ORDINANZA 20 dicembre 1999, n. 491
Ordinanza n. 491 Reg. ordinanze 2000 emessa il 20 dicembre 1999 (pervenuta alla Corte Costituzionale il 6/7/2000) dal TAR per l'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Comitato bolognese "Scuola e Costituzione" ed altre c/ Regione Emilia-Romagna
Il Tribunale amministrativo per l'Emilia-Romagna - Sede di Bologna -
Sezione II, composto dai signori: dott. Giancarlo Mozzarelli,
Presidente f.f.est., dott. Rosaria Trizzino, consigliere rel., dott.
Bruno Lelli, consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto dal Comitato bolognese "Scuola e Costituzione",
dalla Chiesa Evangelica Metodista di Bologna, dalla Chiesa Cristiana
Avventista del Settimo Giorno di Bologna, dalla Comunita' Ebraica di
Bologna, rappresentati e difesi dagli avvocati Federico Sorrentino,
Massimo Luciani, Corrado Mauceri e Maria Virgilio e domiciliati
presso lo studio di quest'ultimo, in Bologna, Via Rubbiani n. 3;
contro
Regione Emilia-Romagna, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea
Pennesi (Bologna, Strada Maggiore n. 47);
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna del
28 settembre 1995, n. 97 recante l'intitolazione "L.R. 24 aprile
1995, n. 52 - Approvazione dei criteri per l'assegnazione dei
contributi ai Comuni per l'anno 1995 per l'attivazione di convenzioni
per la qualificazione e il sostegno delle scuole dell'infanzia
private senza fini di lucro o gestite da IPAB" e degli atti connessi
e presupposti, in particolare della circolare dell'Assessore
regionale agli Affari sociali e familiari, Associazionismo, Qualita'
urbana, prot. n. 20783 del 17 agosto 1995.
Uditi all'udienza pubblica del 15/10/1998 gli avvocati Maria Virgilio
e Massimo Luciani per i ricorrenti e Andrea Pennesi per la Regione
resistente;
considerato quanto segue:
FATTO
La parte ricorrente impugna, chiedendone l'annullamento, gli atti
meglio indicati dianzi.
A sostegno del ricorso, essa presenta le censure seguenti:
1. Violazione di legge, in riferimento agli artt. 2, comma 1, lettera
B), quinto alinea; 10, comma 1, lett. e bis); 10, penultimo comma,
Legge regionale Emilia-Romagna 25 gennaio 1983, n. 6, nel testo
modificato dalla Legge regionale Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n.
52.
Si rileva come l'art. 4, comma 1, L.R. n. 52 del 1995 ha istituito un
fondo per la promozione delle convenzioni fra Comuni e scuole
dell'infanzia private. A sua volta, l'art. 5, comma 1, ha disposto
che tale fondo "e' ripartito fra i Comuni che abbiano stipulato
convenzioni con scuole dell'infanzia private nelle quali siano
previsti oneri a carico dei Comuni per contributi di spesa corrente e
di investimento.".
Si aggiunge che "il fondo ha la funzione di promuovere la
stipulazione di convenzioni fra Comuni e scuole dell'infanzia
private, e solo fra i Comuni che tali convenzioni abbiano stipulato
il fondo dev'essere ripartito. In totale spregio della legge, la
deliberazione impugnata, invece, prevede che al riparto del fondo
accedono anche i Comuni che sono privi delle menzionate
convenzioni.".
Si rileva, infine, che "anche a volersi rifare allo spirito della
legge, tuttavia, le conclusioni non muterebbero. Intenzione del
legislatore era infatti garantire un sostegno finanziario ai Comuni
che avessero effettivamente stipulato convenzioni con istituti
scolastici privati. (. . .). Soltanto limitando il sostegno
finanziario ai Comuni dotati di convenzione, del resto, era possibile
incentivare i Comuni a dotarsi dello strumento convenzionale.
Ritenere, come si fa nelle premesse alla proposta della Giunta
regionale (integralmente recepita dalla deliberazione impugnata), che
la stipula di ulteriori convenzioni si possa promuovere e sollecitare
attraverso il grazioso finanziamento anche e proprio dei Comuni che
non hanno stipulato convenzioni e' un controsenso che non abbisogna
di commenti.".
2. Violazione di legge e, in riferimento agli artt. 3, 33, commi 1 e
3, e 128 della Costituzione e agli artt. 2, comma 1, lettera B),
quinto alinea, e 10, penultimo comma, della Legge regionale
Emilia-Romagna 25 gennaio 1983, n. 6, nel testo modificato dalla
Legge regionale Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52.
Si osserva come "la deliberazione impugnata dispone che, per i Comuni
della fascia A), ai fini della determinazione dei contributi, verra'
considerata, fra l'altro (punto 1.2.) la congruenza dei contenuti
delle convenzioni adottate a livello locale rispetto al Protocollo
d'intesa tra Regione e FISM regionale (. .), in particolare rispetto
ai seguenti elementi: accesso degli utenti, modalita' di
partecipazione delle famiglie, equita' di trattamento economico,
orientamenti educativi (con riferimento al DM 3 giugno 1991),
organizzazione del servizio, personale e coordinamento tecnico,
raccordo con altre agenzie educative, adeguamento strutturale,
servizi per l'accesso, criteri di valutazione/verifica.".
