DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 26 maggio 1998, n. 915
Programma regionale per l'attuazione della Legge 28 agosto 1997, n. 285. Obiettivi, criteri di assegnazione delle risorse finanziarie e linee di indirizzo per la predisposizione dei piani territoriali di intervento (proposta della Giunta regionale in data 18 maggio 1998, n. 721)
IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Vista la deliberazione della Giunta regionale progr. n. 721 del 18
maggio 1998, recante in oggetto "Programma regionale per l'attuazione
della Legge 28 agosto 1997, n. 285. Obiettivi, criteri di
assegnazione delle risorse finanziarie e linee di indirizzo per la
predisposizione dei piani territoriali di intervento. Proposta al
Consiglio regionale", e che qui di seguito si trascrive
integralmente:
"LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Premesso che con la Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la
promozione di diritti e di opportunita' per l'infanzia e
l'adolescenza" si e' dato concretamente avvio, in attuazione dei
Piano di azione nazionale approvato dal Governo, ad un processo
finalizzato a porre al centro dell'attenzione politico-istituzionale
i diritti e la qualita' della vita dei soggetti in eta' 0-18 anni, in
una logica fortemente innovativa che individua quali obiettivi
prioritari:
- la realizzazione di azioni rivolte all'universo dei bambini e degli
adolescenti, capaci di assumere contestualmente le situazioni di
difficolta', disagio, marginalita' e rischio sociale, nelle quali si
trovano molti bambini e le loro famiglie e tali da richiedere
interventi di sostegno specifici e mirati accanto ad iniziative
promozionali finalizzate a riconoscere i minori come soggetti di
diritti, a favorire il loro protagonismo come gruppo sociale, ad
offrire loro spazi ed opportunita' nella vita quotidiana, attraverso
progetti che li vedano attivamente partecipi fin dalla fase della
loro elaborazione;
- l'attuazione di politiche rivolte all'infanzia e all'adolescenza,
con caratteristiche di organicita', continuita' e forte radicamento
territoriale, attraverso un ruolo attivo degli Enti locali,
individuati quali titolari degli interventi, non solo in una logica
di decentramento dei poteri, ma anche e soprattutto di governo dei
processi locali, capace di integrare, da un lato, le diverse
politiche di settore in particolare sul piano sociale ed educativo e
le diverse competenze, superando la frammentarieta' esistente e,
dall'altro lato, l'insieme delle risorse presenti a livello
territoriale, pubbliche e private;
- la realizzazione di interventi sistematici che prevedano una forte
collaborazione tra istituzioni pubbliche (Comuni, Province, Aziende
sanitarie locali, Provveditorati agli Studi, Centri per la giustizia
minorile), da perseguire tramite strumenti formali quali gli accordi
di programma, e tra esse e i soggetti privati (associazionismo,
cooperazione sociale, volontariato, enti ed organizzazioni no profit)
sulla base di un lavoro di rete che valorizzi l'apporto e le
specificita' dei diversi soggetti e delle diverse competenze ed
esperienze;
- l'adozione di procedure che prevedano tempi e modalita' di lavoro
definiti e condivisi da parte delle istituzioni coinvolte, cosi' come
indicato in sede di Conferenza Stato/Regioni e Province autonome, in
una logica di efficienza degli interventi e al fine di evitare spreco
di risorse;
richiamate le finalita' generali della legge, da realizzarsi tramite
interventi nazionali, regionali e locali, e in particolare gli artt.
4, 5, 6 e 7 relativi agli interventi locali, da attuarsi tramite
iniziative molteplici di seguito sinteticamente richiamate:
- servizi di preparazione e sostegno alla relazione genitori-figli,
di contrasto della poverta' e della violenza, interventi alternativi
al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, sostegno
economico o attraverso servizi specifici a famiglie naturali o
affidatarie con all'interno minori disabili, attenzione alla
condizione dei minori stranieri;
- innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la
prima infanzia;
- realizzazione di servizi educativi e ricreativi per il tempo
libero;
- azioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e
dell'adolescenza, per migliorare la qualita' della loro vita nelle
citta' e per valorizzare le differenze di genere, culturali ed
etniche;
rilevato che per il conseguimento degli obiettivi indicati dalla
legge si e' provveduto (art. 1) ad istituire un Fondo nazionale per
l'infanzia e l'adolescenza, da ripartirsi annualmente tra le Regioni
e le Province autonome per il 70%, destinando il rimanente 30% a
Comuni "riservatari", indicati nelle tabelle allegate al DPCM 2
dicembre 1997, tra i quali il Comune di Bologna;
visto in particolare l'art. 2 che assegna alle Regioni, nell'ambito
della programmazione regionale, i compiti di:
a) definire ogni tre anni gli ambiti territoriali, corrispondenti a
Comuni, Comuni associati, Province e Comunita' Montane, all'interno
dei quali elaborare e attuare piani territoriali di intervento;
b) procedere annualmente, sulla base di propri criteri, al riparto
delle risorse finanziarie assegnate dalla legge alle Regioni, in
corrispondenza dei diversi ambiti territoriali, eventualmente
integrandole con propri finanziamenti, in modo da consentire agli
Enti locali di formulare piani di intervento sulla base di risorse
definite, a garanzia della loro totale copertura sul piano economico;
c) definire i criteri programmatici per la predisposizione dei piani
territoriali e quindi dei progetti in essi contenuti;
d) procedere all'approvazione degli stessi piani e conseguentemente
all'erogazione delle risorse finanziarie a favore degli Enti locali;
vista la Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle Autonomie
locali" e successive modificazioni;
visto il DPCM 2 dicembre 1997, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
del 3 febbraio 1998, con il quale si e' provveduto alla ripartizione
del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza tra le Regioni e
le Province autonome di Trento e Bolzano, nonche' tra i Comuni
"riservatari", che assegna rispettivamente alla Regione
Emilia-Romagna e al Comune di Bologna le quote indicate nell'allegata
tabella A), parte integrante e sostanziale della presente
deliberazione, in corrispondenza degli anni 1997, 1998 e 1999;
visto l'Accordo Stato/Regioni e Province autonome stipulato in data
11 dicembre 1997 per l'attuazione della Legge 285/97 e dato atto che
gli Enti locali dovranno presentare alla Regione i propri piani
territoriali di intervento entro il mese di agosto 1998 e che tali
piani dovranno essere esaminati e approvati entro i sessanta giorni
successivi;
visto il Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per
l'anno 1998 e in particolare, per quanto riguarda lo stato di
previsione delle entrate il Cap. 03066 "Assegnazione dello Stato sul
fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (Legge 28 agosto 1997,
n. 285)" (CNI) e, per quanto riguarda lo stato di previsione delle
spese, il Cap. 58422 "Interventi per la realizzazione dei piani di
intervento territoriali e per la realizzazione di programmi
interregionali di scambio e di formazione in materia di servizi per
l'infanzia (Legge 285/97). Mezzi statali" (CNI) relativamente
all'annualita' di competenza del 1997 assegnata in chiusura
dell'esercizio stesso;dato atto che i progetti e gli interventi di
cui all'art. 4 e all'art. 5 della Legge 285/97 perseguono
rispettivamente le stesse finalita' dei progetti e degli interventi
indicati all'art. 41, lett. c) della L.R. 2/85, per quanto riguarda
la tutela sociale della maternita', infanzia ed eta' evolutiva, e di
quelli indicati all'art. 10 della L.R. 27/89, per quanto riguarda la
sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
ritenuto opportuno di conseguenza, allo scopo di consentire una
programmazione unitaria ed efficace degli interventi, che all'interno
del programma allegato, e quindi degli indirizzi e delle procedure in
esso indicati, in quanto compatibili con le norme regionali
sopracitate, vengano ricompresi anche i progetti di cui sopra e le
risorse regionali previste per la loro attuazione all'interno della
spesa del Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per
l'anno 1998, fatta salva la loro specifica finalizzazione;
ritenuto altresi di quantificare come segue le risorse regionali da
destinare agli interventi sopradescritti, che andranno in questo modo
ad integrare i fondi statali:
- Lire 1.000.000.000, per gli interventi di cui all'art. 4 della
Legge 285/97, quale quota parte dello stanziamento di cui al Cap.
