REGIONE EMILIA-ROMAGNA - GIUNTA REGIONALE

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 11 maggio 1998, n. 668

Approvazione direttiva tecnica per la redazione dei piani di utilizzazione agronomica (PUA) dei liquami zootecnici e di altri effluenti di allevamento - art. 11, L.R. 50/95 Elenco delle Tabelle e Riquadri allegati in visione alla "Direttiva tecnica per la redazione dei Piani di utilizzazione agronomica (PUA) dei liquami zootecnici e di altri effluenti di allevamento - art. 11, L.R. 50/95" *** DOCUMENTO FOTOGRAFATO *** Richiedere copia all'UFFICIO BOLLETTINO.

LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA                                          
Premesso:                                                                       
- che la Legge 10 maggio 1976, n. 319 e successive modifiche prevede            
che lo smaltimento dei liquami sul suolo debba avvenire nel rispetto            
delle normative nazionali e regionali;                                          
- che la delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle            
acque dall'inquinamento (CITAI) del 4 febbraio 1977 - Allegato 5 - ha           
definito le norme tecniche generali per regolamentare lo smaltimento            
dei liquami sul suolo, compresi, in particolare, quelli provenienti             
dagli allevamenti zootecnici;                                                   
- che la Direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991,               
relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato da             
nitrati provenienti da fonti agricole, stabilisce che in ciascuno               
Stato membro debbano essere designate come zone vulnerabili le zone             
del territorio connesse con acque inquinate o suscettibili di                   
esserlo, per le quali dovranno essere individuate delle misure,                 
denominate "programma d'azione", volta al loro risanamento ed alla              
prevenzione di eventuali danni;                                                 
- che, in particolare, tra queste misure viene indicata l'adozione di           
un "Codice di buona pratica agricola" e l'indicazione di precisi                
limiti in ordine all'apporto di azoto di origine zootecnica al                  
terreno;                                                                        
- che lo Stato Italiano non ha ancora stabilito criteri per la piena            
attuazione della citata Direttiva CEE;                                          
- che, anche in assenza degli atti di recepimento della citata                  
Direttiva comunitaria, il Ministero delle Risorse Agricole,                     
Alimentari e Forestali, ora Ministero per le Politiche agricole, ha             
provveduto a pubblicare un proprio "Codice di buona pratica                     
agricola";                                                                      
- che, parimenti, l'Autorita' di Bacino del Po ha emanato, sulla                
medesima problematica, la Direttiva 12/96 per il contenimento                   
dell'inquinamento provocato dagli allevamenti zootecnici.                       
Dato atto:                                                                      
- che il comma 1 dell'art. 11 della L.R. 24 aprile 1995, n. 50,                 
"Disciplina dello spandimento sul suolo dei liquami provenienti da              
insediamenti zootecnici e dello stoccaggio degli effluenti di                   
allevamento", stabilisce, tra l'altro, che lo spandimento dei liquami           
puo' essere effettuato esclusivamente per fini agronomici secondo le            
modalita' definite dal "Piano Territoriale regionale per la tutela e            
il risanamento delle acque" o suo stralcio di comparto;                         
- che il Consiglio regionale ha approvato, in data 11 febbraio 1997,            
con atto n. 570, il "Piano territoriale regionale per il risanamento            
e la tutela delle acque - Stralcio comparto zootecnico";                        
- che il "Piano territoriale", nelle more di una delimitazione da               
parte dello Stato, individua le zone vulnerabili della regione                  
Emilia-Romagna;                                                                 
- che l'art. 6 al comma 2 delle norme tecniche del sopracitato Piano            
stralcio prevede che la Regione definisca le modalita' di redazione             
del "Piano di utilizzazione agronomica";                                        
- che le norme tecniche del sopracitato "Piano stralcio" definiscono,           
all'art. 6, comma 1, il "Piano di utilizzazione agronomica" come il             
documento tecnico che determina quantita', tempi e modalita' di                 
distribuzione dei fertilizzanti azotati, in funzione delle colture              
previste.                                                                       
Richiamato l'art. 5 delle norme tecniche del "Piano stralcio", con il           
quale viene introdotto l'obbligo della presentazione del "Piano di              
utilizzazione agronomica" per talune tipologie di allevamenti suini             
in rapporto con le zone individuate come vulnerabili, a completamento           
della domanda di autorizzazione allo spandimento prevista all'art. 3            
della L.R. 50/95 da concedere secondo le procedure fissate dalla                
Circolare regionale n. 2645 del 19 aprile 1996 e successiva                     
integrazione n. 24706 del 7 novembre 1997;                                      
considerato, inoltre:                                                           
- che i fanghi di cui al DLgs 27 gennaio 1992, n. 99, "Attuazione               
della Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente,             
in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di                      
depurazione in agricoltura" presentano, sotto il profilo agronomico,            
strette analogie con gli effluenti zootecnici e che pertanto il loro            
apporto nelle zone vulnerabili deve essere regolato secondo i                   
medesimi principi tecnici;                                                      
- che, in particolare nelle zone vulnerabili, qualsiasi fertilizzante           
azotato, se utilizzato in eccesso rispetto ai fabbisogni delle                  
colture, puo' determinare effetti negativi sulle acque;                         
- che l'impiego dei liquami zootecnici e degli altri effluenti di               
allevamento puo' rappresentare un utile mezzo di fertilizzazione dei            
suoli, purche' sia effettuato nel rispetto di una corretta pratica              
agronomica.                                                                     
Tenuto conto della necessita', anche in attesa di una normativa                 
nazionale in grado di definire complessivamente la materia della                
tutela delle acque dagli inquinamenti di origine agricola e                     
zootecnica, di provvedere ad emanare norme tecniche in grado di                 
promuovere il corretto utilizzo dei liquami e degli affluenti                   
zootecnici;                                                                     
preso atto che la Direzione generale Agricoltura ha elaborato una               
proposta di "Direttiva tecnica per la redazione dei piani di                    
utilizzazione agronomica dei liquami zootecnici e di altri affluenti            
di allevamento di cui all'art. 11 della L.R. 50/95";                            
considerato altresi':                                                           
- che detta direttiva costituisce la prima, essenziale misura del               
"Programma d'azione per le zone vulnerabili", previsto dalla                    
Direttiva 91/676/CEE;                                                           
- che detta direttiva prevede, fra l'altro, che le Province,                    
competenti in materia di rilascio dell'autorizzazione ai sensi della            
L.R. 50/95, presentino alla Regione una relazione annuale sullo stato           
di applicazione e sui problemi emersi, in base agli elementi                    
acquisiti attuando sistematici controlli sul territorio attraverso le           
proprie strutture competenti in materia di ambiente ed agricoltura ed           
in collaborazione con le Sezioni provinciali dell'Agenzia regionale             
per la Prevenzione e l'Ambiente - ARPA;                                         
- che tali controlli verranno effettuati con riferimento ad un                  
protocollo operativo, da redigersi entro sei mesi dalla emanazione              
del presente atto, a cura delle Direzioni generali Ambiente ed                  
Agricoltura della Regione in collaborazione con ARPA;                           
- che, per un adeguato esercizio dei controlli, verranno promossi la            
ricerca e lo sviluppo di strumenti idonei a consentire ed assicurare            
un costante aggiornamento del personale incaricato;                             
- che nella predisposizione degli indirizzi regionali per la                    
formulazione di programmi provinciali di assistenza tecnica si dovra'           
favorire il miglioramento delle condizioni per la gestione dei                  
liquami e degli altri effluenti di allevamento.                                 
Vista la L.R. 19 aprile 1995, n. 44;                                            
vista la L.R. 30 maggio 1997, n. 15;                                            
viste le proprie deliberazioni n. 2541 in data 4 luglio 1995 e n.               
1898 in data 22 ottobre 1997, entrambe esecutive;                               
dato atto del parere favorevole espresso dal Responsabile del                   
Servizio Sviluppo sistema agro-alimentare, dott. Angelo Barilli, in             
ordine alla regolarita' tecnica del presente atto;                              
dato atto altresi' del parere favorevole espresso dal Direttore                 
generale Agricoltura, dott. Dario Manghi, in ordine alla legittimita'           
del presente atto;                                                              
su proposta congiunta dell'Assessore all'Agricoltura e dell'Assessore           
al Territorio, Programmazione e Ambiente;                                       
a voti unanimi e palesi, delibera:                                              
1) di approvare la "Direttiva tecnica per la redazione dei piani di             
utilizzazione agronomica dei liquami zootecnici e di altri effluenti            
di allevamento di cui all'art. 11 della L.R. 50/95", parte integrante           
e sostanziale del presente atto;                                                
2) di approvare altresi' gli allegati - "Tecnico", "A", "1" e "2" -             
alla suddetta "Direttiva", parti integranti e sostanziali della                 
presente delibera, dando atto che riquadri e tabelle ad essi                    
afferenti, il cui indice e' parimenti allegato al presente atto sotto           
il numero "3" quale parte integrante e sostanziale, sono acquisiti              
agli atti della Direzione generale Agricoltura al n. 16375 di                   
protocollo in data 7 maggio 1998;                                               
3) di dare atto che l'obbligo di presentazione di un Piano di                   
utilizzazione agronomica (PUA), stabilito all'art. 5 del "Piano                 
stralcio", per i titolari degli allevamenti di potenzialita'                    
superiore a 160 tonnellate di peso vivo allevato e per i titolari di            
allevamenti di potenzialita' superiore a 80 tonnellate di peso vivo             
allevato, deve intendersi a carico dei titolari degli allevamenti               
funzionalmente connessi a terreni ricadenti in zone vulnerabili ed in           
aree ad elevato rischio di crisi ambientale;                                    
4) di pubblicare integralmente il presente atto nel Bollettino                  
Ufficiale della Regione Emilia-Romagna nonche' i riquadri e le                  
tabelle acquisiti agli atti della Direzione generale Agricoltura al             
n. 16375 di protocollo in data 7 maggio 1998 ed il cui elenco e'                
riportato all'Allegato "3" della presente deliberazione.                        
