REGIONE EMILIA-ROMAGNA - DIFENSORE CIVICO REGIONALE

COMUNICATO

RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 1999 (art. 11 della L.R. 21 marzo 1995, n. 15)

Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta,               
signori Consiglieri regionali.                                                  
Ho il piacere di presentare con questa relazione i risultati                    
dell'attivita' da me svolta nel corso dell'anno 1999 come Difensore             
civico regionale.                                                               
Si tratta della prima volta in cui sono in grado di riesaminare nella           
relazione annuale l'esperienza di un intero anno di attivita': questa           
circostanza mi consente di compiere, in maniera piu' completa, una              
rimeditazione del quadro complessivo dell'attivita' svolta, di                  
riscontrare, con i dati alla mano, programmi, verifiche e                       
prospettive.                                                                    
1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO                                              
Mi sembra necessario, innanzi tutto, verificare, in un quadro piu'              
ampio, quali siano, a livello nazionale e locale, le prospettive                
dell'istituto del Difensore civico.                                             
Il quadro generale e' in continua evoluzione.                                   
Come e' noto, quella del Difensore civico e' una figura nuova nel               
nostro ordinamento, inserita come elemento di modificazione e di                
rottura con il passato, nel quadro ormai consolidato ed immobile da             
troppo tempo del nostro sistema amministrativo.                                 
Facendosi interprete di esigenze di rinnovamento, largamente diffuse            
nell'opinione pubblica e tra gli stessi addetti ai lavori, il                   
legislatore ai vari livelli sembra intenzionato a potenziare sempre             
di piu' l'istituto del Difensore civico, ad affidargli sempre                   
maggiori competenze.                                                            
Occorre pero' che queste modifiche - se e quando verranno - possano             
essere armonizzate nel quadro preesistente, senza creare conflitti              
pericolosi, e soprattutto che non vengano caricate sulla figura del             
Difensore civico competenze e attribuzioni che non puo' essere in               
grado di svolgere: sarebbe il peggior modo di rispondere a quelle               
esigenze diffuse nell'opinione pubblica cui facevo riferimento.                 
Sul piano nazionale, e' tuttora fermo, dal settembre 1998, alla                 
Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, per il parere di                
competenza, il testo unificato delle proposte di legge nn. 619 e                
abbinati.                                                                       
Tutto lascia quindi presagire che non sara' possibile un'approvazione           
di questo testo entro la data di scadenza della legislatura in corso,           
vanificando cosi' tutti gli sforzi, le proposte e le sollecitazioni             
posti in essere fino ad ora per potenziare l'istituto della difesa              
civica e coordinarlo nei suoi vari livelli di intervento.                       
Un aumento di competenze potrebbe derivare al Difensore civico dal              
disegno di legge n. 4375, presentato nel novembre 1999 dal Presidente           
del Consiglio dei Ministri, contenente disposizioni per la                      
delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti               
amministrativi - Legge di semplificazione 1999, in attuazione                   
dell'art. 20 della Legge n. 59 del 1997. In questo testo e' inserita            
una norma, l'art. 13, che attribuisce una nuova competenza specifica            
ai Difensori civici, regionali, provinciali e comunali, in materia di           
accesso ai documenti amministrativi.                                            
Questa normativa prevede la possibilita' di ricorrere al Difensore              
civico, oltre che al giudice amministrativo, in caso di diniego del             
diritto di accesso agli atti e documenti dell'amministrazione: tutto            
cio' e' la riprova del fatto che, seppur marginalmente e con                    
provvedimenti episodici, il legislatore nazionale dimostra                      
l'intendimento di voler valorizzare l'apporto del Difensore civico              
nell'ambito del piu' generale disegno di semplificazione e                      
snellimento dei procedimenti amministrativi.                                    
Anche il legislatore regionale ha dimostrato il proprio apprezzamento           
nei confronti di questo istituto attribuendo, con L.R. 22 novembre              
1999, n. 34, al Difensore civico pro tempore la presidenza della                
Commissione per i procedimenti referendari e d'iniziativa popolare,             
quale organo autonomo ed indipendente della Regione incaricato di               
giudicare l'ammissibilita' delle proposte di iniziativa popolare e              
l'ammissibilita' delle richieste di referendum abrogativi, nonche' di           
rendere i pareri previsti dalla stessa normativa.                               
Come e' intuibile, si tratta di un compito di rilevante significato e           
di notevole impegno, sia per il Difensore civico che per l'ufficio              
nel suo complesso: il primo in quanto chiamato a svolgere funzioni di           
estrema delicatezza, trattandosi appunto di garantire l'esercizio dei           
fondamentali diritti politici attribuiti ai cittadini                           
emiliano-romagnoli; la struttura in quanto dovra' compiere un                   
notevole sforzo per fornire un adeguato supporto logistico per la               
gestione delle stessa commissione, in tutti i suoi molteplici                   
adempimenti.                                                                    
2. DATI STATISTICI                                                              
Nell'anno trascorso ho riscontrato un sensibile incremento                      
complessivo del ricorso dei cittadini al servizio di difesa civica,             
come dimostrano i dati statistici che di seguito espongo.                       
Si tratta di un significativo riconoscimento del gradimento costante,           
da parte dei cittadini, dell'attivita' complessivamente resa dalla              
struttura nel ricercare soluzioni positive per loro.                            
I procedimenti formalizzati nel 1999 sono stati 1218 (rispetto ai 776           
reclami formalizzati nel 1998). In 389 di questi 1218 procedimenti              
sono state fornite agli interessati delucidazioni o informazioni,               
oralmente o per lettera, e non vi e' stata la necessita' di avviare             
un'istruttoria scritta nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.           
A questo dato si deve aggiungere l'attivita' di consulenza, che si e'           
concretata in telefonate o colloqui e che, seppur non formalizzata,             
ha richiesto alla struttura un notevole dispendio di tempo e                    
d'impegno. In via approssimativa, le consulenze prestate in via breve           
possono essere quantificate in circa 600.                                       
Per quanto concerne i procedimenti formalizzati, essi possono essere            
cosi' raggruppati, secondo il destinatario o la natura                          
dell'intervento:                                                                
- 276 procedimenti sono stati posti in essere nella veste di                    
Difensore civico regionale;                                                     
- 342 per la difesa civica dei Comuni convenzionati;                            
- 150 sono stati rivolti a Comuni ubicati sia nel territorio                    
regionale che in altre regioni;                                                 
- 334 hanno interessato le Amministrazioni statali periferiche e                
altri enti pubblici ubicati nella regione;                                      
- 3 sono stati iniziati a richiesta di privati per la nomina di un              
commissario ad acta;                                                            
- 26 procedimenti sono stati trasmessi per competenza ad altro                  
Difensore civico regionale, provinciale o comunale;                             
- 87 reclami attenevano a problematiche di diritto privato e,                   
pertanto, non e' stato possibile l'intervento. Tuttavia, agli                   
interessati sono state fornite informazioni e suggerimenti, in alcuni           
casi anche con lettera.                                                         
Scendendo all'analisi dei procedimenti, si rileva che in 6 casi il              
Difensore civico e' intervenuto d'ufficio, avendo acquisito la                  
notizia dai quotidiani o comunque aliunde.                                      
I procedimenti posti in essere nei confronti dell'Amministrazione               
regionale e degli enti, istituti, consorzi ed aziende dipendenti o              
sottoposti a vigilanza o controllo, possono essere classificati per             
materia come segue:                                                             
Agricoltura e foreste  4                                                        
Ambiente  6                                                                     
Caccia pesca  2                                                                 
Commercio  2                                                                    
Concorsi  5                                                                     
Energia  2                                                                      
Inquinamento  12                                                                
Accesso atti  9                                                                 
Lavoro  4                                                                       
Opere lavori pubblici  3                                                        
Responsabilita' PA  5                                                           
Riscaldamento termico  1                                                        
Servizi sociali  16                                                             
Trasporti pubblici  18                                                          
Urbanistica edilizia  11                                                        
Viabilita' circolazione  2                                                      
ARSTUD  22                                                                      
Consorzi  11                                                                    
IACP  33                                                                        
AUSL  103                                                                       
Dei suddetti reclami, al 31 dicembre 1999 risultavano:                          
- n. 64 non sono conclusi                                                       
- n. 16 sono stati conclusi con esito positivo con l'accoglimento               
della raccomandazione del Difensore civico                                      
- n. 80 sono stati conclusi per collaborazione della pubblica                   
Amministrazione                                                                 
- n. 29 sono stati conclusi con esito negativo per infondatezza del             
reclamo                                                                         
- n. 9 sono stati conclusi con dissenso motivato della pubblica                 
Amministrazione e non condiviso dal Difensore civico.                           
Sono stati archiviati:                                                          
- n. 7, dopo attenta osservazione, per inammissibilita'                         
- n. 15 per rinuncia, da parte del cittadino, alla richiesta                    
d'intervento                                                                    
- n. 56 dopo aver fornito consigli, informazioni e delucidazioni agli           
interessati.                                                                    
I procedimenti posti in essere nei confronti di Enti locali non                 
convenzionati possono essere classificati per materia come segue:               
Agricoltura foreste  2                                                          
Ambiente igiene pubblica  6                                                     
Aziende municipalizzate servizi pubblici  5                                     
Caccia  1                                                                       
Cimiteri  1                                                                     
Commercio  3                                                                    
Concessione suolo pubblico  1                                                   
Concorsi  4                                                                     
Demanio patrimonio  1                                                           
ERP  1                                                                          
Farmacie comunali  1                                                            
Giardini parchi pubblici  2                                                     
Inquinamento  9                                                                 
Accesso atti  6                                                                 
Lavoro  1                                                                       
Opere lavori pubblici  13                                                       
Polizia municipale traffico  9                                                  
Protezione civile  2                                                            
Responsabilita' PA  5                                                           
Servizi sociali  7                                                              
Scuole comunali  4                                                              
Sport tempo libero  2                                                           
Tributi  16                                                                     
Urbanistica edilizia  22                                                        
Viabilita' circolazione  6                                                      
Altre  20                                                                       
Dei suddetti procedimenti:                                                      
- 31 non sono conclusi                                                          
- 10 sono stati conclusi con esito positivo con l'accoglimento della            
raccomandazione del Difensore civico                                            
- 38 sono stati conclusi per collaborazione della pubblica                      
Amministrazione                                                                 
- 14 sono stati conclusi con esito negativo per infondatezza del                
reclamo                                                                         
- 1 sono stati conclusi con dissenso motivato della pubblica                    
Amministrazione e non condiviso dal Difensore civico.                           
Sono stati archiviati:                                                          
- n. 1, dopo attenta osservazione, per inammissibilita'                         
- n. 7 per rinuncia, da parte del cittadino, alla richiesta                     
d'intervento                                                                    
- n. 40 dopo aver dato consigli, informazioni e delucidazioni agli              
interessati.                                                                    
Infine i procedimenti posti in essere nei confronti delle                       
Amministrazioni periferiche dello Stato possono esser suddivisi per             
materia (e in alcuni casi per ente) come segue:                                 
Provincia  23                                                                   
Aziende erogatrici servizi pubblici  11                                         
Commercio  4                                                                    
Questura  1                                                                     
Concorsi statali  4                                                             
Beni culturali  2                                                               
Demanio  1                                                                      
Esproprio PU  6                                                                 
Giustizia  13                                                                   
Immigrazione  5                                                                 
Accesso atti  7                                                                 
Monopoli Stato  1                                                               
Lavoro  10                                                                      
Questioni previdenziali  78                                                     
Questioni tributarie  80                                                        
Prefettura  20                                                                  
Tesoro  6                                                                       
Ministero Trasporti  8                                                          
Pubblica Istruzione  9                                                          
Questioni militari  4                                                           
Responsabilita' PA  5                                                           
Sanzioni amministrative  13                                                     
Scuole statali  9                                                               
Questioni tributarie  80                                                        
Altre  14                                                                       
Dei suddetti procedimenti:                                                      
- 56 non sono conclusi                                                          
- 33 sono stati conclusi con esito positivo con l'accoglimento della            
raccomandazione del Difensore civico                                            
- 61 sono stati conclusi per collaborazione della pubblica                      
Amministrazione                                                                 
- 24 sono stati conclusi con esito negativo per infondatezza del                
reclamo                                                                         
- 7 sono stati conclusi con dissenso motivato della pubblica                    
Amministrazione e non condiviso dal Difensore civico                            
- 4 sono stati conclusi per mancata collaborazione della pubblica               
Amministrazione.                                                                
Sono stati archiviati:                                                          
- n. 7 dopo attenta osservazione, per inammissibilita' del reclamo              
- n. 22 per rinuncia, da parte del cittadino, alla richiesta                    
d'intervento                                                                    
- n. 120 dopo aver fornito consigli, informazioni e delucidazioni               
agli interessati.                                                               
3. ATTIVITA' E STRATEGIE OPERATIVE                                              
Nella precedente relazione per l'anno 1998 mi ero soffermata                    
dettagliatamente sulle procedure di lavoro e le strategie operative             
dell'ufficio, dando conto delle motivazioni e delle regole del mio              
operare.                                                                        
Nel corso del 1999 non ho ritenuto di discostarmi da esse,                      
ritenendole adeguate alle finalita' da raggiungere: se mai, ho                  
cercato di affinare le tecniche di approccio al problema e alle                 
persone (funzionari e dirigenti dell'Amministrazione pubblica,                  
cittadini che richiedono il mio intervento).                                    
Mi sono sforzata di trovare un punto di intesa ed una collaborazione            
con tutti, convinta come sono dell'importanza del rapporto personale            
come veicolo idoneo a risolvere la maggior parte delle situazioni.              
Laddove, in pochi casi, questo non e' riuscito, me ne rammarico                 
perche' forse la mia naturale impetuosita' non mi ha permesso di                
risolvere positivamente una pratica o una situazione.                           
E' da aggiungere che, laddove i cittadini mi sottoponevano                      
fattispecie di particolare interesse, ho costantemente cercato di               
enucleare dalla soluzione del singolo caso prospettato un paradigma             
generale, valevole per casi analoghi, utilizzando il mio osservatorio           
privilegiato dei rapporti tra i singoli e l'amministrazione come                
strumento di verifica e di sollecitazione di comportamenti                      
complessivi della pubblica Amministrazione nonche' di proposta di               
nuovi modelli organizzativi.                                                    
Ho anche curato costantemente l'immagine esterna dell'istituto, al              
fine di farlo conoscere sempre di piu' ai cittadini                             
emiliano-romagnoli, affinche' ne potessero trarre la maggiore                   
possibile utilita'.                                                             
A tal fine, oltre ad aver curato, come in passato, i rapporti a                 
livello istituzionale con le varie autorita' pubbliche, ho promosso             
alcune iniziative di carattere promozionale, quali le locandine                 
affisse per alcuni mesi in tutti i mezzi dell'ATC di Bologna, la                
diffusione di un audiovisivo pubblicitario, la partecipazione a                 
convegni.                                                                       
Ho anche ottenuto dall'Amministrazione regionale l'istituzione di una           
linea telefonica gratuita (numero verde), cosi' da consentire a tutti           
gli interessati di accedere gratuitamente al servizio offerto da                
questo istituto.                                                                
Durante l'anno ho mantenuto frequenti rapporti con i Difensori civici           
locali dell'Emilia-Romagna, sia attraverso un incontro tenutosi a               
Bologna, nel corso del quale sono stati discussi in particolare i               
problemi comuni a tutti i Difensori civici, sia soprattutto con                 
frequenti telefonate e scambi epistolari di informazioni, proposte e            
richieste di intervento.                                                        
Ho inoltre proseguito la mia partecipazione alle riunioni di                    
coordinamento dei Difensori civici regionali, che nel corso del 1999            
sono state numerose e costruttive; ho inoltre partecipato alla                  
Conferenza europea tenutasi a Firenze nel novembre, che aveva per               
oggetto "La difesa civica regionale nell'Europa delle regioni".                 
