REGIONE EMILIA-ROMAGNA - CONSIGLIO REGIONALE

DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 26 maggio 1998, n. 915

Programma regionale per l'attuazione della Legge 28 agosto 1997, n. 285. Obiettivi, criteri di assegnazione delle risorse finanziarie e linee di indirizzo per la predisposizione dei piani territoriali di intervento (proposta della Giunta regionale in data 18 maggio 1998, n. 721)

IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA                                       
Vista la deliberazione della Giunta regionale progr. n. 721 del 18              
maggio 1998, recante in oggetto "Programma regionale per l'attuazione           
della Legge 28 agosto 1997, n. 285. Obiettivi, criteri di                       
assegnazione delle risorse finanziarie e linee di indirizzo per la              
predisposizione dei piani territoriali di intervento. Proposta al               
Consiglio regionale", e che qui di seguito si trascrive                         
integralmente:                                                                  
"LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA                                         
Premesso che con la Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la           
promozione di diritti e di opportunita' per l'infanzia e                        
l'adolescenza" si e' dato concretamente avvio, in attuazione dei                
Piano di azione nazionale approvato dal Governo, ad un processo                 
finalizzato a porre al centro dell'attenzione politico-istituzionale            
i diritti e la qualita' della vita dei soggetti in eta' 0-18 anni, in           
una logica fortemente innovativa che individua quali obiettivi                  
prioritari:                                                                     
- la realizzazione di azioni rivolte all'universo dei bambini e degli           
adolescenti, capaci di assumere contestualmente le situazioni di                
difficolta', disagio, marginalita' e rischio sociale, nelle quali si            
trovano molti bambini e le loro famiglie e tali da richiedere                   
interventi di sostegno specifici e mirati accanto ad iniziative                 
promozionali finalizzate a riconoscere i minori come soggetti di                
diritti, a favorire il loro protagonismo come gruppo sociale, ad                
offrire loro spazi ed opportunita' nella vita quotidiana, attraverso            
progetti che li vedano attivamente partecipi fin dalla fase della               
loro elaborazione;                                                              
- l'attuazione di politiche rivolte all'infanzia e all'adolescenza,             
con caratteristiche di organicita', continuita' e forte radicamento             
territoriale, attraverso un ruolo attivo degli Enti locali,                     
individuati quali titolari degli interventi, non solo in una logica             
di decentramento dei poteri, ma anche e soprattutto di governo dei              
processi locali, capace di integrare, da un lato, le diverse                    
politiche di settore in particolare sul piano sociale ed educativo e            
le diverse competenze, superando la frammentarieta' esistente e,                
dall'altro lato, l'insieme delle risorse presenti a livello                     
territoriale, pubbliche e private;                                              
- la realizzazione di interventi sistematici che prevedano una forte            
collaborazione tra istituzioni pubbliche (Comuni, Province, Aziende             
sanitarie locali, Provveditorati agli Studi, Centri per la giustizia            
minorile), da perseguire tramite strumenti formali quali gli accordi            
di programma, e tra esse e i soggetti privati (associazionismo,                 
cooperazione sociale, volontariato, enti ed organizzazioni no profit)           
sulla base di un lavoro di rete che valorizzi l'apporto e le                    
specificita' dei diversi soggetti e delle diverse competenze ed                 
esperienze;                                                                     
- l'adozione di procedure che prevedano tempi e modalita' di lavoro             
definiti e condivisi da parte delle istituzioni coinvolte, cosi' come           
indicato in sede di Conferenza Stato/Regioni e Province autonome, in            
una logica di efficienza degli interventi e al fine di evitare spreco           
di risorse;                                                                     
richiamate le finalita' generali della legge, da realizzarsi tramite            
interventi nazionali, regionali e locali, e in particolare gli artt.            
4, 5, 6 e 7 relativi agli interventi locali, da attuarsi tramite                
iniziative molteplici di seguito sinteticamente richiamate:                     
- servizi di preparazione e sostegno alla relazione genitori-figli,             
di contrasto della poverta' e della violenza, interventi alternativi            
al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, sostegno            
economico o attraverso servizi specifici a famiglie naturali o                  
affidatarie con all'interno minori disabili, attenzione alla                    
condizione dei minori stranieri;                                                
- innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la               
prima infanzia;                                                                 
- realizzazione di servizi educativi e ricreativi per il tempo                  
libero;                                                                         
- azioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e                          
dell'adolescenza, per migliorare la qualita' della loro vita nelle              
citta' e per valorizzare le differenze di genere, culturali ed                  
etniche;                                                                        
rilevato che per il conseguimento degli obiettivi indicati dalla                
legge si e' provveduto (art. 1) ad istituire un Fondo nazionale per             
l'infanzia e l'adolescenza, da ripartirsi annualmente tra le Regioni            
e le Province autonome per il 70%, destinando il rimanente 30% a                
Comuni "riservatari", indicati nelle tabelle allegate al DPCM 2                 
dicembre 1997, tra i quali il Comune di Bologna;                                
visto in particolare l'art. 2 che assegna alle Regioni, nell'ambito             
della programmazione regionale, i compiti di:                                   
a) definire ogni tre anni gli ambiti territoriali, corrispondenti a             
Comuni, Comuni associati, Province e Comunita' Montane, all'interno             
dei quali elaborare e attuare piani territoriali di intervento;                 
b) procedere annualmente, sulla base di propri criteri, al riparto              
delle risorse finanziarie assegnate dalla legge alle Regioni, in                
corrispondenza dei diversi ambiti territoriali, eventualmente                   
integrandole con propri finanziamenti, in modo da consentire agli               
Enti locali di formulare piani di intervento sulla base di risorse              
definite, a garanzia della loro totale copertura sul piano economico;           
c) definire i criteri programmatici per la predisposizione dei piani            
territoriali e quindi dei progetti in essi contenuti;                           
d) procedere all'approvazione degli stessi piani e conseguentemente             
all'erogazione delle risorse finanziarie a favore degli Enti locali;            
vista la Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle Autonomie               
locali" e successive modificazioni;                                             
visto il DPCM 2 dicembre 1997, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale              
del 3 febbraio 1998, con il quale si e' provveduto alla ripartizione            
del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza tra le Regioni e             
le Province autonome di Trento e Bolzano, nonche' tra i Comuni                  
"riservatari", che assegna rispettivamente alla Regione                         
Emilia-Romagna e al Comune di Bologna le quote indicate nell'allegata           
tabella A), parte integrante e sostanziale della presente                       
deliberazione, in corrispondenza degli anni 1997, 1998 e 1999;                  
visto l'Accordo Stato/Regioni e Province autonome stipulato in data             
11 dicembre 1997 per l'attuazione della Legge 285/97 e dato atto che            
gli Enti locali dovranno presentare alla Regione i propri piani                 
territoriali di intervento entro il mese di agosto 1998 e che tali              
piani dovranno essere esaminati e approvati entro i sessanta giorni             
successivi;                                                                     
visto il Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per                
l'anno 1998 e in particolare, per quanto riguarda lo stato di                   
previsione delle entrate il Cap. 03066 "Assegnazione dello Stato sul            
fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (Legge 28 agosto 1997,           
n. 285)" (CNI) e, per quanto riguarda lo stato di previsione delle              
spese, il Cap. 58422 "Interventi per la realizzazione dei piani di              
intervento territoriali e per la realizzazione di programmi                     
interregionali di scambio e di formazione in materia di servizi per             
l'infanzia (Legge 285/97). Mezzi statali" (CNI) relativamente                   
all'annualita' di competenza del 1997 assegnata in chiusura                     
dell'esercizio stesso;dato atto che i progetti e gli interventi di              
cui all'art. 4 e all'art. 5 della Legge 285/97 perseguono                       
rispettivamente le stesse finalita' dei progetti e degli interventi             
indicati all'art. 41, lett. c) della L.R. 2/85, per quanto riguarda             
la tutela sociale della maternita', infanzia ed eta' evolutiva, e di            
quelli indicati all'art. 10 della L.R. 27/89, per quanto riguarda la            
sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;               
ritenuto opportuno di conseguenza, allo scopo di consentire una                 
programmazione unitaria ed efficace degli interventi, che all'interno           
del programma allegato, e quindi degli indirizzi e delle procedure in           
esso indicati, in quanto compatibili con le norme regionali                     
sopracitate, vengano ricompresi anche i progetti di cui sopra e le              
risorse regionali previste per la loro attuazione all'interno della             
spesa del Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per               
l'anno 1998, fatta salva la loro specifica finalizzazione;                      
ritenuto altresi di quantificare come segue le risorse regionali da             
destinare agli interventi sopradescritti, che andranno in questo modo           
ad integrare i fondi statali:                                                   
- Lire 1.000.000.000, per gli interventi di cui all'art. 4 della                
Legge 285/97, quale quota parte dello stanziamento di cui al Cap.               