Ne discende che "il computo della misura dei contributi da erogarsi
in favore dei Comuni viene effettuato assumendo quale criterio
determinante, accanto a quelli del numero delle sezioni delle scuole
materne convenzionate (punto 1.1) e dell'ampiezza demografica dei
Comuni (punto 1.3) la congruenza rispetto al (e quindi il rispetto
del) Protocollo d'intesa tra Regione e FISM regionale.
In questo modo (. . .) la fruibilita' concreta dei contributi
regionali e' rigidamente subordinata al rispetto di un Protocollo
d'intesa fra l'Amministrazione regionale e una comune associazione
privata. Per quanto rappresentativa questa possa essere, un simile
trattamento e' del tutto ingiustificato. Invero, non esiste nella
legislazione regionale alcun elemento che la isoli e la differenzi
rispetto alle altre associazioni private operanti nel mondo della
scuola. Aver assunto un accordo stipulato con detta associazione
quale stregua cui commisurare le convenzioni stipulate dai vari
Comuni e' dunque scelta che non trova alcun supporto normativo.".
Si aggiunge che "manifestamente violate, poi, sono le predette
disposizioni della L.R. n. 6 del 1983 (nel testo modificato dalla
L.R. n. 52 del 1995).
Esse, infatti, si limitano a prevedere che le risorse del "Fondo per
la promozione delle convenzioni fra Comuni e scuole dell'infanzia
private" siano ripartite tra i Comuni che abbiano stipulato
convenzioni con istituzioni scolastiche private, senza differenziare
affatto all'interno di tale categoria.
Spettava dunque alla Giunta regionale determinare i criteri per la
concreta ripartizione delle risorse, ma e' evidente che cio' avrebbe
dovuto avvenire sulla base di parametri il piu' possibile oggettivi e
in riferimento alle effettive esigenze dei Comuni in ordine alla
prestazione del servizio scolastico.
Ancorando l'erogazione delle risorse al rispetto di un accordo tra la
Regione e un'associazione privata, la deliberazione impugnata
stravolge il senso della previsione legislativa, sostituendo la
volonta' soggettiva dei firmatari del Protocollo all'oggettivita' dei
fatti e dei bisogni.
chiaro, altresi', che per questo aspetto il provvedimento impugnato
viola il principio di eguaglianza.
La FISM, infatti, e' stata arbitrariamente preferita ad ogni altra
associazione privata operante nel mondo scolastico, senza alcuna
apertura pluralistica alle altre realta' del settore. Questo,
oltretutto, in un ambito, come quello dell'istruzione, nel quale le
esigenze dell'eguaglianza fra i cittadini sono al centro
dell'attenzione della Carta costituzionale.
Per giunta, la FISM e' stata addirittura investita di una funzione
condizionante nei confronti dei Comuni, nel momento in cui la si e'
chiamata a stipulare con la Regione un Protocollo al quale e' stato
conferito valore paradigmatico in sede di assegnazione delle risorse
gestite nell'ambito del "Fondo per la promozione delle convenzioni
fra Comuni e scuole dell'infanzia private". In questo modo,
subordinando l'autonomia comunale all'autonomia privata, si e'
arrecato un gravissimo vulnus all'autonomia degli Enti locali
garantita dall'art. 128 Cost., a tenor del quale i Comuni "sono Enti
autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della
Repubblica.". Il riconoscimento costituzionale dell'autonomia dei
Comuni ha l'evidente funzione di garantire, da un lato, l'autogoverno
e la partecipazione delle popolazioni locali (in questo stesso senso,
del resto, proprio l'art. 53 dello Statuto della Regione
Emilia-Romagna); dall'altro, di assicurare un apprezzamento del
pubblico interesse in ragione dell'adeguata considerazione delle
esigenze locali, di volta in volta diverse. L'una e l'altra funzione
della garanzia costituzionale sono frustrate dalla deliberazione
impugnata, che subordina l'autonomia degli Enti locali (che possono
accedere ai finanziamenti solo nella misura in cui si conformano al
Protocollo) all'autonomia privata di un soggetto particolare come la
FISM. Il tutto, in una materia in cui le funzioni amministrative, ai
sensi dell'art. 45, comma 1, del DPR n. 616 del 1977, "sono
attribuite ai Comuni".
Gravemente vulnerate, poi, sono la liberta' di insegnamento e la
liberta' di istituire scuole che sono garantite dall'art. 33, commi 1
e 3, Cost. E' infatti evidente che qualunque istituzione scolastica
privata, se vorra' accedere al sostegno previsto dalla L.R. n. 52 del
1995, dovra' necessariamente conformarsi alle previsioni dettate dal
menzionato Protocollo. Esso, pero', incide profondamente
sull'autonomia didattica, sull'organizzazione dei servizi, sullo
stesso rapporto di impiego dei dipendenti, condizionando cosi' in
modo inaccettabile le libere scelte di chi voglia operare nel settore
scolastico per l'infanzia. Per soprammercato, tale condizionamento e'
determinato da un atto (il Protocollo) che recepisce, oltre alla
volonta' dell'Ente regionale, la privata volonta' della FISM, e cioe'
di una associazione privata, che possiede una specifica connotazione
ideale e culturale. Come nell'orwelliana fattoria degli animali,
dunque, anche se formalmente tutti sono eguali, sostanzialmente
alcuni operatori scolastici finiscono per essere piu' eguali degli
altri.".