Mentre e' stato giocoforza ridurre le occasioni di incontro con gli             
studenti delle scuole della provincia di Bologna, per ristrettezza di           
tempo rispetto agli impegni assunti, ho proseguito nella                        
partecipazione ad incontri, conferenze, interventi televisivi e                 
radiofonici rivolti a promuovere l'immagine e la conoscenza                     
dell'istituto.                                                                  
Pur nella consapevolezza dell'inadeguatezza degli sforzi miei e dei             
miei validissimi collaboratori, ai quali va tutta la mia stima e                
riconoscenza per l'impegno profuso e la qualita' del lavoro svolto,             
ho avuto la soddisfazione di ricevere una collaborazione da parte dei           
miei interlocutori pressoche' sempre aperta, disponibile, fattiva.              
4. ALCUNE ESEMPLIFICAZIONI DI INTERVENTI TRATTATI COME DIFENSORE                
CIVICO REGIONALE                                                                
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale "Organizzazione"                    
N. 1/99                                                                         
Mi veniva segnalata un'anomalia nell'iter procedimentale di un                  
concorso regionale per la copertura di posti di VIII qualifica, in              
quanto un comunicato del Responsabile del Servizio regionale                    
competente sembrava introdurre, nella sostanza, una modificazione al            
bando di concorso.                                                              
Questo comunicato, infatti, attribuiva alle Commissioni giudicatrici            
la facolta' di integrare la prova preselettiva con altra diversa, che           
sarebbe potuta valere come prova concorsuale, nel caso in cui si                
fosse presentato un numero di candidati inferiore a quello indicato             
nel comunicato stesso.                                                          
Esprimevo pertanto all'amministrazione le mie perplessita' sulla                
legittimita' di una simile procedura, la quale sembrava integrare e             
quasi stravolgere il bando di concorso a suo tempo approvato dalla              
Giunta regionale.                                                               
L'amministrazione mi precisava che la nuova procedura era stata                 
richiesta da alcune Commissioni di esami le quali, dopo aver                    
riscontrato una partecipazione veramente esigua di candidati alla               
prova preselettiva, avevano richiesto di utilizzare la stessa come              
prova scritta, evitando con cio' un dispendio di risorse.                       
A questa richiesta l'amministrazione non aveva ritenuto di aderire,             
dato che i candidati erano gia' stati convocati solamente per la                
prova preselettiva. Peraltro, sempre con lo stesso comunicato                   
l'amministrazione aveva ritenuto di rimettere alle Commissioni di               
concorso la facolta' di decidere se procedere o meno alla prova                 
selettiva integrata, valida quale prova concorsuale a tutti gli                 
effetti.                                                                        
Secondo l'amministrazione, la modalita' proposta non risultava lesiva           
dei diritti dei candidati, in quanto le materie oggetto della prova             
preselettiva e della prova d'esame erano le stesse. Al contrario, lo            
snellimento e la maggior funzionalita' della procedura sarebbero                
risultate vantaggiose per i candidati. In ogni caso, le Commissioni             
esaminatrici erano intenzionate a non avvalersi della modalita'                 
prevista nello stesso comunicato.                                               
Preso atto con soddisfazione di quest'ultima precisazione, ribadivo             
all'amministrazione, in linea di principio, le mie perplessita' sulla           
possibilita' di modificare il bando di concorso con atto del                    
Responsabile del Servizio, rilevando che, in questo modo, i                     
concorrenti sarebbero stati convocati senza sapere a quale tipo di              
prova sarebbero stati sottoposti, se si fosse trattato cioe' di                 
preselezione valida ai soli fini dell'ammissibilita' o di una prova             
valida ai fini dell'esito del concorso.                                         
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Programmazione e                    
Pianificazione urbanistica - Servizio Qualita' edilizia                         
N. 255/99                                                                       
Con deliberazione n. 1009 del 1998 il Consiglio regionale elevava,              
con effetto dall'1 gennaio 1999, il limite di reddito per l'accesso             
all'edilizia residenziale pubblica, rinviando ad un successivo                  
provvedimento l'utilizzo di questo nuovo limite per ridefinire le               
fasce di reddito ed il correlato canone di locazione.                           
Nel marzo 1999 una signora, assegnataria di alloggio di edilizia                
residenziale pubblica, mi chiedeva di intervenire facendo presente              
che, proprio a seguito del mancato aggiornamento della fascia B), un            
modesto incremento del reddito del suo nucleo familiare aveva                   
determinato un suo riposizionamento nella fascia superiore, con un              
incremento del canone da Lire 477.298 a Lire 763.676.                           
Chiedevo allora alla Direzione generale Programmazione e                        
Pianificazione urbanistica - Servizio Qualita' edilizia, notizie sui            
tempi di adozione del provvedimento di ridefinizione delle nuove                
fasce.                                                                          
Finalmente, nel giugno 1999, il Servizio regionale rispondeva che,              
con la deliberazione del 1998, il Consiglio regionale aveva                     
manifestato la volonta' politica di ampliare l'accesso all'edilizia             
residenziale pubblica attraverso l'elevazione del limite di reddito             
mentre, facendo uso della propria discrezionalita' in materia, aveva            
tralasciato gli altri effetti previsti dalla normativa vigente.                 
Controbattevo in proposito al Servizio che l'adozione del                       
provvedimento da me sollecitato derivava da un preciso obbligo di               
legge, che non lasciava all'Amministrazione regionale alcun margine             
di discrezionalita' ne' sull'an ne' su quantum ne' tantomeno sulla              
decorrenza: questa non poteva essere che quella stessa del nuovo                
limite per l'accesso.                                                           
Come previsto dal terzo comma dell'art. 40 della L.R. 12/84, la                 
fascia B) includeva, infatti, i redditi compresi tra il limite                  
superiore della fascia A) e il limite di reddito per la decadenza               
disposto dall'art. 23. Dato che il limite di reddito per la decadenza           
era fissato nel doppio del limite di reddito per l'accesso,                     
l'incremento di quest'ultimo comportava obbligatoriamente l'aumento             
sia del limite di reddito per la decadenza che quello dell'importo              
superiore della fascia B) e di quello inferiore della fascia C).                
Facevo inoltre presente che, come e' intuibile, la questione                    
coinvolgeva le posizioni di migliaia di assegnatari di edilizia                 
residenziale pubblica i quali, a seguito della mancata ridefinizione            
delle fasce di reddito, erano costretti a corrispondere agli Istituti           
autonomi case popolari della regione canoni di locazione superiori a            
quanto dovuto.                                                                  
La questione si e' trascinata per diversi mesi senza pervenire ad               
alcun risultato.                                                                
Peraltro, proprio in questi giorni il Consiglio regionale ha                    
modificato, con Legge n. 8 del 25 febbraio 2000, i termini della                
questione: infatti, l'art. 6 della citata normativa attribuisce al              
Consiglio regionale il potere di stabilire una decorrenza della                 
rideterminazione delle fasce di reddito e dei canoni di locazione               
diversa da quella fissata per l'incremento del limite reddituale di             
accesso all'edilizia residenziale pubblica.                                     
In attuazione della nuova previsione il Consiglio regionale, con                
deliberazione 1400/00, ha fissato all'1 gennaio 2001 il termine per             
l'utilizzazione, anche per la determinazione delle fasce reddituali,            
dei nuovi limiti di reddito fissati nel 1998 per l'accesso                      
all'edilizia residenziale pubblica.                                             
Devo ritenere che tale modifica legislativa e la conseguente                    
deliberazione consiliare siano finalizzate a superare i rilievi che             
ho proposto in passato.                                                         
In realta', la modifica apportata con la L.R. 6/00 potra' essere                
applicata solamente per il futuro, allorche' l'Amministrazione                  
fissera' un nuovo limite di reddito per l'accesso per l'edilizia                
residenziale pubblica.                                                          
Al contrario, non appare legittimo l'utilizzo del limite fissato nel            
1998 per ricollegare ad esso gli effetti previsti dalla nuova                   
normativa: nel 1998, del resto, vigeva una normativa diversa, che non           
consentiva decorrenze differenziate per l'aggiornamento dei limiti di           
reddito per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica e per la               
rideterminazione dei canoni.                                                    
A mio parere, gli assegnatari hanno infatti maturato dall'1 gennaio             
1999, in base ad un obbligo sancito dagli artt. 40, comma 3, 43 e 23,           
comma 1, della L.R. n. 12 del 1984, un diritto soggettivo perfetto ad           
essere ricollocati nelle nuove fasce di reddito ridefinite verso                
l'alto.                                                                         
Questo diritto non puo' essere vanificato oggi neppure dalla nuova              
normativa.                                                                      
Resta peraltro impregiudicato, e su questo richiamo in particolare              
l'attenzione dell'Amministrazione regionale, il problema da me                  
sollevato, e le conseguenti responsabilita', civili e contabili, che            
ne possono scaturire a suo carico.                                              
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Programmazione e                    
Pianificazione urbanistica - Servizio Programmi edilizi                         
N. 173/99                                                                       
Nella relazione sull'attivita' svolta dal Difensore civico regionale            
nell'anno 1998 davo conto di numerosi interventi a favore di                    
cittadini emiliano-romagnoli ai quali era stata richiesta la                    
restituzione di somme, spesso di importo elevato, in quanto a partire           
dal 1983 l'Amministrazione regionale aveva applicato loro dei tassi             
di interesse meno elevati di quelli dovuti.                                     
Il mio intervento aveva assunto una valenza di carattere generale,              
che ricomprendeva tutte le situazioni, anche quelle dei soggetti che            
non si erano rivolti a me.                                                      
La richiesta minimale che avevo presentato all'Amministrazione                  
regionale, era di rideterminare tutte le relative posizioni debitorie           
applicando la prescrizione decennale.                                           
Questa richiesta, ripetutamente reiterata, non era stata accolta.               
Peraltro, in occasione della adozione della normativa regionale in              
materia di riforma del sistema regionale e locale (L.R. 21 aprile               
1999, n. 3) il Consiglio regionale ha opportunamente introdotto una             
norma, l'art. 97, che consente all'Amministrazione, nell'ambito della           
gestione dei contributi pubblici di edilizia agevolata, di provvedere           
al recupero di somme risultanti da crediti accertati, limitatamente a           
quelli non prescritti.                                                          
In tale modo e' stata risolta, almeno in parte, una situazione di               
estrema tensione che si era determinata tra l'Amministrazione e i               
cittadini coinvolti, sui quali erano venute a ricadere, senza loro              
colpa, le conseguenze dell'inefficienza dell'apparato burocratico.              
Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Cultura e Turismo                   
N. 181/99                                                                       
La Presidente di una Commissione regionale mi ha chiesto di                     
intervenire per sollecitare l'assegnazione alla sua struttura di                
personale adeguato, quanto a capacita' e numero, per consentire cosi'           
alla Commissione di poter svolgere al meglio le proprie attivita'               
istituzionali.                                                                  
Inoltre, la funzionalita' di quella Commissione risultava compromessa           
dall'inammissibile ritardo con il quale venivano corrisposti i                  
compensi e i rimborsi spese a favore dei componenti della                       
Commissione: fino a quel momento, infatti, erano stati corrisposti              
solamente gli importi relativi al 1996, mentre ancora non erano stati           
liquidati quelli relativi al 1997 e 1998.                                       
In risposta alla mia segnalazione la Direzione generale Cultura e               
Turismo sottolineava che la carenza di personale esistente in tutta             
la Direzione aveva reso difficoltosa la sostituzione della dirigente            
della struttura di supporto della Commissione, di recente trasferita            
ad altro incarico.                                                              
In ogni caso, la stessa Direzione assicurava l'immediata messa a                
disposizione di due unita' operative per sopperire alle necessita'              
piu' immediate.                                                                 
Quanto poi al problema della liquidazione delle competenze arretrate            
spettanti ai componenti della Commissione, era stata predisposta                
proprio in quei giorni la liquidazione delle competenze per il 1997,            
mentre per il 1998 non era ancora possibile perche' solamente la                
Presidente aveva presentato la documentazione necessaria.                       
La struttura inoltre aveva gia' predisposto una determinazione                  
d'impegno per l'esercizio 1999, cosi' da consentire ai componenti di            
fruire di anticipazioni di cassa per l'ipotesi di trasferte fuori               
sede.                                                                           
Azienda Ospedaliera di Bologna - Policlinico Sant'Orsola-Malpighi               
N. 306/99                                                                       
Una signora e' venuta ad espormi il caso del proprio fratello, le cui           
condizioni di salute avevano reso necessario il ricovero d'urgenza.             
Nonostante l'eta' e la situazione particolare - si trattava, infatti,           
di un invalido di circa trent'anni, affetto da sindrome di Down - era           
stato ricoverato presso la Divisione di Geriatria, in una camera a              
sei letti.                                                                      
Una simile collocazione, ovviamente, era del tutto inidonea per quel            
tipo di paziente, incapace di parlare e di stare fermo, portato a               
toccare e magari lanciare gli oggetti, con intuibile rischio per gli            
altri pazienti, anziani e anche gravi, che si trovavano nella stessa            
camera con lui.                                                                 
Anche la successiva collocazione (in un corridoio|) aveva creato                
problemi sia all'invalido che agli altri pazienti ugualmente                    
ricoverati nel corridoio.                                                       
Come conseguenza della situazione, il paziente urlava, piangeva,                
voleva andarsene. Veniva percio' ricoverato in un ambulatorio, tra le           
attrezzature e il materiale sanitario.                                          
La sorella allora, al quarto giorno di ricovero e preso atto che poco           
era stato fatto per curare la sua malattia, aveva chiesto ed ottenuto           
che fosse dimesso per poterlo curare a domicilio.                               
In relazione a questo episodio ho fatto presente all'Amministrazione            
che, pur non potendosi fare carico alla struttura per una                       
sistemazione del paziente del tutto inadeguata, ma evidentemente                
necessitata dalla carenza di spazi, forse poteva essere fatto                   
qualcosa di piu', almeno sotto il profilo umano.                                
Quello che peraltro desidero porre in evidenza in questo momento e'             
lo sgomento che nasce spontaneo nel trattare simili episodi, nel                
verificare cioe' che le nostre strutture sono impreparate per                   
accogliere un disabile grave, non sono in grado di riservargli ne'              
spazi adeguati ne' quella particolare attenzione che simili pazienti            
richiedono.                                                                     
Fortunatamente l'Azienda mi ha segnalato che, per quanto concerne i             
pazienti minorenni portatori di gravi forme di handicap, qualcosa si            
sta facendo per individuare percorsi idonei, anche attraverso un                
gruppo di studio nominato a livello cittadino.                                  
Manca invece, e a questa carenza si dovrebbe ovviare con ogni mezzo,            
un progetto per l'handicap adulto, per il quale l'Azienda Ospedaliera           
pure si dichiara disponibile ad attuare le opportune iniziative.                
A seguito di questa vicenda e' stato raggiunto peraltro un risultato            
concreto, seppur molto parziale, con la predisposizione di un                   
protocollo operativo tra la Direzione ospedaliera ed un Distretto               
sanitario per l'ipotesi di ricovero ospedaliero dei pazienti di                 
alcune residenze socio-riabilitative.                                           
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna                         
N. 34/99                                                                        
Il Centro per i diritti del malato presso l'Ospedale                            
Sant'Orsola-Malpighi ha chiesto il mio intervento in favore di una              
signora la quale, non essendo riuscita a prenotare l'ecografia per la           
ventesima settimana di gravidanza, si era rivolta ad una struttura              
privata, ed ora chiedeva inutilmente all'Azienda Unita' sanitaria               
locale della Citta' di Bologna il rimborso di quanto pagato.                    