57150 "Fondo socio-assistenziale regionale. Assegnazioni correnti ai
Comuni singoli o associati per il finanziamento di progetti di
intervento, anche sperimentali, a norma dell'art. 41, comma 1, lett.
c), della L.R. 20 gennaio 1985, n.2";
- Lire 1.000.000.000, per gli interventi di cui all'art. 5 della
medesima Legge 285/97, quale quota parte dello stanziamento di cui al
Cap. 58430 "Fondo regionale per i servizi socio-educativi per
l'infanzia. Contributi nelle spese di gestione. Mezzi propri della
Regione (L.R. 21 giugno 1978, n. 17 e art. 10, commi 2 e 3, L.R. 14
agosto 1989, n. 27)";
rilevato che per l'applicazione della Legge 285/97 l'Assessorato alle
Politiche sociali e familiari, Scuola, Qualita' urbana, al fine di
consentire un'ampia informazione sui contenuti della legge e per
garantirne un'attuazione efficiente e condivisa con gli Enti locali,
ha svolto nei mesi di gennaio-febbraio 1998 un'ampia consultazione
attraverso l'organizzazione di conferenze provinciali dei Servizi, in
collaborazione con le Amministrazioni provinciali (Assessorati alle
Politiche sociali e Assessorati alla Pubblica istruzione), alle quali
sono stati invitati i rappresentanti dei Comuni, delle Comunita'
Montane, delle Aziende sanitarie, dei Provveditorati agli Studi, del
Centro per la giustizia minorile, nonche' delle organizzazioni'
dell'associazionismo, del volontariato, della cooperazione sociale e
degli enti no profit e che piu' recentemente si e' promosso anche un
confronto con le organizzazioni sindacali confederali
dell'Emilia-Romagna;
rilevato altresi' che, su indicazione dell'Assessorato regionale di
cui sopra, presso ogni Amministrazione provinciale si sono
recentemente costituiti gruppi provinciali di lavoro rappresentativi
delle diverse istanze e competenze, in modo da consentire fin dai
mesi scorsi la promozione di un confronto ampio, l'individuazione di
obiettivi comuni, di progetti integrati e l'adozione di una
metodologia di lavoro condivisa;
vista la Legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi";
vista la deliberazione n. 2541 del 4 luglio 1995, esecutiva ai sensi
di legge, con la quale sono state fissate le direttive per
l'esercizio delle funzioni dirigenziali;
dato atto del parere favorevole espresso dal Direttore generale alla
Formazione professionale e Lavoro, dott. Roberto Balduini e dalla
Responsabile del Servizio Politiche familiari, infanzia, adolescenza
e sviluppo del sistema scolastico, dott.ssa Patrizia Orsola Ghedini
in merito rispettivamente alla legittimita' e alla regolarita'
tecnica della presente deliberazione, ai sensi dell'art. 4, sesto
comma, della L.R. 19 novembre 1992, n. 41, nonche' della
deliberazione della Giunta regionale 2541/95 sopracitata;
dato, altresi', atto del parere favorevole di regolarita' contabile
espresso in termini di compatibilita' finanziaria del presente
programma dal Responsabile del Servizio Ragioneria e Credito dott.
Gianni Mantovani ai sensi del predetto articolo di legge e della
succitata deliberazione;
su proposta dell'Assessore competente per materia;
a voti unanimi e palesi, delibera:
a) di proporre al Consiglio regionale l'approvazione del Programma
triennale per l'attuazione della Legge 28 agosto 1997, n. 285
"Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunita' per
l'infanzia e l'adolescenza", allegato alla presente deliberazione e
comprensivo delle Tabelle A), B), C), D), E), e della quale
costituisce parte integrante e sostanziale, contenente gli obiettivi,
la definizione degli ambiti territoriali e la relativa ripartizione
delle risorse finanziarie per ciascun ambito, le linee di indirizzo
per l'elaborazione dei piani territoriali di intervento, nonche' le
procedure per la concessione dei finanziamenti a favore degli Enti
locali;
b) di dare atto che le risorse finanziarie rivenienti dal Fondo
nazionale - annualita' 1997 - risultano iscritte come specificato in
premessa al Capitolo 58422 "Interventi per la realizzazione dei piani
di intervento territoriali e per la realizzazione di programmi
interregionali di scambio e di formazione in materia di servizi per
l'infanzia (Legge 285/97). Mezzi statali" (CNI) del Bilancio
regionale di previsione 1998;
c) di destinare, sulla base di quanto esposto in premessa, le
seguenti somme all'attuazione dei progetti e degli interventi
sottoindicati, quali risorse regionali integrative annualita' 1998:
- Lire 1.000.000.000, quale quota parte del Fondo socio-assistenziale
regionale di cui al Cap. 57150 "Fondo socio-assistenziale regionale -
assegnazioni correnti ai Comuni singoli o associati per il
finanziamento di progetti di intervento, anche sperimentali, a norma
dell'articolo 41, comma 1, lettera c), della L.R. 20 gennaio 1985, n.
2", per i progetti e gli interventi indicati all'art. 4 della Legge
285/97,
- Lire 1.000.000.000, quale quota parte del Fondo regionale per i
servizi socio-educativi per l'infanzia di cui al Cap. 58430 "Fondo
regionale per i servizi socio-educativi per l'infanzia. Contributi
nelle spese di gestione. Mezzi propri della Regione (L.R. 21 giugno
1978, n. 17 e art. 10, commi 2 e 3, L.R. 14 agosto 1989, n. 27)" per
i progetti e gli interventi di cui all'art. 5 della stessa Legge
285/97,
entrambe allocate sul Bilancio di previsione della Regione
Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 1998;
d) di dare atto che la quota integrativa regionale per l'annualita'
1999 verra' quantificata in sede di approvazione della legge di
bilancio regionale e ripartita per ambito territoriale con apposito
atto di Giunta;
e) di dare atto che il presente provvedimento non comporta impegni di
spesa e che all'assegnazione e concessione dei finanziamenti a favore
degli Enti locali interessati provvedera' la Giunta regionale con
propri atti successivi, sulla base degli indirizzi e dei criteri
contenuti nel Programma di cui alla precedente lett. a) e ad avvenuta
iscrizione nel Bilancio regionale dei mezzi statali riferiti alle
annualita' 1998 e 1999, nonche' delle risorse integrative regionali
per l'annualita' 1999;
f) di pubblicare il presente provvedimento, comprensivo di tutti gli
allegati, nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna,
garantendone la piu' ampia diffusione.
PROGRAMMA TRIENNALE PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 285 DEL 28 AGOSTO
1997 "DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI OPPORTUNITA' PER
L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA"
Obiettivi, definizione degli ambiti territoriali e relativa
ripartizione delle risorse finanziarie, linee di indirizzo per
l'elaborazione dei piani territoriali di intervento e procedure per
l'erogazione dei finanziamenti a favore degli Enti locali
1. Premessa
Nell'assumere la filosofia innovativa sottesa alla Legge 285/97,
sinteticamente richiamata nelle premesse contenute nell'atto
deliberativo allegato, si ritiene opportuno sottolineare in questa
sede alcuni aspetti relativi alla situazione regionale, emersi del
resto anche nel corso delle Conferenze provinciali dei Servizi e
delle varie iniziative promozionali e di consultazione promosse
dall'Assessorato alle Politiche sociali, familiari, Scuola e Qualita'
urbana, per una corretta applicazione delle nuove norme, cogliendone
appieno le potenzialita'.
La tradizionale sensibilita' espressa dalla Regione e dagli Enti
locali dell'Emilia-Romagna nei confronti dell'infanzia ha consentito
di sviluppare un patrimonio di servizi e di esperienze di notevole
valore, connotato tuttavia anche nella nostra realta', cosi' come in
altre realta' avanzate del Paese, da elementi non sempre positivi,
sui quali si ritiene importante richiamare l'attenzione.
