REGIONE EMILIA-ROMAGNA

ORDINANZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 15 dicembre 2000, n. 581

Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia), nonche' degli artt. 16 e 18, secondo comma della Legge della Regione Emilia-Romagna 15 febbraio 1994, n. 8 (Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attivita' venatoria), promosso con ordinanza emessa il 23 luglio 1999 dal Giudice di pace di Bologna nel procedimento civile vertente tra Boni Anna e la Provincia di Bologna

REPUBBLICA ITALIANA                                                             
In nome del Popolo Italiano                                                     
La Corte Costituzionale, composta dai signori:                                  
Fernando Santosuosso - Presidente; Massimo Vari; Riccardo Chieppa;              
Gustavo Zagrebelsky; Valerio Onida; Carlo Mezzanotte; Guido Neppi               
Modona; Piero Alberto Capotosti; Annibale Marini; Franco Bile;                  
Giovanni Maria Flick - giudici;                                                 
ha pronunciato la seguente:                                                     
ORDINANZA                                                                       
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della Legge            
27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per la               
protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia),               
nonche' degli artt. 16 e 18, secondo comma della Legge della Regione            
Emilia-Romagna 15 febbraio 1994, n. 8 (Disposizioni per la protezione           
della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attivita' venatoria),              
promosso con ordinanza emessa il 23 luglio 1999 dal Giudice di pace             
di Bologna nel procedimento civile vertente tra Boni Anna e la                  
Provincia di Bologna, iscritta al n. 41 del Registro ordinanze 2000 e           
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima                
serie speciale, dell'anno 2000.                                                 
Visti gli atti di intervento della Regione Emilia-Romagna e del                 
Presidente del Consiglio dei Ministri;                                          
udito nella Camera di Consiglio del 29 novembre 2000 il Giudice                 
relatore Fernando Santosuosso;                                                  
ritenuto che nel corso di un giudizio di risarcimento del danno                 
causato da un cinghiale nei confronti di un'autovettura il Giudice di           
pace di Bologna, con ordinanza del 23 luglio 1999 (pervenuta alla               
Cancelleria di questa Corte in data 24 gennaio 2000), ha sollevato              
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della Legge 27            
dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per la                  
protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia),               
nonche' degli artt. 16 e 18, secondo comma, della Legge della Regione           
Emilia-Rornagna 15 febbraio 1994, n. 8 (Disposizioni per la                     
protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attivita'               
venatoria), in riferimento agli artt. 3, primo comma, 32, primo                 
comma, e 42, secondo comma, della Costituzione;                                 
che, ad avviso del rimettente, nella giurisprudenza di legittimita'             
si afferma il principio secondo cui in caso di danni a persone e/o a            
cose causati da animali selvatici non sia applicabile l'art. 2052               
Codice civile e il conseguente regime di inversione dell'onere della            
prova, bensi' l'art. 2043 Codice civile, il che comporterebbe                   
l'applicazione della regola generale per cui incombe al danneggiato             
di provare, tra l'altro, la colpa della pubblica Amministrazione;               
che, pertanto, mentre il conduttore di attivita' agricola sarebbe               
esentato dal provare la responsabilita' della pubblica                          
Amministrazione per ottenere il risarcimento del danno prodotto da              
animali selvatici, il singolo danneggiato dagli stessi animali,                 
invece, dovrebbe fornire tale prova;                                            
che questa diversa disciplina sarebbe priva di ragionevolezza, atteso           
che il presente momento storico e' caratterizzato da una massiccia              
immissione di animali selvatici, specie nei parchi naturali, con                
forte incremento di incidenti stradali e danni a terzi;                         
che la normativa sopra citata, nella parte in cui "non prevede la               
risarcibilita' dei danni causati da animali selvatici a persone e/o a           
cose, alla stessa stregua della risarcibilita' prevista e                       
disciplinata per i danni alla produzione agricola", violerebbe il               
principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), nonche' la               
tutela della salute (art. 32, primo comma, Cost.) e quella della                
proprieta' privata (art. 42, secondo comma, Cost.);                             
che nel presente giudizio di legittimita' costituzionale e'                     
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e           
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per                
l'inammissibilita' o, in subordine, per l'infondatezza della                    
questione;                                                                      
che e' intervenuto il Presidente della Giunta regionale pro- tempore            
della Regione Emilia-Romagna, chiedendo analogamente che la questione           
sia dichiarata inammissibile e infondata.                                       
Considerato che, in ordine alle eccezioni di inammissibilita'                   