Alla mia segnalazione l'Azienda rispondeva che il rimborso non era              
possibile in quanto l'ecografia era stata effettuata presso una                 
struttura non accreditata e che, d'altro canto, dal gennaio 1998 non            
erano ammesse prestazioni specialistiche ambulatoriali in assistenza            
indiretta.                                                                      
Insistevo allora nella mia richiesta sottolineando che la signora si            
era rivolta alla struttura privata per ottenere una prestazione che             
il Servizio sanitario era tenuto ad erogare nei tempi previsti dai              
relativi "Protocolli di accesso per esami di laboratorio e                      
diagnostica strumentale a tutela della maternita'", non quindi per              
sua scelta ma esclusivamente in conseguenza dei disservizi delle                
strutture pubbliche. In una simile situazione il rimborso del costo             
della prestazione rappresentava puramente e semplicemente il                    
risarcimento dell'onere ingiustamente sostenuto.                                
Riesaminata la situazione complessiva, l'Azienda riconosceva che, al            
di la' del dato meramente formale, il diritto alla salute andava                
tutelato compiutamente, e di conseguenza provvedeva al rimborso                 
totale delle spese sostenute dalla signora.                                     
Azienda Unita' sanitaria locale della Citta' di Bologna -  Distretto            
Santo Stefano - Savena                                                          
N. 429/99                                                                       
Un'anziana signora ha chiesto il mio intervento in quanto, per ben              
due volte, aveva sottoscritto un contratto per l'assistenza a casa              
del proprio marito, anziano e non autosufficiente, nell'ambito del              
programma di assistenza elaborato dall'Unita' di Valutazione                    
Geriatrica del Distretto Santo Stefano - Savena.                                
Come aveva successivamente appreso, il contributo a lei spettante, in           
base alla normativa regionale in materia doveva ammontare a Lire                
20.000 al giorno, mentre in realta' a lei erano state corrisposte               
soltanto Lire 14.000/giorno.                                                    
Avendo verificato personalmente la documentazione che l'interessata             
aveva prodotto, in effetti riscontravo, dall'allegato sia al primo              
che al secondo contratto, che le prestazioni assistenziali elencate             
nel programma che costituiva parte integrante del contratto stesso              
erano ricomprese nella tipologia A), per la quale una deliberazione             
regionale in materia prevedeva l'assegno di Lire 20.000.                        
Se peraltro poteva essere ipotizzabile, come sostenuto dalla                    
struttura sanitaria, un errore nella barratura del prospetto,                   
risultava difficile ipotizzare un errore ripetuto in due distinte e             
successive occasioni, anche perche' il personale della struttura                
stessa ben sapeva dell'esistenza di diversi livelli di                          
autosufficienza e di connesse prestazioni.                                      
Nonostante le mie ripetute insistenze il Distretto non ha deflettuto            
dalla sua posizione, sostenendo sempre la correttezza del proprio               
operato.                                                                        
Di fronte alla circostanza inequivocabile che, per ben due volte, la            
struttura ha predisposto la modulistica contrattuale nel senso di               
riconoscere le prestazioni maggiori, suscitando cosi' nell'assistito            
un'aspettativa poi disattesa, una simile presa di posizione non puo'            
che lasciarmi completamente dissenziente.                                       
Azienda Unita' sanitaria locale di Bologna Sud - Distretto di                   
Casalecchio di Reno                                                             
N. 436/99                                                                       
Un invalido con amputazione bilaterale agli arti inferiori chiedeva             
al Distretto sanitario competente l'autorizzazione ad acquistare una            
protesi presso una ditta diversa da quella autorizzata in precedenza,           
in quanto la protesi predisposta dalla prima ditta era risultata                
inadeguata.                                                                     
Alla mia richiesta in questo senso l'Azienda mi informava che aveva             
gia' corrisposto al fornitore, per la prima protesi, l'80% del prezzo           
previsto dal Nomenclatore tariffario.                                           
Ciononostante, si rendeva disponibile a riconsiderare la richiesta              
del paziente, previa verifica dell'inadeguatezza della protesi                  
originaria, e richiedeva un preventivo a questo fine.                           
L'Azienda precisava inoltre che, in simili casi, il costo della                 
protesi viene corrisposto direttamente dall'Azienda, alla quale la              
ditta fornitrice deve intestare ed inviare la relativa fattura.                 
Apprendevo invece, nel frattempo, che l'interessato aveva gia'                  
acquistato e pagato questa seconda protesi|                                     
In questo frangente e' venuta in luce tutta la sensibilita' e                   
disponibilita' del Responsabile del Distretto sanitario nei confronti           
di un paziente che, a causa della sua grave menomazione, aveva gia'             
in passato contestato e rifiutato di collaborare con la struttura.              
Il Responsabile infatti, in via eccezionale, ha disposto la sanatoria           
della situazione provvedendo al rimborso della protesi a favore                 
dell'invalido.                                                                  
Azienda Unita' sanitaria locale di Ravenna                                      
N. 608/99                                                                       
Il figlio di due anziani, residenti in provincia di Ravenna ma                  
ospitati in una struttura protetta ubicata nel territorio                       
dell'Azienda Unita' sanitaria locale di Forli', mi chiedeva di                  
verificare presso l'Azienda Unita' sanitaria locale di Ravenna i                
motivi per i quali quest'ultima non provvedeva a corrispondere alla             
struttura stessa gli importi per oneri a rilievo sanitario relativi             
ai due anziani.                                                                 
Quale conseguenza di tale omissione, l'interessato ipotizzava che               
l'istituzione potesse richiedere a lui a lui stesso gli importi                 
relativi.                                                                       
A seguito del mio intervento, l'Azienda Unita' sanitaria locale di              
Ravenna chiedeva il parere della Regione Emilia-Romagna - Direzione             
generale Sanita' e Servizi sociali -, eccependo che l'Azienda Unita'            
sanitaria locale di Forli' non aveva rispettato il percorso operativo           
indicato in una circolare regionale del 1997 - in base alla quale               
l'Unita' Valutazione Geriatrica dell'Unita' sanitaria locale di                 
Forli' avrebbe dovuto, prima di adottare i provvedimenti di                     
competenza, contattare il Servizio Assistenza anziani della Unita'              
sanitaria locale ravennate, anche al fine di valutare le alternative            
residenziali esistenti nel territorio di residenza degli anziani.               
La Regione allora, pur riconoscendo l'anomalia dell'iter seguito,               
faceva presente all'Azienda ravennate che comunque gli oneri                    
socio-assistenziali a rilievo sanitario dovevano ricadere                       
sull'Azienda Unita' sanitaria locale di residenza.                              
Ribadivo allora al Direttore generale dell'Azienda Unita' sanitaria             
locale di Ravenna l'urgenza di corrispondere all'Istituto gli importi           
dovuti e finalmente, dopo circa un anno, la vertenza veniva risolta             
positivamente.                                                                  
Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Bologna               
N. 381/99                                                                       
A seguito di richieste di intervento da parte di numerosi                       
assegnatari, chiedevo all'Istituto autonomo case popolari della                 
Provincia di Bologna di farsi carico, in via generale, delle spese di           
trasferimento sostenute dagli assegnatari stessi in occasione della             
ristrutturazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.                  
Al riguardo si era infatti determinata una diversita' di opinioni tra           
l'Istituto e la scrivente per quanto concerne l'individuazione del              
soggetto tenuto a sostenere le spese di trasloco in caso di                     
trasferimento forzato da un'unita' abitativa ad un'altra e, a seguito           
di un colloquio con il Presidente dell'Istituto, si conveniva                   
sull'opportunita' di richiedere il parere dell'Assessorato regionale            
Programmi d'area - Qualita' edilizia.                                           
In materia di spese di trasloco, infatti, l'Istituto distingueva due            
ipotesi: quella di sistemazione temporanea dell'assegnatario in altro           
alloggio (per la quale l'Istituto si accollava le spese sostenute per           
trasferirsi nell'alloggio parcheggio, lasciando a carico                        
dell'inquilino le spese per il successivo rientro nell'alloggio                 
originario), e l'ipotesi di trasferimento definitivo, nella quale               
l'Istituto non contribuiva in alcun modo.                                       
L'unica eccezione era prevista a favore dei nuclei familiari                    
segnalati dai Servizi sociali che, a causa delle loro condizioni                
socio economiche, non risultassero in grado di sostenere queste                 
spese.                                                                          
In tutti questi casi, inoltre, l'Istituto affermava di aver ottenuto            
il consenso dell'inquilino al trasferimento.                                    
La scrivente, peraltro, aveva riscontrato che la situazione era                 
diversa, e che l'Istituto imponeva agli assegnatari di lasciare                 
l'alloggio per procedere alla ristrutturazione dell'immobile: in                
alcuni casi l'Istituto metteva a disposizione un alloggio parcheggio,           
in attesa del rientro nell'appartamento originario, mentre in altre             
condizioni metteva a loro disposizione un altro alloggio a titolo               
definitivo.                                                                     
In entrambi i casi, gli assegnatari non avevano avuto alcuna                    
possibilita' di scelta tra restare nell'alloggio o andare altrove,              
era loro concessa solamente la scelta tra alcune proposte di alloggio           
sostitutivo.                                                                    
In questo limitato senso l'Istituto poteva parlare di consenso o di             
richiesta dell'assegnatario, consenso o richiesta che erano peraltro            
collegati ad un momento successivo nel quale l'assegnatario, dovendo            
traslocare d'autorita' dall'abitazione originaria, individuava                  
quella, tra le soluzioni prospettate, che in qualche modo risultava             
per lui meno gravosa e penalizzante.                                            
Non esiste nella normativa regionale in materia una disposizione                
specifica sul punto: da questa circostanza l'Istituto argomentava che           
tale carenza non gli consentiva di addossarsi l'onere delle spese di            
trasloco, ma che le stesse dovessero gravare sull'assegnatario.                 
Al contrario, la scrivente riteneva che l'esistenza di una norma                
specifica fosse rilevante solamente se diretta ad escludere un                  
obbligo dell'Istituto in tal senso, e non viceversa in quanto, nel              
silenzio della legge, soccorrevano i principi generali, ed in                   
particolare il principio del neminem laedere di cui all'art. 2043               
Codice civile.                                                                  
A seguito della sottoscrizione del contratto di locazione si erano              
costituiti infatti, a favore dell'assegnatario, alcuni diritti, tra i           
quali principalmente il diritto al godimento dell'alloggio:                     
l'Istituto si era obbligato a consentire tale godimento, e non poteva           
modificare unilateralmente la situazione in senso deteriore per la              
controparte qualora cio' non fosse consentito da disposizioni                   
normative o contrattuali.                                                       
Risultava, in ogni caso, discriminatorio ed in contrasto con principi           
di equita' il subordinare l'accollo delle spese di trasloco al tipo             
di sistemazione abitativa scelta dall'Istituto, distinguendo tra                
sistemazione provvisoria e sistemazione definitiva e accettare di               
rimborsare queste spese, e solo in parte, per la prima tipologia.               
Al quesito, formulato dall'Istituto nell'aprile 1999, l'Assessorato             
regionale non ha ancora risposto.                                               
Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Bologna               
N. 45/99                                                                        
Il Comitato inquilini del Pilastro mi faceva presente di aver                   
segnalato, ripetutamente ed inutilmente, all'Istituto autonomo case             
popolari di Bologna la sosta abusiva di un autofurgone, abbandonato             
da mesi lungo lo scivolo di un immobile di proprieta' dell'Istituto,            
e ne richiedeva la rimozione anche per evitare pericoli per                     
l'incolumita' di coloro che di li' dovevano transitare.                         
L'Ente allora comunicava di aver provveduto alla rimozione del mezzo,           
non senza porre in evidenza che il problema della rimozione dei mezzi           
abbandonati non e' di facile soluzione, potendo integrare gli estremi           
di varie fattispecie di reati.                                                  
Al riguardo desidero sottolineare che gia' per altre situazioni il              
citato Comitato inquilini ha chiesto il mio intervento, dimostrando             
encomiabile senso di responsabilita' nel perseguire un miglioramento            
delle condizioni complessive delle strutture comuni                             
dell'insediamento.                                                              
Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di Bologna           
N. 90/99                                                                        
Una studentessa universitaria mi ha prospettato il disagio che le era           
derivato dal comportamento tenuto dall'Azienda regionale per il                 
diritto allo studio universitario di Bologna in occasione                       
dell'assegnazione, per l'anno accademico 1997/1998, di una borsa di             
studio e di un contributo di Lire 300.000 utilizzabile nei servizi              
universitari di ristorazione. Quest'ultimo importo, unitamente ad una           
quota di Lire 600.000 della borsa di studio, erano stati convertiti             
in prepagato per l'accesso al servizio ristorativo.                             
In data 1 giugno 1998 veniva consegnata all'interessata la chiave               
elettronica caricata del prepagato, pari appunto a Lire 900.000                 
(equivalente a 106 pasti).                                                      
Nell'ottobre 1998 l'Azienda, dopo aver rilevato che il prepagato non            
era stato interamente speso, annullava il residuo credito di Lire               
800.000 circa, in attuazione del comma 5 dell'art. 3 del bando di               
concorso che prevede: "L'importo prepagato va esaurito entro l'anno             
accademico 1997/1998; non e' prevista alcuna forma di rimborso della            
quota non utilizzata".                                                          
Al riguardo ho fatto presente all'Azienda che tale disposizione                 
poteva trovare piena applicazione solamente se la messa a                       
disposizione del prepagato fosse avvenuta tempestivamente, cioe'                
entro il mese di dicembre 1997 o gennaio 1998, termine fissato dal              
bando di concorso per la pubblicazione della graduatoria definitiva.            
Nel caso di specie, al contrario, l'interessata aveva ottenuto la               
chiave soltanto l'1 giugno, potendo cosi' utilizzarla soltanto per il           
periodo giugno-settembre, tra l'altro periodo estivo nel quale, come            
e' noto, non si tengono lezioni e gli studenti rientrano nella loro             
citta' di residenza.                                                            
Alla mia richiesta di rimborsare all'interessata almeno la quota                
della borsa di studio, pari a Lire 600.000, l'Azienda replicava che             
nel provvedimento ministeriale che definisce gli importi e le                   
modalita' delle borse di studio non vi e' alcun riferimento al fatto            
che lo studente usufruisca effettivamente del servizio|                         
L'Azienda faceva altresi' presente che il riconoscimento della borsa            
di studio alla studentessa era rimasto in sospeso fino all'aprile               
1998, per mancanza di una dichiarazione sulla propria posizione                 
reddituale. In quel momento l'Azienda aveva stabilito l'assegnazione            
della borsa di studio e attribuito parte della quota di prepagato               
(Lire 300.000), mentre le restanti Lire 600.000 erano state caricate            
sulla chiave elettronica nel maggio 1998.                                       
Anche se la comunicazione personale era stata inviata solamente nel             
giugno 1998, la studentessa avrebbe potuto avere notizia                        
dell'assegnazione dalla pubblicazione delle graduatorie definitive.             
Pur comprendendo le difficolta' nelle quali si trova ad operare                 
l'Azienda, devo rilevare che la vicenda sembra emblematica di una               
certa rigidita' da parte della struttura nella gestione delle                   
provvidenze a lei demandate.                                                    
L'Azienda avrebbe infatti dovuto rendersi conto fin dall'inizio che             
la posizione della studentessa che aveva ritirato (o avrebbe potuto             
ritirare) la chiave del prepagato nel maggio-giugno 1998 era ben                
diversa da quella dello studente che aveva ricevuto lo stesso                   
beneficio fin dall'inizio dell'anno accademico, e avrebbe dovuto                
trovare, fin da allora, una soluzione adeguata alla situazione che si           
era creata.                                                                     
La soluzione da me prospettata (quella di restituire la quota parte             
di prepagato che atteneva alla borsa di studio, pari a Lire 600.000),           
mi sembrava equa ed accettabile. Non posso non rilevare che,                    
comunque, mentre la scrivente si e' fatta carico di trovare una                 
soluzione concreta, l'Azienda non ha trovato di meglio che arroccarsi           
dietro al dettato dei decreti ministeriali, senza cercare di                    
risolvere in qualche modo il problema.                                          
Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di Bologna           
N. 747/99                                                                       
Una studentessa universitaria otteneva un contributo per un soggiorno           
studi presso un'universita' della California.                                   