57150 "Fondo socio-assistenziale regionale. Assegnazioni correnti ai            
Comuni singoli o associati per il finanziamento di progetti di                  
intervento, anche sperimentali, a norma dell'art. 41, comma 1, lett.            
c), della L.R. 20 gennaio 1985,  n.2";                                          
- Lire 1.000.000.000, per gli interventi di cui all'art. 5 della                
medesima Legge 285/97, quale quota parte dello stanziamento di cui al           
Cap. 58430 "Fondo regionale per i servizi socio-educativi per                   
l'infanzia. Contributi nelle spese di gestione. Mezzi propri della              
Regione (L.R. 21 giugno 1978, n. 17 e art. 10, commi 2 e 3, L.R. 14             
agosto 1989, n. 27)";                                                           
rilevato che per l'applicazione della Legge 285/97 l'Assessorato alle           
Politiche sociali e familiari, Scuola, Qualita' urbana, al fine di              
consentire un'ampia informazione sui contenuti della legge e per                
garantirne un'attuazione efficiente e condivisa con gli Enti locali,            
ha svolto nei mesi di gennaio-febbraio 1998 un'ampia consultazione              
attraverso l'organizzazione di conferenze provinciali dei Servizi, in           
collaborazione con le Amministrazioni provinciali (Assessorati alle             
Politiche sociali e Assessorati alla Pubblica istruzione), alle quali           
sono stati invitati i rappresentanti dei Comuni, delle Comunita'                
Montane, delle Aziende sanitarie, dei Provveditorati agli Studi, del            
Centro per la giustizia minorile, nonche' delle organizzazioni'                 
dell'associazionismo, del volontariato, della cooperazione sociale e            
degli enti no profit e che piu' recentemente si e' promosso anche un            
confronto con le organizzazioni sindacali confederali                           
dell'Emilia-Romagna;                                                            
rilevato altresi' che, su indicazione dell'Assessorato regionale di             
cui sopra, presso ogni Amministrazione provinciale si sono                      
recentemente costituiti gruppi provinciali di lavoro rappresentativi            
delle diverse istanze e competenze, in modo da consentire fin dai               
mesi scorsi la promozione di un confronto ampio, l'individuazione di            
obiettivi comuni, di progetti integrati e l'adozione di una                     
metodologia di lavoro condivisa;                                                
vista la Legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di                 
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti                
amministrativi";                                                                
vista la deliberazione n. 2541 del 4 luglio 1995, esecutiva ai sensi            
di legge, con la quale sono state fissate le direttive per                      
l'esercizio delle funzioni dirigenziali;                                        
dato atto del parere favorevole espresso dal Direttore generale alla            
Formazione professionale e Lavoro, dott. Roberto Balduini e dalla               
Responsabile del Servizio Politiche familiari, infanzia, adolescenza            
e sviluppo del sistema scolastico, dott.ssa Patrizia Orsola Ghedini             
in merito rispettivamente alla legittimita' e alla regolarita'                  
tecnica della presente deliberazione, ai sensi dell'art. 4, sesto               
comma, della L.R. 19 novembre 1992, n. 41, nonche' della                        
deliberazione della Giunta regionale 2541/95 sopracitata;                       
dato, altresi', atto del parere favorevole di regolarita' contabile             
espresso in termini di compatibilita' finanziaria del presente                  
programma dal Responsabile del Servizio Ragioneria e Credito dott.              
Gianni Mantovani ai sensi del predetto articolo di legge e della                
succitata deliberazione;                                                        
su proposta dell'Assessore competente per materia;                              
a voti unanimi e palesi, delibera:                                              
a) di proporre al Consiglio regionale l'approvazione del Programma              
triennale per l'attuazione della Legge 28 agosto 1997, n. 285                   
"Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunita' per                
l'infanzia e l'adolescenza", allegato alla presente deliberazione e             
comprensivo delle Tabelle A), B), C), D), E), e della quale                     
costituisce parte integrante e sostanziale, contenente gli obiettivi,           
la definizione degli ambiti territoriali e la relativa ripartizione             
delle risorse finanziarie per ciascun ambito, le linee di indirizzo             
per l'elaborazione dei piani territoriali di intervento, nonche' le             
procedure per la concessione dei finanziamenti a favore degli Enti              
locali;                                                                         
b) di dare atto che le risorse finanziarie rivenienti dal Fondo                 
nazionale - annualita' 1997 - risultano iscritte come specificato in            
premessa al Capitolo 58422 "Interventi per la realizzazione dei piani           
di intervento territoriali e per la realizzazione di programmi                  
interregionali di scambio e di formazione in materia di servizi per             
l'infanzia (Legge 285/97). Mezzi statali" (CNI) del Bilancio                    
regionale di previsione 1998;                                                   
c) di destinare, sulla base di quanto esposto in premessa, le                   
seguenti somme all'attuazione dei progetti e degli interventi                   
sottoindicati, quali risorse regionali integrative annualita' 1998:             
- Lire 1.000.000.000, quale quota parte del Fondo socio-assistenziale           
regionale di cui al Cap. 57150 "Fondo socio-assistenziale regionale -           
assegnazioni correnti ai Comuni singoli o associati per il                      
finanziamento di progetti di intervento, anche sperimentali, a norma            
dell'articolo 41, comma 1, lettera c), della L.R. 20 gennaio 1985, n.           
2", per i progetti e gli interventi indicati all'art. 4 della Legge             
285/97,                                                                         
- Lire 1.000.000.000, quale quota parte del Fondo regionale per i               
servizi socio-educativi per l'infanzia di cui al Cap. 58430 "Fondo              
regionale per i servizi socio-educativi per l'infanzia. Contributi              
nelle spese di gestione. Mezzi propri della Regione (L.R. 21 giugno             
1978, n. 17 e art. 10, commi 2 e 3, L.R. 14 agosto 1989, n. 27)" per            
i progetti e gli interventi di cui all'art. 5 della stessa Legge                
285/97,                                                                         
entrambe allocate sul Bilancio di previsione della Regione                      
Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 1998;                                
d) di dare atto che la quota integrativa regionale per l'annualita'             
1999 verra' quantificata in sede di approvazione della legge di                 
bilancio regionale e ripartita per ambito territoriale con apposito             
atto di Giunta;                                                                 
e) di dare atto che il presente provvedimento non comporta impegni di           
spesa e che all'assegnazione e concessione dei finanziamenti a favore           
degli Enti locali interessati provvedera' la Giunta regionale con               
propri atti successivi, sulla base degli indirizzi e dei criteri                
contenuti nel Programma di cui alla precedente lett. a) e ad avvenuta           
iscrizione nel Bilancio regionale dei mezzi statali riferiti alle               
annualita' 1998 e 1999, nonche' delle risorse integrative regionali             
per l'annualita' 1999;                                                          
f) di pubblicare il presente provvedimento, comprensivo di tutti gli            
allegati, nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna,                
garantendone la piu' ampia diffusione.                                          
PROGRAMMA TRIENNALE PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 285 DEL 28 AGOSTO           
1997 "DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI OPPORTUNITA' PER           
L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA"                                                     
Obiettivi, definizione degli ambiti territoriali e relativa                     
ripartizione delle risorse finanziarie, linee di indirizzo per                  
l'elaborazione dei piani territoriali di intervento e procedure per             
l'erogazione dei finanziamenti a favore degli Enti locali                       
1. Premessa                                                                     
Nell'assumere la filosofia innovativa sottesa alla Legge 285/97,                
sinteticamente richiamata nelle premesse contenute nell'atto                    
deliberativo allegato, si ritiene opportuno sottolineare in questa              
sede alcuni aspetti relativi alla situazione regionale, emersi del              
resto anche nel corso delle Conferenze provinciali dei Servizi e                
delle varie iniziative promozionali e di consultazione promosse                 
dall'Assessorato alle Politiche sociali, familiari, Scuola e Qualita'           
urbana, per una corretta applicazione delle nuove norme, cogliendone            
appieno le potenzialita'.                                                       
La tradizionale sensibilita' espressa dalla Regione e dagli Enti                
locali dell'Emilia-Romagna nei confronti dell'infanzia ha consentito            
di sviluppare un patrimonio di servizi e di esperienze di notevole              
valore, connotato tuttavia anche nella nostra realta', cosi' come in            
altre realta' avanzate del Paese, da elementi non sempre positivi,              
sui quali si ritiene importante richiamare l'attenzione.                        