sollevate dalla difesa erariale e dalla Regione intervenuta,                    
principalmente appuntate sulla genericita' ed indeterminatezza della            
prospettazione del giudice a quo, questa Corte ritiene che le stesse            
siano prive di fondamento, in quanto dal contesto della motivazione             
del provvedimento di rimessione e' possibile evincere le disposizioni           
che il giudice a quo intende censurare, individuandole nell'art. 26             
della Legge n. 968 del 1977 (come sostituiti dalle omologhe                     
disposizioni della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 dettante "Norme per           
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo                 
venatorio") e negli artt. 16 e 18, secondo comma, della Legge della             
Regione Emilia- Romagna 15 febbraio 1994, n. 8 (nel suo testo                   
originario), essendo questo il complesso di norme che regolano il               
regime di accertamento e di ristoro dei pregiudizi alla produzione              
agricola derivanti dagli animali selvatici;                                     
che, pertanto, occorre esaminare nel merito la prospettata                      
violazione, da parte della normativa cosi' individuata, del principio           
di uguaglianza ex art. 3 Cost. nel non prevedere la risarcibilita'              
dei danni causati da animali selvatici a persone e/o a cose alla                
stessa stregua (e in particolare con lo stesso regime probatorio) di            
quello previsto dalle disposizioni citate per i danni alla produzione           
agricola, vulnus che sarebbe per il rimettente ancor piu' evidente              
alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale di legittimita' che            
ritiene applicabile alla specie il regime ordinario di                          
responsabilita' aquiliana ex art. 2043 Codice civile anziche' quello            
di cui all'art. 2052 dello stesso codice;                                       
che, ad avviso di questa Corte, l'esigenza di una parita' di                    
trattamento tra le situazioni di fatto - che si assumono analoghe -             
di chi patisce un danno alla produzione agricola e di chi invece vede           
danneggiata la propria persona o i propri beni dalla fauna selvatica            
non sussiste, atteso che non solo sono differenti le predette due               
fattispecie, ma la ratio della normativa denunciata risiede nella               
specificita' della protezione offerta in relazione ai danni subiti              
dalle produzioni agricole a causa della fauna selvatica; il                     
legislatore ha cioe' inteso approntare una peculiare tutela                     
all'agricoltura indennizzando gli effetti negativi ad essa derivanti            
dalla presenza di quegli animali sul territorio, presenza che                   
nell'attuale contesto storico sociale e' ritenuta meritevole di                 
protezione nel quadro di un armonico equilibrio ambientale;                     
che, considerata la natura speciale della indennizzabilita' prevista            
dalle disposizioni censurate, queste norme non possono essere estese            
oltre i casi espressamente previsti; ne' la loro irragionevolezza               
puo' essere ricollegata all'interpretazmone della giurisprudenza di             
legittimita' sull'art. 2052 Codice civile, secondo cui questa                   
disposizione e' applicabile solo in presenza di danni provocati da              
animali domestici con esclusione di quelli selvatici, per i quali si            
applica invece l'art. 2043 Codice civile; giurisprudenza che trova la           
sua giustificazione nella diversita' delle situazioni poste a                   
raffronto, atteso lo "stato di naturale liberta' che caratterizza la            
fauna selvatica";                                                               
che, in ordine alle ulteriori censure relative agli artt. 32 e 42               
della Costituzione, ritiene questa Corte che la possibilita' di                 
tutela generale ex art. 2043 Codice civile escluda la                           
configurabilita' dei lamentati vizi;                                            
che, pertanto, la questione sollevata deve ritenersi, sotto ogni                
profilo, manifestamente infondata.                                              
Visti gli artt. 26, secondo comma, della Legge 11 marzo 1953, n. 87,            
e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti               
alla Corte Costituzionale,                                                      
PER QUESTI MOTIVI                                                               
LA CORTE COSTITUZIONALE                                                         
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'              
costituzionale dell'art. 26 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157                
(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il               
prelievo venatorio) nonche' degli artt. 16 e 18 , secondo comma,                
della Legge della Regione Emilia-Romagna 15 febbraio 1994, n. 8                 
(Disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per                     
l'esercizio dell'attivita' venatoria) sollevata, in riferimento agli            
artt. 3, 32, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione,              
dal Giudice di pace di Bologna, con l'ordinanza di cui in epigrafe.             
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo            
della Consulta, il 15 dicembre 2000.                                            
PRESIDENTE E REDATTORE  CANCELLIERE                                             
Fernando Santosuosso  M.R. Fruscella                                            

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ultima modifica 2023-05-19T21:22:53+01:00

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