3. Illegitimita' derivata per illegittimita' costituzionale, in
riferimento agli artt. 3 e 128 della Costituzione.
Si rileva come "nella denegata ipotesi che la prima parte della
ricostruzione prospettata al paragrafo precedente venisse respinta,
ritenendosi che la deliberazione impugnata non sia violativa della
menzionata normativa regionale, i vizi di illegittimita' lamentati
nei confronti della deliberazione dovrebbero pianamente trasferirsi
su quest'ultima, nella parte in cui consente all'Amministrazione
regionale di assumere provvedimenti cosi' clamorosamente contrastanti
con il principio di eguaglianza fra i privati e con il principio
dell'autonomia degli Enti locali.".
4. Illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale, in
riferimento agli artt. 33 e 117, comma 1 della Costituzione.
Si rileva che "un vizio ancor piu' radicale affligge, pero', il
provvedimento impugnato. Esso risulta infatti (ancorche'
illegittimamente (. . .) attuativo di una legge regionale (la L.R. n.
52 del 1995) della quale e' evidente l'illegitimita' costituzionale.
Fra le materie di competenza regionale di cui all'art. 117 Cost.,
infatti, sono ricomprese l'istruzione artigiana e professionale e
l'assistenza scolastica.
La materia "istruzione" in generale, invece, non e' menzionata. A sua
volta, il DLgs n. 616 del 1997 non consente che si faccia confusione
fra istruzione e assistenza scolastica.".
Si osserva come "appare chiaro che il legislatore regionale ha
inteso, in violazione del dettato costituzionale, disciplinare
proprio la materia istruzione, fuoriuscendo dai limiti ad esso
assegnati, ed in particolare andando ben al di la' della semplice
"assistenza scolastica".
Gia' la modificazione del titolo originario della L.R. n. 6 del 1983
e' rivelatrice. Mentre (. . .) tale legge si intitolava semplicemente
"Diritto allo studio", il nuovo titolo e' "Diritto allo studio e
qualificazione del sistema integrato pubblico-privato delle scuole
dell'infanzia". Come risulta da tale formulazione letterale, il
legislatore regionale ha inteso andare ben oltre il campo (. .) della
garanzia del diritto allo studio, invadendo quello della disciplina
generale dell'istruzione. Tanto, oltretutto, con ambizioni di
altissimo profilo: l'obiettivo e' (. . .) la realizzazione di un
"sistema integrato delle scuole dell'infanzia basato sul progressivo
coordinamento e sulla collaborazione fra le diverse offerte
educative", e il legislatore regionale mira alla qualificazione di
tali offerte, per "valorizzare competenze, risorse e soggetti
pubblici e privati" (art. 1, comma 2, punto 2 bis, della L.R. n. 6
del 1989, nel testo introdotto dalla L.R. n. 52 del 1995). Le enormi
ambizioni del legislatore regionale sono, comunque, ulteriormente (.
. .) disvelate proprio dalle premesse della proposta della Giunta
regionale recepita dall'atto Protocollo d'intesa con la FISM e della
risoluzione n. 5172/5362, adottata dal Consiglio regionale in data 6
ottobre 1994. In quest'ultima, in particolare, il Consiglio regionale
valuta indifferibile un riordino strutturale e culturale che,
ragionando in termini di "sistema", abbia come obiettivi l'aumento
dell'efficacia formativa e della scolarita' come risorsa individuale
e sociale e impegna la Giunta ad adottare interventi di
qualificazione dell'intero sistema delle scuole dell'infanzia, etc.
Cosa tutto questo abbia a che vedere con la materia "assistenza
scolastica" non e' dato comprendere.
Tutto l'impianto della Legge n. 52 del 1995, comunque, e'
radicalmente illegittimo, perche' tutti gli interventi ivi previsti
sono funzionalizzati al raggiungimento di tali obiettivi. E' dunque
questo un caso di illegittimita' costituzionale di un intero testo
legislativo, ipotesi che (. . .) secondo la giurisprudenza
costituzionale ricorre tutte le volte in cui il legame della legge
sia tanto stretto che esse risultano in autonome le une rispetto alle
altre.".
5. Illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale, in
riferimento all'art. 33, commi 1 e 3, della Costituzione.
Si rileva come "ulteriormente viziata da illegittimita'
costituzionale risulta peraltro la L.R. n. 52 del 1995, e con essa la
deliberazione impugnata, per violazione dell'art. 33, comma 3, della
Costituzione, a tenor del quale Enti e privati hanno il diritto di
istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato,
in combinato disposto con il comma 1 del medesimo art. 31.