Alcuni di questi elementi in particolare vanno sottolineati:                    
- una frammentazione delle competenze tra le diverse Amministrazioni            
(Comuni, Province, AUSL, scuola) e all'interno delle stesse                     
Amministrazioni, conseguente ad un'organizzazione tradizionalmente              
basata su norme e politiche di settore (educative,                              
socio-assistenziali, sanitarie, legate a bisogni di categorie                   
specifiche di cittadini o in risposta a particolari esigenze), che ha           
prodotto una visione parziale delle problematiche e degli interventi            
rivolti ai bambini e agli adolescenti, non consentendo di concepirli            
in modo unitario come gruppo sociale e come soggetti di diritti;                
- il permanere, conseguentemente, in numerose realta' territoriali,             
di squilibri e discontinuita' sia orizzontali, tra interventi rivolti           
a bambini e ragazzi appartenenti alla stessa fascia di eta', sia                
verticali, in rapporto ad eta' diverse;                                         
- una conoscenza relativa degli stessi interventi realizzati e una              
comunicazione non sempre sistematica tra esperienze maturate in                 
ambiti analoghi da soggetti diversi o, viceversa, da soggetti                   
omogenei in realta' e ambiti diversi, tali da limitare talvolta anche           
gli sforzi di innovazione progettuale per la difficolta' di                     
ottimizzare quanto gia' esiste.                                                 
In questo senso la Legge 285/97, per le caratteristiche che la                  
connotano e le risorse finanziarie che rende disponibili, costituisce           
un'occasione preziosa, non solo per arricchire il patrimonio                    
esistente attraverso lo sviluppo di nuovi servizi e nuovi interventi,           
in particolare laddove se ne rilevi la carenza, ma soprattutto - in             
una realta' come quella dell'Emilia-Romagna - per qualificare, dare             
continuita' e consentire un forte radicamento territoriale delle                
politiche rivolte a tutti i bambini e gli adolescenti, configurandole           
come sistema, in una logica di forte integrazione - e quindi di                 
innovazione programmatica e progettuale - tra competenze e soggetti             
diversi, pubblici e privati.                                                    
2. Obiettivi                                                                    
Nell'ambito degli obiettivi definiti dalla legge, indicati piu' in              
generale nell'art. 3 e in modo piu' dettagliato nei successivi artt.            
4, 5, 6 e 7, la Regione non intende porre particolari vincoli alle              
Amministrazioni locali per quanto attiene l'elaborazione dei piani              
territoriali di intervento, con la consapevolezza che                           
l'individuazione delle aree prioritarie di intervento non puo' che              
nascere da una conoscenza dei bisogni sociali espressi all'interno              
delle diverse comunita' locali e da un'analisi delle risposte messe             
in atto, per evidenziare limiti e carenze, ma anche punti di                    
eccellenza dai quali trarre i necessari suggerimenti. Gli obiettivi             
regionali si configurano pertanto come indicazioni programmatiche               
generali alle quali il sistema delle Autonomie locali dovra'                    
attenersi nella predisposizione dei piani territoriali, perseguendo             
in particolare le seguenti finalita':                                           
- la promozione di un equilibrio sia a livello territoriale,                    
all'interno degli ambiti provinciali, in termini di servizi e                   
opportunita' offerti ai bambini, agli adolescenti e alle loro                   
famiglie nelle diverse aree, sia tra interventi rivolti alle diverse            
fasce di eta';                                                                  
- l'attuazione di iniziative e interventi in una logica di                      
prevenzione che, a partire da una conoscenza dei fenomeni sociali che           
connotano le diverse realta' locali e dalle analisi interpretative              
elaborate dai vari soggetti, istituzionali e non, consenta l'adozione           
di strategie comuni e di politiche e di azioni concordate;                      
- la promozione di attivita' e interventi capaci di valorizzare e               
sviluppare le forme di aggregazioni spontanee e i processi di                   
socializzazione dei minori, riconoscendoli come soggetti di diritti             
ma anche portatori di proprie istanze, competenze ed esperienze,                
nella vita politico-istituzionale e sociale, favorendone la                     
partecipazione attiva alla progettazione e all'attuazione delle                 
iniziative che li riguardano;                                                   
- la realizzazione di iniziative volte a sostenere le competenze                
genitoriali nella crescita dei figli, a promuovere una cultura della            
condivisione delle esperienze tra le famiglie, anche attraverso                 
l'attivazione di forme di aggregazione sociale, in una logica di                
valorizzazione delle loro potenzialita' e in quanto risorsa                     
all'interno della comunita', nonche' iniziative finalizzate a                   
promuovere la corresponsabilita' dei genitori (madri e padri)                   
nell'educazione e nella cura dei bambini;                                       
- la promozione di una cultura dell'accogiienza da parte della                  
comunita' locale come capacita' di accogliere i bambini e le loro               
famiglie in situazioni di difficolta' con l'attenzione complessiva ai           
bisogni di ospitalita', di affettivita', di protezione, di stabilita'           
di riferimenti che le contraddistinguono, tramite l'offerta sia di              
opportunita' strutturate (quali le comunita' residenziali e                     
semiresidenziali) fortemente correlate ai servizi territoriali, sia             
di opportunita' di appoggio e sostegno fondate sul principio della              
reciprocita' dell'aiuto e della potenzialita' solidale della                    
comunita' (reti familiari di supporto, affidamenti a tempo parziale,            
valorizzazione delle reti di sostegno omo-etniche, sostegno agli                
impegni di educazione e cura);                                                  
- la realizzazione e la qualificazione di servizi ed interventi in              
grado di far fronte a situazioni di emergenza, derivanti sia da                 
condizioni potenzialmente patogene che da fenomeni occasionali e non            
prevedibili di gravi difficolta' (maltrattamenti, bambini immigrati             
clandestini, sfruttamento del lavoro minorile, prostituzione                    
minorile, emergenze improvvise di tipo economico e relazionale                  
all'interno dei nuclei familiari), prevedendo una molteplicita' di              
soluzioni in grado di garantire risposte tempestive, differenziate e            
flessibili (strutture di pronto intervento, rete protetta di                    
famiglie, luoghi di accoglienza messi a disposizione di                         
organizzazioni di volontariato), che consentano di fornire aiuto e              
contenimento del disagio, garantendo contemporaneamente la messa in             
atto di azioni orientate all'acquisizione di autonomia e                        
autosufficienza da parte dei soggetti interessati;                              
- una particolare attenzione a servizi ed interventi che privilegino            
il sostegno ai soggetti piu' deboli (famiglie e minori in condizioni            
di disagio economico e relazionale, a rischio di emarginazione                  
sociale) che garantiscano forme di aiuto differenziate, di contrasto            
della poverta', della violenza e dell'esclusione sociale, finalizzate           
all'emancipazione dal bisogno, con l'obiettivo di creare per essi               
condizioni di pari opportunita', affinche' possano elaborare                    
autonomamente i propri percorsi di vita.                                        
Nell'elaborazione dei piani territoriali occorrera' inoltre:                    
- garantire interventi che prevedano azioni su ciascuno degli                   
articoli di legge corrispondenti ai diversi ambiti progettuali (artt.           
4, 5, 6 e 7), ferma restando la scelta da parte delle Autonomie                 
locali sul peso da attribuire a ciascuno di essi e sulla loro                   
articolazione;                                                                  
- evitare nella predisposizione dei progetti che confluiranno nei               
piani territoriali una frammentazione delle iniziative e delle                  
risorse, concependo gli stessi piani territoriali non come                      
"sommatoria" di progetti di singoli Enti ed organizzazioni, quanto              
invece come sistema di azioni concertate, risultato di                          
un'elaborazione e di un processo condivisi.                                     
3. I soggetti                                                                   
L'art. 2, Legge 285/97 indica i Comuni, i Comuni associati, le                  
Province e le Comunita' Montane quali soggetti titolari della                   
progettazione degli interventi che - come sopraindicato - agiscono su           
obiettivi condivisi e attraverso azioni concertate con gli altri                
attori pubblici e privati previsti dalla normativa, quali Aziende               
sanitarie locali, Provveditorati agli Studi, Centri per la giustizia            
minorile, organizzazioni non lucrative di utilita' sociale quali                
privato sociale, cooperative sociali e volontariato.                            
4. Gli ambiti territoriali di intervento                                        
L'articolo 2 della legge affida alle Regioni il compito di                      
individuare gli ambiti territoriali di riferimento per la                       
predisposizione dei relativi piani. Tra le varie possibilita' che la            
legge elenca, imponendo comunque il livello sovracomunale, questa               
Amministrazione ritiene di individuare nella Provincia la dimensione            
ottimale, sia per le generali competenze di programmazione e                    
coordinamento ad essa assegnate dalla Legge 8 giugno 1990, n. 142               
(art. 15), sia perche' tale ambito garantisce un livello                        
sufficientemente ampio da impedire una eccessiva frammentazione degli           
interventi.                                                                     
L'ambito territoriale di intervento delimita lo spazio entro il quale           
gli Enti locali dovranno procedere alla individuazione dei bisogni e            
delle priorita' della loro azione, ed alla realizzazione concordata             
dei relativi interventi, tramite accordi di programma.                          
