DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 8 luglio 1998, n. 940
Programma regionale delle attivita' di informazione-educazione per la prevenzione dell'infezione da HIV - triennio 1998/2000 - Definizione della rete organizzativa per la lotta all'AIDS. Parziale revoca della deliberazione consiliare 375/91 (proposta della Giunta regionale in data 1 giugno 1998, n. 777)
IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Richiamata la deliberazione progr. n. 777, del 1 giugno 1998, con cui
la Giunta regionale ha assunta l'iniziativa per il programma
regionale delle attivita' di informazione-educazione per la
prevenzione dell'infezione da HIV - triennio 1998-2000 - Definizione
della rete organizzativa per la lotta all'AIDS. Parziale revoca della
deliberazione consiliare 375/91;
preso atto delle modifiche apportate sulla predetta proposta dalla
Commissione consiliare "Sicurezza sociale", in sede preparatoria e
referente al Consiglio regionale, giusta nota prot. n.8557 in data
25 giugno 1998;
premesso che:
- con L.R. 16 giugno 1988, n. 25 e' stato previsto un Programma
regionale degli interventi per la prevenzione e la lotta contro
l'AIDS;
- con deliberazione del Consiglio regionale n. 375 del 14 febbraio
1991, su proposta della Giunta regionale del 27 novembre 1990, n.
5873, e' stato approvato il Programma regionale degli interventi per
la prevenzione e la lotta contro l'AIDS;
atteso che sono intervenuti cambiamenti per quanto attiene
all'epidemiologia e al trattamento dell'infezione e della malattia,
tali da rendere necessario un aggiornamento del Programma sopra
citato, riguardo alle attivita' di informazione e di educazione alla
salute della popolazione, nonche' riguardo agli aspetti organizzativi
di sostegno, alla luce del nuovo assetto organizzativo del Servizio
sanitario regionale e al fine di rimarcare la necessaria
collaborazione interistituzionale e fra associazioni impegnate nella
prevenzione dell'infezione da HIV;
preso atto che il seminario regionale "La promozione della salute e
la prevenzione dell'AIDS", organizzato dagli Assessorati alla Sanita'
e Politiche sociali e familiari, Scuola, Qualita' urbana, svoltosi a
Bologna l'8 e il 9 maggio 1997, ha visto la presenza di circa
cinquecento partecipanti - fra cui anche molte associazioni di
volontariato, rappresentanti di Enti locali, del mondo della scuola,
oltre che, ovviamente, operatori sanitari - che hanno validato le
linee tracciate dalla proposta del nuovo Programma e contribuito a
definirne i contenuti tecnici e operativi;
considerato il parere favorevole formulato dalla Commissione
consultiva tecnico-scientifica, costituita con deliberazione di
Giunta regionale n. 1043 del 24 giugno 1997, nella seduta del 18
novembre 1997, nonche' le modifiche suggerite dalla stessa che
costituiscono parte integrante del testo dell'allegato Programma;
considerato che e' conseguentemente necessario approvare, per il
triennio 1998/2000, un nuovo "Programma regionale delle attivita' di
informazione-educazione per la prevenzione dell'infezione da HIV",
che contempla anche la "Definizione della rete organizzativa per la
lotta all'AIDS" e sostituisce le analoghe sezioni della precedente
deliberazione del Consiglio regionale n. 375 del 14 febbraio 1991;
ritenuto che e' necessario revocare i disposti del "Programma" di cui
alla deliberazione del Consiglio regionale 375/91 nella parte
inerente gli "Interventi di prevenzione" di cui al punto 5) e, fra
gli "Strumenti di coordinamento tecnico per l'attuazione del
Programma", il punto 8.1 "Commissione di coordinamento
provinciale";vista la L.R. 14/98 "Approvazione del Bilancio di
previsione della Regione Emilia-Romagna per l'anno finanziario 1998 e
Bilancio pluriennale 1998/2000" e la L.R. 13/98 Finanziaria
regionale;
ritenuto che per far fronte, per l'anno 1998, al finanziamento per
incentivare la realizzazione dei progetti integrati di
informazione-educazione alla salute volti alla prevenzione dell'AIDS
- da presentarsi da parte di tutte le Aziende Unita' sanitarie locali
della regione che dovranno aver coinvolto nell'iniziativa gli Enti
locali, le associazioni di volontariato e le organizzazioni del
privato-sociale che insistono sul territorio di riferimento - e'
necessaria la somma di Lire 500.000.000 e che tale somma e'
disponibile:
a) per Lire 430.000.000 a carico del Capitolo 51720 "Quota del Fondo
sanitario regionale impiegata direttamente dalla Regione per
interventi di promozione e supporto nei confronti delle Aziende
sanitarie in relazione al perseguimento degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale e regionale (art. 2, DLgs 30 dicembre 1992, n.
502) " Mezzi statali" del Bilancio regionale per l'esercizio 1998
nonche' ai sensi della Legge finanziaria regionale 13/98, art. 44,
lett. a);
b) per Lire 70.000.000 a carico del Capitolo 51704 "Fondo sanitario
nazionale di parte corrente. Assegnazioni alle Aziende sanitarie
della regione (art. 39, DLgs 15 dicembre 1997, n. 446). Mezzi
regionali" (C.N.I.) del Bilancio regionale per l'esercizio 1998, con
riferimento all'accantonamento di Lire 23 miliardi per "Altri
progetti speciali" di cui alla deliberazione n. 2558 del 22 dicembre
1997, esecutiva ai sensi di legge;
atteso che e' necessario riservare a un successivo provvedimento di
Giunta l'assegnazione e l'impegno della somma di cui trattasi, da
ripartirsi tra le Aziende Unita' sanitarie locali della regione sulla
base della valutazione dei progetti che le stesse dovranno presentare
alla Direzione generale Sanita' e Servizi sociali entro un mese dalla
pubblicazione del presente provvedimento nel Bollettino Ufficiale
della Regione e secondo i criteri contemplati nell'allegato
programma;
rilevato che i progetti indicati al paragrafo precedente devono
riguardare la realizzazione della campagna informativo-educativa
regionale per la prevenzione delle infezioni da HIV, cosi' come
delineata dallo specifico capitolo del Programma allegato, quale sua
parte integrante e sostanziale, alla presente deliberazione e secondo
le linee e gli indirizzi strategici definiti piu' in generale dallo
stesso;
rilevato altresi' che entro il termine piu' sopra previsto, le
Aziende Unita' sanitarie locali debbano definire gli interventi
organizzativi di propria competenza, presentandoli alla Direzione
generale Sanita' e Servizi sociali, secondo quanto stabilito dallo
specifico capitolo dell'allegato programma quale parte integrante e
sostanziale della presente deliberazione;
rilevato ancora di riservare a successivi provvedimenti di Giunta
ulteriori assegnazioni di incentivi finanziari alle Aziende Unita'
sanitarie locali della regione sulla base di specifici progetti;
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,
delibera:
1) di approvare il "Programma regionale delle attivita' di
informazione-educazione per la prevenzione dell'infezione da HIV.
