n. 38 del 03.03.2010 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE - Oggetto n. 5353 - Risoluzione proposta dai consiglieri Mazzotti, Monari, Richetti, Rivi, Barbieri, Salsi, Bortolazzi, Beretta, Garbi, Pedulli, Montanari, Bosi, Ercolini e Fiammenghi in merito alle modalità di calcolo dell'ICI sulla base degli strumenti urbanistici

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

Premesso

che la legge regionale n. 6 del 2009 ha inteso accentuare la natura non conformativa del diritto edificatorio del PSC, evidenziando in tal modo la differenza dal PSC stesso rispetto al PRG.

Come infatti è analiticamente rappresentato al paragrafo 3.4.3. della “Circolare illustrativa delle innovazioni in materia di governo del territorio introdotte dai Titoli I e Il della L.R. n. 6 del 2009” emanata dall’assessore Gian Carlo Muzzarelli il giorno 1 febbraio 2010 (Prot. PG/2010/23900) già in apertura nel nuovo secondo periodo del comma 1 delI’art. 28 si afferma con nettezza che PSC “non attribuisce in nessun caso potestà edificatoria alle aree né conferisce alle stesse una potenzialità edificatoria subordinata all’approvazione del POC”. Si esclude, dunque, in modo radicale che le previsioni del piano generale comunale, ed in particolare la classificazione del territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale, possano creare aspettative edificatorie giuridicamente tutelate. Anche nel territorio urbanizzabile, per quanto non venga esclusa l’edificabilità - come avviene nel territorio rurale (salvo che per le esigenze delle aziende agricole ivi insediate) - ciò non di meno il piano non conferisce alle aree una vocazione edificatoria, si limita ad indicare gli ambiti che potranno essere interessati dalle previsioni dei POC, dettando limiti e condizioni di natura strutturale a tali futuri strumenti.

Si sottolinea, d’altra parte, che il PSC ha invece efficacia conformativa del diritto di proprietà, limitatamente all’apposizione dei vincoli e condizioni non aventi natura espropriativa, di cui all’articolo 6, commi 1 e 2, in quanto è lo strumento che, attuando la così detta carta unica del territorio di cui all’art. 19, recepisce e coordina i limiti e le condizioni all’uso del suolo e delle sue risorse ed i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali che derivano dai piani sovraordinati.

Sempre per superare ogni specifica competenza del PSC nella definizione della edificabilità delle aree, è stata soppressa la lettera f) del comma 2 dell’art. 28, che consentiva al PSC di definire le trasformazioni che potessero essere attuate attraverso intervento diretto. Allo stesso modo è stato modificato l’art. A-4 dell’Allegato alla L.R. n. 20 del 2000 il quale prevedeva che il PSC potesse stabilire il dimensionamento delle nuove previsioni “per ciascun ambito”. Questa disposizione finiva infatti per attribuire al PSC il compito di assegnare a ciascun ambito del territorio comunale una edificabilità potenziale: la nuova formulazione richiede al PSC la definizione del dimensionamento complessivo del piano, da stabilire con riferimento all’intero fabbisogno locale ed alle indicazioni del PTCP.

Di particolare interesse è il nuovo comma 3 dell’art. 28 con il quale la legge di riforma ha voluto rimarcare la differenza del PSC dal previgente PRG e dall’attuale POC, stabilendo innanzitutto che il PSC non è competente a dettare la disciplina urbanistica di dettaglio delle trasformazioni del territorio. Si è così specificato che ogni sua previsione relativa:

- alla puntuale localizzazione delle nuove previsioni insediative,

- agli indici di edificabilità, alle modalità di intervento,

- agli usi e ai parametri urbanistici ed edilizi,

non ha efficacia conformativa della proprietà, ma costituisce solo un riferimento di massima circa l’assetto insediativo e infrastrutturale del territorio comunale, la cui puntuale definizione e specificazione è operata dal piano operativo comunale, senza che ciò comporti modificazione del PSC.

In altre parole, si è sanzionata l’introduzione nel PSC di puntuali prescrizioni circa la disciplina urbanistica di dettaglio in termini di inefficacia, cioè stabilendo l’inidoneità di tali previsioni del PSC ad attribuire un diritto edificatorio e ad apporre un vincolo di natura espropriativa. Dette indicazioni puntuali dovranno essere comunque intese dagli operatori, per specifica previsione legislativa, in termini di meri riferimenti di massima circa l’assetto del territorio.