5. Le risorse finanziarie                                                       
5.1 La ripartizione delle risorse relative al Fondo nazionale per               
ambito territoriale                                                             
Le quote destinate alla Regione Emilia-Romagna a seguito della                  
suddivisione dei Fondo nazionale per il triennio 1997-1999 (cfr.                
Tabella A) sono le seguenti:                                                    
- Lire  3.919.466.344 - assegnazione relativa all'anno 1997;                    
- Lire 10.451.910.251 - previsione per l'anno 1998;                             
- Lire 10.451.910.251 - previsione per l'anno 1999.                             
Ai sensi dell'art. 2, comma 2, la Regione trattiene il 5% del                   
suddetto budget per la realizzazione di programmi interregionali di             
scambio e di promozione attualmente all'esame del Gruppo tecnico                
interregionale nominato dal Coordinamento delle Regioni.                        
Escluso il Comune di Bologna, destinatario di una quota autonoma del            
Fondo nazionale (art. 1, comma 2), il totale delle risorse                      
complessivamente previste a livello regionale per il triennio                   
1997-1999, da ripartirsi tra i diversi ambiti territoriali, risulta             
essere pari a Lire 23.582.122.505 (cfr. la stessa Tabella A).                   
Nell'adozione dei criteri e di ripartizione delle stesse risorse per            
ambiti territoriali, si e' tenuto conto di una sostanziale                      
omogeneita' tra le diverse aree dal punto di vista sociale, economico           
e culturale, tale da non suggerire l'assunzione di particolari                  
indicatori, in quanto scarsamente influenti nella determinazione dei            
budget provinciali, a differenza di quanto avvenuto per il Fondo                
nazionale, in considerazione di forti squilibri esistenti tra le                
Regioni.                                                                        
I criteri di ripartizione delle risorse sono pertanto i seguenti:               
- la popolazione in eta' 0-17 anni residente nel territorio                     
provinciale (escluso quello del Comune di Bologna);                             
- un incremento a favore delle aree montane, destinando ad esse una             
quota del 5% del Fondo nazionale assegnato alla Regione                         
Emilia-Romagna, attribuita ad esse sulla base della popolazione in              
eta' 0-17 anni residente nelle medesime aree, in considerazione delle           
maggiori difficolta' che si riscontrano nelle aree montane nella                
realizzazione e consolidamento degli interventi e per incentivare               
iniziative che valorizzino la presenza di famiglie, bambini e                   
adolescenti in tali zone.                                                       
Si rimanda all'allegata Tabella B) per la ripartizione dettagliata              
delle risorse finanziarie e delle quote attribuite ad ogni ambito               
territoriale, con riferimento all'assegnazione statale relativa                 
all'anno 1997 ed introitata nel 1998.                                           
5.2 Le risorse regionali ad integrazione del Fondo nazionale                    
Al fine di operare una razionalizzazione delle risorse, degli                   
interventi e delle procedure, le assegnazioni statali di cui alla               
Legge 285/97 saranno opportunamente integrate con le seguenti risorse           
regionali (cfr. Tabelle C ed E):                                                
a) quota parte del Fondo regionale di cui alla L.R. 2/85, art. 41,              
(lett. c) riservato annualmente ai minori in difficolta' e pari a               
Lire 1.000.000.000 per l'anno 1998 (Cap. 57150);                                
b) quota parte degli stanziamenti previsti all'interno del "Programma           
degli interventi relativi ai servizi socio-educativi rivolti ai                 
bambini in eta' 0-6 anni", limitatamente all'avvio di servizi                   
integrativi agli asili nido, anch'esso pari a Lire 1.000.000.000 per            
l'anno 1998 (Cap. 58430).                                                       
Resta inteso che i fondi di cui alle precedenti lettere a) e b) sono            
vincolati rispettivamente alla realizzazione dei progetti e degli               
interventi previsti dall'art. 4 e dall'art. 5 della Legge 285/97,               
mantenendo quindi la loro finalizzazione originaria.                            
Dal riparto di tali risorse e' escluso il Comune di Bologna in                  
quanto, come detto al precedente punto 5.1, destinatario di una quota           
autonoma del Fondo nazionale pari a complessive Lire 4.803.564.945              
per il triennio 1997/99.                                                        
Si sottolinea inoltre che per tutti gli altri interventi e                      
finanziamenti regionali compresi nel "Programma Infanzia", siano essi           
relativi alla spesa corrente (contributi per la gestione degli asili            
nido e dei servizi integrativi, per i progetti di qualificazione 0-6            
anni, per il sostegno a figure di coordinamento pedagogico, per la              
realizzazione del sistema integrato di scuole dell'infanzia pubbliche           
e private), o alla spesa di investimento (contributi per la                     
costruzione e la ristrutturazione di asili nido e servizi                       
integrativi), occorrera' fare riferimento al programma specifico che            
verra' sottoposto in tempi brevi all'esame del Consiglio regionale.             
5.3 La corresponsabilita' finanziaria degli Enti locali                         
Al fine di promuovere una corresponsabilita' da parte degli Enti                
locali - politica prima ancora che finanziaria - si ritiene                     
importante stabilire una quota minima a carico del sistema delle                
Autonomie locali, attraverso risorse proprie o di altri soggetti                
pubblici o privati, stabilita in una percentuale pari al 20% della              
spesa totale prevista per l'attuazione dei singoli progetti esecutivi           
(cfr. anche successivo punto 6.2 e Tabella C).                                  
6. Piani territoriali, accordi di programma e progetti esecutivi                
L'art. 2 della legge statale prevede che gli Enti locali ricompresi             
nell'ambito territoriale individuato dalla Regione approvino,                   
mediante accordi di programma con i soggetti pubblici di cui al comma           
2, i piani territoriali di intervento triennali, articolati in                  
progetti immediatamente esecutivi, nonche' il relativo piano                    
economico e la prevista copertura finanziaria.                                  
6.1 Piani territoriali di intervento e accordi di programma                     
I piani territoriali di intervento provinciali costituiscono il                 
livello intermedio della programmazione, situandosi tra la                      
programmazione regionale, di cui al presente atto, e quella locale,             
rappresentata dai singoli progetti esecutivi (e delle azioni in essi            
contenute).                                                                     
Per l'approvazione del piano da parte degli enti la legge impone il             
ricorso all'istituto dell'accordo di programma, come definito                   
all'articolo 27 della Legge 142/90, cui devono partecipare, oltre               
agli Enti locali, gli altri Enti pubblici interessati, tra i quali, a           
titolo esemplificativo, come gia' indicato al punto 3, i                        
Provveditorati agli Studi, le Aziende sanitarie locali e il Centro              
per la giustizia minorile.                                                      
Per quanto riguarda la procedura degli accordi di programma, si                 
rinvia alla normativa sugli Enti locali, in particolare al comma 3              
del citato art. 27, relativo all'indizione della Conferenza.                    
Da parte degli Enti locali deve altresi' essere assicurata l'attiva             
partecipazione delle organizzazioni non lucrative alla definizione              
dei piani territoriali di intervento, valorizzando l'apporto di                 
competenze di tali soggetti, non solo nella realizzazione, ma anche             
nella progettazione delle iniziative. Le collaborazioni per                     
l'attuazione dei progetti tra gli Enti pubblici partecipanti agli               
accordi di programma e i soggetti privati in essi coinvolti saranno             
stipulate attraverso apposite convenzioni, delle quali sara' dato               
atto in ciascun accordo.                                                        
Si ricorda che ai sensi dell'art. 11, comma 5, della L.R. 4 febbraio            
1994, n. 7 "Norme per la promozione e sviluppo della cooperazione               
sociale. Attuazione della Legge 8 novembre 1991, n. 381", come                  
modificata dalla L.R. 18 marzo 1997, n. 6, ai soggetti fornitori di             
servizi socio-assistenziali ed educativi si applica l'art. 10 della             
stessa legge, per quanto riguarda la partecipazione alle gare e la              
scelta del contraente.In base a tale norma, con successiva direttiva,           
approvata con delibera della Giunta regionale 22 ottobre 1997, n.               