Direttiva tecnica per la redazione dei Piani di utilizzazione                   
agronomica dei liquami zootecnici e di altri effluenti di allevamento           
(art. 11, L.R. 50/95)                                                           
Art. 1                                                                          
Oggetto                                                                         
La presente direttiva ha per oggetto la definizione dei criteri,                
delle modalita' di redazione e valutazione dei Piani di utilizzazione           
agronomica (PUA) per la distribuzione sul suolo agricolo dei liquami            
zootecnici e degli altri effluenti di allevamento, ai sensi dell'art.           
6 delle "Norme tecniche di attuazione del Piano territoriale                    
regionale per il risanamento e la tutela delle acque - Stralcio                 
comparto zootecnico", denominato in seguito "Piano stralcio",                   
approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 570 dell'11              
febbraio 1997.                                                                  
Art. 2                                                                          
Campo di applicazione                                                           
Ai sensi dell'art. 5 delle norme tecniche di attuazione del citato              
"Piano stralcio", sono tenuti ad integrare con un PUA la domanda di             
autorizzazione allo spandimento prevista all'art. 3 della L.R. 50/95,           
i titolari degli allevamenti suinicoli che si trovano nelle seguenti            
condizioni:                                                                     
- potenzialita' dell'allevamento superiore a 160 tonnellate di peso             
vivo allevato, connesso funzionalmente a terreni ricadenti in zone              
vulnerabili, cosi' come individuate dalla cartografia prodotta ai               
sensi del comma 2 dell'art. 11 della L.R. 24 aprile 1995, n. 50;                
- potenzialita' dell'allevamento superiore a 80 tonnellate di peso              
vivo allevato, connesso funzionalmente a terreni ricadenti in zone              
vulnerabili ed in aree ad elevato rischio di crisi ambientale, cosi'            
come individuate con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 3             
febbraio 1989, ai sensi dell'art. 7 della Legge 349/86.                         
Il Piano di utilizzazione agronomica puo' essere presentato anche dai           
soggetti titolari di allevamento che, pur non trovandosi nelle                  
condizioni di obbligatorieta' sopra richiamate, ritengono opportuno             
utilizzare tale strumento ai fini di una corretta determinazione dei            
quantitativi di nutrienti da apportare ai suoli coltivati.                      
Art. 3                                                                          
Definizioni                                                                     
Il Piano di utilizzazione agronomica rappresenta il documento tecnico           
che, in relazione alla tipologia di allevamento, ai trattamenti                 
eseguiti sul liquame ed alle caratteristiche dei terreni, determina             
quantita', tempi e modalita' di distribuzione dei fertilizzanti                 
azotati in funzione della tipologia di colture previste per un                  
periodo non superiore a quattro anni.                                           
Ai fini della presente direttiva si intende per:                                
- fertilizzanti azotati: qualsiasi sostanza contenente uno o piu'               
composti azotati, applicata al suolo per favorire la crescita delle             
colture e della vegetazione; sono compresi i fanghi di depurazione              
disciplinati dal DLgs 99/92;                                                    
- area omogenea di gestione: una porzione di territorio aziendale               
omogenea al suo interno per quanto attiene l'unita' geomorfologica di           
appartenenza e la vulnerabilita' intrinseca, il tipo di suolo                   
prevalente, gli ordinamenti colturali e le modalita' di utilizzazione           
dei reflui zootecnici in relazione all'apporto di elementi nutritivi.           
Art. 4                                                                          
Contenuti del Piano                                                             
Il Piano di utilizzazione agronomica dei liquami e degli altri                  
effluenti di allevamento deve basarsi sulla conoscenza specifica                
delle seguenti categorie di elementi:                                           
a) la consistenza e la tipologia dell'allevamento e le tecniche di              
gestione e/o di trattamento dei reflui di allevamento;                          
b) la quantita' e le caratteristiche chimiche dei liquami e degli               
altri effluenti prodotti;                                                       
c) la quantita' di azoto prodotto dall'allevamento al netto delle               
perdite;                                                                        
d) i terreni utilizzabili per gli spandimenti e la valutazione                  
dell'attitudine degli stessi a recepire i liquami e gli altri                   
effluenti di allevamento;                                                       
e) l'ordinamento colturale ed i fabbisogni nutrizionali delle specie            
coltivate.                                                                      
Il contenuto informativo degli elementi sopra indicati verra'                   
documentato secondo le modalita' riportate nell'"Allegato Tecnico",             
utilizzando la modulistica in esso contenuta.                                   
Art. 5                                                                          
Criteri generali                                                                
Per la definizione delle caratteristiche dei liquami e degli altri              
effluenti di allevamento nonche' delle quote di azoto ad essi                   
attribuibili, in considerazione delle altre forme di trattamento                
oltre allo stoccaggio, vengono specificati coefficienti unitari piu'            
analitici rispetto a quelli contenuti nella circolare regionale a               
firma del Direttore generale - Area Ambiente del 19 aprile 1996, n.             
2645.                                                                           
Tali coefficienti e valori parametrici, riportati nella Tabella 1               
dell'"Allegato Tecnico", sono stati desunti dai dati di letteratura e           
dalle sperimentazioni condotte dal Centro Ricerche produzioni animali           
di Reggio Emilia e fanno riferimento a quanto gia' contenuto nelle              
note integrative alla predetta circolare 2645/96.                               
Per la definizione del fabbisogno nutrizionale delle colture viene              
preso in considerazione il parametro azoto in relazione alla sua                
mobilita' nell'ambiente.                                                        
Nel procedimento di calcolo si propongono due metodi, l'uno                     
sintetico, l'altro analitico.                                                   
In quest'ultimo vengono considerate le voci piu' significative del              
bilancio dell'azoto del sistema suolo-pianta e i fattori che                    
influenzano l'efficienza dei fertilizzanti.                                     
Art. 6                                                                          
Documenti di riferimento                                                        
Per la redazione del PUA si dovra' fare riferimento ai criteri ed ai            
parametri definiti dall'"Allegato Tecnico" alla presente direttiva,             
di cui costituisce parte integrante.                                            
I criteri ed i parametri riportati fanno riferimento al "Manuale per            
la gestione e l'utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici" ed              
alla documentazione cartografica della Regione Emilia-Romagna e, in             
particolare:                                                                    
- all'edizione divulgativa della carta dei suoli della pianura                  
emiliano-romagnola in scala di semidettaglio (1:50.000) restituita a            
scala 1:25.000, commentata dal relativo "Catalogo regionale dei tipi            
di suolo della pianura emiliano-romagnola";                                     
- alla carta regionale dei suoli dell'Emilia-Romagna a scala                    
1:250.000.                                                                      
I criteri e i parametri di riferimento nonche' gli strumenti                    
cartografici suddetti potranno essere aggiornati in considerazione              
dell'evolversi delle conoscenze tecnico-scientifiche in materia.                
Nell'ipotesi di cui al punto precedente i PUA gia' presentati,                  
redatti e/o approvati in base alle previgenti disposizioni,                     
mantengono la loro validita' sino al termine previsto nel                       
provvedimento autorizzativo.                                                    
Art. 7                                                                          
Istruttoria                                                                     
Il PUA deve essere redatto e sottoscritto da un tecnico iscritto                
all'Albo professionale, nei limiti delle competenze stabilite dai               
rispettivi ordini professionali, oppure da un tecnico                           
dell'Associazione di appartenenza del titolare dell'allevamento,                
purche' essa sia riconosciuta dalla Regione.                                    
L'istruttoria dei PUA viene effettuata dalla Provincia                          
territorialmente competente, nell'ambito delle funzioni ad esse                 
attribuite dalla citata L.R. 50/95 e della L.R. 15/97.                          
In forza dei compiti di supporto tecnico alle attivita' istruttorie             
per il rilascio delle autorizzazioni in campo ambientale attribuiti             
all'ARPA dalla L.R. 44/95, le Province si avvalgono altresi' delle              
Sezioni provinciali - ARPA competenti per territorio, secondo uno               
specifico protocollo d'intesa.                                                  
Il PUA si intende ritualmente presentato solo se completo sotto il              
profilo documentale.                                                            
La documentazione minima necessaria corrisponde a quella descritta              
nella lista di controllo di cui all'Allegato A.                                 