In tutti i casi, dunque, sarà il POC a dettare la puntuale disciplina urbanistica degli interventi ipotizzati, tenendo conto delle indicazioni del PSC, avendo solo l’onere di motivare sulle ragioni che portano l’amministrazione comunale a disattendere tali indicazioni di eccessivo dettaglio, senza che ciò comporti un contrasto con il PSC stesso.

Per consentire il rapido adeguamento alle previsioni della legge di riforma anche nei Comuni già dotati di un PSC che presenti i contenuti prescrittivi in parola, l’ultimo periodo del comma 3 prevede espressamente che il meccanismo di inefficacia prescrittiva da esso introdotto opera nei riguardi anche delle previsioni dei PSC vigenti. In tal modo, i POC approvati dopo l’entrata in vigore della legge di riforma potranno anch’essi disattendere motivatamente le puntuali indicazioni urbanistiche stabilite dal Piano. Appare corretto parlare del comma 3 come una norma transitoria che consente di adattare al nuovo sistema dei piani urbanistici, voluto dalla L.R. n. 20 del 2000 e rimarcato dalla legge di riforma, i PSC costruiti secondo il modello del piano generale previgente.

L’ulteriore forma di flessibilità delle previsioni del PSC introdotta dalla legge n. 6, è relativa alle perimetrazioni degli ambiti del territorio comunale. All’art. 30, comma 2, lettera a), si prevede che il POC possa apportare “rettifiche non sostanziali ai perimetri degli ambiti individuati dal PSC, purché non riguardino ambiti soggetti a disciplina di tutela”.

La legge di riforma stabilisce che le perimetrazioni degli ambiti in cui si articola il territorio comunale, individuate dal PSC ai soli fini di stabilirne “gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali” (art. 28, comma 2, lettera f), hanno valore meramente indicativo, ad eccezione degli ambiti di tutela (ambientale, paesaggistica, storico culturale, ecc.), la cui modifica si è voluta riservare alle valutazioni di ordine generale del medesimo PSC. In fase attuativa il POC può adeguare tali perimetrazioni a seguito di una più approfondita considerazione delle caratteristiche del territorio e delle condizioni di fattibilità degli interventi, purché tali rettifiche non incidano in modo significativo sul dimensionamento e sulle caratteristiche territoriali, morfologiche e ambientali, degli interventi previsti.

 Considerato

che la legge n. 6 del 2009 ha profondamente innovato il quadro normativo, di modo che dal Piano Strutturale Comunale (PSC) riformato non è desumibile una vocazione edificatoria, che rimane propria esclusivamente del Piano Operativo Comunale.

Ciò se da una parte consente di abbattere la rendita degli immobili, dall’altra fa considerare iniqua e privo di fondamento giuridico il pagamento di una imposta, che è legata all’edificabilità anche solo potenziale dell’area.

 Rilevato

che le amministrazioni comunali continuano a ricevere indicazioni nel senso di dover attribuire indici di capacità contributiva, ai fini dell’imponibilità dell’ICI, sulla base del PSC, in applicazione del D.L. n. 203 del 2005 (convertito dalla legge n. 248 del 2005), art. 11-quaterdecies, comma 16, e del D.L. n. 223 del 2006 (convertito dalla legge n. 248 del 2006) art. 36, comma 2.

Che la stessa Corte dei Conti in un recentissimo pronunciamento (n. 1 deI 2010), in risposta ad un quesito comunale ha ribadito che, nonostante la riforma urbanistica sopra richiamata, ai fini fiscali debbono considerarsi edificabili le aree classificate dal PSC come urbanizzabili.

 Ritenuto

che alla luce di quanto sopra esposto, emerge la necessità di tutelare il diritto del cittadino di non essere assoggettato ad una imposta iniqua, posto che il diritto all’edificazione deriva unicamente dalla pianificazione comunale operativa, a fronte del fatto che le aree di sua proprietà vengano attualmente considerate edificabili al solo scopo di assicurare un adeguato gettito fiscale.

Impegna la Giunta regionale

ad attivarsi presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, senza attendere l’attuazione del federalismo fiscale, perché provveda con urgenza a rimuovere le disposizioni di cui alla legge 248 deI 2005 articolo 11-quaterdecies, comma 16, e articolo 36, comma 2, della legge 248 del 2006, perché lesive del diritto dei titolari delle aree, previste come urbanizzabili, a non vederle considerate edificabili ai soli fini fiscali, indipendentemente dalla reale esigibilità dello jus aedificandi.

Approvata a maggioranza nella seduta antimeridiana del 9 febbraio 2010

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