Definizione della rete organizzativa per la lotta all'AIDS", allegato
alla presente deliberazione quale sua parte integrante e sostanziale;
2) di determinare che il Programma, parte integrante e sostanziale
della presente deliberazione, di cui al precedente punto 1), abbia
durata triennale;
3) di revocare i disposti del "Programma" di cui alla deliberazione
del Consiglio regionale 375/91 nella parte inerente gli "Interventi
di prevenzione" di cui al punto 5 e, fra gli "Strumenti di
coordinamento tecnico per l'attuazione del Programma", il punto 8.1
"Commissione di coordinamento provinciale";
4) di prevedere la possibilita' di aggiornare con specifici
provvedimenti di Giunta regionale il Programma, parte integrante e
sostanziale della presente deliberazione di cui al punto 1), a
seguito di evidenze epidemiologiche, metodologiche e tecniche che lo
dovessero rendere necessario, nell'ambito delle linee guida definite
dal Programma stesso;
5) di determinare che, entro un mese dalla pubblicazione del presente
provvedimento nel Bollettino Ufficiale della Regione, tutte le
Aziende Unita' sanitarie locali della regione debbano presentare alla
Direzione generale Sanita' e Servizi sociali i progetti relativi alla
realizzazione della campagna informativo-educativa regionale per la
prevenzione delle infezioni da HIV, cosi' come delineata dallo
specifico capitolo del Programma allegato alla presente
deliberazione, quale sua parte integrante e sostanziale, e secondo le
linee e gli indirizzi strategici definiti piu' in generale dallo
stesso;
6) di determinare che, entro lo stesso termine indicato al punto
precedente, le Aziende Unita' sanitarie locali della regione debbano
definire gli interventi organizzativi di propria competenza,
presentandoli alla Direzione generale Sanita' e Servizi sociali,
secondo quanto stabilito dallo specifico capitolo dell'allegato
Programma quale parte integrante e sostanziale del presente
provvedimento;
7) di determinare di destinare la somma di Lire 500.000.000 per
incentivare la realizzazione di quanto indicato ai precedenti punti
5) e 6);
8) di determinare che la somma di cui al punto 7) e' disponibile:
a) per Lire 430.000.000 a carico del Capitolo 51720 "Quota del Fondo
sanitario regionale impiegata direttamente dalla Regione per
interventi di promozione e supporto nei confronti delle Aziende
sanitarie in relazione al perseguimento degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale e regionale (art. 2, DLgs 30 dicembre 1992, n.
502) - Mezzi statali" del Bilancio regionale per l'esercizio 1998
nonche' ai sensi della Legge finanziaria regionale 13/98, art. 44,
lett. a);
b) per Lire 70.000.000 a carico del Capitolo 51704 "Fondo sanitario
nazionale di parte corrente. Assegnazioni alle Aziende sanitarie
della regione (art. 39, DLgs 15 dicembre 1997, n. 446). Mezzi
regionali" (C.N.I.) del Bilancio regionale per l'esercizio 1998, con
riferimento all'accantonamento di Lire 23 miliardi per "Altri
progetti speciali" di cui alla deliberazione n. 2558 del 22 dicembre
1997, esecutiva ai sensi di legge;
9) di riservare ad un successivo provvedimento di Giunta
l'assegnazione della somma di cui al precedente punto 7),
l'assunzione del relativo impegno a carico dei sopraddetti Capitoli
51704 e 51720 del Bilancio regionale per l'esercizio 1998, nonche' la
definizione delle condizioni per la liquidazione, che sara' disposta
con atto formale del dirigente competente per materia ai sensi della
L.R. 31/77, cosi' come modificata dalla L.R. 40/94 e della
deliberazione di Giunta regionale 2541/95;
10) di riservare altresi' ad ulteriori provvedimenti di Giunta, ad
avvenuto avvio della progettazione 1998, la quantificazione delle
annualita' 1999/2000 per la realizzazione del programma;
11) di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale
della Regione Emilia-Romagna.
ALLEGATO
Programma regionale
delle attivita' di informazione-educazione
per la prevenzione dell'infezione da HIV
DEFINIZIONE DELLA RETE ORGANIZZATIVA
PER LA LOTTA ALL'AIDS
Il problema
L'infezione da HIV/AIDS rappresenta - nell'ambito della piu'
complessiva tematica delle malattie a trasmissione sessuale - un
problema di sanita' pubblica di particolare complessita', in cui
risvolti di carattere biologico, clinico e assistenziale si
intrecciano con aspetti sociali, etici e psicologici.
I soggetti infetti possono non presentare sintomi di malattia per
vari anni e, non essendo a conoscenza del proprio stato, possono
contagiare altre persone. La combinazione di diverse modalita' di
trasmissione (via sessuale, parenterale, dalla madre al figlio) sta
portando a un progressivo allargamento del numero di persone esposte
a rischio.
L'infezione in Italia colpisce prevalentemente i tossicodipendenti,
ma anche la popolazione generale a comportamento eterosessuale, in
particolare i giovani e soprattutto le donne in eta' fertile.
Il problema non riguarda tanto le cosiddette "categorie a rischio" ma
tutti i soggetti con comportamenti a rischio - presenti in ampi
strati della popolazione - i quali dovranno modificare condotte assai
radicate. Tale processo di apprendimento richiedera' diverso tempo.
Le conseguenze prodotte dall'infezione da HIV sono di estrema
importanza per l'individuo, la famiglia, la societa' e per lo stesso
sistema sanitario; l'infezione incide sul piano economico, sociale,
culturale e politico: colpisce prevalentemente le persone in eta'
produttiva, puo' causare reazioni di difesa da parte di alcuni,
discriminazioni nei confronti dei sieropositivi non solo
nell'ambiente di lavoro, ma anche in quello abitativo e nelle
comunita' pubbliche.
Tale complessita' impone che il problema sia affrontato in modo
continuativo nel tempo e organicamente, aggregando e sistematizzando
le varie attivita' espletate da diverse strutture sanitarie e
sociali.
In relazione a cio' la Regione, ancora prima della promulgazione
della Legge 135/90 si e' dotata di diversi strumenti per la lotta
all'AIDS quali la L.R. 25/88 "Programma regionale degli interventi
per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS", cui ha fatto seguito la
deliberazione del Consiglio regionale n. 375 del 14 febbraio 1991, la
quale rappresenta il momento concreto di attuazione della suddetta
legge.
Da allora, anche alla luce del Programma regionale, sono stati
emanati numerosi atti di indirizzo e di attuazione degli obiettivi
formulati, fra i quali occorre ricordare anche la L.R. 29/94
"Assistenza a domicilio per i pazienti terminali" e il relativo
Programma pluriennale di interventi.
Sebbene grazie alle nuove terapie antiretrovirali sia possibile
rallentare il decorso della malattia, non sono ancora disponibili
trattamenti di sicura efficacia nei confronti dell'infezione.
Pertanto e' necessario dare continuita' ai programmi intrapresi,
perseverare nelle azioni di prevenzione e quindi aggiornare le
strategie inerenti gli aspetti educativi, informativi, formativi che
rappresentano a tutt'oggi gli strumenti piu' efficaci nella lotta
contro la malattia, come confermato a livello mondiale da tutti i
documenti dell'Organizzazione mondiale della Sanita' e a livello
nazionale dal Ministero della Sanita'.
Se si prendono in considerazione le potenziali vie di trasmissione:
- l'attivita' sessuale (rapporti non protetti con un partner sessuale
infetto),
- l'esposizione parenterale cutanea o mucosa a sangue infetto o suoi
derivati (scambio di siringhe e di materiali usati in comune dai
tossicodipendenti per la preparazione delle sostanze, rischio
occupazionale e iatrogeno),
- la trasmissione materno-fetale e perinatale,
si evince che tutte possono essere influenzate da un'adeguata
attivita' di educazione/informazione della popolazione e di
formazione degli operatori sanitari.
L'educazione e' l'unico strumento idoneo a modificare - a tutela
della propria e dell'altrui salute - comportamenti che sono
potenzialmente suscettibili di controllo da parte del singolo
individuo, quali i rapporti sessuali a rischio e lo scambio di
siringhe e di altri materiali, che rappresentano le principali
modalita' di trasmissione nell'Europa occidentale, in Italia e in
Emilia-Romagna.
Assume cosi' un'importanza prioritaria l'intervento educativo sia
rivolto ai soggetti sani, per promuovere un piu' adeguato livello di
salute, sia rivolto ai sieropositivi, ai malati e alle loro famiglie
per prevenire la trasmissione dell'infezione, ridurre la morbosita' e
la mortalita', evitare le discriminazioni.