Successivamente la stessa faceva domanda per la borsa di studio                 
ordinaria, ritenendo che le fosse consentito dall'art. 5, comma 3,              
del bando di concorso, il quale prevede che "Gli studenti che                   
partecipano a Progetti di mobilita' internazionale dell'Universita'             
usufruiranno della borsa di studio come fuori sede se presentano                
l'autocertificazione di domicilio all'estero e qualora il soggiorno             
sia di una durata non inferiore a 9 mesi.".                                     
Arrivava, invece, la conferma della borsa di studio ordinaria, ma               
come pendolare. Il padre allora chiedeva delucidazioni ad un                    
funzionario dell'ARSTUD, ricevendo assicurazioni che l'errore sarebbe           
stato corretto.                                                                 
Dopo alcuni mesi senza notizie, riceveva la comunicazione, con                  
lettera spedita per posta normale, che la figlia non aveva diritto              
all'integrazione come fuori sede, in quanto quella norma si riferiva            
solamente agli studenti che comunque erano fuori sede; a parere                 
dell'Amministrazione doveva venir presa in considerazione la distanza           
(in Italia e non piu' all'estero come prevede il comma 3 dell'art. 5)           
tra la sede dell'Universita' e la residenza italiana dello studente.            
L'interessato insisteva, ma inutilmente.                                        
Successivamente l'ARSTUD comunicava che la borsa di studio sarebbe              
stata ridotta con l'erogazione del trattamento previsto per lo                  
studente residente in sede, e non quello piu' elevato spettante allo            
studente pendolare, con riserva peraltro di revocare anche                      
quest'ultima per incompatibilita' tra borsa di studio e contributo              
per la California|                                                              
L'ARSTUD ha risposto alla mia richiesta di notizie rifacendosi ad un            
parere reso dal Servizio Affari legislativi e legali della Regione              
Emilia-Romagna, secondo il quale l'incompatibilita' con benefici                
analoghi sussiste qualora i benefici vengano erogati con le stesse              
motivazioni.                                                                    
Le argomentazioni dell'Azienda, in buona sostanza, potrebbero forse             
essere condivisibili sotto il profilo dell'opportunita' se non ci si            
trovasse di fronte ad una normativa inequivocabile la quale, all'art.           
4 da' la nozione di studente fuori sede, studente pendolare, e                  
studente in sede, e che al contrario, nel successivo art. 5, comma 3,           
individua una situazione alla quale ricollega, tout court, il diritto           
dello studente ad usufruire della borsa di studio come fuori sede.              
A questo riguardo l'Azienda afferma che tale norma riguarda gli                 
studenti che non usufruiscono gia' di altre provvidenze che abbiano             
il fine di coprire le spese di soggiorno all'estero, senza peraltro             
dare atto di quali siano queste diverse ipotesi e senza considerare             
che il bando di concorso, al riguardo, non prevedeva assolutamente              
una simile puntualizzazione.                                                    
A me pare che il comportamento complessivo dell'Azienda sia stato               
sommamente incoerente, oltreche' illegittimo, in quanto la stessa da            
un lato ha affermato l'incompatibilita' di benefici analoghi, e                 
dall'altro peraltro ha attribuito alla studentessa la borsa di studio           
come studente in sede.                                                          
Delle due l'una: o esisteva una situazione di incompatibilita', e               
allora non doveva essere corrisposta alcuna borsa di studio; se, al             
contrario, l'incompatibilita' non sussisteva, si doveva applicare il            
comma 3 dell'art. 5 del bando, e corrispondere all'interessata la               
borsa di studio come fuori sede.                                                
In ogni caso, resta la considerazione che l'istruttoria finalizzata             
all'erogazione della borsa di studio e' stata posta in essere con               
modalita' che appaiono contraddittorie e poco chiare, e comunque tali           
da ingenerare nell'interessata legittime aspettative successivamente            
vanificate.                                                                     
Molto opportunamente, nel bando di concorso per l'anno 1999/2000                
l'ARSTUD ha previsto espressamente questa incompatibilita'.                     
Azienda regionale per il diritto allo studio universitario di Bologna           
N. 997/99                                                                       
Mi e' stato richiesto di intervenire al fine di verificare la                   
legittimita' di un bando di gara per l'appalto di alcuni lavori                 
predisposto dall'Azienda regionale per il diritto allo studio                   
universitario di Bologna.                                                       
Esaminata la doglianza, esprimevo all'Azienda le mie perplessita'               
basate su un duplice ordine di considerazioni.                                  
Da un lato osservavo che alcune clausole del bando prevedevano                  
requisiti di partecipazione piu' ristretti di quelli indicati dalla             
normativa in materia (Legge 109/94 e DPCM 55/91), in modo tale da               
configurare limitazioni al principio della libera concorrenza.                  
La possibilita' di inserire nei bandi di gara le clausole necessarie            
al perseguimento delle finalita' dell'Amministrazione, infatti, non             
significava che la stessa potesse predisporre il bando di gara                  
liberamente, senza il rispetto dei criteri generali dettati dal DPCM            
55/91.                                                                          
Ne' a tale risultato si poteva pervenire neppure argomentando dalla             
diversa dizione contenuta nella Legge 415/98 con la quale l'inciso              
contenuto nella Legge 109/94 "La partecipazione alle procedure di               
affidamento dei lavori pubblici e' altresi' regolata dal DPCM 55/91"            
veniva modificata in "la partecipazione alle procedure di affidamento           
dei lavori pubblici e' altresi' ammessa in base . . al DPCM 55/91".             
Le due forme verbali, infatti, non presentavano alcuna rilevante                
differenza lessicale, ne' risultava in alcun modo una specifica                 
intenzione del legislatore di introdurre una simile modifica                    
sostanziale nel senso appunto di limitare l'applicabilita' del                  
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: per la verita',              
neppure la Relazione governativa di accompagnamento al disegno di               
legge ne' la circolare esplicativa del Ministero dei Lavori pubblici            
contenevano elementi in questo senso.                                           
La seconda considerazione concerneva la pertinenza e congruita' delle           
clausole aggiunte rispetto alla finalita' che si assumeva di voler              
raggiungere con il loro inserimento.                                            
La previsione di un fatturato complessivo triennale di ben tre volte            
superiore al limite massimo previsto dalla legge non appariva,                  
infatti, un criterio idoneo a fornire garanzie oggettive di capacita'           
della ditta ad eseguire lavori aventi peculiarita' specifiche:                  
l'immobile infatti doveva essere adibito a residenza studentesca, ed            
inoltre era situato in un contesto di centro storico, in una zona di            
notevole pregio urbanistico.                                                    
Ugualmente, la richiesta di attestare la corretta esecuzione di                 
lavori di ristrutturazione (quali che fossero, e in qualsivoglia                
contesto eseguiti), non forniva alcuna garanzia per quanto riguardava           
l'idoneita' ad eseguire i lavori oggetto dell'appalto, posto che                
l'attestazione poteva riguardare lavori svolti in periferia e                   
comunque in contesti urbani diversi.                                            
L'Azienda non ha condiviso le mie argomentazioni.                               
Ha anzi ribadito che la scelta di introdurre parametri di                       
partecipazione diversi rispetto a quelli fissati dal decreto citato,            
discendeva dalla peculiarita' e difficolta' degli interventi di                 
ristrutturazione da porre in essere su un edificio del centro storico           
e con tempi estremamente ridotti rispetto alla complessita' delle               
opere, ed ha sostenuto che si trattava di interventi diversi dalle              
normali opere edilizie, tali da richiedere un'altissima                         
specializzazione e una corrispondente affidabilita' imprenditoriale.            
I parametri indicati, a suo dire, erano perfettamente coerenti                  
rispetto al fine che si intendeva conseguire, e non erano limitativi            
della par condicio ne' ostativi ad un'ampia presentazione di domande.           
A questo punto, riscontrando di non aver margini di manovra, ho                 
comunicato all'Azienda la chiusura del procedimento pur trovandomi in           
disaccordo con le sue conclusioni, le quali del resto, a suo dire,              
erano supportate da alcune pronunce giurisprudenziali che, a mio                
parere risultano, ad un attento esame, piuttosto suffragare il mio              
convincimento.                                                                  
5. ALCUNE ESEMPLIFICAZIONI DI INTERVENTI SVOLTI DAL DIFENSORE CIVICO            
REGIONALE NEI CONFRONTI DELLE AMMINISTRAZIONI PERIFERICHE DELLO STATO           
AI SENSI DELL'ART. 16 DELLA LEGGE 15 MAGGIO 1997, N. 127                        
Ministero delle Finanze - Centro di Servizio Imposte Dirette ed                 
Indirette di Bologna                                                            
N. 618/98                                                                       
Chiedeva il mio intervento un'anziana signora lamentando                        
l'insostenibilita' della situazione nella quale sia lei che il figlio           
si trovavano da diversi anni.                                                   
Agli stessi infatti venivano ripetutamente notificate cartelle di               
pagamento intestate al rispettivo marito e padre, nonostante che alla           
morte di quest'ultimo entrambi avessero rinunciato alla chiamata di             
erede. La signora inoltre, prima del matrimonio aveva stipulato atto            
di costituzione di dote e, successivamente all'entrata in vigore                
della riforma del diritto di famiglia, aveva optato per il regime di            
separazione dei beni.                                                           
Tali circostanze erano state fatte ripetutamente presenti al                    
competente ufficio esattoriale.                                                 
Esistevano quindi tutti i presupposti per non dover temere alcunche'.           
Invece, dopo la notifica delle cartelle esattoriali si presentava               
regolarmente presso la loro abitazione l'ufficiale esattoriale                  
addetto alla riscossione, il quale sottoponeva a pignoramento                   
mobiliare i pochi beni esistenti, di proprieta' del figlio del                  
defunto come da fatture regolarmente esibite.                                   
La signora aveva gia' percorso con scarso esito altre strade:                   
infatti, ogni qualvolta veniva notificata una cartella esattoriale o            
avveniva un pignoramento, l'interessata era costretta a rivolgersi ad           
un legale per proporre ricorso alla Commissione Tributaria                      
provinciale od opporsi al pignoramento avanti al Pretore di Bologna.            
Tutto questo, come e' intuibile, comportava un consistente onere per            
la signora, ultrasettantenne e titolare di pensione di modesta                  
entita', oltreche' inevitabili ripercussioni per il suo sistema                 
nervoso e cardiocircolatorio.                                                   
Il mio intervento, inizialmente diretto nei confronti della Direzione           
regionale delle Entrate, veniva trasmesso per competenza al Centro di           
Servizio Imposte Dirette e Indirette di Bologna.                                
Per diversi mesi e' intercorsa un nutrita corrispondenza tra la                 
scrivente e l'ufficio finanziario: quest'ultimo difendeva la                    
correttezza dell'operato dell'esattore, il quale avrebbe l'obbligo di           
procedere esecutivamente sui beni mobili rinvenuti nell'ultima                  
abitazione del debitore defunto (qualora non venisse dimostrato nei             
modi di legge la loro appartenenza a persone diverse dal debitore),             
anche se nella stessa abitazione continuano ad abitare i familiari di           
lui, a nulla rilevando la rinuncia all'eredita' del defunto.                    
Il concessionario infatti avrebbe agito non nei confronti dei                   
ricorrenti, bensi' nei confronti del de cuius e dei suoi beni,                  
situati nella sua ultima abitazione: tali beni si presumevano,                  
infatti, fino a prova contraria, appartenenti al debitore defunto.              
La problematica da me posta, invece, non verteva tanto sulla                    
legittimita' dell'operato del concessionario, quanto piuttosto                  
sull'operato dell'ufficio impositore, il quale solo aveva il                    
potere-dovere di procedere all'annullamento, in via di autotutela,              
delle cartelle esattoriali per debiti del defunto, a fronte della               
comprovata estraneita' dei familiari non eredi.                                 
La costante giurisprudenza in materia tributaria, infatti, riconosce            
che colui che ha tempestivamente e validamente rinunziato                       
all'eredita', non rivestendo la qualita' di erede, ha pieno diritto             
di contestare la legittimita' di notifiche di avvisi di accertamento            
e cartelle esattoriali concernenti debiti tributari del defunto.                
Ed anche se e' ben vero che gli interessati potevano proporre                   
opposizione al pignoramento davanti al giudice, ciononostante                   
l'atteggiamento dell'Amministrazione finanziaria (che, pur potendolo,           
non aveva posto in essere i provvedimenti necessari per la                      
risoluzione della vertenza) la esponeva al rischio di un'azione di              
responsabilita', ed in ogni caso si qualificava come esempio di                 
cattiva amministrazione.                                                        
D'altro canto, la rinuncia all'eredita', disposta con atto pubblico             
che fa fede fino a querela di falso, faceva anche fede sulla                    
circostanza che i rinunzianti non avevano acquisito la disponibilita'           
di beni gia' del defunto.                                                       
Conseguentemente si doveva ritenere che i beni presenti                         
nell'abitazione del soggetto che aveva rinunciato all'eredita'                  
fossero di sua proprieta', sicche' la presunzione di appartenenza               
operava a suo favore, e non contro di lei.                                      
Doveva, pertanto, essere l'Amministrazione finanziaria a dare prova             
dell'appartenenza al de cuius dei beni presenti presso l'abitazione             
dei familiari, e non viceversa.                                                 
La controversia sembrava avviata a conclusione verso la fine                    
dell'anno 1999, allorche' il Centro di Servizio, pur ribadendo in               
linea di principio le sue posizioni, mi faceva presente che avrebbe             
proceduto alla revoca del pignoramento, stante l'esiguita' del valore           
dell'unico bene per il quale gli istanti non avevano dimostrato la              
proprieta' esclusiva.                                                           
Mentre mi accingevo a chiudere la pratica, peraltro, mi giungeva                
notizia che agli istanti era stato notificato un ennesimo avviso di             
mora.                                                                           
Mi premuravo allora di far presente tale circostanza al Centro di               
Servizio, che aveva appena riconosciuto l'inutilita' di procedere ad            
esecuzioni nei confronti dei familiari del debitore d'imposta, e                
ribadivo ancora una volta l'opportunita' di procedere                           
all'annullamento d'ufficio di questo avviso di mora, anche al fine di           
scongiurare che gli interessati agissero per il risarcimento dei                
danni, eventualita' oggi assai piu' praticabile di un tempo a seguito           
della recente giurisprudenza in merito delle Sezioni Unite della                
Corte di Cassazione.                                                            
Finalmente l'ufficio fiscale ordinava al Concessionario di revocare             
il pignoramento in corso, e di astenersi dall'intraprendere nuove               
procedure esecutive relativamente a quella certa pretesa tributaria.            
A conclusione di questa interminabile vicenda, mi corre l'obbligo di            
sottolineare che l'ufficio finanziario non ha risolto la controversia           
sulla base di motivazioni giuridiche, magari aderendo anche in parte            
alle argomentazioni della scrivente: l'ufficio al contrario non ha              
deflettuto assolutamente dalla sua posizione originaria, ma ha chiuso           
il caso sulla base di meri elementi di fatto che sconsigliavano, nel            
caso di specie, la prosecuzione della procedura esecutiva in quanto             
improduttiva.                                                                   
Per questo motivo non ritengo di poter considerare questo intervento            
tra quelli risolti positivamente con la collaborazione                          
dell'Amministrazione.                                                           
Ministero delle Finanze - Primo Ufficio delle Entrate di Bologna                
N. 852/99                                                                       
Una signora lamentava che, dopo la morte del convivente, le venivano            
notificate cartelle esattoriali e avvisi di mora per il pagamento di            
bolli auto intestati a lei, nonostante che non fosse mai stata                  
proprietaria dell'autovettura e nonostante che non fosse erede del de           
cuius.                                                                          
Il Primo Ufficio delle Entrate di Bologna, dopo aver verificato la              
situazione, comunicava di aver provveduto allo sgravio della cartella           
esattoriale richiesto dalla contribuente.                                       
Ministero delle Finanze - Quarto Ufficio delle Entrate di Bologna               
N. 556/99                                                                       
Nel maggio 1988 un cittadino aveva presentato all'ex Intendenza di              
Finanza di Bologna istanza di rimborso della tassa automobilistica              
per l'anno 1988, in quanto pagato due volte.                                    
