REGIONE EMILIA-ROMAGNA - CONSIGLIO REGIONALE

DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 10 dicembre 1997, n. 777

Indirizzi per la definizione delle tipologie di intervento sociale a favore dei minori in relazione alle funzioni di carattere socio-assistenziale (proposta della Giunta regionale in data 7 ottobre 1997, n. 1773)

IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA                                       
Richiamata la deliberazione progr. n. 1773, in data 7 ottobre 1997,             
con cui la Giunta regionale ha assunto l'iniziativa per gli indirizzi           
per la definizione delle tipologie di intervento sociale a favore dei           
minori in relazione alle funzioni di carattere socio-assistenziale;             
preso atto della correzione di errore materiale e dell'emendamento              
sostitutivo apportati sulla predetta proposta dalla Commissione                 
consiliare "Sicurezza sociale" in sede preparatoria e referente al              
Consiglio regionale, giuste note prot. n. 412/II.6 del 6 novembre               
1997 e prot. n. 479/II.6 del 2 dicembre 1997;                                   
vista la Legge 23 dicembre 1975, n. 698 "Scioglimento e trasferimento           
delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione delle                     
maternita' e dell'infanzia" che trasferisce alle Regioni: le funzioni           
amministrative, di programmazione ed indirizzo gia' esercitate                  
dall'ONMI; i poteri di vigilanza e controllo su tutte le istituzioni            
pubbliche e private per la protezione e l'assistenza della maternita'           
e dell'infanzia, nonche' la disciplina dell'esercizio delle funzioni            
trasferite;                                                                     
visto il DPR 24 luglio 1977, n. 616 "Attuazione della delega di cui             
all'art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382", ed in particolare gli           
artt. 23 e 25, che trasferiscono ai Comuni, tra le altre, le funzioni           
amministrative relative agli interventi in favore di minorenni                  
soggetti a provvedimenti delle autorita' giudiziarie minorili                   
nell'ambito della competenza civile ed amministrativa e alle Regioni            
il compito di determinare gli ambiti adeguati alla gestione dei                 
servizi sanitari e sociali, promuovendo forme di cooperazione tra gli           
Enti locali, ivi comprese forme di associazione;                                
vista la Legge 4 maggio 1983, n. 184 "Disciplina dell'adozione e                
dell'affidamento dei minori" ed il DPR 22 settembre 1988, n. 448                
"Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di                
imputati minorenni", che contribuiscono a determinare e regolamentare           
ulteriori funzioni ed interventi dei servizi territoriali in materia            
di tutela dell'infanzia, dell'eta' evolutiva e delle relazioni                  
familiari;                                                                      
vista la Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle autonomie               
locali" che conferma la centralita' di Comuni e Province nella                  
elaborazione delle politiche sociali e nella gestione dei servizi               
socio-assistenziali, responsabilizzando fortemente enti e servizi ad            
assumere un ruolo nuovo di sviluppo e di promozione delle risorse               
presenti a livello territoriale e di positiva e costante interazione            
tra pubblica Amministrazione, realta' sociale e cittadini;                      
vista la Legge 27 maggio 1991, n. 176 "Ratifica ed esecuzione della             
convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20                   
novembre 1989" che individua i diritti fondamentali ed irrinunciabili           
dei cittadini in eta' minore ed impegna lo Stato ad attivarsi nelle             
forme e nei modi necessari per dare concretezza a tali diritti;                 
visto il DLgs 30 dicembre 1992, n. 502 modificato dal DLgs 7 dicembre           
1993, n. 517 "Riordino della disciplina in materia sanitaria" che               
valorizza ulteriormente il ruolo dei Servizi sociali nel contesto               
sanitario e la capacita' dei vari soggetti pubblici di individuare              
forme di coordinamento e di integrazione nella gestione degli                   
interventi;                                                                     
vista la Legge 18 marzo 1993, n. 67 "Conversione in legge, con                  
modificazioni, del DL 18 gennaio 1993, n. 9 recante disposizioni                
urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale" che, all'art. 5,            
recita: "le funzioni assistenziali, gia' di competenza della                    
Provincia alla data di entrata in vigore della Legge 8 giugno 1990,             
n. 142 sono restituite alla competenza delle Province che le                    
esercitano, direttamente o in regime di convenzione con i Comuni,               
secondo quanto previsto dalle leggi regionali di settore";                      
vista la Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione           
di diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza"                    
finalizzata alla realizzazione di interventi per favorire la                    
promozione dei diritti, la qualita' della vita, lo sviluppo, la                 
realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e                  
dell'adolescenza con particolare riguardo all'art. 4 "Servizi di                
sostegno alla relazione genitori-figli, di contrasto della poverta' e           
della violenza, nonche' misure alternative al ricovero dei minori in            
istituti educativo-assistenziali";                                              
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 1980 del 28 giugno             
1977 "Direttiva per l'esercizio delle funzioni amministrative di                
vigilanza e controllo sulle istituzioni pubbliche e private per                 
l'assistenza e la protezione della maternita', dell'infanzia e dei              
minori";                                                                        
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 3819 del 7 dicembre            
1977 "Orientamenti organizzativi ai Comuni per l'esercizio delle                
funzioni di cui all'art. 23 del DPR 616/77";                                    
vista la L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 "Riordino e programmazione delle            
funzioni di assistenza sociale" che detta, tra l'altro, norme per:              
- la gestione associata delle funzioni concernenti l'assistenza                 
sociale alla maternita', infanzia, eta' evolutiva e alla famiglia               
(art. 22);                                                                      
- le finalita' degli interventi di assistenza sociale alla famiglia,            
alla maternita', infanzia ed eta' evolutiva (art. 33);                          
- la vigilanza sul funzionamento delle strutture e dei servizi,                 
pubblici e privati, di assistenza sociale (art. 36, lett. b);                   
vista la L.R. 12 maggio 1994, n. 19 "Norme per il riordino del                  
Servizio sanitario regionale ai sensi del DLgs 30 dicembre 1992, n.             
502, modificato dal DLgs 7 dicembre 1993, n. 517" che, da un lato, si           
propone come strumento per realizzare il riordino sanitario mediante            
un sistema articolato di accordi tra Regione, Enti locali, Aziende              
Unita' sanitarie locali e comunita' locale, valorizzando                        
ulteriormente il ruolo dei Servizi sociali nel contesto sanitario,              
mentre dall'altro abroga alcune disposizioni della legge di riordino            
socio-assistenziale (Titoli III, IV e V; comma 1 dell'art. 37 - salvo           
quanto disposto dal comma 3 dell'art. 22, e art. 45);                           
visto l'accordo stipulato tra l'ANCI (Associazione nazionale Comuni             
d'Italia) e la Regione Emilia-Romagna in data 13 luglio 1994 "per               
l'identificazione degli interventi socio-assistenziali a carico del             
bilancio sociale e degli interventi sociali a rilievo sanitario a               
carico del Fondo sanitario regionale";                                          
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 1637 del 17 luglio             
1996 "Direttiva regionale per l'identificazione degli interventi                
socio-assistenziali a carico del bilancio sociale e degli interventi            
sociali a rilievo sanitario a carico del Fondo sanitario regionale"             
che individua quali interventi socio-assistenziali quelli                       
"finalizzati al raggiungimento di obiettivi di natura sociale,                  
educativa ed assistenziale non collegati a condizioni patologiche o             
pre-patologiche a rischio o di alterazione permanente sia fisica che            
psichica";                                                                      
rilevata l'opportunita' di avviare una riflessione sull'insieme degli           
interventi regionali e locali rivolti ai minori, assumendo con                  
maggiore incisivita' i temi relativi alle politiche, ai servizi e               
agli strumenti di promozione e protezione dei diritti dell'infanzia e           
dell'adolescenza, favorendo nel contempo, anche sul piano                       
amministrativo, la costruzione di un sistema integrato di risposte              
differenziate e quanto piu' possibile personalizzate, a fronte di               
nuovi bisogni sociali emergenti, che veda inoltre interagire                    
produttivamente soggetti e risorse pubbliche, del privato sociale,              
del volontariato e dell'associazionismo;                                        
ritenuto pertanto importante assumere contestualmente un atto di                
indirizzo, finalizzato a ridefinire con maggiore organicita' e                  
sistematicita' le tipologie di intervento sociale rivolte ai minori,            
in rapporto alle funzioni previste dalla normativa vigente in                   
materia, precisando per ciascuna di esse gli ambiti di lavoro, le               
competenze e i riferimenti normativi, quale strumento utile per                 
individuare orientamenti e basi di lavoro comuni a livello                      
territoriale;                                                                   
visto l'art. 10, punto 6) della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 che                  
prevede l'emanazione di "Indirizzi e direttive per l'attuazione della           
presente legge";                                                                
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,                            
delibera:                                                                       
per i motivi indicati in premessa, di approvare e fare proprio                  
l'allegato atto di indirizzo, che fa parte sostanziale ed integrante            
della presente deliberazione, contenente "Indirizzi per la                      
definizione delle tipologie di intervento sociale rivolte ai minori             
in relazione alle funzioni in materia socio-assistenziale".                     