Tutti gli interventi educativi inoltre acquistano una particolare
rilevanza nella lotta all'AIDS, sia che siano condotti dal Servizio
sanitario pubblico, sia da Enti pubblici (Enti locali, il sistema
scolastico), sia da soggetti non istituzionali quali il privato
socio-sanitario, gli Enti ausiliari, il volontariato,
l'associazionismo, i gruppi spontanei di auto-aiuto.
Non vi e' dubbio anzi che questi ultimi abbiano una maggiore
possibilita' di raggiungere in modo capillare la popolazione nel suo
complesso e le persone maggiormente esposte negli ambienti di vita e
di lavoro dove si realizzano le situazioni di rischio, producendo
cultura e atteggiamenti idonei a instaurare una comunicazione
interpersonale efficace, partecipata, realmente interattiva.
Si ritiene pertanto innovativo sollecitarne la sperimentazione al
fine di valutarne i risultati.
Un sistema innovativo per la promozione della salute risulta essere
l'educazione tra pari. Le varie esperienze condotte, anche in ambito
scolastico, evidenziano che i giovani sono capaci di condurre
esperienze informative e formative con ottimi risultati, ovviamente
con un adeguato supporto da parte di adulti e di operatori sanitari.
E' stato proposto di aumentare il protagonismo dei giovani, di favorirne
l'autodeterminazione, anche attraverso il coinvolgimento delle
consulte provinciali degli studenti.
L'educazione tra pari assume una grande importanza anche in ambiente
extrascolastico e nei confronti di tutti i target: giovani non
scolarizzati, prostitute, omosessuali, lesbiche, soggetti
sieropositivi, reclusi, ecc... Si sottolinea che la peer education e'
un metodo efficace nei confronti di tutti quei gruppi con i quali
possono esistere barriere comunicative con gli operatori sanitari e
le istituzioni.
Il Servizio sanitario pubblico dovra' pertanto favorire il processo
di cooperazione tra i diversi organismi svolgendo azioni di
promozione, coordinamento, progettazione e valutazione, consulenza
tecnica e formazione.
Obiettivi prioritari del Programma
Il presente Programma si riferisce esclusivamente alle attivita' di
informazione/educazione per la prevenzione dell'infezione da HIV e
non riguarda gli specifici interventi formativi rivolti al personale
sanitario per la prevenzione dei rischio infettivo occupazionale
(cosiddetta formazione interna). Pertanto si elencano di seguito i
principali obiettivi da perseguire.
Sara' innanzitutto necessario cooperare con tutte le risorse al
momento disponibili e attive nella lotta all'AIDS per tendere alla
costruzione di una comunita' educante, in cui le strutture pubbliche
e private, le associazioni con finalita' educative e non, si
responsabilizzino sui problemi inerenti la salute e costituiscano una
rete formativa per la promozione del benessere dei singoli e della
comunita'.
L'informazione e l'educazione dovranno avere come obiettivi:
a) la consapevolezza del rischio e l'aumento delle conoscenze sulle
vie di trasmissione, sui comportamenti atti a ridurre il rischio e la
correzione delle convinzioni errate;
b) il cambiamento dei comportamenti sessuali a rischio e delle
modalita' iniettive di uso di droghe che si traducono positivamente
in pratiche di sesso piu' sicuro e di riduzione del danno da uso di
droghe;
c) l'acquisizione di un maggiore autocontrollo, legato alla
convinzione e alla capacita' di condurre e/o di insistere su pratiche
piu' sicure. Cio' implica un approccio all'educazione generale e
all'educazione sessuale in particolare piu' ampio e piu' a lungo
termine, che non puo' essere affidato alla comunicazione di massa, ma
a metodi comunicativi diretti;
d) il miglioramento dell'impatto a livello individuale e sociale
dell'AIDS, cioe' l'eliminazione degli atteggiamenti negativi nei
confronti delle persone HIV infette e della stigmatizzazione dei
gruppi esposti a rischio, la riduzione della paura e dell'ansia che
possono rendere la tutela piu' difficile.
Strategie di intervento
E' necessario pertanto integrare l'intervento preventivo primario con
quello secondario e assistenziale. Gli interventi educativi,
formativi, informativi che dovranno essere realizzati in tutti questi
campi sono di seguito articolati facendo riferimento sia ai programmi
assistenziali al malato, al tossicodipendente, ecc., sia ai programmi
rivolti alla popolazione in generale o a parti di essa. Rappresenta
obiettivo delle Aziende sanitarie, e in particolare delle Aziende
Unita' sanitarie locali, condurre tutti gli interventi specificati,
in quanto di competenza, impegnandosi in primo luogo in uno sforzo di
integrazione interna e di sinergia con gli Enti locali, il
volontariato e il privato-sociale.
Gli interventi informativi ed educativi devono essere specifici e
mirati, evitando terminologie vaghe o confuse, e devono utilizzare
linguaggi e strumenti scientifici adeguati ai destinatari ai quali
sono diretti; occorre enfatizzare i comportamenti a rischio piuttosto
che le categorie, in quanto si possono rinforzare idee errate, quali:
che le persone a rischio siano facilmente riconoscibili; che il
rischio riguardi solo certi gruppi cui l'individuo non appartiene.
Gli interventi dovranno riguardare i gruppi con comportamenti ad alto
rischio i quali, essendo gia' consapevoli e preoccupati, necessitano
di essere rassicurati e di ricevere consigli su come agire. Gli
interventi dovranno altresi' riguardare la popolazione generale che
ha bisogno di essere continuamente incoraggiata a considerare
seriamente la possibilita' di un'infezione da HIV e l'ipotesi di
contrarre anche altre malattie trasmesse sessualmente (MTS).
Per la lotta all'AIDS occorre migliorare le capacita' di
comunicazione: ci si puo' avvalere di metodi comunicativi diretti,
condotti su piccoli gruppi, utilizzando la rete delle comunita'
locali, fondamentale per arrivare a persone altrimenti difficili da
raggiungere e da persuadere, cruciale soprattutto per HIV/AIDS - data
la rilevanza degli aspetti relazionali ed emotivi - efficace per il
cambiamento duraturo dei comportamenti e per favorire
l'autocontrollo.
E' necessario avvalersi di mediatori culturali, cioe' di quelle figure
professionali e sociali che rivestono un ruolo significativo per la
popolazione che si intende raggiungere e del metodo dell'educazione
tra pari, estremamente utile specie con i giovani, soprattutto in
ambienti extrascolastici.
Ancora, per la lotta all'AIDS puo' essere opportuno avvalersi dei
mezzi comunicativi di massa utili a fornire informazioni e ad
aumentare la consapevolezza della popolazione generale.
Tipologia di intervento e destinatari
1. Tipologia di intervento correlata all'assistenza del sieropositivo
e del malato
Le persone infette, i loro partners sessuali, le famiglie e il
circolo amicale, a causa degli effetti psicologici e fisici che
l'AIDS comporta, vengono aiutati ad affrontare i loro problemi
mediante l'assistenza a domicilio, in struttura residenziale, in
regime di assistenza diurna e di ricovero ospedaliero.
L'educazione sanitaria del soggetto e del circolo familiare e amicale
deve pertanto essere condotta in questi ambiti operativi, con il
concorso del volontariato che collabora all'erogazione delle
prestazioni, sia attraverso il counselling, sia attraverso attivita'
educative strutturate.