Alcuni di questi elementi in particolare vanno sottolineati:
- una frammentazione delle competenze tra le diverse Amministrazioni
(Comuni, Province, AUSL, scuola) e all'interno delle stesse
Amministrazioni, conseguente ad un'organizzazione tradizionalmente
basata su norme e politiche di settore (educative,
socio-assistenziali, sanitarie, legate a bisogni di categorie
specifiche di cittadini o in risposta a particolari esigenze), che ha
prodotto una visione parziale delle problematiche e degli interventi
rivolti ai bambini e agli adolescenti, non consentendo di concepirli
in modo unitario come gruppo sociale e come soggetti di diritti;
- il permanere, conseguentemente, in numerose realta' territoriali,
di squilibri e discontinuita' sia orizzontali, tra interventi rivolti
a bambini e ragazzi appartenenti alla stessa fascia di eta', sia
verticali, in rapporto ad eta' diverse;
- una conoscenza relativa degli stessi interventi realizzati e una
comunicazione non sempre sistematica tra esperienze maturate in
ambiti analoghi da soggetti diversi o, viceversa, da soggetti
omogenei in realta' e ambiti diversi, tali da limitare talvolta anche
gli sforzi di innovazione progettuale per la difficolta' di
ottimizzare quanto gia' esiste.
In questo senso la Legge 285/97, per le caratteristiche che la
connotano e le risorse finanziarie che rende disponibili, costituisce
un'occasione preziosa, non solo per arricchire il patrimonio
esistente attraverso lo sviluppo di nuovi servizi e nuovi interventi,
in particolare laddove se ne rilevi la carenza, ma soprattutto - in
una realta' come quella dell'Emilia-Romagna - per qualificare, dare
continuita' e consentire un forte radicamento territoriale delle
politiche rivolte a tutti i bambini e gli adolescenti, configurandole
come sistema, in una logica di forte integrazione - e quindi di
innovazione programmatica e progettuale - tra competenze e soggetti
diversi, pubblici e privati.
2. Obiettivi
Nell'ambito degli obiettivi definiti dalla legge, indicati piu' in
generale nell'art. 3 e in modo piu' dettagliato nei successivi artt.
4, 5, 6 e 7, la Regione non intende porre particolari vincoli alle
Amministrazioni locali per quanto attiene l'elaborazione dei piani
territoriali di intervento, con la consapevolezza che
l'individuazione delle aree prioritarie di intervento non puo' che
nascere da una conoscenza dei bisogni sociali espressi all'interno
delle diverse comunita' locali e da un'analisi delle risposte messe
in atto, per evidenziare limiti e carenze, ma anche punti di
eccellenza dai quali trarre i necessari suggerimenti. Gli obiettivi
regionali si configurano pertanto come indicazioni programmatiche
generali alle quali il sistema delle Autonomie locali dovra'
attenersi nella predisposizione dei piani territoriali, perseguendo
in particolare le seguenti finalita':
- la promozione di un equilibrio sia a livello territoriale,
all'interno degli ambiti provinciali, in termini di servizi e
opportunita' offerti ai bambini, agli adolescenti e alle loro
famiglie nelle diverse aree, sia tra interventi rivolti alle diverse
fasce di eta';
- l'attuazione di iniziative e interventi in una logica di
prevenzione che, a partire da una conoscenza dei fenomeni sociali che
connotano le diverse realta' locali e dalle analisi interpretative
elaborate dai vari soggetti, istituzionali e non, consenta l'adozione
di strategie comuni e di politiche e di azioni concordate;
- la promozione di attivita' e interventi capaci di valorizzare e
sviluppare le forme di aggregazioni spontanee e i processi di
socializzazione dei minori, riconoscendoli come soggetti di diritti
ma anche portatori di proprie istanze, competenze ed esperienze,
nella vita politico-istituzionale e sociale, favorendone la
partecipazione attiva alla progettazione e all'attuazione delle
iniziative che li riguardano;
- la realizzazione di iniziative volte a sostenere le competenze
genitoriali nella crescita dei figli, a promuovere una cultura della
condivisione delle esperienze tra le famiglie, anche attraverso
l'attivazione di forme di aggregazione sociale, in una logica di
valorizzazione delle loro potenzialita' e in quanto risorsa
all'interno della comunita', nonche' iniziative finalizzate a
promuovere la corresponsabilita' dei genitori (madri e padri)
nell'educazione e nella cura dei bambini;
- la promozione di una cultura dell'accogiienza da parte della
comunita' locale come capacita' di accogliere i bambini e le loro
famiglie in situazioni di difficolta' con l'attenzione complessiva ai
bisogni di ospitalita', di affettivita', di protezione, di stabilita'
di riferimenti che le contraddistinguono, tramite l'offerta sia di
opportunita' strutturate (quali le comunita' residenziali e
semiresidenziali) fortemente correlate ai servizi territoriali, sia
di opportunita' di appoggio e sostegno fondate sul principio della
reciprocita' dell'aiuto e della potenzialita' solidale della
comunita' (reti familiari di supporto, affidamenti a tempo parziale,
valorizzazione delle reti di sostegno omo-etniche, sostegno agli
impegni di educazione e cura);
- la realizzazione e la qualificazione di servizi ed interventi in
grado di far fronte a situazioni di emergenza, derivanti sia da
condizioni potenzialmente patogene che da fenomeni occasionali e non
prevedibili di gravi difficolta' (maltrattamenti, bambini immigrati
clandestini, sfruttamento del lavoro minorile, prostituzione
minorile, emergenze improvvise di tipo economico e relazionale
all'interno dei nuclei familiari), prevedendo una molteplicita' di
soluzioni in grado di garantire risposte tempestive, differenziate e
flessibili (strutture di pronto intervento, rete protetta di
famiglie, luoghi di accoglienza messi a disposizione di
organizzazioni di volontariato), che consentano di fornire aiuto e
contenimento del disagio, garantendo contemporaneamente la messa in
atto di azioni orientate all'acquisizione di autonomia e
autosufficienza da parte dei soggetti interessati;
- una particolare attenzione a servizi ed interventi che privilegino
il sostegno ai soggetti piu' deboli (famiglie e minori in condizioni
di disagio economico e relazionale, a rischio di emarginazione
sociale) che garantiscano forme di aiuto differenziate, di contrasto
della poverta', della violenza e dell'esclusione sociale, finalizzate
all'emancipazione dal bisogno, con l'obiettivo di creare per essi
condizioni di pari opportunita', affinche' possano elaborare
autonomamente i propri percorsi di vita.
Nell'elaborazione dei piani territoriali occorrera' inoltre:
- garantire interventi che prevedano azioni su ciascuno degli
articoli di legge corrispondenti ai diversi ambiti progettuali (artt.
4, 5, 6 e 7), ferma restando la scelta da parte delle Autonomie
locali sul peso da attribuire a ciascuno di essi e sulla loro
articolazione;
- evitare nella predisposizione dei progetti che confluiranno nei
piani territoriali una frammentazione delle iniziative e delle
risorse, concependo gli stessi piani territoriali non come
"sommatoria" di progetti di singoli Enti ed organizzazioni, quanto
invece come sistema di azioni concertate, risultato di
un'elaborazione e di un processo condivisi.
3. I soggetti
L'art. 2, Legge 285/97 indica i Comuni, i Comuni associati, le
Province e le Comunita' Montane quali soggetti titolari della
progettazione degli interventi che - come sopraindicato - agiscono su
obiettivi condivisi e attraverso azioni concertate con gli altri
attori pubblici e privati previsti dalla normativa, quali Aziende
sanitarie locali, Provveditorati agli Studi, Centri per la giustizia
minorile, organizzazioni non lucrative di utilita' sociale quali
privato sociale, cooperative sociali e volontariato.
4. Gli ambiti territoriali di intervento
L'articolo 2 della legge affida alle Regioni il compito di
individuare gli ambiti territoriali di riferimento per la
predisposizione dei relativi piani. Tra le varie possibilita' che la
legge elenca, imponendo comunque il livello sovracomunale, questa
Amministrazione ritiene di individuare nella Provincia la dimensione
ottimale, sia per le generali competenze di programmazione e
coordinamento ad essa assegnate dalla Legge 8 giugno 1990, n. 142
(art. 15), sia perche' tale ambito garantisce un livello
sufficientemente ampio da impedire una eccessiva frammentazione degli
interventi.