INDIRIZZI PER LA DEFINIZIONE DELLE TIPOLOGIE DI INTERVENTO SOCIALE A            
FAVORE DEI MINORI IN RELAZIONE ALLE FUNZIONI IN MATERIA                         
SOCIO-ASSISTENZIALE                                                             
1) Premessa                                                                     
La Carta costituzionale, la Carta internazionale sui diritti umani,             
la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, contribuiscono ad                 
individuare e affermare, sul piano legislativo, quali siano i diritti           
sociali delle persone in eta' minore, riconducendo alla sfera del               
diritto alcuni bisogni fondamentali della persona, quali la                     
socializzazione, la salute e il benessere psico-fisico, l'istruzione,           
la famiglia, il lavoro, lo sviluppo della personalita'.                         
La maturazione istituzionale della consapevolezza di questi diritti e           
della necessita' di riconoscerli e affermarli non si e'                         
immediatamente accompagnata alla concreta traduzione di queste                  
affermazioni di principio in quotidiani comportamenti amministrativi.           
L'impegno delle Amministrazioni locali consiste nel dare concretezza,           
visibilita' e diffusione alla realizzazione di questi concetti, gia'            
parte sostanziale della nostra dimensione giuridica.                            
La pubblica Amministrazione, anche nelle sue articolazioni piu'                 
vicine al cittadino e di piu' immediato accesso, e' di fronte ad una            
grande scommessa: l'assunzione dell'impegno di fare dei diritti dei             
minori elementi strutturali delle politiche pubbliche, traducendo               
questi principi nell'agire quotidiano, fin nella piu' minuta azione             
di tutta la struttura, decentrata e centrale.                                   
Questi indirizzi vogliono essere uno degli strumenti anche per dare             
traduzione alle carte dei diritti e consentire ad utenti ed operatori           
di avere un quadro chiaro di riferimento delle responsabilita'                  
amministrative del settore.                                                     
L'attuale quadro istituzionale ed organizzativo in cui si trovano ad            
operare i Servizi sociali che intervengono in favore dei minori e'              
fortemente connotato dalla crisi che attraversa lo Stato sociale ed             
e' caratterizzato, ancora una volta, dalla frammentarieta' della                
normativa di riferimento, problemi che si auspica possano essere                
superati nell'ambito del disegno di riforma dell'assistenza                     
attualmente all'esame del Governo nazionale e delle forze politiche.            
Se da un lato, infatti, le leggi degli anni '90, di riordino delle              
Autonomie locali (Legge 142/90) e del Servizio sanitario nazionale              
(Legge 502/92), confermano la centralita' degli Enti locali nella               
elaborazione delle politiche sociali e nella gestione dei servizi               
socio-assistenziali e valorizzano ulteriormente il ruolo dei servizi            
sociali nel contesto sanitario, dall'altro la forte riduzione delle             
risorse economiche destinate al sistema di sicurezza sociale,                   
unitamente alla crisi di efficacia dei servizi socio-sanitari,                  
impongono, al fine di tutelare il diritti delle fasce sociali piu'              
deboli, un'importante e delicata operazione di razionalizzazione e              
riorganizzazione degli interventi, accanto a soluzioni innovative               
capaci di combinare compatibilita' economiche e qualita' delle                  
risposte.                                                                       
con la recentissima legge per la promozione di diritti e di                     
opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza (Legge 285/97),                     
costitutiva del relativo Fondo nazionale, che viene riconosciuta la             
necessita' di "uscire da una logica emergenziale nell'approccio alle            
politiche per l'infanzia e l'adolescenza, agendo contestualmente sul            
piano dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari, di                 
sostegno del reddito oltreche' dei servizi ricreativi, culturali e              
ambientali", sostenendo una "progressiva transizione dalle politiche            
assistenziali a politiche di contrasto dell'esclusione sociale e a              
favore dello sviluppo delle persone". (*)                                       
 "L'intero impianto della legge si struttura attorno alla                       
valorizzazione delle risorse del territorio e del ruolo propulsivo              
affidato agli Enti locali con la collaborazione di tutti gli altri              
soggetti competenti (Provveditorati agli Studi, Aziende sanitarie               
locali, organizzazioni non lucrative di utilita' sociale, Centri per            
la giustizia minorile)". (**)                                                   
 "E' in questa fase di passaggio che occorre valorizzare                        
ulteriormente la funzione socio-assistenziale per concorrere                    
efficacemente alla qualificazione del sistema; a tal fine e'                    
fondamentale riconoscere l'identita' specifica che gli interventi               
socio-assistenziali hanno assunto in relazione sia all'esperienza               
consolidata nei servizi sia alle piu' recenti normative di politica             
sociale)". (***)                                                                
Il percorso avviato in questa direzione dalla Regione Emilia-Romagna            
ha posto al centro alcuni obiettivi generali e alcune opzioni                   
fondamentali che potrebbero essere sintetizzate nel modo seguente:              
- la necessita' di assumere le politiche dei servizi in un quadro di            
politiche dei diritti di cittadinanza dei bambini e degli                       
adolescenti, finalizzate alla loro crescita, al loro benessere, alla            
promozione delle loro potenzialita' e al loro protagonismo sociale,             
nonche' alla prevenzione dei fenomeni di disagio;                               
- la realizzazione di azioni e interventi specifici a sostegno di               
bambini e adolescenti in difficolta' all'interno di politiche capaci            
di combinare "normalita'" e "marginalita'", facendo leva sull'insieme           
dei soggetti, delle opportunita', delle competenze e di esperienze              
presenti a livello territoriale, in una logica di politiche di                  
comunita' e di sistema integrato degli interventi;                              
- un ruolo delle istituzioni pubbliche di governo chiamato a svolgere           
con piu' incisivita' funzioni di programmazione, di indirizzo,                  
coordinamento e controllo, all'interno di un sistema di regole nel              
quale siano esplicitati gli obiettivi, gli standards organizzativi,             
gli indicatori di qualita' e i sistemi di valutazione della stessa              
qualita';                                                                       
- il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo fondamentale                  
esercitato dai diversi soggetti presenti all'interno della societa' e           
in modo particolare del privato sociale, dell'associazionismo e del             
volontariato;                                                                   
- il miglioramento delle relazioni e delle comunicazioni tra i vari             
attori sociali, anche attraverso l'adozione di sistemi informativi              
condivisi e integrati, nonche' la trasparenza e la semplificazione              
delle procedure;                                                                
- la promozione, internamente ed esternamente, di un concetto di                
integrazione che metta il/la cittadino/a al centro di ogni progetto             
di lavoro, aggregando intorno a lui/lei i servizi, le risorse, gli              
attori che debbono concorrere alla costruzione dell'intervento.                 
2) Gli obiettivi                                                                
Il primo obiettivo del presente atto e' quello di fare il punto sulla           
complessita' del sistema degli interventi regionali e locali per i              
minori, assumendo con maggiore incisivita' i temi relativi alle                 
politiche, ai servizi e agli strumenti di promozione e protezione dei           
diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.                                       
A livello istituzionale e sociale si va affermando una concezione per           
la quale, nell'attuazione degli interventi a favore di minori, la               
funzione pubblica di garante dei diritti dei bambini e degli                    
adolescenti va strettamente correlata con la costruzione di un                  
sistema diversificato e personalizzato di risposte, alla costruzione            
delle quali concorrono in modo determinante le risorse del privato              
sociale, del volontariato e dell'associazionismo.Definendo meglio il            
ruolo e le responsabilita' del sistema pubblico, si configurano                 
meglio anche il ruolo e le funzioni degli altri attori che                      
costituiscono risorsa preziosa ed insostituibile della rete dei                 
servizi per i minori.                                                           
Il secondo obiettivo, che deriva operativamente dal primo, e' quindi            
la rideterminazione delle tipologie di intervento sociale in                    
relazione alle funzioni in materia socio-assistenziale per i minori,            
all'interno di un quadro complessivo di precisazione degli ambiti di            
lavoro, delle competenze, dei riferimenti normativi.                            
Cio' allo scopo di:                                                             
- fornire uno strumento di lavoro omogeneo per chi, in realta'                  
diverse, opera nel settore;                                                     
- offrire un quadro piu' chiaro e condiviso degli interventi in un              
linguaggio comune, da parte di tutti i soggetti interessati;                    
- impostare strumenti di rilevazione reciprocamente funzionali;                 
- individuare standards e requisiti di funzionalita' dei servizi e              
qualificare l'esercizio della vigilanza;                                        
- porre le basi per un riassetto delle funzioni e per forme                     
concordate di gestione degli interventi e delle prestazioni.                    
Si e' quindi proceduto a definire:                                              
a) la funzione di vigilanza (punto 6.);                                         
b) 7 tipologie di intervento (punto 7. e seguenti) cosi' come                   
sottoindicate, ciascuna articolata in base alle proprie                         
caratteristiche, finalita', destinatari e modalita' di realizzazione:           
- interventi socio-educativi territoriali - assistenza domiciliare -            
affido familiare - comunita' residenziali - adozione - interventi               
relativi a procedure ed accertamenti delle autorita' giudiziarie                
minorile ed ordinaria - assistenza economica.                                   
3) Il metodo di lavoro                                                          
L'Assessorato regionale alle Politiche sociali e familiari, Scuola,             
Qualita' urbana, tramite il Servizio Politiche familiari, infanzia,             
adolescenza e Sviluppo del sistema scolastico, ha promosso a questo             
scopo un confronto operativo con rappresentanti dei Servizi                     
territoriali che, in base alle norme regionali in materia di riordino           
socio-assistenziale, operano in campo minorile.                                 