I tempi dell'istruttoria tecnica, intesa come fase di controllo                 
preventivo, iniziano a decorrere dal completamento della                        
presentazione della documentazione prevista dall'art. 3 della L.R.              
50/95 e dalla presente "Direttiva".                                             
La Provincia puo' richiedere integrazioni in un'unica soluzione,                
fissando il termine di trenta giorni per l'invio della documentazione           
integrativa.                                                                    
La richiesta sospende i termini del procedimento.                               
Decorso inutilmente il termine assegnato, la Provincia emette un                
provvedimento di diniego dell'autorizzazione e di revoca                        
dell'eventuale autorizzazione allo spandimento.                                 
Art. 8                                                                          
Criteri di valutazione                                                          
In applicazione dei criteri agronomici individuati nell'"Allegato               
Tecnico" alla presente Direttiva, ed ai sensi dell'art. 4 delle                 
"Norme tecniche di attuazione del Piano stralcio", il PUA dei liquami           
zootecnici e degli altri effluenti di allevamento deve soddisfare i             
seguenti requisiti:                                                             
- la quantita' complessiva di azoto efficiente distribuita attraverso           
i fertilizzanti azotati, compresi i composti di sintesi, i liquami e            
gli altri affluenti di allevamento, deve essere pari ai fabbisogni              
per le colture, calcolati con i procedimenti indicati all'"Allegato             
Tecnico" della presente direttiva;                                              
- per l'azoto proveniente dai liquami e dagli altri affluenti di                
allevamento, il PUA deve prevedere che il rapporto fra la quantita'             
annuale di azoto e la superficie di terreno disponibile non superi:             
a) nelle zone vulnerabili e nelle aree a rischio di crisi ambientale:           
la quantita' di 250 kg/ettaro per i primi quattro anni di                       
applicazione delle citate "Norme tecniche di attuazione del Piano               
stralcio"; la quantita' di 210 kg/ettaro negli anni successivi;                 
b) nelle altre aree: la quantita' di 340 kg/ettaro.                             
Detti quantitativi si intendono comprensivi degli eventuali apporti             
di azoto dovuti all'utilizzo in agricoltura dei fanghi di depurazione           
ai sensi del DLgs 99/92.Per quanto riguarda la valutazione dei                  
diversi fattori che influenzano l'efficienza della fertilizzazione,             
si rimanda ai criteri specifici riportati nell'"Allegato Tecnico".              
Art. 9                                                                          
Approvazione dei PUA                                                            
Il rilascio dell'autorizzazione allo spandimento ai sensi della L.R.            
50/95 e' subordinato all'approvazione del PUA.                                  
Il PUA stesso e' approvato se soddisfa i requisiti previsti                     
nell'"Allegato Tecnico".                                                        
L'autorizzazione puo' essere integrata da prescrizioni necessarie a             
garantire il conseguimento degli obbiettivi perseguiti dalla presente           
Direttiva, con riferimento alle condizioni specifiche di cui al punto           
4 del citato "Allegato Tecnico".                                                
Art. 10                                                                         
Controlli sull'applicazione dei PUA                                             
Al fine di verificare le modalita' di attuazione e lo stato di                  
applicazione dei Piani di utilizzazione agronomica, le Province                 
definiscono e attuano attraverso le strutture di seguito citate, un             
programma con l'obiettivo di sottoporre a controllo, nei quattro anni           
di validita' dell'autorizzazione, la totalita' dei piani operanti nei           
rispettivi ambiti territoriali.                                                 
Detti programmi dovranno stabilire la quota annuale di Piani di                 
utilizzazione da sottoporre a controllo.                                        
I controlli dovranno basarsi sul confronto tra elementi desumibili              
dalle seguenti attivita':                                                       
- verifica del registro di utilizzazione dei liquami di cui all'art.            
10 della L.R. 25 aprile 1995, n. 50 per valutare:                               
a) la piena utilizzazione dei terreni, in particolare quelli ubicati            
ai margini dell'azienda o in altri corpi aziendali;                             
b) il rispetto, per le singole distribuzioni dei volumi e delle                 
epoche di spandimento previste nel PUA;                                         
- verifica del rispetto di vincoli specifici sull'utilizzazione dei             
terreni, derivanti dall'applicazione di misure agro-ambientali, in              
base all'analisi della documentazione che il titolare dell'azienda e'           
tenuto a conservare;                                                            
- sopralluogo in azienda per eseguire rilievi negli appezzamenti                
oggetto dell'applicazione del Piano.                                            
Ai fini della valutazione dovranno considerarsi tra gli elementi                
principali:                                                                     
a) l'effettiva utilizzazione di tutta la superficie a disposizione;             
b) la presenza delle colture, secondo quanto previsto dal Piano;                
c) le caratteristiche dei mezzi impiegati per la distribuzione degli            
effluenti.                                                                      
Sono inoltre individuati come indicatori:                                       
- le caratteristiche di superficie dei suoli;                                   
- l'efficacia delle misure agronomiche, adottate per far fronte ai              
"fattori di criticita'", ad esempio: la qualita' delle terre, la                
pendenza, le sistemazioni idrauliche, ecc., come indicato                       
nell'"Allegato Tecnico".                                                        
Il titolare dell'autorizzazione deve provvedere comunque alla                   
determinazione della concentrazione di rame, zinco, fosforo e del               
tenore in sodio del terreno, prevista ogni quattro od otto anni in              
rapporto al metodo sintetico o analitico di redazione del Piano.                
Le strutture di controllo, qualora necessario, possono provvedere               
d'ufficio a eseguire specifiche analisi dei suoli utilizzati.                   
Per l'attuazione del programma di controlli di cui al primo capoverso           
del presente articolo, la Provincia si avvale delle proprie strutture           
competenti in materia di ambiente ed agricoltura e della                        
collaborazione delle Sezioni provinciali dell'Agenzia regionale per             
la prevenzione e l'ambiente - ARPA, per le rispettive competenze.               
I criteri tecnici di riferimento e le procedure di controllo                    
operativo saranno definiti entro sei mesi dall'approvazione delle               
presenti Direttive, con un protocollo redatto dall'ARPA in                      
collaborazione con le Direzioni generali Ambiente e Agricoltura della           
Regione.Fermo restando quanto previsto dagli artt. 7 e 15 della L.R.            
50/95, qualora gli esiti dei controlli lo rendano opportuno, le                 
Province possono anche imporre divieti all'uso dei terreni non piu'             
idonei allo scopo.                                                              
A fronte del carattere specialistico delle attivita' di controllo, la           
Regione promuove e realizza le necessarie attivita' formative e di              
aggiornamento del personale incaricato.                                         
Le Province dovranno presentare alla Regione una relazione annuale              
sullo stato dell'applicazione dei Piani di utilizzazione agronomica.            
Norme transitorie                                                               
Le autorizzazioni rilasciate ai soggetti di cui all'art. 2 prima                
dell'emanazione della presente Direttiva conservano validita' fino              
alla loro scadenza naturale.                                                    
Restano inoltre validi i Piani redatti in conformita' della circolare           
di indirizzo del 25 settembre 1990, n. 24987 presentati a corredo               
della domanda di autorizzazione, per la quale, alla data di                     
emanazione della presente Direttiva, sia ancora in corso                        
l'istruttoria.                                                                  
ALLEGATO A                                                                      
Lista di controllo                                                              
Documentazione minima da inserire nel Piano di utilizzazione                    
agronomica dei liquami zootecnici e degli altri effluenti di                    
allevamento                                                                     
1. Informazioni fondamentali                                                    
In questo ambito devono essere presenti:                                        
1) la valutazione quali-quantitativa dei reflui prodotti                        
dall'allevamento a) per via indiretta: ricavata adottando i                     
coefficienti del procedimento di stima, indicati nell'"Allegato                 
Tecnico" (da documentarsi nei suoi diversi passaggi con una relazione           
specifica); b) per via diretta: attestata dai risultati delle analisi           
chimiche, i cui certificati dovranno essere allegati alla                       
documentazione (in tal caso si richiede anche la certificazione da              
parte del responsabile del laboratorio della rispondenza del                    
campionamento ai criteri indicati nel "Manuale per la gestione e                
l'utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici");                             
2) la documentazione specifica sulla linea di trattamento adottata;             
3) il Riquadro 1 compilato correttamente in ogni sua parte.                     
2. Caratteri salienti dell'area omogenea di gestione                            
Devono essere sempre presenti:                                                  
a) il Riquadro 2 per ogni area omogenea, correttamente compilato                
accompagnato dalla localizzazione cartografica e, nei casi previsti,            
dalla metodologia utilizzata per il campionamento dei terreni;                  
b) gli eventuali certificati di analisi dei terreni.                            
3. Bilancio semplificato dell'azoto                                             
Deve essere presente:                                                           
a) il Riquadro 3a o 3b compilato correttamente in ogni sua parte.               