1851 (Bollettino Ufficiale della Regione n. 112 del 19 novembre 1997)           
sono state fissate le modalita' di scelta del contraente e di                   
valutazione dell'offerta per l'affidamento in gestione dei servizi              
socio-educativi anche realizzati da soggetti diversi dalle                      
cooperative sociali.                                                            
I piani provinciali a durata triennale verranno approvati, per la               
parte relativa ai progetti immediatamente attuabili previsti per il             
primo anno di finanziamento, con la possibilita' di presentare                  
modifiche ed integrazioni negli anni successivi, a seguito della                
verifica dell'attivazione dei progetti medesimi.                                
Nei piani provinciali dovra' altresi' essere dato atto della                    
destinazione delle risorse regionali:                                           
a) per gli interventi previsti dall'art. 4 della Legge 285/97 per               
quanto concerne le risorse relative al finanziamento di progetti e              
interventi ex art. 41, lett. c) della L.R. 2/85;                                
b) per gli interventi previsti dall'art. 5 della Legge 285/97 per               
quanto concerne le risorse relative al finanziamento di progetti ed             
interventi ex art. 10, L.R. 27/89.                                              
Una volta perfezionati, i piani territoriali di intervento dovranno             
essere trasmessi alla Regione - Servizio Politiche familiari,                   
infanzia, adolescenza e sviluppo del sistema scolastico - per                   
l'adozione, da parte della Giunta, della successiva delibera di                 
approvazione e di erogazione dei finanziamenti.                                 
6.2 Progetti esecutivi                                                          
I piani territoriali di intervento saranno composti di progetti                 
esecutivi, cosi' denominati dalla legge statale, al fine di                     
garantirne l'immediata attuazione. Per evitare la parcellizzazione              
degli interventi, si stabilisce che il livello di riferimento                   
territoriale per attivare i progetti esecutivi possa essere                     
rappresentato: dalla Provincia; dal Distretto sanitario; dalla                  
Comunita' Montana; dalla Associazione di Comuni, a condizione, in               
quest'ultimo caso, che il bacino territoriale di riferimento                    
comprenda una popolazione non inferiore a 30.000 abitanti; per i                
Comuni capoluogo di provincia e per quelli con popolazione superiore            
ai 50.000 abitanti il limite minimo e' elevato a 50.000 abitanti.               
Come gia' detto al precedente punto 2, i progetti esecutivi dovranno            
garantire interventi che prevedano azioni su ciascuno degli articoli            
di legge corrispondenti ai diversi ambiti progettuali (artt. 4, 5, 6            
e 7), ferma restando la liberta' di scelta circa il peso da                     
attribuire ad ogni singola azione.                                              
I progetti potranno essere annuali, biennali o triennali.                       
In ciascun progetto esecutivo dovranno essere indicate le risorse               
aggiuntive messe a disposizione dagli Enti locali, che non potranno             
essere inferiori al 20% della spesa totale.                                     
6.3 Spese ammissibili                                                           
Agli effetti della ripartizione della quota regionale del Fondo                 
nazionale sono considerate ammissibili le spese per interventi                  
relativi ad attivita' migliorative o aggiuntive rispetto a quelle               
ordinarie. Non sono pertanto ammissibili le spese imputabili                    
all'ordinaria attivita' istituzionale prevista dalle leggi vigenti,             
nonche' le voci poste a carico del Fondo sanitario. Non sono infine             
ammissibili le voci di spesa per la costruzione, la ristrutturazione            
e l'acquisto di immobili.                                                       
In particolare sono considerate ammissibili le seguenti voci di                 
spesa:                                                                          
a) spese generali di progettazione, avvio e promozione delle                    
iniziative fino ad un massimo del 10% del costo totale del progetto;            
b) spese generali di documentazione, laddove esse assumano                      
particolare rilievo rispetto alla costruzione e alla qualita' del               
progetto, fino ad un massimo del 10% del costo totale dello stesso;             
c) personale aggiuntivo espressamente acquisito per la realizzazione            
dei progetti;                                                                   
d) arredi, attrezzature e materiali per l'avvio di nuovi servizi;               
e) affitto nuovi locali, utenze relative e materiale di consumo in              
generale, fino a un massimo del 30% del costo totale del progetto;              
f) spese di trasporto e di residenzialita', se previste dalla                   
specificita' del progetto;                                                      
g) spese per la formazione degli operatori;                                     
h) forme di sostegno economico diretto a favore di minori e famiglie            
con minori in condizioni di particolare difficolta', nel quadro degli           
obiettivi indicati dal presente programma, e in particolare nel                 
quadro degli indirizzi di cui al successivo punto 8.1;                          
i) attivazione di borse-lavoro a favore di adolescenti coinvolti                
nelle iniziative previste dalla Legge 285/97.                                   
6.4 Erogazione dei finanziamenti                                                
I finanziamenti regionali saranno erogati al Comune indicato come               
capofila dei singoli progetti esecutivi ricompresi nei piani                    
territoriali provinciali.                                                       
6.5 Ruolo della Provincia                                                       
Costituisce al tempo stesso causa e conseguenza della scelta                    
dell'ambito provinciale, come circoscrizione di operativita' dei                
piani, la convinzione da parte di questa Amministrazione del ruolo              
centrale della Provincia, come Ente intermedio di promozione e                  
coordinamento delle attivita' locali, specialmente nel settore                  
socio-educativo. In questa ottica, e in conformita' con lo spirito              
della normativa vigente in materia di autonomie locali, la Provincia            
e' chiamata:                                                                    
- a promuovere e assicurare, in collaborazione con tutti i soggetti             
interessati, la raccolta delle informazioni e dei dati relativi ai              
servizi e alle attivita' a favore di minori presenti sul territorio e           
la rilevazione di quanto necessario alla attuazione della Legge                 
285/97;                                                                         
- ad assicurare il necessario coordinamento delle iniziative adottate           
sul proprio territorio, in raccordo con il competente Assessorato               
regionale, anche tramite l'individuazione di un referente                       
provinciale, preferibilmente il/la coordinatore/trice del gruppo di             
lavoro provinciale;                                                             
- a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze di                         
programmazione, l'accordo di programma sul proprio territorio e                 
coordinarne le procedure;                                                       
- a predisporre, in collaborazione con gli Enti interessati, il piano           
territoriale di intervento provinciale a carattere triennale da                 
sottoporre agli enti aderenti all'accordo di programma;                         
- a verificare l'attuazione dei progetti e degli interventi previsti            
dal piano, attraverso un'azione di monitoraggio.                                
7. Procedure e tempi di attuazione                                              
Al solo scopo di sintetizzare le procedure, certamente complesse,               
derivanti dalla normativa statale, si descrive di seguito                       
l'iter-tipo, utile alla definizione complessiva del procedimento:               
- la Regione: fissa gli obiettivi, i criteri di assegnazione delle              
risorse finanziarie e le linee di indirizzo dei piani territoriali di           
intervento;                                                                     
- la Provincia: il Presidente convoca la conferenza di cui al comma 3           
dell'art. 27, Legge 142/90;                                                     
- gli Enti locali: stipulano tra loro e con gli altri soggetti                  
pubblici richiamati all'art. 2 della Legge 285/97 accordi di                    
programma per l'adozione dei piani territoriali di intervento                   
(composti dai progetti esecutivi, comprendenti le singole azioni),              
approvando quindi le convenzioni con i soggetti privati;                        
- La Provincia: invia alla Regione il piano territoriale di                     
intervento adottato con l'accordo di programma;                                 
- La Regione: approva e finanzia i piani territoriali entro 60 giorni           
dalla ricezione degli stessi;                                                   
- La Provincia: avvia la fase di monitoraggio sull'attuazione dei               
piani territoriali di intervento.                                               
I tempi per la presentazione dei piani territoriali di intervento               
verranno indicati in apposita circolare.                                        
8. Linee di indirizzo per l'elaborazione dei piani territoriali di              
intervento e dei progetti esecutivi                                             
Tenendo conto delle caratteristiche specifiche della nostra Regione,            
anche in rapporto alle norme e alle direttive esistenti e alle                  
esperienze consolidate presenti nel territorio regionale, vengono               
indicate di seguito, per ciascun settore di intervento previsto dalla           
legge, le linee di indirizzo utili alla predisposizione dei piani               
territoriali di intervento e, prima ancora, dei progetti esecutivi,             
comprensivi delle diverse azioni, che verranno elaborati a livello              
locale, con riferimento agli artt. 4, 5, 6 e 7.                                 
8.1 - Art. 4 "Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli, di             
contrasto della poverta' e della violenza, nonche' misure altemative            
al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali"                     
Rientrano in questo articolo i progetti finalizzati ad incidere sui             
fattori di rischio e sui danni prodotti da situazioni di                        
marginalita', creando le condizioni per produrre cambiamenti utili ad           
un miglioramento dei rapporti e delle relazioni tra individuo ed                
ambiente e capaci di far leva sul riconoscimento delle potenzialita'            
positive dei soggetti, mirando a restituire a ciascuno di essi le               
proprie competenze per la risoluzione dei problemi.                             