Un suo sollecito all'ex Sezione staccata di Bologna nel 1995 non                
aveva ottenuto alcun riscontro.                                                 
Su richiesta del cittadino ho allora interessato il Quarto Ufficio              
delle Entrate di Bologna, il quale mi ha confermato la difficolta' di           
reperire la documentazione a suo tempo prodotta dal contribuente,               
posto che la relativa pratica per ben due volte era stata trasferita            
da una sede all'altra, e richiedendo copia dell'istanza e relativa              
documentazione a suo tempo presentate.                                          
L'interessato aderiva prontamente alla richiesta e, nel giro di un              
paio di mesi, otteneva il rimborso delle spettanze.                             
Ministero delle Finanze - Ufficio delle Entrate di Imola (Bologna)              
N. 535/99                                                                       
Nel corso di un intervento diretto ad ottenere il rimborso delle                
imposte di registro ed altro, ho potuto riscontrare l'efficienza e              
l'economicita' dell'azione posta in essere dall'Ufficio delle Entrate           
di Imola (Bologna).                                                             
Quest'ultimo ha annullato, infatti, un avviso di accertamento nelle             
more della pronuncia della Commissione tributaria provinciale di                
Bologna, adita dagli interessati, in considerazione delle motivazioni           
contenute in altra decisione della stessa Commissione su di un caso             
analogo.                                                                        
La determinazione dell'ufficio e' stata motivata con la valutazione             
costi-benefici della procedura processuale, nonche' con la                      
considerazione dell'intervenuta modifica legislativa in materia e le            
conseguenti direttive impartite dalla Direzione regionale delle                 
Entrate.                                                                        
Ministero delle Finanze - Dipartimento delle Entrate - Ufficio del              
Registro di Ferrara                                                             
N. 71/99                                                                        
Un cittadino mi chiedeva di verificare la correttezza dell'operato              
dell'Ufficio del Registro di Ferrara, il quale lo aveva invitato a              
provvedere al versamento della somma occorrente per la                          
regolarizzazione di una domanda da lui inviata in carta libera ad un            
Comune.                                                                         
Nel mio intervento sottolineavo allora preliminarmente che l'istanza,           
contenendo una richiesta di informazioni su determinati provvedimenti           
di quella Amministrazione, era riconducibile al procedimento di                 
accesso ai documenti amministrativi: come tale, sembrava da escludere           
che fosse dovuta l'imposta di bollo, cosi' come del resto ritenuto              
dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita           
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con circolare del               
28/2/1994.                                                                      
Dall'esame della normativa dettata dalla Legge 241/90 e dal DPR n.              
352 del 1992, infatti, si doveva concludere che l'imposta di bollo              
era dovuta soltanto nell'ipotesi di richiesta di copia in forma                 
autentica.                                                                      
L'Ufficio del Registro condivideva le mie argomentazioni e le                   
comunicava all'Amministrazione interessata con l'invito a formulare             
eventuali osservazioni. Nel silenzio dell'Ente, l'ufficio finanziario           
ha annullato la propria richiesta.                                              
Ministero delle Finanze - Ispettorato Compartimentale dei Monopoli di           
Stato di Bologna                                                                
N. 327/99                                                                       
A seguito di una segnalazione in tal senso, ho richiesto                        
all'Ispettorato Compartimentale Monopoli di Stato di Bologna notizie            
circa la procedura seguita in occasione del deposito di atti da parte           
di privati.                                                                     
Mi era stato infatti fatto presente che un cittadino, avendo                    
richiesto la ricevuta dell'avvenuto deposito di un'istanza, aveva               
ottenuto soltanto l'apposizione di un timbro dell'ufficio su una                
copia di esso, senza peraltro alcuna indicazione della data e                   
soprattutto senza sottoscrizione del responsabile del procedimento. A           
seguito delle sue insistenze aveva potuto solamente conoscere il                
numero di protocollo attribuito al documento prodotto.                          
Facevo allora presente al predetto Ispettorato che, qualora la                  
circostanza corrispondesse al vero, la procedura seguita era in                 
contrasto con le previsioni contenute nel DM 678/94, che disciplina i           
procedimenti amministrativi di competenza dell'Amministrazione                  
finanziaria: questa disposizione, infatti, stabilisce che, all'atto             
della presentazione di una domanda con la quale viene attivato un               
procedimento, l'ufficio e' tenuto al rilascio di una ricevuta                   
contenente i dati di riscontro dell'avvio stesso, compresa ovviamente           
l'indicazione della data.                                                       
Tale disposizione, del resto, costituisce applicazione di un                    
principio generale gia' rinvenibile nel nostro ordinamento anche                
prima della Legge n. 241 del 1990.                                              
L'Ispettorato Monopoli faceva allora presente che l'episodio era                
frutto di un errore di un dipendente, avvenuto in assenza del                   
responsabile del procedimento e prontamente sanato con l'invio della            
prescritta ricevuta.                                                            
Ministero dell'Interno - Prefettura di Bologna                                  
Anche per l'anno 1999 e' proseguita una fattiva collaborazione con i            
vari uffici della Prefettura di Bologna, in particolare con l'Ufficio           
Invalidi civili, con l'Area Contabile finanziaria e con l'Ufficio               
Depenalizzazioni del Codice della strada.                                       
Le richieste di intervento sono state risolte in tal modo entro tempi           
ristrettissimi e con il minimo di formalita', spesso solamente                  
attraverso alcune telefonate, con intuibile soddisfazione per i                 
cittadini.                                                                      
Ministero dell'Interno - Prefettura di Rimini                                   
N. 831/99                                                                       
Il Difensore civico del Comune di Riccione mi segnalava che presso              
l'Ufficio Invalidi civili della Prefettura di Rimini giacevano ben              
1.600 pratiche arretrate relative al pagamento, in favore degli                 
eredi, dei ratei maturati e non riscossi da invalidi civili deceduti,           
e si faceva interprete dell'esasperazione manifestata al riguardo da            
numerosi cittadini di quella citta'.                                            
Chiedevo allora informazioni alla citata Prefettura. Mi veniva                  
risposto che tale stato di cose era conseguenza del cospicuo                    
arretrato (circa 1.350 pratiche) "ereditato" dalla Prefettura di                
Forli' all'atto della costituzione di quell'ufficio, nonche' della              
carenza di un adeguato numero di impiegati da adibire a quel                    
servizio.                                                                       
Queste circostanze avevano consentito di concludere le pratiche                 
arretrate solamente fino a tutto il 1996.                                       
La Prefettura assicurava peraltro che l'urgente definizione di tali             
pratiche costituiva obbiettivo prioritario della struttura, e che               
comunque la situazione era stata rappresentata agli uffici competenti           
per le opportune valutazioni.                                                   
Attesa la genericita' delle assicurazioni fornite, chiedevo allora di           
indicarmi, se pure in via orientativa, i tempi di definizione delle             
pratiche arretrate.                                                             
Con mia grande sorpresa, il Prefetto di quella citta', con lettera              
senza protocollo e data, rispondeva alla mia richiesta: ". . .si                
conferma il contenuto della lettera in data . . . di cui ad ogni buon           
fine si allega copia".                                                          
Al riguardo non posso che sottolineare la mancanza di collaborazione,           
unita alla scarsa sensibilita' istituzionale, manifestate da un                 
soggetto che pur ricopre un'altissima carica, di fronte ad un'altra             
autorita' che legittimamente ha richiesto notizie su una problematica           
di grande rilievo sociale.                                                      
Ministero dei Trasporti - Direzione generale della Motorizzazione               
civile e dei Trasporti in concessione -  Ufficio provinciale di                 
Bologna                                                                         
N. 220/99                                                                       
Un cittadino lamentava di aver avviato fin dal 1998 la procedura per            
l'iscrizione all'Albo degli autotrasportatori di cose per conto                 
terzi, pagando altresi' le relative spese, ma di aver appreso nel               
1999 che la sua richiesta non poteva essere presa in esame per                  
l'impossibilita' di effettuare le riunioni nella quali disporre                 
queste iscrizioni, in quanto il Comitato a cio' preposto era scaduto.           
Tenuto anche conto del fatto che il privato, in previsione del                  
rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita', si era               
economicamente impegnato per l'acquisto di un autocarro, ho chiesto             
all'Ufficio provinciale di Bologna notizie in merito.                           
Con grande sollecitudine questo ufficio mi ha comunicato che                    
l'Amministrazione aveva ben presente la situazione di grave disagio             
per gli utenti, ed aveva predisposto in via di urgenza soluzioni tese           
ad ovviare all'inconveniente fino all'insediamento dei nuovi                    
organismi.                                                                      
In particolare, i direttori degli Uffici provinciali della                      
Motorizzazione erano autorizzati, dopo aver verificato il                       
completamento dell'istruttoria da parte degli organi a cio' preposti,           
a rilasciare i provvedimenti di competenza, fatta salva la ratifica             
da parte del nuovo Comitato e con riserva di revoca in caso di                  
irregolarita' nella documentazione prodotta a sostegno della                    
richiesta.                                                                      
Ministero dei Trasporti - Direzione generale della Motorizzazione               
civile e dei Trasporti in concessione - Ufficio provinciale di                  
Ravenna                                                                         
N. 11/99                                                                        
Un cittadino extracomunitario si e' rivolto a questo ufficio                    
segnalando che era stato fermato e multato dalla Polizia municipale             
di Cesenatico perche' in possesso di patente non idonea alla guida di           
un autocarro.                                                                   
L'interessato mi faceva presente che la propria patente originaria,             
rilasciata in Svizzera, comprendeva anche l'abilitazione alla guida             
di autocarri, in analogia alla patente italiana di categoria E. Egli            
non comprendeva pertanto perche', in sede di conversione, non gli               
fosse stata riconosciuta analoga autorizzazione alla guida.                     
L'interessato aveva inutilmente fatto presente tale circostanza agli            
agenti accertatori. Si era poi rivolto agli uffici della                        
Motorizzazione ma senza esito, in quanto, trattandosi di patente                
convertita nel 1998, il relativo incartamento era giacente presso la            
Prefettura di Ravenna.                                                          
Ho quindi interessato la Prefettura di Ravenna, la quale con la                 
massima sollecitudine ha trasmesso l'intero incartamento alla                   
Motorizzazione. Quest'ultima, dal canto suo, riscontrato l'errore a             
suo tempo intervenuto, ha prontamente riconosciuto all'interessato              
anche l'abilitazione alla guida della categoria E.                              
Istituto nazionale Previdenza sociale - Sede di Bologna                         
N. 297/98                                                                       
Nel dicembre 1996 l'INPS comunicava ad una pensionata che, dato che             
era titolare di un secondo trattamento pensionistico per il quale le            
veniva erogata l'indennita' integrativa speciale, la pensione                   
attualmente in godimento avrebbe dovuto essere ricalcolata in                   
diminuzione; correlativamente, l'Istituto avrebbe provveduto al                 
recupero delle somme non dovute corrisposte indebitamente per il                
passato.                                                                        
L'assicurata allora ricorreva al Comitato provinciale, eccependo di             
aver informato l'Istituto, all'atto della domanda della pensione di             
vecchiaia, sull'esistenza di un altro trattamento pensionistico e               
chiedendo, in via subordinata, l'applicazione della prescrizione                
decennale.                                                                      
Nel dicembre 1997 l'Istituto notificava alla pensionata che, in                 
applicazione dell'art. 1, comma 260 e seguenti, della Legge 23                  
dicembre 1996, n. 662 (Legge Finanziaria 1997), avrebbe proceduto al            
recupero delle somme dovute, nell'importo stabilito dalla norma.                
Il mio intervento si e' limitato a chiarire il presupposto e la                 
portata del diritto dell'Istituto di ripetere le somme indebitamente            
percepite dalla pensionata.                                                     
Una volta chiarito l'ambito di applicazione della nuova normativa,              
rimaneva in contestazione la questione circa l'applicazione della               
prescrizione decennale: infatti, benche' la prima richiesta                     
dell'Istituto risalisse al dicembre 1996, il prospetto di ricalcolo             
notificato a suo tempo ricomprendeva anche il periodo 10 gennaio-31             
dicembre 1986.                                                                  
Come e' noto, invece, in assenza di diversa normativa specifica, la             
prescrizione ordinaria si computa retroagendo allo stesso giorno e              
mese del decimo anno antecedente a quello in cui si e' verificato               
l'evento interruttivo.                                                          
Nel giugno 1998 l'Istituto mi assicurava di aver tenuto conto della             
prescrizione, ma da calcoli sommariamente effettuati tale                       
affermazione non appariva convincente.                                          
Insistevo pertanto nella mia richiesta. L'Istituto faceva allora                
presente, nel giugno 1999, che la prescrizione decennale era stata              
calcolata nell'ambito dell'anno di riferimento (1996/1986), "poiche'            
si tratta di cifra provvisoria che diventa definitiva l'anno                    
successivo".                                                                    
Si tratta di un'affermazione di difficile comprensione, tale comunque           
da ingenerare il sospetto che il comportamento posto in essere                  
dall'Istituto previdenziale possa determinare una compressione dei              
diritti di natura previdenziale intesi a garantire alla pensionata il           
minimo vitale.                                                                  
In ogni caso, dalla mia richiesta di ulteriori chiarimenti, e                   
nonostante le mie sollecitazioni, scritte e telefoniche, nonche'                
l'incontro con un funzionario dell'Istituto, non sono riuscita ad               
avere altre delucidazioni su questa procedura, a mio avviso                     
chiaramente illegittima.                                                        
Istituto nazionale Previdenza sociale - Sede di Bologna                         
N. 738/99                                                                       
Il legale rappresentante della Associazione italiana contro                     
l'epilessia mi chiedeva di farmi interprete presso l'INPS - Sede di             
Bologna, affinche' quell'ente rinunciasse ad apporre la dizione                 
INVCIV (chiaramente avente il significato "invalido civile"), sulle             
buste contenenti comunicazioni a persone con menomazioni di vario               
tipo.                                                                           
Tale indicazione infatti appariva lesiva della riservatezza, in                 
quanto idonea a esternare a chicchessia la situazione di minorazione            
nella quale si trovavano i destinatari.                                         
Mentre stavo ponendo in essere il mio intervento, in quanto                     
condividevo in pieno tale richiesta, ho ricevuto in copia la nota con           
la quale il direttore dell'INPS - Sede di Bologna, dava atto di aver            
immediatamente provveduto ad eliminare la sigla in questione.                   
Istituto nazionale Previdenza sociale - Sede di Bologna                         
N. 411/99                                                                       
La vedova di un pensionato INPS morto nel marzo 1993 chiedeva e                 
otteneva in pochi mesi la reversibilita' della pensione percepita dal           
defunto.                                                                        
A distanza di sei anni inopinatamente l'INPS richiedeva all'istituto            
bancario presso il quale a suo tempo era stata accreditata al defunto           
la pensione, la rifusione delle somme pagate per il bimestre                    
aprile-maggio 1993, in quanto non dovute.                                       
A sua volta, la banca scriveva agli eredi del defunto per ottenere il           
recupero della somma capitale di Lire 2.146.790, nonche' degli                  
interessi pari a Lire 741.228.                                                  
La vedova del pensionato chiedeva allora il mio intervento eccependo            
l'illegittimita' della richiesta di interessi bancari, mentre                   
riconosceva la fondatezza della richiesta della somma capitale, da              
lei prontamente versata.                                                        
Al riguardo ho verificato che la signora a suo tempo aveva prodotto             
all'Istituto previdenziale tutta la documentazione necessaria per               
ottenere la pensione di reversibilita', ivi compreso, ovviamente, il            
certificato di morte del marito, e che dall'agosto 1993 erano                   
iniziati i pagamenti a suo favore della pensione di reversibilita'              
stessa.                                                                         
In quel momento quindi l'Istituto aveva tutti gli elementi necessari            
e sufficienti per verificare che il rateo per il bimestre                       
aprile-maggio 1993, accreditato nel conto corrente del pensionato               
prima della sua morte, doveva essere recuperato, ed effettuare i                
dovuti conguagli.                                                               
L'Istituto non mi forniva alcuna spiegazione circa il suo                       
inspiegabile ritardo, ma si limitava a sostenere di non avere un                
rapporto diretto con il pensionato, bensi' esclusivamente con                   
l'istituto bancario. Per tale ragione egli aveva chiesto alla banca             
la rifusione, e non la restituzione della somma, e a sua volta la               
banca ne aveva richiesto la restituzione agli eredi del pensionato.             