L'ambito territoriale di intervento delimita lo spazio entro il quale
gli Enti locali dovranno procedere alla individuazione dei bisogni e
delle priorita' della loro azione, ed alla realizzazione concordata
dei relativi interventi, tramite accordi di programma.
5. Le risorse finanziarie
5.1 La ripartizione delle risorse relative al Fondo nazionale per
ambito territoriale
Le quote destinate alla Regione Emilia-Romagna a seguito della
suddivisione dei Fondo nazionale per il triennio 1997-1999 (cfr.
Tabella A) sono le seguenti:
- Lire 3.919.466.344 - assegnazione relativa all'anno 1997;
- Lire 10.451.910.251 - previsione per l'anno 1998;
- Lire 10.451.910.251 - previsione per l'anno 1999.
Ai sensi dell'art. 2, comma 2, la Regione trattiene il 5% del
suddetto budget per la realizzazione di programmi interregionali di
scambio e di promozione attualmente all'esame del Gruppo tecnico
interregionale nominato dal Coordinamento delle Regioni.
Escluso il Comune di Bologna, destinatario di una quota autonoma del
Fondo nazionale (art. 1, comma 2), il totale delle risorse
complessivamente previste a livello regionale per il triennio
1997-1999, da ripartirsi tra i diversi ambiti territoriali, risulta
essere pari a Lire 23.582.122.505 (cfr. la stessa Tabella A).
Nell'adozione dei criteri e di ripartizione delle stesse risorse per
ambiti territoriali, si e' tenuto conto di una sostanziale
omogeneita' tra le diverse aree dal punto di vista sociale, economico
e culturale, tale da non suggerire l'assunzione di particolari
indicatori, in quanto scarsamente influenti nella determinazione dei
budget provinciali, a differenza di quanto avvenuto per il Fondo
nazionale, in considerazione di forti squilibri esistenti tra le
Regioni.
I criteri di ripartizione delle risorse sono pertanto i seguenti:
- la popolazione in eta' 0-17 anni residente nel territorio
provinciale (escluso quello del Comune di Bologna);
- un incremento a favore delle aree montane, destinando ad esse una
quota del 5% del Fondo nazionale assegnato alla Regione
Emilia-Romagna, attribuita ad esse sulla base della popolazione in
eta' 0-17 anni residente nelle medesime aree, in considerazione delle
maggiori difficolta' che si riscontrano nelle aree montane nella
realizzazione e consolidamento degli interventi e per incentivare
iniziative che valorizzino la presenza di famiglie, bambini e
adolescenti in tali zone.
Si rimanda all'allegata Tabella B) per la ripartizione dettagliata
delle risorse finanziarie e delle quote attribuite ad ogni ambito
territoriale, con riferimento all'assegnazione statale relativa
all'anno 1997 ed introitata nel 1998.
5.2 Le risorse regionali ad integrazione del Fondo nazionale
Al fine di operare una razionalizzazione delle risorse, degli
interventi e delle procedure, le assegnazioni statali di cui alla
Legge 285/97 saranno opportunamente integrate con le seguenti risorse
regionali (cfr. Tabelle C ed E):
a) quota parte del Fondo regionale di cui alla L.R. 2/85, art. 41,
(lett. c) riservato annualmente ai minori in difficolta' e pari a
Lire 1.000.000.000 per l'anno 1998 (Cap. 57150);
b) quota parte degli stanziamenti previsti all'interno del "Programma
degli interventi relativi ai servizi socio-educativi rivolti ai
bambini in eta' 0-6 anni", limitatamente all'avvio di servizi
integrativi agli asili nido, anch'esso pari a Lire 1.000.000.000 per
l'anno 1998 (Cap. 58430).
Resta inteso che i fondi di cui alle precedenti lettere a) e b) sono
vincolati rispettivamente alla realizzazione dei progetti e degli
interventi previsti dall'art. 4 e dall'art. 5 della Legge 285/97,
mantenendo quindi la loro finalizzazione originaria.
Dal riparto di tali risorse e' escluso il Comune di Bologna in
quanto, come detto al precedente punto 5.1, destinatario di una quota
autonoma del Fondo nazionale pari a complessive Lire 4.803.564.945
per il triennio 1997/99.
Si sottolinea inoltre che per tutti gli altri interventi e
finanziamenti regionali compresi nel "Programma Infanzia", siano essi
relativi alla spesa corrente (contributi per la gestione degli asili
nido e dei servizi integrativi, per i progetti di qualificazione 0-6
anni, per il sostegno a figure di coordinamento pedagogico, per la
realizzazione del sistema integrato di scuole dell'infanzia pubbliche
e private), o alla spesa di investimento (contributi per la
costruzione e la ristrutturazione di asili nido e servizi
integrativi), occorrera' fare riferimento al programma specifico che
verra' sottoposto in tempi brevi all'esame del Consiglio regionale.
5.3 La corresponsabilita' finanziaria degli Enti locali
Al fine di promuovere una corresponsabilita' da parte degli Enti
locali - politica prima ancora che finanziaria - si ritiene
importante stabilire una quota minima a carico del sistema delle
Autonomie locali, attraverso risorse proprie o di altri soggetti
pubblici o privati, stabilita in una percentuale pari al 20% della
spesa totale prevista per l'attuazione dei singoli progetti esecutivi
(cfr. anche successivo punto 6.2 e Tabella C).
6. Piani territoriali, accordi di programma e progetti esecutivi
L'art. 2 della legge statale prevede che gli Enti locali ricompresi
nell'ambito territoriale individuato dalla Regione approvino,
mediante accordi di programma con i soggetti pubblici di cui al comma
2, i piani territoriali di intervento triennali, articolati in
progetti immediatamente esecutivi, nonche' il relativo piano
economico e la prevista copertura finanziaria.
6.1 Piani territoriali di intervento e accordi di programma
I piani territoriali di intervento provinciali costituiscono il
livello intermedio della programmazione, situandosi tra la
programmazione regionale, di cui al presente atto, e quella locale,
rappresentata dai singoli progetti esecutivi (e delle azioni in essi
contenute).
Per l'approvazione del piano da parte degli enti la legge impone il
ricorso all'istituto dell'accordo di programma, come definito
all'articolo 27 della Legge 142/90, cui devono partecipare, oltre
agli Enti locali, gli altri Enti pubblici interessati, tra i quali, a
titolo esemplificativo, come gia' indicato al punto 3, i
Provveditorati agli Studi, le Aziende sanitarie locali e il Centro
per la giustizia minorile.
Per quanto riguarda la procedura degli accordi di programma, si
rinvia alla normativa sugli Enti locali, in particolare al comma 3
del citato art. 27, relativo all'indizione della Conferenza.
Da parte degli Enti locali deve altresi' essere assicurata l'attiva
partecipazione delle organizzazioni non lucrative alla definizione
dei piani territoriali di intervento, valorizzando l'apporto di
competenze di tali soggetti, non solo nella realizzazione, ma anche
nella progettazione delle iniziative. Le collaborazioni per
l'attuazione dei progetti tra gli Enti pubblici partecipanti agli
accordi di programma e i soggetti privati in essi coinvolti saranno
stipulate attraverso apposite convenzioni, delle quali sara' dato
atto in ciascun accordo.
Si ricorda che ai sensi dell'art. 11, comma 5, della L.R. 4 febbraio
1994, n. 7 "Norme per la promozione e sviluppo della cooperazione
sociale. Attuazione della Legge 8 novembre 1991, n. 381", come
modificata dalla L.R. 18 marzo 1997, n. 6, ai soggetti fornitori di
servizi socio-assistenziali ed educativi si applica l'art. 10 della
stessa legge, per quanto riguarda la partecipazione alle gare e la
scelta del contraente.In base a tale norma, con successiva direttiva,
approvata con delibera della Giunta regionale 22 ottobre 1997, n.
1851 (Bollettino Ufficiale della Regione n. 112 del 19 novembre 1997)
sono state fissate le modalita' di scelta del contraente e di
valutazione dell'offerta per l'affidamento in gestione dei servizi
socio-educativi anche realizzati da soggetti diversi dalle
cooperative sociali.