Nell'approccio al tema degli interventi sul disagio, e' necessario              
uscire dalla logica emergenziale ed assistenziale, connotata da un              
giudizio di valore di segno negativo sulle persone, per entrare nella           
logica della promozione e dello sviluppo dell'individuo e del                   
contrasto all'esclusione, che si gioca sulle potenzialita' positive             
dei soggetti e dell'ambiente.                                                   
Gli interventi socio-assistenziali acquisiscono cosi' uno specifico             
valore nella qualificazione del sistema di protezione e promozione              
dell'infanzia e dell'adolescenza: fornire un quadro complessivo di              
interventi sociali, di percorsi e opportunita' specifiche per le                
situazioni problematiche, all'interno tuttavia di politiche rivolte             
alla generalita' del mondo infantile ed adolescenziale.                         
Nell'ambito delle azioni di sostegno al rapporto genitori-figli                 
nonche' delle azioni finalizzate a contrastare la poverta', la                  
violenza, l'istituzionalizzazione, due in particolare sono gli                  
indirizzi indicati ai fini della progettazione e della stesura dei              
piani territoriali:                                                             
A) l'esigenza di garantire in ogni ambito territoriale una gamma                
diversificata di interventi atti a corrispondere a gradualita'                  
diverse di bisogni e di complessita' di situazioni che                          
quotidianamente si presentano ai servizi, cosi' come individuati                
nella delibera del Consiglio regionale n. 777 del 10 dicembre 1997              
"Indirizzi per la definizione delle tipologie di intervento sociale a           
favore dei minori in relazione alle funzioni di carattere                       
socio-assistenziale", consolidando un livello qualitativo omogeneo              
dell'offerta tale da garantire pari opportunita' di assistenza a                
parita' di bisogni;                                                             
B) la sperimentazione di interventi innovativi ove un'analisi comune            
della realta' tra tutti i soggetti interessati porti a dover                    
ripensare o pensare a modalita' diverse di intervento a fronte                  
dell'emergere di esigenze nuove, di bisogni non coperti o di                    
specifiche aree di problematicita'.                                             
Sono obiettivi specifici pertanto:                                              
1) la costruzione di una rete competente di supporto alle relazioni             
familiari volta al superamento delle situazioni di crisi e di disagio           
psico-sociale, relazionale ed economico, che possono verificarsi                
all'interno delle famiglie con figli minorenni nel corso del proprio            
ciclo di vita, con particolare riguardo alle famiglie                           
monogenitoriali, a quelle con donne capo-famiglia, alle famiglie                
immigrate;                                                                      
2) la diffusione di una cultura dell'accoglienza verso i minori e le            
famiglie in difficolta' e l'attivazione di una rete di opportunita'             
diversificate e qualificate in grado di fornire risposte efficaci e             
tempestive a bisogni particolarmente complessi di protezione, di                
ospitalita', di affettivita', di solidita' di riferimenti                       
socio-relazionali, di integrazione o sostituzione di funzioni                   
genitoriali compromesse.                                                        
Tra le iniziative finalizzate al perseguimento di questi obiettivi,             
anche in una logica di innovazione e di valorizzazione delle risorse            
personali e collettive, si vogliono evidenziare in particolare alcuni           
interventi.                                                                     
Per quanto riguarda l'obiettivo 1):                                             
a) i prestiti sull'onore, che si connotano come un nuovo strumento di           
politica sociale, finalizzato a fornire un supporto economico a                 
famiglie con figli minorenni che presentano difficolta' economiche              
contingenti. Tale intervento, pur prevedendo un onere economico a               
carico dell'Ente pubblico per il pagamento degli interessi, consente            
a chi ne usufruisce di poter mobilitare le proprie capacita' di                 
"self-help" e di assumere delle responsabilita' dirette sulla                   
soluzione dei propri problemi. Esso, inoltre, fonda il patto di                 
restituzione su criteri non tanto legati a garanzie di tipo                     
economico, quanto puntando fondamentalmente sull'impegno morale di              
restituzione assunto dal richiedente il prestito. La prima fase di              
sperimentazione, promossa dalla stessa Regione e realizzata                     
prevalentemente nelle citta' capoluogo di provincia, ha consegnato              
risultati valutati molto positivamente e tali da incoraggiarne la               
diffusione. Indicazioni piu' dettagliate sui prestiti verranno                  
inviate entro breve tempo attraverso uno specifico documento in corso           
di elaborazione da parte degli uffici regionali;                                
b) i sostegni economici, finalizzati sia a sostenere i percorsi di              
riappropriazione di competenze, di risorse e di autonomia familiare,            
venute a mancare, e della capacita' di determinare propri percorsi di           
vita, sia a riconoscere l'importante lavoro di cura, educativo ed               
affettivo svolto dalle famiglie affidatarie e dalle reti di                     
mutuo-aiuto, sia a consentire il soddisfacimento di bisogni primari             
ed il conseguimento di particolari obiettivi determinanti per la                
qualita' della vita dei minori, ivi compreso il raggiungimento                  
dell'autonomia;                                                                 
c) gli interventi di consulenza, informazione/formazione, sostegno              
alla procreazione e all'esercizio della genitorialita', in                      
collaborazione con i Servizi territoriali delle Aziende Unita'                  
sanitarie locali e con i Centri per le famiglie, con particolare                
riferimento a passaggi critici del ciclo di vita delle famiglie;                
d) la diffusione di interventi socio-educativi territoriali                     
(interventi di supporto individuale, centri di aggregazione,                    
interventi con gruppi informali e con la comunita' locale) capaci di            
produrre cambiamenti nelle relazioni ambiente/persona e processi di             
mediazione tra individui in difficolta' e agenzie, istituzioni e                
organizzazioni sociali, secondo una logica per la quale lo stesso               
territorio, con una progettualita' adeguata, puo' divenire agente di            
prevenzione e promozione sociale;                                               
e) l'ospitalita' temporanea di donne in difficolta' (ad esempio,                
donne straniere, donne con bambini neonati, gestanti, ecc.) presso              
famiglie o persone singole disponibili a supportarle sul piano                  
relazionale e del lavoro di cura, affiancandole secondo progetti                
finalizzati al raggiungimento dell'autonomia;                                   
f) l'avvio o il potenziamento di strutture residenziali per garantire           
l'ospitalita' temporanea e le stesse forme di supporto ai soggetti              
indicati al precedente punto e);                                                
g) l'attivazione di reti di mutuo-aiuto e di forme diversificate di             
solidarieta' ed affiancamento educativo e di cura tra organizzazioni,           
etnie, famiglie e di queste verso i bambini, i preadolescenti, gli              
adolescenti promuovendo la disponibilita' ad affidi a tempo parziale,           
per periodi brevi, per momenti ed aspetti di particolare criticita',            
per situazioni fortemente drammatiche e destabilizzanti (bambini                
handicappati, sieropositivi, spedalizzati,...).                                 
Per quanto riguarda l'obiettivo 2):                                             
a) il potenziamento della rete dei servizi semi-residenziali che,               
svolgendo attivita' educative, di sostegno alla scolarizzazione, alla           
socializzazione ed alle relazioni familiari, contribuiscono ad                  
integrare l'azione di quelle famiglie che, pur in situazioni di                 
difficolta', mantengono legami affettivi ed emotivi positivi coi                
figli, consentendo la permanenza del minore nel proprio contesto, la            
collaborazione del nucleo d'origine e la positiva ricaduta                      
dell'azione educativa nell'ambito familiare, secondo le indicazioni             
contenute nella delibera del Consiglio regionale n. 779 del 10                  
dicembre 1997 "Direttiva sui requisiti funzionali e strutturali,                
sulle procedure per il rilascio, la sospensione, la revoca                      
dell'autorizzazione al funzionamento e sui criteri di vigilanza per             
le comunita' socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali per            
minori";                                                                        
b) l'attivazione di una rete di possibili luoghi "protetti", non                
fissi, in rapporto con le organizzazioni del privato sociale, come              
"punti-offerta" attivabili tempestivamente per l'accoglienza e la               
protezione di minori costretti alla prostituzione o vittime di                  
organizzazioni criminali;                                                       
c) l'adeguamento, la trasformazione e la qualificazione delle                   
strutture residenziali, sulla base di quanto stabilito nella gia'               
citata Direttiva regionale 779/97, oppure come interventi                       
semi-residenziali o unita' parzialmente autogestite che accompagnano            
i ragazzi verso l'autonomia e l'eta' adulta;                                    
d) l'avvio e la sperimentazione di interventi residenziali                      
finalizzati a rispondere a bisogni specifici ed emergenti, quali le             
situazioni di abuso e maltrattamento, l'accoglienza di minori                   
imputati di reato, anche immigrati o clandestini, le situazioni di              
burn-out;                                                                       
e) la costruzione di una rete di luoghi e disponibilita'                        
all'accoglienza in situazioni di emergenza. Appartiene a questo                 
obiettivo la promozione dell'affido familiare secondo le indicazioni            
scaturite dal "Progetto regionale di valutazione, formazione e                  
orientamento all'affido familiare", realizzato dall'Assessorato                 
Politiche sociali e familiari, Scuola e Qualita' urbana della Regione           
Emilia-Romagna in collaborazione con i Comuni di Modena e Piacenza.             