Trattandosi di competenze tradizionalmente delle Unita' sanitarie               
locali, la Conferenza permanente dei coordinatori sociali delle                 
Aziende Unita' sanitarie locali ha costituito il riferimento                    
privilegiato per questo lavoro di puntualizzazione in ragione sia               
dell'esperienza, ormai ventennale, della gestione associata degli               
interventi per i minori prevista dalla L.R. 2/85, sia nelle                     
prospettive delle riforme istituzionali degli ultimi anni che hanno             
chiamato in causa Enti locali ed Aziende Unita' sanitarie locali a              
condividere responsabilita' verso i cittadini per garantire loro                
interventi integrati, globalita' di approccio e tutela reale dei loro           
diritti.                                                                        
Tale tipo di confronto si e' quindi aperto anche a coloro che nei               
Comuni hanno responsabilita' in particolare nei settori delle                   
politiche familiari, per l'infanzia, l'adolescenza e il diritto allo            
studio, in una logica di approccio coerente a questi temi e di                  
maggior efficacia degli interventi, capace di combinare "normalita'"            
e "marginalita'", attenzione e modalita' di sostegno mirato e                   
specifico ai soggetti piu' in difficolta' o a rischio, in un quadro             
tuttavia di politiche di comunita' rivolte a tutti i soggetti.                  
4) Gli ambiti di intervento, le competenze                                      
Va innanzitutto specificato che gli ambiti di intervento sono quelli            
legati a funzioni e competenze di tipo socio-assistenziale a favore             
della popolazione minorile, finalizzati alla prevenzione, al                    
trattamento e al superamento delle situazioni a rischio di                      
emarginazione e delle condizioni di disagio, di disadattamento, di              
devianza.                                                                       
La Direttiva regionale n. 1637 del 17 settembre 1996 specifica che              
"sono interventi socio-assistenziali quelli finalizzati al                      
raggiungimento di obiettivi di natura sociale, educativa ed                     
assistenziale non collegati a condizioni patologiche o                          
pre-patologiche a rischio o di alterazione permanente sia fisica che            
psichica".                                                                      
Tale direttiva, nell'area di intervento 2) "famiglia, infanzia ed               
eta' evolutiva" e nell'area di intervento 3) "handicap", al punto               
3.a) "disabili minori", elenca le attivita' sociali a completo carico           
degli Enti locali che si riferiscono alla popolazione minorile.                 
Mentre la direttiva citata ha come obiettivo l'individuazione di                
tutti gli interventi sociali e sociali a rilievo sanitario allo scopo           
di agevolare la soluzione di dubbi e conflitti in materia                       
finanziaria, questo documento si propone invece di delineare un                 
quadro complessivo di interventi sociali rivolti all'infanzia e                 
all'adolescenza che maggiormente vive situazioni di disagio e di                
rischio di emarginazione, allo scopo di agevolare l'individuazione di           
percorsi e opportunita' specifiche per le situazioni problematiche,             
all'interno tuttavia di politiche rivolte alla generalita' del mondo            
infantile ed adolescenziale.                                                    
L'ambito e' quindi quello degli interventi di competenza dei Comuni             
che, dal 1977, tramite i Consorzi socio-sanitari prima e le Unita'              
sanitarie locali poi, sono stati gestiti in forma obbligatoriamente             
associata, in particolare dopo la L.R. 2/85 di riordino                         
socio-assistenziale, fino all'entrata in vigore della L.R. 19/94 di             
riordino del Servizio sanitario regionale e di aziendalizzazione                
delle Unita' sanitarie locali.                                                  
I destinatari degli interventi qui delineati sono tutti i minori che            
vivono in situazioni di disagio sociale che possono essere supportate           
o risolte tramite le opportunita' indicate, ivi compresi i minori               
portatori di handicap.                                                          
5) Il quadro normativo di riferimento e l'assetto attuale delle                 
funzioni                                                                        
5.1 Il quadro normativo di riferimento                                          
Le leggi ed i decreti di decentramento amministrativo degli anni '70            
(Legge 698/75 e DPR 616/77) hanno ridefinito l'assetto dei poteri tra           
Stato centrale e sistema delle Autonomie locali, attribuendo a                  
Regioni, Province e Comuni le funzioni di tutela e di intervento a              
protezione del minore, comunque presente nel territorio                         
indipendentemente dalla sua residenza o cittadinanza, con l'obiettivo           
di "assicurarne una piu' completa e penetrante realizzazione"                   
(sentenza della Corte Costituzionale 287/87), costruendo un rapporto            
diverso tra servizi pubblici e risorse della societa' civile.                   
Le successive disposizioni legislative (Legge 184/83 - DPR 448/88 -             
Legge 64/94) hanno ancor piu' saldamente ancorato il processo di                
riconoscimento dei diritti dei cittadini in eta' minore, e le                   
conseguenti azioni per una risposta positiva a tali diritti, al                 
complesso delle funzioni di politica sociale che debbono essere                 
esercitate dall'Ente locale.                                                    
Il limite di questa riforma e' stato quello di aver determinato di              
fatto un semplice spostamento di funzioni (e non tutte) dal centro              
alla periferia, operato in tempi e con norme diverse, in assenza di             
un quadro unitario di riferimento e di una strategia volta a                    
costruire un sistema nuovo del governo dei servizi per i minori.                
Le Autonomie locali si sono quindi trovate nelle condizioni di                  
rincorrere le varie funzioni di volta in volta loro attribuite, con             
uno sforzo organizzativo e di implementazione di obiettivi e                    
politiche per i minori (vedi la L.R. 2/85), non supportate da un pari           
impegno e ne' da un disegno complessivo a livello centrale.                     
A cio' vanno aggiunti elementi di carattere piu' generale, che                  
spiegano le molteplici carenze e/o l'inefficacia di azioni assunte              
nel settore: limiti nell'azione di governo e di gestione degli                  
interventi da parte di Regioni e Enti locali, la tradizionale                   
conflittualita' nei rapporti tra Stato, Regioni ed Autonomie locali,            
una forte richiesta di sicurezza e di controllo rispetto ai fenomeni            
di disagio sociale e di devianza, nuove spinte "adultocentriche";               
elementi che hanno determinato l'introduzione di proposte e di norme,           
come ad esempio la Legge 216/91, di segno neo-centralista e, ancora             
una volta, settoriale.                                                          
Si tratta di ambivalenze non ancora risolte, ne' col recente                    
provvedimento "Linee di indirizzo in materia di interventi urgenti a            
favore della popolazione minorile" adottata nell'agosto 1995 dalla              
Conferenza Stato/Regioni, ne' con la Legge 142/90 di riforma delle              
Autonomie locali che, pur offrendo strumenti per rilanciare uno                 
sviluppo piu' integrato e programmato delle politiche sociali, ha               
perpetuato confusione sulla titolarita' e sulla gestione delle                  
funzioni in materia minorile tra Comuni e Province (Legge 67/93).               
Inoltre, a fronte di una mancata riforma complessiva dei servizi                
sociali, l'istituzione del Servizio sanitario nazionale e le recenti            
riforme sanitarie stanno isolando e rendendo sempre piu' complicata             
la gestione integrata e l'efficacia delle funzioni di tutela dei                
minori di cui sono titolari Comuni e Province, soprattutto nelle                
regioni, come la nostra, che avevano individuato nella gestione                 
obbligatoriamente associata di tutte le funzioni in materia di                  
assistenza ai minori presso le Unita' sanitarie locali lo strumento             
di una piu' completa ed incisiva risposta ai bisogni di bambini ed              
adolescenti in difficolta'.                                                     
con il provvedimento nazionale "Disposizioni per la promozione di               
diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza" (Legge                
285/97) che si registra un orientamento nuovo dello Stato centrale di           
"ricostruire una politica dei bambini/e, degli adolescenti e dei                
giovani, non segmentata e parcellizzata, ma ricondotta ad unita' a              
partire dalla considerazione della vita come un "unicum", scandito              
dalle varie fasi evolutive della crescita e della formazione                    
personale. Dell'infanzia e dell'adolescenza occorre valorizzare la              
presenza, l'autonomia, il senso critico e la capacita' creativa".               
(****)                                                                          
La Regione Emilia-Romagna ha normato il settore tramite:                        
- la deliberazione della Giunta regionale n. 1980 del 28 giugno 1977            
"Direttiva per l'esercizio delle funzioni amministrative di vigilanza           
e controllo sulle istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e            
la protezione della maternita', dell'infanzia e dei minori";                    
- la deliberazione della Giunta regionale n. 3819 del 7 dicembre 1977           
"Orientamenti organizzativi ai Comuni per l'esercizio delle funzioni            
di cui all'art. 23 del DPR 616/77";                                             
- la L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 "Riordino e programmazione delle                
funzioni di assistenza sociale";                                                
- la L.R. 14 agosto 1989, n. 27 "Norme concernenti la realizzazione             
di politiche di sostegno alle scelte di procreazione ed agli impegni            
di cura verso i figli";                                                         
- la L.R. 12 maggio 1994, n. 19 "Norme per il riordino del Servizio             
sanitario regionale ai sensi del DLgs 30 dicembre 1992, n. 502,                 
modificato dal DLgs 7 dicembre 1993, n. 517";                                   
- la deliberazione della Giunta regionale n. 1637 del 17 luglio 1996            
"Direttiva regionale per l'identificazione degli interventi                     
socio-assistenziali a carico del bilancio sociale e degli interventi            
sociali a rilievo sanitario a carico del Fondo sanitario nazionale".            