I piani provinciali a durata triennale verranno approvati, per la
parte relativa ai progetti immediatamente attuabili previsti per il
primo anno di finanziamento, con la possibilita' di presentare
modifiche ed integrazioni negli anni successivi, a seguito della
verifica dell'attivazione dei progetti medesimi.
Nei piani provinciali dovra' altresi' essere dato atto della
destinazione delle risorse regionali:
a) per gli interventi previsti dall'art. 4 della Legge 285/97 per
quanto concerne le risorse relative al finanziamento di progetti e
interventi ex art. 41, lett. c) della L.R. 2/85;
b) per gli interventi previsti dall'art. 5 della Legge 285/97 per
quanto concerne le risorse relative al finanziamento di progetti ed
interventi ex art. 10, L.R. 27/89.
Una volta perfezionati, i piani territoriali di intervento dovranno
essere trasmessi alla Regione - Servizio Politiche familiari,
infanzia, adolescenza e sviluppo del sistema scolastico - per
l'adozione, da parte della Giunta, della successiva delibera di
approvazione e di erogazione dei finanziamenti.
6.2 Progetti esecutivi
I piani territoriali di intervento saranno composti di progetti
esecutivi, cosi' denominati dalla legge statale, al fine di
garantirne l'immediata attuazione. Per evitare la parcellizzazione
degli interventi, si stabilisce che il livello di riferimento
territoriale per attivare i progetti esecutivi possa essere
rappresentato: dalla Provincia; dal Distretto sanitario; dalla
Comunita' Montana; dalla Associazione di Comuni, a condizione, in
quest'ultimo caso, che il bacino territoriale di riferimento
comprenda una popolazione non inferiore a 30.000 abitanti; per i
Comuni capoluogo di provincia e per quelli con popolazione superiore
ai 50.000 abitanti il limite minimo e' elevato a 50.000 abitanti.
Come gia' detto al precedente punto 2, i progetti esecutivi dovranno
garantire interventi che prevedano azioni su ciascuno degli articoli
di legge corrispondenti ai diversi ambiti progettuali (artt. 4, 5, 6
e 7), ferma restando la liberta' di scelta circa il peso da
attribuire ad ogni singola azione.
I progetti potranno essere annuali, biennali o triennali.
In ciascun progetto esecutivo dovranno essere indicate le risorse
aggiuntive messe a disposizione dagli Enti locali, che non potranno
essere inferiori al 20% della spesa totale.
6.3 Spese ammissibili
Agli effetti della ripartizione della quota regionale del Fondo
nazionale sono considerate ammissibili le spese per interventi
relativi ad attivita' migliorative o aggiuntive rispetto a quelle
ordinarie. Non sono pertanto ammissibili le spese imputabili
all'ordinaria attivita' istituzionale prevista dalle leggi vigenti,
nonche' le voci poste a carico del Fondo sanitario. Non sono infine
ammissibili le voci di spesa per la costruzione, la ristrutturazione
e l'acquisto di immobili.
In particolare sono considerate ammissibili le seguenti voci di
spesa:
a) spese generali di progettazione, avvio e promozione delle
iniziative fino ad un massimo del 10% del costo totale del progetto;
b) spese generali di documentazione, laddove esse assumano
particolare rilievo rispetto alla costruzione e alla qualita' del
progetto, fino ad un massimo del 10% del costo totale dello stesso;
c) personale aggiuntivo espressamente acquisito per la realizzazione
dei progetti;
d) arredi, attrezzature e materiali per l'avvio di nuovi servizi;
e) affitto nuovi locali, utenze relative e materiale di consumo in
generale, fino a un massimo del 30% del costo totale del progetto;
f) spese di trasporto e di residenzialita', se previste dalla
specificita' del progetto;
g) spese per la formazione degli operatori;
h) forme di sostegno economico diretto a favore di minori e famiglie
con minori in condizioni di particolare difficolta', nel quadro degli
obiettivi indicati dal presente programma, e in particolare nel
quadro degli indirizzi di cui al successivo punto 8.1;
i) attivazione di borse-lavoro a favore di adolescenti coinvolti
nelle iniziative previste dalla Legge 285/97.
6.4 Erogazione dei finanziamenti
I finanziamenti regionali saranno erogati al Comune indicato come
capofila dei singoli progetti esecutivi ricompresi nei piani
territoriali provinciali.
6.5 Ruolo della Provincia
Costituisce al tempo stesso causa e conseguenza della scelta
dell'ambito provinciale, come circoscrizione di operativita' dei
piani, la convinzione da parte di questa Amministrazione del ruolo
centrale della Provincia, come Ente intermedio di promozione e
coordinamento delle attivita' locali, specialmente nel settore
socio-educativo. In questa ottica, e in conformita' con lo spirito
della normativa vigente in materia di autonomie locali, la Provincia
e' chiamata:
- a promuovere e assicurare, in collaborazione con tutti i soggetti
interessati, la raccolta delle informazioni e dei dati relativi ai
servizi e alle attivita' a favore di minori presenti sul territorio e
la rilevazione di quanto necessario alla attuazione della Legge
285/97;
- ad assicurare il necessario coordinamento delle iniziative adottate
sul proprio territorio, in raccordo con il competente Assessorato
regionale, anche tramite l'individuazione di un referente
provinciale, preferibilmente il/la coordinatore/trice del gruppo di
lavoro provinciale;
- a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze di
programmazione, l'accordo di programma sul proprio territorio e
coordinarne le procedure;
- a predisporre, in collaborazione con gli Enti interessati, il piano
territoriale di intervento provinciale a carattere triennale da
sottoporre agli enti aderenti all'accordo di programma;
- a verificare l'attuazione dei progetti e degli interventi previsti
dal piano, attraverso un'azione di monitoraggio.
7. Procedure e tempi di attuazione
Al solo scopo di sintetizzare le procedure, certamente complesse,
derivanti dalla normativa statale, si descrive di seguito
l'iter-tipo, utile alla definizione complessiva del procedimento:
- la Regione: fissa gli obiettivi, i criteri di assegnazione delle
risorse finanziarie e le linee di indirizzo dei piani territoriali di
intervento;
- la Provincia: il Presidente convoca la conferenza di cui al comma 3
dell'art. 27, Legge 142/90;
- gli Enti locali: stipulano tra loro e con gli altri soggetti
pubblici richiamati all'art. 2 della Legge 285/97 accordi di
programma per l'adozione dei piani territoriali di intervento
(composti dai progetti esecutivi, comprendenti le singole azioni),
approvando quindi le convenzioni con i soggetti privati;
- La Provincia: invia alla Regione il piano territoriale di
intervento adottato con l'accordo di programma;
- La Regione: approva e finanzia i piani territoriali entro 60 giorni
dalla ricezione degli stessi;
- La Provincia: avvia la fase di monitoraggio sull'attuazione dei
piani territoriali di intervento.
I tempi per la presentazione dei piani territoriali di intervento
verranno indicati in apposita circolare.
8. Linee di indirizzo per l'elaborazione dei piani territoriali di
intervento e dei progetti esecutivi
Tenendo conto delle caratteristiche specifiche della nostra Regione,
anche in rapporto alle norme e alle direttive esistenti e alle
esperienze consolidate presenti nel territorio regionale, vengono
indicate di seguito, per ciascun settore di intervento previsto dalla
legge, le linee di indirizzo utili alla predisposizione dei piani
territoriali di intervento e, prima ancora, dei progetti esecutivi,
comprensivi delle diverse azioni, che verranno elaborati a livello
locale, con riferimento agli artt. 4, 5, 6 e 7.
8.1 - Art. 4 "Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli, di
contrasto della poverta' e della violenza, nonche' misure altemative
al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali"
Rientrano in questo articolo i progetti finalizzati ad incidere sui
fattori di rischio e sui danni prodotti da situazioni di
marginalita', creando le condizioni per produrre cambiamenti utili ad
un miglioramento dei rapporti e delle relazioni tra individuo ed
ambiente e capaci di far leva sul riconoscimento delle potenzialita'
positive dei soggetti, mirando a restituire a ciascuno di essi le
proprie competenze per la risoluzione dei problemi.