Tale ricostruzione risulta a mio avviso inaccettabile, in quanto nega           
l'esistenza di un rapporto diretto tra l'ente, tenuto a corrispondere           
la prestazione pensionistica, ed il pensionato. A mio avviso,                   
infatti, l'istituto bancario interviene in tale rapporto solamente              
come un tramite attraverso il quale avvengono i pagamenti in favore             
dell'avente diritto.                                                            
Oltre a cio', il comportamento dell'Istituto appare particolarmente             
grave laddove lo stesso non si fa' carico di ovviare a quelle che               
sono state le sue disfunzioni: era preciso dovere dell'INPS, infatti,           
al momento della presentazione della richiesta di reversibilita',               
verificare la situazione complessiva di dare ed avere nei confronti             
del de cuius, e disporre le eventuali trattenute per le somme                   
corrisposte in piu' al defunto.                                                 
Il mio intervento, iniziato nel maggio 1999, non ha ancora avuto una            
conclusione, nonostante ripetuti solleciti, telefonate ed incontri              
con un funzionario dell'Istituto.                                               
Sembra peraltro di capire che non si tratta di un caso isolato bensi'           
di una prassi consolidata dell'Istituto, il quale in tal modo fa                
gravare sui pensionati i ritardi e le disfunzioni della sua                     
struttura; nel caso di specie, quest'ultima ha impiegato ben sei anni           
per definire la posizione debitoria del defunto pensionato e pretende           
di farne gravare le conseguenze sugli eredi incolpevoli.                        
In queste ultime settimane infine e' emerso un nuovo fatto, a mio               
avviso confermativo dell'inefficienza del sistema: nell'agosto del              
1999 e' stata corrisposta alla vedova la somma spettante a titolo di            
quota parte di tredicesima per l'anno 1993, che invece avrebbe dovuto           
essere detratta dal rateo da recuperare, e senza provvedere a                   
corrispondere i relativi interessi.                                             
Istituto nazionale Previdenza sociale - Agenzia di Budrio (Bologna)             
N. 1000/99                                                                      
Una signora lamentava il ritardo con il quale l'INPS di Bologna                 
tardava a ripristinare la quota di assegno di reversibilita'                    
spettante alla propria figlia, in conseguenza di un errato                      
inserimenti dei dati relativi.                                                  
Il mio intervento e' stato diretto ad abbreviare i tempi di                     
corresponsione di quanto dovuto, attese le modeste condizioni                   
economiche in cui versavano le interessate.                                     
Al riguardo il direttore dell'Agenzia INPS di Budrio ha fatto                   
presente che le procedure relative vengono bloccate, per motivi                 
tecnici, ai primi di novembre di ogni anno e rese disponibili a                 
febbraio dell'anno successivo.                                                  
In questa fattispecie peraltro, proprio per venire incontro alle                
pressanti esigenze delle interessate, l'Agenzia si rendeva                      
disponibile a corrispondere sollecitamente un acconto sulle                     
spettanze.                                                                      
Istituto nazionale Previdenza sociale - Agenzia di Vergato (Bologna)            
N. 485/98                                                                       
La vedova di un artigiano si e' vista decurtare la modesta pensione             
di reversibilita' gia' percepita dall'INPS, da Lire 843.000 a Lire              
97.000, a seguito del riconoscimento in suo favore, come vedova del             
defunto marito, di rendita vitalizia INAIL di Lire 808.000.                     
Alla mia richiesta di delucidazioni, l'INPS faceva presente che il              
decesso dell'assicurato era conseguente a malattia professionale e              
che la prestazione di reversibilita' non derivava direttamente dai              
versamenti contributivi effettuati dall'artigiano bensi' dal diritto            
della vedova in quanto tale; di conseguenza, a suo avviso trovava               
applicazione l'art. 1, comma 43, della Legge 335/95, che stabilisce             
l'incompatibilita' dell'intera riscossione delle due prestazioni                
poiche' l'evento invalidante e' il medesimo.                                    
Dopo una nutrita corrispondenza ho compreso che l'Istituto riteneva             
la sussistenza del medesimo evento invalidante (la morte) in quanto             
la pensione di reversibilita', cosi' come la rendita vitalizia INAIL,           
era spettata alla vedova in conseguenza della morte dell'assicurato.            
A ben vedere, invece, la pensione di reversibilita' corrisposta                 
dall'INPS alla vedova trova la sua fonte non tanto nella morte                  
dell'assicurato quanto piuttosto in via principale nei contributi               
versati dall'artigiano, il cui decesso non puo' considerarsi evento             
invalidante, bensi' mera occasione per l'erogazione della                       
prestazione.                                                                    
Invece l'evento invalidante posto dall'INAIL a base della propria               
concessione e' da individuarsi nell'infortunio, o malattia                      
professionale, invalidante, e non certo nella conseguente morte.                
Non possono infatti essere ritenuti coincidenti la causa (infortunio            
o malattia professionale) e l'effetto (il decesso dell'assicurato).             
Conseguentemente, non puo' trovare applicazione la normativa                    
sull'incumulabilita' delle prestazioni INPS e INAIL per insussistenza           
dello stesso evento invalidante.                                                
E' comunque da precisare al riguardo che tale orientamento discende             
da direttive provenienti dalla Sede centrale INPS, la quale                     
interpreta in maniera restrittiva, e a mio avviso illegittima, la               
normativa sull'incumulabilita' delle prestazioni.                               
Il mio intervento, iniziato nel 1998, non e' ancora concluso in                 
quanto l'Istituto e' tuttora in attesa di una revisione della                   
normativa o di diverse direttive della predetta Sede centrale.                  
Istituto nazionale di Previdenza per i dipendenti                               
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Bologna                                 
N. 60/99                                                                        
Un pensionato lamentava di non aver avuto ancora alcuna risposta                
dall'INPDAP di Bologna in merito alla sua richiesta, trasmessa                  
all'Istituto nel luglio 1997, di riesame della propria pratica a                
seguito del riconoscimento, da parte dell'ente di provenienza, di un            
errore nella determinazione del trattamento pensionistico                       
complessivo.                                                                    
Alla mia richiesta di notizie l'Istituto faceva presente di aver                
provveduto ad inoltrare la richiesta alla competente Direzione                  
centrale di Roma proprio in quella data (richiesta che,                         
evidentemente, era rimasta giacente presso i suoi uffici per ben 18             
mesi|).                                                                         
Fortunatamente la Direzione centrale ha provveduto, con la massima              
sollecitudine, a riliquidare il trattamento di quiescenza.                      
Istituto nazionale di Previdenza per i dipendenti                               
dell'Amministrazione pubblica - Sede di Bologna                                 
N. 122/99                                                                       
Chiedeva il mio intervento un pensionato il quale aveva presentato              
istanza all'INPDAP nel 1994, senza ottenere risposta, per ottenere la           
riliquidazione dell'indennita' di buonuscita a suo tempo erogata, in            
applicazione dell'art. 3 della Legge n. 87 del 1994.                            
Tale norma prevede l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale            
nella base di calcolo dell'indennita' stessa per coloro che, cessati            
dal servizio dopo il 30/11/1984, abbiano presentato domanda nel                 
termine del 30/9/1994. Il predetto peraltro, benche' cessato dal                
servizio prima del 30/11/1984, aveva presentato atto amministrativo             
di interruzione della prescrizione nel 1987.                                    
In risposta l'INPDAP mi faceva presente di ritenere ininfluenti ai              
fini dell'interruzione della prescrizione le istanze prodotte in via            
amministrativa. L'orientamento dell'Istituto sul punto era, infatti,            
nel senso di non riconoscere il diritto alla riliquidazione se non in           
presenza di ricorsi tempestivamente prodotti al TAR.                            
Facevo allora presente all'Istituto che la costante giurisprudenza              
della Corte di Cassazione ritiene le istanze in via amministrativa              
pienamente idonee ad interrompere la prescrizione dei crediti verso             
lo Stato, in applicazione del principio generale contenuto nell'art.            
2943 Codice civile.                                                             
Sul punto invece l'Istituto ha dimostrato una chiusura totale,                  
richiamandosi anche alle indicazioni in tal senso fornite dal                   
Ministero del Tesoro.                                                           
Dal canto mio non posso che ribadire che, pur comprendendo che si               
tratta di una posizione assunta dalle Sedi provinciali su indicazione           
di questo Ministero, la predetta posizione sembra dettata piu' da               
criteri di contenimento della spesa pubblica che da considerazioni              
giuridiche, e appare in contrasto con i piu' elementari diritti dei             
pensionati.                                                                     
E' evidente che, nella generalita' di situazioni di questo tipo,                
solamente pochi pensionati troveranno il coraggio e la disponibilita'           
economica per ricorrere all'autorita' giudiziaria al fine di vedere             
riconosciuti i loro diritti e, di conseguenza, la politica attuata              
dall'istituto risultera' produttiva di risparmi per le casse                    
erariali|                                                                       
6. INTERVENTI POSTI IN ESSERE NEI CONFRONTI DI ALTRE PUBBLICHE                  
AMMINISTRAZIONI ED ENTI DIVERSI                                                 
Comune di Porretta Terme (Bologna)                                              
N. 567/99                                                                       
Una signora, avendo ricevuto un avviso di contravvenzione dalla                 
Polizia municipale di Porretta Terme, eccepiva l'avvenuta perdita del           
possesso dell'autoveicolo annotata al PRA nel 1995.                             
Nonostante la signora si fosse premurata di avvertire della                     
circostanza la predetta Polizia municipale, quest'ultima dava                   
ugualmente corso alla procedura di recupero del credito.                        
La Prefettura di Bologna, interessata al riguardo, riconosceva che la           
pretesa dell'interessata risultava sufficientemente documentata.                
La Polizia municipale allora, in considerazione dell'intera vicenda,            
disponeva lo sgravio della sanzione, non senza fare presente che la             
posizione dell'interessata rimaneva comunque non regolare, in quanto,           
a suo parere, la mera denuncia di perdita del possesso non rilevava             
ai fini della traslazione della proprieta', che restava in capo                 
all'interessata, ma rilevava solamente ai fini fiscali, con                     
conseguenti responsabilita' civili e penali derivanti dall'uso del              
bene.                                                                           
Comune di Serramazzoni (Modena)                                                 
N. 345/99                                                                       
Nel 1997 il Sindaco del Comune di Serramazzoni (Modena) notificava ad           
una cittadina l'ordinanza di sospensione immediata dei lavori per               
presunti abusi edilizi di varia natura accertati sulla sua                      
proprieta'.                                                                     
La signora mi chiedeva di intervenire in quanto la situazione era               
chiaramente diversa da quanto rappresentato nell'ordinanza stessa:              
infatti, l'unica opera edilizia ricadente nella sua proprieta' era              
un'autorimessa prefabbricata per la cui regolarizzazione era stata              
presentata, nel 1996, domanda di concessione in sanatoria, non ancora           
riscontrata.                                                                    
Inoltre, nel 1997 la signora aveva richiesto al Comune una verifica             
sulla proprieta', anche questa senza esito.                                     
Nel giro di poche settimane il Comune ha accertato che l'ordinanza di           
sospensione lavori concerneva, oltre al garage dell'interessata, per            
il quale era effettivamente in corso la pratica di condono, altri               
fabbricati limitrofi, non di proprieta' della signora, ed ha in                 
conseguenza annullata l'ordinanza stessa.                                       
Comune di Molinella (Bologna)                                                   
N. 123/99                                                                       
Un cittadino mi chiedeva di intervenire nei confronti del Comune di             
Molinella (Bologna), che da qualche tempo gli richiedeva il pagamento           
delle rette della Casa di riposo per la seconda moglie del proprio              
padre, morto da anni, e deceduta essa stessa successivamente.                   
Egli faceva presente di essere un estraneo nei confronti della                  
signora, la quale del resto aveva un figlio ed erede, al quale poteva           
essere richiesto tale pagamento.                                                
Il Comune di Molinella ha prontamente riconosciuto la fondatezza                
delle eccezioni mossegli, e in tal senso dava comunicazione al                  
concessionario della riscossione.                                               
Quest'ultimo peraltro, riteneva di sua iniziativa di dover proseguire           
nella procedura esecutiva tenuto conto che le cartelle risultavano              
cointestate sia al padre (come si e' detto, morto da anni) che alla             
seconda moglie dello stesso, e ritenendo da tale circostanza che il             
ricorrente fosse tenuto in quanto erede del proprio padre.                      
Si e' reso allora necessario un apposito intervento del Comune di               
Molinella che ha intimato al concessionario di sospendere la                    
proceduta esecutiva per tutti i tributi, nonche' l'annullamento delle           
notifiche effettuate in precedenza, in quanto l'istante non rivestiva           
la qualita' di erede legittimo della defunta.                                   
Preso atto dell'intera vicenda, e delle difficolta' incontrate dal              
cittadino per far valere le sue giuste ragioni, ho allora invitato il           
Sindaco di quel Comune, facendo mia un'osservazione in tal senso del            
concessionario, a voler predisporre, per casi analoghi che si                   
presentassero in futuro, l'intestazione diretta del ruolo all'erede             
responsabile del pagamento.                                                     
Comune di Marzabotto (Bologna)                                                  
N. 89/99                                                                        
Alcuni residenti lamentavano di aver inviato senza esito, fin dal               
1995, un esposto al Comune di Marzabotto, segnalando l'esistenza su             
una strada vicinale di costruzioni abusive, le quali ostruivano                 
totalmente l'unico accesso alla loro abitazione.                                
Interessata al riguardo, l'Amministrazione mi faceva presente che nel           
1996 aveva adottato nei confronti del responsabile due ordinanze                
sindacali di sospensione dei lavori nonche' diffida a demolire le               
opere eseguite in assenza della concessione edilizia. L'interessato             
allora aveva presentato domanda di concessione edilizia in sanatoria,           
mai accolta dall'Amministrazione.                                               
Una successiva domanda in tal senso, presentata nel 1998, era                   
pendente.                                                                       
Peraltro, dato che a suo tempo era stato accertata l'inottemperanza             
all'ordinanza sindacale di demolizione delle opere abusive, in quei             
giorni era stata notificata al responsabile una diffida a procedere             
alla demolizione delle opere abusive.                                           
Facevo allora presente al Comune che era suo preciso obbligo dare               
corso al procedimento teso alla demolizione della costruzione abusiva           
e che, in caso contrario, avrei provveduto ad esercitare i poteri               
sostitutivi concessimi dall'art. 17, comma 45, della Legge n. 127 del           
1997.                                                                           
La vicenda si e' conclusa allorche' l'Amministrazione ha comunicato             
l'intervenuta demolizione delle opere abusive da parte del                      
responsabile ed il conseguente ripristino della viabilita'.                     
Comune di Medicina (Bologna)                                                    
N. 204/99                                                                       
Il rappresentante di Legambiente segnalava che, nonostante le                   
numerose richieste in tal senso pervenute da parte degli abitanti               
della zona, il Comune di Medicina non aveva ancora autorizzato                  
l'Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola a rimborsare i canoni             
di scarico e depurazione relativi agli utenti non allacciati e non              
allacciabili alla pubblica fognatura.                                           
Il diritto alla cancellazione del canone ed al rimborso di quanto               
pagato era stato riconosciuto dallo stesso Comune fin dal 1994:                 
ciononostante, gli abitanti non solo non avevano ottenuto il rimborso           
dei canoni gia' corrisposti, ma addirittura continuavano a ricevere             
ogni anno le cartelle di addebito del canone.                                   