5.2 L'assetto delle funzioni                                                    
L'attuale assetto delle funzioni vede oggi:                                     
- la Regione titolare delle funzioni legislative, di programmazione,            
indirizzo, vigilanza e di organizzazione dei servizi locali,                    
disciplinando l'esercizio delle funzioni trasferite e determinando              
gli ambiti piu' adeguati alla gestione dei servizi sociali e sanitari           
in relazione ai compiti di legge;                                               
- i Comuni titolari delle funzioni relative agli asili nido, sia                
quelle gia' di competenza dell'ex ONMI (Legge 698/75), sia quelle               
previste dalla Legge 1044/71; agli interventi in materia di                     
immigrazione, compresi ovviamente quelli a protezione dei minori                
immigrati, anche in forza di norme internazionali; ai Centri per le             
famiglie (L.R. 27/89). Gli interventi a favore dei minorenni soggetti           
ai provvedimenti dell'autorita' giudiziaria in sede civile e                    
amministrativa (DPR 616/77, Legge 184/83) e, piu' recentemente,                 
penale (DPR 448/88), gestiti in forma obbligatoriamente associata               
tramite l'Unita' sanitaria locale (L.R. 2/85) fino all'entrata in               
vigore della Legge 142/90 e della L.R. 19/94, sono oggi invece                  
soggetti a conferma o ritiro di delega da parte del Comune stesso;              
- le Province titolari di compiti di programmazione e coordinamento             
dei piani di sviluppo locali, di competenze in materia di raccolta,             
analisi ed elaborazione dati (Legge 142/90) nonche' di funzioni                 
relative ai minori non riconosciuti dai genitori e soggetti                     
all'abbandono ed alle gestanti e madri in difficolta' (Legge 67/93,             
che ha restituito alla stesse Province le competenze prima tolte con            
la Legge 142/90 o in essa non citate);                                          
- le Aziende Unita' sanitarie locali, cosi' come riformate dalla L.R.           
19/94, titolari, in questo come negli altri settori, degli interventi           
sanitari e a rilievo sanitario; l'esercizio degli interventi sociali            
e socio-assistenziali e' invece, com'e' noto, soggetto alla conferma            
o disconferma delle deleghe da parte dei Comuni ed agli accordi di              
programma tra enti.                                                             
6) La vigilanza                                                                 
Tra le funzioni proprie della pubblica Amministrazione in materia di            
tutela e di promozione dei diritti e di adeguata risposta ai bisogni            
dell'infanzia e dell'adolescenza, la funzione di vigilanza assume la            
rilevanza propria dello strumento di garanzia nell'attuazione di                
quanto enunciato nella legge.                                                   
6.1 Definizione                                                                 
La vigilanza e' la funzione trasferita dallo Stato alle Regioni in              
base alla Legge 698/75 e al DPR 616/77 diretta ad esercitare le                 
dovute attivita' di controllo su interventi e strutture per minori,             
al fine di promuovere e perseguire migliori livelli                             
quali-quantitativi di assistenza, rimuovere le cause delle situazioni           
di emergenza e di crisi, in un sistema di garanzie reali e formali di           
tutela dei diritti dei minori e di soddisfacimento dei bisogni di               
sviluppo in eta' evolutiva.                                                     
Essa riguarda:                                                                  
a) l'applicazione della legislazione diretta alla protezione della              
maternita' e dell'infanzia;                                                     
b) il funzionamento e gli standards funzionali e strutturali delle              
istituzioni pubbliche e private che ospitano minori.                            
La Regione Emilia-Romagna, con la L.R. 2/85 (art. 37, primo comma),             
ha disposto la gestione della funzione in forma obbligatoriamente               
associata tramite le Unita' sanitarie locali con l'obiettivo di una             
forte connessione con le funzioni di promozione e di programmazione             
dei servizi, nonche' per determinare un'integrazione tra area                   
socio-assistenziale e area sanitaria.                                           
La successiva Legge 142/90 sull'ordinamento delle Autonomie locali ha           
peraltro identificato nel Comune il diretto titolare di tutte le                
funzioni amministrative del settore dei servizi sociali, senza piu'             
possibilita' di vincolo da parte della Regione alla forma associata.            
La L.R. 19/94 di riordino del Servizio sanitario regionale, abrogando           
il Titolo III della L.R. 2/85, ha portato la funzione di vigilanza in           
capo ai Comuni, disponendo come le funzioni socio-assistenziali                 
possano essere gestite in continuita' col regime precedente solo                
attraverso delega espressa da parte dei Comuni stessi.                          
6.2 Finalita'                                                                   
La funzione di vigilanza ha in se' una prima finalita' preventiva:              
concorrere ad un sistema di sicurezza sociale, di qualificazione dei            
servizi e degli interventi per i minori, di rimozione delle cause di            
emarginazione e di cronicita' assistenziale, che dia valore                     
all'infanzia e all'adolescenza.                                                 
Ha una finalita' programmatoria: e' momento di rilevazione dei                  
bisogni sociali anche mediante indagini e controlli al fine della               
realizzazione o del miglioramento di servizi ed interventi per le               
famiglie sul territorio.                                                        
E' momento di coordinamento delle attivita' e delle iniziative degli            
Enti pubblici e privati nell'ambito dei programmi territoriali, che             
orienta la libera iniziativa in base alla rilevanza pubblica del                
servizio svolto e, soprattutto, in base alla priorita' che la tutela            
dell'assistito, soprattutto se minore, riveste rispetto alla liberta'           
d'iniziativa stessa.                                                            
Ha finalita' di tutela: esercitando tutela giuridica e vigilanza                
sulle condizioni materiali e sociali di tutti i minori residenti nel            
territorio o ivi ospitati, in collegamento con il Giudice tutelare ed           
il Tribunale minorenni, si concretizza la possibilita' di modificare            
la inadeguatezza dei servizi a sostegno della permanenza dei minori             
in famiglia.                                                                    
6.3 Destinatari                                                                 
L'accessibilita' e l'esigibilita' del diritto alla famiglia,                    
costituisce terreno specifico di intervento per i servizi sociali che           
si occupano di minori: sono quindi i bambini e gli adolescenti i                
beneficiari dell'intervento di vigilanza.                                       
Ne sono destinatari nello specifico i servizi, le istituzioni, le               
situazioni che assolvono temporaneamente compiti integrativi delle              
famiglie e gli interventi che prevedono forme di protezione e tutela            
dell'interesse del minore.                                                      
6.4 Modalita' di realizzazione                                                  
Gli interventi di vigilanza consistono:                                         
- nel monitoraggio, presso i servizi che operano con i minori e                 
presso quelli che li ospitano, delle situazioni che presentano                  
elementi di rischio di marginalita', di abbandono, e di                         
problematicita' familiari, per una presa in carico precoce;                     
- nella costruzione di percorsi operativi integrati con le altre                
Amministrazioni dello Stato, ed in particolare con la giustizia                 
minorile, che concorrono alla protezione dei diritti dei minori;                
- nella costruzione di percorsi operativi integrati tra servizi,                
finalizzati ad affrontare, elaborare e ricercare le risposte piu'               
adeguate alle difficolta' personali e familiari e a restituire alla             
famiglia autonomia e responsabilita' nei confronti dei figli;                   
- in verifiche periodiche sulla gestione e sul possesso dei requisiti           
richiesti dalle direttive regionali per l'autorizzazione, al                    
funzionamento delle comunita' socio-assistenziali che ospitano                  
minori.                                                                         
Le attivita' di vigilanza si concretizzano nelle seguenti azioni:               
- il dovere di segnalazione, da parte di qualunque soggetto pubblico            
o privato individui situazioni di abbandono o abuso nei confronti di            
minori, verso:                                                                  
a) l'autorita' giudiziaria minorile delle situazioni in cui possono             
configurarsi stati di abbandono e di incapacita' educativa;                     
b) il servizio sociale da parte degli altri attori sociali, pubblici            
e privati che, per i loro interventi, vengano a conoscenza o a                  
contratto con situazioni di minori in cui si configurano situazioni             
di rischio;                                                                     
- l'esercizio della tutela, sia essa esercitata direttamente                    
dall'Ente locale o attribuita a persone o istituzioni che ospitano              
minori;                                                                         
- l'autorizzazione ed il monitoraggio sul funzionamento delle                   
comunita' socio-assistenziali per minori.                                       
Sono strumenti per l'esercizio della vigilanza:                                 
- il sistema informativo socio-assistenziale degli interventi per i             
minori;                                                                         
- l'anagrafe dei minori che vivono fuori dalla famiglia d'origine;              
- l'anagrafe delle comunita' residenziali;                                      
- la scheda semestrale per il Giudice tutelare degli ospiti delle               
comunita' residenziali;                                                         
- le segnalazioni di ingresso e di movimento dei minori ospiti di               
comunita';                                                                      
- le convenzioni per la gestione degli interventi socio-educativi;              
- i provvedimenti di autorizzazione al funzionamento delle comunita'            
che ospitano minori;                                                            
- i protocolli d'intesa con gli altri soggetti, istituzionali e non,            
che operano con i bambini e gli adolescenti (Provveditorati agli                
Studi, associazioni, ...) per la lettura e la presa in carico precoce           
di situazioni a rischio;                                                        
- gli accordi di programma tra enti e servizi ed i regolamenti locali           
per l'attuazione degli interventi.                                              
7) Le tipologie di intervento                                                   
7.1 Interventi socio-educativi territoriali                                     
7.1.1 Definizione                                                               
Gli interventi socio-educativi territoriali consistono nell'attivare            
servizi ed azioni mirate ad incidere sui meccanismi di marginalita',            
disagio e devianza, attraverso cambiamenti nelle relazioni                      
ambiente/persona e processi di mediazione tra individuo in                      
difficolta' e agenzie, istituzioni e organizzazioni sociali, in modo            
da favorire la crescita personale e l'avvicinamento alle opportunita'           
presenti nel contesto territoriale, secondo una logica per la quale             
lo stesso territorio, con una progettualita' adeguata, puo' divenire            
agente di prevenzione e di promozione sociale.                                  