Obiettivi educativi prioritari da perseguire:
- conoscere e saper applicare le tecniche assistenziali di base con
particolare riferimento alle misure preventive del contagio e delle
complicanze della malattia, all'igiene individuale, all'alimentazione
e a tutti gli aspetti educativi correlati al piano assistenziale del
sieropositivo e del malato;
- conoscere i diritti dei sieropositivi e dei malati e saper gestire
le principali pratiche burocratiche e amministrative, relative alla
sanita', al lavoro, ecc.;
- conoscere il diritto all'informazione e all'accesso ai documenti
amministrativi, conoscere e saper accedere alle risorse locali di
carattere socio-sanitario e culturale;
- migliorare la comunicazione sulle tematiche relazionali, affettive
e sociali: ricostruire atteggiamenti e opinioni personali in
relazione alla morte, prendere coscienza delle implicazioni
psicologiche relative al vissuto dell'infezione e della malattia,
favorire l'analisi dei processi sociali.Per quanto attiene poi alle
problematiche relative all'infezione e alla malattia in eta'
pediatrica occorre:
- fornire un supporto informativo-educativo alle famiglie di origine
o affidatarie;
- fornire l'informazione atta a far comprendere l'importanza
dell'inserimento scolastico e in generale nelle collettivita' dei
bambini sieropositivi o malati.
I progetti educativi saranno predisposti di concerto con gli
operatori delle Aziende sanitarie e cogestiti, in forme anche
differenziate, col volontariato, prevedendo moduli formativi
strutturati:
a) di piccolo gruppo, sugli aspetti teorici e pratici generali;
b) di addestramento individualizzato (uno-due familiari/amici) al
domicilio del malato per particolari assistenze personalizzate e per
favorire il rapporto diretto col malato medesimo, anche perche' il
sostegno psicologico contribuisce al raggiungimento dei risultati
terapeutici.
Sara' cura delle Aziende sanitarie organizzare, pure con il concorso
degli Enti locali, la formazione dei formatori che attueranno i
suddetti interventi, avvalendosi delle esperienze gia' realizzate.
L'attivita' dovra' essere organizzata e documentata alla stregua dei
normali corsi di formazione.
2. Tipologia di intervento correlata ai programmi di riduzione del
danno e di prevenzione rivolti ai tossicodipendenti
I programmi di riduzione del danno hanno lo scopo di avvicinare e
mantenere i contatti tra il SERT e la popolazione tossicodipendente
che non si reca al servizio.
Oltre agli specifici obiettivi contro la diffusione e la letalita'
degli stupefacenti, questi programmi hanno lo scopo di prevenire il
peggioramento delle condizioni fisiche, psicologiche e sociali dei
tossicodipendenti e di ridurre l'incidenza delle infezioni
trasmissibili per via ematica e sessuale, contribuendo anche alla
tutela della salute della popolazione in generale.
Sia sul piano preventivo in generale sia educativo-informativo in
particolare, accorre privilegiare i progetti "Operatori di strada",
che si avvalgono di mezzi mobili e semimobili attrezzati (pullmino,
camper, roulotte, tenda, ecc.).
Questi mezzi consentono di contattare direttamente i
tossicodipendenti nei luoghi e nelle situazioni a essi abituali, di
fornire consigli e informazioni, di distribuire profilattici,
materiale sterile e kits salvavita.
Da valutare, in particolare nell'area metropolitana bolognese, la
possibilita' di uno sviluppo di questo progetto con la creazione di
strutture intermedie di accoglienza per i tossicodipendenti. Queste
strutture si definiscono intermedie perche' si collocano tra la
strada e il Servizio sanitario e di accoglienza in quanto, piu'
adeguatamente di un mezzo mobile o semimobile, consentono
l'avvicinamento di un numero maggiore di soggetti. Esse possono
essere dotate di infrastrutture in cui erogare servizi utili al
mantenimento dello stato di salute e di igiene, servizi informativi e
di consulenza ai tossicodipendenti.
Gli interventi di cui sopra si integrano con le attivita' di vendita
e scambio automatico di siringhe sterili.
Per la tipologia dei progetti e' richiesta la collaborazione con gli
Enti locali e le associazioni di volontariato.
Occorrera' condurre interventi mirati anche per la popolazione non
tossicomane che solitamente accede al SERT spontaneamente o su invio
della Prefettura e di istituzioni giudiziarie.
L'attivita' educativa in tutti i progetti di riduzione del danno
sara' fondata sul rapporto di confidenza e di fiducia tra il
tossicodipendente e l'operatore, in questo caso senza camice bianco.
Si avvarra' prevalentemente della comunicazione diretta
interpersonale, non istituzionale e di brevi messaggi scritti sotto
forma di cartelloni, foglietti, gadgets, tutti specifici per questo
target, in considerazione della frequente bassa scolarita' e del ceto
sociale medio-basso cui appartiene la popolazione tossicodipendente
che non frequenta abitualmente palestre, centri sportivi e/o
ricreativi, ecc. - ed e' quindi difficilmente raggiungibile e
scarsamente permeabile all'informazione/educazione.
Per quanto riguarda i tossicodipendenti in trattamento presso i SERT
e gli Enti ausiliari si dovra' mettere a disposizione materiale
informativo prodotto possibilmente a livello regionale, anche per
contenere i costi, ma e' soprattutto nell'ambito della relazione
operatore-utente che acquista particolare efficacia il counselling
specifico.
Un impegno rilevante sara' rappresentato dalla produzione di veri e
propri sussidi didattici che promuovano il coinvolgimento dei
soggetti, da utilizzarsi individualmente con il singolo o in piccoli
gruppi, sia nei servizi sia nelle comunita'
terapeutico-riabilitative.
Per un'efficace comunicazione il materiale informativo/formativo
potra' essere progettato dagli stessi gruppi di utenti, realizzato e
diffuso a livello dell'intera regione.
Le linee di indirizzo regionali sulla riduzione del danno da uso di
droga (deliberazione della Giunta regionale n. 3830 del 31 ottobre
1995) rappresentano il riferimento per l'attuazione di tutti gli
interventi.
3. Nelle strutture penitenziarie
Il problema della presenza e della diffusione del virus nelle carceri
ha risvolti sia all'interno dell'ambiente carcerario, sia all'esterno
verso la popolazione generale.
La rilevante presenza di soggetti tossicodipendenti e sieropositivi,
il sovraffollamento, l'organizzazione della vita all'interno del
carcere, la possibilita' della circolazione di droghe, i contatti col
mondo esterno conseguenti ai permessi, lo stesso turnover dei
rilasci, l'applicazione delle misure di semiliberta' e
dell'ammissione al lavoro esterno, aumentano le probabilita' di
contagio in presenza di comportamenti a rischio.
Interventi di educazione, di informazione e di consulenza ai
detenuti, alle famiglie e al personale in servizio presso gli
istituti penitenziari, suggerimenti alla direzione in ordine
all'organizzazione, vengono forniti dal SERT, dal Servizio Igiene
pubblica e dalla Struttura ospedaliera sulla base delle "Linee guida
per la prevenzione dell'infezione da HIV e AIDS nelle strutture
penitenziarie dell'Emilia-Romagna" gia' predisposte.
4. Per la prevenzione della trasmissione sessuale
4.1. Donne in eta' fertile
Sempre piu' interessate dall'infezione, le donne devono essere messe
in grado di compiere scelte con la piena conoscenza e consapevolezza
dei rischi che ne minacciano la salute.