Allegato Tecnico                                                                
Traccia metodologica per la redazione del Piano di utilizzazione                
degli effluenti di allevamento                                                  
1. Acquisizione degli elementi conoscitivi                                      
Un razionale Piano di utilizzazione agronomica dei liquami deve                 
basarsi sulla conoscenza di tre categorie di elementi:                          
a) quantita' e caratteristiche degli effluenti prodotti;                        
b) terreni utilizzabili per gli spandimenti e loro attitudine a                 
recepire i liquami;                                                             
c) ordinamento colturale e fabbisogni nutrizionali delle specie                 
coltivate.                                                                      
1.1. Quantita' e caratteristiche degli effluenti di allevamento                 
prodotti                                                                        
Occorre distinguere, in primo luogo, tra effluenti di allevamento               
soggetti al solo stoccaggio ed effluenti di allevamento soggetti allo           
stoccaggio e ad altre forme di trattamento:                                     
- Effluenti soggetti al solo stoccaggio: comprendono i liquami tal              
quali, le acque di lavaggio di strutture e/o attrezzature, i letami.            
I volumi di tali effluenti, riferiti alla potenzialita' effettiva ed            
espressi in m3/anno x t di peso vivo, sono riportati nell'Allegato A            
(e schede annesse) della domanda di autorizzazione allo spandimento.            
Nello stesso Allegato A e schede annesse e' riportata la quantita'              
annua di azoto prodotto, riferita alla potenzialita' effettiva e al             
netto delle perdite per rimozione, stoccaggio e spandimento (azoto al           
campo), e la sua ripartizione nel liquame tal quale, nel letame e               
nelle eventuali acque di lavaggio.                                              
- Effluenti soggetti ad altre forme di trattamento, oltre allo                  
stoccaggio: comprendono le frazioni derivanti dalle operazioni di               
separazione meccanica o di sedimentazione/flottazione e precisamente:           
- frazioni liquide chiarificate, frazioni liquide dense, frazioni               
liquide chiarificate ed ossigenate, tutte frazioni non palabili                 
assimilabili ai liquami;                                                        
- frazioni solide grossolane derivanti da vagliatura, frazioni solide           
grossolane e fini derivanti da trattamento con centrifuga o                     
nastropressa, tutte frazioni palabili.                                          
Per il calcolo della ripartizione del volume dell'azoto tra le                  
suddette frazioni si rimanda alla Tabella 1, riferita esclusivamente            
ai liquami suinicoli.                                                           
Per i liquami bovini si puo' fare riferimento alla Tab. 2.16 del                
Manuale dei reflui zootecnici della Regione Emilia-Romagna (1993),              
relativamente alla separazione dei solidi; alla Tab. 1, predisposta             
per i liquami suinicoli, per gli effetti della ossigenazione.                   
Per i liquami delle altre specie di interesse zootecnico, nel caso di           
trattamenti che vadano oltre allo stoccaggio, si puo' far                       
riferimento, orientativamente, ai valori riportati in Tabella 1 per i           
liquami suinicoli.                                                              
In Tabella 1 sono considerate le perdite di azoto in atmosfera, come            
somma delle perdite che avvengono durante la rimozione dei liquami              
suinicoli dai ricoveri, lo stoccaggio e il trattamento di                       
ossigenazione o aerobico a fanghi attivi, quando presenti, ma non               
sono considerate le perdite di azoto per volatilizzazione durante le            
operazioni di spandimento.                                                      
Per valutare anche queste perdite e per calcolare la ripartizione               
dell'azoto netto al campo tra le frazioni solide e liquide risultanti           
dai trattamenti, si puo' far riferimento alla Tabella 2, relativa ai            
liquami suini.                                                                  
Per i liquami bovini si puo', orientativamente, tener conto di                  
perdite percentualmente simili durante le operazioni di spandimento.            
Qualora le perdite di azoto dovute ai trattamenti fossero ritenute              
piu' alte di quelle riportate nelle Tabelle 1 e 2, cosa possibile ad            
esempio nel caso del compostaggio della frazione solida e/o del                 
trattamento aerobico di quella liquida, sara' necessario presentare             
il progetto dell'impianto e una relazione tecnica dettagliata che               
giustifichi tali maggiori perdite.                                              
La composizione degli effluenti puo' essere determinata anche in modo           
diretto, mediante una serie di analisi chimiche purche' venga seguita           
una corretta tecnica di campionamento, cosi' come indicato sul                  
"Manuale per la gestione e l'utilizzazione agronomica dei reflui                
zootecnici", Regione Emilia-Romagna, 1993.                                      
Se si adotta il metodo analitico, occorrera' conservare i certificati           
di analisi ed il piano dei campionamenti rilasciati dal                         
laboratorio.Nel riquadro n. 1, allegato, bisognera' indicare i                  
volumi, la quantita', e i titoli degli effluenti oggetto di                     
spandimento.                                                                    
1.2. Terreni                                                                    
Si richiede:                                                                    
- la descrizione della o delle aziende i cui terreni sono oggetto di            
spandimento;                                                                    
- la determinazione delle superfici disponibili per la distribuzione            
dei liquami, facendo riferimento alla documentazione di base prevista           
dalla L.R. 50/95 che disciplina lo spandimento al suolo dei liquami;            
- l'individuazione e rappresentazione cartografica su CTR 1:5000 o              
1:10000 di aree omogenee per quanto attiene alle caratteristiche                
pedologiche che influenzano la capacita' del suolo ad accettare                 
reflui zootecnici e alla morfologia prevalente.                                 
Le caratteristiche del terreno saranno desunte da una stima di                  
campagna del tecnico, in rapporto agli elementi conoscitivi                     
desumibili dalla consultazione di documenti cartografici.                       
Piu' precisamente si dovra' fare riferimento:                                   
a) per le zone di pianura, alla "Carta dei suoli 1:50.000, pianura              
emiliano-romagnola (edizione divulgativa 1:25.000)" ed al relativo              
catalogo regionale dei tipi di suolo;                                           
b) per i territori di collina, al "Catalogo regionale dei principali            
tipi di suolo agricoli di collina e montagna", utilizzando come base            
cartografica la carta dei suoli 1:250.000 (edizione divulgativa in              
scala 1:100.000).                                                               
Qualora le informazioni ricavate dai documenti cartografici non siano           
sufficienti ad una precisa caratterizzazione dei suoli o non                    
corrispondano alle specificita' aziendali, si dovra' procedere al               
rilievo di dati analitici determinati su un numero minimo di campioni           
superficiali composti che siano adeguati ad una corretta valutazione.           
Potranno essere utilizzate anche analisi effettuate in passato,                 
purche' non siano antecedenti quattro anni dalla data di                        
presentazione del Piano; a questo riguardo si precisa che i dati                
relativi alla composizione granulometrica del terreno possono                   
ritenersi sempre validi, poiche' non si modificano nel tempo.                   
I suoli di tali aree verranno ascritti ad uno dei tre seguenti gruppi           
tessiturali in funzione della classe tessiturale di appartenenza                
determinata sullo strato lavorato secondo il Soil Survey Manual -               
Soil Survey Staff SCS USDA, 1962.                                               
- Terreni a tessitura grossolana: sabbioso, sabbioso franco, franco             
sabbioso;                                                                       
- Terreni a tessitura media: franco, franco limoso, franco argilloso            
sabbioso, franco argilloso limoso, limoso, franco argilloso;                    
- Terreni a tessitura fine: argilloso limoso, argilloso sabbioso,               
argilloso.                                                                      
Per la corretta definizione delle aree omogenee mediante stime di               
campagna e analisi di laboratorio, si indica la procedura seguente.             
1.2.1 Individuazione e caratterizzazione delle aree omogenee                    
Per quanto riguarda le caratteristiche del suolo, l'attenzione andra'           
riposta soprattutto su quell'insieme di qualita' chimiche e                     
idrologiche che influenzano la capacita' del suolo di recepire i                
liquami, di trattenere le sostanze che essi contengono e di                     
degradarle.                                                                     
Il piu' aggiornato riferimento metodologico per la valutazione                  
dell'attitudine dei suoli ad accettare i reflui zootecnici e'                   
costituito dal "Manuale per la gestione e l'utilizzazione agronomica            
dei reflui zootecnici" della Regione Emilia-Romagna, redatto a cura             
del Centro Ricerche produzioni animali e dalla Carta dei suoli                  
1:50.000 e del relativo catalogo precedentemente citati come elementi           
informativi.                                                                    
La metodologia proposta nel manuale citato valuta la capacita' di               
accettare reflui zootecnici in base al modello sotto riportato:                 
Qualita' delle terre    Attitudine allo spandimento liquami                     
elevata  moderata  bassa                                                        
Rischio inondazione  assente  raro  occasionale                                 
Indice incrostamento  1,2  1,2-1,6  >> 1,6                                      
(infiltrabilita')                                                               
Capacita' accettazione  molto alta,  moderata  bassa,                           
delle piogge  alta    molto bassa                                               
Capacita' depurativa  molto alta,  moderata  bassa                              
  alta    molto bassa                                                           
Ognuna di queste qualita' dipende, a sua volta, da alcune                       
caratteristiche del suolo.                                                      
Per un approfondito esame dell'argomento si rimanda a quanto                    
riportato nel manuale sopra riportato.                                          
Nel caso il pH del terreno sia inferiore a 6.5 (valore stimato o                
desunto da analisi), occorrera' procedere alla determinazione                   
analitica di Cu e Zn.                                                           
Le concentrazioni massime ammesse sono: 100 mg/kg di rame e 300 mg/kg           
di zinco.                                                                       
La determinazione di rame e zinco, in forma totale, di fosforo, in              
forma assimilabile sec. Olsen, del sodio scambiabile e' comunque                
obbligatoria:                                                                   
- dopo 4 anni di spandimento effettuato ai sensi della L.R. 50/95 per           
chi adotta il metodo sintetico di redazione del Piano, come piu'                
avanti specificato;                                                             
- dopo ogni 8 anni di spandimento, per chi adotta il metodo                     
analitico, come piu' avanti specificato.                                        
Qualora si proceda al prelievo di campioni di terreno da analizzare,            
si dovra' seguire la metodica riportata in Allegato 2.                          