(. . .) e' attualmente assai accesa la discussione sulle modalita' di
un possibile sostegno pubblico che favorisca la frequenza della
scuola privata, senza modificare l'art. 33, comma 4, Cost. (. . .)
comunque, non si e' andati oltre la proposta di un sostegno indiretto
per le famiglie che indirizzino i propri figli alla scuola privata
attraverso la detassazione delle loro spese scolastiche (cfr. ad
esempio l'art. 9 del Progetto di legge Camera, n. 142), oppure quella
di agevolazioni fiscali per il settore scolastico (cfr. ad esempio
l'art. 8 del Progetto di legge Senato, n. 1339 o l'art. 8 del
Progetto di legge Camera, n. 2404).
Per la sua evidente contrarieta' all'art. 33, comma 3, Cost.. invece,
la proposta di finanziamenti diretti alla scuola privata non e' stata
avanzata in sede parlamentare.
In effetti, il dettato costituzionale non si presta ad equivoci. Come
ha osservato la piu' autorevole dottrina costituzionalistica, l'art.
33, comma 3, Cost., esclude "nei termini piu' larghi" che l'esercizio
della (pur indiscutibile) liberta' di istituire e gestire scuole
private possa gravare sul bilancio dello Stato (. . .). Il divieto,
peraltro, non riguarda solo lo Stato ma anche gli altri Enti pubblici
(. . .) fra i quali ovviamente le Regioni.
La logica della disposizione costituzionale e' infatti quella che
l'iniziativa privata nel settore scolastico non debba (. . .) essere
compressa, ma non possa neppure essere sostentata da pubbliche
risorse, che' altrimenti si stornerebbero fondi da impiegarsi per il
necessario e imprescindibile intervento pubblico in materia, che e'
cosi' vasto che lo Stato e' tenuto ad istituire proprie scuole "per
ogni ordine e grado" (artt. 33, comma 2, Cost.).
Questo regime, del resto, e' coerente con il principio di liberta'
che ispira tutta la normativa costituzionale in materia di scuola.
Tale principio illumina tutto il settore: liberta' di istituire
scuole private; liberta' di insegnamento; liberta' degli studenti di
formarsi i propri autonomi convincimenti, etc.
La preclusione del finanziamento pubblico non comprime, ma
addirittura esalta la liberta', che (. . .) e' inevitabilmente
assoggettata a limiti e controlli quando la mano pubblica interviene
per sostenerla finanziariamente (e la cosa, qui, si e' puntualmente
verificata, con il sistema degli "impegni" che le scuole private
debbono assumere in sede di convenzione per poter poi godere del
pubblico sostegno). Il divieto di finanziamento con pubblico danaro
delle scuole private non e' un limite, ma una vera e propria garanzia
per la liberta' (fondamentale) di istituirle.
Tutto questo e' stato completamente dimenticato dal legislatore
regionale, che ha tranquillamente previsto che i Comuni possano
contribuire alla gestione delle scuole private, addossandosi "oneri
per contributi di spesa corrente e di investimento" (art. 10,
penultimo comma, della L.R. n. 6 del 1983, nel testo introdotto dalla
L.R. n. 52 del 1995), e che essi possano attivarsi per il "sostegno"
delle scuole private (art. 2, comma 1, lett. B), della L.R. n. 6 del
1983, nel testo introdotto dalla L.R. n. 52 del 1995).
Come si riconosce espressamente nel provvedimento impugnato (vedi la
parte dell'Allegato A nella quale si definisce la fascia di Comuni
"B"), gli oneri finanziari che la legge regionale consente ai Comuni
di assumere in materia scolastica sono diretti in favore delle scuole
private. In questo modo, e in considerazione dell'enorme vastita'
degli obiettivi degli interventi di sostegno (cio' che si evince
dall'ampiezza dei temi oggetto della convenzione-tipo), si chiarisce
che il finanziamento pubblico non riguarda i soli studenti (o le loro
famiglie) per consentire che tutti, anche coloro che si rivolgono
alla scuola privata siano posti in condizione di godere
effettivamente del diritto allo studio. Esso si rivolge invece
(addirittura primariamente) agli istituti privati, e vale a sostenere
direttamente la loro gestione.".
La parte ricorrente ha conclusivamente richiesto l'annullamento degli
atti impugnati, "eventualmente sollevando in via pregiudiziale
questione incidentale di legittimita' costituzionale della Legge
regionale Emilia-Romagna n. 6 del 1983, per come modificata dalla
Legge regionale Emilia-Romagna n. 52 del 1995, in riferimento agli
artt. 3; 33, commi 1 e 3; 34; 117, comma 1 e 128 della
Costituzione.".
L'Amministrazione regionale ha eccepito l'inammissibilita' del
ricorso sotto diversi profili (mancata notifica alla
controinteressata Federazione italiana scuole materne -
Emilia-Romagna; carenza di interesse).
Con sentenza parziale 1/4/1997, n. 191, questa Sezione ha in parte
accolto il ricorso (con riferimento alla prima censura), in parte
dichiarato inammissibile il medesimo (con riferimento alla seconda e
terza censura, per mancata notifica alla FISM Emilia-Romagna quale
controinteressata unicamente in relazione a tali specifici profili di
gravame) ed infine rinviato alla Corte Costituzionale, con separata
ordinanza, la questione di legittimita' costituzionale della L.R.