All'interno di questo ampio target occorre individuare i soggetti a
maggior rischio e piu' bisognosi di tutela. I sottogruppi individuati
riguardano:
- le giovani donne, in genere caratterizzate, al pari degli uomini,
da una mobilita' sessuale significativa;
- le partners di sieropositivi, di tossicodipendenti o ex
tossicodipendenti;
- le donne appartenenti a fasce marginali, deboli, specie se in eta'
feconda, non tanto perche' esposte a maggiori rischi, quanto
piuttosto perche' potenzialmente meno informate e meno
"raggiungibili". Donne appartenenti a famiglie multiproblematiche,
con problemi psichiatrici, ecc. che risultano essere particolarmente
resistenti ai messaggi di prevenzione;
- le donne immigrate che vivono in condizioni di precarieta' sociale
ed economica; a questo gruppo e' rivolto un progetto specifico di
accoglienza dei Consultori familiari. E' opportuno, in questo
contesto, attivare rapporti stabili e duraturi, basati
sull'interazione personale della donna col servizio e con il singolo
operatore. Se questa considerazione e' vera in generale, lo e' in
particolare per la popolazione immigrata, che, in forza delle diverse
culture, porta con se' immagini diverse del Servizio sanitario e dei
rapporti con gli operatori;
- donne dedite alla prostituzione: si veda il Progetto sperimentale
"Prostituzione" dell'Assessorato regionale alle Politiche sociali e
familiari, di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 2567
del 24 ottobre 1996 "Approvazione progetto regionale Prostituzione in
attuazione deliberazione consiliare n. 366 del 4 luglio 1996".
Gli interventi educativi, informativi e formativi, proposti
all'interno dell'attivita' ambulatoriale dei Consultori familiari,
dei medici di medicina generale, del Servizio di Salute mentale, dei
Presidi ospedalieri, dei SERT, nonche' presso gli ambulatori privati
e del privato sociale e nei Servizi sociali, hanno lo scopo di
ampliare la gamma delle strategie individuali di controllo dei
comportamenti sessuali a rischio e di aumentare l'autocontrollo.
Le metodologie adottate per formare e informare e i relativi
strumenti informativi e didattici, dovranno tenere conto delle
rilevanti diversita' esistenti tra i sottogruppi.
Nel caso delle giovani donne i messaggi mass-mediali possono
rafforzare i necessari interventi individuali o di piccolo e grande
gruppo, mentre sono inopportuni per gli altri sottogruppi sopra
indicati.
Per le donne in eta' fertile sara' necessario:
- avvalersi dei contatti che si realizzano nell'ambito degli
screening per la prevenzione del tumore del collo dell'utero;
- sviluppare iniziative per il coinvolgimento delle societa' mediche
di ginecologia, dermatologia, di medicina generale nel programma di
prevenzione della trasmissione delle malattie sessualmente trasmesse,
in modo che gli specialisti che operano nel settore privato
costituiscano una rete informativa coerente con le indicazioni
fornite dal settore pubblico. La condivisione del medesimo materiale
informativo da discutere con le pazienti potrebbe costituire un
elemento coordinatore e moltiplicatore dei messaggi di prevenzione.
4.2. Altri destinatari
La popolazione maschile e' tradizionalmente meno attenta di quella
femminile alle problematiche relative alla salute. Per questo occorre
focalizzare su di essa l'attenzione e progettare interventi mirati da
realizzare nei centri di aggregazione (clubs sportivi, ricreativi,
palestre, ecc.) e negli ambulatori maggiormente frequentati da questo
gruppo, anche nell'ottica degli obiettivi perseguiti con il "Progetto
prostituzione":
- Omosessuali. Attivi da tempo, hanno accumulato una significativa
esperienza e ottenuto risultati nell'ambito dei gruppi piu'
organizzati e conosciuti. Oggi e' necessario raggiungere quei
sottogruppi, anche piccoli ma numerosi, di difficile individuazione e
contatto.
- Transessuali. Attivi/e sui problemi della prevenzione
prevalentemente nella citta' metropolitana e sulla costa, dovranno
essere coinvolti/e per raggiungere quanti/e, anche stranieri/e, sono
presenti nella regione.
5. Per i giovani
5.1. Per la popolazione giovanile in generale
Considerato che i giovani di ambo i sessi rappresentano un gruppo ad
alto rischio, i Consultori familiari - Spazi giovani - dovranno
approfondire, con attivita' di ricerca, la conoscenza del
comportamento sessuale di questi, anche in relazione al fenomeno
della prostituzione. E' opportuno un coordinamento tra le ricerche
per individuare alcuni indicatori comuni, da monitorare su un vasto
campione regionale.
Lo scopo e' quello di conoscere meglio il fenomeno per poter disporre
di indicazioni, pertinenti ai reali e documentati problemi, in
particolare dei giovani non scolarizzati, in quanto posseggono minori
strumenti per difendersi dalla malattia. E' pertanto nei loro
confronti che occorre indirizzare l'informazione/educazione per la
prevenzione dell'infezione da HIV, ricercando metodi e strategie
efficaci per raggiungerli (per esempio utilizzando le cosiddette
"unita' da strada").
La societa' offre minori opportunita' formative alla popolazione
giovanile non scolarizzata che necessita di programmi e di iniziative
volte a promuovere comportamenti responsabili nell'ottica di
un'attivita' di prevenzione da condurre efficacemente anche in
ambiente extrascolastico.
Sara' necessario che il Servizio sanitario fornisca:
- informazioni e consulenze anche avvalendosi di mezzi mobili e
semimobili, che possono rappresentare uno strumento valido per
l'avvicinamento della popolazione giovanile nei luoghi e nelle
situazioni ad essa abituali (discoteche, birrerie e sale giochi, fast
food, ecc.);
- un'attivita' di formazione strutturata. Potra' essere condotta con
i medesimi giovani e con alcune persone chiave, opinion leaders
quali: gestori-operatori di birrerie, discoteche, D.J., allenatori,
ecc. da formare/informare per assicurare una ricaduta efficace sui
ragazzi.
Per fare cio' e' necessario che l'Azienda Unita' sanitaria locale si
colleghi con gli Enti e le Associazioni che svolgono un ruolo di
primo piano nell'ambito delle politiche rivolte al mondo giovanile
per cercare un contatto comunicativo piu' efficace con questo target,
anche attraverso i Comuni e i rispettivi Progetti giovani.
Le iniziative formative possono essere condotte in quartieri,
parrocchie, associazioni sportive, culturali, religiose, del tempo
libero, gruppi informali di giovani, usando prioritariamente
l'educazione tra pari.
Sara' indispensabile dotarsi di vari supporti informativi ed
educativi, prodotti a livello regionale o interaziendale (anche per
poli: Riviera Romagnola, Bologna, Emilia, se si individuano delle
peculiarita'). Particolare importanza rivestono i sussidi prodotti
dai giovani per i giovani contenenti informazioni sulla rete di
assistenza locale (luoghi in cui e' possibile eseguire il test per la
diagnosi dell'HIV, ottenere una consulenza, ecc.).
Gli argomenti affrontati potranno anche riguardare:
- i rapporti tra i giovani;
- le problematiche specifiche per le ragazze. Il target puo' essere
coinvolto attraverso strade antiche e nuove quali le associazioni
sindacali di categoria, le discoteche, i negozi di moda giovane e di
parrucchieri, le riviste femminili, ecc.;
- i problemi specifici per i giovani che operano nei sociale, per
incentivare il loro ruolo di educatori alla pari di altri giovani
afferenti a gruppi sportivi, parrocchiali, gruppi volti al sociale;
- cosa e' l'HIV e come si trasmette (pare che ci sia ancora la
necessita' di queste informazioni di base);
- il rapporto tra uso di droghe e rischio di contrarre/trasmettere
l'infezione;
- la qualita' e l'uso del profilattico, contenuti imprescindibili per
i giovani ed espressamente sollecitati dalla "Carta Europea" di Roma:
"Raccomandazioni dei giovani studenti", redatte nei corso del
Seminario europeo sull'educazione alla salute per la prevenzione
dell'HIV/AIDS nella scuola, organizzato dall'Istituto superiore di
Sanita' nel novembre 1994;
- i rapporti con la prostituzione.
5.2. L'educazione per la prevenzione a scuola
L'attivita' educativa viene condotta secondo le "Linee guida" dei
Ministeri della Sanita', della Pubblica Istruzione, della Commissione
nazionale per la Lotta contro L'AIDS.