Tali interventi risultano efficaci ed efficienti quanto piu' sono               
collocati in contesti che prevedano azioni rivolte alla generalita'             
della popolazione minorile, tramite effettive forme di integrazione             
sociale, qualificando e potenziando la rete delle attivita',                    
istituzionali e non, rivolte a tutti.                                           
Si tratta di interventi caratterizzati da forti e rapide evoluzioni,            
da esigenze di duttilita' e di limitata codificazione e dalla                   
possibilita' di fare cio' che e' meglio verso individui, famiglie e             
territorio.                                                                     
7.1.2 Finalita'                                                                 
Sono finalizzati ad incidere sui fattori di rischio e sui danni                 
prodotti da situazioni di marginalita', creando le condizioni per               
produrre cambiamenti utili ad un miglioramento dei rapporti e delle             
relazioni tra individuo e ambiente (famiglia, scuola, lavoro, tempo             
libero) in una logica di prevenzione sostanziale e di riparazione del           
danno.                                                                          
Fanno leva sul riconoscimento delle potenzialita' positive dei                  
soggetti e delle diverse agenzie, mirando a restituire a ciascuno di            
essi le proprie competenze per la risoluzione dei problemi.                     
7.1.3 Destinatari                                                               
Minori, adolescenti, e rispettivi sistemi parentali, che vivono                 
situazioni di rischio e/o danno, tali da favorire l'instaurarsi di              
problematiche relazionali, l'emarginazione e la devianza.                       
7.1.4 Modalita' di realizzazione                                                
Gli interventi socio-educativi territoriali si collocano nell'ambito            
degli interventi propri dei servizi sociali degli Enti locali,                  
comunque gestiti.                                                               
Vanno programmati in stretta connessione ai bisogni espressi dal                
territorio al quale fanno riferimento; richiedono una forte                     
integrazione tra professionalita', servizi e risorse pubbliche e                
private presenti.                                                               
Determinante per la realizzabilita' e l'efficacia di tutti gli                  
interventi afferenti a questa tipologia e' l'elaborazione di un                 
progetto, preciso, che determini con chiarezza:                                 
- il tipo di bisogno sociale al quale si vuol dare risposta;                    
- l'obiettivo che ci si prefigge;                                               
- le modalita' di attuazione con caratteristiche di forte                       
flessibilita' e duttilita'; capacita' di ascolto ed accoglienza della           
persona;                                                                        
- le forme di coordinamento del progetto;                                       
- i ruoli, le funzioni e le responsabilita' reciproche dei                      
partecipanti al progetto;                                                       
- una previsione dei tempi di realizzazione del progetto stesso                 
congrui con gli obiettivi:                                                      
- le modalita' di verifica;                                                     
- la disponibilita' di competenze professionali adeguate sul piano              
qualitativo e quantitativo;                                                     
- proposte formative adeguate alle esigenze poste dalla realizzazione           
del progetto sia per i soggetti pubblici che per i soggetti privati.            
Gli "interventi socio-educativi territoriali" prevedono varie forme             
di attuazione:                                                                  
a) interventi socio-educativi individuali;                                      
b) all'interno di centri di aggregazione;                                       
c) interventi con gruppi formali ed informali;                                  
d) attraverso il lavoro di comunita'.                                           
a) Interventi socio-educativi individuali                                       
Fanno leva sull'organizzazione dei ritmi e delle abitudini di vita              
quotidiana, sugli impegni previsti e le opportunita' offerte                    
all'interno degli spazi di attivita' scolastica e parascolastica.               
Prevedono un'offerta di occasioni e forme di sollecitazione e colgono           
possibilita' di aggancio agli interessi del minore per arricchirne              
l'acquisizione di migliori competenze relazionali e di aggregazione             
sociale.                                                                        
Tendono a valorizzare le capacita' educative e il senso di iniziative           
delle famiglie e il loro livello di consapevolezza per i bisogni e le           
esigenze educative del minore.                                                  
Sostengono gli interventi di avvio e di educazione al lavoro e                  
supportano gli inserimenti lavorativi.                                          
b) Centri di aggregazione                                                       
Si configurano come strutture e spazi destinati prevalentemente a               
preadolescenti e adolescenti, che privilegiano in particolare la                
dimensione di gruppo e lo sviluppo della comunicazione                          
interpersonale; tendono a promuovere adeguati livelli di autonomia in           
collaborazione con le agenzie educative e attraverso l'integrazione             
dei principali contesti dell'ambiente di vita del minore.                       
Si contraddistinguono per l'attenzione al disagio e la prevenzione              
del disadattamento e della devianza; per la promozione                          
dell'integrazione e della socializzazione in gruppo, intesa come                
sviluppo di esperienze che favoriscono l'incontro, lo scambio, la               
crescita di competenze sociali, la dimensione collettiva dell'aiuto.            
Nelle situazioni maggiormente caratterizzate da carenza o difficolta'           
della famiglia sul piano educativo-assistenziale, i centri integrano            
l'azione della famiglia stessa fornendo spazi ed opportunita' di                
socializzazione ed accoglienza diurna mirati ad una piu'                        
soddisfacente qualita' di inserimento del minore nel suo contesto.              
Garantiscono stabilita' di relazioni educative e cura delle relazioni           
familiari e sociali. Consentono un monitoraggio continuo delle                  
situazioni familiari piu' a rischio.                                            
c) Interventi con gruppi formali ed informali                                   
Si tratta di interventi socio-educativi che si collocano nei luoghi             
di aggregazione spontanea dei ragazzi.                                          
Si configurano come forma d'aiuto che si realizza tramite la                    
conduzione di esperienze all'interno del contesto sociale,                      
utilizzando le risorse, le opportunita' e le occasioni in esso                  
presenti, nell'intento di costruire relazioni con chi vive ai margini           
della comunita', la' dove i comportamenti impropri rischiano di                 
cronicizzarsi in devianza.                                                      
Agiscono sul "territorio reale", non su quello istituzionale,                   
coinvolgendo operatori formali ed informali, attivando reti                     
individuali e sociali, sensibilizzando la comunita' sui problemi del            
mondo adolescenziale.                                                           
d) Lavoro di comunita'                                                          
I progetti che fanno leva sul lavoro di comunita' si configurano come           
interventi che, a partire dai bisogni dell'eta' evolutiva, operano in           
una logica di promozione delle risorse presenti all'interno del                 
tessuto sociale, favorendo processi di conoscenza, di attivazione di            
risorse di mutuo-aiuto, di stimolo e di mediazione tra fasce soggette           
a rischio di marginalita' ed ambiente sociale di appartenenza.                  
Sono interventi caratterizzati da obiettivi precisi, in ambiti                  
territoriali definiti e che prevedono una forte partecipazione e                
collaborazione di tutte le risorse del territorio, nella logica del             
lavoro di rete.                                                                 
7.2 Assistenza domiciliare                                                      
7.2.1 Definizione                                                               
L'assistenza domiciliare consiste in una opportunita' piu' complessa            
rispetto agli aiuti economici e materiali, sia di sostegno domestico            
che piu' in generale alla persona, che si inserisce nello spazio                
privato della famiglia, a favore di nuclei familiari con bambini, che           
per motivi di pesante carico familiare, sanitari, educativi, hanno              
difficolta' nell'assolvere gli impegni connessi alla vita quotidiana.           
7.2.2 Finalita'                                                                 
L'assistenza domiciliare si propone di alleviare situazioni di stress           
fisico ed emotivo, favorire intermediazioni culturali sulle modalita'           
di allevamento dei figli, evitare rotture e brusche separazioni                 
relazionali tra genitori e bambini, sostenere una migliore capacita'            
gestionale dei problemi, proprio a partire dalle necessita' di cura.            
7.2.3 Destinatari                                                               
Gli interventi di assistenza domiciliare sono diretti a nuclei                  
familiari con minori in situazione di disagio o di non autosufficenza           
che non sono in grado, anche temporaneamente, di garantire il                   
soddisfacimento delle esigenze personali, domestiche e relazionali,             
con lo scopo di salvaguardare l'autonomia delle persone e la                    
permanenza del minore nel proprio nucleo familiare.                             
7.2.4 Modalita' di realizzazione                                                
L'assistenza domiciliare consiste in prestazioni di aiuto, da parte             
di personale in possesso dei requisiti professionali adeguati, per              
l'organizzazione e il governo della casa e per il soddisfacimento dei           
bisogni essenziali della persona e, ove necessario, per consentire              
l'accesso ai servizi territoriali, nonche' per il supporto o                    
l'integrazione nel nucleo familiare delle persone in difficolta'.               