Ho allora richiesto al Comune di attivarsi con la massima                       
sollecitudine per autorizzare i rimborsi da parte dell'AMI, e con               
viva soddisfazione ho appreso che cio' e' stato disposto in tempi               
rapidissimi.                                                                    
Comune di Castiglione dei Pepoli (Bologna)                                      
N. 266/98                                                                       
Un cittadino mi chiedeva la nomina di un Commissario ad acta, ai                
sensi dell'art. 17, comma 45, della Legge n. 127 del 1997, al fine di           
procedere alla costituzione di un consorzio obbligatorio di                     
manutenzione di una strada vicinale ad uso pubblico, in quanto il               
Comune di Castiglione dei Pepoli era inadempiente al riguardo.                  
Procedevo allora ad invitare l'Amministrazione comunale a costituire            
il consorzio obbligatorio per la predetta strada vicinale, avvertendo           
nel contempo che, in assenza dell'avvio della procedura, avrei                  
provveduto in via sostituiva.                                                   
L'Amministrazione avviava allora il procedimento diretto alla                   
costituzione del consorzio, approntando un progetto di statuto                  
consortile e prevedendo un termine per la conclusione del                       
procedimento stesso.                                                            
Tale termine peraltro veniva prorogato ripetutamente, in relazione ad           
una serie di eventi.                                                            
Dopo alcuni mesi, ritenendo non piu' giustificata l'inerzia                     
dell'Amministrazione, la diffidavo formalmente a provvedere alla                
costituzione del consorzio nel termine di 30 giorni dal ricevimento             
della diffida.                                                                  
Veniva allora fissata un'ulteriore riunione dei proprietari frontisti           
nella quale, peraltro, la maggioranza si dichiarava indisponibile               
alla costituzione del consorzio.                                                
Anche l'Amministrazione comunale non riteneva praticabile la                    
costituzione del consorzio dal momento che la strada, benche'                   
compresa nell'elenco comunale delle strade soggette a pubblico                  
transito, attualmente non era piu' utilizzata a questo scopo.                   
La questione e' stata risolta opportunamente con una deliberazione              
della Giunta comunale che ha declassato il tratto di strada in                  
contestazione dall'elenco delle strade vicinali perche' non piu'                
idonea a soddisfare le esigenze di pubblico interesse.                          
Comune di Lugagnano Val d'Arda (Piacenza)                                       
N. 310/98                                                                       
Un signore, dopo aver tentato ogni via possibile, legale,                       
amministrativa, conciliativa, dopo aver presentato interrogazioni in            
Parlamento e al Consiglio regionale nonche' articoli sui quotidiani             
locali, si e' rivolto a me per cercare di ottenere la soluzione del             
suo caso.                                                                       
Nel 1994 aveva inviato al Comune di Lugagnano Val d'Arda la                     
comunicazione di inizio lavori per lo spostamento di alcune pareti              
interne ad un'abitazione di sua proprieta', cosi' da consentire la              
convivenza con la propria madre anziana e bisognosa di cure.                    
Mentre i lavori erano gia' iniziati, gli veniva notificato un                   
provvedimento di sospensione dei lavori da parte del Comune, il quale           
riteneva fosse necessaria la concessione edilizia.                              
Contro tale provvedimento l'interessato ricorreva allora al TAR.                
Nel frattempo il Comune aveva inviato la segnalazione del presunto              
abuso alla Procura della Repubblica di Piacenza, la quale, peraltro,            
archiviava la pratica perche' il fatto non costituiva reato,                    
ritenendo trattarsi di opere interne che non necessitavano di                   
concessione.                                                                    
Nonostante questo indubbio riconoscimento delle giuste ragioni                  
dell'interessato, la situazione non si sbloccava; pertanto nel 1996             
egli si rassegnava a chiedere la concessione edilizia, pur sapendo              
che non era necessaria.                                                         
La pratica per la concessione edilizia, dal canto suo, si arenava per           
il parere contrario del Comune e della Commissione edilizia, motivati           
con la considerazione che la ridistribuzione interna dei locali                 
doveva essere operata nel rispetto della Legge n. 13 del 1989,                  
concernente il superamento delle barriere architettoniche.                      
L'interessato contestava al Comune a lungo, ma inutilmente,                     
l'illegittimita' del diniego.                                                   
Nel luglio 1997 egli chiedeva al Presidente della Giunta regionale la           
nomina di un Commissario ad acta per il rilascio della concessione              
edilizia, ricevendone un rifiuto.                                               
Nel 1998 chiedeva anche un parere tecnico sull'intera vicenda al                
Responsabile del Servizio Pianificazione e Urbanistica della Regione            
Emilia-Romagna, ricevendo prontamente una conferma                              
dell'inapplicabilita' nel caso di specie della Legge 13/89.                     
Nello stesso tempo veniva proposta un'interpellanza al Consiglio                
regionale sull'intera vicenda e un'interrogazione al Parlamento.                
Il mio intervento, iniziato nel 1998, e' stato principalmente volto a           
contestare l'applicabilita' della normativa in materia di superamento           
delle barriere architettoniche, la quale e' riferibile alle ipotesi             
di ristrutturazione di interi edifici, mentre nel caso di specie si             
trattava di ristrutturazione interna di una singola unita'                      
immobiliare.                                                                    
La querelle tra la scrivente e il Comune e' proseguita per mesi, tra            
lettere di considerazioni giuridiche e sedute della Commissione                 
edilizia, senza pervenire ad un risultato conclusivo: mentre io                 
ribadivo la non assoggettabilita' dell'opera al preventivo rilascio             
di concessione edilizia, nonche' l'inapplicabilita' della Legge                 
13/89, trattandosi di ristrutturazione interna di una singola unita'            
immobiliare, il Comune non recedeva dalle proprie posizioni.                    
La situazione si e' improvvisamente sbloccata dopo una mia richiesta            
di riconsiderare l'intera situazione, tenute presenti le motivazioni            
dell'archiviazione disposta dall'Autorita' giudiziaria, che faceva              
stato tra le parti, ed un richiamo alla portata dell'istituto della             
denuncia di inizio attivita', come risultante dalla piu' recente                
normativa.                                                                      
Il tecnico comunale assegnato a quell'ufficio da pochi mesi (al quale           
va riconosciuta una serenita' di valutazione ed una competenza                  
tecnica del tutto particolari) ha infatti proposto al ricorrente di             
presentare una nuova denuncia di inizio attivita' relativa ai lavori            
da eseguire, al fine di riprendere i lavori.                                    
Purtroppo, dopo tanti anni la situazione familiare dell'interessato             
era radicalmente mutata, e le correlate esigenze di modifica interna            
dell'alloggio non sussistevano piu': di conseguenza, egli non ha                
potuto beneficiare in alcun modo del riconoscimento del suo giusto              
diritto, preferendo ripristinare l'alloggio come era in origine e               
alienarlo.                                                                      
Comune di Lugagnano Val d'Arda (Piacenza)                                       
N. 223/99                                                                       
Fin dal 1986 un residente di Lugagnano Val d'Arda aveva chiesto                 
inutilmente al Comune di recintare l'area di sua proprieta' con                 
paletti e rete metallica.                                                       
Nel 1992 il Comune ordinava all'interessato di abbattere la                     
recinzione che nel frattempo egli aveva abusivamente costruito                  
occupando parte del suolo stradale.                                             
Seguiva una querela del cittadino nei confronti del Sindaco, il quale           
aveva disposto la demolizione di alcuni paletti di recinzione, la               
denuncia del Sindaco nei confronti del cittadino per ricostruzione              
abusiva di un edificio crollato, e il ricorso al TAR contro                     
l'ordinanza di demolizione della recinzione.                                    
A conclusione di queste vicende giudiziarie, il TAR confermava il               
carattere abusivo dei lavori di recinzione.                                     
Richiesta di intervenire, ho cercato innanzitutto di sdrammatizzare             
la situazione di estrema tensione, ed ho chiesto poi al Comune di               
verificare lo stato dei luoghi, posto che entrambe le parti                     
ammettevano che solamente alcuni paletti erano posizionati (anche se            
di poco) nella sede stradale, mentre altri non rispettavano le fasce            
previste dal nuovo Codice della strada.                                         
Dopo una nutrita corrispondenza con l'Amministrazione locale, il                
tecnico comunale da poco assegnato a quell'ufficio mi ha comunicato             
che l'Ente era intenzionato a trovare una mediazione tra le due                 
posizioni, pur nel rispetto della legge, dando al privato la                    
possibilita' di presentare una nuova denuncia inizio lavori                     
contenente le indicazioni transattive date dal Comune.                          
Poste Italiane SpA - Filiale Bologna 1                                          
N. 922/99                                                                       
Un cittadino di un Comune dell'hinterland bolognese mi segnalava che,           
recatosi presso l'Ufficio postale di quel luogo, lo aveva trovato               
inaspettatamente chiuso.                                                        
Sulla porta vi era un cartello che motivava la chiusura con la                  
ricorrenza del Santo Patrono di Bologna e l'avvertenza che, peraltro,           
l'Ufficio sarebbe rimasto regolarmente aperto in occasione della                
festivita' del proprio Santo Patrono.                                           
Facevo allora presente alla predetta Societa' le responsabilita'                
derivanti da una chiusura immotivata dei propri uffici,                         
potenzialmente lesiva di interessi soggettivi giuridicamente                    
tutelati, e come la stessa poteva integrare il reato di interruzione            
di pubblico servizio.                                                           
La Societa' replicava allora che la chiusura, nel giorno del Santo              
Patrono di Bologna, dei tre uffici posti in quel comune era stata               
stabilita dopo aver acquisito il parere del Sindaco.                            
Facevo allora presente che il parere del Sindaco e' previsto                    
dall'art. 36, comma 3, della Legge n. 142 del 1990 al limitato scopo            
di coordinare gli orari degli esercizi commerciali, dei servizi                 
pubblici, nonche' gli orari di apertura al pubblico degli uffici                
periferici delle Amministrazioni pubbliche, al fine di armonizzare              
l'esplicazione dei servizi alle esigenze complessive e generali degli           
utenti. Una simile articolazione dell'orario era, peraltro, cosa ben            
diversa dalla chiusura totale dell'ufficio, fattispecie quest'ultima            
disciplinata da norme diverse e ben precise.                                    
In particolare, i vari contratti di lavoro equiparano ai giorni                 
festivi, ai fini della chiusura degli uffici, la ricorrenza del Santo           
Patrono della localita' in cui il dipendente presta la propria opera.           
Nessuna discrezionalita' era quindi riservata all'Amministrazione               
circa l'individuazione in concreto di tale ricorrenza.                          
Le mie argomentazioni sono state condivise dalla filiale Poste                  
italiane di Bologna, la quale ha assicurato che, dall'anno 2000 in              
poi, gli uffici effettueranno la chiusura nel giorno del Santo                  
Patrono del comune ove sono ubicati.                                            
Poste Italiane SpA - Filiale di Bologna                                         
N. 200/99                                                                       
Ad un invalido civile residente in provincia di Bologna, a                      
conclusione dell'iter della pratica per il riconoscimento delle                 
relative provvidenze economiche, veniva accreditato presso l'Ufficio            
postale del comune di residenza la somma di oltre trenta milioni.               
Purtroppo l'interessato non veniva messo a conoscenza di tale                   
circostanza per cui, decorsi i termini di giacenza, il relativo                 
mandato di pagamento rimasto insoluto veniva restituito alla                    
Prefettura di Bologna.                                                          
E' da premettere che l'Ufficio postale non ha commesso alcuna                   
irregolarita', posto che non esisteva un suo obbligo di avvertire il            
beneficiario della giacenza di tale titolo.                                     
Peraltro, mi e' sembrato necessario richiamare l'attenzione                     
dell'Amministrazione postale sulla necessita' di riconsiderare le               
proprie procedure, sembrandomi quanto mai opportuna, in casi                    
consimili, una comunicazione anche telefonica all'interessato alla              
scadenza del termine della giacenza.                                            
Nel caso di specie poi, era facilmente ipotizzabile, stante anche               
l'entita' della somma, che lo stesso non fosse a conoscenza                     
dell'invio del mandato di pagamento in suo favore.                              
Rai Radiotelevisione Italiana - Sede di Bologna                                 
N. 215/99                                                                       
Una signora lamentava che, fin dal 1996, ogni anno la Sede RAI di               
Bologna le inviava la richiesta di pagamento del canone di                      
abbonamento TV benche' la signora in risposta ogni anno avesse fatto            
presente di non possedere alcun apparecchio televisivo ne' di avere             
alcuna intenzione di acquistarlo.                                               
E' da rilevare inoltre che il modulo standard inviato alla signora              
terminava con l'avviso che, in mancanza di comunicazioni, la Rai                
avrebbe dovuto trasmettere il nominativo all'Amministrazione                    
finanziaria per i successivi accertamenti.                                      
L'interessata, nel dichiararsi disponibile a sottostare ai controlli            
del caso, chiedeva che, per l'avvenire, le fosse evitato l'obbligo di           
dover rispondere negativamente alla solita richiesta di pagamento del           
canone.                                                                         
Alla mia richiesta di conoscere le modalita' per risolvere in via               
definitiva la posizione dell'interessata, ovviamente fino a quando la           
stessa fosse sprovvista di televisore, la RAI rispondeva che la                 
comunicazione annuale a tutti coloro che non risultino abbonati ha              
carattere meramente informativo e che, in ogni caso, rientra nella              
discrezionalita' dell'Amministrazione finanziaria l'effettuazione dei           
controlli del caso.                                                             
L'intervento si e' concluso senza aver ottenuto un risultato                    
apprezzabile, non senza peraltro aver ribadito alla RAI la mia                  
insoddisfazione per un comportamento che, nei fatti, sembra adombrare           
una pressione psicologica posta in essere nei confronti di tutti                
coloro che non sono utenti del servizio televisivo, i quali, ogni               
anno, sono posti nella condizione di dover reiterare la medesima                
comunicazione al fine di non incorrere in un immotivato accertamento,           
con conseguenti intuibili disagi.                                               
Ferrovie dello Stato - Divisione passeggeri - Bologna                           
N. 681/99                                                                       
Un cittadino mi ha chiesto di intervenire in quanto non aveva avuto             
alcuna risposta ad una lettera con la quale chiedeva alle Ferrovie              
dello Stato - Divisione Passeggeri di Bologna - di ripristinare                 
durante l'estate, anche con frequenza ridotta, il servizio "auto al             
seguito" sul tratto ferroviario che collega Bologna con la Puglia.              
Si trattava infatti di un servizio di estrema utilita', che                     
consentiva agli automobilisti di spostarsi senza dover affrontare il            
grande traffico degli esodi e contro esodi estivi, purtroppo                    
soppresso dall'estate 1998.                                                     
Ho sottolineato alle Ferrovie dello Stato che condividevo pienamente            
le osservazioni dell'interessato, tenuto conto dell'importanza di               
dare un contributo fattivo ai problemi del traffico che affliggono le           
nostre strade e autostrade soprattutto nel periodo estivo.                      
D'altro canto, mi risultava che inizialmente l'Ufficio Relazioni con            
il pubblico delle Ferrovie, avendo ricevuto numerose richieste                  
analoghe, avesse ipotizzato la costituzione di un convoglio                     
straordinario per il 3 agosto, e che tale evenienza non si era                  
concretata poiche' la Direzione generale di Roma non aveva aderito              
alla richiesta, in quanto gia' erano in funzione una serie di treni             
straordinari da Milano a Bari e Brindisi.                                       
A conclusione della nutrita corrispondenza ho ribadito alla Societa'            
che in tal modo dimostrava di non farsi carico del problema degli               
utenti bolognesi, mentre il problema poteva essere risolto con un               
minimo di buona volonta', magari anche aggiungendo ai convogli                  
provenienti da Milano uno o piu' carri in partenza da Bologna con               
cadenze settimanali, o quindicinali o almeno mensili.                           