28/9/1995, n. 52 in relazione agli artt. 33, secondo e terzo comma, e
117, primo comma, della Costituzione (quarta e quinta censura).
Con ordinanza 17/3/1998, n. 67, la Corte Costituzionale ha dichiarato
la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita'
costituzionale dianzi indicata, sotto il profilo della carenza di
motivazione sulla rilevanza della questione medesima.
Con successive memorie in data 3 e 9/10/1998 (quest'ultima
tardivamente depositata), le parti hanno ulteriormente delineato le
rispettive argomentazioni.
La Sezione - con decisione in data odierna - ha rinviato alla Corte
Costituzionale, con la presente e separata ordinanza, la questione di
legittimita' costituzionale della L.R. n. 52 del 1995 per contrasto
con gli artt. 33, primo, secondo e terzo comma e 117, primo comma
della Costituzione, sospendendo nelle more del giudizio incidentale
di costituzionalita' ogni definitiva decisione nel merito.
DIRITTO
1. Va preliminarmente rilevato che - indipendentemente dalla
consequenzialita' formale delle censure in esso dedotte - nel
presente ricorso si contesta l'impugnata delibera sia nella sua
interezza (seconda, terza, quarta e quinta censura), sia in relazione
ad un suo profilo parziale e ben delimitato (prima censura) e che
pertanto oggetto largamente prevalente del "thema decidendum" e' la
illegittimita' derivata dell'impugnata delibera per l'asserita
illegittimita' costituzionale della Legge regionale Emilia-Romagna
6/83 - per come modificata dalla successiva Legge regionale
Emilia-Romagna 52/95 - in riferimento agli artt. 3, 33, commi primo e
terzo, 34, 117, primo comma e 128 della Costituzione: questione di
legittimita' costituzionale sollevata in via pregiudiziale dalla
parte ricorrente (vedi ricorso, pagine 18/19).
Va anche aggiunto che questa Sezione, con la decisione parziale
1/4/1997, n. 191 - ha in parte accolto il ricorso (con riferimento
esclusivo al profilo parziale e ben delimitato di cui alla prima
censura), in parte dichiarato inammissibile il medesimo (con
riferimento alla seconda e terza censura, per mancata notifica del
ricorso alla FISM Emilia-Romagna quale controinteressata unicamente
in relazione a tali specifici profili di gravame) ed infine -
riconoscendo l'ammissibilita' del ricorso nella parte residua - ha
rinviato alla Corte Costituzionale, con separata ordinanza, la
questione di legittimita' costituzionale della L.R. 28/9/1995, n. 52,
in relazione agli artt. 33, secondo e terzo comma, e 117, primo comma
della Costituzione (quarta e quinta censura).
Con ordinanza 17/3/1998, n. 67, la Corte Costituzionale ha dichiarato
la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita'
costituzionale dianzi indicata sotto il profilo esclusivo della
carenza di motivazione in ordine alla rilevanza della questione
medesima ai fini della decisione della presente controversia.
Rileva, peraltro, il Collegio che la predetta pronuncia della Corte
Costituzionale ha una valenza meramente processuale e non di merito e
che pertanto essa non preclude - per la sua natura non specificamente
decisoria - la riproposizione della suindicata questione di
legittimita' costituzionale (in tal senso vedi, per tutte, Corte
Cost., dec. 19-27 luglio 1989, n. 451, in motivazione), nei termini
parzialmente modificati di cui in prosieguo.
La parte ricorrente delinea - con la quarta e quinta censura - la
illegittimita' derivata dall'impugnata delibera per l'asserita
incostituzionalita' della L.R. 52/95 nel suo complesso a causa dello
stretto legame intercorrente tra le norme della stessa, per
violazione degli artt. 33 e 117, primo comma della Costituzione.
Si afferma, in particolare, che il legislatore regionale -
fuoriuscendo dall'ambito della competenza assegnatagli dalla
Costituzione, che limita il suo intervento all'assistenza scolastica
ed all'istruzione artigiana e professionale - ha inteso disciplinare
la materia dell'istruzione. Di cio' si avrebbe conferma dallo stesso
titolo della legge in esame ("Diritto allo studio e qualificazione
del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell'infanzia")
sostitutivo del precedente titolo della L.R. 6/83 ("Diritto allo
studio") di cui la prima costituisce integrazione ed ampliamento.
Il legislatore regionale inoltre - mediante il riconoscimento di
contributi di spesa corrente e di investimento a sostegno diretto
delle scuole private d'infanzia e della loro gestione - avrebbe
manifestamente violato la disposizione di cui all'art. 33, terzo
comma, della Costituzione che riconosce bensi' ad enti e privati il
diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, purche' senza
oneri per lo Stato.
Il Collegio ritiene che tale questione di legittimita' costituzionale
non sia manifestamente infondata in entrambi i profili dianzi
indicati, per le considerazioni che seguono.
Quanto al profilo relativo all'asserita illegittimita' costituzionale
della legislazione regionale di riferimento per violazione dell'art.