Un protocollo e' stato siglato tra la Regione Emilia-Romagna, la
Sovrintendenza scolastica e i Provveditorati agli Studi e costituisce
un punto di riferimento formale e generale per le attivita' del
Servizio sanitario in ambito scolastico. In analogia, accordi
specifici debbono essere formalizzati tra le singole Aziende Unita'
sanitarie locali e i rispettivi Provveditorati agli Studi.
Una Commissione mista Scuola-Sanita' opera a livello regionale per il
coordinamento degli interventi di prevenzione dell'AIDS.
Gli interventi in ambito scolastico rientrano in progetti formativi
di educazione alla salute finalizzati alla crescita personale i quali
offrono collegamenti con altri problemi, altrettanto prioritari per
gli adolescenti, come le relazioni affettive e la comunicazione con
gli adulti e i coetanei.
L'impegno educativo si estrinseca pertanto su tre principali progetti
complementari, non alternativi, rivolti a tutte le componenti della
scuola:
1) affettivita' e sessualita';
2) problematiche relazionali nell'adolescenza e prevenzione del
disagio e della tossicodipendenza;
3) prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse.Le iniziative
sono condotte dagli Spazi giovani dei Consultori familiari, dai
Servizi Tossicodipendenze, dai Servizi Igiene pubblica e da altri,
con la collaborazione dei Centri di Informazione e Consulenza (CIC).
In tutti gli ordini di scuola si ravvisa l'opportunita' di un
Progetto per la prevenzione delle malattie infettive - in particolare
dell'epatite da HBV e da HCV, dell'infezione da HIV e della
tubercolosi - rivolto al personale docente e non docente, ai genitori
e agli studenti.
Il programma contribuisce ad aumentare l'informazione e a ridurre i
pregiudizi nella popolazione, assumendo una particolare importanza
nelle comunita' dove sono inseriti bambini sieropositivi o comunque
dove si prevedono inserimenti.
Considerato il consistente impegno per i programmi di prevenzione
nella scuola, sara' necessario operare alcune scelte strategiche,
favorite anche dalla nuova dimensione delle Aziende Unita' sanitarie
locali:
- maggiore coordinamento e maggiore collaborazione tra i servizi
aziendali per la lotta all'AIDS;
- qualificazione del personale per rendere sempre piu' efficace ed
efficiente l'intervento educativo;
- graduale riconversione degli interventi rivolti agli studenti -
assai numerosi - ai formatori e cioe' gli insegnanti, ai volontari, e
agli operatori degli Enti locali che intendono rapportarsi con i
giovani per aiutarli a fronteggiare la malattia;
- l'intervento diretto degli operatori sanitari con i giovani
studenti sara' favorito in quelle sedi scolastiche dove i progetti
menzionati non hanno avuto adeguato sviluppo;
- privilegiare la realizzazione del programma per la prevenzione
delle malattie sessualmente trasmesse nelle scuole di secondo grado
anche a partire dai 14 anni;
- garantire, nonostante le difficolta', la presenza nei progetti
delle competenze mediche e psicologiche in modo che possano essere
affrontati i fattori individuali e socio-culturali implicati nella
genesi e nel mantenimento di comportamenti a rischio.
5.3. Peer education
Le piu' moderne esperienze europee indicano un nuovo metodo per la
promozione della salute: l'educazione tra pari. Le esperienze
condotte in ambito scolastico indicano che i giovani, adeguatamente
supportati dagli insegnanti e da operatori sanitari, sono in grado di
raggiungere obiettivi formativi e informativi tra i coetanei con
sorprendenti risultati. La strategia e' condivisa da parte del
Ministero della Pubblica Istruzione e alcune esperienze sono condotte
nell'ambito della nostra regione.
Si ritiene pertanto innovativo sollecitarne la sperimentazione al
fine di valutarne i risultati.
stato proposto di "aumentare il protagonismo dei giovani", di
favorirne l'autodeterminazione, anche attraverso il coinvolgimento
delle consulte provinciali degli studenti.
L'educazione tra pari ha grande rilevanza anche in ambiente
extrascolastico e verso tutti i destinatari: giovani non
scolarizzati, extracomunitari, prostitute, omosessuali, lesbiche,
soggetti sieropositivi, in ambito carcerario, ecc. Si sottolinea che
la peer education e' un metodo efficace nei confronti di tutti quei
gruppi con i quali possono esistere barriere comunicative con gli
operatori sanitari e le istituzioni.
6. Altri interventi
6.1. La prevenzione della trasmissione da madre a figlio
Gli interventi vengono condotti nell'ambito dell'attivita'
consultoriale e dell'attivita' specialistica ambulatoriale, invitando
le coppie con comportamenti a rischio a sottoporsi al test per l'HIV.
Seppure tardivamente, nell'interesse del nuovo nato, il test per
l'HIV e' consigliato anche alle donne che si recano ai servizi in
stato di gravidanza.
Particolare attenzione viene naturalmente riposta nei confronti delle
donne con partner HIV-infetto, ed e' adottata la tecnica dei
counselling.
6.2. La sicurezza di sangue, sperma, organi e tessuti e il consenso
informato
Diverse norme garantiscono il buon uso del sangue e disposizioni
ministeriali impongono l'esecuzione di accertamenti volti a escludere
il rischio di patologie infettive trasmissibili - tra cui l'AIDS
assume particolare rilievo - su liquido seminale, organi e tessuti
destinati alla donazione.
Si intende porre un accento in questa sede sulla necessita' del
consenso informato, sia per quanto concerne l'esecuzione del test per
l'accertamento sierologico dell'infezione da HIV, sia dei trattamenti
sanitari-diagnostici e/o terapeutici - che comportino dei rischi.
La Regione verifichera' l'applicazione di tale pratica, in quanto
dovuta dagli operatori del Servizio sanitario, ma intende anche far
conoscere al cittadino questo suo diritto, in modo che possa
esercitarlo consapevolmente.
Una corretta informazione dell'utente sulle modalita' di acquisizione
del consenso informato, sulla sua utilita' e sulle pratiche che
garantiscono la sicurezza nelle donazioni di sangue, di organi, di
tessuti, di liquido seminale, ecc., puo' essere promossa sia a
livello di struttura ospedaliera sia presso gli ambulatori dei medici
di medicina generale e potrebbe, tra l'altro, riguardare:
- il livello di sicurezza nelle donazioni e i controlli effettuati;
- le sedi ove vengono fornite tali prestazioni - cosa deve fare il
cittadino;
- i consigli per i donatori e i riceventi;
- le modalita' di acquisizione del consenso informato;
- la tutela dei diritti del cittadino eventualmente danneggiato.
6.3. La ricerca
La qualita' dell'educazione e dell'informazione sanitaria e'
strettamente correlata alla conoscenza dei rischi per la salute,
degli atteggiamenti e dei comportamenti dei soggetti esposti a
rischio, ai loro bisogni informativi/formativi. Occorre cioe' che il
Servizio sanitario possegga queste conoscenze per poter progettare
interventi pertinenti ed efficaci. Il metodo per conoscere e' quello
della ricerca.
Tra le possibili opzioni in questo campo si privilegiano:
- le ricerche sui comportamenti sessuali dei giovani - anche in
rapporto al mondo della prostituzione, gia' menzionate - nel
programma per i giovani;
- le ricerche confidenziali sui sieropositivi e sui malati: hanno lo
scopo di individuare i contatti a rischio pregressi, rintracciare i
soggetti coinvolti, effettuare il counselling per l'effettuazione del
test. Il protocollo di ricerca sara' condiviso dagli operatori
Aziende Unita' sanitarie locali epidemiologi, esperti di counselling,
dai centri di screening per l'HIV e dagli organi esterni coinvolti.
Potra' essere utile il coinvolgimento del volontariato;
- le ricerche sugli aspetti etici e sociali. Rappresenta un campo
innovativo, ma sostanziale per gli aspetti affrontati in questa sede.