Anche in rapporto a quanto emerso nel corso dell'attuazione del                 
progetto, accanto alle tradizionali iniziative di affido, particolare           
attenzione dovra' essere prestata a:                                            
f) progetti di affido a tempo parziale intesi come accoglienza                  
familiare continuativa per alcune ore della giornata, oppure                    
accoglienza residenziale per brevi periodi di vacanza e/o per i fine            
settimana, coinvolgendo in particolare i pre-adolescenti;                       
g) un sostegno alle famiglie che accolgono bambini ed adolescenti,              
affiancando le famiglie sia d'origine che affidatarie ed adottive sul           
piano psicologico, relazionale e educativo e seguendo in particolare            
il ciclo di vita dei bambini;                                                   
h) un monitoraggio costante ed aggiornato delle famiglie disponibili            
all'accoglienza, sia per operare su liste quantitativamente                     
rilevanti, sia per gestire efficacemente l'abbinamento                          
famiglia/bambino.                                                               
Non saranno finanziati progetti di formazione di operatori e/o                  
campagne promozionali e informative locali sull'argomento, perche'              
attualmente in fase di realizzazione nell'ambito del progetto                   
regionale di cui sopra.                                                         
8.2 - Art. 5 "Innovazione e sperimentazione di servizi                          
socio-educativi per la prima infanzia"                                          
Nel quadro degli interventi rivolti all'infanzia la Regione                     
Emilia-Romagna ha promosso gia' da diversi anni la realizzazione di             
servizi integrativi agli asili nido per rispondere in modo                      
qualificato e flessibile alle esigenze differenziate delle famiglie,            
per consentire ai bambini in eta' 0-3 anni che non accedono al nido -           
anche per la presenza in molte realta' di liste d'attesa -                      
opportunita' educative e di socializzazione con i loro coetanei,                
nonche' per offrire ai genitori luoghi di aggregazione sociale, di              
sostegno alle loro esigenze di cura dei figli e di promozione delle             
competenze genitoriali.                                                         
La Legge 285/97 - art. 5, lett. a) e b) - promuove la sperimentazione           
di servizi innovativi, indicando due tipologie di intervento con                
caratteristiche in parte analoghe (educative, ludiche, di                       
aggregazione sociale, ecc.) ma con una differenza sostanziale:                  
- i servizi di cui alla lettera a) prevedono, accanto ai bambini, la            
presenza di genitori, familiari adulti che quotidianamente si                   
prendono cura di loro, e dunque una corresponsabilita' tra genitori             
ed educatori professionalizzati presenti all'interno dei servizi                
stessi;                                                                         
- i servizi di cui alla lett. b) prevedono l'accoglienza di bambini             
in eta' 18-36 mesi, affidati invece ad educatori professionalizzati,            
che se ne assumono direttamente la responsabilita', per un tempo                
giornaliero non superiore alle 5 ore e privi di servizi di mensa e di           
riposo pomeridiano, in cio' differenziandosi dai nidi part-time. Tale           
proposta si rivolge soprattutto ai genitori con esigenze di cura dei            
figli limitate nell'arco della giornata - al mattino o al pomeriggio            
- quali, ad esempio, i lavoratori part-time, quelli con orari                   
particolari, del settore del commercio, che possono pero' combinare             
soluzioni diverse di cura dei figli, in parte ricorrendo a un                   
servizio e in parte al sostegno delle reti parentali.                           
Le due tipologie di servizi indicate dalla legge prefigurano in                 
sostanza quelle gia' individuate dalla Regione Emilia-Romagna nel               
"Programma Infanzia" approvato nel 1997:                                        
- il centro giochi per bambini da 0 a 3 anni o da 0 a 6 anni e per i            
loro genitori (fasce di eta' piu' ampie sono state previste per                 
facilitare la fruizione da parte delle famiglie che hanno figli in              
eta' diverse);                                                                  
- lo spazio bambini (denominato spazio accoglienza e gioco nel                  
Programma 1997) per i bambini in eta' 18-36 mesi.                               
Nel confermare le scelte compiute nel 1997, e coerentemente con                 
quanto previsto dalla Legge 285/97, si precisano meglio di seguito le           
finalita' specifiche, le caratteristiche e i criteri organizzativi              
che dovranno improntare i due servizi (con la possibilita' di                   
organizzarli anche all'interno della stessa struttura per                       
ottimizzarne l'utilizzo), necessari alla predisposizione dei relativi           
progetti.                                                                       
A) CENTRI GIOCO                                                                 
Finalita' e caratteristiche: il centro giochi garantisce occasioni di           
socialita' e gioco in spazi curati e pensati rispetto ai bisogni dei            
bambini e degli adulti che li accompagnano. Per i bambini vanno                 
progettati spazi che suggeriscano itinerari di gioco e di                       
esplorazione, e che facilitino l'incontro e la socializzazione tra              
coetanei, mentre per gli adulti spazi che facilitino la comunicazione           
e il confronto su temi legati all'essere genitore ed alla                       
valorizzazione dei proprio ruolo e dei propri saperi. Si tratta in              
ogni caso di favorire l'accoglienza e la relazione sia nella coppia             
adultolbambino che tra bambini e tra adulti.                                    
Criteri organizzativi:                                                          
- un calendario di funzionamento minimo di 6 mesi;                              
- una periodicita' di apertura di almeno una volta la settimana;                
- l'utilizzo di personale qualificato sul piano educativo, aggiornato           
periodicamente e con la supervisione del coordinatore pedagogico;               
- una progettazione del servizio per bambini e genitori attenta alle            
strategie educative basate essenzialmente nella proposizione di                 
attivita' di gioco per i bambini, con i genitori, nell'ascolto, nella           
mediazione, nella valorizzazione della relazione nel rispetto delle             
differenze di ciascuno.                                                         
Per la buona riuscita del servizio la progettazione degli spazi,                
dell'arredo e delle attrezzature deve disporre almeno di un ambiente            
ugualmente accogliente e attrezzato per i bambini e per gli adulti              
che li accompagnano, a misura degli uni e degli altri, con materiale            
di gioco adeguato, nella quantita' e nella varieta', all'eta' ed al             
numero dei frequentanti.                                                        
Per le caratteristiche stesse di questo servizio, relative alla                 
tipologia delle attivita' e alla condivisione delle responsabilita'             
tra educatori e famiglie, e' prerogativa della specifica                        
progettazione l'individuazione dei numero di educatori e di eventuali           
altre professionalita' da coinvolgere per la proposizione di un                 
servizio di qualita'. E' comunque necessario evitare la presenza di             
gruppi di bambini e genitori troppo numerosi, al fine di garantire              
un'attenzione adeguata alla coppia genitore-bambino e sufficienti               
opportunita' di partecipazione alle attivita' proposte.                         
B) SPAZIO BAMBINI                                                               
Finalita' e caratteristiche: lo spazio bambini garantisce la                    
disponibilita' di un luogo di cura per i bambini, come opportunita'             
di socialita' e comunicazione con i propri coetanei, in uno spazio              
opportunamente attrezzato e in un ambito educativo che favorisca un             
percorso di autonomia e di relazione guidato da personale                       
professionalizzato. Si tratta sostanzialmente di tradurre                       
l'esperienza educativa dei nido in un contesto flessibile e con orari           
piu' ridotti.                                                                   
Criteri organizzativi:                                                          
- un'accoglienza giornaliera - che non prevede l'erogazione del pasto           
e del riposo pomeridiano - fino ad un massimo di 5 ore. Il servizio             
puo' essere articolato in modo da consentirne un utilizzo                       
diversificato in risposta alle esigenze dell'utenza, mantenendo nel             
contempo una continuita' nella frequenza e gruppi di bambini                    
strutturati. Se necessario e' possibile prevedere la frequenza di               
piu' gruppi di bambini con tempi e modalita' predeterminate, sia                
nella stessa giornata (mattina o pomeriggio) che nell'arco della                
settimana (anche solo alcuni giorni alla settimana);                            
- un'iscrizione dei bambini al servizio, secondo le modalita' di                
fruizione previste dal Comune, sulla base delle esigenze                        
socio-educative rilevate, e cio' al fine di garantire gruppi di                 
bambini stabili e una loro presenza continuativa nei medesimi orari;            
- l'utilizzo di personale adeguato sul piano quantitativo                       
(orientativamente un educatore ogni 8 bambini) e qualificato sul                
piano educativo, aggiornato periodicamente e con la supervisione del            
coordinatore pedagogico;                                                        
- un'elaborazione del progetto educativo in modo tale da prevedere              
una forte attenzione per le dimensioni dell'inserimento,                        
dell'accoglienza e delle proposte ludiche.                                      