117, primo comma, della Costituzione, va preliminarmente rilevato che
quest'ultima norma include fra le materie di competenza legislativa
regionale, tra le altre, l'istruzione artigiana e professionale e
l'assistenza scolastica. Cio' posto, appare evidente come la materia
in esame non riguardi ne' l'uno ne' l'altro comparto. In particolare,
per quanto attiene al comparto dell'assistenza scolastica, il DPR 24
luglio 1977, n. 616 - all'art. 42 - stabilisce che "le funzioni
amministrative relative alla materia (. . .) concernono tutte le
strutture, i servizi e le attivita' destinate a facilitare mediante
erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o
collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche
pubbliche o private, (. . .) l'assolvimento dell'obbligo scolastico
nonche', per gli studenti capaci e meritevoli ancorche' privi di
mezzi, la prosecuzione degli studi". Ne discende che l'assistenza
scolastica e' materia distinta, ancorche' collegata strettamente a
quella dell'istruzione, poiche' essa attiene all'insieme di misure e
provvidenze dirette a facilitare, per poterlo rendere effettivo, il
diritto allo studio nel suo fondamento materiale (Corte
Costituzionale, dec. 22 gennaio 1982, n. 36, in motivazione; Id.,
dec. 1 febbraio 1967, n. 7; Id., dec. 2 luglio 1968, n. 106). Essa
pertanto riguarda esclusivamente l'erogazione di sussidi e
provvidenze direttamente a favore degli alunni, mentre invece nel
caso in esame la L.R. 52/95 prevede l'erogazione di un sostegno
finanziario, mediante contributi di spesa corrente e di investimento,
direttamente a favore delle scuole private d'infanzia (artt. 3 e 5
legge citata).
Ne' le provvidenze ed i sussidi previsti dalla legge regionale in
esame potrebbero rientrare - diversamente da quel che opina
l'Amministrazione resistente (vedi Allegato n. 2 alla memoria
3/10/1998) - nell'ambito della materia della beneficenza pubblica,
anch'essa ricompresa dall'art. 117, primo comma tra le materie di
competenza legislativa regionale. Il DPR 24 luglio 1997, n. 616 -
all'art. 22 - stabilisce infatti che "le funzioni amministrative
relative alla materia (. . .) concernono tutte le attivita' che
attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione
ed erogazione dei servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni
economiche, sia in denaro che in natura, a favore dei singoli, o di
gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati i
destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a
categorie determinate" e - nel successivo art. 23 ("specificazione")
- precisa che "sono comprese nelle funzioni amministrative di cui
all'articolo precedente le attivita' relative: a) all'assistenza
economica in favore delle famiglie bisognose dei defunti e delle
vittime del delitto; b) all'assistenza post-penitenziaria; c) agli
interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle
autorita' giudiziarie minorili nell'ambito della competenza
amministrativa e civile; d) agli interventi di protezione speciale di
cui agli artt. 8 e seguenti della Legge 20 febbraio 1958, n. 75".
Ne discende che la materia predetta ha direttamente per destinatari
persone fisiche - come singoli o per gruppi e categorie - in
condizioni di rilevante disagio sociale ed ha conseguentemente
caratteri costitutivi fortemente differenziati rispetto ad un
intervento legislativo regionale - quale quello in esame - diretto ad
assicurare invece sostegno finanziario in via continuativa sotto
forma di contributi di spesa corrente e di investimento a favore
delle scuole private d'infanzia e comunque indipendentemente dalle
condizioni di bilancio di queste ultime.
Va anche aggiunto che lo stesso Statuto della Regione Emilia-Romagna
collega le residuali competenze regionali in materia scolastica alla
finalita' esclusiva di "rendere effettivo il diritto allo studio ed
alla cultura fino ai livelli piu' alti" (art. 2, comma 3, lett. e).
Il Collegio rileva, pertanto, che l'intervento legislativo regionale
in oggetto non appare rientrare in alcuna delle materie riservate
alla competenza regionale dall'art. 117, primo comma, della
Costituzione.
Ma vi e' di piu'. Tale intervento legislativo - nel perseguire
espressamente "l'obiettivo di realizzare un sistema integrato delle
scuole dell'infanzia basato sul progressivo coordinamento e sulla
collaborazione fra le diverse offerte educative, in una logica di
qualificazione delle stesse che sappia valorizzare competenze,
risorse e soggetti pubblici e privati" (art. 2, Legge 52/95) -
attiene specificamente alla materia dell'istruzione che e' preclusa
alla competenza regionale (ad eccezione dell'istruzione artigiana e
professionale) dall'art. 117, primo comma, della Costituzione ed e'
invece riservata allo Stato (a cui spetta dettare le norme generali
sull'istruzione) dall'art. 33, secondo comma, della Costituzione.
Che la disciplina concernente le scuole d'infanzia attenga
specificamente alla materia dell'istruzione, appare discendere - ad
avviso del Collegio - da una molteplicita' univoca di elementi di
valutazione.