Nell'approccio al tema degli interventi sul disagio, e' necessario
uscire dalla logica emergenziale ed assistenziale, connotata da un
giudizio di valore di segno negativo sulle persone, per entrare nella
logica della promozione e dello sviluppo dell'individuo e del
contrasto all'esclusione, che si gioca sulle potenzialita' positive
dei soggetti e dell'ambiente.
Gli interventi socio-assistenziali acquisiscono cosi' uno specifico
valore nella qualificazione del sistema di protezione e promozione
dell'infanzia e dell'adolescenza: fornire un quadro complessivo di
interventi sociali, di percorsi e opportunita' specifiche per le
situazioni problematiche, all'interno tuttavia di politiche rivolte
alla generalita' del mondo infantile ed adolescenziale.
Nell'ambito delle azioni di sostegno al rapporto genitori-figli
nonche' delle azioni finalizzate a contrastare la poverta', la
violenza, l'istituzionalizzazione, due in particolare sono gli
indirizzi indicati ai fini della progettazione e della stesura dei
piani territoriali:
A) l'esigenza di garantire in ogni ambito territoriale una gamma
diversificata di interventi atti a corrispondere a gradualita'
diverse di bisogni e di complessita' di situazioni che
quotidianamente si presentano ai servizi, cosi' come individuati
nella delibera del Consiglio regionale n. 777 del 10 dicembre 1997
"Indirizzi per la definizione delle tipologie di intervento sociale a
favore dei minori in relazione alle funzioni di carattere
socio-assistenziale", consolidando un livello qualitativo omogeneo
dell'offerta tale da garantire pari opportunita' di assistenza a
parita' di bisogni;
B) la sperimentazione di interventi innovativi ove un'analisi comune
della realta' tra tutti i soggetti interessati porti a dover
ripensare o pensare a modalita' diverse di intervento a fronte
dell'emergere di esigenze nuove, di bisogni non coperti o di
specifiche aree di problematicita'.
Sono obiettivi specifici pertanto:
1) la costruzione di una rete competente di supporto alle relazioni
familiari volta al superamento delle situazioni di crisi e di disagio
psico-sociale, relazionale ed economico, che possono verificarsi
all'interno delle famiglie con figli minorenni nel corso del proprio
ciclo di vita, con particolare riguardo alle famiglie
monogenitoriali, a quelle con donne capo-famiglia, alle famiglie
immigrate;
2) la diffusione di una cultura dell'accoglienza verso i minori e le
famiglie in difficolta' e l'attivazione di una rete di opportunita'
diversificate e qualificate in grado di fornire risposte efficaci e
tempestive a bisogni particolarmente complessi di protezione, di
ospitalita', di affettivita', di solidita' di riferimenti
socio-relazionali, di integrazione o sostituzione di funzioni
genitoriali compromesse.
Tra le iniziative finalizzate al perseguimento di questi obiettivi,
anche in una logica di innovazione e di valorizzazione delle risorse
personali e collettive, si vogliono evidenziare in particolare alcuni
interventi.
Per quanto riguarda l'obiettivo 1):
a) i prestiti sull'onore, che si connotano come un nuovo strumento di
politica sociale, finalizzato a fornire un supporto economico a
famiglie con figli minorenni che presentano difficolta' economiche
contingenti. Tale intervento, pur prevedendo un onere economico a
carico dell'Ente pubblico per il pagamento degli interessi, consente
a chi ne usufruisce di poter mobilitare le proprie capacita' di
"self-help" e di assumere delle responsabilita' dirette sulla
soluzione dei propri problemi. Esso, inoltre, fonda il patto di
restituzione su criteri non tanto legati a garanzie di tipo
economico, quanto puntando fondamentalmente sull'impegno morale di
restituzione assunto dal richiedente il prestito. La prima fase di
sperimentazione, promossa dalla stessa Regione e realizzata
prevalentemente nelle citta' capoluogo di provincia, ha consegnato
risultati valutati molto positivamente e tali da incoraggiarne la
diffusione. Indicazioni piu' dettagliate sui prestiti verranno
inviate entro breve tempo attraverso uno specifico documento in corso
di elaborazione da parte degli uffici regionali;
b) i sostegni economici, finalizzati sia a sostenere i percorsi di
riappropriazione di competenze, di risorse e di autonomia familiare,
venute a mancare, e della capacita' di determinare propri percorsi di
vita, sia a riconoscere l'importante lavoro di cura, educativo ed
affettivo svolto dalle famiglie affidatarie e dalle reti di
mutuo-aiuto, sia a consentire il soddisfacimento di bisogni primari
ed il conseguimento di particolari obiettivi determinanti per la
qualita' della vita dei minori, ivi compreso il raggiungimento
dell'autonomia;
c) gli interventi di consulenza, informazione/formazione, sostegno
alla procreazione e all'esercizio della genitorialita', in
collaborazione con i Servizi territoriali delle Aziende Unita'
sanitarie locali e con i Centri per le famiglie, con particolare
riferimento a passaggi critici del ciclo di vita delle famiglie;
d) la diffusione di interventi socio-educativi territoriali
(interventi di supporto individuale, centri di aggregazione,
interventi con gruppi informali e con la comunita' locale) capaci di
produrre cambiamenti nelle relazioni ambiente/persona e processi di
mediazione tra individui in difficolta' e agenzie, istituzioni e
organizzazioni sociali, secondo una logica per la quale lo stesso
territorio, con una progettualita' adeguata, puo' divenire agente di
prevenzione e promozione sociale;
e) l'ospitalita' temporanea di donne in difficolta' (ad esempio,
donne straniere, donne con bambini neonati, gestanti, ecc.) presso
famiglie o persone singole disponibili a supportarle sul piano
relazionale e del lavoro di cura, affiancandole secondo progetti
finalizzati al raggiungimento dell'autonomia;
f) l'avvio o il potenziamento di strutture residenziali per garantire
l'ospitalita' temporanea e le stesse forme di supporto ai soggetti
indicati al precedente punto e);
g) l'attivazione di reti di mutuo-aiuto e di forme diversificate di
solidarieta' ed affiancamento educativo e di cura tra organizzazioni,
etnie, famiglie e di queste verso i bambini, i preadolescenti, gli
adolescenti promuovendo la disponibilita' ad affidi a tempo parziale,
per periodi brevi, per momenti ed aspetti di particolare criticita',
per situazioni fortemente drammatiche e destabilizzanti (bambini
handicappati, sieropositivi, spedalizzati,...).
Per quanto riguarda l'obiettivo 2):
a) il potenziamento della rete dei servizi semi-residenziali che,
svolgendo attivita' educative, di sostegno alla scolarizzazione, alla
socializzazione ed alle relazioni familiari, contribuiscono ad
integrare l'azione di quelle famiglie che, pur in situazioni di
difficolta', mantengono legami affettivi ed emotivi positivi coi
figli, consentendo la permanenza del minore nel proprio contesto, la
collaborazione del nucleo d'origine e la positiva ricaduta
dell'azione educativa nell'ambito familiare, secondo le indicazioni
contenute nella delibera del Consiglio regionale n. 779 del 10
dicembre 1997 "Direttiva sui requisiti funzionali e strutturali,
sulle procedure per il rilascio, la sospensione, la revoca
dell'autorizzazione al funzionamento e sui criteri di vigilanza per
le comunita' socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali per
minori";
b) l'attivazione di una rete di possibili luoghi "protetti", non
fissi, in rapporto con le organizzazioni del privato sociale, come
"punti-offerta" attivabili tempestivamente per l'accoglienza e la
protezione di minori costretti alla prostituzione o vittime di
organizzazioni criminali;
c) l'adeguamento, la trasformazione e la qualificazione delle
strutture residenziali, sulla base di quanto stabilito nella gia'
citata Direttiva regionale 779/97, oppure come interventi
semi-residenziali o unita' parzialmente autogestite che accompagnano
i ragazzi verso l'autonomia e l'eta' adulta;
d) l'avvio e la sperimentazione di interventi residenziali
finalizzati a rispondere a bisogni specifici ed emergenti, quali le
situazioni di abuso e maltrattamento, l'accoglienza di minori
imputati di reato, anche immigrati o clandestini, le situazioni di
burn-out;
e) la costruzione di una rete di luoghi e disponibilita'
all'accoglienza in situazioni di emergenza. Appartiene a questo
obiettivo la promozione dell'affido familiare secondo le indicazioni
scaturite dal "Progetto regionale di valutazione, formazione e
orientamento all'affido familiare", realizzato dall'Assessorato
Politiche sociali e familiari, Scuola e Qualita' urbana della Regione
Emilia-Romagna in collaborazione con i Comuni di Modena e Piacenza.