Si precisa che il numero che individua gli appezzamenti costituenti             
le singole aree omogenee dovra' essere il medesimo di quello indicato           
nella domanda di autorizzazione allo spandimento.                               
1.2.2 Valutazione degli elementi di criticita'                                  
Per ciascuna area definita omogenea occorrera' considerare la                   
eventuale presenza di "elementi di criticita'" che rendano                      
problematico il corretto impiego dei fertilizzanti apportati.                   
Gli elementi che possono assumere valori critici sono i seguenti: le            
qualita' delle terre che influenzano la capacita' a recepire i                  
liquami, la pendenza, le sistemazioni idrauliche, il pH, il tenore in           
sodio (espresso come percentuale di sodio scambiabile), il calcare              
totale, la dotazione di sostanza organica e la presenza di                      
appezzamenti con alte concentrazioni di Cu e Zn, come totali e di P             
in forma assimilabile (Olsen).                                                  
Le misure che si intende assumere per compensare eventuali fattori              
critici devono essere indicate nel riquadro n. 2, allegato, che serve           
anche per evidenziare le caratteristiche principali delle aree                  
omogenee.                                                                       
1.3. Colture                                                                    
Per il quadriennio di validita' del Piano di utilizzazione agronomica           
bisognera' descrivere l'avvicendamento colturale previsto                       
specificando la superficie destinata alle singole colture.                      
A tale scopo si dovranno utilizzare i riquadri 3a o 3b.                         
I riquadri 3a e 3b sono concepiti per elaborare il Piano, procedendo,           
con approssimazioni successive, all'individuazione                              
dell'avvicendamento colturale ottimale per insiemi di particelle                
interessate annualmente dalla stessa coltura e ricadenti in un'area             
omogenea.                                                                       
La compilazione di detto riquadro potra' anche non essere ripetuta in           
tutte le colonne relative ai quattro anni d'impegno, se in azienda si           
praticano rotazioni biennali (come loiessa-mais) o triennali (come              
mais-frumento-bietola) che si ripetono uguali nel tempo.                        
Nel caso di variazioni nel riparto colturale, intervenute                       
successivamente, ma che non modifichino sostanzialmente il bilancio             
aziendale degli effluenti (vedasi tab. 7 "Gruppi di colture omogenee            
per fabbisogno in azoto"), il Piano di concimazione mantiene la sua             
validita'.                                                                      
Cio' al fine di garantire all'imprenditore agricolo la necessaria               
elasticita' operativa, in considerazione della difficolta' a                    
prevedere a priori le possibili modificazioni nell'ordinamento                  
colturale indotte da variabili climatiche o di mercato.                         
Per modifiche sostanziali devono intendersi quelle che non consentono           
di rispettare le "condizioni specifiche", vedi punto 4, e/o alterano            
la valutazione complessiva del Piano.                                           
In caso di variazioni, l'imprenditore agricolo e' comunque tenuto ad            
aggiornare tempestivamente, ed in ogni caso entro i primi trenta                
giorni dall'inizio del ciclo di ogni coltura, il riquadro 3a o 3b.              
2. Elaborazione del Piano di concimazione                                       
Nella elaborazione del Piano di concimazione si porra' l'attenzione             
prioritariamente all'azoto, che per la sua elevata mobilita', in                
forma di nitrato, risulta essere facilmente dilavabile e quindi                 
potenzialmente inquinante.                                                      
Si potranno utilizzare due metodi per la stesura del Piano:                     
1) metodo analitico;                                                            
2) metodo sintetico.                                                            
2.1 Metodo analitico                                                            
Si quantificheranno le reali necessita' di azoto delle colture                  
praticate adottando il metodo del bilancio semplificato nel sistema             
suolo/pianta.                                                                   
Il bilancio dell'azoto si basa sul confronto tra le uscite e le                 
entrate: quando le prime superano le seconde si giustifica l'apporto            
di azoto mediante fertilizzanti.                                                
Nell'effettuare il bilancio si possono trascurare alcune voci, quelle           
meno rilevanti o che si compensano con altre, e prendere in esame               
solamente i fattori ritenuti piu' significativi.                                
In ogni caso, e' importante operare in modo tale da ridurre le                  
possibili perdite.                                                              
Per la predisposizione dei Piani di utilizzazione agronomica dei                
liquami, si ritiene accettabile l'adozione di uno schema                        
semplificato, in cui si ipotizza che i processi di organicazione                
controbilancino quelli di mineralizzazione e che gli effetti di                 
fertilita' residua della coltura precedente siano consistenti                   
soltanto nel caso di successione a prato ed a medica.                           
Occorrera' prima di tutto definire per ciascuna area omogenea e per             
singola coltura uno schema tipo di intervento (vedi riquadro n. 3)              
che consideri i seguenti elementi:                                              
a) qualita' specifiche dei suoli che vincolano le quantita' massime e           
le modalita' di distribuzione dei reflui (secondo i criteri                     
precedentemente riportati);                                                     
b) asportazioni colturali;                                                      
c) effetti di fertilita' residua della coltura precedente che                   
modificano la disponibilita' di azoto per le piante nel terreno;                
d) epoche e modalita' di distribuzione dei fertilizzanti: anche                 
questi fattori, oltre al tipo di effluente e al titolo, condizionano            
i volumi e la dose di azoto totale apportabili per ettaro;                      
e) accorgimenti adottati per far fronte all'eventuale presenza di               
elementi di criticita' (come indicati in precedenza).                           
Asportazioni colturali                                                          
Le asportazioni colturali si calcolano moltiplicando i coefficienti             
unitari di asportazione riportati in tabelle n. 3 e n. 4 per la                 
produzione che ragionevolmente, in riferimento ai risultati                     
produttivi conseguiti negli anni precedenti, si prevede di ottenere.            
Si utilizzera' il coefficiente appropriato (ad es.: relativo alla               
granella o alla pianta intera) considerando soltanto le parti                   
vegetali effettivamente asportate dal campo.                                    
Valutazione della fertilita' residua nel terreno                                
Per quanto alla lettera c) si ritiene che soltanto prati e medica               
abbiano una fertilita' residua significativa: 80 kg/ha di azoto.                
Coefficienti di efficienza dei fertilizzanti                                    
Per quanto al punto d), si devono considerare i coefficienti di                 
efficienza da applicare ai quantitativi totali di azoto presenti                
nelle varie tipologie di fertilizzanti.                                         
I valori assunti da tali coefficienti dipendono dal tipo di materiale           
utilizzato, dalle modalita' e dalle condizioni di distribuzione.                
Per la loro corretta definizione occorre seguire la metodologia sotto           
riportata.                                                                      
Fertilizzanti di origine zootecnica                                             
Per la determinazione dei coefficienti di efficienza relativi ai                
diversi tipi di liquami, ai materiali palabili (ottenuti da                     
separazione meccanica), ai letami ed ai compost si consideri il tipo            
di terreno e l'epoca di distribuzione, facendo riferimento alle                 
tabelle n. 5a/b.                                                                
Per la definizione del livello di efficienza in relazione all'epoca             
ed alle modalita' di somministrazione, si fara' riferimento alla tab.           
6.                                                                              
Per le colture non riportate in tabella, si possono ritenere valide             
le indicazioni espresse per le colture di tipo e ciclo similare.                
Fertilizzanti di sintesi                                                        
Per questi concimi, ipotizzando un loro impiego soltanto nelle epoche           
piu' idonee e di maggior assorbimento da parte delle colture (in                
copertura o alla semina per le specie a ciclo primaverile estivo), si           
adottera' un coefficiente di efficienza dell'85% dell'azoto                     
distribuito.                                                                    
2.2 Metodo sintetico                                                            
Rispetto al metodo analitico si richiede l'individuazione soltanto              
dei seguenti elementi:                                                          
a) qualita' specifiche dei suoli che vincolano le quantita' massime;            
b) asportazioni colturali.                                                      
Si considerera' un unico coefficiente di efficienza dei liquami del             
60% ed un coefficiente di efficienza dei letami e degli altri                   
ammendanti del 30%.                                                             
Coerentemente con l'impostazione del metodo proposto, non si richiede           
la considerazione dell'efficienza dei concimi minerali.                         