Anche questo intervento deve prevedere tempi definiti per il                    
raggiungimento degli obiettivi e deve collocarsi all'interno di una             
valutazione e progettazione contrattuale che il servizio sociale                
sviluppa con gli interessati ed eventualmente in collaborazione con             
altri servizi.                                                                  
7.3 Affido familiare                                                            
7.3.1 Definizione                                                               
L'affido familiare e' una risposta educativo-assistenziale a                    
situazioni di disagio di minori "temporaneamente privi di un ambiente           
familiare idoneo" tramite l'affidamento "ad un'altra famiglia,                  
possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una              
comunita' di tipo familiare" (art. 2, Legge 184/83).                            
Consiste nell'inserimento di un minore in un ambiente familiare                 
diverso dal proprio che lo accoglie e gli "assicura mantenimento,               
educazione ed istruzione" per un periodo determinato e nella                    
prospettiva del suo rientro in famiglia.                                        
7.3.2 Finalita'                                                                 
Tramite l'affido si intende offrire al minore, il cui nucleo                    
familiare sia temporaneamente impedito o impossibilitato ad                     
esercitare un adeguato ruolo genitoriale, la possibilita' di                    
sperimentare relazioni di convivenza diverse, in un ambiente                    
familiare piu' confacente ai suoi bisogni, assicurando nel contempo             
alla famiglia d'origine tutti gli interventi assistenziali e                    
terapeutici che possano riequilibrare la situazione in crisi e                  
consentire al minore stesso il rientro nel suo nucleo d'origine.                
Vi possono essere, tuttavia, situazioni in cui l'obiettivo diventa              
l'autonomia del giovane, soprattutto se affidato in adolescenza.                
7.3.3 Destinatari                                                               
Destinatari di tali interventi sono i minori che necessitano di                 
accudimento sul piano materiale, educativo ed affettivo, a causa di             
un temporaneo impedimento o impossibilita' all'esercizio del ruolo              
genitoriale da parte del proprio nucleo familiare.                              
Appare determinante, per un corretto utilizzo dello strumento                   
"affido" e delle sue potenzialita', mantenere alto il livello della             
consensualita' della famiglia d'origine e del minore all'intervento,            
evitando di proporre l'affido solo e prevalentemente quando la                  
prognosi esplicita o implicita per la famiglia d'origine e' negativa,           
procrastinando nel tempo decisioni difficili da assumere.                       
7.3.4 Modalita' di realizzazione                                                
L'affido e' un intervento di alta complessita' educativa e                      
psico-sociale: richiede elevate competenze professionali, una forte             
collaborazione interdisciplinare attraverso il coinvolgimento e                 
l'integrazione di diversi servizi, con particolare riferimento a                
quelli educativi, sociali e sanitari.                                           
Richiede un progetto individuale, articolato, capace di coordinare le           
esigenze del minore, della famiglia d'origine, della famiglia                   
affidataria e di preparare le condizioni per il rientro del bambino.            
Preliminare allo specifico intervento "affido" e' la fase                       
dell'istruttoria delle famiglie affidatarie, attraverso cui si                  
conoscono, si preparano e si selezionano le famiglie disponibili                
all'affido.                                                                     
possibile gradualizzare e diversificare l'intervento di affido                  
familiare con forme e funzionalita' diverse in relazione alle                   
esigenze del minore in:                                                         
a) affido familiare a tempo pieno;                                              
b) affido a parenti;                                                            
c) affido familiare a tempo parziale.                                           
a) Affido familiare a tempo pieno                                               
l'intervento con cui un minore viene inserito in un'altra famiglia              
con carattere di continuita' e di residenzialita' per il tempo                  
previsto dal progetto di intervento quale necessario al superamento             
del suo personale disagio e della situazione di difficolta' del suo             
nucleo d'origine.                                                               
b) Affido a parenti                                                             
l'intervento attraverso il quale un minore, il cui nucleo d'origine             
sia in temporanea difficolta' e nei casi in cui vi siano particolari            
situazioni di conflittualita' o di disagio che richiedono                       
l'intervento del Servizio sociale, viene affidato stabilmente a                 
parenti per un periodo superiore a sei mesi.                                    
In questi due casi, caratterizzati dalla continuita' e dalla                    
residenzialita', il provvedimento viene assunto:                                
- dal Servizio sociale, in presenza del consenso dei genitori o del             
tutore; in tal caso deve essere reso esecutivo dal Giudice tutelare             
con decreto;                                                                    
- dal Tribunale per i minorenni, laddove manchi l'assenso dei                   
genitori o del tutore.                                                          
c) Affido familiare a tempo parziale                                            
l'intervento con cui viene dato sostegno ad un minore tramite                   
l'inserimento in altra famiglia per alcuni giorni la settimana o per            
alcune ore tutti i giorni o per alcuni periodi a tempo breve e                  
determinato.                                                                    
In questo caso l'intervento ricade tra quelli attuabili direttamente            
dal Servizio sociale che vengono adottati nell'interesse del minore,            
in regime di consensualita' dei genitori.                                       
Eventuale provvedimento dell'autorita' giudiziaria e' necessario solo           
qualora manchi la consensualita'; in tal caso l'intervento si                   
configura come prescrizione alla famiglia.                                      
Collegati all'affido familiare e strettamente connessi alla sua                 
efficacia sono gli interventi di:                                               
- promozione della cultura dell'accoglienza e della disponibilita'              
dell'affido;                                                                    
- formazione e sostegno a gruppi di famiglie affidatarie;                       
- sostegno alla singola famiglia e vigilanza sull'intervento.                   
Modalita' gestionali dell'intervento, di tenuta della documentazione            
e di collaborazione tra i soggetti interessati, di sostegno                     
economico, saranno oggetto di regolamenti locali.                               
Per quanto riguarda l'art. 80 della Legge 184/83: "le Regioni                   
determineranno le condizioni e modalita' di sostegno alle famiglie              
..... che hanno minori in affidamento affinche' questo si possa                 
fondare sulla disponibilita' e l'idoneita' all'accoglienza                      
indipendentemente dalle condizioni economiche", a proposito                     
dell'entita' del contributo alle famiglie affidatarie si vuole                  
precisare che:                                                                  
- la soglia minima mensile di contributo a sostegno dell'affido                 
familiare a tempo pieno (art. 4, Legge 184/83) deve essere almeno               
pari al minimo vitale definito annualmente dall'ISTAT. I regolamenti            
locali possono disporre ritocchi dell'importo mensile solo in                   
aumento, in relazione a valutazioni di opportunita' e di adeguatezza            
di questa soglia a sostenere un importante lavoro di cura familiare;            
- vanno previste possibili variazioni in aumento in relazione a                 
bisogni o situazioni particolari (handicap, disagio, affidi                     
plurimi.....);                                                                  
- vanno previste integrazioni per il raggiungimento di particolari              
obiettivi.                                                                      
7.4 Comunita' per l'accoglienza residenziale e semiresidenziale                 
7.4.1 Definizione                                                               
Sono strutture di ospitalita' che integrano o sostituiscono                     
temporaneamente la casa e la famiglia, offrendo al bambino e                    
all'adolescente uno spazio di vita in cui elaborare o riprendere ad             
elaborare un progetto per il futuro, con il supporto di figure adulte           
professionalizzate, capaci di sviluppare rapporti significativi sul             
piano relazionale ed educativo e di cooperare con le persone                    
dell'ambiente di vita del minore e con gli altri servizi del                    
territorio.                                                                     
7.4.2 Finalita'                                                                 
I servizi residenziali e semiresidenziali hanno una funzione molto              
specifica nella rete dei servizi per i minori: intervenire per                  
integrare o sostituire temporaneamente le funzioni familiari                    
compromesse con azione di cura e di recupero di stati di crisi e di             
abbandono temporaneo.                                                           
Devono correlarsi al sistema locale dei servizi per l'infanzia e                
l'adolescenza per evitare e superare logiche di emarginazione.                  
Infatti, solo in un contesto articolato di servizi per l'infanzia il            
ricorso all'affidamento alla comunita', in particolare se                       
residenziale, risultera' funzionale a tutelare i diritti dei minori,            
cosi' come previsto anche nella legislazione vigente (nuovo diritto             
di famiglia, Legge 184/83, DPR 448/88), in quanto tappa, intervento             
specifico, e per certi versi "specializzato", di un piu' ampio                  
progetto di intervento per una situazione esistenziale difficile.               
7.4.3 Destinatari                                                               
Sono destinatari di tali interventi:                                            
- i minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, per           
i quali non e' proponibile o praticabile un affido familiare;                   
- i minori la cui collocazione extra-familiare sia prescritta con               
provvedimento dell'autorita' giudiziaria minorile in sede di                    
competenza civile, amministrativa e penale;                                     
- i minori provenienti da famiglie che, pur offrendo rapporti                   
affettivi validi, non siano in grado, per problematiche di diversa              
natura, di garantire convenienti ed adeguate risposte alle loro                 
esigenze formative, educative e psicologiche.                                   
Possono essere accolti nelle comunita' residenziali e                           
semiresidenziali tutti i minori presenti o transitanti nel territorio           
regionale o i minori provenienti da altri territori soggetti a                  
provvedimento di allontanamento dell'autorita' giudiziaria minorile.            