Anche in rapporto a quanto emerso nel corso dell'attuazione del
progetto, accanto alle tradizionali iniziative di affido, particolare
attenzione dovra' essere prestata a:
f) progetti di affido a tempo parziale intesi come accoglienza
familiare continuativa per alcune ore della giornata, oppure
accoglienza residenziale per brevi periodi di vacanza e/o per i fine
settimana, coinvolgendo in particolare i pre-adolescenti;
g) un sostegno alle famiglie che accolgono bambini ed adolescenti,
affiancando le famiglie sia d'origine che affidatarie ed adottive sul
piano psicologico, relazionale e educativo e seguendo in particolare
il ciclo di vita dei bambini;
h) un monitoraggio costante ed aggiornato delle famiglie disponibili
all'accoglienza, sia per operare su liste quantitativamente
rilevanti, sia per gestire efficacemente l'abbinamento
famiglia/bambino.
Non saranno finanziati progetti di formazione di operatori e/o
campagne promozionali e informative locali sull'argomento, perche'
attualmente in fase di realizzazione nell'ambito del progetto
regionale di cui sopra.
8.2 - Art. 5 "Innovazione e sperimentazione di servizi
socio-educativi per la prima infanzia"
Nel quadro degli interventi rivolti all'infanzia la Regione
Emilia-Romagna ha promosso gia' da diversi anni la realizzazione di
servizi integrativi agli asili nido per rispondere in modo
qualificato e flessibile alle esigenze differenziate delle famiglie,
per consentire ai bambini in eta' 0-3 anni che non accedono al nido -
anche per la presenza in molte realta' di liste d'attesa -
opportunita' educative e di socializzazione con i loro coetanei,
nonche' per offrire ai genitori luoghi di aggregazione sociale, di
sostegno alle loro esigenze di cura dei figli e di promozione delle
competenze genitoriali.
La Legge 285/97 - art. 5, lett. a) e b) - promuove la sperimentazione
di servizi innovativi, indicando due tipologie di intervento con
caratteristiche in parte analoghe (educative, ludiche, di
aggregazione sociale, ecc.) ma con una differenza sostanziale:
- i servizi di cui alla lettera a) prevedono, accanto ai bambini, la
presenza di genitori, familiari adulti che quotidianamente si
prendono cura di loro, e dunque una corresponsabilita' tra genitori
ed educatori professionalizzati presenti all'interno dei servizi
stessi;
- i servizi di cui alla lett. b) prevedono l'accoglienza di bambini
in eta' 18-36 mesi, affidati invece ad educatori professionalizzati,
che se ne assumono direttamente la responsabilita', per un tempo
giornaliero non superiore alle 5 ore e privi di servizi di mensa e di
riposo pomeridiano, in cio' differenziandosi dai nidi part-time. Tale
proposta si rivolge soprattutto ai genitori con esigenze di cura dei
figli limitate nell'arco della giornata - al mattino o al pomeriggio
- quali, ad esempio, i lavoratori part-time, quelli con orari
particolari, del settore del commercio, che possono pero' combinare
soluzioni diverse di cura dei figli, in parte ricorrendo a un
servizio e in parte al sostegno delle reti parentali.
Le due tipologie di servizi indicate dalla legge prefigurano in
sostanza quelle gia' individuate dalla Regione Emilia-Romagna nel
"Programma Infanzia" approvato nel 1997:
- il centro giochi per bambini da 0 a 3 anni o da 0 a 6 anni e per i
loro genitori (fasce di eta' piu' ampie sono state previste per
facilitare la fruizione da parte delle famiglie che hanno figli in
eta' diverse);
- lo spazio bambini (denominato spazio accoglienza e gioco nel
Programma 1997) per i bambini in eta' 18-36 mesi.
Nel confermare le scelte compiute nel 1997, e coerentemente con
quanto previsto dalla Legge 285/97, si precisano meglio di seguito le
finalita' specifiche, le caratteristiche e i criteri organizzativi
che dovranno improntare i due servizi (con la possibilita' di
organizzarli anche all'interno della stessa struttura per
ottimizzarne l'utilizzo), necessari alla predisposizione dei relativi
progetti.
A) CENTRI GIOCO
Finalita' e caratteristiche: il centro giochi garantisce occasioni di
socialita' e gioco in spazi curati e pensati rispetto ai bisogni dei
bambini e degli adulti che li accompagnano. Per i bambini vanno
progettati spazi che suggeriscano itinerari di gioco e di
esplorazione, e che facilitino l'incontro e la socializzazione tra
coetanei, mentre per gli adulti spazi che facilitino la comunicazione
e il confronto su temi legati all'essere genitore ed alla
valorizzazione dei proprio ruolo e dei propri saperi. Si tratta in
ogni caso di favorire l'accoglienza e la relazione sia nella coppia
adultolbambino che tra bambini e tra adulti.
Criteri organizzativi:
- un calendario di funzionamento minimo di 6 mesi;
- una periodicita' di apertura di almeno una volta la settimana;
- l'utilizzo di personale qualificato sul piano educativo, aggiornato
periodicamente e con la supervisione del coordinatore pedagogico;
- una progettazione del servizio per bambini e genitori attenta alle
strategie educative basate essenzialmente nella proposizione di
attivita' di gioco per i bambini, con i genitori, nell'ascolto, nella
mediazione, nella valorizzazione della relazione nel rispetto delle
differenze di ciascuno.
Per la buona riuscita del servizio la progettazione degli spazi,
dell'arredo e delle attrezzature deve disporre almeno di un ambiente
ugualmente accogliente e attrezzato per i bambini e per gli adulti
che li accompagnano, a misura degli uni e degli altri, con materiale
di gioco adeguato, nella quantita' e nella varieta', all'eta' ed al
numero dei frequentanti.
Per le caratteristiche stesse di questo servizio, relative alla
tipologia delle attivita' e alla condivisione delle responsabilita'
tra educatori e famiglie, e' prerogativa della specifica
progettazione l'individuazione dei numero di educatori e di eventuali
altre professionalita' da coinvolgere per la proposizione di un
servizio di qualita'. E' comunque necessario evitare la presenza di
gruppi di bambini e genitori troppo numerosi, al fine di garantire
un'attenzione adeguata alla coppia genitore-bambino e sufficienti
opportunita' di partecipazione alle attivita' proposte.
B) SPAZIO BAMBINI
Finalita' e caratteristiche: lo spazio bambini garantisce la
disponibilita' di un luogo di cura per i bambini, come opportunita'
di socialita' e comunicazione con i propri coetanei, in uno spazio
opportunamente attrezzato e in un ambito educativo che favorisca un
percorso di autonomia e di relazione guidato da personale
professionalizzato. Si tratta sostanzialmente di tradurre
l'esperienza educativa dei nido in un contesto flessibile e con orari
piu' ridotti.
Criteri organizzativi:
- un'accoglienza giornaliera - che non prevede l'erogazione del pasto
e del riposo pomeridiano - fino ad un massimo di 5 ore. Il servizio
puo' essere articolato in modo da consentirne un utilizzo
diversificato in risposta alle esigenze dell'utenza, mantenendo nel
contempo una continuita' nella frequenza e gruppi di bambini
strutturati. Se necessario e' possibile prevedere la frequenza di
piu' gruppi di bambini con tempi e modalita' predeterminate, sia
nella stessa giornata (mattina o pomeriggio) che nell'arco della
settimana (anche solo alcuni giorni alla settimana);
- un'iscrizione dei bambini al servizio, secondo le modalita' di
fruizione previste dal Comune, sulla base delle esigenze
socio-educative rilevate, e cio' al fine di garantire gruppi di
bambini stabili e una loro presenza continuativa nei medesimi orari;
- l'utilizzo di personale adeguato sul piano quantitativo
(orientativamente un educatore ogni 8 bambini) e qualificato sul
piano educativo, aggiornato periodicamente e con la supervisione del
coordinatore pedagogico;
- un'elaborazione del progetto educativo in modo tale da prevedere
una forte attenzione per le dimensioni dell'inserimento,
dell'accoglienza e delle proposte ludiche.