3 - Valutazione complessiva del Piano: il rispetto delle condizioni             
generali per entrambi i metodi                                                  
In merito ai quantitativi totali di reflui e di azoto di origine                
zootecnica proposti all'utilizzazione in campo (sommatoria degli                
apporti indicati nei programmi annuali per ciascuna coltura) -                  
riquadri 3a o 3b - si dovra' rispettare il limite massimo previsto              
dal "Piano Territoriale regionale per il risanamento delle acque -              
stralcio per il comparto zootecnico", verificando:                              
- che la quantita' di azoto "efficiente" (parte dell'azoto                      
distribuito, di qualsiasi origine, che si presume venga assorbito               
dalla coltura), sia pari ai fabbisogni precedentemente calcolati per            
le colture;                                                                     
- che la quantita' media di azoto di origine organica distribuito               
annualmente per ettaro non superi:                                              
a) nelle zone vulnerabili e nelle aree ad elevato rischio di crisi              
ambientale, i 250 kg/ha nei primi 4 anni di applicazione della legge            
ed i 210 per gli anni successivi;                                               
b) nelle restanti aree, i 340 kg/ha.                                            
In merito al rapporto tra i quantitativi totali di reflui prodotti              
nell'anno, con espresso riferimento al parametro azoto e quelli                 
spandibili in campo, occorre dimostrare la corretta collocazione                
extraziendale delle eventuali eccedenze.                                        
4. Condizioni specifiche da rispettare per entrambi i metodi                    
Il Piano di utilizzazione agronomica dei liquami dovra' garantire:              
- che nel terreno non si verifichi un accumulo eccessivo di Cu, e di            
Zn totali e di P assimilabile; i terreni (appezzamenti) che                     
presentano concentrazioni totali di Cu e Zn rispettivamente superiori           
ai 100 e 300, nonche' tenori di P assimilabile superiori a 200 mg/kg            
saranno esclusi dal Piano;                                                      
- che nel terreno non si verifichi un aumento del sodio scambiabile             
(ESP) superiore al 20%, limite considerato in rapporto alla                     
tollerabilita' di alcune colture erbacee.                                       
Inoltre, occorre rispettare le seguenti condizioni:                             
- si devono indicare nelle note annesse al riquadro n. 2 quali siano            
la misure agronomiche adottate per ridurre gli eventuali fattori di             
criticita';                                                                     
- nel caso si utilizzino concimi di sintesi, questi non potranno                
essere distribuiti nel periodo autunnale;                                       
- le colture leguminose potranno ricevere gli effluenti zootecnici ma           
non dovranno essere concimate con prodotti di sintesi;                          
- nei prati non si potra' procedere agli spandimenti in autunno                 
inoltrato (dopo il 30/10); si ammette invece la distribuzione di                
terricciati e del letame compostato.                                            
5. Condizioni specifiche da rispettare per il metodo analitico                  
Si dovra' prevedere il frazionamento delle quantita' di liquame                 
distribuite annualmente in funzione della capacita' di accettazione             
delle piogge e dell'indice di incrostamento, al fine di evitare                 
rischi di ruscellamento.                                                        
Per ciascuna distribuzione sono ammessi:                                        
- per capacita' di accettazione alta o moderata e indice di                     
incrostamento fra 1,2 e 1,6 = volumi inferiori a 120 metri cubi per             
ettaro;                                                                         
- per capacita' di accettazione bassa e indici di incrostamento >>1,6           
= volumi inferiori a 60 metri cubi per ettaro.                                  
Occorre inoltre garantire:                                                      
- la riduzione dei rischi di inquinamento nei terreni con capacita'             
depurativa bassa o molto bassa prevedendo la distribuzione solo nelle           
epoche che garantiscano coefficienti di efficienza medi od elevati;             
- un coefficiente di efficienza dei liquami zootecnici medio                    
aziendale non inferiore al 40%. Per il calcolo del coefficiente medio           
si adottera' il seguente rapporto:                                              
         sommatoria dell'azoto organico efficace                                
  coef. medio =                                                                 
         sommatoria dell'azoto organico totale                                  
Qualora il Piano preveda l'impiego sia di liquami che di letami ed              
altri materiali palabili compostati, la soglia minima del                       
coefficiente medio aziendale (0.40) potra' essere ridotta sino allo             
0.30, proporzionalmente alla quota di azoto apportata.                          
ALLEGATO N. 1                                                                   
Descrizione delle linee di trattamento dei liquami                              
1) Lo stoccaggio e' inserito tra le linee di trattamento in quanto              
comporta una riduzione di azoto per volatilizzazione, soprattutto               
come ammoniaca.                                                                 
2) In questa linea di trattamento lo stoccaggio e' preceduto dalla              
separazione delle frazioni solide grossolane, frazioni palabili                 
ottenuta trattando il liquame con i vagli. I vari tipi di vagli                 
utilizzabili sono descritti nel cap. 2.4.4 pag. 101 del Manuale                 
reflui zootecnici edito dalla Regione Emilia-Romagna (1993). Nella              
linea 2b dopo la vagliatura viene effettuato un trattamento di                  
ossigenazione discontinua (4-8 ore / giorno) finalizzata alla                   
deodorizzazione e parziale stabilizzazione del liquame. Le tecniche             
di ossigenazione sono descritte al cap. 4.1.2, pag. 147 del Manuale             
reflui zootecnici.                                                              
3) In questa linea di trattamento si abbina alla separazione delle              
frazioni solide grossolane con vagliatura la separazione delle                  
particelle solide fini mediante sedimentazione o chiariflocculazione            
o flottazione, tecniche descritte al cap. 2.4.4 pag. 105 del Manuale            
reflui zootecnici. Con questi ultimi tipi di trattamento si ottiene             
una frazione densa, un fango non palabile assimilabile ai liquami tal           
quali. Nel caso in cui la sedimentazione sia attuata in bacini                  
dimensionati anche per lo stoccaggio del fango addensato che si                 
separa, puo' essere previsto il recupero del biogas che                         
spontaneamente si sviluppa dalla fermentazione anaerobica del fango,            
mediante coperture di materiale elastomerico o plastomerico; tale               
ulteriore trattamento non incide, comunque, in modo significativo sul           
volume e sul contenuto di N e P del liquame e del fango.                        
4) In questa linea prima dello stoccaggio viene effettuata la                   
separazione meccanica delle frazioni solide (grossolane e fini)                 
presenti nel liquame con le seguenti attrezzature: centrifuga ad asse           
orizzontale o nastropressa, descritte al cap. 2.4.4 pag. 108 del                
Manuale reflui zootecnici. Tale separazione, consigliabile per                  
liquami provenienti da allevamenti a basso o nullo consumo di acqua             
per i lavaggi, da' luogo ad una frazione solida palabile.                       
5) In questa linea sul liquame chiarificato, residuo della                      
separazione con centrifuga o nastropressa delle frazioni solide (vedi           
linea n. 4), viene effettuata una ossigenazione discontinua (4-8                
ore/giorno) finalizzata alla deodorizzazione e parziale                         
stabilizzazione del liquame stesso. Le tecniche di ossigenazione sono           
descritte al cap. 4.1.2 pag. 147 del Manuale reflui zootecnici.                 
6) In questa linea, simile alla linea 3, viene effettuata una                   
ossigenazione discontinua (4-8 ore/giorno) del liquido chiarificato             
finalizzata alla deodorizzazione a parziale stabilizzazione. Le                 
tecniche di ossigenazione sono descritte al cap. 4.1.2 pag. 147 del             
Manuale reflui zootecnici.                                                      
7) In questa linea viene effettuato un trattamento aerobico a fanghi            
attivi (ossidazione - nitrificazione - denitrificazione) sul liquame            
chiarificato residuo dalla separazione meccanica con centrifuga o               
nastropressa delle frazioni solide, ai fini di un elevato                       
abbattimento (non sufficiente tuttavia per lo scarico in acque                  
superficiali) del carico carbonioso e dei nutrienti (N e P). Le acque           
reflue in uscita da tale trattamento vengono avviate ad uno                     
stoccaggio di almeno 180 giorni e successivamente alla                          
fertirrigazione. Le caratteristiche di queste acque reflue sono tali            
da consentirne, in certi casi, lo sversamento in collettori fognari             
pubblici serviti da depuratori urbani. Il fango di supero del                   
trattamento depurativo e' avviato alla separazione meccanica assieme            
al liquame tal quale.                                                           
Definizione di due tipi di trattamento: ossigenazione e trattamento a           
fanghi attivi                                                                   
Ossigenazione                                                                   
In luogo di questo termine vengono usati spesso i termini di                    
aerazione o, piu' correttamente, di stabilizzazione aerobica.                   
La stabilizzazione aerobica di un liquame e' un processo che avviene            
ad opera di batteri aerobi facoltativi presenti nella massa di                  
liquame ed e' accelerato dalla insufflazione di aria nella massa                
stessa.                                                                         
Il processo viene regolato in modo da instaurare condizioni di                  
ossigeno disciolto di poco superiori allo zero.                                 