In caso di minori ospitati in regime residenziale continuativo in               
comunita' per adulti, ove la finalita' della struttura sia diversa o            
piu' ampia dell'intervento sul minore (casa-famiglia, comunita' per             
tossicodipendenti, .....) siano essi con genitori, fratelli o da                
soli, il loro inserimento va chiaramente motivato e deve essere loro            
garantito un progetto finalizzato individuale, un sostegno educativo            
personalizzato, uno spazio ed un ambiente di vita che ne tuteli i               
diritti ed i bisogni relazionali, di crescita e di identita', ivi               
compreso il ricorso ai servizi esterni.                                         
7.4.4 Modalita' di realizzazione                                                
Nell'intento di cogliere la varieta' e la ricchezza delle esperienze            
che si sono sviluppate nel tempo, e gli elementi che caratterizzano             
le varie tipologie di intervento, possiamo suddividere le comunita'             
di accoglienza in:                                                              
a) comunita' di pronta accoglienza;                                             
b) comunita' di tipo familiare;                                                 
c) comunita' educativa;                                                         
d) centro diurno.                                                               
a) Comunita' di pronta accoglienza                                              
Si intende una struttura educativa residenziale destinata ad                    
accogliere minori in situazioni caratterizzate da un bisogno urgente            
e temporaneo di ospitalita', mantenimento, protezione, accudimento,             
in attesa di una collocazione stabile o di un rientro in famiglia.              
Sono comprese in questa voce sia le comunita' di pura emergenza - con           
scopi di accoglienza e accudimento per tempi estremamente ristretti             
di permanenza, di solito per adolescenti fermati dalle autorita' di             
pubblica sicurezza, in fuga o in transito, o comunque in condizioni             
di forte disagio personale - sia le comunita' di pronta accoglienza,            
dove i tempi di permanenza, pur brevi, sono determinati dalla                   
temporaneita' del bisogno del bambino e dalla prospettiva di                    
eventuale soluzione definitiva rapida e dove l'ospitalita' contiene             
anche connotati di protezione e di progettualita' educativa                     
finalizzata.                                                                    
Si differenziano dalle altre tipologie per il notevole "turn over"              
dei minori ospitati ed il tempo breve di permanenza.                            
L'attivita' di pronto intervento puo' essere altresi' collocata                 
presso comunita' di tipo familiare e comunita' educative                        
convenzionate per uno/due posti per l'emergenza.                                
b) Comunita' di tipo familiare                                                  
Si intende una struttura educativa residenziale che si caratterizza             
per la convivenza continuativa e stabile di un piccolo gruppo di                
minori con due o piu' adulti che assumono le funzioni genitoriali,              
offrono un rapporto di tipo familiare e per i quali la struttura                
costituisce residenza abituale.                                                 
Le figure educative di riferimento possono essere affiancate ed                 
integrate da altro personale dipendente o convenzionato, volontario o           
obiettore, secondo le esigenze e le presenze del gruppo degli ospiti.           
c) Comunita' educativa                                                          
Si intende una struttura educativa residenziale in cui l'azione                 
educativa viene svolta da educatori professionali, pubblici o                   
privati, dipendenti o in convenzione, laici o religiosi, che                    
esercitano in quel contesto la loro specifica professione in forma di           
attivita' lavorativa.                                                           
Si caratterizza per un numero piu' elevato di ospiti (comunque entro            
i 12), per l'articolazione in piccoli gruppi od unita' d'offerta                
autonome, in caso di capacita' ricettiva superiore, per                         
l'articolazione in turni della presenza del personale educativo.                
Connessa alla gestione delle comunita' residenziali e' l'attivita' di           
vigilanza sul possesso ed il mantenimento dei requisiti funzionali e            
strutturali delle singole unita' d'offerta.                                     
c) Centro diurno                                                                
Si intende una struttura di ospitalita' che svolge accoglienza in               
regime semiresidenziale, con caratteristiche di costanza e di                   
continuita' nel tempo, che prevede il rientro quotidiano dei minori             
in famiglia, evitando l'allontanamento del minore dal contesto                  
sociale.                                                                        
Copre l'orario extra-scolastico e, nei giorni di vacanze scolastiche            
ed estive, copre l'intero arco della giornata; vi vengono svolte                
attivita' educative, ricreative e di sostegno allo studio.                      
Opera tramite figure educative stabili e qualificate, con un rapporto           
educatore/minore fortemente personalizzato.                                     
Ha la finalita' di integrare l'azione della famiglia, qualora la                
stessa presenti carenze e difficolta' sul piano                                 
educativo-assistenziale, a fronte tuttavia del permanere di un legame           
affettivo ed emotivo positivo.                                                  
Ha come obiettivi specifici:                                                    
- un monitoraggio continuo delle situazioni familiari a rischio                 
rappresentando, cosi' come il centro di aggregazione di cui al punto            
7.1.4, un importante punto di osservazione dei fenomeni di disagio              
sociale;                                                                        
- la permanenza dei minori nel contesto socio-familiare di                      
appartenenza e la collaborazione con il nucleo d'origine per una                
positiva ricaduta dell'azione educativa nell'ambito familiare;                  
- la collaborazione con la scuola e con gli insegnanti finalizzata              
all'integrazione di ciascun minore;                                             
- l'organizzazione di attivita' educative e sportive adeguate ai                
ragazzi e la partecipazione alle iniziative presenti sul territorio;            
- la formazione di un progetto individualizzato, periodicamente                 
verificato e sufficientemente duttile per conformarsi all'evolversi             
della singola situazione e delle relazioni familiari.Debbono essere             
elementi comuni a tutti i servizi residenziali e semiresidenziali:              
- l'ubicazione in una zona dotata di una rete di servizi generali,              
sociali, sanitari ed educativi accessibili;                                     
- le caratteristiche degli ambienti propri delle case di civile                 
abitazione;                                                                     
- un'organizzazione di vita quanto piu' possibile simile a quella               
familiare per tempi, modi, opportunita' e rapporti interpersonali;              
- il rispetto delle esigenze di personalizzazione e privacy                     
dell'ospite, delle compatibilita' tra esigenze dei diversi ospiti e             
delle convivenze;                                                               
- il progetto educativo generale;                                               
- i progetti educativi individuali;                                             
- la competenza e la formazione del personale educativo;                        
- la cartella individuale che registra il percorso educativo del                
minore e le informazioni necessarie anche a scopo statistico;                   
- l'autorizzazione al funzionamento.                                            
7.5 Adozione                                                                    
7.5.1 Definizione                                                               
L'adozione consiste nel dare ad un bambino che si trovi "in                     
situazione di abbandono morale e materiale", considerato                        
irreversibile e non attribuibile a causa di forza maggiore, "da parte           
dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi" (art. 8, Legge                 
184/83), un'altra famiglia, sostitutiva del nucleo familiare                    
d'origine, che lo accolga e che diventi a tutti gli effetti la sua              
vera famiglia.                                                                  
7.5.2 Finalita'                                                                 
Tramite l'adozione si intende offrire ad un bambino che ha                      
sperimentato abbandono, distorsioni relazionali patogene, squilibri e           
carenze familiari irreversibili, la famiglia che non ha piu' o che              
non ha mai avuto.                                                               
7.5.3 Destinatari                                                               
L'adozione e' consentita a favore di minori italiani dichiarati                 
adottabili dal Tribunale per i minorenni perche' si trovano in                  
situazione di abbandono morale e materiale (artt. 7 e 8, Legge                  
184/83), quando:                                                                
- risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti            
parenti entro il quarto grado, salvo che esistano istanze di adozione           
per casi particolari (artt. 11 e 44, Legge 184/83);                             
- non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano                      
riconosciuto il minore o la cui paternita' o maternita' sia stata               
dichiarata giudizialmente (art. 11, Legge 184/83);                              
- constatata l'esistenza dei genitori o dei parenti entro il quarto             
grado, a conclusione delle indagini, degli accertamenti e degli                 
interventi previsti, risulti confermata la situazione di abbandono in           
quanto i genitori o i parenti non si sono presentati alle                       
convocazioni, o hanno dimostrato il persistere della mancanza di                
assistenza e la non disponibilita' ad ovviarvi, o non abbiano                   
adempiuto, per responsabilita' personale, alle prescrizioni impartite           
dal Tribunale per i minorenni (artt. 12, 13 e 15, Legge 184/83).                
L'adozione in favore di minori stranieri al di sotto dei 14 anni da             
parte di cittadini italiani e' consentita:                                      
- quando vi sia un provvedimento di adozione o affido preadottivo del           
minore, o altro provvedimento di tutela, emanato dall'autorita'                 
competente dello Stato d'origine del minore stesso (art. 31, primo              
comma, Legge 184/83);                                                           
- quando vi sia nulla osta all'ingresso in Italia del minore a scopo            
di adozione, emesso dal Ministero degli Affari Esteri d'intesa con              
quello dell'Interno (art. 31, secondo comma, Legge 184/83);                     
- quando il Tribunale per i minorenni abbia dichiarato l'efficacia              
nello Stato italiano di questi provvedimenti (art. 32, Legge 184/83).           
