19/94 e successive
modificazioni, dalla Conferenza sanitaria territoriale, alle riunioni
dell'esecutivo partecipa comunque, oltre al Sindaco del Comune
capoluogo, almeno un Sindaco per distretto.
Spettano all'esecutivo, oltre alle funzioni istruttorie o di proposta
rispetto alle deliberazioni rimesse all'assemblea, le seguenti
funzioni, nell'ambito degli indirizzi elaborati, particolarmente in
ordine alla lett. b, dall'assemblea:
- di indirizzo e verifica periodica dell'attivita' delle Aziende
sanitarie presenti nell'ambito territoriale di riferimento, anche
formulando proprie valutazioni e proposte e trasmettendole alla
Regione (lett. b, comma 3, art. 11, L.R. 19/94 e successive
modificazioni);
- esprime parere obbligatorio sul piano programmatico, di cui
all'art. 5 della L.R. 50/94 e sui relativi aggiornamenti annuali
(lett. c);
- esprime parere obbligatorio sul bilancio pluriennale di previsione,
sul bilancio economico preventivo e sul bilancio di esercizio,
trasmettendo alla Regione eventuali osservazioni ai fini del
controllo esercitato dalla Giunta regionale a norma del comma 8
dell'art. 4 della Legge 412/91 (lett. d);
- esprime parere obbligatorio sugli accordi tra Aziende sanitarie e
Universita', attuativi dei protocolli di intesa tra Regione e
Universita' (lett. f);
- partecipa alla valutazione della funzionalita' dei servizi e alla
loro razionale distribuzione territoriale, utilizzando indicatori
omogenei di attivita' e di risultato definiti dalla Regione ed
eventualmente integrati dalle Aziende (lett. g);
- esprime parere sulla identificazione delle ZAS (Zone di azione per
la salute).
In definitiva - per riprendere la distinzione piu' sopra effettuata -
tutte le funzioni di natura consultiva e quelle di natura propulsiva
(nei suoi diversi aspetti di controllo, di proposta e verifica).
L'esecutivo relaziona periodicamente l'assemblea in ordine a lett. b
e lett. g ed assume le deliberazioni a maggioranza dei componenti
l'organo.
La Conferenza sanitaria territoriale nel suo plenum rimane titolare
delle funzioni di maggior significato istituzionale: approvazione del
Piano attuativo locale (e nel caso di inattuazione la richiesta di
revoca del Direttore generale e' effettuata dal plenum) e dei Piani
per la salute la cui elaborazione e' guidata dalla Conferenza, la
individuazione/modifica della delimitazione dei distretti,
l'elaborazione di indirizzi sull'integrazione sociosanitaria e
sull'attivita' delle Aziende sanitarie presenti nell'ambito
territoriale di riferimento.Su richiesta di un numero di componenti
l'assemblea che rappresenti 1/3 dei voti assegnati, una questione, di
norma rimessa all'esecutivo, puo' essere discussa dall'assemblea.
4) Rapporti con l'Azienda sanitaria
Per il regolare e ottimale funzionamento, la Conferenza sanitaria
territoriale si avvale, quale ordinaria soluzione organizzativa, di
uffici, strumenti (operativi e informativi) e professionalita' messi
a disposizione dall'Azienda sanitaria di riferimento che consentano
alla Conferenza medesima di poter svolgere in modo adeguato i propri
compiti relativamente alle funzioni attribuite. A tal fine una
apposita struttura tecnico operativa, composta al massimo da due
persone di cui una con funzioni di coordinamento e una con funzioni
di segreteria, costituisce il punto di riferimento e raccordo tra
Conferenza e Direzione generale dell'Azienda sanitaria. Il
coordinamento della struttura e' svolto da un dirigente dell'Azienda
sanitaria di riferimento ovvero da un collaboratore dell'Ente locale
con oneri non superiori a quelli del Dirigente di Unita' operativa
semplice. I costi relativi al funzionamento della Conferenza
sanitaria territoriale sono a totale carico dell'Azienda sanitaria.
5) Rapporti con il Comitato di distretto
Al Comitato di distretto il legislatore regionale, all'art. 9, comma
4 della L.R. 19/94 e successive modificazioni, riserva funzioni di
indirizzo e verifica sulla attivita' distrettuale e sui risultati
raggiunti rispetto alle esigenze locali. Tali funzioni - specificate
dal successivo comma 5 -, riguardando tutte le problematiche
sanitarie dell'ambito territoriale di riferimento, evidenziano il
forte rilievo attribuito al Comitato di distretto, quale organismo di
partecipazione dei Comuni alla definizione degli indirizzi a livello
distrettuale ed alla verifica sulla attuazione dei medesimi: sia,
dunque, nella fase a monte (programmazione) sia nella fase a valle
(verifica dei risultati conseguiti).