Forniscono elementi per individuare le future strategie di
prevenzione; la conoscenza delle rappresentazioni sociali della
malattia orienta il contenuto e il tono dell'informazione da fornire;
gli aspetti relativi all'etica professionale degli operatori -
garantendo il rispetto della dignita' della persona e la riservatezza
- favoriscono il rapporto corretto con il paziente.
Un ruolo in questo campo puo' essere svolto dai Settori di Medicina
legale, dai sociologi in collaborazione con il volontariato e
soprattutto con il mondo universitario.
6.4. Il telefono verde regionale
Rappresenta uno strumento di promozione e di collegamento sia dei
servizi diagnostici, sia delle attivita' di assistenza e di sostegno
psicologico, le quali possono essere facilitate dall'utilizzo della
comunicazione mediata attraverso il telefono.
Tale strumento puo' svolgere una pluralita' di funzioni: fornire
informazioni sulle possibilita' di contagio e sulle tematiche
relative all'HIV-AIDS, sui comportamenti a rischio e sulle
appropriate norme igienico-preventive, permettendo agli interessati
di mantenere l'anonimato, superando le difficolta' legate
all'approccio interpersonale diretto. Il telefono verde puo' essere
un mezzo per gestire e contenere le emozioni, le paure e le ansie
delle persone che temono di avere contratto l'infezione o di quelle
che gia' vi convivono. E' uno strumento per garantire servizi di
grande utilita' per gli utenti, come ad esempio le consulenze legali,
l'indicazione di gruppi di auto-aiuto e notizie sulle risorse
presenti nel territorio.
E' importante realizzare un collegamento in rete dei vari telefoni -
gia' esistenti - per avviare una campagna informativa e favorire
l'accesso al servizio incentivando il ricorso a questo mezzo di
comunicazione, utilizzato finora prevalentemente da soggetti
eterosessuali di sesso maschile.
Una campagna informativo-educativa regionale partecipativa
Dopo anni di esperienze focalizzate sulla educazione/informazione del
cittadino, condotte dalle Aziende Unita' sanitarie locali per la
promozione di stili di vita e di comportamenti in ambito lavorativo
improntati alla prevenzione dell'infezione da HIV, pare opportuno
rafforzare i messaggi in tale direzione utilizzando le tecniche
comunicative di massa e coinvolgendo in maniera organica i gruppi di
volontariato, i servizi sanitari e gli enti che operano in questo
campo.
Cio' si rende necessario in quanto la popolazione con comportamenti a
rischio e' sempre piu' vasta e distratta da una miriade di stimoli.
L'iter che si intende seguire per diffondere i messaggi e gli
strumenti educativi e informativi consiste nel:
- selezionare alcuni materiali informativi o sussidi educativi di
qualita', anche innovativi rispetto all'attuale produzione
prevalentemente su supporto cartaceo (strumenti informatici,
videogiochi, spot televisivi, video, ecc.);
- dare a tale materiale un'immagine coordinata e fortemente
riconoscibile come proveniente da una rete di strutture (Servizio
sanitario regionale, Enti locali, volontariato e altro privato
sociale, associazionismo) autorevoli e riconosciute per l'impegno
sanitario e sociale;
- far circolare il materiale sui mezzi idonei di comunicazione di
massa (testi sui giornali, video sulle reti televisive regionali) e
promuoverne l'utilizzo;
- renderli disponibili a quanti li richiedono.
I materiali sono accompagnati da indicazioni per l'utilizzo da parte
della rete delle strutture che collaborano o intendono collaborare
per la prevenzione dell'AlDS. Non sono prodotti esclusivamente da
esperti, ma sono anche il frutto del lavoro di gruppi di utenti e di
operatori sociali e sanitari. Cosi' la campagna regionale nello
stesso tempo alimenta ed e' alimentata dall'attivita' educativa e
formativa condotta a livello territoriale.
Per stimolare l'integrazione fra le iniziative educative e
informative delle Aziende sanitarie e la rete delle risorse
territoriali, e per far si' che gli interventi coinvolgano
contestualmente piu' tipologie e un numero rilevante di destinatari,
la Regione intende sostenere periodicamente alcuni progetti di
qualita'. Saranno privilegiati gli interventi condotti in
collaborazione con il privato sociale e con altri soggetti
istituzionali e non, e promossi in altre realta' del territorio
regionale nell'ambito della campagna partecipativa sopra citata,
fermo restando che tutte le Aziende Unita' sanitarie locali della
regione dovranno impegnarsi in tale attivita'.
L'iter comprendera' le seguenti fasi:
- l'Azienda Unita' sanitaria locale, attraverso la propria
Commissione aziendale AIDS (cfr. La rete organizzativa regionale),
elabora un progetto comprensivo della parte operativa (aspetti di
metodo e di risultato) ed economico-finanziaria (evidenziando i costi
aggiuntivi), con il coinvolgimento del volontariato e/o di altri enti
esterni, e lo invia alla Regione;
- la Regione, avvalendosi del gruppo di lavoro specifico della
Commissione AIDS, valuta i progetti e individua quelli a cui fornire
un contributo;
- l'Azienda Unita' sanitaria locale direttamente e/o attraverso gli
organi esterni esegue il progetto. Se la gestione e' condotta
direttamente dagli esterni, l'Azienda Unita' sanitaria locale svolge
un ruolo di coordinamento e/o di supervisione;
- l'Azienda Unita' sanitaria locale liquida le competenze previste
per gli organi esterni per stati di avanzamento e risponde della
regolarita' della spesa;
- l'Azienda Unita' sanitaria locale e gli organi esterni,
congiuntamente, verificano il processo e gli esiti e relazionano alla
Regione;
- la Regione si riserva di promuovere i progetti a cui ha contribuito
e i relativi materiali (sussidi informativi, educativi, report, ecc.)
in altre realta' del territorio regionale, anche attraverso i mezzi
di comunicazione di massa, avvalendosi del Centro documentazione per
la salute delle Aziende Unita' sanitarie locali della Citta' di
Bologna e di Ravenna. La Regione, nell'ambito di questa attivita'
promozionale, prendera' in considerazione anche iniziative
educativo-informative di rilievo e i relativi strumenti, gia'
realizzati con successo in termini di risultati; in questo caso e'
previsto un contributo per le spese sostenute dalle Aziende Unita'
sanitarie locali.
La valutazione dei progetti educativi di prevenzione
La Regione intende avviare un processo di analisi e di valutazione
dei progetti e delle esperienze.
A tal fine promuovera' momenti di confronto tra i diversi soggetti,
piu' volte richiamati, di cui il Seminario dell'8 e 9 maggio 1997 ha
rappresentato la fase iniziale.
Dovranno essere inoltre approfonditi gli aspetti relativi al sistema
informativo e individuati indicatori da monitorare su tutto il
territorio regionale da parte delle strutture interessate.
Allo scopo, fin da ora, vengono tracciati gli elementi salienti dei
contenuti della verifica.
1. Qualita' organizzativo-gestionale
Considerato che - sia per quanto concerne il livello regionale sia
aziendale - la rete organizzativa regionale prevista nel presente
programma rappresenta un elemento determinante per il raggiungimento
degli obiettivi di prevenzione, verranno verificate l'istituzione, la
composizione e il funzionamento delle Commissioni da essa
contemplate, con particolare riguardo all'interdisciplinarieta' delle
funzioni coinvolte.
L'operativita' delle Commissioni aziendali sara' verificata, almeno
in prima istanza, sulla base dell'esistenza di un piano locale di
interventi educativo-informativi nel settore specifico, del grado di
coinvolgimento interistituzionale e dei soggetti pubblici e privati
interessati.