7.5.4 Modalita' di realizzazione                                                
All'adozione si arriva tramite la capacita' di prognosticare la                 
situazione di abbandono in tempo per offrire condizioni normali di              
vita e di crescita ad un bambino altrimenti destinato ad esperienze             
di esclusione, di sofferenza e di marginalita'.Ricade tra i compiti             
del Servizio sociale; richiede modalita' di lavoro interprofessionale           
e prevede:                                                                      
- la segnalazione, da parte dello stesso Servizio sociale, al                   
Tribunale per i minorenni dello stato di abbandono per le situazioni            
direttamente conosciute;                                                        
- l'accertamento delle condizioni di fatto del minore, sull'ambiente            
di vita e sulla sussistenza dello stato di abbandono, su richiesta              
diretta del Tribunale per i minorenni;                                          
- l'assunzione e la gestione della tutela del minore soggetto ad                
accertamento dello stato di adottabilita';                                      
- il supporto e la vigilanza sull'affidamento preadottivo, sia dei              
minori italiani che di quelli stranieri, ed il parere sull'esito                
dello stesso.                                                                   
Prevede inoltre che venga effettuata l'istruttoria delle famiglie che           
hanno presentato domanda di adozione, in particolare per quanto                 
riguarda "l'attitudine ad educare il minore, la situazione personale            
ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti, i                
motivi per i quali desiderano adottare il minore" (art. 22, Legge               
184/83).                                                                        
A seguito dell'attivita' istruttoria, il parere del Servizio sociale            
contribuira' a determinare l'idoneita' all'adozione delle famiglie da           
parte del Tribunale per i minorenni.                                            
7.6 Interventi relativi a procedure ed accertamenti dell'autorita'              
giudiziaria minorile ed ordinaria                                               
7.6.1 Definizione                                                               
Consistono in interventi che vengono attivati su richiesta delle                
autorita' giudiziarie, minorili od ordinarie, che richiedono                    
attivita' di tipo peritale finalizzate a fornire elementi utili di              
conoscenza della situazione per l'adozione di provvedimenti di                  
protezione e tutela del minore.                                                 
Richiedono un preciso lavoro valutativo e progettuale per la                    
formulazione di possibili proposte di intervento, complementari                 
all'attivita' giudiziaria, e la presa in carico della situazione, ove           
necessario, oltre l'espletamento del compito istruttorio.                       
L'intervento delle autorita' giudiziarie puo' essere sollecitato                
dallo stesso Servizio sociale, in presenza di situazioni che esigono,           
per essere tutelate, un provvedimento giudiziario.                              
7.6.2 Finalita'                                                                 
La finalita' specifica di tali interventi e' quella di fornire una              
lettura psico-sociale ed ambientale della situazione dei singoli                
minori oggetto di procedure e provvedimenti delle autorita'                     
giudiziarie, capace di orientare la decisione giudiziaria.                      
La finalita' piu' qualificante, ove la risposta non sia esauribile              
con la sola attivita' istruttoria, e' quella di non circoscrivere o             
ritenere esaurito l'intervento nell'attivita' informativa, ma di                
considerare quest'ultima espressione della capacita' di lettura                 
dell'eventuale bisogno da parte del Servizio sociale, della presa in            
carico della situazione complessiva e di un progetto di intervento              
sulla situazione.                                                               
7.6.3 Destinatari                                                               
Sono destinatari di questi interventi:                                          
- le giovanissime che affrontano la maternita' senza reti familiari e           
parentali di appoggio e l'interruzione volontaria di gravidanza senza           
l'autorizzazione dei genitori (provvedimenti di competenza del                  
Giudice tutelare);                                                              
- i figli contesi in situazione di separazione o divorzio                       
(provvedimenti di competenza del Tribunale ordinario);                          
- i minori degli anni 18 che richiedono l'autorizzazione al                     
matrimonio (provvedimenti di competenza del Tribunale per i                     
minorenni);                                                                     
- i minori soggetti a provvedimenti dell'autorita' giudiziaria                  
minorile in materia civile, amministrativa e penale (provvedimenti di           
competenza del Tribunale per i minorenni e della Procura della                  
Repubblica presso il Tribunale minorenni);                                      
- i minori immigrati, clandestini, senza fissa dimora e senza reti              
parentali di appoggio in grado di gestire funzioni tutorie (di                  
competenza del Giudice tutelare, o del Tribunale minorenni o della              
Procura minorenni, in relazione alla situazione individuale del                 
minore; della Prefettura e della Questura per la permanenza, il                 
rimpatrio e i permessi di vario tipo).                                          
7.6.4 Modalita' di realizzazione                                                
Questi interventi vengono attivati:                                             
- da una richiesta formale dell'autorita' giudiziaria: Tribunale per            
i minorenni, Procura della Repubblica presso il Tribunale per i                 
minorenni, Giudice tutelare, Giudice della separazione;                         
- su segnalazione degli stessi Servizi ove la conflittualita' e la              
condizione di rischio per il minore sia tale da richiedere                      
provvedimenti impositivi per poter effettuare gli interventi in                 
favore del minore.                                                              
Hanno caratteristiche di obbligatorieta': l'informativa e' dovuta; il           
provvedimento che ne consegue deve essere eseguito.                             
Richiedono un'attivita' di valutazione della situazione complessiva             
del minore in tutte le sue dimensioni: sociale, relazionale,                    
psicologica, sanitaria,..., di responsabilita' del Servizio e non del           
singolo operatore, con il contributo delle professionalita' e di                
altri servizi significativi per definire la situazione ed orientare             
quindi la decisione giudiziaria in relazione ad un progetto concreto.           
I Servizi sociali devono periodicamente rendere conto all'autorita'             
competente dell'andamento della situazione e proporre eventuali                 
modifiche del provvedimento in relazione all'evolversi della                    
situazione del minore.                                                          
7.7 Intervento di aiuto economico                                               
7.7.1 Definizione                                                               
L'intervento economico costituisce una delle modalita' per                      
fronteggiare situazioni non di autonomia temporanea, soprattutto in             
famiglie, pluri o monogenitoriali, con figli.                                   
Consiste in aiuti economici e materiali a sostegno di nuclei                    
familiari e singoli minori in condizioni economiche tali da non                 
consentire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di vita,                 
oppure in stato di bisogno straordinario, al fine di promuoverne                
l'autonomia e la responsabilizzazione e di prevenire il rischio di              
allontanamento dei figli dal nucleo familiare.                                  
Comporta un attento lavoro di valutazione e di consulenza                       
professionale in ordine sia all'uso che viene fatto di tale sostegno            
che agli obiettivi di diverso apprendimento comportamentale che si              
prefigge.                                                                       
7.7.2 Finalita'                                                                 
L'intervento economico e' finalizzato a sostenere percorsi di                   
riappropriazione delle competenze e delle risorse familiari ed                  
individuali e l'acquisizione di strumenti adeguati per determinare i            
propri percorsi di vita.                                                        
Va disposto nel rispetto delle opzioni personali, senza intenti di              
omologazione a modelli predeterminati e con particolare attenzione ad           
evitare rischi di cronicizzazione delle situazioni; di dipendenza dai           
servizi, di emarginazione dai contesti sociali e di                             
istituzionalizzazione dei minori.                                               
La richiesta di aiuto economico e' spesso un elemento di                        
avvicinamento al Servizio; puo' costituire un primo terreno di                  
richiesta di aiuto altrimenti non formulabile.                                  
7.7.3 Destinatari                                                               
Sono destinatari dell'intervento i singoli minori o loro nuclei                 
familiari, residenti o comunque presenti nel territorio, in                     
situazioni di emergenza economica o di bisogno straordinario che                
impediscono il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di vita e la            
conquista o il recupero dell'autonomia.                                         
Il contributo economico, finalizzato a sostenere o risolvere problemi           
e bisogni di minori, verra' erogato a chi, genitore, curatore o                 
tutore, gestisce la potesta' parentale nei confronti del minore                 
destinatario.                                                                   
7.7.4 Modalita' di realizzazione                                                
Qualsiasi intervento di natura economica, nei confronti di un singolo           
minore o del suo nucleo familiare, a prescindere dalla sua                      
consistenza, richiede la formulazione di uno specifico progetto di              
intervento.                                                                     
Sia che i progetti come intervento di per se' sufficiente a                     
rispondere al bisogno espresso, sia che si collochi come parte di un            
progetto piu' complessivo ed organico, esso deve indicare gli                   
obiettivi che si propone, i tempi e le modalita' di realizzazione e             
di valutazione dei risultati, nella prospettiva di una tempestiva               
riappropriazione della gestione della propria autonomia da parte                
del/della cittadino/a assistito/a.                                              
La condizione di assistibilita' e' determinata dall'esistenza,                  
verificabile, dello stato di bisogno, valutata sulla base dei                   
regolamenti locali sul "minimo vitale" e in rapporto alla                       
determinazione della soglia di reddito per l'accesso all'assistenza.            
Gli interventi di natura economica su suddividono in:                           
a) intervento economico continuativo;                                           
b) intervento economico straordinario.                                          
a) Intervento economico continuativo                                            
Consiste in un sussidio mensile da erogare a favore di minori e dei             
loro nuclei familiari che non possono soddisfare autonomamente il               
bisogno primario di sostentamento ed emancipazione.                             
L'intervento e' limitato al periodo previsto nel progetto come                  
necessario al reperimento di adeguate risorse economiche da parte dei           
soggetti interessati o al raggiungimento dell'obiettivo esplicitato             
nel progetto stesso.                                                            
b) Intervento economico straordinario                                           
un intervento economico "una tantum" rivolto a minori o nuclei                  
familiari che si trovino a dover fronteggiare un'improvvisa e                   
straordinaria condizione di disagio economico derivante da                      
avvenimenti che mettono momentaneamente in crisi la capacita' di                
reddito ed il me'nage familiare.                                                
Entrambi possono prevedere sia un contributo economico diretto che              
l'esonero nel pagamento dei servizi.                                            

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ultima modifica 2023-05-19T21:22:53+01:00

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