Sin dalla Legge 24 luglio 1962, n. 1073 (avente ad oggetto
"Provvedimenti per lo sviluppo della scuola nel triennio dal 1962 al
1965") si fa espressamente menzione - al Titolo II, artt. 31 e
seguenti - di "provvidenze per lo sviluppo di particolari istituzioni
scolastiche", includendovi il complesso delle scuole materne statali
e non (art. 31) oltre che altri istituti scolastici come le scuole
speciali per minorati psicofisici e per la rieducazione sociale e le
classi differenziali presso le scuole comuni (art. 32), i corsi della
scuola popolare contro l'analfabetismo e per l'educazione degli
adulti (art. 36), ecc.
Successivamente, la Legge 18 marzo 1968, n. 444 (in tema di
"Ordinamento della scuola materna statale") prescrive che tale scuola
"si propone fini di educazione, di sviluppo della personalita'
infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della
scuola dell'obbligo, integrando l'opera della famiglia" (art. 1,
secondo comma) e che "gli orientamenti dell'attivita' educativa nelle
scuole materne statali sono emanati (. . .) su proposta del Ministro
della Pubblica Istruzione, sentita la terza sezione del Consiglio
superiore della Pubblica Istruzione" (art. 2 cpv.); inoltre "e'
garantita ad ogni insegnante piena liberta' didattica nell'ambito
degli orientamenti educativi previsti dal precedente comma" (art. 2,
secondo comma).
Ed ancora il DLgs 16 aprile 1994, n. 297 (in tema di "Approvazione
del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di
istruzione, relative alle scuole di ogni grado") nel confermare le
disposizioni generali dianzi indicate, include espressamente il
titolo relativo alla scuola materna (artt. 99 e seguenti) nell'ambito
della parte II relativa all'ordinamento scolastico, su proposta del
Ministero della Pubblica Istruzione ed acquisito il parere delle
competenti Commissioni permanenti della Camera dei Deputati e del
Senato.
Infine, il DM 3 giugno 1991 - adottato dal Ministro della Pubblica
Istruzione, udito il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione -
nel definire gli orientamenti dell'attivita' educativa nelle scuole
materne statali, rileva nella premessa come "la Legge 444/68 ha
consentito (. . .) una piu' definita consapevolezza delle funzioni
della scuola materna, che si configura ormai come il primo grado del
sistema scolastico" e nella parte II ("Il bambino e la sua scuola")
riconosce che "la scuola dell'infanzia concorre, nell'ambito del
sistema scolastico, a promuovere la formazione integrale della
personalita' dei bambini dai tre ai sei anni, nella prospettiva della
formazione di soggetti liberi, responsabili ed attivamente
partecipi".
Conclusivamente sul punto, ritiene dunque il Collegio che la
finalita' costitutiva di formazione della personalita' degli allievi,
la connessa liberta' d'insegnamento dei docenti e la stessa
definizione degli orientamenti educativi da parte degli organi
interni del Ministero funzionalmente competente in materia concorrano
univocamente al riconoscimento che qualsiasi normativa direttamente
attinente all'attivita' e gestione delle scuole d'infanzia si
configura necessariamente come normativa in materia di istruzione,
come tale preclusa (nel comparto in esame) alla competenza
legislativa regionale dall'art. 117, primo comma della Costituzione.
Quanto, infine, al profilo relativo all'asserita illegittimita'
costituzionale della legislazione regionale di riferimento per
violazione degli artt. 33, primo e terzo comma, della Costituzione,
va preliminarmente rilevato che tali disposizioni stabiliscono da un
lato il principio della liberta' d'insegnamento e dall'altro il
principio della liberta' di istituzione di scuole ed istituti di
educazione senza oneri per lo Stato.
Cio' posto, ritiene il Collegio che - rientrando le scuole d'infanzia
nell'amplissima nozione costituzionale dianzi indicata e relativa al
complesso sia delle scuole sia degli istituti di educazione, per le
considerazioni sopraindicate e per la connotazione specificamente
formativa della personalita', e quindi educativa, che le scuole
d'infanzia necessariamente possiedono - la previsione di un sostegno
finanziario direttamente a favore delle scuole d'infanzia private per
contributi di spesa corrente e di investimento, come previsto dagli
artt. 3 e 5, L.R. 52/95, appaia in contrasto con il divieto
costituzionale di oneri finanziari in materia a carico del bilancio
pubblico. Un divieto che - secondo l'orientamento della Corte
Costituzionale (dec. 30 dicembre 1994, n. 454, in motivazione) - non
risulta violato unicamente nell'ipotesi in cui la prestazione
pubblica di sostegno abbia come destinatari diretti gli alunni e non
le scuole private.
Inoltre, ritiene il Collegio che ogni contribuzione pubblica - ove
rivolta direttamente a favore della gestione di scuole ed istituti di
educazione privati - contenga il rischio elevato di una ingerenza
sull'organizzazione della scuola stessa.
E piu' la contribuzione concessa e' significativa nel caso in esame
l'impugnata delibera regionale prevede uno stanziamento annuale a tal
fine di Lire 3.000.000.000 - tanto maggiore sara' il rischio
sopraindicato, nel senso che il necessario controllo sulle concrete
modalita' d'uso delle risorse pubbliche assegnate, ancorche'
formalmente rivolto a profili estranei all'insegnamento puo' nella
sostanza condizionare, ove particolarmente penetrante, anche
quest'ultimo, come gia' rilevato nella precedente ordinanza di
remissione 1/4/1997, n. 1 di questa Sezione.