2. Qualita' professionale e metodologica
I progetti messi a punto in sede locale dovranno rispondere a
requisiti di corretta progettazione educativa; tra le diverse e
fondamentali fasi di essa si pone l'accento sulla definizione di
obiettivi educativi specifici, di indicatori e di strumenti e metodi
di valutazione del loro raggiungimento:
- obiettivi cognitivi o di apprendimento (percezione della gravita'
del rischio HIV/AIDS; conoscenza delle vie di trasmissione e dei
comportamenti di riduzione del rischio);
- obiettivi comportamentali (di cambiamento del comportamento
individuale);
- obiettivi di cambiamento delle relazioni sociali e del contesto
ambientale;
- obiettivi di risultato misurati in termini di salute come modifica
del quadro epidemiologico.
Considerato che nello specifico settore e' difficile condurre la
valutazione delle modifiche comportamentali, risulta determinante la
rilevazione della gradibilita' e utilita' dell'intervento da parte
dei destinatari, la pratica dell'autovalutazione degli operatori
nonche' la verifica delle conoscenze possedute dai partecipanti
all'inizio e alla fine dei percorsi educativi.
Fondamentale e' potenziare l'aspetto relazionale (anche in campo
assistenziale), fornire supporto psicologico ai malati, alle famiglie
e agli operatori sanitari (per prevenire fenomeni quali la sindrome
da burn out).E'dunque necessario sottolineare la centralita' del
counselling, non solo pre e post test, ma come azione di
accompagnamento del sieropositivo e del malato, fino alle fasi
terminali della vita, anche nell'ottica di far operare delle scelte
consapevoli in ambito diagnostico e terapeutico, nel pieno rispetto
dell'acquisizione di un consenso veramente informato.
Per quanto riguarda la verifica dei risultati epidemiologici,
l'incidenza dell'infezione da HIV puo' essere un indicatore
importante per valutare i risultati in termini di salute per
determinati gruppi a rischio, anche se le indicazioni fornite a
livello internazionale fanno sorgere dubbi sul fatto che cio' sia
indicativo per la popolazione in generale, sia in ragione della
natura del virus e del suo lunghissimo periodo di incubazione, sia
della bassa prevalenza dell'infezione da HIV nella popolazione
generale medesima.
Pertanto, come indicatore indiretto di modificazione delle pratiche
sessuali in relazione ai comportamenti individuali, e' da preferire
la rilevazione della prevalenza delle malattie trasmissibili
sessualmente e dell'epatite da HBV.
Possono anche essere presi in considerazione altri indicatori
comportamentali relativi all'uso dei profilattici, ad altre pratiche
di sesso piu' sicuro e alla limitazione del numero dei partners
sessuali.
Poiche' tali comportamenti vengono autoriferiti, si pone il problema
della tendenza delle persone a dare risposte socialmente accettabili,
per cui i dati sulla vendita dei profilattici, monitorati per un
lungo periodo di tempo, forniscono indicazioni piu' obiettive, anche
se l'acquisto non ne implica necessariamente l'uso e anche se il
fenomeno e' ascrivibile pure ad altri fattori.
3. Indici di efficienza
E' importante rilevare l'entita' degli interventi condotti e dei
destinatari coinvolti a livello regionale ai fini della valutazione
dell'efficienza.
Gli interventi con precipua finalita' informativa, rivolti in genere
ad ampi target, saranno rilevati separatamente dagli interventi
formativi (educativi strutturati), rivolti in genere a piccoli
gruppi.
Per ciascun intervento informativo ed educativo sara' necessario
rilevare:
- il numero e la tipologia dei destinatari coinvolti;
- la durata dell'intervento a diretto contatto con il destinatario
(il numero di ore di didattica come da programma);
- gli operatori e le istituzioni coinvolti e i tempi complessivi
dedicati alla progettazione, all'organizzazione, alla gestione
dell'attivita' didattica, alla socializzazione dell'esperienza, ecc.
La rete organizzativa regionale
Il livello regionale
L'Assessorato alla Sanita' svolge il proprio ruolo di promozione, di
indirizzo e di verifica degli interventi nel campo specifico della
lotta all'AIDS, con il supporto della Commissione consultiva
regionale tecnico-scientifica (cfr. deliberazione della Giunta
regionale n. 1043 del 24 giugno 1997 "Nomina dei componenti la
Commissione consultiva tecnico-scientifica per l'attuazione del
programma regionale degli interventi per la prevenzione e la lotta
contro l'AIDS").
La suddetta Commissione, gia' prevista dalla legge, dovra' assicurare
nei gruppi di lavoro rappresentanze dei Servizi sanitari coinvolti,
competenze di prevenzione, di diagnosi e cura, di educazione alla
salute, di formazione e di informazione.
Per gli aspetti di educazione alla salute che piu' specificatamente
coinvolgono la scuola, opera una Commissione mista regionale
Scuola-Sanita'.
Per quanto concerne la raccolta e la diffusione della documentazione
e il sostegno alle iniziative formative per gli operatori condotte
dall'Assessorato alla Sanita' ci si avvale del Centro documentazione
per la salute delle Aziende Unita' sanitarie locali della Citta' di
Bologna e di Ravenna.
Il livello di Azienda Unita' sanitaria locale
L'Azienda Unita' sanitaria locale svolge il proprio ruolo di
prevenzione dell'infezione da HIV attuando interventi programmati e
valutabili, coordinandosi sia al suo interno sia con la rete delle
risorse locali, avvalendosi delle proprie strutture organizzative.
Per le rilevanti dimensioni delle attuali Aziende e per la necessita'
di prevedere interventi coordinati, occorre individuare una
Commissione aziendale integrata nelle realta' in cui coesiste
l'Azienda Ospedaliera, rappresentativa dei servizi che attuano gli
interventi per la lotta all'AlDS (SERT, Consultori familiari e
pediatrici, Servizi di Assistenza domiciliare, di Igiene pubblica,
Medicina di base, Ospedale ecc.) e comprensiva dei referenti delle
Aziende Ospedaliere ove presenti.
Essa dovra' garantire il raccordo con il livello regionale, la
presenza degli Enti locali e il coinvolgimento delle associazioni di
volontariato e del privato-sociale in generale eventualmente
attraverso i Comitati consultivi misti. Essa opera secondo le
modalita' del progetto obiettivo interservizi, e svolge le funzioni
di progettazione, di coordinamento, di verifica, essendo
l'operativita' compito di tutti i servizi ed enti coinvolti.
E' indispensabile che la Commissione aziendale individui tra i progetti
obiettivo quello educativo/informativo; il suo responsabile si
rapportera' con i Coordinamenti aziendali per l'educazione alla
salute, qualora non coinvolti direttamente nella Commissione medesima
e, in particolare, con gli Enti locali per garantire un'azione
sinergica su tematiche di tale rilievo.
INDICE
Atto deliberativo di approvazione del Programma
ALLEGATO:
Programma regionale delle attivita' di informazione-educazione per la
prevenzione dell'infezione da HIV - Definizione della rete
organizzativa per la lotta all'AIDS
Il problema
Obiettivi prioritari del programma
Strategie di intervento
Tipologia di intervento e destinatari
1. Tipologia di intervento correlata all'assistenza del sieropositivo
e del malato
2. Tipologia di intervento correlata ai programmi di riduzione del
danno e di prevenzione rivolti ai tossicodipendenti
3. Nelle strutture penitenziarie
4. Per la prevenzione della trasmissione sessuale 4.1. Donne in eta'
fertile 4.2. Altri destinatari
5. Per i giovani 5.1. Per la popolazione giovanile in generale 5.2.
L'educazione per la prevenzione a scuola 5.3. Peer education
6. Altri interventi 6.1. La prevenzione della trasmissione da madre a
figlio 6.2. La sicurezza di sangue, sperma, organi e tessuti e il
consenso informato 6.3. La ricerca 6.4. Il telefono verde regionale
Una campagna informativo-educativa regionale partecipativa
La valutazione dei progetti educativi di prevenzione
La rete organizzativa regionale