In particolare il programma delle attivita' territoriali, cosi' come
previsto dal DLgs 229/99, rappresenta l'atto esplicito della
programmazione negoziata attuata con le altre macrostrutture
aziendali e con i comuni sulla base delle risorse assegnate, tenuto
conto delle priorita' stabilite a livello regionale. Tale atto,
proposto dal Direttore di distretto e approvato dal Direttore
generale deve contenere il parere del Comitato di distretto e,
relativamente alle attivita' sociosanitarie, deve essere approvato
d'intesa con il medesimo.
Il piano di zona previsto dalla legge regionale di riforma
dell'assistenza, in corso di approvazione, individuera' le
disposizioni di coordinamento con il programma delle attivita'
territoriali per le attivita' socio-sanitarie.
La legge regionale non detta una disciplina specifica per quanto
riguarda l'organizzazione e il funzionamento del Comitato di
distretto. Gli stessi Sindaci che ne fanno parte, nel definire, con
proprio atto, regole e modalita' operative per l'esercizio delle
funzioni assegnate, potranno utilizzare, per quanto riguarda, ad
esempio, le modalita' di votazione, la delega per la partecipazione o
la previsione di un "esecutivo" del Comitato, le indicazioni
contenute nel presente atto, al fine di garantire omogeneita' di
funzionamento ad organismi (Conferenza e Comitato) che operano nel
medesimo territorio.
appena il caso di ribadire che ciascun Comune rimane titolare delle
proprie funzioni (ad esempio in materia socio-assistenziale o sulla
delega di tali funzioni all'Azienda sanitaria territoriale); in tal
caso le eventuali decisioni del Comitato di distretto devono essere
assunte con il consenso di tutti i Comuni interessati.
La lettura delle disposizioni concernenti le funzioni svolte dal
Comitato di distretto, vale a dire l'art 9 della L.R. 19/94 e
successive modificazioni e l'art. 3 quater del DLgs 502/92 e
successive modificazioni, e piu' in generale la lettura del Piano
sanitario nazionale e del Piano sanitario regionale, confermano che
la prospettiva adottata (di collegamento tra Azienda ed
Amministrazione locale) offre realmente lo spunto per la saldatura
effettiva tra utenti, servizio sanitario e territorio. Nella presente
direttiva ci si limita a fornire alcune indicazioni specificative
delineando, in particolare, le relazioni tra Comitato di distretto e
Conferenza sanitaria territoriale.
L'autonomia del Comitato di distretto nell'esercitare i poteri di
indirizzo e verifica nei confronti della Direzione distrettuale,
snodo essenziale tra Azienda sanitaria ed Enti territoriali, trova il
proprio limite nella esigenza di salvaguardia della unitarieta' degli
indirizzi della programmazione aziendale. Il Comitato di distretto
nell'esercizio delle funzioni di proposta e verifica in ordine ad
esempio a piani e programmi distrettuali definiti dalla
programmazione aziendale (lett. a, comma 5, art. 9) o sull'assetto
organizzativo e localizzazione di servizi (lett. d), non potra' non
tenere conto di quanto definito dall'organo di riferimento superiore
(in quanto competente sull'intero territorio dell'Azienda sanitaria)
in merito, per rimanere agli esempi, alla programmazione regionale e
locale (lett. a, comma 2, art. 11) o alla valutazione della
funzionalita' dei servizi e della loro razionale distribuzione sul
territorio (lett. g), ne' non attenersi agli indirizzi in materia di
integrazione sociosanitaria, da attuare in ambito distrettuale. Nel
contempo la Conferenza sanitaria territoriale, deputata a tradurre e
comporre le esigenze/bisogni di salute della collettivita' locale del
territorio di riferimento, nello svolgere le funzioni di verifica
della coerenza e compatibilita' della politica dei servizi alla
politica della salute espressa nei piani per la salute, non potra'
prescindere dalle specificita' emerse in ambito distrettuale,
veicolate dal Comitato di distretto.
La collaborazione ed il raccordo sia per quanto concerne la
partecipazione alla elaborazione degli obiettivi programmatici, sia
in termini aziendalistici, di valutazione sul conseguimento dei
risultati programmati, sia in termini politico-sociali, di sintonia
con le aspettative dei cittadini rappresentano il modo di operare
necessario alla coerenza del sistema sanitario, coerenza oggi
costruita in base al criterio di sussidiarieta'.
Bologna, li' 12 ottobre 2000