Il Collegio ritiene, infine, che la questione di legittimita'
costituzionale dianzi indicata sia rilevante ai fini della decisione
della presente controversia.
Va a tale riguardo preliminarmente osservato che - come ha
recentemente argomentato la Corte Costituzionale - "secondo costante
giurisprudenza, il controllo che la Corte e' chiamata a svolgere
sulla valutazione di rilevanza compiuta dal giudice remittente, nel
ritenere di dover fare applicazione della norma al caso sottoposto al
suo esame, consiste nella verifica di una ragionevole possibilita'
che la disposizione denunciata sia applicabile nel giudizio "a quo"
(Corte Cost., dec. 19 giugno 1998, n.227, in motivazione) e che
l'applicabilita' nel presente giudizio della denunciata legge
regionale discende manifestamente dalla circostanza che l'impugnata
delibera consiliare costituisce espressamente attuazione in dettaglio
di quella medesima legge regionale per cui il riconoscimento in
ipotesi dell'illegittimita' costituzionale di quest'ultima non
potrebbe non riverberarsi anche sulla legittimita' della delibera
consiliare impugnata nel presente giudizio.".
Va anche aggiunto che - indipendentemente dalla consequenzialita'
formale delle censure in esso dedotte - nel ricorso all'esame e'
stata sollevata in via pregiudiziale questione di legittimita'
costituzionale della legge regionale citata (vedi ricorso, pagine
18/19) e che l'impugnata delibera e' stata contestata sia nella sua
interezza (seconda, terza, quarta e quinta censura), sia in relazione
ad un suo profilo parziale e ben delineato (prima censura) accolto da
questa Sezione con la decisione 1 aprile 1997, n. 191: ne discende
che oggetto largamente prevalente del "thema decidendum" e'
l'asserita illegittimita' derivata dell'impugnata delibera per
illegittimita' costituzionale della legge regionale citata e che
pertanto la richiamata decisione di questa Sezione non appare
esaurire il potere decisorio del Collegio in merito alla presente
controversia, perche' essa ha definito soltanto una parte secondaria
(e sostanzialmente marginale) dell'oggetto del contendere.".
Con altre parole, il Collegio non puo' non rilevare come la
prospettazione che possa essersi esaurito - nella controversia
all'esame - il potere decisorio del giudice remittente (ordinanza
17/3/1998, n. 67 della Corte Cost.) potrebbe concorrere a
configurare, in ipotesi, una situazione futura di diniego sostanziale
di giustizia in relazione all'oggetto principale (e largamente
prevalente, nella sua ampiezza) del "thema decidendum" nella presente
controversia e dello stesso "petitum" della parte ricorrente, come
dianzi delineato.
Occorre, infine, osservare che questa Sezione - nella menzionata
decisione 1/4/1997, n. 191 - ha gia' motivato in ordine alla
riconosciuta inammissibilita' del ricorso per la parte connessa alle
determinazioni d'interesse della FISM (seconda e terza censura) ed
alla contestuale ammissibilita' delle ulteriori censure (quarta e
quinta). In tale decisione si argomenta, infatti, che l'impugnata
delibera "si compone di piu' determinazioni. Rispetto ad alcune di
esse la FISM non assume la posizione di controinteressata (. . .).
Con esclusione del punto 1.2 (dell'impugnata delibera) in cui si
rinvia anche alla congruenza dei contenuti delle convenzioni adottate
a livello locale rispetto al Protocollo d'intesa tra Regione e FISM
regionale al fine della determinazione del contributo da concedere,
si osserva che le altre determinazioni, in quanto determinazioni a
contenuto generale, non direttamente riferibili ad un soggetto
preciso, superano il vaglio dell'eccezione di inammissibilita'. Ne
consegue che il gravame e' ammissibile in ogni sua parte, ad
esclusione del punto 1.2 della deliberazione impugnata (che rinvia
espressamente all'applicabilita' del Protocollo d'intesa con la FISM)
censurato con la seconda e terza doglianza" (dec. cit., pagine
12/13). Va anche aggiunto, incidentalmente, che il sindacato sulla
eventuale latitudine della richiamata decisione di inammissibilita'
solo parziale del ricorso, adottata da questa Sezione, compete
esclusivamente al giudice amministrativo d'appello.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna - Sede di
Bologna, Sezione seconda - dichiara rilevante e non manifestamente
infondata, in relazione agli artt. 33, primo, secondo e terzo comma e
117, primo comma, della Costituzione la questione di legittimita'
costituzionale della Legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 52 del 24
aprile 1995.
Dispone che - a cura della Segreteria della Sezione - la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente della
Giunta regionale dell'Emilia-Romagna, al Presidente del Consiglio dei
Ministri e comunicata al Presidente del Consiglio regionale della
medesima Regione.
Cosi' deciso in Bologna in data 15/10/1998 e 20/12/1999.
PRESIDENTE F.F. EST. CONSIGLIERE
Giancarlo Mozzarelli Bruno Lelli
Depositato in Segreteria in data 21 aprile 2000
Bologna, li' 21 aprile 2000
IL SEGRETARIO
(firma illeggibile)