L'insufflazione di aria avviene in genere con intermittenza e per               
poche ore al giorno.                                                            
Il processo comporta la degradazione della sostanza organica verso              
composti a molecola corta, piu' stabili e non maleodoranti.                     
Si formano fanghi attivi (aggregati gelatinosi nei quali i batteri              
aerobi trovano supporto) ma in quantitativi molto modesti, non                  
necessitanti estrazione periodica.                                              
Prendendo a riferimento il BOD5, l'abbattimento di questo parametro             
puo' arrivare al massimo al 50%.                                                
Il tenore di azoto nel liquame viene ridotto e per strippaggio                  
dell'ammoniaca e, in minor misura, per nitri-denitrificazione.                  
Trattamento aerobico a fanghi attivi                                            
un processo biologico che, ai sensi della L.R. 50/95, non e'                    
finalizzato allo scarico in acque superficiali, e' effettuato senza             
aggiunta di sostanze chimiche dannose per l'ambiente e la salute, ed            
e' finalizzato all'impiego agronomico degli effluenti risultanti.               
Consiste nella insufflazione di aria o di ossigeno puro nella massa             
del liquame, in misura tale da ottenere condizioni di O2 disciolto              
che possono superare anche i 2 mg/1.                                            
L'insufflazione puo' avvenire anche con continuita' nelle 24 ore.               
Il processo determina la formazione di aggregati gelatinosi della               
grandezza di qualche millimetro, costituiti da numerosi microrganismi           
e da particelle organiche e inorganiche, il cosi' detto fango attivo.           
Prendendo a riferimento il BOD5, l'abbattimento di questo parametro             
puo' superare il 90%.                                                           
In speciali parti dell'impianto o in particolari fasi del processo,             
l'azoto ossidato ad azoto nitrico viene denitrificato con liberazione           
in atmosfera di azoto elementare e/o di N2O.                                    
La rimozione del fosforo avviene in genere per via fisico-chimica.              
In particolari condizioni di processo e con adeguate soluzioni                  
impiantistiche e' tuttavia possibile rimuovere il fosforo per via               
biologica e concentrarlo nel fango attivo di supero.                            
La formazione del fango di supero puo' essere ingente, per cui e'               
necessario rimuoverlo in speciali comparti dell'impianto                        
(sedimentatori, inspessitori, disidratatori, ..... ) che vanno a                
costituire la linea fanghi dell'impianto di trattamento aerobico.               
ALLEGATO N. 2                                                                   
Criteri per il campionamento dei suoli aziendali                                
Note tratte dalla "Guida per la descrizione e il campionamento dei              
suoli aziendali nell'ambito delle attivita' dei servizi di assistenza           
tecnica in agricoltura" e alla quale si rimanda per maggiori                    
approfondimenti.                                                                
1.1. Particelle o appezzamenti di riferimento                                   
Una volta suddiviso il territorio aziendale in unita' omogenee di               
gestione, si tratta di stabilire dove e come effettuare il prelievo             
dei campioni di terreno.                                                        
Considerando che l'unita' omogenea e' solitamente composta da piu'              
appezzamenti investiti con colture diverse avvicendate tra di loro,             
si potra' optare per una delle due seguenti soluzioni:                          
- campionare ogni appezzamento o gruppi di appezzamenti investiti con           
le singole colture;                                                             
- scegliere un appezzamento rappresentativo dell'intera area.                   
La seconda soluzione e' in genere da preferire perche' meno onerosa,            
comportando un minor numero di campioni.                                        
evidente che la estendibilita' all'intera unita' omogenea delle                 
informazioni ricavate nell'appezzamento campionato e' corretta                  
soltanto se la sua individuazione e delimitazione e' stata eseguita             
accuratamente, in particolare per quanto riguarda gli aspetti legati            
agli input agronomici.                                                          
Si puo' anche adottare una soluzione intermedia, campionando in                 
maniera differenziata in funzione dei parametri considerati.                    
infatti frequente riscontrare una buona uniformita' per alcuni                  
caratteri quali la tessitura, il calcare e il pH, per i quali sara'             
sufficiente una sola determinazione nell'appezzamento                           
rappresentativo; viceversa si procedera' con una indagine piu'                  
articolata per altri parametri, quali i macroelementi e i                       
microelementi, che mostrano maggiore variabilita', anche in relazione           
alle pratiche agronomiche.                                                      
1.2. Modalita' di campionamento                                                 
Il campionamento e' un'operazione assai delicata ed una sua                     
esecuzione non corretta puo' essere fonte di errori assai piu'                  
consistenti di quelli imputabili alle determinazioni                            
analitiche.Dall'esame di poche centinaia di grammi si ottengono                 
infatti informazioni che vengono estese ad una massa di terreno di              
alcune migliaia di tonnellate, ed e' quindi evidente la necessita' di           
procedere seguendo rigorosi criteri di campionamento.                           
1.2.1. Epoca di prelievo dei campioni                                           
I prelievi devono essere effettuati a sufficiente distanza di tempo             
dalle lavorazioni e soprattutto dalle concimazioni con prodotti di              
sintesi od organici.                                                            
Per le colture erbacee i campioni vanno prelevati alla fine del ciclo           
colturale, subito dopo la raccolta.                                             
Per le colture arboree i campioni si prelevano almeno 2-3 mesi dopo             
la ultime concimazioni primaverili o autunnali.                                 
La soluzione ottimale sarebbe quindi quella di ritornare piu' volte             
nella stessa azienda per campionare le particelle man mano che si               
conclude il ciclo delle diverse colture; in pratica, se cio' non e'             
possibile, ci si rechera' in azienda un'unica volta campionando anche           
dove le colture sono ancora in campo, purche' siano passati almeno              
2-3 mesi dalle ultime concimazioni.                                             
Il periodo utile per effettuare i prelievi di campioni di terreno               
variera' quindi in funzione delle colture presenti in azienda; per la           
nostra regione, orientativamente, tale periodo inizia subito dopo la            
raccolta del frumento e termina nel momento in cui i terreni vengono            
letamati, concimati e lavorati per la coltura seguente.                         
1.2.2. Profondita' e modalita' di prelievo                                      
Il campione da analizzare deve essere prelevato dallo strato di                 
terreno che risulta maggiormente interessato dalle radici delle                 
colture.                                                                        
Indicativamente si puo' procedere nel seguente modo:                            
a) colture erbacee: si preleva un unico campione nello strato                   
compreso tra la superficie del terreno e la profondita' della                   
lavorazione principale;                                                         
b) colture arboree: si raccogliera' un campione fino alla profondita'           
di 25-30 cm (cioe' nello strato normalmente interessato dalle                   
pratiche colturali effettuate per l'impianto in essere, ad esempio              
lavorazioni, concimazioni in copertura, ecc.) ed un secondo campione            
nello strato tra 30 e 60 cm di profondita' (zona che talora e'                  
maggiormente interessata dalle radici ed in cui sono state effettuate           
le lavorazioni e le concimazioni d'impianto).                                   
In ogni caso si devono adottare le seguenti precauzioni:                        
- evitare di effettuare le trivellate in punti in cui si prevede                
siano presenti situazioni anomale, come ai bordi dell'appezzamento,             
nelle prossimita' di capezzagne e scoline, dove ristagna l'acqua.               
ecc.;                                                                           
- prima di prelevare il campione occorre rimuovere i primi 2-3 cm di            
terreno, in cui possono trovarsi residui vegetali indecomposti;                 
- quando si preleva un campione in profondita', si deve evitare di              
mescolarlo con il terreno superficiale e, dopo aver prelevato il                
subcampione relativo allo strato superficiale, per evitare che parte            
del terreno sovrastante vada a mescolarsi con quello dello strato               
piu' profondo, e' consigliabile scartare il terreno prelevato nella             
zona immediatamente sottostante e continuare poi il campionamento               
raccogliendo i subcampioni relativi al secondo strato di terreno;               
- il numero di campioni per punto di prelievo sopra indicato (1 per             
le colture erbacee e 2 per le arboree) e' sufficiente in condizioni             
normali; se si presentano problemi particolari (asfissia radicale,              
ristagni idrici e, in generale, situazioni anormali) si consiglia di            
prelevare, sia per le erbacee che per le arboree, un ulteriore                  
campione a maggiore profondita'.                                                
1.2.3. Numero di campioni                                                       
Il numero di campioni da prelevare all'interno di un'area che possa             
ritenersi omogenea, non puo' essere stabilito a priori, ma deve                 
essere definito prendendo in considerazione vari fattori.                       
In altre parole non esiste un numero ottimale di campioni per unita'            
di superficie, ma la scelta deve essere fatta caso per caso anche in            
funzione delle finalita' per le quali si effettua il campionamento.             