Anche per questo intervento gli spazi disponibili, nonche' il modo in           
cui sono arredati e attrezzati, risultano decisivi per la qualita'              
del servizio offerto. In particolare e' necessario che ogni servizio            
preveda una molteplicita' di proposte che consenta lo svilupparsi da            
parte dei bambini di diverse esperienze (l'esplorazione, il gioco               
simbolico, il racconto delle fiabe, attivita' di movimento, attivita'           
grafico-pittoriche, ecc.).                                                      
8.3 - Art. 6 "Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero"              
Si assumono quali finalita' degli interventi e dei servizi per il               
tempo libero quelle indicate negli artt. 3, lett. c) e 6 della legge:           
A) la promozione e la valorizzazione della partecipazione dei ragazzi           
a livello propositivo, decisionale e gestionale delle esperienze                
aggregative costituite. La valorizzazione del diretto coinvolgimento            
dei bambini e dei ragazzi deve avvenire in ogni fase di realizzazione           
degli interventi (dalla definizione delle regole, alla programmazione           
delle attivita', al "controllo" della vita del gruppo) per consentire           
un'effettiva crescita, al fine di promuovere una partecipazione                 
attiva e una responsabilizzazione dei bambini e dei ragazzi nel ruolo           
di attori/gestori e non di semplici fruitori;                                   
B) la promozione di occasioni di riflessione su temi rilevanti per la           
convivenza civile.                                                              
Gli obiettivi individuati ai fini dei perseguimento delle                       
sopraelencate finalita' sono:                                                   
a) la promozione della crescita e dello sviluppo personale dei                  
bambini e dei ragazzi attraverso il rafforzamento delle capacita' di            
socializzazione e di inserimento nella scuola e nella societa', la              
valorizzazione delle forme spontanee di aggregazione e lo sviluppo di           
conoscenze sui temi della convivenza civile;                                    
b) la prevenzione del disagio, dei rischi di emarginazione                      
socio-culturale e la lotta alla dispersione scolastica, garantendo              
altresi': - l'educativita' degli interventi; - la continuita' delle             
prestazioni sia nell'arco della settimana che durante l'anno; - la              
costruzione di relazioni significative tra adulti e ragazzi e                   
ragazzi/ragazzi, anche attraverso una formazione adeguata degli                 
operatori.                                                                      
Ai fini di un'efficace realizzazione di tali obiettivi e in una                 
logica di razionalizzazione e integrazione dei livelli di                       
programmazione e gestione dei servizi si ritengono indispensabili:              
- la diversificazione, l'elasticita' ed un'adeguata diffusione                  
territoriale dell'offerta;                                                      
- l'ampliamento dell'utenza ed un'offerta rivolta contestualmente a             
diverse fasce d'eta';                                                           
- la messa in rete delle diverse opportunita' presenti sul territorio           
(biblioteche, ludoteche, spazi verdi, attrezzature sportive) e dei              
diversi soggetti coinvolti (agenzie educative, sportive, culturali).            
Gli interventi previsti, anche se attuati in tempo non scolastico, e'           
opportuno prevedano interazioni con le attivita' scolastiche ed il              
pieno utilizzo delle strutture scolastiche.                                     
8.4 - Art. 7 "Azioni positive per la promozione dei diritti                     
dell'infanzia e dell'adolescenza"                                               
Si assumono quali finalita' degli interventi quelle indicate agli               
artt. 3, lett. d) e 7 della legge:                                              
A) la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per un           
esercizio dei diritti civili fondamentali rispettoso di ogni                    
diversita', delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche,              
anche attraverso la diffusione delle conoscenze di tali diritti a               
tutta la cittadinanza ed in particolare nei confronti di coloro che             
hanno responsabilita' nella gestione della cosa pubblica, affinche'             
qualunque progetto ed intervento della comunita' locale tenga conto e           
rispetti i diritti di bambini/e e ragazzi/e;                                    
B) il miglioramento della qualita' della vita di bambini e ragazzi,             
particolarmente attraverso la valorizzazione della loro autonomia e             
lo sviluppo di esperienze partecipative alla vita della comunita'               
locale, prevedendo inoltre interventi che facilitino l'uso del tempo            
e degli spazi urbani, ampliando la fruizione dei beni e servizi                 
culturali e ambientali, sociali, sportivi.                                      
Gli obiettivi individuati ai fini del perseguimento delle                       
sopraelencate finalita' sono:                                                   
a) creare una consapevolezza diffusa del territorio urbano come                 
spazio educativo, come contesto in cui Ente locale, famiglia, scuola,           
soggetti produttivi, servizi culturali, ricreativi sportivi, ecc.               
costituiscono occasioni ed interventi specifici, che esprimono e                
rappresentano il concetto complessivo della citta' come "citta'                 
educativa", obiettivo da perseguire anche attraverso l'assunzione               
dell'educazione come fattore strategico nel governo delle citta';               
b) promuovere iniziative di progettazione partecipata, in cui bambini           
e ragazzi esercitino un ruolo attivo e propositivo, per realizzare              
interventi di trasformazione urbanistica, mediante un impianto                  
metodologico intersettoriale (settori comunali: politiche sociali,              
culturali, educative, urbanistica, ambiente, lavori pubblici,                   
decentramento e partecipazione) ed interistituzionale (Comune,                  
Azienda USL, Provveditorato agli Studi) con il coinvolgimento attivo            
dei soggetti del Terzo Settore. Tale obiettivo si puo' sviluppare               
attraverso vari strumenti, come ad esempio l'uso dei "Contratti di              
quartiere" dove gli interventi urbanistici ed edilizi siano integrati           
con progetti che coinvolgano la sfera sociale e culturale attraverso            
l'attivazione di strategie di partecipazione e lo sviluppo di azioni            
per rendere le citta' amiche dell'infanzia. All'interno di questo               
obiettivo si collocano, inoltre, varie esperienze di trasformazione             
dell'ambiente urbano, quali ad esempio la moderazione della                     
circolazione, la pedonalizzazione di zone, strade, piazze, la                   
riprogettazione di parchi, giardini, cortili scolastici e di                    
quartiere, di percorsi protetti con la finalita' di rendere le citta'           
sempre piu' accoglienti e ripensando alla loro organizzazione, in               
modo da offrire possibilita' di integrazione e fruizione degli spazi            
urbani e delle opportunita' sociali;                                            
c) promuovere forme di consultazione e coinvolgimento dei ragazzi nel           
processo elaborazione delle proposte, discussione ed adozione delle             
politiche locali, assicurando l'effettiva possibilita' per i minori,            
cittadini a tutti gli effetti, di diventare protagonisti                        
dell'esercizio dei propri diritti civili e politici (Consigli dei               
ragazzi - sistemi di valutazione dell'impatto delle politiche                   
pubbliche sui bambini e sui ragazzi);                                           
d) promuovere iniziative che favoriscano la conoscenza e il rapporto            
dei bambini e dei ragazzi con l'ambiente, anche attraverso la                   
creazione di centri di esperienza e laboratori territoriali di                  
educazione ambientale.                                                          
Particolare attenzione andra' prestata:                                         
- al ruolo dell'Ente locale come punto privilegiato di ascolto e di             
conoscenza dei problemi della citta', come promotore di processi di             
integrazione delle esigenze espresse dai bambini, dai ragazzi e dai             
cittadini, come punto di coordinamento di strategie, risorse, azioni            
per la trasformazione dell'ambiente urbano in funzione del                      
miglioramento della qualita' della vita;                                        
- al modello di servizi di rete che devono sempre piu' essere                   
orientati alla logica dello sviluppo della comunita' e centrati sul             
riconoscimento e la valorizzazione delle competenze sociali e                   
partecipative.Visto il favorevole parere espresso al riguardo dalla             
Commissione referente "Sicurezza sociale" di questo Consiglio                   
regionale, giusta nota prot. n. 6707 del 19 maggio 1998;                        
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,                            
delibera:                                                                       
di approvare le proposte formulate dalla Giunta regionale con                   
deliberazione in data 18 maggio 1998, progr. n. 721, riportate nel              
presente atto deliberativo.                                                     

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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