In ogni caso, dal momento che ritengo il problema di particolare                
rilievo non solo per l'utenza ma soprattutto per l'interesse                    
pubblico, proprio in questi giorni ho ripetuto la richiesta di                  
ripristinare il servizio per l'estate 2000.                                     
Ministero della Difesa - Roma                                                   
N. 64/99                                                                        
Pur consapevole di non avere titolo per un intervento in questo                 
settore, ho richiesto al Ministro della Difesa di prendere in esame             
il caso di un soldato di leva che, nonostante le sue richieste, non             
riusciva ad ottenere il riconoscimento del diritto all'avvicinamento            
alla propria citta' per motivi di studio.                                       
Egli era stato assegnato d'autorita', senza il suo consenso ne'                 
preventiva informazione, ad un corso speciale per guardie carcerarie            
di Sulmona (L'Aquila), molto piu' duro e di durata doppia rispetto al           
normale CAR.                                                                    
Le sue richieste di essere assegnato a Bologna, ove frequentava                 
l'Universita' con soli due esami da sostenere, erano rimaste senza              
esito.                                                                          
Inutili anche le telefonate al Distretto Militare di Bologna e al               
Ministero della Difesa, presso i quali addirittura non venivano                 
rintracciate materialmente le domande, mentre risultava                         
all'interessato che istanze di altre reclute erano state prontamente            
accolte.                                                                        
Il diritto del ricorrente all'assegnazione a Bologna discendeva                 
dall'art. 3, comma 6 del DLgs n. 504 del 30 dicembre 1997, che                  
prevede per i militari di leva studenti universitari con non piu' di            
quattro esami di profitto da sostenere, di essere assegnati, a                  
domanda, ad un Ente ubicato nel comune sede dell'Universita', o                 
comunque limitrofo.                                                             
L'esito del mio intervento e' stato pienamente soddisfacente: infatti           
ho prontamente ricevuto una cortese nota con la quale il Ministero              
della Difesa comunicava l'avvenuto trasferimento del predetto ad una            
struttura militare di Bologna.                                                  
Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato - Roma               
N. 641/98                                                                       
Anche in questo caso ho posto in essere un intervento atipico, questa           
volta nei confronti del Ministero delI'Industria: d'altro canto,                
ritenevo di non poter opporre la mia incompetenza di fronte a una               
situazione di particolare rilevanza sociale, in quanto coinvolgeva              
diritti spettanti ad una lavoratrice.                                           
Nel 1997 l'interessata aveva richiesto al Ministero dell'Industria la           
corresponsione dell'indennita' di cessazione dal servizio avendo                
prestato servizio presso quel dicastero, dal luglio 1987 al luglio              
1989, in qualita' di segretaria particolare di un Sottosegretario di            
Stato.                                                                          
La competente Direzione generale peraltro non aveva accolto la sua              
richiesta perche' pervenuta oltre il termine quinquennale di                    
prescrizione di cui all'art. 2948, punto 1) del Codice civile.                  
Dapprima il mio intervento si e' concretato nel sottolineare a                  
quell'ufficio l'esigenza di tenere ben presenti, oltreche' i motivi             
di diritto, anche le ragioni di equita' che supportavano le                     
aspettative della lavoratrice.                                                  
Del resto, in un'identica fattispecie, concernente un analogo                   
rapporto di lavoro tra la stessa e il Ministero del Tesoro,                     
quest'ultimo aveva assunto l'iniziativa di invitare l'interessata a             
trasmettere la documentazione necessaria per ottenere la liquidazione           
dell'indennita' relativa alla cessazione del rapporto.                          
Dall'esame della giurisprudenza avevo poi riscontrato che la norma              
applicabile alla fattispecie non era quella generale contenuta nel              
Codice civile, in quanto esisteva una normativa speciale per il                 
recupero dei crediti verso gli impiegati pubblici, la quale prevede             
che queste indennita' si prescrivano col decorso di 10 anni.                    
Il diritto dell'interessata alla liquidazione non era dunque                    
prescritto, dal momento che la sua istanza era stata prodotta prima             
del decorso del termine decennale.                                              
A questa argomentazione il Ministero dell'Industria non ha potuto               
eccepire altre argomentazioni ed ha provveduto a adottare il relativo           
provvedimento di liquidazione.                                                  
Ministero delle Finanze - Direzione regionale delle Entrate del                 
Piemonte                                                                        
N. 440/99                                                                       
Ha richiesto il mio intervento un ex dipendente dell'Amministrazione            
finanziaria collocato a riposo nel 1978 il quale, avendo instaurato             
un nuovo rapporto di lavoro, aveva chiesto inutilmente fin dal 1981             
alla ex Intendenza di Finanza di Torino di adottare i provvedimenti             
di competenza, necessari alla Direzione generale degli Istituti di              
Previdenza del Ministero del Tesoro per operare la ricongiunzione tra           
i diversi periodi di attivita'.                                                 
E' da premettere che la motivazione del diniego risiedeva nel                   
convincimento di quell'ufficio finanziario che la domanda di                    
ricongiunzione fosse inammissibile in quanto presentata oltre il                
termine di sei mesi dalla riscossione della prima rata di pensione,             
cosi' come prescritto dall'art. 151, comma 3, del DPR n. 1092 del               
1973, e che quel termine dovesse essere riferito alla pensione                  
provvisoria, e non quella definitiva.                                           
Il diniego non era stato superato neppure dal parere favorevole alla            
ricongiunzione espresso nel 1988 dalla Direzione generale degli                 
Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro (struttura competente           
ad attuare la ricongiunzione richiesta, pertanto la sola abilitata a            
valutare la sussistenza dei presupposti della stessa), che aveva                
ribadito che la domanda di ricongiunzione doveva essere presentata              
entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di comunicazione             
del provvedimento definitivo di pensione.                                       
Atti di diffida e messa in mora dell'allora Intendenza di Finanza di            
Torino e successivamente della Direzione regionale delle Entrate del            
Piemonte, lettere personali al Ministro delle Finanze e a quello del            
Tesoro pro tempore, nonche' un ricorso al TAR del Lazio non avevano             
conseguito l'effetto voluto di sbloccare tale inspiegabile rifiuto.             
Di fronte ad una situazione cosi' "compromessa", e che peraltro non             
era di mia stretta competenza essendo l'intervento rivolto ad                   
un'Amministrazione statale radicata in una regione diversa, ho                  
trasmesso la richiesta di intervento al Difensore civico del                    
Piemonte, esprimendo il mio convincimento che il trattamento                    
pensionistico indicato dall'art. 151 del DPR 1092/73 fosse quello               
definitivo: infatti, per giurisprudenza consolidata l'atto inerente             
il trattamento pensionistico provvisorio e' stato ritenuto sottratto            
sia alla giurisdizione della Corte dei Conti che a quella dei TAR sul           
presupposto della mancata natura provvedimentale dello stesso.                  
Il Difensore civico della Regione Piemonte, dopo aver sollecitato la            
Direzione regionale delle Entrate a provvedere agli adempimenti                 
previsti dall'art. 115 del DPR n. 1092 del 1973 per la ricongiunzione           
dei servizi prestati dall'interessato, osservava che la competenza ad           
esprimersi spettava all'INPDAP: diffidava pertanto quest'ultimo a               
concludere, entro 90 giorni, il procedimento di definizione della               
pratica di ricongiunzione.                                                      
Nello stesso tempo, su mia richiesta, il Difensore civico del Lazio             
interveniva presso il Ministero delle Finanze affinche' fornisse alla           
citata Direzione regionale delle Entrate le proprie indicazioni sulla           
fattispecie, ottenendo dallo stesso Ministero in brevissimo tempo               
parere favorevole all'ammissibilita' della chiesta ricongiunzione.              
Finalmente in questi giorni si e' chiusa questa ultraventennale                 
odissea burocratica, con la comunicazione della Direzione regionale             
delle Entrate all'interessato del decreto di revoca della pensione a            
suo tempo corrisposta.                                                          
Ministero delle Finanze - Centro di Servizio delle Imposte Dirette di           
Bari                                                                            
N. 541/99                                                                       
Un'anziana signora mi pregava di intervenire presso il Centro di                
Servizio di Bari per chiarire la ragione per la quale quell'ufficio             
le aveva notificato un'iscrizione a ruolo per ILOR 1992 quando, per             
lo stesso anno, risultava a favore della stessa addirittura un                  
credito di imposta.                                                             
Ho allora valutato che i tempi per il pagamento della cartella                  
esattoriale erano ridotti, e che, trattandosi di un'Amministrazione             
statale periferica ubicata in un'altra regione, non ero competente ad           
intervenire.                                                                    
Ciononostante, ho ritenuto di attivarmi in quanto nella regione                 
Puglia non e' ancora stato nominato il Difensore civico regionale, e            
tale omissione avrebbe costretto la signora a far valere le proprie             
ragioni con onerosi e lunghi ricorsi alla competente Commissione                
Tributaria.                                                                     
Pertanto ho richiesto al Centro di Servizio di Bari a mezzo fax di              
riesaminare la pratica alla luce della documentazione da me inviata.            
Dopo alcune settimane ho ricevuto per conoscenza la lettera con la              
quale il predetto Centro di Servizio, effettuate le verifiche del               
caso, assicurava l'interessata che era in corso lo sgravio totale               
dell'iscrizione a ruolo.                                                        
Istituto Postelegrafonici - Roma                                                
N. 92/99                                                                        
Una pensionata aveva chiesto all'Istituto Postelegrafonici la                   
riliquidazione dell'indennita' di buonuscita a suo tempo erogatale,             
in applicazione della Legge n. 87 del 1994 che prevede l'inclusione             
dell'indennita' integrativa speciale nella base di calcolo                      
dell'indennita' stessa.                                                         
La richiesta, formulata nel 1998, si fondava su una sentenza a lei              
favorevole del TAR dell'Emilia-Romagna del 1996.                                
Ho allora invitato l'Istituto previdenziale a dare esecuzione con la            
massima sollecitudine alla citata sentenza, ottenendo in breve tempo            
il pagamento delle spettanze in favore della pensionata.                        
7. CONSIDERAZIONI FINALI                                                        
Ritengo di poter concludere che l'attivita' di difesa civica svolta             
nell'anno passato sia risultata largamente positiva, sia per la                 
crescita del numero degli interventi, sia per l'ampiezza del                    
ventaglio di essi, che si sono rivolti a tutti i settori della                  
pubblica Amministrazione e alle materie piu' disparate, sia infine,             
in non pochi casi, per la complessita' delle questioni trattate.                
Come per l'anno 1998 ho ritenuto mio preciso dovere ovviare                     
all'assenza di difensore civico ai vari livelli, e sono di                      
conseguenza intervenuta in tutti i casi nei quali era controparte o             
una pubblica Amministrazione sprovvista di Difensore civico, o anche            
un'Amministrazione pubblica centrale.                                           
Ugualmente, sono intervenuta a tutela di chiunque abbia chiesto il              
mio intervento, anche se non si trattava di un cittadino della                  
regione, non espressamente ricompreso come tale nella previsione di             
tutela dettata dall'art. 16 della Legge n. 127 del 1997.                        
In questa mia attivita' complessiva desidero dare atto che anche per            
il 1999 l'Amministrazione regionale e gli altri Enti hanno fornito,             
di massima, risposte adeguate, anche se non sempre sollecite, alle              
mie richieste, nello spirito di collaborazione che dovrebbe sempre              
informare i rapporti tra Amministrazioni pubbliche.                             
Per il futuro, allo scopo di migliorare la qualita' del servizio reso           
da questo istituto, ritengo di formulare queste proposte:                       
- sensibilizzare le strutture regionali sulla necessita' di                     
assicurare risposte quanto piu' sollecite alle richieste provenienti            
dal Difensore civico.                                                           
Cio' consentira' il duplice obiettivo di massimizzare l'efficacia               
degli interventi, nell'interesse dei richiedenti, e di servire, nello           
stesso tempo, da antidoto a situazioni di tensione o di contenzioso,            
nell'interesse della stessa Amministrazione regionale;                          
- proseguire nelle iniziative promozionali dirette a far conoscere la           
figura del Difensore civico alla popolazione della regione, al fine             
di permettere ai cittadini che potrebbero averne necessita' di                  
utilizzare un servizio gratuito, alternativo alla tutela                        
giurisdizionale, per la tutela dei loro interessi.                              
Al fine di consentirmi il pieno espletamento delle funzioni che la              
legge mi assegna e per conseguire gli obiettivi che mi sono proposta            
nello svolgimento della mia attivita' di difesa civica, occorre che             
mi siano assicurati dall'Amministrazione regionale i mezzi                      
strumentali e la dotazione di personale necessari.                              
Sotto quest'aspetto debbo rilevare che nel 1999 si sono manifestate             
delle carenze che hanno inciso negativamente sull'attivita' del mio             
Ufficio.                                                                        
Piu' precisamente, per quanto riguarda la dotazione di mezzi                    
strumentali, data la continua espansione del servizio prestato, ho              
riscontrato che gli spazi assegnatimi sono divenuti insufficienti. Mi           
riferisco in particolare alla collocazione dell'archivio e della                
biblioteca.                                                                     
L'archivio non trova posto negli ambienti dell'Ufficio ed e'                    
collocato -  ad eccezione di quello relativo all'anno in corso e ad             
un'annata pregressa - in una sede lontana, accessibile con tempi                
prolungati e tramite personale esterno.                                         
La biblioteca e' ristretta in uno spazio insufficiente e inidoneo,              
sia come contenitore del materiale, sia come luogo di consultazione,            
tenuto anche conto del fatto che si tratta di struttura messa a                 
disposizione del pubblico.                                                      
Il problema rappresentato potrebbe essere risolto, a mio avviso, con            
l'assegnazione di altri locali, situati nel medesimo edificio, di               
proprieta' regionale, al momento non utilizzati.                                
L'altra carenza manifestatasi riguarda il personale dell'Ufficio e,             
piu' precisamente, l'indisponibilita', per legittimi motivi, di uno             
dei miei diretti collaboratori - su un organico di tre funzionari -             
protrattasi per la maggior parte dell'anno e tuttora perdurante.                
Cio' ha indubbiamente influito in modo negativo sull'efficienza del             
servizio reso, considerato il sovraccarico di lavoro - nel frattempo            
anche aumentato, come risulta dai dati forniti - gravante sui                   
funzionari presenti, i quali peraltro hanno fatto fronte                        
all'emergenza con encomiabile impegno.                                          
Pur rendendomi conto delle difficolta' di reperire personale adeguato           
alle funzioni proprie del mio Ufficio - che richiedono un livello di            
professionalita' molto elevato, qualificate esperienze ed una                   
peculiare attitudine ai rapporti sociali ed umani - auspico che                 
l'attuale carenza possa essere superata mediante l'assegnazione in              
tempi brevi di almeno un elemento idoneo.                                       
Prevedo inoltre che a piu' lungo termine sara' necessario un aumento            
dell'organico, qualora i progetti dell'Amministrazione di espansione            
del servizio mediante convenzioni con ulteriori enti vengano attuati.           
La presente circostanza mi offre l'occasione per ringraziare                    
sentitamente gli uffici regionali, statali e comunali che, di volta             
in volta, hanno collaborato con me, cosi' come ringrazio sentitamente           
le Autorita' alle quali e' rivolta la presente relazione e i                    
cittadini che si sono rivolti al mio ufficio fiduciosi di ottenere un           
aiuto ed un consiglio nei loro rapporti, spesso problematici, con               
l'Amministrazione pubblica.                                                     
Bologna, 29 marzo 2000                                                          
IL DIFENSORE CIVICO                                                             
Paola Gallerani Monaci                                                          

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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