Se si vuole stimare con sufficiente precisione quale e' il valore               
medio di un determinato parametro ed il suo intervallo fiduciale ad             
un determinato livello di probabilita', occorre raccogliere piu'                
campioni.                                                                       
Il numero deve essere tanto piu' alto quanto maggiore e' la                     
variabilita' del parametro da esaminare e quanto migliore si desidera           
sia la sua stima.                                                               
Alcuni caratteri come la tessitura, il pH, ecc. sono in genere                  
caratterizzati da minore variabilita' rispetto ad altri elementi                
nutrizionali come il fosforo, il ferro, ecc.                                    
Per questi ultimi sarebbe quindi opportuno prevedere un maggior                 
numero di determinazioni analitiche.                                            
Se si conosce, da indagini precedenti, la variabilita' che                      
caratterizza i parametri che si vogliono indagare, la scelta del piu'           
opportuno numero di campioni da prelevare puo' essere definita in               
funzione di intervalli fiduciali che siano dello stesso ordine di               
grandezza dell'ampiezza delle classi di valutazione dei singoli                 
parametri.                                                                      
Nella pratica molto spesso ci si trova nell'impossibilita' di                   
conoscere la variabilita' del o dei parametri esaminati per cui il              
procedimento sopra menzionato non e' applicabile.                               
Come indicazione di larga massima si puo' comunque fare riferimento             
ad uno studio condotto in passato presso tre aziende del Consorzio              
Emiliano Romagnolo Aziende Sperimentali (CERAS); da tale indagine e'            
risultato che generalmente sono sufficienti 3-6 campioni (da                    
analizzare separatamente) per definire con sufficiente precisione la            
maggioranza dei caratteri chimico-fisici del terreno; tra i                     
macroelementi solo il fosforo fa eccezione, richiedendo un maggior              
numero di determinazioni.                                                       
Solitamente, per contenere le spese di laboratorio, si tende invece a           
ridurre il numero dei campioni da esaminare giungendo a prelevare               
all'interno di una unita' omogenea anche un solo campione composto.             
Questo modo di operare non consente di valutare la precisione e                 
l'attendibilita' del risultato e cio' sminuisce l'utilita' delle                
informazioni desunte dalle analisi.                                             
Per quanto riguarda il rapporto fra campione e superficie di prelievo           
da esso rappresentata, non esiste un valore teorico predefinito,                
perche' il valore ottimale e' legato al grado di omogeneita' e di               
uniformita' dell'area esaminata.                                                
Normalmente viene consigliato di non scendere sotto al rapporto di 1            
campione per 3-4 ettari.                                                        
1.2.4. Numero dei subcampioni                                                   
Il terreno da sottoporre ad analisi viene costituito col prelievo               
alla medesima profondita' di piu' subcampioni dello stesso volume.              
Il numero di tali subcampioni non necessariamente deve essere                   
particolarmente elevato: possono ritenersi sufficienti 6-7                      
trivellate; un maggior numero di prelievi comporta un consistente               
aggravio del lavoro di campagna a cui non sempre corrispondono                  
differenze in termini analitici.                                                
Se pero', come detto precedentemente, si intende avviare all'analisi            
un solo campione composto per ogni unita' omogenea di gestione, e'              
opportuno prelevare un numero di subcampioni piu' elevato (circa 15).           
A questa proposito e' bene precisare che i "Metodi ufficiali di                 
analisi chimica del suolo", riportati nel DM 11 maggio 1992,                    
prevedono un numero di subcampioni piu' elevato, mai inferiore a 15.            
Per valutazioni che abbiano valenza fiscale e/o legale, bisognera'              
attenersi a tali indicazioni.                                                   
Se dalla riunificazione dei vari subcampioni si ottiene una massa               
consistente, sara' opportuno raccogliere il terreno dentro un secchio           
per procedere ad una accurata omogenizzazione.                                  
Successivamente, si porra', dentro un sacchetto di polietilene                  
pulito, un campione finale di circa 700-1000 g da avviare alle                  
analisi.Si raccomanda di applicare all'esterno del sacchetto il                 
cartellino compilato chiaramente in tutte le sue parti, facendo                 
particolare attenzione a riportare esattamente anno, comune, numero             
azienda e/o nome del titolare, unita' omogenea, numero appezzamento e           
profondita' di prelievo.                                                        
Prima di procedere al prelievo di nuovi subcampioni in un'altra                 
particella e' opportuno controllare metodicamente che non sia rimasto           
del terreno nell'elica della trivella o nei secchi.                             
L'operazione di omogenizzazione e' assai delicata e diventa difficile           
se non impossibile in presenza di terreno umido.                                
In questo caso, la procedura piu' corretta e' quella di consegnare              
l'intero campione al laboratorio il quale effettuera'                           
l'omogenizzazione dopo aver essiccato e frantumato il terreno.                  
1.2.5. Tipi di campionamento                                                    
La scelta dei punti di prelievo dei subcampioni puo' essere fatta               
seguendo diverse modalita' tra le quali si possono citare:                      
- campionamento irregolare - e' il modo piu' pratico e di uso piu'              
frequente; consiste nel seguire un percorso a zig-zag all'interno               
dell'area da campionare;                                                        
- campionamento sistematico - consiste nel suddividere idealmente la            
zona di campionamento, utilizzando un reticolo di dimensioni                    
opportune, in unita' approssimativamente della medesima dimensione,             
all'interno di ognuna delle quali viene prelevato il subcampione;               
ogni unita' elementare viene cosi' ad avere un ugual peso nella                 
costituzione del campione finale;                                               
- campionamento composto puntiforme - prevede il prelievo dei                   
campioni in un'area limitata della zona soggetta a campionamento e              
permette, rispetto agli altri metodi, di valutare meglio le                     
differenze di fertilita' fra punti diversi all'interno dell'azienda;            
puo' essere consigliato per sondare, all'interno di un'azienda mai              
indagata, come varia la fertilita' del suolo.                                   
1.2.6. Consegna dei campioni al laboratorio d'analisi                           
Il periodo di tempo che intercorre tra il prelievo e la consegna al             
laboratorio dei campioni deve essere il piu' breve possibile.                   
Qualora non fosse possibile una rapida consegna, e' indispensabile              
tenere i sacchetti aperti ed in locali arieggiati per evitare il                
formarsi di condensa, il riscaldamento e l'avvio di fermentazioni,              
nocive soprattutto per una corretta determinazione della sostanza               
organica e dell'azoto.                                                          
ALLEGATO N. 3                                                                   
Elenco delle Tabelle e Riquadri                                                 
- Tabella 1: Ripartizione del volume, dell'azoto (N) e del fosforo              
(P) tra e frazioni risultanti dai trattamenti dei liquami suinicoli;            
- Tabella 2: Azoto netto al campo e ripartizione tra le frazioni                
liquide e solide risultanti dai trattamenti di liquami suinicoli e              
relative note; - Riquadro 1: Sintesi della produzione di effluenti e            
di azoto; - Riquadro 2: Caratteristiche salienti dell'area omogenea;            
- Riquadro 3a: Programma di fertilizzazione annuale analitico; -                
Riquadro 3b: Programma di fertilizzazione annuale sintetico; -                  
Tabelle 3 e 4: Asporti delle principali colture erbacee e arboree; -            
Tabella 5A: Coefficienti di efficienza dei liquami provenienti da               
allevamenti di suini, bovini ed avicoli; - Tabella 5B: Coefficienti             
di efficienza del letame e di altri materiali palabili compostati; -            
Tabella 6: Definizione dell'efficienza dell'azoto da liquami in                 
funzione delle colture, delle modalita' e delle epoche di                       
distribuzione; - Tabella 7: Gruppi di colture omogenee per                      
asportazioni in azoto.                                                          
Elenco delle Tabelle e Riquadri allegati in visione alla "Direttiva             
tecnica per la redazione dei Piani di utilizzazione agronomica (PUA)            
dei liquami zootecnici e di altri effluenti di allevamento - art. 11,           
L.R. 50/95"                                                                     
- Tabella 1: Ripartizione del volume, dell'azoto (N) e del fosforo              
(P) tra e frazioni risultanti dai trattamenti dei liquami suinicoli;            
- Tabella 2: Azoto netto al campo e ripartizione tra le frazioni                
liquide e solide risultanti dai trattamenti di liquami suinicoli e              
relative note; - Riquadro 1: Sintesi della produzione di effluenti e            
di azoto; - Riquadro 2: Caratteristiche salienti dell'area omogenea;            
- Riquadro 3a: Programma di fertilizzazione annuale analitico; -                
Riquadro 3b: Programma di fertilizzazione annuale sintetico; -                  
Tabelle 3 e 4: Asporti delle principali colture erbacee e arboree; -            
Tabella 5a: Coefficienti di efficienza dei liquami provenienti da               
allevamenti di suini, bovini ed avicoli; - Tabella 5b: Coefficienti             
di efficienza del letame e di altri materiali palabili compostati; -            
Tabella 6: Definizione dell'efficienza dell'azoto da liquami in                 
funzione delle colture, delle modalita' e delle epoche di                       
distribuzione; - Tabella 7: Gruppi di colture omogenee per                      
asportazioni in azoto.                                                          
(seguono Allegati)                                                              

Azioni sul documento

ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

Valuta il sito

Non hai trovato quello che cerchi ?

Piè di pagina