Anche per questo intervento gli spazi disponibili, nonche' il modo in
cui sono arredati e attrezzati, risultano decisivi per la qualita'
del servizio offerto. In particolare e' necessario che ogni servizio
preveda una molteplicita' di proposte che consenta lo svilupparsi da
parte dei bambini di diverse esperienze (l'esplorazione, il gioco
simbolico, il racconto delle fiabe, attivita' di movimento, attivita'
grafico-pittoriche, ecc.).
8.3 - Art. 6 "Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero"
Si assumono quali finalita' degli interventi e dei servizi per il
tempo libero quelle indicate negli artt. 3, lett. c) e 6 della legge:
A) la promozione e la valorizzazione della partecipazione dei ragazzi
a livello propositivo, decisionale e gestionale delle esperienze
aggregative costituite. La valorizzazione del diretto coinvolgimento
dei bambini e dei ragazzi deve avvenire in ogni fase di realizzazione
degli interventi (dalla definizione delle regole, alla programmazione
delle attivita', al "controllo" della vita del gruppo) per consentire
un'effettiva crescita, al fine di promuovere una partecipazione
attiva e una responsabilizzazione dei bambini e dei ragazzi nel ruolo
di attori/gestori e non di semplici fruitori;
B) la promozione di occasioni di riflessione su temi rilevanti per la
convivenza civile.
Gli obiettivi individuati ai fini dei perseguimento delle
sopraelencate finalita' sono:
a) la promozione della crescita e dello sviluppo personale dei
bambini e dei ragazzi attraverso il rafforzamento delle capacita' di
socializzazione e di inserimento nella scuola e nella societa', la
valorizzazione delle forme spontanee di aggregazione e lo sviluppo di
conoscenze sui temi della convivenza civile;
b) la prevenzione del disagio, dei rischi di emarginazione
socio-culturale e la lotta alla dispersione scolastica, garantendo
altresi': - l'educativita' degli interventi; - la continuita' delle
prestazioni sia nell'arco della settimana che durante l'anno; - la
costruzione di relazioni significative tra adulti e ragazzi e
ragazzi/ragazzi, anche attraverso una formazione adeguata degli
operatori.
Ai fini di un'efficace realizzazione di tali obiettivi e in una
logica di razionalizzazione e integrazione dei livelli di
programmazione e gestione dei servizi si ritengono indispensabili:
- la diversificazione, l'elasticita' ed un'adeguata diffusione
territoriale dell'offerta;
- l'ampliamento dell'utenza ed un'offerta rivolta contestualmente a
diverse fasce d'eta';
- la messa in rete delle diverse opportunita' presenti sul territorio
(biblioteche, ludoteche, spazi verdi, attrezzature sportive) e dei
diversi soggetti coinvolti (agenzie educative, sportive, culturali).
Gli interventi previsti, anche se attuati in tempo non scolastico, e'
opportuno prevedano interazioni con le attivita' scolastiche ed il
pieno utilizzo delle strutture scolastiche.
8.4 - Art. 7 "Azioni positive per la promozione dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza"
Si assumono quali finalita' degli interventi quelle indicate agli
artt. 3, lett. d) e 7 della legge:
A) la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per un
esercizio dei diritti civili fondamentali rispettoso di ogni
diversita', delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche,
anche attraverso la diffusione delle conoscenze di tali diritti a
tutta la cittadinanza ed in particolare nei confronti di coloro che
hanno responsabilita' nella gestione della cosa pubblica, affinche'
qualunque progetto ed intervento della comunita' locale tenga conto e
rispetti i diritti di bambini/e e ragazzi/e;
B) il miglioramento della qualita' della vita di bambini e ragazzi,
particolarmente attraverso la valorizzazione della loro autonomia e
lo sviluppo di esperienze partecipative alla vita della comunita'
locale, prevedendo inoltre interventi che facilitino l'uso del tempo
e degli spazi urbani, ampliando la fruizione dei beni e servizi
culturali e ambientali, sociali, sportivi.
Gli obiettivi individuati ai fini del perseguimento delle
sopraelencate finalita' sono:
a) creare una consapevolezza diffusa del territorio urbano come
spazio educativo, come contesto in cui Ente locale, famiglia, scuola,
soggetti produttivi, servizi culturali, ricreativi sportivi, ecc.
costituiscono occasioni ed interventi specifici, che esprimono e
rappresentano il concetto complessivo della citta' come "citta'
educativa", obiettivo da perseguire anche attraverso l'assunzione
dell'educazione come fattore strategico nel governo delle citta';
b) promuovere iniziative di progettazione partecipata, in cui bambini
e ragazzi esercitino un ruolo attivo e propositivo, per realizzare
interventi di trasformazione urbanistica, mediante un impianto
metodologico intersettoriale (settori comunali: politiche sociali,
culturali, educative, urbanistica, ambiente, lavori pubblici,
decentramento e partecipazione) ed interistituzionale (Comune,
Azienda USL, Provveditorato agli Studi) con il coinvolgimento attivo
dei soggetti del Terzo Settore. Tale obiettivo si puo' sviluppare
attraverso vari strumenti, come ad esempio l'uso dei "Contratti di
quartiere" dove gli interventi urbanistici ed edilizi siano integrati
con progetti che coinvolgano la sfera sociale e culturale attraverso
l'attivazione di strategie di partecipazione e lo sviluppo di azioni
per rendere le citta' amiche dell'infanzia. All'interno di questo
obiettivo si collocano, inoltre, varie esperienze di trasformazione
dell'ambiente urbano, quali ad esempio la moderazione della
circolazione, la pedonalizzazione di zone, strade, piazze, la
riprogettazione di parchi, giardini, cortili scolastici e di
quartiere, di percorsi protetti con la finalita' di rendere le citta'
sempre piu' accoglienti e ripensando alla loro organizzazione, in
modo da offrire possibilita' di integrazione e fruizione degli spazi
urbani e delle opportunita' sociali;
c) promuovere forme di consultazione e coinvolgimento dei ragazzi nel
processo elaborazione delle proposte, discussione ed adozione delle
politiche locali, assicurando l'effettiva possibilita' per i minori,
cittadini a tutti gli effetti, di diventare protagonisti
dell'esercizio dei propri diritti civili e politici (Consigli dei
ragazzi - sistemi di valutazione dell'impatto delle politiche
pubbliche sui bambini e sui ragazzi);
d) promuovere iniziative che favoriscano la conoscenza e il rapporto
dei bambini e dei ragazzi con l'ambiente, anche attraverso la
creazione di centri di esperienza e laboratori territoriali di
educazione ambientale.
Particolare attenzione andra' prestata:
- al ruolo dell'Ente locale come punto privilegiato di ascolto e di
conoscenza dei problemi della citta', come promotore di processi di
integrazione delle esigenze espresse dai bambini, dai ragazzi e dai
cittadini, come punto di coordinamento di strategie, risorse, azioni
per la trasformazione dell'ambiente urbano in funzione del
miglioramento della qualita' della vita;
- al modello di servizi di rete che devono sempre piu' essere
orientati alla logica dello sviluppo della comunita' e centrati sul
riconoscimento e la valorizzazione delle competenze sociali e
partecipative.Visto il favorevole parere espresso al riguardo dalla
Commissione referente "Sicurezza sociale" di questo Consiglio
regionale, giusta nota prot. n. 6707 del 19 maggio 1998;
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,
delibera:
di approvare le proposte formulate dalla Giunta regionale con
deliberazione in data 18 maggio 1998, progr. n. 721, riportate nel
presente atto deliberativo.